Gli ETF Obbligazionari – La Guida Completa
Gli ETF Obbligazionari! Croce e delizia di tutti i portafogli! Come funzionano, in cosa differiscono dalle obbligazioni, che ruolo hanno nei portafogli e quando ha senso averli. La Guida Completa per comprenderli appieno e un confronto con il mitologico Prof. Paolo Coletti.

Risorse
Punti Chiave
ETF Obbligazionari: non scadono, duration costante, prezzi inversi ai tassi d'interesse.
Funzione: stabilizzare il portafoglio e facilitare ribilanciamenti in crisi azionarie.
Scelta: considera capitali, gestione, fiscalità e predisposizione personale.
Trascrizione Episodio
Bentornati a THE BULL – Il tuo podcast di Finanza Personale.
Puntata destinata a infrangere tutti i record di ascolto di questo podcast!
Care amiche e cari amici di The Bull, oggi affronteremo il peggiore dei vostri incubi e proveremo una volta per tutte a capire questi benedetti ETF Obbligazionari che vi mandano fuori di testa e tormentano il sonno la notte.
Come lo so?
Lo so perchè da quando esiste THE Bull ho ricevuto quasi mille messaggi su Instagram a thebull_finance – sì a volte mi piace fare queste cose un po’ autistiche del tutto inutili come contare tutti i messaggi ricevuti – e malcontati gli ultimi 100 erano praticamente tutti sugli ETF Obbligazionari, su quali scegliere, su che duration valutare e su arzigogolati ragionamenti in cui a volte mi sono perso pure io cercando di capire cosa vi avesse mandato in crash.
Quindi, togliamo ogni indugio, facciamo finta che di ETF Obbligazionari non abbiamo mai parlato e facciamo la guida definitiva in 20-25 minuti su tutto quello che dovete sapere per poter gestire i vostri investimenti senza che dobbiate far scorta di ansiolitici.
Prima di cominciare però, notizia clamorosa e spero che quanti più tra voi riescano ad ascoltare questo episodio grossomodo nella settimana in cui viene pubblicato.
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Ma veniamo agli ETF Obbligazionari!
Partiamo dalle basi, mica che qualcuno è finito qua per sbaglio al 56esimo episodio e non sa una cippa di cosa stiamo parlando (e che ci fai qua, caro il mio novello ascoltatore, mi verrebbe da chiedere?).
Comunque, un ETF obbligazionario è un fondo quotato in borsa a gestione passiva, quindi senza dietro un brillante asset manager strapagato per fare previsioni sbagliate sui titoli da mettere insieme nel fondo, che contiene al suo interno obbligazioni di vario tipo a seconda dell’obiettivo di ciascun ETF.
Gli ETF più comuni sono fondi che replicano il rendimento di indici di: obbligazioni governative, obbligazioni societarie, obbligazioni ad alto rischio (dette anche High Yield) e altre varie tipologie di obbligazioni che oggi ci interessano meno.
Ricordiamo velocemente come funziona un’obbligazione, altrimenti tutto quello che diciamo dopo sarà utile come maglione di cashmere ad Agosto.
Un’obbligazione è un titolo di debito, ossia un prestito che viene fatto dall’investitore ad un soggetto, chiamato emittente, che può essere una società, uno stato o un ente sovranazionale.
La più famosa obbligazione di cui tutti voi avete mai sentito parlare è il BTP, ossia il Titolo di Stato Italiano che è lo strumento tramite cui da decenni l’Italia finanzia il suo mostruoso debito pubblico.
Come funziona un BTP o qualunque altra obbligazione?
Io investitore compro una certa quantità di obbligazioni che, tipicamente, hanno queste caratteristiche:
– al momento dell’emissione vengono quotate a 100 (non sempre, ma non complichiamoci la vita per ora);
– hanno una scadenza predefinita, che va da pochi mesi a oltre 30 anni;
– pagano un interesse fisso prestabilito generalmente ogni 6 mesi;
– alla scadenza rimborsano a 100 il capitale investito all’inizio.
Facciamo un esempio:
Se ho comprato all’emissione 10.000 € di BTP Valore, che è l’ultimo emesso a Ottobre dal nostro stimato governo composto da luminari dell’economia, otterrò per 5 anni un interesse annuale del 4,3%.
(in realtà non è vero perché il BTP valore paga il 4,1 per i primi 3 anni e 4,5 per gli ultimi 2, ma fa niente).
Quindi, se tutto va bene e l’Italia non fallisce, nell’Ottobre del 2028 riceverò indietro i miei 10.000 € e nel frattempo avrò incassato circa 430 € lordi all’anno per 5 anni.
Fin qua tutto facile e così funziona ogni singola obbligazione standard sulla faccia della Terra.
Dico “standard” (quando poi il termine tecnico è “plain vanilla”) per riferirmi alle obbligazioni che tutti voi avete in mente. Poi in realtà ci sono obbligazioni subordinate, convertibili, le famigerate Additional Tier 1 che hanno fatto incazzare a morte gli obbligazionisti di Credit Suisse quando è fallita perché non sono state rimborsate, contrariamente ad alcuni azionisti, grazie ad una mossa del governo federale svizzero senza precedenti, e così via.
Quando comprate un obbligazione plain vanilla, voi prestate soldi, vi pigliate un interesse e a scadenza vi restituiscono il capitale. Fine.
Le obbligazioni, però, come tutti i titoli finanziari sono quotate in borsa.
Pertanto in ogni singolo momento vengono scambiate sul cosiddetto mercato secondario, che è quello dove io e voi compriamo tutto quello che poi ficchiamo nel nostro portafoglio, dato che noi non siamo investitori istituzionali con accesso diretto al mercato.
E qui le cose si complicano, perché bisogna capire come funziona il rendimento delle obbligazioni.
Se io compro a 100 un’obbligazione alla sua emissione e questa ha interessi del 4%, il rendimento coincide (più o meno) con l’interesse e sarà appunto il 4%.
Me se io compro quell’obbligazione sul mercato secondario, avrò sempre una cedola che paga un interesse del 4%, ma il suo prezzo potrà essere superiore a 100 o inferiore a 100 a seconda dell’andamento dei tassi di interesse definiti dalle banche centrali.
(in realtà ci sono anche altri fattori, come lo spread e i rating, ma lasciamoli un attimo da parte).
Ora seguitemi bene.
Se oggi vengono emesse obbligazioni che hanno un rendimento del 4% e tra un anno i tassi di interesse salgono di un punto percentuale, cosa succede?
Succede che tutte le obbligazioni di nuova emissione dello stesso tipo dovranno offrire interessi più alti perché altrimenti nessuno le comprerebbe, dato che sarebbero disponibili sul mercato altre obbligazioni con interessi maggiori.
Quindi, se per esempio i BTP quinquennali di prossima emissione verranno emessi a 100 e dovranno pagare interessi del 5% (invece che del 4), allora il rendimento di riferimento per quel tipo di obbligazione sarà il 5% e non più il 4% come prima dell’aumento dei tassi.
Pertanto, se io voglio vendere la mia vecchia obbligazione quinquennale, che pagava il 4% di interessi e a cui intanto sono rimasi 4 anni di vita prima della scadenza, non potrò più aspettarmi che qualcuno se la compri a 100, perché non gli converrebbe.
Devo quindi abbassare il mio prezzo a circa 96, affinché chi si compra l’obbligazione possa ottenere al rimborso sempre un rendimento medio complessivo del 5%.
Perché 96?
Il calcolo matematico è un po’ complesso ma c’è una bellissima formula in Excel che si chiama REND (o YIELD in inglese) che vi fa tutti i conti per bene.
Per capire però il meccanismo, anche solo a spanne, dobbiamo stamparci per bene in testa cosa sia la Duration di un’obbligazione.
La duration è il tempo, espresso in anni, che serve affinché l’obbligazione ripaghi il capitale investito attraverso i suoi flussi di cassa.
Quindi duration e “durata”, che a rigore si chiama time-to-maturity, non coincidono, se non in quelle particolari obbligazioni chiamate zero coupon che non danno cedole ma rimborsano insieme capitale e interessi alla scadenza.
Se poi prendiamo la duration e la dividiamo per il suo tasso di rendimento otteniamo la duration modificata che esprime la variazione percentuale del prezzo dell’obbligazione per ogni variazione di un punto percentuale dei tassi di interesse.
Per farla facile, se la duration modificata di un’obbligazione è 5, ciò significa che per ogni aumento di un punto percentuale dei tassi di interesse il prezzo dell’obbligazione scenderà del 5% e viceversa quanto i tassi scendono.
