Home Bias: Quanto è rischioso investire sull’Italia

Home bias: il pregiudizio per cui siamo portati a ritenere migliori le cose che conosciamo meglio perché a noi più vicine e appartenenti al nostro stesso Paese. Oggi parliamo di quanto sono concentrati sull'Italia gli investimenti degli Italiani e di quanto in realtà venga frainteso il reale concetto di diversificazione. Eh sì, siamo molto più a rischio di quanto l'esposizione del nostro portafoglio ci faccia pensare. Tra cassiere di banca idealiste e bibliotecari cammuffati da tornitori, capiamo insieme quanto sia importante diversificare a livello internazionale e perché, in fin dei conti, l'America è ancora oggi la nostra Stella Polare.

Difficoltà
29 minuti
The Bull - No Thumb

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Punti Chiave

L'Home Bias e bassa cultura finanziaria spingono a scelte irrazionali e costose. Valuta investimenti sui costi, non sui consulenti.

Diversifica globalmente: l'Italia è marginale. Il Dollaro è copertura essenziale per il tuo patrimonio esposto all'Euro.

Trascrizione Episodio

Bentornati a The Bull – Il tuo podcast di finanza personale

“Mogli e buoi dei paesi tuoi!”

Quanta saggezza alberga nel sapere popolare, quanta verità dimora nei più semplici luoghi comuni che i nostri nonni e i loro nonni prima ancora si tramandano da generazioni, quante [MA CHE CAZZO STAI A Dì?]

Eh sì miei cari ascoltatori, la saggezza popolare è una bella cosa per dire quattro banalità quando non si sa bene come riempire un silenzio imbarazzante ma al di là di questo lasciamola perdere perché molti dei nostri errori di valutazione si basano proprio su pregiudizi radicati nella nostra cultura e nei nostri stereotipi.

E sta cosa delle mogli e dei buoi dei Paesi tuoi, che in sostanza significa che matrimonio e affari dovrebbero essere ristretti alla cerchia di persone a noi vicine, con le quali condividiamo – facciamo un po’ i fighi – lo stesso “background”, è esattamente una di quelle cazzate che, in assenza di informazioni oggettive, basate sui dati, condiziona senza un valido motivo le nostre decisioni.

Ora sulle mogli o i mariti vedete un po’ voi.

Dati la natura e i temi di questo podcast, qui ci oggi ci interessano soprattutto i buoi e in particolare quel pregiudizio per cui l’investitore Italiano ha la tendenza a investire soprattutto su roba Italiana perché convinto che la vicinanza, la maggior conoscenza o qualche altro strampalato motivo debbano in qualche modo fornirgli un certo vantaggio competitivo.

Prima però di parlare di questo pregiudizio domestico, che prende il nome di Home Bias, devo innanzitutto presentarvi Linda.

Linda ha 31 anni, è single, schietta e molto brillante. Si è laureata in filosofia. Da studentessa, era profondamente preoccupata dai problemi della discriminazione e della giustizia sociale e ha anche partecipato a manifestazioni contro il nucleare.

Quale di queste affermazioni è più probabile?

Linda è una cassiera di banca.

Linda è una cassiera di banca ed è un’attivista nel movimento femminista

tic toc tic toc

Mi gioco quello che volete che la maggior parte di voi avrà risposto che Linda è una cassiera di banca femminista, perché dalla descrizione precedente avete inferito [INFE che???] oohhh, avete dedotto – meglio? – eh avete dedotto che per tutto il suo pregresso universitario e per le sue caratteristiche personali la seconda descrizione si sposava meglio con la vostra visione stereotipata di una cassiera di banca single attenta alle tematiche di emancipazione femminile.

Ovviamente questa conclusione è sbagliata perché, dato che il numero di cassiere di banca è di gran lunga superiore al numero di cassiere di banca attiviste nel movimento femminista, è più probabile che Linda – per quanto la cosa vi sembri strana – non sia un’attivista di un bel niente.

Il cosiddetto problema di Linda ha una fama leggendaria perché rappresenta uno dei più citati test di Daniel Kahneman e Amon Tversky, i due già citati padri dell’economia comportamentale, volto a dimostrare come il nostro ragionamento faccia acqua da tutte le parti quando si tratta di prendere decisioni in ambiti per noi piuttosto sconosciuti, motivo per cui ci attacchiamo alle informazioni che abbiamo intorno per dare supporto alle nostre conclusioni.

