L’Inflazione – Capire il Valore Reale dei nostri Soldi
L'Inflazione! La tassa occulta più infima che esiste, che zitta zitta si mangia via anno dopo anno il valore dei nostri sudati risparmi. Capire l'inflazione significa capire perché, più di ogni altra cosa al mondo, è fondamentale investire i nostri soldi per assicurarci il nostro futuro domani.

Risorse
Punti Chiave
L'inflazione erode il valore reale del denaro, riducendo il potere d'acquisto nel tempo.
Non investire significa perdere valore reale, mettendo a rischio il tuo futuro finanziario.
Investire strategicamente protegge e moltiplica il tuo potere d'acquisto contro l'inflazione.
Trascrizione Episodio
Bentornati a THE BULL – Il tuo podcast di Finanza Personale.
Oggi puntata dell’allegria cari amici di The Bull, per venti minuti ci divertiamo tutti assieme a parlare di uno dei fattori più importanti in assoluto che condiziona l’economia nel suo complesso e, cosa che interessa molto di più a noi che dell’economia globale non ce ne po’ frega de meno, il nostro portafogli.
Come avrete forse intuito dal titolo “Inflazione – Capire il Valore Reale dei vostri soldi” oggi straordinari geni dal sopraffino intuito che continuate a seguirmi parleremo di … INFLAZIONE!
Proprio lei!
Certo are una puntata intera sull’inflazione richiede davvero una certa dose di spregiudicatezza perché, parafrasando il gergo aulico di mia moglie che Dante Alighieri spostati:
“Benny: su cosa fai l’episodio di oggi?
Io: sull’inflazione?
Benny: Mmmh che due coglioni, ma chi cazzo ti ascolta per venti minuti a parlare di inflazione?”
Eh in effetti il dubbio mi aveva sfiorato.
E invece dovete capirla questa benedetta inflazione!
E’ la cosa più fondamentale di tutte e se dopo 43 episodi che mi state seguendo avete finalmente cominciato ad investire ma non avete capito pienamente che diavolo sia l’inflazione e che impatto abbia sulla vostra vita, ragazzi vi stimo per la fede nei miei confronti, ma avete mancato in pieno proprio il punto principale.
Quindi oggi, vi piaccia o no, si parla di inflazione e tra venti minuti ne saprete abbastanza che se incontrate Mario Draghi al supermercato per 5 minuti potete forse fargli credere che di economia ne capite qualcosa.
Mario Draghi, che sa che gli Italiani di economia in generale e di finanza personale in particolare non capiscono una beneamata fava, resterà sbalordito nel constatare quanti passi avanti gli abitanti dello stivale, rappresentati in quel momento glorioso da voi mentre pesate le banane, abbiano fatto negli ultimi mesi quanto a competenza in materia!
E sì che lui si ricordava che nei soliti report dell’OCSE, di Standard and Poors’, del Fondo Monetario e tutti gli altri, gli Italiani si piantano sistematicamente agli ultimi posti quanto ad educazione finanziaria e, come già raccontato tante altre volte a The Bull, persino gli amici dello Zimbabwe sono più finanziariamente educati di noi!
Perdonatemi eh, ma sta cosa dello Zimbabwe non riesco a superarla.
Tra l’altro, mentre facevo un po’ di ricerche per fare questo episodio, mica mi imbatto in un’informazione pazzesca che per qualche motivo mi ero dimenticato? C’era in effetti un motivo per cui sto Zimbabwe più bravo di noi in economia continuava a non tornarmi.
Sapete qual è lo Stato più gravemente affetto in tutto il mondo dal problema dell’inflazione?
Non ci potevo credere: proprio lo Zimbabwe!!!!
Cioè capito?
Dal 1980 ad oggi l’inflazione dello Zimbabwe è stata del 707 miliardi percento! E’ un numero praticamente incomprensibile.
Solo nel 2007 lo Zimbabwe ha avuto un’inflazione del 24000% (e noi che ci stiamo a fare due palle così che siamo al 5%!)
Comunque te credo che poi sono diventati tutti degli esperti di finanza personale!
Con un’inflazione del genere avranno pensato che se non si fossero messi a studiare meglio come gestire i soldi, tra un po’ bisognava inventare nuovi numeri perché quelli che esistono non bastano a descrivere il tasso di inflazione di quel paese!
Ora, scherzi a parte e lasciamo in pace gli amici dello Zimbabwe, prima che qualcuno mi venga a prendere sotto casa.
Perché è così fottutamente importante capire l’inflazione?
Che diamine è intanto l’inflazione?
In quattro parole l’inflazione è l’aumento generale dei prezzi di beni e servizi all’interno di una certa economia.
Tipicamente ogni Paese seleziona un paniere rappresentativo dei principali beni e servizi consumati dalla sua popolazione e ne misura le variazioni di prezzo mese dopo mese.
Se il prezzo medio dei prodotti e servizi del paniere da un anno all’altro è aumentato del 5% allora si dice che quell’anno c’è stata un’inflazione del 5%.
Tutto il pippone che vi sorbite ogni giorno sull’inflazione non vuol dire altro che questa roba qua ossia che le cose che volete comprare costano di più dell’anno scorso.
(di solito si parla sempre di inflazione su base annua, anche se misurata mensilmente).
e voi direte:
“e sticazzi?”
eh no!
sta roba è importante, perché se i prezzi di tutti i beni fondamentali e dei servizi aumentano, questo significa che i tuoi soldi, mio caro amichetto sprovveduto, valgono un’anticchia meno dell’anno scorso.
Quello dell’inflazione è un fenomeno importantissimo ma enormemente sottovalutato dalla maggior parte delle persone che non si occupano di economia, perché è molto difficile da percepire e soprattutto ci manda in confusione per il fatto che noi siamo abituati a concepire e valutare i soldi nel loro valore nominale, mentre invece l’inflazione ci sbatte in faccia la dura realtà che il loro valore reale si riduce nel tempo.
Che vuol dire quello che ho appena detto?
Vuol dire che 1.000 € erano 1.000 € 10 anni fa e sono 1.000 € oggi, ma ciò che 1.000 € potevano comprare 10 anni fa era molto di più di quel che possono comprare oggi, ahinoi.
No perché c’è ancora qualche rudere che vi dice cose del tipo “Eh, 1.000 €!!! sono quasi 2 milioni delle vecchie lire!!!!” ecco dovreste rispondergli
La lira non c’è più dal 2001, quindi 2 milioni di allora, cioè poco più di 1.000 € il giorno l’euro è entrato in vigore, in realtà sarebbero oggi poco più di un milione e centocinquanta mila lire, perché nel frattempo, pur con un’inflazione che negli ultimi 22 anni è stata storicamente molto bassa, il valore di quei due milioni di lire si è ridotto di oltre il 40%.
Chiaro?
Pensavo che sta cosa delle vecchie lire ormai non la dicesse più nessuno, mentre l’altro giorno ero in banca – cioè capito in Banca! non dall’ortolano! mannaggia a me che ancora non ho chiuso tutti i conti che ho con le banche tradizionali – comunque ero in banca perché dovevo fare una certa operazione e l’impiegata mi ha fatto firmare mezzo chilo di carta perché si trattava di un importo elevato.