Chiaro?
Allora così una volta per tutte dovremmo aver messo in chiaro il motivo alla base di uno dei principi fondamentali da conoscere quando si investe che è:
“QUANDO I TASSI DI INTERESSE VANNO SU, I PREZZI DELLE OBBLIGAZIONI VANNO GIU’;
QUANDO I TASSI DI INTERESSE VANNO GIU’, I PREZZI DELLE OBBLIGAZIONI VANNO SU”.
Tatuatevi sta cosa sul braccio, così se qualcuno in banca vi vende dei fondi obbligazionari per rassicurarvi sul fatto che in questo modo state sereni a vita, ecco ricordatevi che non è così proprio per un cazzo perché le variazioni dei tassi incidono in maniera rilevante sui valori delle obbligazioni.
Ok, al di là delle formule matematiche di cui non ce ne può fregare di meno, il punto fondamentale è che maggiore è la duration, maggiore sarà la sensibilità dell’obbligazione alle variazioni dei tassi, quindi più comprate obbligazioni con scadenze in là nel tempo più il loro valore sarà ballerino in base alle decisioni delle banche centrali.
Se infatti ho un titolo di stato che scade tra 6 mesi, un aumento anche importante dei tassi di interesse non inciderà tanto sul prezzo della mia obbligazione, perché parliamo di meno dello 0,5% per ogni aumento di 1 punto di tassi;
Se invece ho un titolo con scadenza tra 10 anni, eh, qui la sensibilità è bella alta.
Se parliamo poi dei titoli di stato a 30 o addirittura a 50 anni, manco ve lo sto a dire.
Immaginatevi chi nel 2021 si era comprato delle obbligazioni con duration a 10 anni e ha poi visto il valore del suo investimento crollare magari del 40% per via del salto da quasi zero al 4 e mezzo percento che hanno fatto i tassi di interesse in Europa in un solo anno e mezzo.
Tutto sto bel discorso però ha senso finché ci interessa sapere il valore di quotazione delle mie obbligazioni finché ce le ho mano e valuto l’opportunità di tenermele oppure di venderle.
Invece se mi tengo le obbligazioni fino alla loro scadenza naturale, sempre ammesso che l’emittente non fallisca, io lungo tutta la vita dell’obbligazione mi becco le mie cedole e alla fine mi viene rimborsato per intero il capitale – e chissene dell’andamento dei tassi.
E qui veniamo alla cosa che fa andare tutti fuori di testa.
Con gli ETF OBBLIGAZIONARI non funziona così.
Come abbiamo detto in passato ETF AZIONARI e ETF OBBLIGAZIONARI hanno dei comportamenti molto diversi tra loro.
Gli ETF AZIONARI funzionano esattamente come le azioni che intendono replicare.
Avere un ETF sullo Stoxx 50 oppure le singole azioni delle 50 società europee rappresentate nello Stoxx 50, agli effetti pratici non fa nessuna differenza (al netto di qualche complessità di gestione di 50 singole azioni).
Gli ETF AZIONARI sono facili da capire perché si comportano precisamente come le singole azioni che ci sono dentro.
Con gli ETF OBBLIGAZIONARI invece è un casino atomico perché questi infami si comportano in modo molto diverso dalle obbligazioni sottostanti.
La differenza fondamentale consiste nel fatto che gli ETF Obbligazionari NON SCADONO.
Si ok ci sono i nuovi ETF a scadenza di Ishares di cui abbiamo già parlato, ma stiamo parlando per ora di 8 ETF in croce rispetto ai centinaia di ETF giganteschi quotati su Borsa Italiana e che riempiono i nostri portafogli.
Lasciando perdere però questo microcaso particolare, stampatevi bene in testa che gli ETF Obbligazionari non scadono MAI.
Cosa fanno quindi?
Una volta stabilito che un certo ETF deve replicare, per esempio, le obbligazioni governative Europee di livello investment grade con scadenze comprese tra 7 e 10 anni, allora la società che emette l’ETF non farà altro che comprare obbligazioni che scadono tra almeno 7 anni e massimo 10 e vendere quelle obbligazioni a cui invece nel frattempo sono rimasti meno di 7 anni di vita prima del rimborso del capitale.
OK?
In questo modo l’ETF mantiene, ascoltatemi bene, la DURATION MEDIA costante.
A puro titolo di esempio prendo l’ETF di Ishares Euro Government Bond 7-10, vado a guardare nella scheda informativa i dati e scopro che l’ETF replica obbligazioni con scadenza media ponderata di circa 8,7 anni e che ha una duration media di 7,79.
Se oggi compro quest’ETF, tra 3 anni la duration media sarà sempre circa 7,79, perché nel frattempo Ishares avrà fatto l’attività di roll-over che consiste appunto nel sostituire le obbligazioni con scadenza più ravvicinata con obbligazioni con scadenza più lontana, per stare sempre nel range previsto.
Attenzione però a non commettere un errore che è emerso con alcuni di voi che mi avete scritto.
Se oggi compro un ETF obbligazionario che ha dentro obbligazioni emesse qualche anno fa, prima dell’aumento dei tassi, non è che mi trovo ad avere un ETF che non vale niente, perché il prezzo dell’ETF sarà già sceso rispetto ad allora e quindi se io lo compro oggi si sarà già adattato ai nuovi rendimenti del mercato.
Ok? Conta solo QUANDO comprate un ETF obbligazionario, non quando sono state emesse le obbligazioni che si trovano dentro l’ETF.
Su tutto questo tema, come su mille altre cose, vi invito ad ascoltare un noto divulgatore di tematiche di finanza personale, molto attivo soprattutto su Youtube, che è il Professor Paolo Coletti, che tra l’altro saluto perché so che ascolta il mio podcast e lo ringrazio per le numerose perle che ci regala.
Per chi non lo conosce il Professor Coletti è un matematico, docente all’Università di Bolzano, investitore ed esperto di finanza personale (e di finanza in generale).
Consiglio a tutti voi di seguire, oltre ovviamente a The Bull, il suo canale perché il suo livello di preparazione e competenza sugli ambiti che trattiamo qui è veramente qualcosa di raro.
Io e il prof. Coletti la vediamo fondamentalmente allo stesso modo un po’ su tutto ciò che riguarda il mondo degli investimenti, tranne che su un paio di temi, uno dei quali riguarda proprio gli ETF Obbligazionari.
Coletti non sopporta gli ETF Obbligazionari e più di uno tra voi mi ha segnalato i suoi video in cui in effetti ne parla.
In pratica cosa dice Coletti.
Dice, mentre gli ETF Azionari sono uno strumento formidabile per investire in azioni senza doversi prendere rischi specifici, lo stesso non si può dire degli ETF Obbligazionari, perché questi, paradossalmente, poco hanno a che fare con le caratteristiche delle obbligazioni sottostanti ma più precisamente sono delle SCOMMESSE SUI FUTURI ANDAMENTI DEI TASSI DI INTERESSE.
Questo è sicuramente vero perché in effetti, dato che noi che investiamo in ETF Obbligazionari non avremo mai la restituzione del capitale, tutta l’attenzione si sposta sul valore dei miei ETF OBBLIGAZIONARI che vanno su e giù a seconda dei tassi di interesse che vanno giù e su.
Lui pertanto dice, salvo in casi specifici, meglio investire in singole obbligazioni.
E più precisamente: se uno ha un orizzonte lungo, non ha senso diluire il rendimento dell’azionario con gli ETF obbligazionari, ma è meglio investire 100% in ETF Azionari e utilizzare obbligazioni singole con diverse scadenze per gestire specifici obiettivi finanziari, o eventuali esigenze di liquidità, a breve e medio termine.
Un suo classico esempio è: se penso che tra 5 anni dovrò cambiare la macchina allora metto un certo importo in obbligazioni con scadenza tra 5 anni, così quando mi serviranno i soldi me li ritrovo lì rivalutati.
Il discorso in sé e per sé non fa una piega e poi capirete su cosa condivido il suo approccio, ma a mio avviso ci sono alcune cose da considerare:
UNO: se non hai capital significativi a disposizione, non puoi investire in singole obbligazioni. Punto.
Quando qualcuno di voi mi scrive “voglio iniziare ad investire e ho, che ne so, 400 € al mese di risparmio che posso mettere in un piano di accumulo” ecco sicuramente non potete comprare obbligazioni singole.
Intanto perché difficilmente esistono obbligazioni con tagli minimi inferiori a 1000 €.
