Entrate Passive? Facciamo chiarezza su Cedole, Dividendi e dintorni
Il sogno di una seconda entrata passiva senza fare nulla! Lasciamo perdere le str****te propugnate da chi vende fantomatici metodi infallibili per creare questa seconda entrata facendo trading online un'ora al giorno. Ma siamo così sicuri che Cedole, Dividendi, interessi garantiti sui depositi e così via siano davvero qualcosa di così virtuoso. In quest'episodio proviamo a capirlo insieme, spieghiamo una volta per tutte perché quando i tassi di interesse vanno su le obbligazioni crollano e cosa fanno inflazione e risparmio al vostro obiettivo di diventare finanziariamente indipendenti.

Risorse
Punti Chiave
Le 'entrate passive facili' sono un mito; il trading non è un guadagno rapido.
Valuta il reale rendimento di depositi, cedole e dividendi, privilegiando l'accumulazione.
L'indipendenza finanziaria richiede risparmio, tempo e attenzione all'inflazione.
Trascrizione Episodio
Bentornati a The Bull – Il tuo podcast di finanza personale
Le Entrate Passive! Il sogno venduto da ogni buon Youtuber fanta trader venditore di fumo degno di questo nome, che vi fa fantasticare su un futuro senza dover lavorare e vivendo fino all’ultimo dei nostri giorni sulla Terra come fosse un’eterna settimana di Ferragosto (ma senza gli assurdi prezzi di Ferragosto).
Qua ovviamente non parliamo di trading, come abbiamo detto tante volte ci sono dei veri professionisti che vi si dedicano 10 ore al giorno e poi c’è quell’esercito di clown che propina metodi infallibili per fare soldi facendo trading online 1 ora al giorno.
L’idea però dell’entrata passiva, di avere dei soldi che senza fare niente ogni mese vanno ad alimentare il nostro conto in banca, è una cosa che fa brillare gli occhi a chiunque, ma spesso porta ad alcune distorsioni quando si tratta di valutare un investimento piuttosto che un altro.
Molti di voi mi hanno infatti scritto su questo tema, non tanto riferendosi, per fortuna, al discorso del trading, quando piuttosto al fatto di aver scelto certi investimenti perché in grado di generare dei flussi di cassa periodici attraverso la distribuzione dei rendimenti sotto forma di dividendi, cedole e interessi di varia natura.
Oggi allora voglio fare allora una puntata su quest’argomento per chiarire alcune cose su cui mi sa che, cari amici miei, avete le idee un po’ confuse.
O almeno così sembra da ciò che mi state scrivendo.
In pratica alcuni di voi mi stanno dicendo robe del tipo:
– “allora io ho deciso di vincolare i miei soldi 5 anni in un conto deposito che oggi rende il 4,75% così sono sicuro di guadagnare” oppure
– “io ho comprato dei BTP a 10 anni con la cedola al 5,75%”, così ogni anno mi entrano un bel po’ di interessi; oppure ancora;
– “io ho comprato le azioni di Intesa San Paolo e Mediobanca perché staccano ogni anno dei buoni dividendi”; o infine
– “io preferisco investire in ETF a distribuzione, così ogni 3/6 mesi mi vengono pagati i dividendi”.
Allora l’obiettivo di questa puntata è appunto farvi capire cosa sono dividendi, cedole e in generale tutte le varie forme di distribuzione dei rendimenti finanziari perché sento il desiderio di smontarvi alcune balzane idee che vedo girare e provare a capire insieme se avere questa benedetta entrata passiva sia davvero una buona cosa.
Oggi facciamo quindi chiarezza su:
1) Conti Deposito e perché NON sono un investimento;
2) Cedole
3) Dividendi e infine
4) ETF a distribuzione.
Partiamo dai CONTI DEPOSITO.
Brevemente, un conto deposito è un conto che vi permette di vincolare i vostri soldi per un certo periodo di tempo presso un istituto bancario a fronte del pagamento di un interesse.
Questo in realtà di solito non distribuisce gli interessi, ma lo mettiamo dentro al discorso perché viene inteso come una forma di investimento a rischio zero in grado di generare appunto del reddito aggiuntivo certo senza fare nulla.
Oggi ci sono banche in effetti che stanno offrendo interessi molto alti.
Se non mi sono perso qualcosa, Cherry Bank offre ad oggi il conto deposito più fruttuoso, con un interesse lordo del 5% per le somme vincolate per 5 anni.
Cosa significa?
Significa che se avete 10.000 € e li vincolate 5 anni lì, alla fine vi ritrovate con 12.500 € lordi, ossia 11.850 netti perché dovete togliere il 26% di tasse.
Buono no?
Zero rischio, perché i soldi sono protetti dal Fondo Interbancario a Tutela dei Depositi, e rendimento certo.
In realtà no, non è affatto un buon investimento.
Anzi non è proprio un investimento.
Capiamo i motivi, così non vi fate ammaliare dalle promesse di questi rendimenti sulla liquidità mai visti negli ultimi 20 anni.
MOTIVO UNO: il 5% all’anno, che poi netto è il 3,7%, non è composto.
Facciamo due conti lasciando un attimo da parte le tasse.
Abbiamo detto che 5% all’anno su un deposito di 10.000 € sono alla fine 12.500 € lordi.
Se prendiamo invece un investimento sempre di 10.000 € in un portafoglio che rende il 5% all’anno per 5 anni, alla fine il nostro risultato sarà 12.762 €, quindi con il rendimento semplice del conto deposito ci stiamo perdendo qualcosa per strada.
MOTIVO DUE: fiscalmente è inefficiente, dato che pagate le tasse su tutto il vostro rendimento, diversamente da quello che succede quando investite in azioni o etf dove pagate le tasse solo sui profitti effettivamente realizzate, ossia quando vendete i vostri titoli.
MOTIVO TRE: come vi ho già detto fino alla nausea, le parole “investimento” e “vincolo” nella stessa frase mi fanno venire l’ulcera.
Non esiste che un investimento non possa essere liquidabile quando mi pare.
Vincolare invece un capitale per 5 anni sembra una banalità ma stiamo parlando di fare una previsione a lungo termine convinti che per 5 anni nulla accadrà nel mondo (o a noi stessi) che ci porterà ad aver bisogno di quei soldi.
Personalmente, è un rischio che non mi prenderei.
Se poi quei soldi sono una piccola quota del mio patrimonio il rischio è contenuto, ma a maggior ragione allora la investirei in qualcosa di più redditizio.
MOTIVO QUATTRO: attenzione bene: NESSUNO VI REGALA NULLA.
Se un istituto bancario vi offre il 5% semplicemente per lasciargli lì i vostri soldi non è che avete trovato l’albero della cuccagna.
Quando qualcuno offre un interesse molto alto, vuol dire che sul mercato esistono interessi ancora più alti che permettono a questo qualcuno di ottenere un profitto.
Oggi i tassi di interesse sono del 5,25% negli Stati Uniti e del 4,25% nell’Unione Europea.
I rendimenti dei Titoli di Stato Italiani a 10 anni sono oltre il 4%.
I rendimenti dei Treasury Americani a 2 anni viaggiano intorno al 5%.
Capite cosa voglio dire?
Quando i rendimenti dei depositi sono alti, vuol dire che ci sono sul mercato prodotti simili ai depositi (e relativamente più sicuri) che hanno dei rendimenti nello stesso ordine di grandezza, come ad esempio certe obbligazioni di livello investment grade, e in ogni caso i rendimenti di quei depositi difficilmente sono in grado di compensare gli effetti dell’inflazione.
A questo punto allora, forse avrebbe più senso investire in un BTP a 5 anni che oggi rende il 3,67%.