Io l’ho guardata attonito e le ho detto: “ma stiamo parlando di 3.000 €”
E lei: “eh tremila euro! sono questi 6 milioni di vecchie lire”
eh beh certo, avrei voluto aggiungere che se è per questo 3.000 € sono anche circa 600 sesterzi dell’antica Roma, ma non me la sono sentita.
Comunque sia, sta cosa dell’inflazione è maledettamente importante perché dovete abituarvi a pensare ai soldi nel loro valore reale e non più nel loro valore nominale e se capite questo forse una volta per tutte vi viene un po’ di pepe al culo e capite perché non avete più un secondo da perdere quando si tratta di investire i vostri soldi.
Eh sì, croce sul cuore è dal secondo episodio che vi sto dicendo che uno dei motivi fondamentali per cui dovete investire i vostri soldi è proprio rappresentato dall’inflazione, che è una dannata tassa occulta che zitta zitta si mangia anno dopo anno tutto il valore dei vostri sudati quattrini.
Prima però di parlare del rapporto tra inflazione e investimenti, cerchiamo di capire perché c’è l’inflazione e, soprattutto, perché non è una cosa che oggi c’è e magari domani no, ma è una caratteristica intrinseca e ineliminabile dell’economia stessa, perlomeno finché dominerà il modello capitalistico.
Ora i motivi per cui si verifica questo sistematico fenomeno di svalutazione del potere d’acquisto dei nostri soldi sono diversi e, tanto per cambiare, non c’è un accordo tra i vari economisti sulla sua causa definitiva (forse perché come sempre l’economia non è una scienza ma un’allegra chiacchiera sul sesso degli angeli, dopata di complesse formule matematiche, senza però alcuna reale capacità di fare mezza previsione attendibile sul dopodomani).
Ridotte all’osso, le cause possono essere:
– eccesso di domanda, ossia quando si verifica un’eccessiva richiesta di beni all’interno di un’economia che supera la capacità di quell’economia di produrre quei beni; poi abbiamo
– la crescita repentina dei prezzi di produzione, in particolare delle materie prime; o ancora abbiamo
– un’elevata quantità di moneta in circolazione, veicolata dalle banche centrali che tipicamente abbassano i tassi di interesse e comprano titoli di stato per iniettare liquidità a basso costo nel sistema economico così da incentivarne investimenti e crescita.
Voi che mi state ascoltando, care amiche e cari amici del podcast di finanza personale più amato in Italia, a meno che siate nati negli ’60, con ogni probabilità non avete avuto, almeno fino al 2022, grande esperienza in materia di inflazione.
Negli anni ’80 e ’90 in Italia abbiamo avuto picchi annuali a doppia cifra di inflazione, motivo per cui vi ricorderete che alla fine i numeri in lire della nostra vita quotidiana erano enormi. Vi ricordate?
1.000 lire per un caffé
1.000.000 di lire per un televisore
1.000.000.000 di lire per comprare un trilocale a Milano in zona semi centrale.
Cifre senza senza in nessun altra valuta, ma finché l’Italia aveva la sua moneta la svalutava in continuazione per sostenere la nostra economia e il nostro export (e i nostri sistematici deficit di bilancio) causando quindi un’inflazione galoppante.
Poi in realtà nel terzo millennio sia in Europa che negli Stati Uniti e in Giappone l’inflazione è stata veramente bassissima, in alcuni anni addirittura sotto la soglia considerata ideale dalle banche centrali del 2%.
Le cause non sono chiare ma probabilmente ciò è dovuto ad un mix di fattori tra cui:
– diverse gravi crisi economiche e finanziarie e conseguenti recessioni (su tutte quella del 2008-2009);
– un livello di crescita economica fondamentalmente basso in tutte le economie occidentali;
– una bassa crescita generale dei salari (non bassa come in Italia, ma comunque bassa);
– l’esplosione della Globalizzazione con l’ingresso della Cina nell’organizzazione del commercio mondiale nel 2001 che ha portato ad un generale abbassamento del costo delle materie prime e soprattutto dei costi di produzione di moltissimi beni realizzati in paesi in via di sviluppo (come Cina, India, Thailandia, Indonesia e così via) e poi venduti nei ricchi paesi occidentali.
Per questa ragione, tutti noi che siamo cresciuti a cavallo degli anni ’90 e dei primi 2000 e che abbiamo iniziato a lavorare negli ultimi 15-20 anni, il tema dell’inflazione ci ha toccato il giusto.
Poi in realtà il fatto che ci sia l’inflazione non è di per sè negativo perché avrete capito che i fattori che hanno tenuto l’inflazione bassa nei decenni passati non sono stati esattamente dei fenomeni desiderabili.
Cioè tipicamente una bassissima inflazione – o addirittura una deflazione, cioè il raro fenomeno inverso in cui i prezzi scendono – è legata ad una bassa vitalità dell’economia, quindi che un po’ di inflazione ci sia sempre è un elemento intrinseco di un’economia sana che cresce nel tempo.
Negli ultimi anni però è arrivata una combo micidiale.
Nel 2020 abbiamo avuto il Covid, che per quasi un anno ha letteralmente paralizzato il mondo, salvo poi ripartire in maniera esplosiva appena la pandemia è stata domata nel 2021.
Mentre invece
nel 2022 abbiamo avuto lo scoppio della guerra in Ucraina che ha portato all’impennata dei costi di materie prime come gas e petrolio, essendo la Russia, subito isolata dal mondo economico occidentale e messa sotto sanzioni, uno dei più grandi produttori del mondo (e aggiungiamoci pure le decisioni del sultano Mohamed Bin Salman, capo indiscusso dell’arabia saudita e quindi del più grande petrolstato del mondo, che da un anno a questa parte è un vero palo nel culo con i suoi continui tagli alle produzioni di petrolio per tenere il prezzo più alto possibile).
Risultato?
– la domanda di beni e servizi post covid è impazzita di botto;
– le banche centrali hanno nuovamente inondato l’economia e i mercati di liquidità a basso costo;
– la crescita economica è stata particolarmente sostenuta in questi ultimi due anni, causando tra l’altro un impennata dei salari in quasi tutto il mondo occidentale (fenomeno visto anche in Italia anche se per lo più per figure professionali particolarmente specializzate, meno in generale);
– poi i costi delle materie prime sono schizzati alle stelle e in generale i costi di produzione sono saliti anche perché il grande mito della globalizzazione sta cominciando a scemare, un po’ per una sempre maggiore sensibilità a tematiche di sostenibilità ambientale, un po’, soprattutto, per ridurre la dipendenza da paesi inaffidabili come la Cina, portando così molti Paesi occidentali a intraprendere un processo di on-shoring, ossia di rimpatrio di alcuni processi produttivi che per decenni sono stati dati in appalto a paesi con manodopera a basso costo.