Inoltre per costruire un portafoglio diversificato di obbligazioni singole che abbia un senso vi servono almeno qualche decina di migliaia di euro, fosse anche solo per avere: BTP, altre obbligazioni governative europee, magari Treasury americani, obbligazioni societarie e diversificare ulteriormente tutto ciò per diverse scadenze.
Con 400 € al mese, questa cosa è impossibile.
Se invece volete un portafoglio, per esempio, 75/25 allora potete investire 300 € al mese in azioni e 100 € in obbligazioni, ma potete farlo solo con gli ETF, con asset singoli è impossibile.
DUE: La gestione di un portafoglio diversificato di bond, ammesso che ve lo possiate permettere, è parecchio impegnativa.
Dovete saperli scegliere, gestirli durante la loro vita e rinnovarli sistematicamente in base alle esigenze del vostro portafoglio.
Il prof. Coletti sa fare questa cosa bendato con la mano sinistra, mentre l’investitore medio di turno senza competenze che non ha voglia di stare più di 5 minuti al mese ad occuparsi dei suoi investimenti avrebbe decisamente qualche problema.
TRE: c’è un tema di efficienza fiscale e qui bisognerebbe fare un po’ di calcoli; su questo Coletti farebbe girare le sue formidabili simulazioni in Python, mentre io vado a intuito perché non saprei neanche da che parte cominciare a fare una roba del genere.
La mia idea parte dal fatto che se investo in obbligazioni singole, su tutte le cedole che ricevo pago le tasse (12,5% sui bond governativi, 26% su tutti gli altri).
Una volta che ricevo le cedole, che me ne faccio? A meno che mi servono per far fronte ad una spesa, di solito le reinvesto in qualcos’altro, però così ogni volta lascio per strada la parte che se ne va in tasse, mentre con gli ETF obbligazionari ad accumulazione tutto il profitto viene reinvestito al 100%.
QUATTRO: per i motivi che abbiamo spiegato nell’episodio 41, la stabilità della duration degli ETF Obbligazionari ci fornisce un potenziale scudo in situazioni di forte stress dei mercati azionari.
A parte quel che è successo nel 2022, in cui sia azionario che obbligazionario sono crollati, di solito cosa succede?
Succede che quando le azioni attraversano una lunga fase di crescita, di solito nel frattempo le banche centrali alzano gradualmente i tassi di interesse per tenere a bada l’inflazione e il surriscaldamento dell’economia.
Solo dal 2008 al 2021 questa cosa non si è verificata, ma si è trattata di un’anomalia storica del tutto peculiare, dovuta ad una serie di circostanze per cui il mercato e l’economia sono cresciute mentre invece l’inflazione è rimasta incredibilmente bassa (e con essa i tassi di interesse).
Con tassi alti invece, come nel 2000 prima dello scoppio della Internet Bubble e nel 2007 prima della crisi dei mutui subprime, Lehman Brothers e tutto il resto, appena il mercato azionario è crollato le banche centrali hanno tagliato i tassi e quindi le obbligazioni hanno acquisito valore, permettendo così di controbilanciare i drawdown dei portafogli.
Se per esempio avessimo iniziato ad investire 25 anni fa e mettessimo a confronto un investimento fatto al 100% sull’azionario All World, quindi globale + mercati emergenti (sempre comunque dominato dagli Stati Uniti) con un 60/40 fatto di All World e obbligazionario governativo globale, noteremmo che, a parte i primi anni in cui stava per concludersi il più impressionante bull market di tutti i tempi, da metà del 2001 fino alla fine del 2014 il portafoglio 60/40 avrebbe fatto meglio, con alcuni momenti, come il febbraio 2009, in cui il portafoglio 100% azionario sarebbe stato addirittura sotto all’investimento iniziale di 10 anni prima mentre il 60/40 sarebbe stato in positivo di un 20%.
Poi cosa è successo, finiti tutti i cazzi delle due grandi crisi e superata anche la tensione sui titoli di stato europei che hanno portato al fallimento della Grecia e al quasi fallimento di Spagna, Portogallo, Irlanda e Italia, da lì in poi c’è stato un lunghissimo periodo di tassi a zero e grande crescita dell’azionario che è arrivato fino all’inizio del 2022.
Chiaramente dal 2014 in poi il portafoglio solo azionario si sarebbe mangiato vivo il 60/40.
Cosa apprendiamo da questa storiella?
Due lezioni di massima:
LEZIONE UNO: sì, in linea di principio, investire 100% azionario dà alla fine i migliori rendimenti.
LEZIONE DUE: sì, però dipende dalla fase della vita in cui ti trovi quando i mercati si sfracellano. Perché nessuno ti può dire oggi che il peggior crollo di sempre capiterà tra 10 anni e poi per i 10 anni successivi guadagnerai e basta e potrai a quel punto andare in pensione.
Potrebbe anche succedere l’inverso e se ti becchi un 2008, con un portafoglio 100% azionario, quando magari hai 60 anni e sei lì lì per smettere di lavorare e vivere di rendita, eh poi hai voglia ad aspettare 6, 7, magari altri 10 anni prima che il tuo portafoglio torni ai livelli di prima.
Quindi investire 100% azionario va benissimo se avete lo stomaco per sopportare certi capitomboli, altrimenti la componente obbligazionaria serve per stabilizzare i rendimenti di lungo termine – certo magari a fronte di un po’ di rendimento totale in meno.
Il prof Coletti dice “ma che mi frega di avere la decorrelazione del portafoglio a costo di veder ridotti i miei rendimenti? Se il mercato fa meno 40 chissene, io vivo benissimo, la volatilità non mi tange, tanto sto investendo con un orizzonte temporale praticamente illimitato e prima poi le azioni torneranno su”.
Lui però fa questa cosa con un portafoglio molto particolare, in cui i suoi asset azionari (quasi tutti etf e qualche azione) sono sparpagliati su una miriade di prodotti.
Coletti crede infatti in un asset allocation equally weighted su base geografica, ossia lui assegna a tutti i mercati del mondo praticamente lo stesso peso, tanto che ha appena il 10-15% sugli Stati Uniti e magari addirittura il 6-7% sul Messico o sull’India.
Lui è convinto che il suo portafoglio abbia fondamentalmente lo stesso rendimento medio (se non addirittura migliore) di un portafoglio Value Weighted, in cui cioè si sovrappesano i mercati più grossi, e di avere maggiore flessibilità durante i crolli.
Lui dice: se hai i tuoi soldi investiti nell’azionario globale (che ha dentro il 70% di America) e durante una crisi hai bisogno di liquidità ti tocca vendere un pezzo di tutto l’azionario globale che sta andando giù. Se invece hai un portafoglio frammentato, durante una crisi in cui magari Stati Uniti ed Europa vanno male, può succedere che, boh, il mercato del Vietnam ha invece avuto un exploit pazzesco e allora puoi vendere questo e portarti a casa un guadagno anche durante un forte drawdown.
Allora, la posizione del prof. Coletti è particolare e non è universalmente condivisa. Però è anche vero che, numeri alla mano, è impossibile dimostrare che non abbia ragione e i dati storici che abbiamo a disposizione sembrano confermare che, statisticamente, non ci sia una differenza sostanziale tra investire coma fa lui e investire come tipicamente si fa, sovrappesando gli Stati Uniti e tutto il resto.
In alcuni decenni avrebbe fatto meglio lui, in altri avrebbe fatto meglio il Value Weighted, non c’è un vero vincitore definitivo.
Cmq sul tema se sia meglio un portafoglio Equally Weighted o Value Weighted ci torneremo, qui ci interessava solo capire come investe una persona che non vuole avere etf obbligazionari in portafoglio e che in generale non vuole avere neanche troppe obbligazioni singole, proprio perché in questo modo lui sostiene di poter benissimo far fronte ai tracolli di mercato grazie alla frammentazione estrema dei suoi investimenti azionari.
Ora, sul discorso Equal Weighted non sono particolarmente d’accordo (per quello che vale la mia inutile opinione e sono cmq aperto a cambiare idea in futuro), però sono 100% d’accordo con il prof. Coletti rispetto al fatto che in determinate fasi storiche, con tassi di interesse bassi, il ricorso ad una forte componente obbligazionaria nel portafoglio non sia una grande idea.
Se nel 2021 c’erano i tassi a zero, ma io mi chiedo perché molta gente si è riempita la pancia di fondi obbligazionari sapendo che i tassi da lì in poi potevano solo alzarsi, creando un’emorragia nei loro portafogli.