Se lo tenete fino a scadenza, i vostri 10.000 € saranno alla fine 11.605 netti, quindi circa 250 € in meno del conto deposito sotto steroidi di Cherry (e in linea a quello della maggior parte degli istituti di credito). Vi ricordo tra l’altro che sui titoli di stato la tassazione è del 12,5% anziché del 26%.
Ma rispetto ai depositi avete una serie di vantaggi:
– intanto se, come auspichiamo tutti, i tassi di interesse dovessero scendere nei prossimi anni il prezzo del vostro BTP salirà;
– inoltre le obbligazioni possono sempre essere scambiate in borsa in qualunque momento, quindi qualora vi servissero i vostri soldi, non dovete fare altro che venderli tramite il vostro broker online al prezzo di mercato corrente.
Chiaro?
Quindi i conti deposito non sono veri investimenti ma servono a tutelare una certa quota di capitale che magari va destinata ad un obiettivo specifico.
Oppure hanno senso, nelle forme svincolabili e meno redditizie, per metterci dentro il vostro fondo di emergenza di cui parliamo sempre, quello che vi deve coprire circa 6 mesi di spese future.
Veniamo ora alle CEDOLE.
Le cedole sono gli interessi che vi vengono pagati, tipicamente ogni tre o sei mesi, quando possedete un’obbligazione.
Qualcuno mi ha scritto che aveva appena comprato una certa quantità di BTP che avevano la cedola al 5,75%.
Attenzione: cedola al 5,75% non significa che quell’investimento rende il 5,75%!
State attenti un secondo che questa cosa è un filo tecnica ma importantissima per capire come funzionano le obbligazioni.
Sono andato a controllare e quel BTP che ha la cedola del 5,75% dovrebbe essere un’obbligazione che scade nel 2033, quindi circa 10 anni da oggi.
Ora, se il rendimento dei titoli decennali Italiani è di circa il 4%, come diavolo è possibile che voi abbiate trovato un titolo decennale italiano che rende il 5,75? O quelli del ministero del tesoro sono impazziti (ma grazie a dio sono dei tecnici e non dei politici, quindi escludo commettano errori) oppure vi state perdendo qualcosa.
Se infatti andiamo a vedere il prezzo, scopriamo che ogni singolo BTP non viene scambiato a 100 (“alla pari” come si dice), ma a 113 €.
Quindi cosa significa?
Significa che voi comprate un BTP a 113 €, questo vi dà sì una cedola del 5,75%, però questo 5,75% si calcola sul valore alla pari, ossia su 100 €.
Inoltre, se portate il BTP a scadenza, nel 2033 il Governo Italiano non vi restituisce 113 €, bensì 100 €.
Lascio pure a voi fare tutti i conti, ma il risultato finale è che il rendimento che avrete a 10 anni sarà sempre intorno al 4%, che è esattamente il rendimento odierno dei BTP decennali.
Quindi anche se voi trovate BTP (o qualunque altra obbligazione governativa) con una cedola del 2%, 5%, 10% e così via, sappiate che a parità di durata e di tipologia di obbligazione, il rendimento è sempre lo stesso, perché con cedole più alte pagherete prezzi sopra la pari, con cedole più basse pagherete un prezzo sotto la pari.
Capito?
Perché succede questa cosa.
Molto semplice.
Torniamo indietro nel tempo.
Immaginiamo che nel 2021, quando i tassi di interesse erano circa 0, avessi comprato un BTP decennale che rendeva l’1%.
Diciamo che l’ho comprato all’emissione e l’ho pagato 100 al pezzo.
Da allora, i tassi di interesse sono schizzati e per effetto di ciò il nostro BTP decennale oggi rende poco più del 4%.
Se io oggi voglio vendere il mio BTP del 2021 che rendeva l’1% mentre l’Italia emette sul mercato BTP che rendono il 4%, capite che non ci sarà mai nessuno disposto a comprarlo, chiaro?
A meno che io non sia disposto ad abbassargli il prezzo.
E di quanto? Facciamo un conto non proprio corretto, ma giusto per capirci.
Se ogni anno il mio BTP rende 3 punti percentuali in meno di quelli in circolazione, allora dovrò togliere circa 3 punti percentuali per ogni anno residuo fino alla scadenza del mio BTP per renderlo competitivo con quelli odierni.
Se il BTP scade tra 8 anni (perché 2 nel frattempo se ne sono andati da quando l’ho comprato), allora 3 per 8 ventiquattro, 100 meno 24 fa 76, ecco allora che dovrò vendere il mio BTP a 76 € al pezzo per trovare qualcuno disposto a comprarlo.
Chiaro?
Come detto tante volte, quando i tassi vanno su, i prezzi delle obbligazioni scendono e viceversa e il motivo è proprio questo – spiegato in maniera semplicistica non proprio corretta al 100%, ma che rende l’idea.
Quindi belle le cedole ma occhio che non è tutto oro quel che luccica e se in generale vi piace investire in obbligazioni, quando vedete delle cedolone pazzesche attenzione perché il rendimento è un’altra cosa.
Fatte anche le cedole e capito come funzionano, veniamo ai tanti amati DIVIDENDI.
I dividendi sono i cugini azionari delle cedole, ossia sono una quota dei profitti che una società distribuisce ai suoi azionisti.
Quanto volte ho sentito dire cose del tipo: “investo in questa o in quella società così mi prendo i dividendi”.
Anche qui, seguitemi un attimo.
Il fatto che un’azione stacchi dei dividendi, non significa che vi fa diventare più ricchi rispetto ad un’azione che non stacca dividendi.
Il rendimento di un investimento azionario è infatti composto da due elementi, ossia:
– dal valore dei dividendi (se ci sono) e
– dal valore del capital gain, ossia della differenza di prezzo dell’azione in un certo lasso di tempo.
Quando il consiglio di amministrazione di una società decide di distribuire agli azionisti una quota dei profitti sotto forma di dividendi, il dividendo non va a creare del valore aggiuntivo rispetto a quello dell’azione, ma la distribuzione del dividendo non è altro che una “vendita parziale” delle azioni di quella società.
Gli azionisti possono poi decidere di utilizzare i dividendi in due modi:
– o reinvestendoli in azioni della società; oppure
– monetizzando il dividendo sotto forma di flusso di denaro.
Quando viene distribuito un dividendo, dunque, il valore del vostro investimento non cambia, semplicemente assume una forma diversa per una certa quota.
Se però scegliete di monetizzare il dividendo, ecco che qui si crea un’inefficienza fiscale perché voi paghereste il solito 26% di tasse e quindi a quel punto sì che il vostro patrimonio verrebbe ridimensionato.
Capite quindi che, soprattutto se siete nella fase di accumulazione della vostra ricchezza, puntare sulle cosiddette dividend stocks, ossia sulle società che distribuiscono dividendi, probabilmente non è la scelta migliore.
Tra l’altro quest’estate sono usciti due articoli di Morningstar che analizzavano le performance delle dividend stocks rispetto a quella più generale dell’S&P 500.
I risultato sono stati che nel 2023, perlomeno fino ad Agosto, un investimento in fondi concentrati su dividend stocks Americane avrebbe reso meno della metà di un semplice etf sull’S&P 500 e ciò è dovuto al fatto che quest’anno il rally delle borse è stato spinto soprattutto da pochi titoli tecnologici (le solite Nvidia, Tesla, Google, Microsoft, Meta, Apple, ecc.) che per loro natura distribuiscono pochissimi dividendi.
Se guardiamo invece gli ultimi 20 anni, comunque l’S&P 500 nel suo complesso ha fatto leggermente meglio della sua versione concentrata sulle dividend stocks, 11,14% contro 10,88%.
Quindi le società che distribuiscono dividendi non sono necessariamente quelle che rendono di più anzi, a volte, rendono addirittura meno.