Sul Wall Street Journal, nella prima settimana di Ottobre è uscito un editoriale che sosteneva che, dopo quasi 30 anni in cui il legame tra inflazione e quantità di moneta praticamente era diventato nullo, oggi sembra essere tornata in auge la teoria del venerabile padre della scuola di Chicago Milton Friedman secondo cui sia proprio la quantità di denaro immessa nel mercato a determinare il tasso di inflazione, motivo per cui la Federal Reserve – assieme alla sua cuginetta un po’ sfigata BCE che non sapendo mai bene cosa fare copia in ritardo quello che fa la Fed – da oltre un anno sta alzando a manetta i tassi di interesse e non compra più titoli di stato americani come prima per limitare la quantità di moneta in giro e arrestare un’inflazione che nel 2022 aveva toccato negli Stati Uniti il pericolosissimo valore del 9%.
Oggi siamo al 3%, il target è il 2%, ma la battaglia non è ancora vinta perché l’economia americana è ancora troppo forte e quindi nessuno ci sta capendo più un cazzo su quanto a lungo dovrà continuare la Fed ad alzare i tassi e a che punto questo rialzo farà deflagrare l’economia tutta, rendendo insostenibile il costo del denaro, esorbitanti i mutui, facendo crollare il valore delle obbligazioni detenute per migliaia di miliardi di dollari dalle banche di tutto il mondo e così via.
Detto questo e capito che per un motivo o per l’altro l’inflazione c’è e ci sarà sempre, perché dovete piantarvi bene in testa tutta sta cosa dell’inflazione e capire che è la vostra peggiore e più pericolosa minaccia a lungo termine dal punto di vista finanziario?
Beh, basta fare due conti facili facili amici miei.
Negli ultimi 30 anni l’inflazione nell’area euro è stata del 2,2% e molto simile è stata anche negli Stati Uniti.
Se però prendiamo il tasso di inflazione medio degli ultimi 100 anni negli Stati Uniti saliamo al 3,7%.
Diciamo che il tasso di inflazione medio che ci riguarderà per i prossimi anni sarà una via di mezzo e, per essere un po’ pessimistici e conservativi, sarà un 3% all’anno.
3% è alto ovviamente, le banche centrali non accettano un tasso di questo livello e quindi ogni qualvolta supererà il 2% possiamo aspettarci che rialzino i tassi d’interesse per riportare giù l’inflazione.
Facciamo però una media e consideriamo altre fasi di shock come il 2022, in cui alla fine, tra lunghi periodi al 2% e alcuni picchi fino al 10%, alla fine nei prossimi 40 anni la media sarà 3%.
Vediamo quindi quanto varranno i vostri bei soldini tra 10, 20, 30 e 40 anni, rispetto all’acquisto di beni tipici.
Partiamo dalla spesa alimentare.
Secondo l’ISTAT oggi una famiglia spende mediamente 500 € al mese per gli alimenti.
Nel 2033 questi 500 € varranno circa 372, nel 2043 206, nel 2053 87 mentre nel 2063 ben 26 €.
Con i soldi con cui oggi fate la spesa per un mese, quando sarete in pensione (se mai ci andrete), non riuscirete neanche a superare il banco della frutta.
Abitazione?
Oggi la spesa media degli italiani, comprensiva sia di mutuo o affitto che delle utenze e della manutenzione, è di circa 900 € al mese.
Nel 2033, questi 900 € varranno 670, quindi nel 2043 370, 152 dieci anni dopo e infine 47 € tra 40 anni da oggi.
Vi sfido oggi con 47€ a far fronte a tutte le spese necessarie per avere un tetto sopra la testa.
Ultimo esempio, automobile?
Diciamo che il prezzo medio delle auto nuove oggi viaggia sui 25.000 €?
Benissimo,
Nel 2033 questi 25000 euro varranno 18 mila, nel 2043 poco più di 10 mila, 4.200 nel 2053 e infine circa 1300 tra quarant’anni.
Ora immaginatevi di dover comprare un’auto nuova con 1.300 € a disposizione.
Siete fottuti.
Se non vi ha tramortito abbastanza questa carrellata, possiamo anche fare al contrario.
Ammettiamo che oggi la vostra vita serena e beata vi costi 2.571 € al mese, che è esattamente l’importo mensile rilevato dall’ISTAT come spesa media delle famiglie Italiane.
In realtà una ventina di episodi fa abbiamo fatto un po’ di simulazioni e ci siamo posizionati ben più in alto, intorno ai 3.500 € a famiglia, però precisando che parlavamo di famiglie con doppio reddito, buona professionalità e un discreto stile di vita.
Se prendiamo però la media Italia tutta, che va dalla costosissima Milano alle ben più abbordabili regioni del Sud Italia, la media è quella lì.
Comunque teniamo buoni i 2.571 € al mese, che sono quindi quasi 31.000 € all’anno.
Vogliamo vedere nelle prossime decadi come dovranno crescere i vostri soldi anche solo per conservare lo stesso potere d’acquisto che abbiamo oggi?
Nel 2033 vi serviranno 41.661 euro.
Nel 2043 vi serviranno circa 56.000 euro.
Nel 2053 vi serviranno oltre 75.000 euro. e infine
Nel 2063, udite udite, come minimo dovete prendere di pensione oltre 100.000 € all’anno, netti, solo per non morire di fame.
Come la vedete?
Si magari qualcuno di voi penserà, ma che mi frega! magari sarò pure schiattato nel 2063.
Eh va beh, ok, però metti che ti dice male e che non schiatti e che la vita media di tutti gli ascoltatori di The Bull sarà di 120 anni.
Tra l’altro ragazzi, nel dubbio io continuerei ad ascoltare The Bull, metti che sta cosa è vera.
Comunque dicevo, fai che nel 2063 sei ancora vivo e vegeto, sti 100.000 € da dove pensi saltino fuori?
Dall’INPS?
risata fuori campo
E campa cavallo.
Eh no, o ci pensi tu ciccino bello o anni di mestizia e privazioni ti aspettano nell’autunno della tua vita (e pure d’estate se non ti dai na mossa).
Capito perché vi sto sfrantumando le palle da 44 episodi per dirvi che dovete investire e che dovete permettere all’interesse composto COME MINIMO di proteggere il vostro potere d’acquisto e il vostro stile di vita.
Vediamo un attimo, mentre l’inflazione ci sfracella il valore dei nostri soldi, quanto invece dei buoni investimenti possano fare lievitare i nostri danari.
Come sempre, prendiamo un conservativo 6% come rendimento annuo lordo dei nostri investimenti, ossia teniamo buono il rendimento storico di un portafoglio 60% azioni e 40% obbligazioni e togliamo un punto per essere più conservativi.
Risultato, questi benedetti 31.000 € sarebbero:
Nel 2033 oltre 55.000;
Nel 2043 già quasi 100.000;
Nel 2053 ben 178.000 e infine
Nel 2063 oltre 318.000 euro.
E se invece di limitarti ad investire 31.000 € oggi e poi non fare più una cippa, mettessi 1.000 € al mese nello stesso portafoglio finché campi.
Beh, come sappiamo bene dalla nota regola del mille tra trent’anni made in The Bull, già solo nel 2053 potresti sfondare il milione di euro.
Aggiustato per inflazione, quanto varrà un milione di euro nel 2053?
Tenendo buono il 3% di inflazione all’anno, siamo sui 410.000 €.
Ok 410.000 fa molto meno wow che un milione.
Ma se oggi scoprissi di avere 410.000 € in più, mediamente quanto ti cambierebbe la vita?
Ecco appunto
Vuoi di più?