Ora che avete capito questo vi chiedo quanto segue.

Stefano viene descritto dai suoi vicini come molto timido e introverso, sempre piuttosto disponibile ma con davvero scarso interesse nei confronti delle persone o del mondo esterno a lui. Una buon anima mite e tranquilla, con un’evidente attenzione all’ordine e al rigore e con una forte passione per i dettagli.

Secondo voi è più probabile che Stefano sia un bibliotecario o un operaio in un’azienda metalmeccanica?

Se avete risposto bibliotecario, oh ragazzi allora non abbiamo capito una mazza qua!

Bravi invece quelli che hanno risposto operaio metalmeccanico perché, dato che esistono molti più operai che bibliotecari, è più probabile che Stefano sia un blue collar, del tutto a prescindere dalla sua descrizione soggettiva.

Eppure lo so che mentre diciamo sta cosa il vostro cervello pensa: “però secondo me era più un bibliotecario…”

Eh ma e normale che sia così.

Il nostro cervello è abituato a basarsi su stereotipi e pregiudizi per prendere decisioni su cose che non conosce o dove c’è una certa carenza di informazione.

Vedete, in qualunque libro si parli di investimenti, ad un certo punto arriva il capitolo sulle scoperte incredibili di Kahneman e Tversky in materia di economia comportamentale, disciplina che essi fondarono e per i cui contributi Kahneman ricevette il Nobel per l’economia (mentre Tversky nel frattempo era purtroppo passato a miglior vita).

Questo perché, come abbiamo già detto una ventina di episodi fa, si è capito che l’approccio dell’uomo alla finanza, agli investimenti, all’economia e in generale ai contesti con risorse limitate che richiedono di prendere decisioni in assenza di informazioni certe è tutt’altro che razionale e rigoroso.

Prendiamo decisioni con i nostri soldi sulla base di pregiudizi del tutto arbitrari ai quali ci attacchiamo perché ci convincono che dar loro retta sia meglio che procedere altrimenti.

Veniamo quindi a quel pregiudizio che abbiamo chiamato Home Bias e che fa sì che noi Italiani amiamo come pazzi mettere i soldi nelle nostre cose, stando per così dire all’interno del giardino di casa.

Un po’ è un fatto culturale, siamo Italiani e quindi è normale conoscere meglio ciò che appartiene al nostro paese e ad essere propensi ad investire in esso.

Un po’ invece – e soprattutto – è dovuto alla spaventosa mancanza di competenza finanziaria che dilaga in Italia e che il più delle volte è amplificata nei suoi effetti negativi da una patologia congenita molto diffusa nella popolazione Italiana nota come MIOCUGINITE DISMETABOLICA CONGENITA .

Non ne avete mai sentito parlare?

No?

Strano…

La MIOCUGINITE è quella grave sindrome dilagante in Italia per cui quando si tratta di far ricorso ad un esperto ci si rivolge ad un personaggio dai tratti quasi leggendari che il più delle volte prende il nome di MIO CUGINO, di qui il termine MIOCUGINITE.

Ed è congenita perché è una cazzo di patologia con cui noi Italiani nasciamo.

Cioè tu alla maggior parte delle persone puoi sbattere in faccia dati, numeri, evidenze oggettive e tutto quanto, ma poi alla fine quello ti dice: “sì ok, però mio cugino, che un po’ ci capisce, mi ha detto che bla bla bla e quindi ho fatto così”.

Dio solo sa quanti cugini in Italia sono responsabili di dissesti finanziari che hanno colpito migliaia di famiglie convincendoli a fare i peggio investimenti più strampalati!

Infine è dismetabolica perché nell’inventarmi sta cretinata suonava meglio una finta malattia con un nome di tre parole piuttosto che due.

Se la malattia ovviamente non esiste, la prassi del ricorso al cugino, amico, tizio che conosco che conosce uno che lavora in banca, è un fatto reale che condiziona le nostre decisioni in materia finanziaria e non.