Quindi, consiglio non richiesto: probabilmente ci sta investire in un portafoglio di realtà “value”, ossia di realtà consolidate con una lunga storia di distribuzione crescente di dividendi, se vi trovate in una fase avanzata del vostro percorso, con un patrimonio rilevante e in vista di una fase della vita in cui per voi dovesse essere funzionale ricevere dei flussi di cassa periodici.
Se oggi siete in una fase di accrescimento del vostro capitale, allora puntare su certe società per il fatto che esse distribuiscano dividendi è sub-ottimale rispetto all’obiettivo di accumulazione che avete.
Veniamo infine all’ultimo punto, che è diretta conseguenza di quanto abbiamo detto sinora.
Parlando in lungo e in largo di ETF, come sapete abbiamo sempre e solo parlato di ETF ad accumulazione, che cioè reinvestono automaticamente tutti i dividendi o le cedole che gli asset sottostanti producono nel tempo.
Esistono però anche gli equivalenti ETF a distribuzione, che cioè ogni 3-6 mesi tipicamente distribuiscono i profitti liquidandovi la quota che vi spetta in base a quanto ammonta il vostro investimento.
Capite bene che anche in questo caso la decisione di investire in questa tipologia di strumenti sarà subordinata alla fase della vita in cui vi trovate e all’obiettivo del vostro investimento, che sia esso accumulare patrimonio o generare rendite passive.
Per quanto possibile, l’indicazione generale di buon senso che mi sentirei di dare è quella di prediligere i prodotti ad accumulazione rispetto a quelli a distribuzione per massimizzare il potere del rendimento composto e ridurre al minimo l’impatto delle tasse sui vostri profitti.
Per chiudere, torniamo quindi al sogno iniziale, alla speranza che un giorno si possa vivere di rendita grazie al rendimento dei nostri investimenti.
Abbiamo già visto tante volte che esso non è affatto un sogno, l’unico aspetto negativo è che la strada è lunga, incerta e faticosa, perché richiede di accettare continue rinunce oggi per un beneficio (in teoria) maggiore domani.
Vi ricordo che, stimando un rendimento del 7% all’anno, ossia poco meno del rendimento degli ultimi 40 anni di un portafoglio 60% azioni e 40% obbligazioni, il tempo che ci metterete a raggiungere l’indipendenza finanziaria è legata alla percentuale di reddito che riuscite a risparmiare e investire.
In particolare:
– se investite il 10% del vostro reddito, ci metterete circa 40 anni;
– se investite il 20% ci metterete circa 30 anni;
– se investite il 30% ci metterete circa 23 anni;
– se investite il 40% ci metterete poco più di 18 anni.
Ora, attenzione a due dettagli non banali, altrimenti sembra tutto troppo facile.
Primo dettaglio: il percorso di accorcia man mano che aumenta la vostra quota di risparmio perché automaticamente anche il vostro fabbisogno si riduce.
Mi spiego, se il vostro reddito è 50.000 € netti all’anno, investire il 10% (5.000 €) significa che voi spendete 45.000 € all’anno per vivere.
Se invece, a parità di reddito, investite il 40% (20.000 €) significa che vi bastano 30.000 € all’anno per vivere e quindi che avrete bisogno di un patrimonio inferiore per sostenere il vostro stile di vita.
L’indipendenza finanziaria non si regge quindi sull’idea di fare soldi a palate e poi avere un tenore di vita come quello di Cristiano Ronaldo. Per diventare ricchi in quel modo, non è questo il podcast giusto da ascoltare.
Qui parliamo di indipendenza finanziaria, ossia di poter raggiungere un livello di patrimonio tale da permettervi – se lo volete – di vivere senza lavorare, o comunque di appropriarvi di buona parte del vostro tempo, conducendo una vita normale.
La prossima settimana parleremo delle caratteristiche dei Milionari d’America, così come descritte dal celeberrimo The Millionaire Next Door, e vedremo che il loro stile di vita ricorda molto di più quello dei più frugali tra voi che non quello dei residenti sulle colline di Hollywood.
L’altro dettaglio da non dimenticare invece riguarda l’incidenza dell’inflazione.
Perché sarebbe bello che tra 40 anni tutto costasse come ora! invece una bella cippa, ciò che oggi ci basta per vivere domani non basterà più.
Quindi il calcolo di cui sopra è viziato dal fatto che in termini nominali tutto funziona benissimo, ma in termini reali (ossia di reale potere d’acquisto) le cose sono un po’ meno rosee.
Ora, prevedere l’inflazione da qui a 40 anni è impossibile.
In Italia abbiamo avuto meno del 2% all’anno nel terzo millennio fino a prima del 2022 e poi abbiamo avuto quasi il 9% di media l’anno scorso e probabilmente arriveremo al 5% quest’anno.
Negli anni ’80 abbiamo avuto anche periodi con il 15-20% di inflazione all’anno.
Allora però non c’era l’Euro e non eravamo nell’Unione Europea, quindi oggi una cosa del genere è molto più difficile che capiti (con buona pace di chiunque propugni l’uscita dall’Europa un ritorno alla Lira. Spoiler Alert: se succede siamo fottuti tutti).
Dato che BCE e Fed hanno l’obiettivo di tenere i tassi intorno al 2%, attenzione a cosa succede con questo 2% nei vari orizzonti temporali che abbiamo citato poco fa:
– tra 18 anni i vostri soldi varranno circa il 30% in meno;
– tra 23 anni il 37% in meno;
– tra 30 anni il 45% in meno e infine
– tra 40 anni il 55% in meno.
Sempre ammesso che l’inflazione media sia il 2%, perché se invece già andasse al 3 i numero sarebbero molto diversi.
Quindi se oggi vivete con il 90% del vostro reddito e vi servono 40 anni per arrivare all’indipendenza finanziaria (ossia ad un patrimonio di 25 volte la vostra spesa annuale), ricordatevi che tra 40 anni dovrete comunque ridurre il vostro stile di vita di circa la metà.
Certo, probabilmente allora non avrete più il mutuo, se avete figli ormai saranno fuori casa e se avete fatto le cose per bene con la previdenza complementare avrete una bella rendita aggiuntiva, però appunto non dimenticatevi di considerare l’inflazione nei vostri conteggi.
Pertanto, cosa dobbiamo imparare da questa storiella?
The Sooner The Better!
Prima ci arriviamo meglio è, perché più velocemente facciamo crescere i soldi, meno tempo diamo all’inflazione per mangiarsi via il nostro potere d’acquisto.
Lo so che investire il 40% del proprio reddito non è esattamente alla portata di tutti (sicuramente non alla mia) ma avere ben chiaro in testa questo meccanismo può costituire un incentivo costante in grado di supportare le piccole decisioni finanziarie che sarete chiamati a prendere ogni giorno per il resto della vostra vita.
In definitiva, takeaway dell’episodio sono:
1) niente miracoli del trading e seconda entrata mensile operando un’ora al giorno che sono quasi tutte stronzate (il trading E’ un lavoro e chi lo fa di professione vi si dedica 8, 9, 10 e passa ore al giorno);
2) non facciamoci ingolosire da rendimenti sicuri, cedole e dividendi se non all’interno di una particolare pianificazione finanziaria con i suoi obiettivi specifici;
3) dove possibile, preferiamo investimenti ad accumulazione che fanno crescere più velocemente il patrimonio e riducono l’impatto fiscale;
4) vivere di rendita è possibile ma è una lunga strada e se volete arrivarci siete già in ritardo, quindi dovete cominciare oggi e concentrarvi soprattutto sulla quota di risparmio rispetto al vostro reddito.
Fine.
Con questo riassuntone siamo così giunti anche alla fine di quest’episodio.
Dovevo parlare di cose un po’ tecniche, spero di essere riuscito a farlo senza annoiarvi a morte e allo stesso tempo avendo fatto un po’ di chiarezza a tutti voi che invece mi avete dato l’impressione di concentrarvi su investimenti poco efficienti.