Con i tassi a zero (o comunque molto bassi), l’esposizione obbligazionaria deve essere ridotta e comunque limitata a duration basse, invece molti hanno preso fondi a palate, peraltro con scadenze lunghe così avevano magari un 1% in più di rendimento.
Follia.
Con tassi più alti, invece, allora il discorso cambia un po’.
Oggi i tassi sono tra il 4,5 in europa e il 5,5 negli Stati Uniti.
Intanto le obbligazioni sottostanti gli ETF obbligazionari hanno dei rendimenti interessanti che incidono sulla crescita di valore dell’ETF (o distribuiti se ce li avete a distribuzione).
Inoltre è vero che non sappiamo mai se i tassi continueranno a salire o se prima o poi scenderanno, ma quel che ci interessa oggi è sapere che appena il mercato crollerà – e prima o poi crollerà statene certi come del fatto che ogni 25 dicembre arriva il Natale – con la componente obbligazionaria abbiamo un mezzo paracadute per limitare il tonfo, ribilanciare e poi ripartire nel ciclo successivo.
Questa cosa con le obbligazioni singole è più difficile da fare, perché la duration non rimane costante e quindi più passa il tempo, meno le mie obbligazioni avranno un aumento di valore a fronte di un abbassamento dei tassi.
Rifacciamo un esempio che ho già proposto in passato.
Diciamo che ho 100.000 € investiti in un portafoglio così composto:
– 60.000 € in un ETF sull’azionario globale da 100 € a quota (quindi ho 600 quote) e
– 40.000 € in un ETF obbligazionario globale con duration media di 8 anni sempre da 100 € a quota (quindi ho 400 quote), così è facile fare tutti i conti.
Scoppia una mega crisi. L’azionario perde il 40%, come nel 2008.
Quindi ora mi ritrovo con 76.000 € di portafoglio così distribuiti:
– 36.000 € azionario globale (quindi le mie 600 quote varranno ora solo 60 € a quota) e sempre
– 40.000 € in obbligazioni
A quel punto la Fed e la BCE tagliano i tassi a manetta per rianimare l’economia, diciamo di 4 punti percentuali.
Più o meno, il mio ETF obbligazionario dovrebbe quindi salire di circa il 30% (duration 8, 4 punti percentuali, non è proprio correttissimo fare 4 per 8 trentadue, ma saremo lì lì).
A questo punto avrò:
– 36.000 € in azionario e
– 52.000 € in obbligazionario, con le mie 400 quote che ora sono scambiate a 130 € l’una.
A sto punto cosa faccio?
Ribilancio il portafoglio, perché con tassi ormai molto bassi ha poco senso che stia pieno di ETF obbligazionari, e magari porto la mia Allocation da 60/40 a, che ne so, circa 75/25.
Quindi cosa faccio:
– vendo diciamo 250 quote dell’obbligazionario, che sono a 130 l’una;
– mi porto a casa circa 31.500 € al netto delle tasse sulle plusvalenze;
– uso questi 31.500 per comprare nuove quote dell’ETF azionario che sono scese a 60 € e quindi ne compro 526
– mi ritrovo così con:
– circa 67.000 € in azionario e
– circa 20.000 € in obbligazionario
– quindi 87.000 € in totale.
Se a quel punto prendiamo i rendimenti che ci sono stati nei 5 anni successivi al 2008, il nostro portafoglio così composto arriverebbe a ben 158.000 €, quasi 30.000 € in più di quanto otterremmo se non avessimo ribilanciato.
Se invece avessi avuto 100% azionario, una volta sceso del 40% nei 5 anni successivi non avrebbe recuperato abbastanza e sarebbe sotto di circa 40.000 € rispetto al portafoglio ribilanciato che abbiamo usato.
Poi, per come sono andate le cose nello scorso decennio, un 100% azionario alla fine avrebbe dominato qualunque altro portafoglio, però è anche vero che nulla ci garantisce che in futuro andrà sempre così.
In teoria 100% azionario dà il massimo del rendimento, nella pratica credo che la stragrande maggioranza delle persone vivrebbe meglio con un portafoglio che cresce in maniera significativa senza traumi esagerati piuttosto che passare da un estremo all’altro come succede a chi investe solo in azioni.
La matematica è bellissima e possiamo fare tutte le simulazioni del mondo.
Peccato che tutto quello che è successo in passato non è assolutamente predittivo di ciò che succederà in futuro, pertanto in assenza di altre informazioni non può che essere la nostra predisposizione psicologica a guidare le nostre scelte.
Chiaro tutto questo bel discorso?
Ora Tiriamo un po’ le somme:
UNO: è consigliabile avere ETF Obbligazionari in portafoglio?
In generale direi di sì se hai pochi capitali e se i tassi di interesse sono alti (e in particolare se all’orizzonte inizia ad intravedersi una stabilizzazione dei tassi se non addirittura un prossimo taglio);
DUE: quali ETF vanno prediletti?
Non c’è una risposta per tutte le stagioni, ma oggi direi ETF Governativi o Aggregate (globali o europei) con diverse scadenze e duration media che stia tra i 5 e 10 anni. Nel 99% dei vostri portafogli, se state su questo tipo di prodotti è difficile che commettiate errori sanguinosi.
Se andate su JustETF, per ogni ETF c’è la “Scheda informativa” e lì trovate sempre scritta chiaramente la duration, così non dovete fare i conti.
In un contesto invece di tassi più bassi, eh, più difficile.
Non sono neanche sicuro che comprerei ETF obbligazionari, ma in ogni caso probabilmente starei su duration inferiori per non correre il rischio che un rialzo futuro dei tassi sia una mazzata sui denti.
TRE: oggi ha senso avere ETF obbligazionari in portafoglio?
Ovviamente qua non diamo raccomandazioni di investimento, quindi direi sì, no, boh a seconda di come vi sentite predisposti rispetto a tutto il discorso che abbiamo fatto.
Se teniamo buona la linea guida che grosso modo uso nell’impostazione della mia asset allocation, ossia investire in azioni una percentuale del portafoglio uguale a
125 – MIEI ANNI – TASSI DI INTERESSE FED PER 5
Allora, sì, una certa quota di ETF obbligazionari ha senso e se avete capitali rilevanti potete valutare di seguire il prof. Coletti e usare obbligazioni singole.
Un domani, con tassi all’1% (se mai torneranno), un portafoglio che oggi è grossomodo 65 azioni e 35 obbligazioni, potrebbe diventare circa 75/80 azioni e il resto in obbligazioni.
Vedremo.
Come sapete questa regola non ha nessun fondamento scientifico.
L’ho provata in maniera empirica prendendo le varie indicazioni che ho trovato in testi di finanza scritti in diverse fasi storiche e che tendenzialmente proponevano una sovraesposizione azionaria durante i periodi a tassi bassi e il contrario in periodi a tassi alti.
Alla fine poi l’unica cosa che conta davvero nel vostro portafoglio è se sta bene a voi e se vi lascia sereni avere una certa asset allocation piuttosto che un’altra.
Per tutto il resto, per sapere se il nostro portafoglio sarà destinato alla vera gloria, come diceva il buon Alessandro Manzoni nel 5 maggio, non possiamo che lasciare ai posteri l’ardua sentenza.
E con quest’amarcord di tutte le vostre quarte superiori, ci avviamo alla chiusura di quest’episodio dedicato a spiegare una volta per tutte come funzionano le obbligazioni e gli ETF obbligazionari.
Spero l’abbiate trovato utile, altrimenti scrivetemi su Instagram a thebull_finance.
Prima di lasciarci, ringrazio il nostro partner Scalable e vi ricordo che dal 24 al 26 novembre avete un’opportunità irripetibile di attivare l’account Prime plus gratis per 12 mesi, con cui avrete:
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Vi ringrazio invece come sempre per tutto il supporto e la costanza con cui continuate a seguirci e a consigliare in giro The Bull e vi invito come sempre a mettere segui e attivare le notifiche su qualunque piattaforma usiate per ascoltarci.
Vi ringrazio inoltre se vorrete lasciare una recensione a 5 stelle per supportarci e permetterci di continuare a produrre contenuti che mentre vi spiegano gli ETF obbligazionari vi ricordano anche che il 5 maggio è morto Napoleone e che soprattutto l’Inter ha perso uno sciagurato scudetto finito incredibilmente ai nemici giurati juventini sempre nuovi.