Guadagna di più, risparmia di più e investi di più.
Facile.
Prima di chiudere, vi racconto velocemente qual è stato il rendimento REALE storico delle principali asset class, in America perlomeno, dall’inizio del ‘900 ad oggi, così vi fate un’idea del perché è tanto importante mettere un po’ la testa nelle cose di cui parliamo a The BUll.
I dati li ho presi da un libro fantastico, uno dei miei preferiti di sempre e su cui farò un episodio più avanti, che si intitola Stocks for the Long Run.
L’autore è Jeremy Siegel ed è uno dei più stimati professori finanza del globo, che per decenni ha insegnato alla prestigiosa Wharton Business School (quella dove ha preso l’MBA NAssim Taleb, per chi avesse ascoltato lo scorso episodio).
Vi ricordate che nell’episodio 31 sui crolli di mercato vi avevo parlato di Robert Shiller e dei suoi avvertimenti sulle bolle dei mercati azionari?
Ecco Siegel e Shiller sono super amici, ma mentre Shiller vede nero dappertutto e per lui i mercati sono sempre li li per crollare, Siegel è uno dei più grandi e autorevoli sostenitori del valore degli investimenti azionari a lungo termine che esista nel mondo della finanza.
Siegel ha fatto comunque questo studio monumentale e si è andato a vedere il ritorno di tutte le asset class dal 1800 ad oggi, mentre noi considereremo solo gli ultimi 100 anni perché altrimenti finiamo all’epoca degli indiani e non mi sembrano paragoni coerenti con la nostra epoca.
Allora:
ORO
Dal 1926 a oggi, l’oro ha reso, in termini reali, l’1,8% all’anno.
1 dollaro investito in oro nel 1926, oggi avrebbe aumentato il suo potere di acquisto, quindi già pulito dell’inflazione, di 5,25 volte.
OBBLIGAZIONI
Dal 1926 a oggi, i Tresaury americani hanno reso, in termini reali, il 2,6% all’anno.
1 dollaro investito in Treasury nel 1926, oggi avrebbe aumentato il suo potere di acquisto di ben 85 volte.
AZIONI
Dal 1926 a oggi, il mercato azionario americano ha reso, in termini reali, il 7,1% all’anno.
1 dollaro investito nell’S&P 500 nel 1926, oggi avrebbe visto moltiplicato il suo potere di acquisto di ben 589 volte.
Se teniamo buoni questi rendimenti REALI – ok sono Americani e fanno riferimento all’Inflazione Americana, ma dato che non viviamo in Mongolia bensì in un Paese membro del G7, sono numeri verosimili anche per Italiani che investissero su cose Americane – dicevo se teniamo buoni questi rendimenti REALI, possiamo provare a proiettare nei prossimi 20 anni cosa succederebbe ai nostri soldi investiti.
Abbiamo detto che il rendimento REALE medio dell’azionario Americano è stato del 7,1%.
Quello delle obbligazioni a lungo termine è stato del 2,6% (anche se negli ultimi 40 anni in realtà è stato più alto).
Ecco, mettiamo insieme un classico portafoglio 60/40 e avremo quindi un rendimento REALE medio ponderato annuo del 5,3% (REALE eh, non nominale).
Diciamo che oggi mi ritrovo ad avere 50.000 euro investiti in questo portafoglio.
Cosa succederà al mio potere d’acquisto nel 2053, ossia tra 30 anni esatti da oggi?
Saranno diventati, in termini reali, poco meno di 250 mila euro.
E voi direte “BUUUUU, 30 anni per avere 250 mila euro, non ne vale la pena, The Bull fai schifo!!!”
Non dico che non abbiate ragione eh, fini luminari dell’economia che mi chiedo perché non siate ancora nel board della Banca Centrale Europea, ma dato che stiamo parlando di rendimenti REALI, in pratica quello che abbiamo appena detto è che in 30 anni abbiamo moltiplicato la vostra capacità di acquisto di 5 volte.
Se oggi il 100% del vostro conto in banca è 50.000 €, vuol dire che potete comprare beni e servizi per 50.000 €.
Grazie al vostro investimento di 30 anni invece, se i rendimenti continueranno ad essere questi voi vi ritroverete nel 2053 con la capacità di comprare il quintuplo delle cose che potete comprare oggi.
E ammettiamo che oltre a questi 50.000 iniziali andate avanti ad investire per tutta la vita 1.000 euro al mese, tra trent’anni, in termini reali, la vostra capacità di acquisto rispetto al 2023 si sarà moltiplicata di ben 22 volte.
ME COJONI
Chiaro?
Poi non so a chi sto facendo questa domanda dato che sto parlando da solo, però se non fosse chiaro scrivetemi su Instagram a thebull_finance e ne parliamo.
Allora, miei prodi e fedeli compagni d’avventura, ci accingiamo fieri verso la fine di quest’episodio che era fondamentale per capire la differenza tra il valore nominale dei soldi e il suo – ben più importante – valore reale, immersi come siamo in un’epoca nuova in cui il fardello dell’inflazione si sta abbattendo con imprevista e silenziosa violenza sulle nostre tasche.
Bottom line dell’episodio: nessuna scusa, datevi una mossa e cominciate ad investire i vostri soldi in quello che cazzo vi pare purché li investiate in qualcosa che possa produrre nel futuro un rendimento in grado come minimo di tutelare il vostro potere d’acquisto, altrimenti, come sicuramente avrete capito, già per il solo fatto che i soldi che avevate sul conto a inizio episodio sono ancora sul conto mezz’ora scarsa dopo, ecco hanno perso valore e non lo recuperate più.
Detto questo, abbiamo sfondato i 25.000 episodi ascoltati di The Bull, quindi continuate a seguirci e a consigliarci in giro più che potete e ringrazio inoltre gli oltre 300 tra voi che hanno avuto il buon cuore di mettere una recensione a 5 stelle per supportarci e permetterci di continuare a produrre contenuti che vi fanno credere che il valore nominale dei vostri investimenti sarà pazzesco, mentre quello reale un po’ meno ma che se a quello reale non ci pensate fin da subito di reale nel vostro portafogli non ci troverete più un bel niente sempre nuovi.
Per questo episodio invece è davvero tutto e noi ci ritroviamo qui domenica prossima, a parlare di qualcosa che non ho ancora deciso e ma che per allora sicuramente sarà qualcosa che vi farà strippare la testa e rimpiangere il fatto di non averci pensato prima, ovviamente, sempre qui, sempre con il podcast di finanza personale più ascoltato d’Italia, sempre, naturalmente con THE BULL – Il tuo podcast di finanza personale.
Bentornati a THE BULL – Il tuo podcast di Finanza Personale.
Oggi puntata dell’allegria cari amici di The Bull, per venti minuti ci divertiamo tutti assieme a parlare di uno dei fattori più importanti in assoluto che condiziona l’economia nel suo complesso e, cosa che interessa molto di più a noi che dell’economia globale non ce ne po’ frega de meno, il nostro portafogli.
Come avrete forse intuito dal titolo “Inflazione – Capire il Valore Reale dei vostri soldi” oggi straordinari geni dal sopraffino intuito che continuate a seguirmi parleremo di … INFLAZIONE!