A gennaio 2023 è uscito il sondaggio annuale della Consob sulle abitudini degli Italiani in fatto di finanza personale e i risultati, come sempre, fanno cadere le palle per terra.

Vediamo le cose più interessanti che sono emerse:

UNO: il livello di competenza finanziaria resta tra i più bassi rilevati nei paesi sviluppati, con meno del 50% degli intervistati che ha una vaga idea di cosa voglia dire, ad esempio, DIVERSIFICAZIONE.

DUE: solo un quarto degli intervistati dichiara di far ricorso a consulenti finanziari abilitati nella pianificazione del proprio risparmio e delle proprie scelte di investimento (e la stragrande maggioranza di questi si rivolge al consulente della banca dove hanno il conto mentre solo un ristrettissimo numero di persone si rivolge alla consulenza indipendente).

TRE: gli investitori italiani non prestano praticamente nessuna attenzione ai costi dei prodotti di investimento e valutano invece l’operato del proprio consulente sulla base di criteri quali chiarezza, affidabilità e attenzione.

grilli

Oh ragazzi, che i consulenti delle banche siano sempre gentilissimi e disponibilissimi è un fatto … e grazie al cazzo vorrei anche aggiungere!

Quello che però dovreste aver imparato da 35 episodi di The Bull è che questi criteri, il fatto che siano gentili e disponibili, lasciano il tempo che trovano, mentre invece i costi degli strumenti in cui investite sono una mannaia a lungo termine sui vostri rendimenti, quindi questo dovrebbe essere il PRIMISSIMO criterio di valutazione di un investimento.

Ricordatevi sempre che la finanza è uno di quei rarissimi ambiti in cui non vale la regola che se paghi di più ottieni qualità migliore.

Di solito è esattamente il contrario.

Meno paghi, maggiori saranno i rendimenti perché come sapete i rendimenti li fa il mercato mentre il vostro consulente non ha praticamente nessuna chance di fare meglio e quindi di compensare quel 2-3% di commissioni che pagherete con delle sovraperformance rispetto ai benchmark.

Se non avete capito niente di quest’ultima frase riascoltatevi per esempio l’episodio 5.

Veniamo al punto QUATTRO:

gli Italiani investono in cose Italianissime!

I prodotti in cui investono di più sono, nell’ordine:

– depositi bancari

– buoni postali

– fondi comuni d’investimento

– titoli di stato

– azioni

– obbligazioni bancarie (ovviamente vendute dalle stesse banche che fanno consulenza)

– e solo un 8% dichiara di avere titoli esteri.

Ah però in tutto ciò, bellissimo, l’8% degli intervistati ha dichiarato di investire in Criptovalute.

Cioè la maggior parte degli Italiani non capisce una mazza di finanza, manco sa cos’è un ETF, diversificazione “questa sconosciuta”, investe quasi tutti i soldi in roba super conservativa che rende una cippa come depositi, buoni postali e BTP ma poi si mette a fare operazioni super rischiose giocando con l’asset class più volatile e speculativa che esista.

Valli a capire…

Quindi, un po’ per ragioni di natura culturale, un po’ per la MIOCUGINITE (che a volte assume le forme del consulente della filiale della banca del paese, che nei peggiori casi è proprio nostro cugino), insomma alla fine gli Italiani in cosa investono?

Lasciamo perdere i depositi e i buoni postali che non sono neanche veri investimenti, il grosso è rappresentato da Titoli di Stato Italiani – che il nostro governo cerca ovviamente di farci comprare a più non posso con ogni markettata possibile a immaginabile perché ormai la BCE ha smesso di comprare il nostro debito quindi è fondamentale che ce lo compriamo da soli altrimenti i nostri conti pubblici saltano per aria – poi fondi comuni (spesso con dentro tanta roba Italiana), obbligazioni (delle banche Italiane) e per i più arditi un portafoglio a caso di aziende Italiane, soprattutto con i soliti grandi nomi Intesa San Paolo, Unicredit, Eni, Enel, Leonardo e così via.

E poi qualcuno che invece è un po’ più smart, c’ha l’app di eToro e vuole fare cose un po’ più internazionali compra le solite aziende americane (Apple, Google, Tesla, Meta, le solite insomma).