Per questo episodio invece è davvero tutto e noi ci ritroviamo domenica prossima per riprendere il nostro lungo cammino insieme lungo la strada della nostra agognata libertà finanziaria, sempre qui, sempre più numerosi, sempre, naturalmente con The Bull Il tuo podcast di finanza personale.
Bentornati a THE BULL – Il tuo podcast di Finanza Personale.
Puntata destinata a infrangere tutti i record di ascolto di questo podcast!
Care amiche e cari amici di The Bull, oggi affronteremo il peggiore dei vostri incubi e proveremo una volta per tutte a capire questi benedetti ETF Obbligazionari che vi mandano fuori di testa e tormentano il sonno la notte.
Come lo so?
Lo so perchè da quando esiste THE Bull ho ricevuto quasi mille messaggi su Instagram a thebull_finance – sì a volte mi piace fare queste cose un po’ autistiche del tutto inutili come contare tutti i messaggi ricevuti – e malcontati gli ultimi 100 erano praticamente tutti sugli ETF Obbligazionari, su quali scegliere, su che duration valutare e su arzigogolati ragionamenti in cui a volte mi sono perso pure io cercando di capire cosa vi avesse mandato in crash.
Quindi, togliamo ogni indugio, facciamo finta che di ETF Obbligazionari non abbiamo mai parlato e facciamo la guida definitiva in 20-25 minuti su tutto quello che dovete sapere per poter gestire i vostri investimenti senza che dobbiate far scorta di ansiolitici.
Prima di cominciare però, notizia clamorosa e spero che quanti più tra voi riescano ad ascoltare questo episodio grossomodo nella settimana in cui viene pubblicato.
Eh sì perché in occasione del Black Friday, il nostro partner Scalable Capital ha riservato una sorpresa incredibile per tutti i nuovi clienti:
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Eh lo so, vale solo per questi tre giorni, perché quelli di Scalable hanno fatto il business plan e si sono accorti che se tenevano aperta questa promozione più a lungo poi erano costretti a nutrirsi solo di crauti per tutto il 2024.
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Sentitevi quindi completamente liberi di seguire la strada che più vi aggrada, con o senza isoletta nel Mar Tirreno per The Bull.
Ma veniamo agli ETF Obbligazionari!
Partiamo dalle basi, mica che qualcuno è finito qua per sbaglio al 56esimo episodio e non sa una cippa di cosa stiamo parlando (e che ci fai qua, caro il mio novello ascoltatore, mi verrebbe da chiedere?).
Comunque, un ETF obbligazionario è un fondo quotato in borsa a gestione passiva, quindi senza dietro un brillante asset manager strapagato per fare previsioni sbagliate sui titoli da mettere insieme nel fondo, che contiene al suo interno obbligazioni di vario tipo a seconda dell’obiettivo di ciascun ETF.
Gli ETF più comuni sono fondi che replicano il rendimento di indici di: obbligazioni governative, obbligazioni societarie, obbligazioni ad alto rischio (dette anche High Yield) e altre varie tipologie di obbligazioni che oggi ci interessano meno.
Ricordiamo velocemente come funziona un’obbligazione, altrimenti tutto quello che diciamo dopo sarà utile come maglione di cashmere ad Agosto.
Un’obbligazione è un titolo di debito, ossia un prestito che viene fatto dall’investitore ad un soggetto, chiamato emittente, che può essere una società, uno stato o un ente sovranazionale.
La più famosa obbligazione di cui tutti voi avete mai sentito parlare è il BTP, ossia il Titolo di Stato Italiano che è lo strumento tramite cui da decenni l’Italia finanzia il suo mostruoso debito pubblico.
Come funziona un BTP o qualunque altra obbligazione?
Io investitore compro una certa quantità di obbligazioni che, tipicamente, hanno queste caratteristiche:
– al momento dell’emissione vengono quotate a 100 (non sempre, ma non complichiamoci la vita per ora);
– hanno una scadenza predefinita, che va da pochi mesi a oltre 30 anni;
– pagano un interesse fisso prestabilito generalmente ogni 6 mesi;
– alla scadenza rimborsano a 100 il capitale investito all’inizio.
Facciamo un esempio:
Se ho comprato all’emissione 10.000 € di BTP Valore, che è l’ultimo emesso a Ottobre dal nostro stimato governo composto da luminari dell’economia, otterrò per 5 anni un interesse annuale del 4,3%.
(in realtà non è vero perché il BTP valore paga il 4,1 per i primi 3 anni e 4,5 per gli ultimi 2, ma fa niente).
Quindi, se tutto va bene e l’Italia non fallisce, nell’Ottobre del 2028 riceverò indietro i miei 10.000 € e nel frattempo avrò incassato circa 430 € lordi all’anno per 5 anni.
Fin qua tutto facile e così funziona ogni singola obbligazione standard sulla faccia della Terra.
Dico “standard” (quando poi il termine tecnico è “plain vanilla”) per riferirmi alle obbligazioni che tutti voi avete in mente. Poi in realtà ci sono obbligazioni subordinate, convertibili, le famigerate Additional Tier 1 che hanno fatto incazzare a morte gli obbligazionisti di Credit Suisse quando è fallita perché non sono state rimborsate, contrariamente ad alcuni azionisti, grazie ad una mossa del governo federale svizzero senza precedenti, e così via.
Quando comprate un obbligazione plain vanilla, voi prestate soldi, vi pigliate un interesse e a scadenza vi restituiscono il capitale. Fine.
Le obbligazioni, però, come tutti i titoli finanziari sono quotate in borsa.
Pertanto in ogni singolo momento vengono scambiate sul cosiddetto mercato secondario, che è quello dove io e voi compriamo tutto quello che poi ficchiamo nel nostro portafoglio, dato che noi non siamo investitori istituzionali con accesso diretto al mercato.
E qui le cose si complicano, perché bisogna capire come funziona il rendimento delle obbligazioni.
Se io compro a 100 un’obbligazione alla sua emissione e questa ha interessi del 4%, il rendimento coincide (più o meno) con l’interesse e sarà appunto il 4%.
Me se io compro quell’obbligazione sul mercato secondario, avrò sempre una cedola che paga un interesse del 4%, ma il suo prezzo potrà essere superiore a 100 o inferiore a 100 a seconda dell’andamento dei tassi di interesse definiti dalle banche centrali.
(in realtà ci sono anche altri fattori, come lo spread e i rating, ma lasciamoli un attimo da parte).
Ora seguitemi bene.
Se oggi vengono emesse obbligazioni che hanno un rendimento del 4% e tra un anno i tassi di interesse salgono di un punto percentuale, cosa succede?
Succede che tutte le obbligazioni di nuova emissione dello stesso tipo dovranno offrire interessi più alti perché altrimenti nessuno le comprerebbe, dato che sarebbero disponibili sul mercato altre obbligazioni con interessi maggiori.
Quindi, se per esempio i BTP quinquennali di prossima emissione verranno emessi a 100 e dovranno pagare interessi del 5% (invece che del 4), allora il rendimento di riferimento per quel tipo di obbligazione sarà il 5% e non più il 4% come prima dell’aumento dei tassi.
Pertanto, se io voglio vendere la mia vecchia obbligazione quinquennale, che pagava il 4% di interessi e a cui intanto sono rimasi 4 anni di vita prima della scadenza, non potrò più aspettarmi che qualcuno se la compri a 100, perché non gli converrebbe.
Devo quindi abbassare il mio prezzo a circa 96, affinché chi si compra l’obbligazione possa ottenere al rimborso sempre un rendimento medio complessivo del 5%.
Perché 96?
Il calcolo matematico è un po’ complesso ma c’è una bellissima formula in Excel che si chiama REND (o YIELD in inglese) che vi fa tutti i conti per bene.
Per capire però il meccanismo, anche solo a spanne, dobbiamo stamparci per bene in testa cosa sia la Duration di un’obbligazione.
La duration è il tempo, espresso in anni, che serve affinché l’obbligazione ripaghi il capitale investito attraverso i suoi flussi di cassa.
Quindi duration e “durata”, che a rigore si chiama time-to-maturity, non coincidono, se non in quelle particolari obbligazioni chiamate zero coupon che non danno cedole ma rimborsano insieme capitale e interessi alla scadenza.
Se poi prendiamo la duration e la dividiamo per il suo tasso di rendimento otteniamo la duration modificata che esprime la variazione percentuale del prezzo dell’obbligazione per ogni variazione di un punto percentuale dei tassi di interesse.