Per aiutare voi e tutti i vostri conoscenti e stare sulla retta via verso un futuro finanziario migliore, vi invito come sempre a mettere segui e attivare le notifiche al podcast su qualunque piattaforma da cui lo stiate ascoltando e di lasciare una recensione a 5 stelle per supportarci e permetterci di continuare a produrre contenuti che uno dopo l’altro accumulano la vostra competenza finanziaria e vi fanno prendere decisioni migliori invece che distribuire stronzate su come avere una seconda entrata facile grazie ai metodi di trading di sta cippa da un’ora al giorno sempre nuovi.
Per questo episodio invece è davvero tutto e noi ci ritroviamo presto, con un nuovo episodio dedicato a come migliorare il vostro rapporto con i soldi, ovviamente sempre qui, con THE BULL – Il tuo podcast di finanza personale.
Sarà che, un po’ per passione, un po’ perché faccio in continuazione ricerche sugli argomenti di cui parlo qui, i miei feed di Instagram, Youtube e pure LinkedIn ormai non mi propongono altro se non un esercito di cazzari che propone cose del tipo “crea una seconda entrata passiva facendo trading 1 ora al giorno” oppure “utilizza il metodo XYZ e potrai vivere di rendita”, “come ho trasformato 1.000 € in 50.000 € in mezz’ora” o altre puttanate di questo tipo.
Allora, non giriamoci troppo intorno e facciamoci qualche nuovo amico.
Chiaramente queste cose qua sono TUTTE cazzate.
Senza mezzi termini.
Non è che qualcuna funziona e qualcuna no.
Sono tutte delle grandissime cazzate. Punto.
Come faccio a dire questo senza averne provata una per una e visti i risultati? qualcuno potrà obiettare.
Beh, intanto secondo stime del Sole 24 Ore, in Italia un numero compreso tra l’80 e il 90% di chi fa trading online perde soldi.
Già questo mi fa venire più di un sospetto sulla bontà di qualche metodo autoproclamatosi “infallibile” propinato da un ragazzino con troppo tempo libero dalla sua cameretta o da un quarantenne imbonitore.
L’altra cosa che mi ha sempre puzzato un po’ riguarda invece i programmi apparentemente più strutturati che propongono di insegnare metodi vincenti per avere la famosa seconda entrata sicura facendo trading un’ora al giorno.
Ora, rifletteteci un attimo.
Se esistesse davvero un metodo che garantisse di far guadagnare soldi con poche ore di trading capite bene che chi conoscesse questo metodo farebbe altro che una seconda entrata mensile passiva, porterebbe a casa fantamilioni.
Vi ricordo giusto tre informazioni:
– Warren Buffett ha ottenuto un rendimento medio del 20% dai suoi investimenti e questo track record di oltre 60 anni fa di lui il più grande investitore di tutti i tempi; giusto per capirci, 20% all’anno per 60 anni trasforma 10.000 € in mezzo miliardo. Poi
– Il rendimento degli ultimi 100 anni dell’S&P 500 è stato di circa il 10% all’anno; infine
– Secondo qualunque report sull’argomento, meno di due asset manager su 10 riesce a fare meglio del rendimento medio del mercato su orizzonti di almeno 10 anni, su 20 anni praticamente nessuno.
Adesso uno che volesse mettersi a fare trading suppongo voglia ottenere un rendimento che come minimo sia superiore a quello del mercato, altrimenti tanto vale fare tutta sta fatica no?
Ecco, secondo voi quanto è probabile che lo youtuber che vi propone il corso a 2.000 € per imparare a fare trading sia davvero in grado di ottenere dei rendimenti tali da posizionarvi al di sopra dell’80% degli asset manager professionisti e giusto un po’ sotto Warren Buffett e altre leggende simili?
E sempre secondo voi uno che conosce un metodo sicuro per fare tutti sti soldi con il trading, fa video su youtube e corsi per insegnarvi sta magia?
Io col cazzo che vi spiegherei come faccio, farei soldi a palate per qualche anno e poi vi saluto tutti e ci siamo visti.
E invece no! invece siamo qua a fare la trentaduesima puntata di questo podcast per capire un po’ per volta che i soldi non crescono sugli alberi e che, mi spiace amici miei, bisogna farsi il mazzo per qualche decennio per veder davvero i propri soldi moltiplicarsi.
Tra l’altro, pochi giorni fa parlavo con l’ennesima persona scettica fan di THE BULL che mi ha obiettato: “sì tutto bello ma non può essere facile come racconti tu nel podcast, altrimenti l’avrebbero fatto tutti e sarebbero tutti ricchi”.
Allora, arrivati alla trentaduesima puntata, o abbiamo qualche problema di comprendonio o forse non abbiamo ascoltato il podcast con la dovuta attenzione, perché
PUNTO UNO: Mai detto che diventare ricchi sia facile (altrimenti nemmeno io sarei qua a fare il podcast perché sarei già ricco sfondato, invece da 13 anni e con ogni probabilità anche per i prossimi 13, dal lunedì al venerdì vado a lavorare per portare a casa la pagnotta).
Quello che raccontiamo qui a THE BULL è sì semplice, ma non è facile per niente.
Infatti richiede:
a) alta propensione al risparmio e capacità di rinuncia a tanti piccoli piaceri della vita;
b) pianificazione a lunghissimo termine delle proprie finanze;
c) capacità di sopportare senza scossoni gli up and down dei mercati;
d) una costanza della madonna e infine
e) la pazienza di attendere per decenni la crescita composta di un diligente investimento periodico fino a che non avrò raggiunto il fuck you money e arrivederci e grazie!
Quindi sì, piuttosto semplice; “facile”, invece, è tutta un’altra roba.
Morale da quattro soldi che ho imparato in 37 anni di vita: tutte le cose realmente importanti nella nostra esistenza sono quasi sempre semplici ma quasi mai facili.
Fatevene una ragione.
PUNTO DUE: non siete circondati di milionari intorno a voi che hanno fatto soldi a palate perché, come detto sin dal primo minuto del primo episodio, la cultura finanziaria di questo paese rasenta lo zero e quindi se non sai le cose, per quanto semplici siano, è dura che le riesci a mettere in pratica.
PUNTO TRE: c’è un tema di volontà.
Ho parlato con decine di persone di finanza, risparmi e investimenti e la stragrande maggioranza di esse, semplicemente, non ha voglia di mettersi a fare sta cosa. L’idea di accumulare milioni negli anni appare sicuramente seducente ma il percorso che richiede per arrivarci non è seducente per niente e quindi la maggior parte di loro rinuncia a priori e neanche ci si mette.
E intanto il tempo passa e i vostri soldi perdono valore invece che acquisirne.
Fate che non siate dentro la maggioranza, ma che rientrate in un più ristretto gruppo di persone motivate che invece ha capito che può prendere in mano la propria vita finanziaria e farne qualcosa di meglio.
Quindi, semplice ma non facile e richiede tempo.
Il vostro filtro per distinguere la fuffa dalla serietà quando si parla di finanza personale siano proprio questi due criteri.
Se qualcuno vi promette cose facili o cose rapide, avete già capito che è un cazzaro quindi passate oltre.
Bentornati a The Bull – Il tuo podcast di finanza personale
Le Entrate Passive! Il sogno venduto da ogni buon Youtuber fanta trader venditore di fumo degno di questo nome, che vi fa fantasticare su un futuro senza dover lavorare e vivendo fino all’ultimo dei nostri giorni sulla Terra come fosse un’eterna settimana di Ferragosto (ma senza gli assurdi prezzi di Ferragosto).
Qua ovviamente non parliamo di trading, come abbiamo detto tante volte ci sono dei veri professionisti che vi si dedicano 10 ore al giorno e poi c’è quell’esercito di clown che propina metodi infallibili per fare soldi facendo trading online 1 ora al giorno.