Per chiudere poi, non viene citato dall’indagine della Consob perché non è un prodotto finanziario, ma ovviamente c’è sullo sfondo il grande amore degli Italiani che sono gli Immobili, su cui abbiamo già speso fiumi di parole.

Quindi quali sono i problemi di tutta sta situazione?

Direi che ci sono almeno tre problemi fondamentali:

PRIMO PROBLEMA: i portafogli di investimento – se così li possiamo chiamare – sono completamente inefficienti e il più delle volte non sono nemmeno impostati in funzione di un qualche obiettivo.

Per non parlare del fatto che, citando sempre lo studio di Consob, il 58% degli Italiani disinvestirebbe per far fronte ad esigenze di liquidità, quindi tutto quello che spieghiamo qui sul budgeting, la pianificazione e il fondo di emergenza è materia oscura ai più manco parlassimo di meccanica quantistica.

SECONDO PROBLEMA: mediamente gli Italiani sostengono una marea di costi di cui non sono nemmeno consapevoli e questo sapete bene che il problema più grave in assoluto nell’impostazione di un portafoglio di investimento.

TERZO PROBLEMA: gli Italiani si prendono dei rischi madornali perché non diversificano una cippa.

Investendo tutto o quasi in Italia, capite bene che la concentrazione di rischio è altissima e che un solo importante evento avverso che coinvolga il nostro Paese potrebbe spazzare via l’intero patrimonio di un risparmiatore.

Perché tutto questo?

Perché se dovessimo riformulare il problema di Linda spostandolo sul tema di investimenti potremmo chiedere:

quale delle due affermazioni reputi più corretta?

a) è importante investire in azioni e obbligazioni

b) è importante investire in azioni di note e grandi società italiane quotate e obbligazioni di banche solide in cui lavorano persone che conosci molto bene e che sembrano affidabili

Chiaramente la risposta giusta sarebbe la (a) perché un investimento ad ampio spettro sarebbe sicuramente più efficiente ed efficace nel lungo termine riducendo il rischio, rispetto che a concentrare l’investimento in qualcosa che ti è più familiare ma che in realtà amplifica il margine di errore.

Allo stesso modo, cosa preferiresti?

a) investire supportato da un gentile e simpatico consulente che puoi sempre andare a trovare nella sua filiale, andarci a pranzo, berci il caffé e che ti darà sempre tutte le attenzioni del mondo, oppure

b) non parlare con nessuno, comprare un gelido e anonimo ETF senza nessun gestore dietro che si curi minimamente di quel che succede sul mercato, attraverso un broker impersonale a basso costo.

Eh, voi sapete che la risposta giusta è la (b).

Ma il pregiudizio tipico, come quello del caso di Stefano l’operaio con le sembianze da bibliotecario, è quello di trasferire opinioni positive sulla personalità del consulente sul livello di qualità dei prodotti finanziari, perché non capendoci una beneamata cippa di finanza e investimenti utilizziamo le poche e irrilevanti informazioni che abbiamo per orientarci nelle nostre decisioni in contesti di incertezza.

Per prendere in prestito un esempio del mio più grande eroe intellettuale Nassim Taleb, sarebbe come cercare di orientarsi a New York usando una cartina di Atlanta, pensando che comunque è pur sempre una cartina ed è meglio di niente…

Ragazzi tra poco uscirà un episodio dedicato a questo geniale trader, matematico, filosofo, sollevatore di pesi, eclettico poliglotta e dal carattere ingestibile che non potete assolutamente perdere.

Stay tuned! a me ha cambiato la vita quando accidentalmente mi sono imbattuto in un suo libro nella scarna libreria dell’aeroporto di Linate e spero quindi che qualche effetto lo faccia anche su di voi.

Detto questo, dicevamo gli Italiani comprano soprattutto la roba di casa loro che pensano di conoscere meglio,
Ma il tema dell’Home Bias è solo Italiano o riguarda anche gli altri?

Senza ombra di dubbio riguarda un po’ tutti, con le debite specifiche nazionali.

Per esempio, ci metto la mano sul fuoco che i Francesi sono forse peggio di noi e che prima di investire su cose straniere mettono anche l’anima sulle società al di là delle Alpi (che però in molti casi, bisogna dirlo, sono colossi che noi ci sognamo, LVMH su tutti).