Per farla facile, se la duration modificata di un’obbligazione è 5, ciò significa che per ogni aumento di un punto percentuale dei tassi di interesse il prezzo dell’obbligazione scenderà del 5% e viceversa quanto i tassi scendono.
Chiaro?
Allora così una volta per tutte dovremmo aver messo in chiaro il motivo alla base di uno dei principi fondamentali da conoscere quando si investe che è:
“QUANDO I TASSI DI INTERESSE VANNO SU, I PREZZI DELLE OBBLIGAZIONI VANNO GIU’;
QUANDO I TASSI DI INTERESSE VANNO GIU’, I PREZZI DELLE OBBLIGAZIONI VANNO SU”.
Tatuatevi sta cosa sul braccio, così se qualcuno in banca vi vende dei fondi obbligazionari per rassicurarvi sul fatto che in questo modo state sereni a vita, ecco ricordatevi che non è così proprio per un cazzo perché le variazioni dei tassi incidono in maniera rilevante sui valori delle obbligazioni.
Ok, al di là delle formule matematiche di cui non ce ne può fregare di meno, il punto fondamentale è che maggiore è la duration, maggiore sarà la sensibilità dell’obbligazione alle variazioni dei tassi, quindi più comprate obbligazioni con scadenze in là nel tempo più il loro valore sarà ballerino in base alle decisioni delle banche centrali.
Se infatti ho un titolo di stato che scade tra 6 mesi, un aumento anche importante dei tassi di interesse non inciderà tanto sul prezzo della mia obbligazione, perché parliamo di meno dello 0,5% per ogni aumento di 1 punto di tassi;
Se invece ho un titolo con scadenza tra 10 anni, eh, qui la sensibilità è bella alta.
Se parliamo poi dei titoli di stato a 30 o addirittura a 50 anni, manco ve lo sto a dire.
Immaginatevi chi nel 2021 si era comprato delle obbligazioni con duration a 10 anni e ha poi visto il valore del suo investimento crollare magari del 40% per via del salto da quasi zero al 4 e mezzo percento che hanno fatto i tassi di interesse in Europa in un solo anno e mezzo.
Tutto sto bel discorso però ha senso finché ci interessa sapere il valore di quotazione delle mie obbligazioni finché ce le ho mano e valuto l’opportunità di tenermele oppure di venderle.
Invece se mi tengo le obbligazioni fino alla loro scadenza naturale, sempre ammesso che l’emittente non fallisca, io lungo tutta la vita dell’obbligazione mi becco le mie cedole e alla fine mi viene rimborsato per intero il capitale – e chissene dell’andamento dei tassi.
E qui veniamo alla cosa che fa andare tutti fuori di testa.
Con gli ETF OBBLIGAZIONARI non funziona così.
Come abbiamo detto in passato ETF AZIONARI e ETF OBBLIGAZIONARI hanno dei comportamenti molto diversi tra loro.
Gli ETF AZIONARI funzionano esattamente come le azioni che intendono replicare.
Avere un ETF sullo Stoxx 50 oppure le singole azioni delle 50 società europee rappresentate nello Stoxx 50, agli effetti pratici non fa nessuna differenza (al netto di qualche complessità di gestione di 50 singole azioni).
Gli ETF AZIONARI sono facili da capire perché si comportano precisamente come le singole azioni che ci sono dentro.
Con gli ETF OBBLIGAZIONARI invece è un casino atomico perché questi infami si comportano in modo molto diverso dalle obbligazioni sottostanti.
La differenza fondamentale consiste nel fatto che gli ETF Obbligazionari NON SCADONO.
Si ok ci sono i nuovi ETF a scadenza di Ishares di cui abbiamo già parlato, ma stiamo parlando per ora di 8 ETF in croce rispetto ai centinaia di ETF giganteschi quotati su Borsa Italiana e che riempiono i nostri portafogli.
Lasciando perdere però questo microcaso particolare, stampatevi bene in testa che gli ETF Obbligazionari non scadono MAI.
Cosa fanno quindi?
Una volta stabilito che un certo ETF deve replicare, per esempio, le obbligazioni governative Europee di livello investment grade con scadenze comprese tra 7 e 10 anni, allora la società che emette l’ETF non farà altro che comprare obbligazioni che scadono tra almeno 7 anni e massimo 10 e vendere quelle obbligazioni a cui invece nel frattempo sono rimasti meno di 7 anni di vita prima del rimborso del capitale.
OK?
In questo modo l’ETF mantiene, ascoltatemi bene, la DURATION MEDIA costante.
A puro titolo di esempio prendo l’ETF di Ishares Euro Government Bond 7-10, vado a guardare nella scheda informativa i dati e scopro che l’ETF replica obbligazioni con scadenza media ponderata di circa 8,7 anni e che ha una duration media di 7,79.
Se oggi compro quest’ETF, tra 3 anni la duration media sarà sempre circa 7,79, perché nel frattempo Ishares avrà fatto l’attività di roll-over che consiste appunto nel sostituire le obbligazioni con scadenza più ravvicinata con obbligazioni con scadenza più lontana, per stare sempre nel range previsto.
Attenzione però a non commettere un errore che è emerso con alcuni di voi che mi avete scritto.
Se oggi compro un ETF obbligazionario che ha dentro obbligazioni emesse qualche anno fa, prima dell’aumento dei tassi, non è che mi trovo ad avere un ETF che non vale niente, perché il prezzo dell’ETF sarà già sceso rispetto ad allora e quindi se io lo compro oggi si sarà già adattato ai nuovi rendimenti del mercato.
Ok? Conta solo QUANDO comprate un ETF obbligazionario, non quando sono state emesse le obbligazioni che si trovano dentro l’ETF.
Su tutto questo tema, come su mille altre cose, vi invito ad ascoltare un noto divulgatore di tematiche di finanza personale, molto attivo soprattutto su Youtube, che è il Professor Paolo Coletti, che tra l’altro saluto perché so che ascolta il mio podcast e lo ringrazio per le numerose perle che ci regala.
Per chi non lo conosce il Professor Coletti è un matematico, docente all’Università di Bolzano, investitore ed esperto di finanza personale (e di finanza in generale).
Consiglio a tutti voi di seguire, oltre ovviamente a The Bull, il suo canale perché il suo livello di preparazione e competenza sugli ambiti che trattiamo qui è veramente qualcosa di raro.
Io e il prof. Coletti la vediamo fondamentalmente allo stesso modo un po’ su tutto ciò che riguarda il mondo degli investimenti, tranne che su un paio di temi, uno dei quali riguarda proprio gli ETF Obbligazionari.
Coletti non sopporta gli ETF Obbligazionari e più di uno tra voi mi ha segnalato i suoi video in cui in effetti ne parla.
In pratica cosa dice Coletti.
Dice, mentre gli ETF Azionari sono uno strumento formidabile per investire in azioni senza doversi prendere rischi specifici, lo stesso non si può dire degli ETF Obbligazionari, perché questi, paradossalmente, poco hanno a che fare con le caratteristiche delle obbligazioni sottostanti ma più precisamente sono delle SCOMMESSE SUI FUTURI ANDAMENTI DEI TASSI DI INTERESSE.
Questo è sicuramente vero perché in effetti, dato che noi che investiamo in ETF Obbligazionari non avremo mai la restituzione del capitale, tutta l’attenzione si sposta sul valore dei miei ETF OBBLIGAZIONARI che vanno su e giù a seconda dei tassi di interesse che vanno giù e su.
Lui pertanto dice, salvo in casi specifici, meglio investire in singole obbligazioni.
E più precisamente: se uno ha un orizzonte lungo, non ha senso diluire il rendimento dell’azionario con gli ETF obbligazionari, ma è meglio investire 100% in ETF Azionari e utilizzare obbligazioni singole con diverse scadenze per gestire specifici obiettivi finanziari, o eventuali esigenze di liquidità, a breve e medio termine.
Un suo classico esempio è: se penso che tra 5 anni dovrò cambiare la macchina allora metto un certo importo in obbligazioni con scadenza tra 5 anni, così quando mi serviranno i soldi me li ritrovo lì rivalutati.
Il discorso in sé e per sé non fa una piega e poi capirete su cosa condivido il suo approccio, ma a mio avviso ci sono alcune cose da considerare:
UNO: se non hai capital significativi a disposizione, non puoi investire in singole obbligazioni. Punto.
Quando qualcuno di voi mi scrive “voglio iniziare ad investire e ho, che ne so, 400 € al mese di risparmio che posso mettere in un piano di accumulo” ecco sicuramente non potete comprare obbligazioni singole.