L’idea però dell’entrata passiva, di avere dei soldi che senza fare niente ogni mese vanno ad alimentare il nostro conto in banca, è una cosa che fa brillare gli occhi a chiunque, ma spesso porta ad alcune distorsioni quando si tratta di valutare un investimento piuttosto che un altro.
Molti di voi mi hanno infatti scritto su questo tema, non tanto riferendosi, per fortuna, al discorso del trading, quando piuttosto al fatto di aver scelto certi investimenti perché in grado di generare dei flussi di cassa periodici attraverso la distribuzione dei rendimenti sotto forma di dividendi, cedole e interessi di varia natura.
Oggi allora voglio fare allora una puntata su quest’argomento per chiarire alcune cose su cui mi sa che, cari amici miei, avete le idee un po’ confuse.
O almeno così sembra da ciò che mi state scrivendo.
In pratica alcuni di voi mi stanno dicendo robe del tipo:
– “allora io ho deciso di vincolare i miei soldi 5 anni in un conto deposito che oggi rende il 4,75% così sono sicuro di guadagnare” oppure
– “io ho comprato dei BTP a 10 anni con la cedola al 5,75%”, così ogni anno mi entrano un bel po’ di interessi; oppure ancora;
– “io ho comprato le azioni di Intesa San Paolo e Mediobanca perché staccano ogni anno dei buoni dividendi”; o infine
– “io preferisco investire in ETF a distribuzione, così ogni 3/6 mesi mi vengono pagati i dividendi”.
Allora l’obiettivo di questa puntata è appunto farvi capire cosa sono dividendi, cedole e in generale tutte le varie forme di distribuzione dei rendimenti finanziari perché sento il desiderio di smontarvi alcune balzane idee che vedo girare e provare a capire insieme se avere questa benedetta entrata passiva sia davvero una buona cosa.
Oggi facciamo quindi chiarezza su:
1) Conti Deposito e perché NON sono un investimento;
2) Cedole
3) Dividendi e infine
4) ETF a distribuzione.
Partiamo dai CONTI DEPOSITO.
Brevemente, un conto deposito è un conto che vi permette di vincolare i vostri soldi per un certo periodo di tempo presso un istituto bancario a fronte del pagamento di un interesse.
Questo in realtà di solito non distribuisce gli interessi, ma lo mettiamo dentro al discorso perché viene inteso come una forma di investimento a rischio zero in grado di generare appunto del reddito aggiuntivo certo senza fare nulla.
Oggi ci sono banche in effetti che stanno offrendo interessi molto alti.
Se non mi sono perso qualcosa, Cherry Bank offre ad oggi il conto deposito più fruttuoso, con un interesse lordo del 5% per le somme vincolate per 5 anni.
Cosa significa?
Significa che se avete 10.000 € e li vincolate 5 anni lì, alla fine vi ritrovate con 12.500 € lordi, ossia 11.850 netti perché dovete togliere il 26% di tasse.
Buono no?
Zero rischio, perché i soldi sono protetti dal Fondo Interbancario a Tutela dei Depositi, e rendimento certo.
In realtà no, non è affatto un buon investimento.
Anzi non è proprio un investimento.
Capiamo i motivi, così non vi fate ammaliare dalle promesse di questi rendimenti sulla liquidità mai visti negli ultimi 20 anni.
MOTIVO UNO: il 5% all’anno, che poi netto è il 3,7%, non è composto.
Facciamo due conti lasciando un attimo da parte le tasse.
Abbiamo detto che 5% all’anno su un deposito di 10.000 € sono alla fine 12.500 € lordi.
Se prendiamo invece un investimento sempre di 10.000 € in un portafoglio che rende il 5% all’anno per 5 anni, alla fine il nostro risultato sarà 12.762 €, quindi con il rendimento semplice del conto deposito ci stiamo perdendo qualcosa per strada.
MOTIVO DUE: fiscalmente è inefficiente, dato che pagate le tasse su tutto il vostro rendimento, diversamente da quello che succede quando investite in azioni o etf dove pagate le tasse solo sui profitti effettivamente realizzate, ossia quando vendete i vostri titoli.
MOTIVO TRE: come vi ho già detto fino alla nausea, le parole “investimento” e “vincolo” nella stessa frase mi fanno venire l’ulcera.
Non esiste che un investimento non possa essere liquidabile quando mi pare.
Vincolare invece un capitale per 5 anni sembra una banalità ma stiamo parlando di fare una previsione a lungo termine convinti che per 5 anni nulla accadrà nel mondo (o a noi stessi) che ci porterà ad aver bisogno di quei soldi.
Personalmente, è un rischio che non mi prenderei.
Se poi quei soldi sono una piccola quota del mio patrimonio il rischio è contenuto, ma a maggior ragione allora la investirei in qualcosa di più redditizio.
MOTIVO QUATTRO: attenzione bene: NESSUNO VI REGALA NULLA.
Se un istituto bancario vi offre il 5% semplicemente per lasciargli lì i vostri soldi non è che avete trovato l’albero della cuccagna.
Quando qualcuno offre un interesse molto alto, vuol dire che sul mercato esistono interessi ancora più alti che permettono a questo qualcuno di ottenere un profitto.
Oggi i tassi di interesse sono del 5,25% negli Stati Uniti e del 4,25% nell’Unione Europea.
I rendimenti dei Titoli di Stato Italiani a 10 anni sono oltre il 4%.
I rendimenti dei Treasury Americani a 2 anni viaggiano intorno al 5%.
Capite cosa voglio dire?
Quando i rendimenti dei depositi sono alti, vuol dire che ci sono sul mercato prodotti simili ai depositi (e relativamente più sicuri) che hanno dei rendimenti nello stesso ordine di grandezza, come ad esempio certe obbligazioni di livello investment grade, e in ogni caso i rendimenti di quei depositi difficilmente sono in grado di compensare gli effetti dell’inflazione.
A questo punto allora, forse avrebbe più senso investire in un BTP a 5 anni che oggi rende il 3,67%.
Se lo tenete fino a scadenza, i vostri 10.000 € saranno alla fine 11.605 netti, quindi circa 250 € in meno del conto deposito sotto steroidi di Cherry (e in linea a quello della maggior parte degli istituti di credito). Vi ricordo tra l’altro che sui titoli di stato la tassazione è del 12,5% anziché del 26%.
Ma rispetto ai depositi avete una serie di vantaggi:
– intanto se, come auspichiamo tutti, i tassi di interesse dovessero scendere nei prossimi anni il prezzo del vostro BTP salirà;
– inoltre le obbligazioni possono sempre essere scambiate in borsa in qualunque momento, quindi qualora vi servissero i vostri soldi, non dovete fare altro che venderli tramite il vostro broker online al prezzo di mercato corrente.
Chiaro?
Quindi i conti deposito non sono veri investimenti ma servono a tutelare una certa quota di capitale che magari va destinata ad un obiettivo specifico.
Oppure hanno senso, nelle forme svincolabili e meno redditizie, per metterci dentro il vostro fondo di emergenza di cui parliamo sempre, quello che vi deve coprire circa 6 mesi di spese future.
Veniamo ora alle CEDOLE.
Le cedole sono gli interessi che vi vengono pagati, tipicamente ogni tre o sei mesi, quando possedete un’obbligazione.
Qualcuno mi ha scritto che aveva appena comprato una certa quantità di BTP che avevano la cedola al 5,75%.
Attenzione: cedola al 5,75% non significa che quell’investimento rende il 5,75%!
State attenti un secondo che questa cosa è un filo tecnica ma importantissima per capire come funzionano le obbligazioni.
Sono andato a controllare e quel BTP che ha la cedola del 5,75% dovrebbe essere un’obbligazione che scade nel 2033, quindi circa 10 anni da oggi.