Nel nord Europa invece hanno probabilmente una maggiore esposizione internazionale, poiché per loro natura sono abituati ad aprirsi all’esterno.

In generale però tutti più o meno sono vittima di questo pregiudizio e l’ennesima riconferma l’ho avuta seguendo un canale Youtube, peraltro fatto molto bene, gestito da un investitore Svedese che, tra recensioni di libri di finanza e guide all’investimento, racconta molte delle cose di cui parliamo qui.

In un video in particolare, però, su questo canale si parlava di quali sono i vari step da seguire per raggiungere l’indipendenza finanziaria e giustamente parlava di risparmio, frugalità, investimento progressivo, interesse composto e via dicendo.

Peccato che ad un certo punto, come un fulmine a ciel sereno che quasi mi prendo un colpo, questo personaggio spiega che il modo migliore per diventare ricchi è investire in un portafoglio di azioni in grado di battere la media del mercato – lui dice intorno al 12% all’anno – attingendo in particolare a società domestiche perché sono quelle che si conoscono meglio.

No scusa fammi capire!

Fai tutto lo spiegone su come diventare ricchi seguendo tutti i passaggi giusti e poi racconti a chi ti segue che può fare il 12% all’anno comprando le azioni di Ikea, Volvo e H&M?

Ma di cosa stiamo parlando?

Il rendimento storico dell’S&P 500 è circa 10%, il grandissimo Dave Swensen, di cui abbiamo parlato nell’episodio su Ramit Sethi, è riuscito a fare il 13,5% per 30 anni e tu vuoi raccontare che il Mario Rossi qualunque – o lo Sven Anderssonn qualunque in quel caso – può fare 12% all’anno semplicemente comprando le azioni delle società più importanti del proprio paese?

Boh io veramente non mi capacito.

Un’ora di video e poi sta cosa buttata lì 30 secondi come fosse un dettaglio marginale.

Cioè capite ragazzi che 12% all’anno, vuol dire che se investite 1000 € al mese in vent’anni siete milionari?

Se qualcuno di voi ci riesce, tra vent’anni mi scriva e gli offro una cena.

Quindi vedete, quest’idea di investire sui gioielli di casa perché pensiamo di avere un vantaggio competitivo grazie ad una maggiore conoscenza è purtroppo una pandemia internazionale, che non risparmia nessuno.

E non risparmia soprattutto gli Americani, considerazione che ci porta alla parte conclusiva dell’episodio.

Allora, per gli Americani il resto del mondo quasi non esiste, quindi per loro investire in azioni significa investire in aziende USA.

Fa ridere, se ci pensate, che l’ETF di Vanguard chiamato Total Stock Market investe solo in aziende americane. Quindi per loro il mercato azionario “totale” è quello racchiuso tra i due oceani, canada e messico.

Negli ultimi anni questa cosa è un po’ cambiata, quindi anche loro hanno imparato a diversificare un po’, però resta il fatto che il grosso dei loro investimenti è sempre concentrato sul mercato domestico.

C’è però una piccola differenza rispetto a qualunque altro paese.

Il mercato azionario americano pesa il 60% dell’azionario globale e quello che succede a Wall Street condiziona in maniera diretta tutto ciò che accade nel mondo.

Fino alle 15:30 ogni giorno i mercati fanno il loro corso.
Poi apre la borsa di New York e da lì in poi succede quello che New York decide e tutti dietro come pecore.

Quindi investire sui gioielli di casa quando il tuo mercato vale più di metà del mondo intero è un conto; farlo quando il tuo Paese conta lo ZERO virgola della finanza mondiale, beh, non è proprio la stessa cosa.

Comunque questa peculiarità dell’investitore Americano ci porta quindi all’ultimo passaggio.

Mi capita molto spesso di leggere o sentire che tutta la teoria della finanza personale, ciò di cui parliamo qui a The Bull in sintesi, è scritta da Americani per Americani e che pertanto non è corretto per l’investitore Italiano applicare quello che dicono loro.