Intanto perché difficilmente esistono obbligazioni con tagli minimi inferiori a 1000 €.
Inoltre per costruire un portafoglio diversificato di obbligazioni singole che abbia un senso vi servono almeno qualche decina di migliaia di euro, fosse anche solo per avere: BTP, altre obbligazioni governative europee, magari Treasury americani, obbligazioni societarie e diversificare ulteriormente tutto ciò per diverse scadenze.
Con 400 € al mese, questa cosa è impossibile.
Se invece volete un portafoglio, per esempio, 75/25 allora potete investire 300 € al mese in azioni e 100 € in obbligazioni, ma potete farlo solo con gli ETF, con asset singoli è impossibile.
DUE: La gestione di un portafoglio diversificato di bond, ammesso che ve lo possiate permettere, è parecchio impegnativa.
Dovete saperli scegliere, gestirli durante la loro vita e rinnovarli sistematicamente in base alle esigenze del vostro portafoglio.
Il prof. Coletti sa fare questa cosa bendato con la mano sinistra, mentre l’investitore medio di turno senza competenze che non ha voglia di stare più di 5 minuti al mese ad occuparsi dei suoi investimenti avrebbe decisamente qualche problema.
TRE: c’è un tema di efficienza fiscale e qui bisognerebbe fare un po’ di calcoli; su questo Coletti farebbe girare le sue formidabili simulazioni in Python, mentre io vado a intuito perché non saprei neanche da che parte cominciare a fare una roba del genere.
La mia idea parte dal fatto che se investo in obbligazioni singole, su tutte le cedole che ricevo pago le tasse (12,5% sui bond governativi, 26% su tutti gli altri).
Una volta che ricevo le cedole, che me ne faccio? A meno che mi servono per far fronte ad una spesa, di solito le reinvesto in qualcos’altro, però così ogni volta lascio per strada la parte che se ne va in tasse, mentre con gli ETF obbligazionari ad accumulazione tutto il profitto viene reinvestito al 100%.
QUATTRO: per i motivi che abbiamo spiegato nell’episodio 41, la stabilità della duration degli ETF Obbligazionari ci fornisce un potenziale scudo in situazioni di forte stress dei mercati azionari.
A parte quel che è successo nel 2022, in cui sia azionario che obbligazionario sono crollati, di solito cosa succede?
Succede che quando le azioni attraversano una lunga fase di crescita, di solito nel frattempo le banche centrali alzano gradualmente i tassi di interesse per tenere a bada l’inflazione e il surriscaldamento dell’economia.
Solo dal 2008 al 2021 questa cosa non si è verificata, ma si è trattata di un’anomalia storica del tutto peculiare, dovuta ad una serie di circostanze per cui il mercato e l’economia sono cresciute mentre invece l’inflazione è rimasta incredibilmente bassa (e con essa i tassi di interesse).
Con tassi alti invece, come nel 2000 prima dello scoppio della Internet Bubble e nel 2007 prima della crisi dei mutui subprime, Lehman Brothers e tutto il resto, appena il mercato azionario è crollato le banche centrali hanno tagliato i tassi e quindi le obbligazioni hanno acquisito valore, permettendo così di controbilanciare i drawdown dei portafogli.
Se per esempio avessimo iniziato ad investire 25 anni fa e mettessimo a confronto un investimento fatto al 100% sull’azionario All World, quindi globale + mercati emergenti (sempre comunque dominato dagli Stati Uniti) con un 60/40 fatto di All World e obbligazionario governativo globale, noteremmo che, a parte i primi anni in cui stava per concludersi il più impressionante bull market di tutti i tempi, da metà del 2001 fino alla fine del 2014 il portafoglio 60/40 avrebbe fatto meglio, con alcuni momenti, come il febbraio 2009, in cui il portafoglio 100% azionario sarebbe stato addirittura sotto all’investimento iniziale di 10 anni prima mentre il 60/40 sarebbe stato in positivo di un 20%.
Poi cosa è successo, finiti tutti i cazzi delle due grandi crisi e superata anche la tensione sui titoli di stato europei che hanno portato al fallimento della Grecia e al quasi fallimento di Spagna, Portogallo, Irlanda e Italia, da lì in poi c’è stato un lunghissimo periodo di tassi a zero e grande crescita dell’azionario che è arrivato fino all’inizio del 2022.
Chiaramente dal 2014 in poi il portafoglio solo azionario si sarebbe mangiato vivo il 60/40.
Cosa apprendiamo da questa storiella?
Due lezioni di massima:
LEZIONE UNO: sì, in linea di principio, investire 100% azionario dà alla fine i migliori rendimenti.
LEZIONE DUE: sì, però dipende dalla fase della vita in cui ti trovi quando i mercati si sfracellano. Perché nessuno ti può dire oggi che il peggior crollo di sempre capiterà tra 10 anni e poi per i 10 anni successivi guadagnerai e basta e potrai a quel punto andare in pensione.
Potrebbe anche succedere l’inverso e se ti becchi un 2008, con un portafoglio 100% azionario, quando magari hai 60 anni e sei lì lì per smettere di lavorare e vivere di rendita, eh poi hai voglia ad aspettare 6, 7, magari altri 10 anni prima che il tuo portafoglio torni ai livelli di prima.
Quindi investire 100% azionario va benissimo se avete lo stomaco per sopportare certi capitomboli, altrimenti la componente obbligazionaria serve per stabilizzare i rendimenti di lungo termine – certo magari a fronte di un po’ di rendimento totale in meno.
Il prof Coletti dice “ma che mi frega di avere la decorrelazione del portafoglio a costo di veder ridotti i miei rendimenti? Se il mercato fa meno 40 chissene, io vivo benissimo, la volatilità non mi tange, tanto sto investendo con un orizzonte temporale praticamente illimitato e prima poi le azioni torneranno su”.
Lui però fa questa cosa con un portafoglio molto particolare, in cui i suoi asset azionari (quasi tutti etf e qualche azione) sono sparpagliati su una miriade di prodotti.
Coletti crede infatti in un asset allocation equally weighted su base geografica, ossia lui assegna a tutti i mercati del mondo praticamente lo stesso peso, tanto che ha appena il 10-15% sugli Stati Uniti e magari addirittura il 6-7% sul Messico o sull’India.
Lui è convinto che il suo portafoglio abbia fondamentalmente lo stesso rendimento medio (se non addirittura migliore) di un portafoglio Value Weighted, in cui cioè si sovrappesano i mercati più grossi, e di avere maggiore flessibilità durante i crolli.
Lui dice: se hai i tuoi soldi investiti nell’azionario globale (che ha dentro il 70% di America) e durante una crisi hai bisogno di liquidità ti tocca vendere un pezzo di tutto l’azionario globale che sta andando giù. Se invece hai un portafoglio frammentato, durante una crisi in cui magari Stati Uniti ed Europa vanno male, può succedere che, boh, il mercato del Vietnam ha invece avuto un exploit pazzesco e allora puoi vendere questo e portarti a casa un guadagno anche durante un forte drawdown.
Allora, la posizione del prof. Coletti è particolare e non è universalmente condivisa. Però è anche vero che, numeri alla mano, è impossibile dimostrare che non abbia ragione e i dati storici che abbiamo a disposizione sembrano confermare che, statisticamente, non ci sia una differenza sostanziale tra investire coma fa lui e investire come tipicamente si fa, sovrappesando gli Stati Uniti e tutto il resto.
In alcuni decenni avrebbe fatto meglio lui, in altri avrebbe fatto meglio il Value Weighted, non c’è un vero vincitore definitivo.
Cmq sul tema se sia meglio un portafoglio Equally Weighted o Value Weighted ci torneremo, qui ci interessava solo capire come investe una persona che non vuole avere etf obbligazionari in portafoglio e che in generale non vuole avere neanche troppe obbligazioni singole, proprio perché in questo modo lui sostiene di poter benissimo far fronte ai tracolli di mercato grazie alla frammentazione estrema dei suoi investimenti azionari.
Ora, sul discorso Equal Weighted non sono particolarmente d’accordo (per quello che vale la mia inutile opinione e sono cmq aperto a cambiare idea in futuro), però sono 100% d’accordo con il prof. Coletti rispetto al fatto che in determinate fasi storiche, con tassi di interesse bassi, il ricorso ad una forte componente obbligazionaria nel portafoglio non sia una grande idea.
Se nel 2021 c’erano i tassi a zero, ma io mi chiedo perché molta gente si è riempita la pancia di fondi obbligazionari sapendo che i tassi da lì in poi potevano solo alzarsi, creando un’emorragia nei loro portafogli.