Ora, se il rendimento dei titoli decennali Italiani è di circa il 4%, come diavolo è possibile che voi abbiate trovato un titolo decennale italiano che rende il 5,75? O quelli del ministero del tesoro sono impazziti (ma grazie a dio sono dei tecnici e non dei politici, quindi escludo commettano errori) oppure vi state perdendo qualcosa.
Se infatti andiamo a vedere il prezzo, scopriamo che ogni singolo BTP non viene scambiato a 100 (“alla pari” come si dice), ma a 113 €.
Quindi cosa significa?
Significa che voi comprate un BTP a 113 €, questo vi dà sì una cedola del 5,75%, però questo 5,75% si calcola sul valore alla pari, ossia su 100 €.
Inoltre, se portate il BTP a scadenza, nel 2033 il Governo Italiano non vi restituisce 113 €, bensì 100 €.
Lascio pure a voi fare tutti i conti, ma il risultato finale è che il rendimento che avrete a 10 anni sarà sempre intorno al 4%, che è esattamente il rendimento odierno dei BTP decennali.
Quindi anche se voi trovate BTP (o qualunque altra obbligazione governativa) con una cedola del 2%, 5%, 10% e così via, sappiate che a parità di durata e di tipologia di obbligazione, il rendimento è sempre lo stesso, perché con cedole più alte pagherete prezzi sopra la pari, con cedole più basse pagherete un prezzo sotto la pari.
Capito?
Perché succede questa cosa.
Molto semplice.
Torniamo indietro nel tempo.
Immaginiamo che nel 2021, quando i tassi di interesse erano circa 0, avessi comprato un BTP decennale che rendeva l’1%.
Diciamo che l’ho comprato all’emissione e l’ho pagato 100 al pezzo.
Da allora, i tassi di interesse sono schizzati e per effetto di ciò il nostro BTP decennale oggi rende poco più del 4%.
Se io oggi voglio vendere il mio BTP del 2021 che rendeva l’1% mentre l’Italia emette sul mercato BTP che rendono il 4%, capite che non ci sarà mai nessuno disposto a comprarlo, chiaro?
A meno che io non sia disposto ad abbassargli il prezzo.
E di quanto? Facciamo un conto non proprio corretto, ma giusto per capirci.
Se ogni anno il mio BTP rende 3 punti percentuali in meno di quelli in circolazione, allora dovrò togliere circa 3 punti percentuali per ogni anno residuo fino alla scadenza del mio BTP per renderlo competitivo con quelli odierni.
Se il BTP scade tra 8 anni (perché 2 nel frattempo se ne sono andati da quando l’ho comprato), allora 3 per 8 ventiquattro, 100 meno 24 fa 76, ecco allora che dovrò vendere il mio BTP a 76 € al pezzo per trovare qualcuno disposto a comprarlo.
Chiaro?
Come detto tante volte, quando i tassi vanno su, i prezzi delle obbligazioni scendono e viceversa e il motivo è proprio questo – spiegato in maniera semplicistica non proprio corretta al 100%, ma che rende l’idea.
Quindi belle le cedole ma occhio che non è tutto oro quel che luccica e se in generale vi piace investire in obbligazioni, quando vedete delle cedolone pazzesche attenzione perché il rendimento è un’altra cosa.
Fatte anche le cedole e capito come funzionano, veniamo ai tanti amati DIVIDENDI.
I dividendi sono i cugini azionari delle cedole, ossia sono una quota dei profitti che una società distribuisce ai suoi azionisti.
Quanto volte ho sentito dire cose del tipo: “investo in questa o in quella società così mi prendo i dividendi”.
Anche qui, seguitemi un attimo.
Il fatto che un’azione stacchi dei dividendi, non significa che vi fa diventare più ricchi rispetto ad un’azione che non stacca dividendi.
Il rendimento di un investimento azionario è infatti composto da due elementi, ossia:
– dal valore dei dividendi (se ci sono) e
– dal valore del capital gain, ossia della differenza di prezzo dell’azione in un certo lasso di tempo.
Quando il consiglio di amministrazione di una società decide di distribuire agli azionisti una quota dei profitti sotto forma di dividendi, il dividendo non va a creare del valore aggiuntivo rispetto a quello dell’azione, ma la distribuzione del dividendo non è altro che una “vendita parziale” delle azioni di quella società.
Gli azionisti possono poi decidere di utilizzare i dividendi in due modi:
– o reinvestendoli in azioni della società; oppure
– monetizzando il dividendo sotto forma di flusso di denaro.
Quando viene distribuito un dividendo, dunque, il valore del vostro investimento non cambia, semplicemente assume una forma diversa per una certa quota.
Se però scegliete di monetizzare il dividendo, ecco che qui si crea un’inefficienza fiscale perché voi paghereste il solito 26% di tasse e quindi a quel punto sì che il vostro patrimonio verrebbe ridimensionato.
Capite quindi che, soprattutto se siete nella fase di accumulazione della vostra ricchezza, puntare sulle cosiddette dividend stocks, ossia sulle società che distribuiscono dividendi, probabilmente non è la scelta migliore.
Tra l’altro quest’estate sono usciti due articoli di Morningstar che analizzavano le performance delle dividend stocks rispetto a quella più generale dell’S&P 500.
I risultato sono stati che nel 2023, perlomeno fino ad Agosto, un investimento in fondi concentrati su dividend stocks Americane avrebbe reso meno della metà di un semplice etf sull’S&P 500 e ciò è dovuto al fatto che quest’anno il rally delle borse è stato spinto soprattutto da pochi titoli tecnologici (le solite Nvidia, Tesla, Google, Microsoft, Meta, Apple, ecc.) che per loro natura distribuiscono pochissimi dividendi.
Se guardiamo invece gli ultimi 20 anni, comunque l’S&P 500 nel suo complesso ha fatto leggermente meglio della sua versione concentrata sulle dividend stocks, 11,14% contro 10,88%.
Quindi le società che distribuiscono dividendi non sono necessariamente quelle che rendono di più anzi, a volte, rendono addirittura meno.
Quindi, consiglio non richiesto: probabilmente ci sta investire in un portafoglio di realtà “value”, ossia di realtà consolidate con una lunga storia di distribuzione crescente di dividendi, se vi trovate in una fase avanzata del vostro percorso, con un patrimonio rilevante e in vista di una fase della vita in cui per voi dovesse essere funzionale ricevere dei flussi di cassa periodici.
Se oggi siete in una fase di accrescimento del vostro capitale, allora puntare su certe società per il fatto che esse distribuiscano dividendi è sub-ottimale rispetto all’obiettivo di accumulazione che avete.
Veniamo infine all’ultimo punto, che è diretta conseguenza di quanto abbiamo detto sinora.
Parlando in lungo e in largo di ETF, come sapete abbiamo sempre e solo parlato di ETF ad accumulazione, che cioè reinvestono automaticamente tutti i dividendi o le cedole che gli asset sottostanti producono nel tempo.
Esistono però anche gli equivalenti ETF a distribuzione, che cioè ogni 3-6 mesi tipicamente distribuiscono i profitti liquidandovi la quota che vi spetta in base a quanto ammonta il vostro investimento.
Capite bene che anche in questo caso la decisione di investire in questa tipologia di strumenti sarà subordinata alla fase della vita in cui vi trovate e all’obiettivo del vostro investimento, che sia esso accumulare patrimonio o generare rendite passive.
Per quanto possibile, l’indicazione generale di buon senso che mi sentirei di dare è quella di prediligere i prodotti ad accumulazione rispetto a quelli a distribuzione per massimizzare il potere del rendimento composto e ridurre al minimo l’impatto delle tasse sui vostri profitti.