Ho sentito e letto questa cosa molto spesso – e molto spesso ciò era accompagnato dalla vendita di corsi ad hoc per l’investitore Italiano o Europeo (ma pensa!) – ma più vado avanti, meno sono convinto che ciò sia vero.

Come abbiamo spiegato nell’episodio 28 su Ramit Sethi, l’unica grossa differenza che rilevo tra investire qui e investire negli States ha a che fare con questioni fiscali e il fatto che loro hanno i Roth IRA, i 401(k) e tutti i vari veicoli di investimento che consentono condizioni fiscali agevolate.

Ma al di là di questo, ragazzi, viviamo in un mondo globale completamente interconnesso (almeno in finanza), pertanto quello che vale per gli Americani, vale al 90% per noi.

L’obiezione tipica a questo punto riguarda il tema della valuta.

Chi dice che investire con un approccio americano non vada bene di solito tira fuori il fatto che quando noi investiamo, per esempio, sull’S&P 500, in realtà stiamo facendo due scommesse:

– una sull’andamento futuro delle società parte dell’S&P 500;

– l’altra sul cambio euro-dolloro.

Come abbiamo già spiegato tante volte, infatti, quando noi compriamo in Euro un ETF che replica un asset denominato in Dollari, la performance dell’ETF sarà il risultato della somma algebrica – più o meno – tra la performance del sottostante e la variazione del tasso di cambio.

Ok, la ridico con un esempio che credo di aver sentito il suono di un tonfo di qualcuno tra voi che deve essere svenuto nello sforzo di capire l’ultima frase.

Allora ammettiamo che domani l’S&P 500 chiude la giornata di contrattazioni con un +0,5%.

Se in quella stessa giornata il cambio euro/dollaro ha registrato, che ne so, +0,2%, ciò significa che l’euro si è rafforzato rispetto al dollaro pertanto il nostro ETF riporterà come performance giornaliera 0,3%.

Altro esempio:

S&P 500 fa -0,5%

cambio euro/dollaro fa -0,8%

Risultato? il mio ETF quel giorno avrà fatto +0,3%.

Capito?

Ora, è un problema questa cosa?

Chi sostiene che investire troppo sull’America non vada bene perché saremmo troppo esposti al dollaro non capisce una cosa fondamentale.

E’ vero che gli Americani investono in dollari, guadagnano in dollari, spendono in dollari e quindi quel che succede alle altre valute a loro interessa poco perché il dollaro è la moneta di riferimento del mondo intero (con buona pace dei paesi emergenti, i famosi BRICS, Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica, che vorrebbero sganciarsi dall’egemonia del dollaro, ma io sono qua che voglio proprio vedere quell’accozzaglia di mezze dittature o comunque democrazie piuttosto traballanti che accetteranno di uscire dal sistema valutario internazionale governato dalla moneta più forte del mondo per affidarsi a chissà quale valuta che i mercati ogni due per tre potrebbero far crollare a picco… mah… vedremo).

Ad ogni modo per noi Europei il fatto è molto diverso.

L’Euro è una moneta forte e stabile, ok, ma niente di paragonabile al dollaro, valuta nel quale sono peraltro prezzate tutte le materie prime di cui noi Europei abbiamo un fottuto bisogno.

Quindi mio caro ascoltatore che ti sei impanicato perché hai appena realizzato che i tuoi investimenti sono in balia del cambio euro/dollaro, permettimi di dirti queste cose:

UNO: nel lungo termine, l’oscillazione delle due valute tende a riequilibrarsi e comunque a rimanere in range piuttosto contenuti (cioè è improbabile che ad un certo punto un Euro varrà due Dollari) e caso mai il grosso problema è se il dollaro dovesse indebolirsi in maniera esorbitante; finché è l’Euro a svalutarsi a noi andrebbe solo bene.