Proprio lei!
Certo are una puntata intera sull’inflazione richiede davvero una certa dose di spregiudicatezza perché, parafrasando il gergo aulico di mia moglie che Dante Alighieri spostati:
“Benny: su cosa fai l’episodio di oggi?
Io: sull’inflazione?
Benny: Mmmh che due coglioni, ma chi cazzo ti ascolta per venti minuti a parlare di inflazione?”
Eh in effetti il dubbio mi aveva sfiorato.
E invece dovete capirla questa benedetta inflazione!
E’ la cosa più fondamentale di tutte e se dopo 43 episodi che mi state seguendo avete finalmente cominciato ad investire ma non avete capito pienamente che diavolo sia l’inflazione e che impatto abbia sulla vostra vita, ragazzi vi stimo per la fede nei miei confronti, ma avete mancato in pieno proprio il punto principale.
Quindi oggi, vi piaccia o no, si parla di inflazione e tra venti minuti ne saprete abbastanza che se incontrate Mario Draghi al supermercato per 5 minuti potete forse fargli credere che di economia ne capite qualcosa.
Mario Draghi, che sa che gli Italiani di economia in generale e di finanza personale in particolare non capiscono una beneamata fava, resterà sbalordito nel constatare quanti passi avanti gli abitanti dello stivale, rappresentati in quel momento glorioso da voi mentre pesate le banane, abbiano fatto negli ultimi mesi quanto a competenza in materia!
E sì che lui si ricordava che nei soliti report dell’OCSE, di Standard and Poors’, del Fondo Monetario e tutti gli altri, gli Italiani si piantano sistematicamente agli ultimi posti quanto ad educazione finanziaria e, come già raccontato tante altre volte a The Bull, persino gli amici dello Zimbabwe sono più finanziariamente educati di noi!
Perdonatemi eh, ma sta cosa dello Zimbabwe non riesco a superarla.
Tra l’altro, mentre facevo un po’ di ricerche per fare questo episodio, mica mi imbatto in un’informazione pazzesca che per qualche motivo mi ero dimenticato? C’era in effetti un motivo per cui sto Zimbabwe più bravo di noi in economia continuava a non tornarmi.
Sapete qual è lo Stato più gravemente affetto in tutto il mondo dal problema dell’inflazione?
Non ci potevo credere: proprio lo Zimbabwe!!!!
Cioè capito?
Dal 1980 ad oggi l’inflazione dello Zimbabwe è stata del 707 miliardi percento! E’ un numero praticamente incomprensibile.
Solo nel 2007 lo Zimbabwe ha avuto un’inflazione del 24000% (e noi che ci stiamo a fare due palle così che siamo al 5%!)
Comunque te credo che poi sono diventati tutti degli esperti di finanza personale!
Con un’inflazione del genere avranno pensato che se non si fossero messi a studiare meglio come gestire i soldi, tra un po’ bisognava inventare nuovi numeri perché quelli che esistono non bastano a descrivere il tasso di inflazione di quel paese!
Ora, scherzi a parte e lasciamo in pace gli amici dello Zimbabwe, prima che qualcuno mi venga a prendere sotto casa.
Perché è così fottutamente importante capire l’inflazione?
Che diamine è intanto l’inflazione?
In quattro parole l’inflazione è l’aumento generale dei prezzi di beni e servizi all’interno di una certa economia.
Tipicamente ogni Paese seleziona un paniere rappresentativo dei principali beni e servizi consumati dalla sua popolazione e ne misura le variazioni di prezzo mese dopo mese.
Se il prezzo medio dei prodotti e servizi del paniere da un anno all’altro è aumentato del 5% allora si dice che quell’anno c’è stata un’inflazione del 5%.
Tutto il pippone che vi sorbite ogni giorno sull’inflazione non vuol dire altro che questa roba qua ossia che le cose che volete comprare costano di più dell’anno scorso.
(di solito si parla sempre di inflazione su base annua, anche se misurata mensilmente).
e voi direte:
“e sticazzi?”
eh no!
sta roba è importante, perché se i prezzi di tutti i beni fondamentali e dei servizi aumentano, questo significa che i tuoi soldi, mio caro amichetto sprovveduto, valgono un’anticchia meno dell’anno scorso.
Quello dell’inflazione è un fenomeno importantissimo ma enormemente sottovalutato dalla maggior parte delle persone che non si occupano di economia, perché è molto difficile da percepire e soprattutto ci manda in confusione per il fatto che noi siamo abituati a concepire e valutare i soldi nel loro valore nominale, mentre invece l’inflazione ci sbatte in faccia la dura realtà che il loro valore reale si riduce nel tempo.
Che vuol dire quello che ho appena detto?
Vuol dire che 1.000 € erano 1.000 € 10 anni fa e sono 1.000 € oggi, ma ciò che 1.000 € potevano comprare 10 anni fa era molto di più di quel che possono comprare oggi, ahinoi.
No perché c’è ancora qualche rudere che vi dice cose del tipo “Eh, 1.000 €!!! sono quasi 2 milioni delle vecchie lire!!!!” ecco dovreste rispondergli
La lira non c’è più dal 2001, quindi 2 milioni di allora, cioè poco più di 1.000 € il giorno l’euro è entrato in vigore, in realtà sarebbero oggi poco più di un milione e centocinquanta mila lire, perché nel frattempo, pur con un’inflazione che negli ultimi 22 anni è stata storicamente molto bassa, il valore di quei due milioni di lire si è ridotto di oltre il 40%.
Chiaro?
Pensavo che sta cosa delle vecchie lire ormai non la dicesse più nessuno, mentre l’altro giorno ero in banca – cioè capito in Banca! non dall’ortolano! mannaggia a me che ancora non ho chiuso tutti i conti che ho con le banche tradizionali – comunque ero in banca perché dovevo fare una certa operazione e l’impiegata mi ha fatto firmare mezzo chilo di carta perché si trattava di un importo elevato.
Io l’ho guardata attonito e le ho detto: “ma stiamo parlando di 3.000 €”
E lei: “eh tremila euro! sono questi 6 milioni di vecchie lire”
eh beh certo, avrei voluto aggiungere che se è per questo 3.000 € sono anche circa 600 sesterzi dell’antica Roma, ma non me la sono sentita.
Comunque sia, sta cosa dell’inflazione è maledettamente importante perché dovete abituarvi a pensare ai soldi nel loro valore reale e non più nel loro valore nominale e se capite questo forse una volta per tutte vi viene un po’ di pepe al culo e capite perché non avete più un secondo da perdere quando si tratta di investire i vostri soldi.
Eh sì, croce sul cuore è dal secondo episodio che vi sto dicendo che uno dei motivi fondamentali per cui dovete investire i vostri soldi è proprio rappresentato dall’inflazione, che è una dannata tassa occulta che zitta zitta si mangia anno dopo anno tutto il valore dei vostri sudati quattrini.
Prima però di parlare del rapporto tra inflazione e investimenti, cerchiamo di capire perché c’è l’inflazione e, soprattutto, perché non è una cosa che oggi c’è e magari domani no, ma è una caratteristica intrinseca e ineliminabile dell’economia stessa, perlomeno finché dominerà il modello capitalistico.