Per chiudere, torniamo quindi al sogno iniziale, alla speranza che un giorno si possa vivere di rendita grazie al rendimento dei nostri investimenti.
Abbiamo già visto tante volte che esso non è affatto un sogno, l’unico aspetto negativo è che la strada è lunga, incerta e faticosa, perché richiede di accettare continue rinunce oggi per un beneficio (in teoria) maggiore domani.
Vi ricordo che, stimando un rendimento del 7% all’anno, ossia poco meno del rendimento degli ultimi 40 anni di un portafoglio 60% azioni e 40% obbligazioni, il tempo che ci metterete a raggiungere l’indipendenza finanziaria è legata alla percentuale di reddito che riuscite a risparmiare e investire.
In particolare:
– se investite il 10% del vostro reddito, ci metterete circa 40 anni;
– se investite il 20% ci metterete circa 30 anni;
– se investite il 30% ci metterete circa 23 anni;
– se investite il 40% ci metterete poco più di 18 anni.
Ora, attenzione a due dettagli non banali, altrimenti sembra tutto troppo facile.
Primo dettaglio: il percorso di accorcia man mano che aumenta la vostra quota di risparmio perché automaticamente anche il vostro fabbisogno si riduce.
Mi spiego, se il vostro reddito è 50.000 € netti all’anno, investire il 10% (5.000 €) significa che voi spendete 45.000 € all’anno per vivere.
Se invece, a parità di reddito, investite il 40% (20.000 €) significa che vi bastano 30.000 € all’anno per vivere e quindi che avrete bisogno di un patrimonio inferiore per sostenere il vostro stile di vita.
L’indipendenza finanziaria non si regge quindi sull’idea di fare soldi a palate e poi avere un tenore di vita come quello di Cristiano Ronaldo. Per diventare ricchi in quel modo, non è questo il podcast giusto da ascoltare.
Qui parliamo di indipendenza finanziaria, ossia di poter raggiungere un livello di patrimonio tale da permettervi – se lo volete – di vivere senza lavorare, o comunque di appropriarvi di buona parte del vostro tempo, conducendo una vita normale.
La prossima settimana parleremo delle caratteristiche dei Milionari d’America, così come descritte dal celeberrimo The Millionaire Next Door, e vedremo che il loro stile di vita ricorda molto di più quello dei più frugali tra voi che non quello dei residenti sulle colline di Hollywood.
L’altro dettaglio da non dimenticare invece riguarda l’incidenza dell’inflazione.
Perché sarebbe bello che tra 40 anni tutto costasse come ora! invece una bella cippa, ciò che oggi ci basta per vivere domani non basterà più.
Quindi il calcolo di cui sopra è viziato dal fatto che in termini nominali tutto funziona benissimo, ma in termini reali (ossia di reale potere d’acquisto) le cose sono un po’ meno rosee.
Ora, prevedere l’inflazione da qui a 40 anni è impossibile.
In Italia abbiamo avuto meno del 2% all’anno nel terzo millennio fino a prima del 2022 e poi abbiamo avuto quasi il 9% di media l’anno scorso e probabilmente arriveremo al 5% quest’anno.
Negli anni ’80 abbiamo avuto anche periodi con il 15-20% di inflazione all’anno.
Allora però non c’era l’Euro e non eravamo nell’Unione Europea, quindi oggi una cosa del genere è molto più difficile che capiti (con buona pace di chiunque propugni l’uscita dall’Europa un ritorno alla Lira. Spoiler Alert: se succede siamo fottuti tutti).
Dato che BCE e Fed hanno l’obiettivo di tenere i tassi intorno al 2%, attenzione a cosa succede con questo 2% nei vari orizzonti temporali che abbiamo citato poco fa:
– tra 18 anni i vostri soldi varranno circa il 30% in meno;
– tra 23 anni il 37% in meno;
– tra 30 anni il 45% in meno e infine
– tra 40 anni il 55% in meno.
Sempre ammesso che l’inflazione media sia il 2%, perché se invece già andasse al 3 i numero sarebbero molto diversi.
Quindi se oggi vivete con il 90% del vostro reddito e vi servono 40 anni per arrivare all’indipendenza finanziaria (ossia ad un patrimonio di 25 volte la vostra spesa annuale), ricordatevi che tra 40 anni dovrete comunque ridurre il vostro stile di vita di circa la metà.
Certo, probabilmente allora non avrete più il mutuo, se avete figli ormai saranno fuori casa e se avete fatto le cose per bene con la previdenza complementare avrete una bella rendita aggiuntiva, però appunto non dimenticatevi di considerare l’inflazione nei vostri conteggi.
Pertanto, cosa dobbiamo imparare da questa storiella?
The Sooner The Better!
Prima ci arriviamo meglio è, perché più velocemente facciamo crescere i soldi, meno tempo diamo all’inflazione per mangiarsi via il nostro potere d’acquisto.
Lo so che investire il 40% del proprio reddito non è esattamente alla portata di tutti (sicuramente non alla mia) ma avere ben chiaro in testa questo meccanismo può costituire un incentivo costante in grado di supportare le piccole decisioni finanziarie che sarete chiamati a prendere ogni giorno per il resto della vostra vita.
In definitiva, takeaway dell’episodio sono:
1) niente miracoli del trading e seconda entrata mensile operando un’ora al giorno che sono quasi tutte stronzate (il trading E’ un lavoro e chi lo fa di professione vi si dedica 8, 9, 10 e passa ore al giorno);
2) non facciamoci ingolosire da rendimenti sicuri, cedole e dividendi se non all’interno di una particolare pianificazione finanziaria con i suoi obiettivi specifici;
3) dove possibile, preferiamo investimenti ad accumulazione che fanno crescere più velocemente il patrimonio e riducono l’impatto fiscale;
4) vivere di rendita è possibile ma è una lunga strada e se volete arrivarci siete già in ritardo, quindi dovete cominciare oggi e concentrarvi soprattutto sulla quota di risparmio rispetto al vostro reddito.
Fine.
Con questo riassuntone siamo così giunti anche alla fine di quest’episodio.
Dovevo parlare di cose un po’ tecniche, spero di essere riuscito a farlo senza annoiarvi a morte e allo stesso tempo avendo fatto un po’ di chiarezza a tutti voi che invece mi avete dato l’impressione di concentrarvi su investimenti poco efficienti.
Per aiutare voi e tutti i vostri conoscenti e stare sulla retta via verso un futuro finanziario migliore, vi invito come sempre a mettere segui e attivare le notifiche al podcast su qualunque piattaforma da cui lo stiate ascoltando e di lasciare una recensione a 5 stelle per supportarci e permetterci di continuare a produrre contenuti che uno dopo l’altro accumulano la vostra competenza finanziaria e vi fanno prendere decisioni migliori invece che distribuire stronzate su come avere una seconda entrata facile grazie ai metodi di trading di sta cippa da un’ora al giorno sempre nuovi.
Per questo episodio invece è davvero tutto e noi ci ritroviamo presto, con un nuovo episodio dedicato a come migliorare il vostro rapporto con i soldi, ovviamente sempre qui, con THE BULL – Il tuo podcast di finanza personale.
Sarà che, un po’ per passione, un po’ perché faccio in continuazione ricerche sugli argomenti di cui parlo qui, i miei feed di Instagram, Youtube e pure LinkedIn ormai non mi propongono altro se non un esercito di cazzari che propone cose del tipo “crea una seconda entrata passiva facendo trading 1 ora al giorno” oppure “utilizza il metodo XYZ e potrai vivere di rendita”, “come ho trasformato 1.000 € in 50.000 € in mezz’ora” o altre puttanate di questo tipo.
Allora, non giriamoci troppo intorno e facciamoci qualche nuovo amico.
Chiaramente queste cose qua sono TUTTE cazzate.
Senza mezzi termini.
Non è che qualcuna funziona e qualcuna no.