DUE: in qualche modo, l’investimento in Dollari è una forma di copertura assicurativa.
Più o meno quello che succede è questo:

– quando il dollaro si svaluta, tendenzialmente le società americane sono contente perché così possono vendere a prezzi più competitivi all’estero; considerate che metà del fatturato delle big company americane non è fatto in America (Apple, Amazon, Tesla, Google, ma anche Procter and Gamble, Kraft, McDonald’s, Coca Cola, Nike e così via vendono in tutto il mondo). Di conseguenza dollaro debole ci penalizza sì nella performance dell’ETF, ma in qualche modo ciò è controbilanciato dal fatto che probabilmente in quel caso l’S&P 500 crescerà di più a fronte di maggiori utili delle sue società;

– quando invece succedono cazzi a livello economico internazionale, arriva una crisi e così via, di solito gli investitori se la fanno sotto e cominciano a spostare i loro soldi in asset rifugio, come l’Oro, le obbligazioni governative di paesi forti e, ovviamente, il dollaro. Quindi quando le cose vanno male, spesso il dollaro si rafforza e paradossalmente può succedere di avere un S&P 500 che sta andando giù a capofitto e il nostro ETF che tutto sommato se la sta cavando bene.

Chiaro?

TRE: se il vostro portafoglio ha dentro tanti asset denominati in dollari, ricordavi che il vostro problema non è la sovraesposizione verso il dollaro, ma quella verso l’euro.

Eh sì.

Voi guadagnate in Euro, spendete in Euro, la vostra casa ha un valore in Euro, il vostro lavoro in Italia dipende dall’Euro, tutta la dimensione economica della vostra vita è in Euro.

Se un domani troppi politici pazzoidi ultrapopulisti e naziolisti dovessero riuscire a mandare a puttane l’Unione Europea, ma cara grazia se il grosso dei nostri investimenti è denominato in Dollari!

Quindi, a maggior ragione per questa storia delle valute, God Bless America e ben venga la nostra esposizione verso la loro venerabilissima valuta verde.

Detto questo, tiriamo un po’ le somme che sennò abbiamo fatto tutto sto episodio e non vorrei che tra Linde e Bibliotecari, la sensazione che resta in testa sia “ok, ma quindi?”.

Quindi un po’ di indicazioni di buon senso.

INDICAZIONE DI BUON SENSO NUMERO UNO:

L’Italia è un granello di sabbia nella Copacabana della finanza mondiale. Benissimo investire nel nostro Paese ma fate che sia una frazione marginale del vostro portafoglio.

INDICAZIONE NUMERO DUE:

La diversificazione, come si dice spesso, è l’unico pasto gratis in finanza, pertanto se non diversificate il vostro investimento, vi esponete a rischi che oggi nemmeno potete immaginare.

Dato che è impossibile prevedere in anticipo quali rischi correremo in futuro, cerchiamo di tenere le nostre chiappe su più sedie contemporaneamente, che non sappiamo mai quale sarà quella che vi verrà tolta da sotto.

INDICAZIONE NUMERO TRE:

Diversificare è top, ma ricordatevi sempre che l’America, ancora ad oggi, governa il mondo (con buona pace di Xi Jinping e tutta la combriccola dei BRICS), quindi è abbastanza naturale avere più di metà del vostro portafoglio sbilanciato su quella parte.

INDICAZIONE NUMERO QUATTRO:

Segnatevi con un Uniposca fucsia indelebile quello che sto per dire.

Il vostro portafoglio non è fatto semplicemente dai prodotti finanziari che avete comprato con il vostro broker online.

Quella è solo la parte di “financial asset”.

Il vostro portafoglio è composto da:

– il vostro denaro liquido;

– il vostro lavoro e conseguente stipendio;

– la vostra casa;

– i vostri beni materiali;

– E i vostri investimenti.

Quindi quando ragionate su quanto siete esposti e diversificati, non considerate solo i 10.000 € che avete cominciato ad investire nell’azionario globale.

Considerate i 200, 300, 400, 500.000 euro della vostra casa in Italia, il vostro reddito mensile in Italia e in generale tutto l’ecosistema Italia all’interno del quale i vostri soldi hanno valore.

Una volta che capite questo, ma siamo proprio sicuri che vogliamo anche comprare palate di titoli di stato Italiani, obbligazioni di banche Italiane, azioni di società Italiane e 4 case sparse per il Bel Paese?

Volete investire in Italia?

Comprate un ETF sullo Stoxx 600 che ha dentro circa il 4% di aziende italiane e un ETF obbligazionario dell’area Euro con dentro una altro 20% di Italia e basta così.