Ora i motivi per cui si verifica questo sistematico fenomeno di svalutazione del potere d’acquisto dei nostri soldi sono diversi e, tanto per cambiare, non c’è un accordo tra i vari economisti sulla sua causa definitiva (forse perché come sempre l’economia non è una scienza ma un’allegra chiacchiera sul sesso degli angeli, dopata di complesse formule matematiche, senza però alcuna reale capacità di fare mezza previsione attendibile sul dopodomani).
Ridotte all’osso, le cause possono essere:
– eccesso di domanda, ossia quando si verifica un’eccessiva richiesta di beni all’interno di un’economia che supera la capacità di quell’economia di produrre quei beni; poi abbiamo
– la crescita repentina dei prezzi di produzione, in particolare delle materie prime; o ancora abbiamo
– un’elevata quantità di moneta in circolazione, veicolata dalle banche centrali che tipicamente abbassano i tassi di interesse e comprano titoli di stato per iniettare liquidità a basso costo nel sistema economico così da incentivarne investimenti e crescita.
Voi che mi state ascoltando, care amiche e cari amici del podcast di finanza personale più amato in Italia, a meno che siate nati negli ’60, con ogni probabilità non avete avuto, almeno fino al 2022, grande esperienza in materia di inflazione.
Negli anni ’80 e ’90 in Italia abbiamo avuto picchi annuali a doppia cifra di inflazione, motivo per cui vi ricorderete che alla fine i numeri in lire della nostra vita quotidiana erano enormi. Vi ricordate?
1.000 lire per un caffé
1.000.000 di lire per un televisore
1.000.000.000 di lire per comprare un trilocale a Milano in zona semi centrale.
Cifre senza senza in nessun altra valuta, ma finché l’Italia aveva la sua moneta la svalutava in continuazione per sostenere la nostra economia e il nostro export (e i nostri sistematici deficit di bilancio) causando quindi un’inflazione galoppante.
Poi in realtà nel terzo millennio sia in Europa che negli Stati Uniti e in Giappone l’inflazione è stata veramente bassissima, in alcuni anni addirittura sotto la soglia considerata ideale dalle banche centrali del 2%.
Le cause non sono chiare ma probabilmente ciò è dovuto ad un mix di fattori tra cui:
– diverse gravi crisi economiche e finanziarie e conseguenti recessioni (su tutte quella del 2008-2009);
– un livello di crescita economica fondamentalmente basso in tutte le economie occidentali;
– una bassa crescita generale dei salari (non bassa come in Italia, ma comunque bassa);
– l’esplosione della Globalizzazione con l’ingresso della Cina nell’organizzazione del commercio mondiale nel 2001 che ha portato ad un generale abbassamento del costo delle materie prime e soprattutto dei costi di produzione di moltissimi beni realizzati in paesi in via di sviluppo (come Cina, India, Thailandia, Indonesia e così via) e poi venduti nei ricchi paesi occidentali.
Per questa ragione, tutti noi che siamo cresciuti a cavallo degli anni ’90 e dei primi 2000 e che abbiamo iniziato a lavorare negli ultimi 15-20 anni, il tema dell’inflazione ci ha toccato il giusto.
Poi in realtà il fatto che ci sia l’inflazione non è di per sè negativo perché avrete capito che i fattori che hanno tenuto l’inflazione bassa nei decenni passati non sono stati esattamente dei fenomeni desiderabili.
Cioè tipicamente una bassissima inflazione – o addirittura una deflazione, cioè il raro fenomeno inverso in cui i prezzi scendono – è legata ad una bassa vitalità dell’economia, quindi che un po’ di inflazione ci sia sempre è un elemento intrinseco di un’economia sana che cresce nel tempo.
Negli ultimi anni però è arrivata una combo micidiale.
Nel 2020 abbiamo avuto il Covid, che per quasi un anno ha letteralmente paralizzato il mondo, salvo poi ripartire in maniera esplosiva appena la pandemia è stata domata nel 2021.
Mentre invece
nel 2022 abbiamo avuto lo scoppio della guerra in Ucraina che ha portato all’impennata dei costi di materie prime come gas e petrolio, essendo la Russia, subito isolata dal mondo economico occidentale e messa sotto sanzioni, uno dei più grandi produttori del mondo (e aggiungiamoci pure le decisioni del sultano Mohamed Bin Salman, capo indiscusso dell’arabia saudita e quindi del più grande petrolstato del mondo, che da un anno a questa parte è un vero palo nel culo con i suoi continui tagli alle produzioni di petrolio per tenere il prezzo più alto possibile).
Risultato?
– la domanda di beni e servizi post covid è impazzita di botto;
– le banche centrali hanno nuovamente inondato l’economia e i mercati di liquidità a basso costo;
– la crescita economica è stata particolarmente sostenuta in questi ultimi due anni, causando tra l’altro un impennata dei salari in quasi tutto il mondo occidentale (fenomeno visto anche in Italia anche se per lo più per figure professionali particolarmente specializzate, meno in generale);
– poi i costi delle materie prime sono schizzati alle stelle e in generale i costi di produzione sono saliti anche perché il grande mito della globalizzazione sta cominciando a scemare, un po’ per una sempre maggiore sensibilità a tematiche di sostenibilità ambientale, un po’, soprattutto, per ridurre la dipendenza da paesi inaffidabili come la Cina, portando così molti Paesi occidentali a intraprendere un processo di on-shoring, ossia di rimpatrio di alcuni processi produttivi che per decenni sono stati dati in appalto a paesi con manodopera a basso costo.
Sul Wall Street Journal, nella prima settimana di Ottobre è uscito un editoriale che sosteneva che, dopo quasi 30 anni in cui il legame tra inflazione e quantità di moneta praticamente era diventato nullo, oggi sembra essere tornata in auge la teoria del venerabile padre della scuola di Chicago Milton Friedman secondo cui sia proprio la quantità di denaro immessa nel mercato a determinare il tasso di inflazione, motivo per cui la Federal Reserve – assieme alla sua cuginetta un po’ sfigata BCE che non sapendo mai bene cosa fare copia in ritardo quello che fa la Fed – da oltre un anno sta alzando a manetta i tassi di interesse e non compra più titoli di stato americani come prima per limitare la quantità di moneta in giro e arrestare un’inflazione che nel 2022 aveva toccato negli Stati Uniti il pericolosissimo valore del 9%.
Oggi siamo al 3%, il target è il 2%, ma la battaglia non è ancora vinta perché l’economia americana è ancora troppo forte e quindi nessuno ci sta capendo più un cazzo su quanto a lungo dovrà continuare la Fed ad alzare i tassi e a che punto questo rialzo farà deflagrare l’economia tutta, rendendo insostenibile il costo del denaro, esorbitanti i mutui, facendo crollare il valore delle obbligazioni detenute per migliaia di miliardi di dollari dalle banche di tutto il mondo e così via.
Detto questo e capito che per un motivo o per l’altro l’inflazione c’è e ci sarà sempre, perché dovete piantarvi bene in testa tutta sta cosa dell’inflazione e capire che è la vostra peggiore e più pericolosa minaccia a lungo termine dal punto di vista finanziario?
Beh, basta fare due conti facili facili amici miei.