Sono tutte delle grandissime cazzate. Punto.
Come faccio a dire questo senza averne provata una per una e visti i risultati? qualcuno potrà obiettare.
Beh, intanto secondo stime del Sole 24 Ore, in Italia un numero compreso tra l’80 e il 90% di chi fa trading online perde soldi.
Già questo mi fa venire più di un sospetto sulla bontà di qualche metodo autoproclamatosi “infallibile” propinato da un ragazzino con troppo tempo libero dalla sua cameretta o da un quarantenne imbonitore.
L’altra cosa che mi ha sempre puzzato un po’ riguarda invece i programmi apparentemente più strutturati che propongono di insegnare metodi vincenti per avere la famosa seconda entrata sicura facendo trading un’ora al giorno.
Ora, rifletteteci un attimo.
Se esistesse davvero un metodo che garantisse di far guadagnare soldi con poche ore di trading capite bene che chi conoscesse questo metodo farebbe altro che una seconda entrata mensile passiva, porterebbe a casa fantamilioni.
Vi ricordo giusto tre informazioni:
– Warren Buffett ha ottenuto un rendimento medio del 20% dai suoi investimenti e questo track record di oltre 60 anni fa di lui il più grande investitore di tutti i tempi; giusto per capirci, 20% all’anno per 60 anni trasforma 10.000 € in mezzo miliardo. Poi
– Il rendimento degli ultimi 100 anni dell’S&P 500 è stato di circa il 10% all’anno; infine
– Secondo qualunque report sull’argomento, meno di due asset manager su 10 riesce a fare meglio del rendimento medio del mercato su orizzonti di almeno 10 anni, su 20 anni praticamente nessuno.
Adesso uno che volesse mettersi a fare trading suppongo voglia ottenere un rendimento che come minimo sia superiore a quello del mercato, altrimenti tanto vale fare tutta sta fatica no?
Ecco, secondo voi quanto è probabile che lo youtuber che vi propone il corso a 2.000 € per imparare a fare trading sia davvero in grado di ottenere dei rendimenti tali da posizionarvi al di sopra dell’80% degli asset manager professionisti e giusto un po’ sotto Warren Buffett e altre leggende simili?
E sempre secondo voi uno che conosce un metodo sicuro per fare tutti sti soldi con il trading, fa video su youtube e corsi per insegnarvi sta magia?
Io col cazzo che vi spiegherei come faccio, farei soldi a palate per qualche anno e poi vi saluto tutti e ci siamo visti.
E invece no! invece siamo qua a fare la trentaduesima puntata di questo podcast per capire un po’ per volta che i soldi non crescono sugli alberi e che, mi spiace amici miei, bisogna farsi il mazzo per qualche decennio per veder davvero i propri soldi moltiplicarsi.
Tra l’altro, pochi giorni fa parlavo con l’ennesima persona scettica fan di THE BULL che mi ha obiettato: “sì tutto bello ma non può essere facile come racconti tu nel podcast, altrimenti l’avrebbero fatto tutti e sarebbero tutti ricchi”.
Allora, arrivati alla trentaduesima puntata, o abbiamo qualche problema di comprendonio o forse non abbiamo ascoltato il podcast con la dovuta attenzione, perché
PUNTO UNO: Mai detto che diventare ricchi sia facile (altrimenti nemmeno io sarei qua a fare il podcast perché sarei già ricco sfondato, invece da 13 anni e con ogni probabilità anche per i prossimi 13, dal lunedì al venerdì vado a lavorare per portare a casa la pagnotta).
Quello che raccontiamo qui a THE BULL è sì semplice, ma non è facile per niente.
Infatti richiede:
a) alta propensione al risparmio e capacità di rinuncia a tanti piccoli piaceri della vita;
b) pianificazione a lunghissimo termine delle proprie finanze;
c) capacità di sopportare senza scossoni gli up and down dei mercati;
d) una costanza della madonna e infine
e) la pazienza di attendere per decenni la crescita composta di un diligente investimento periodico fino a che non avrò raggiunto il fuck you money e arrivederci e grazie!
Quindi sì, piuttosto semplice; “facile”, invece, è tutta un’altra roba.
Morale da quattro soldi che ho imparato in 37 anni di vita: tutte le cose realmente importanti nella nostra esistenza sono quasi sempre semplici ma quasi mai facili.
Fatevene una ragione.
PUNTO DUE: non siete circondati di milionari intorno a voi che hanno fatto soldi a palate perché, come detto sin dal primo minuto del primo episodio, la cultura finanziaria di questo paese rasenta lo zero e quindi se non sai le cose, per quanto semplici siano, è dura che le riesci a mettere in pratica.
PUNTO TRE: c’è un tema di volontà.
Ho parlato con decine di persone di finanza, risparmi e investimenti e la stragrande maggioranza di esse, semplicemente, non ha voglia di mettersi a fare sta cosa. L’idea di accumulare milioni negli anni appare sicuramente seducente ma il percorso che richiede per arrivarci non è seducente per niente e quindi la maggior parte di loro rinuncia a priori e neanche ci si mette.
E intanto il tempo passa e i vostri soldi perdono valore invece che acquisirne.
Fate che non siate dentro la maggioranza, ma che rientrate in un più ristretto gruppo di persone motivate che invece ha capito che può prendere in mano la propria vita finanziaria e farne qualcosa di meglio.
Quindi, semplice ma non facile e richiede tempo.
Il vostro filtro per distinguere la fuffa dalla serietà quando si parla di finanza personale siano proprio questi due criteri.
Se qualcuno vi promette cose facili o cose rapide, avete già capito che è un cazzaro quindi passate oltre.
Recensioni
Quando capisci come funziona la finanza… ti viene voglia di raccontarla!
Riccardo mi ha letteralmente cambiato la vita e fatto scoprire che amo la finanza, ho ascoltato il podcast già due volte e non mi stufo mai di ascoltarlo, parla in modo semplice e chiaro
Massimo D., 23 Set 2025Dovrebbero ascoltarlo buona parte degli italiani e io avrei dovuto scoprirlo con qualche anno in anticipo ma meglio tardi che mai
Matteo C., 3 Set 2025Ho acquistato e letto il suo libro e l' ho trovato. Esprime i concetti economici in modo semplice e chiaro. Sentirlo parlare conferma che è un professionista del settore.
Giulia N., 11 Ago 2025Non sono solito a mettere recensioni e specialmente non ascolto podcast, ma da quando ho iniziato questo, faccio fatica a staccarmi, e quasi non posso più fare a meno di ascoltare e arricchirmi culturalmente.
Andrea V., 22 Set 2025La mia ignoranza in materia mi ha sempre creato dei dubbi, ma grazie a un amico ho iniziato ad ascoltare il podcast. Per fortuna che ho 24 anni e un po' di tempo e soldi da dedicarmi a imparare le varie nozioni per me stesso. Grazie mille!
Luca G. 10 Ott 2025Veramente veramente raccomandato! la finanza personale riassunta alla perfezione! e spiegata partendo dall'ABC! Ottimo anche da ascoltare a velocita 1,5x!
Giorgia R., 23 Gen 2025Podcast che dà sempre spunti interessanti che personalmente mi ha fatto appassionare alla finanza personale spingendomi ad approfondire in prima persona.
Lorenzo, 13 Mar 2025Da quando l'ho scoperto in 15 gg mi sono ascoltato 150 puntate senza fermarmi, ho annullato gli altri podcast per portarmi alla pari ed ascoltare tutte le precedenti puntate, ben fatto, esattamente il livello di informazione che mi serviva
Gianluca G., 11 Set 2025Veramente interessante, chiaro e conciso. Cambia la vita finanziaria di chiunque.. da ascoltare assolutamente anche per chi di finanza non vuole occuparsi mai
Francesca B., 6 Apr 2024