Con questo non voglio dire che l’Italia non rappresenti un’opportunità di investimento, anzi.

Da inizio anno il FTSE MIB è stato il miglior indice d’Europa.

Quello che dico è che se già siete coinvolti nelle sorti dell’Italia per buona parte della vostra vita, allora, potendo scegliere, ma scegliamo di diversificare la nostra esposizione finanziaria e andiamo a creare dei contrappesi da altre parti casomai un domani all’Italia succedesse qualcosa di spiacevole.

No?

Allora, cari amici e care amiche di questo podcast, spero sempre che la mezz’ora che trascorriamo insieme un paio di volte a settimane sia per voi tempo ben speso e così non fosse ricordatevi di scrivermi su Instagram all’account thebull_finance, così mi dite tutto quello che non vi piace.

Per la verità moltissimi di voi mi stanno scrivendo messaggi super positivi, per i quali vi ringrazio con tutto il cuore.

So anche che chi ha opinioni negative di solito è meno motivato a perder tempo scriverle ma invece invito soprattutto chi tra voi avesse qualche appunto da sollevarmi a scrivermi tutto quel che gli pare, sono convinto che le critiche siano molto utili per migliorare tutto quello che stiamo facendo insieme.

Vi ringrazio inoltre per la divulgazione di questo podcast che sta avvenendo anche grazie al vostro passaparola, continuate a farlo conoscere in giro che, se la Consob ha ragione, qua abbiamo un problema grave da risolvere quanto prima.

COme sempre, vi invito a mettere segui e attivare le notifiche su qualunque piattaforma usiate per ascoltare il Podcast e a lasciare una recensione a 5 stelle per supportarci e permetterci di continuare a produrre contenuti che vi aiutano a comprendere come gestire meglio i vostri soldi tirando in ballo strani personaggi che lavorano come cassiere in banca e che sono femministe ma forse anche no sempre nuovi.

Per questo episodio invece è davvero tutto e noi ci ritroviamo presto, per fare un altro passo insieme lungo la strada verso la nostra indipendenza finanziaria, sempre qui con THE BULL – Il tuo podcast di finanza personale.

Recensioni

Quando capisci come funziona la finanza… ti viene voglia di raccontarla!

Veramente interessante, chiaro e conciso. Cambia la vita finanziaria di chiunque.. da ascoltare assolutamente anche per chi di finanza non vuole occuparsi mai

Francesca B., 6 Apr 2024

Da quando l'ho scoperto in 15 gg mi sono ascoltato 150 puntate senza fermarmi, ho annullato gli altri podcast per portarmi alla pari ed ascoltare tutte le precedenti puntate, ben fatto, esattamente il livello di informazione che mi serviva

Gianluca G., 11 Set 2025

La mia ignoranza in materia mi ha sempre creato dei dubbi, ma grazie a un amico ho iniziato ad ascoltare il podcast. Per fortuna che ho 24 anni e un po' di tempo e soldi da dedicarmi a imparare le varie nozioni per me stesso. Grazie mille!

Luca G. 10 Ott 2025

Dovrebbero ascoltarlo buona parte degli italiani e io avrei dovuto scoprirlo con qualche anno in anticipo ma meglio tardi che mai

Matteo C., 3 Set 2025

Veramente veramente raccomandato! la finanza personale riassunta alla perfezione! e spiegata partendo dall'ABC! Ottimo anche da ascoltare a velocita 1,5x!

Giorgia R., 23 Gen 2025

Podcast che dà sempre spunti interessanti che personalmente mi ha fatto appassionare alla finanza personale spingendomi ad approfondire in prima persona.

Lorenzo, 13 Mar 2025

Ho seguito tutte le puntate! Grazie veramente

Amalia A., 17 Set 2025

Podcast piacevole, scorre veloce ma in modo estremamente chiaro, spiega i concetti chiave per gestire le proprie finanze, fornendo la classica cassetta degli attrezzi. Complimenti, davvero ben fatto!

Massimiliano, 29 Mag 2024

Ho acquistato e letto il suo libro e l' ho trovato. Esprime i concetti economici in modo semplice e chiaro. Sentirlo parlare conferma che è un professionista del settore.

Giulia N., 11 Ago 2025
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