Negli ultimi 30 anni l’inflazione nell’area euro è stata del 2,2% e molto simile è stata anche negli Stati Uniti.
Se però prendiamo il tasso di inflazione medio degli ultimi 100 anni negli Stati Uniti saliamo al 3,7%.
Diciamo che il tasso di inflazione medio che ci riguarderà per i prossimi anni sarà una via di mezzo e, per essere un po’ pessimistici e conservativi, sarà un 3% all’anno.
3% è alto ovviamente, le banche centrali non accettano un tasso di questo livello e quindi ogni qualvolta supererà il 2% possiamo aspettarci che rialzino i tassi d’interesse per riportare giù l’inflazione.
Facciamo però una media e consideriamo altre fasi di shock come il 2022, in cui alla fine, tra lunghi periodi al 2% e alcuni picchi fino al 10%, alla fine nei prossimi 40 anni la media sarà 3%.
Vediamo quindi quanto varranno i vostri bei soldini tra 10, 20, 30 e 40 anni, rispetto all’acquisto di beni tipici.
Partiamo dalla spesa alimentare.
Secondo l’ISTAT oggi una famiglia spende mediamente 500 € al mese per gli alimenti.
Nel 2033 questi 500 € varranno circa 372, nel 2043 206, nel 2053 87 mentre nel 2063 ben 26 €.
Con i soldi con cui oggi fate la spesa per un mese, quando sarete in pensione (se mai ci andrete), non riuscirete neanche a superare il banco della frutta.
Abitazione?
Oggi la spesa media degli italiani, comprensiva sia di mutuo o affitto che delle utenze e della manutenzione, è di circa 900 € al mese.
Nel 2033, questi 900 € varranno 670, quindi nel 2043 370, 152 dieci anni dopo e infine 47 € tra 40 anni da oggi.
Vi sfido oggi con 47€ a far fronte a tutte le spese necessarie per avere un tetto sopra la testa.
Ultimo esempio, automobile?
Diciamo che il prezzo medio delle auto nuove oggi viaggia sui 25.000 €?
Benissimo,
Nel 2033 questi 25000 euro varranno 18 mila, nel 2043 poco più di 10 mila, 4.200 nel 2053 e infine circa 1300 tra quarant’anni.
Ora immaginatevi di dover comprare un’auto nuova con 1.300 € a disposizione.
Siete fottuti.
Se non vi ha tramortito abbastanza questa carrellata, possiamo anche fare al contrario.
Ammettiamo che oggi la vostra vita serena e beata vi costi 2.571 € al mese, che è esattamente l’importo mensile rilevato dall’ISTAT come spesa media delle famiglie Italiane.
In realtà una ventina di episodi fa abbiamo fatto un po’ di simulazioni e ci siamo posizionati ben più in alto, intorno ai 3.500 € a famiglia, però precisando che parlavamo di famiglie con doppio reddito, buona professionalità e un discreto stile di vita.
Se prendiamo però la media Italia tutta, che va dalla costosissima Milano alle ben più abbordabili regioni del Sud Italia, la media è quella lì.
Comunque teniamo buoni i 2.571 € al mese, che sono quindi quasi 31.000 € all’anno.
Vogliamo vedere nelle prossime decadi come dovranno crescere i vostri soldi anche solo per conservare lo stesso potere d’acquisto che abbiamo oggi?
Nel 2033 vi serviranno 41.661 euro.
Nel 2043 vi serviranno circa 56.000 euro.
Nel 2053 vi serviranno oltre 75.000 euro. e infine
Nel 2063, udite udite, come minimo dovete prendere di pensione oltre 100.000 € all’anno, netti, solo per non morire di fame.
Come la vedete?
Si magari qualcuno di voi penserà, ma che mi frega! magari sarò pure schiattato nel 2063.
Eh va beh, ok, però metti che ti dice male e che non schiatti e che la vita media di tutti gli ascoltatori di The Bull sarà di 120 anni.
Tra l’altro ragazzi, nel dubbio io continuerei ad ascoltare The Bull, metti che sta cosa è vera.
Comunque dicevo, fai che nel 2063 sei ancora vivo e vegeto, sti 100.000 € da dove pensi saltino fuori?
Dall’INPS?
risata fuori campo
E campa cavallo.
Eh no, o ci pensi tu ciccino bello o anni di mestizia e privazioni ti aspettano nell’autunno della tua vita (e pure d’estate se non ti dai na mossa).
Capito perché vi sto sfrantumando le palle da 44 episodi per dirvi che dovete investire e che dovete permettere all’interesse composto COME MINIMO di proteggere il vostro potere d’acquisto e il vostro stile di vita.
Vediamo un attimo, mentre l’inflazione ci sfracella il valore dei nostri soldi, quanto invece dei buoni investimenti possano fare lievitare i nostri danari.
Come sempre, prendiamo un conservativo 6% come rendimento annuo lordo dei nostri investimenti, ossia teniamo buono il rendimento storico di un portafoglio 60% azioni e 40% obbligazioni e togliamo un punto per essere più conservativi.
Risultato, questi benedetti 31.000 € sarebbero:
Nel 2033 oltre 55.000;
Nel 2043 già quasi 100.000;
Nel 2053 ben 178.000 e infine
Nel 2063 oltre 318.000 euro.
E se invece di limitarti ad investire 31.000 € oggi e poi non fare più una cippa, mettessi 1.000 € al mese nello stesso portafoglio finché campi.
Beh, come sappiamo bene dalla nota regola del mille tra trent’anni made in The Bull, già solo nel 2053 potresti sfondare il milione di euro.
Aggiustato per inflazione, quanto varrà un milione di euro nel 2053?
Tenendo buono il 3% di inflazione all’anno, siamo sui 410.000 €.
Ok 410.000 fa molto meno wow che un milione.
Ma se oggi scoprissi di avere 410.000 € in più, mediamente quanto ti cambierebbe la vita?
Ecco appunto
Vuoi di più?
Guadagna di più, risparmia di più e investi di più.
Facile.
Prima di chiudere, vi racconto velocemente qual è stato il rendimento REALE storico delle principali asset class, in America perlomeno, dall’inizio del ‘900 ad oggi, così vi fate un’idea del perché è tanto importante mettere un po’ la testa nelle cose di cui parliamo a The BUll.
I dati li ho presi da un libro fantastico, uno dei miei preferiti di sempre e su cui farò un episodio più avanti, che si intitola Stocks for the Long Run.
L’autore è Jeremy Siegel ed è uno dei più stimati professori finanza del globo, che per decenni ha insegnato alla prestigiosa Wharton Business School (quella dove ha preso l’MBA NAssim Taleb, per chi avesse ascoltato lo scorso episodio).
Vi ricordate che nell’episodio 31 sui crolli di mercato vi avevo parlato di Robert Shiller e dei suoi avvertimenti sulle bolle dei mercati azionari?
Ecco Siegel e Shiller sono super amici, ma mentre Shiller vede nero dappertutto e per lui i mercati sono sempre li li per crollare, Siegel è uno dei più grandi e autorevoli sostenitori del valore degli investimenti azionari a lungo termine che esista nel mondo della finanza.
Siegel ha fatto comunque questo studio monumentale e si è andato a vedere il ritorno di tutte le asset class dal 1800 ad oggi, mentre noi considereremo solo gli ultimi 100 anni perché altrimenti finiamo all’epoca degli indiani e non mi sembrano paragoni coerenti con la nostra epoca.
Allora:
ORO
Dal 1926 a oggi, l’oro ha reso, in termini reali, l’1,8% all’anno.
1 dollaro investito in oro nel 1926, oggi avrebbe aumentato il suo potere di acquisto, quindi già pulito dell’inflazione, di 5,25 volte.
OBBLIGAZIONI
Dal 1926 a oggi, i Tresaury americani hanno reso, in termini reali, il 2,6% all’anno.
1 dollaro investito in Treasury nel 1926, oggi avrebbe aumentato il suo potere di acquisto di ben 85 volte.
AZIONI
Dal 1926 a oggi, il mercato azionario americano ha reso, in termini reali, il 7,1% all’anno.
1 dollaro investito nell’S&P 500 nel 1926, oggi avrebbe visto moltiplicato il suo potere di acquisto di ben 589 volte.
Se teniamo buoni questi rendimenti REALI – ok sono Americani e fanno riferimento all’Inflazione Americana, ma dato che non viviamo in Mongolia bensì in un Paese membro del G7, sono numeri verosimili anche per Italiani che investissero su cose Americane – dicevo se teniamo buoni questi rendimenti REALI, possiamo provare a proiettare nei prossimi 20 anni cosa succederebbe ai nostri soldi investiti.
Abbiamo detto che il rendimento REALE medio dell’azionario Americano è stato del 7,1%.
Quello delle obbligazioni a lungo termine è stato del 2,6% (anche se negli ultimi 40 anni in realtà è stato più alto).
Ecco, mettiamo insieme un classico portafoglio 60/40 e avremo quindi un rendimento REALE medio ponderato annuo del 5,3% (REALE eh, non nominale).
Diciamo che oggi mi ritrovo ad avere 50.000 euro investiti in questo portafoglio.
Cosa succederà al mio potere d’acquisto nel 2053, ossia tra 30 anni esatti da oggi?
Saranno diventati, in termini reali, poco meno di 250 mila euro.
E voi direte “BUUUUU, 30 anni per avere 250 mila euro, non ne vale la pena, The Bull fai schifo!!!”
Non dico che non abbiate ragione eh, fini luminari dell’economia che mi chiedo perché non siate ancora nel board della Banca Centrale Europea, ma dato che stiamo parlando di rendimenti REALI, in pratica quello che abbiamo appena detto è che in 30 anni abbiamo moltiplicato la vostra capacità di acquisto di 5 volte.
Se oggi il 100% del vostro conto in banca è 50.000 €, vuol dire che potete comprare beni e servizi per 50.000 €.
Grazie al vostro investimento di 30 anni invece, se i rendimenti continueranno ad essere questi voi vi ritroverete nel 2053 con la capacità di comprare il quintuplo delle cose che potete comprare oggi.
E ammettiamo che oltre a questi 50.000 iniziali andate avanti ad investire per tutta la vita 1.000 euro al mese, tra trent’anni, in termini reali, la vostra capacità di acquisto rispetto al 2023 si sarà moltiplicata di ben 22 volte.
ME COJONI
Chiaro?
Poi non so a chi sto facendo questa domanda dato che sto parlando da solo, però se non fosse chiaro scrivetemi su Instagram a thebull_finance e ne parliamo.
Allora, miei prodi e fedeli compagni d’avventura, ci accingiamo fieri verso la fine di quest’episodio che era fondamentale per capire la differenza tra il valore nominale dei soldi e il suo – ben più importante – valore reale, immersi come siamo in un’epoca nuova in cui il fardello dell’inflazione si sta abbattendo con imprevista e silenziosa violenza sulle nostre tasche.
Bottom line dell’episodio: nessuna scusa, datevi una mossa e cominciate ad investire i vostri soldi in quello che cazzo vi pare purché li investiate in qualcosa che possa produrre nel futuro un rendimento in grado come minimo di tutelare il vostro potere d’acquisto, altrimenti, come sicuramente avrete capito, già per il solo fatto che i soldi che avevate sul conto a inizio episodio sono ancora sul conto mezz’ora scarsa dopo, ecco hanno perso valore e non lo recuperate più.
Detto questo, abbiamo sfondato i 25.000 episodi ascoltati di The Bull, quindi continuate a seguirci e a consigliarci in giro più che potete e ringrazio inoltre gli oltre 300 tra voi che hanno avuto il buon cuore di mettere una recensione a 5 stelle per supportarci e permetterci di continuare a produrre contenuti che vi fanno credere che il valore nominale dei vostri investimenti sarà pazzesco, mentre quello reale un po’ meno ma che se a quello reale non ci pensate fin da subito di reale nel vostro portafogli non ci troverete più un bel niente sempre nuovi.
Per questo episodio invece è davvero tutto e noi ci ritroviamo qui domenica prossima, a parlare di qualcosa che non ho ancora deciso e ma che per allora sicuramente sarà qualcosa che vi farà strippare la testa e rimpiangere il fatto di non averci pensato prima, ovviamente, sempre qui, sempre con il podcast di finanza personale più ascoltato d’Italia, sempre, naturalmente con THE BULL – Il tuo podcast di finanza personale.
Recensioni
Quando capisci come funziona la finanza… ti viene voglia di raccontarla!
Ho seguito tutte le puntate! Grazie veramente
Amalia A., 17 Set 2025Non sono solito a mettere recensioni e specialmente non ascolto podcast, ma da quando ho iniziato questo, faccio fatica a staccarmi, e quasi non posso più fare a meno di ascoltare e arricchirmi culturalmente.
Andrea V., 22 Set 2025Riccardo mi ha letteralmente cambiato la vita e fatto scoprire che amo la finanza, ho ascoltato il podcast già due volte e non mi stufo mai di ascoltarlo, parla in modo semplice e chiaro
Massimo D., 23 Set 2025Dovrebbero ascoltarlo buona parte degli italiani e io avrei dovuto scoprirlo con qualche anno in anticipo ma meglio tardi che mai
Matteo C., 3 Set 2025Veramente veramente raccomandato! la finanza personale riassunta alla perfezione! e spiegata partendo dall'ABC! Ottimo anche da ascoltare a velocita 1,5x!
Giorgia R., 23 Gen 2025Veramente interessante, chiaro e conciso. Cambia la vita finanziaria di chiunque.. da ascoltare assolutamente anche per chi di finanza non vuole occuparsi mai
Francesca B., 6 Apr 2024Podcast che dà sempre spunti interessanti che personalmente mi ha fatto appassionare alla finanza personale spingendomi ad approfondire in prima persona.
Lorenzo, 13 Mar 2025Podcast piacevole, scorre veloce ma in modo estremamente chiaro, spiega i concetti chiave per gestire le proprie finanze, fornendo la classica cassetta degli attrezzi. Complimenti, davvero ben fatto!
Massimiliano, 29 Mag 2024Ho acquistato e letto il suo libro e l' ho trovato. Esprime i concetti economici in modo semplice e chiaro. Sentirlo parlare conferma che è un professionista del settore.
Giulia N., 11 Ago 2025