Con i tassi a zero (o comunque molto bassi), l’esposizione obbligazionaria deve essere ridotta e comunque limitata a duration basse, invece molti hanno preso fondi a palate, peraltro con scadenze lunghe così avevano magari un 1% in più di rendimento.
Follia.
Con tassi più alti, invece, allora il discorso cambia un po’.
Oggi i tassi sono tra il 4,5 in europa e il 5,5 negli Stati Uniti.
Intanto le obbligazioni sottostanti gli ETF obbligazionari hanno dei rendimenti interessanti che incidono sulla crescita di valore dell’ETF (o distribuiti se ce li avete a distribuzione).
Inoltre è vero che non sappiamo mai se i tassi continueranno a salire o se prima o poi scenderanno, ma quel che ci interessa oggi è sapere che appena il mercato crollerà – e prima o poi crollerà statene certi come del fatto che ogni 25 dicembre arriva il Natale – con la componente obbligazionaria abbiamo un mezzo paracadute per limitare il tonfo, ribilanciare e poi ripartire nel ciclo successivo.
Questa cosa con le obbligazioni singole è più difficile da fare, perché la duration non rimane costante e quindi più passa il tempo, meno le mie obbligazioni avranno un aumento di valore a fronte di un abbassamento dei tassi.
Rifacciamo un esempio che ho già proposto in passato.
Diciamo che ho 100.000 € investiti in un portafoglio così composto:
– 60.000 € in un ETF sull’azionario globale da 100 € a quota (quindi ho 600 quote) e
– 40.000 € in un ETF obbligazionario globale con duration media di 8 anni sempre da 100 € a quota (quindi ho 400 quote), così è facile fare tutti i conti.
Scoppia una mega crisi. L’azionario perde il 40%, come nel 2008.
Quindi ora mi ritrovo con 76.000 € di portafoglio così distribuiti:
– 36.000 € azionario globale (quindi le mie 600 quote varranno ora solo 60 € a quota) e sempre
– 40.000 € in obbligazioni
A quel punto la Fed e la BCE tagliano i tassi a manetta per rianimare l’economia, diciamo di 4 punti percentuali.
Più o meno, il mio ETF obbligazionario dovrebbe quindi salire di circa il 30% (duration 8, 4 punti percentuali, non è proprio correttissimo fare 4 per 8 trentadue, ma saremo lì lì).
A questo punto avrò:
– 36.000 € in azionario e
– 52.000 € in obbligazionario, con le mie 400 quote che ora sono scambiate a 130 € l’una.
A sto punto cosa faccio?
Ribilancio il portafoglio, perché con tassi ormai molto bassi ha poco senso che stia pieno di ETF obbligazionari, e magari porto la mia Allocation da 60/40 a, che ne so, circa 75/25.
Quindi cosa faccio:
– vendo diciamo 250 quote dell’obbligazionario, che sono a 130 l’una;
– mi porto a casa circa 31.500 € al netto delle tasse sulle plusvalenze;
– uso questi 31.500 per comprare nuove quote dell’ETF azionario che sono scese a 60 € e quindi ne compro 526
– mi ritrovo così con:
– circa 67.000 € in azionario e
– circa 20.000 € in obbligazionario
– quindi 87.000 € in totale.
Se a quel punto prendiamo i rendimenti che ci sono stati nei 5 anni successivi al 2008, il nostro portafoglio così composto arriverebbe a ben 158.000 €, quasi 30.000 € in più di quanto otterremmo se non avessimo ribilanciato.
Se invece avessi avuto 100% azionario, una volta sceso del 40% nei 5 anni successivi non avrebbe recuperato abbastanza e sarebbe sotto di circa 40.000 € rispetto al portafoglio ribilanciato che abbiamo usato.
Poi, per come sono andate le cose nello scorso decennio, un 100% azionario alla fine avrebbe dominato qualunque altro portafoglio, però è anche vero che nulla ci garantisce che in futuro andrà sempre così.
In teoria 100% azionario dà il massimo del rendimento, nella pratica credo che la stragrande maggioranza delle persone vivrebbe meglio con un portafoglio che cresce in maniera significativa senza traumi esagerati piuttosto che passare da un estremo all’altro come succede a chi investe solo in azioni.
La matematica è bellissima e possiamo fare tutte le simulazioni del mondo.
Peccato che tutto quello che è successo in passato non è assolutamente predittivo di ciò che succederà in futuro, pertanto in assenza di altre informazioni non può che essere la nostra predisposizione psicologica a guidare le nostre scelte.
Chiaro tutto questo bel discorso?
Ora Tiriamo un po’ le somme:
UNO: è consigliabile avere ETF Obbligazionari in portafoglio?
In generale direi di sì se hai pochi capitali e se i tassi di interesse sono alti (e in particolare se all’orizzonte inizia ad intravedersi una stabilizzazione dei tassi se non addirittura un prossimo taglio);
DUE: quali ETF vanno prediletti?
Non c’è una risposta per tutte le stagioni, ma oggi direi ETF Governativi o Aggregate (globali o europei) con diverse scadenze e duration media che stia tra i 5 e 10 anni. Nel 99% dei vostri portafogli, se state su questo tipo di prodotti è difficile che commettiate errori sanguinosi.
Se andate su JustETF, per ogni ETF c’è la “Scheda informativa” e lì trovate sempre scritta chiaramente la duration, così non dovete fare i conti.
In un contesto invece di tassi più bassi, eh, più difficile.
Non sono neanche sicuro che comprerei ETF obbligazionari, ma in ogni caso probabilmente starei su duration inferiori per non correre il rischio che un rialzo futuro dei tassi sia una mazzata sui denti.
TRE: oggi ha senso avere ETF obbligazionari in portafoglio?
Ovviamente qua non diamo raccomandazioni di investimento, quindi direi sì, no, boh a seconda di come vi sentite predisposti rispetto a tutto il discorso che abbiamo fatto.
Se teniamo buona la linea guida che grosso modo uso nell’impostazione della mia asset allocation, ossia investire in azioni una percentuale del portafoglio uguale a
125 – MIEI ANNI – TASSI DI INTERESSE FED PER 5
Allora, sì, una certa quota di ETF obbligazionari ha senso e se avete capitali rilevanti potete valutare di seguire il prof. Coletti e usare obbligazioni singole.
Un domani, con tassi all’1% (se mai torneranno), un portafoglio che oggi è grossomodo 65 azioni e 35 obbligazioni, potrebbe diventare circa 75/80 azioni e il resto in obbligazioni.
Vedremo.
Come sapete questa regola non ha nessun fondamento scientifico.
L’ho provata in maniera empirica prendendo le varie indicazioni che ho trovato in testi di finanza scritti in diverse fasi storiche e che tendenzialmente proponevano una sovraesposizione azionaria durante i periodi a tassi bassi e il contrario in periodi a tassi alti.
Alla fine poi l’unica cosa che conta davvero nel vostro portafoglio è se sta bene a voi e se vi lascia sereni avere una certa asset allocation piuttosto che un’altra.
Per tutto il resto, per sapere se il nostro portafoglio sarà destinato alla vera gloria, come diceva il buon Alessandro Manzoni nel 5 maggio, non possiamo che lasciare ai posteri l’ardua sentenza.
E con quest’amarcord di tutte le vostre quarte superiori, ci avviamo alla chiusura di quest’episodio dedicato a spiegare una volta per tutte come funzionano le obbligazioni e gli ETF obbligazionari.
Spero l’abbiate trovato utile, altrimenti scrivetemi su Instagram a thebull_finance.
Prima di lasciarci, ringrazio il nostro partner Scalable e vi ricordo che dal 24 al 26 novembre avete un’opportunità irripetibile di attivare l’account Prime plus gratis per 12 mesi, con cui avrete:
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Vi ringrazio invece come sempre per tutto il supporto e la costanza con cui continuate a seguirci e a consigliare in giro The Bull e vi invito come sempre a mettere segui e attivare le notifiche su qualunque piattaforma usiate per ascoltarci.
Vi ringrazio inoltre se vorrete lasciare una recensione a 5 stelle per supportarci e permetterci di continuare a produrre contenuti che mentre vi spiegano gli ETF obbligazionari vi ricordano anche che il 5 maggio è morto Napoleone e che soprattutto l’Inter ha perso uno sciagurato scudetto finito incredibilmente ai nemici giurati juventini sempre nuovi.
Per questo episodio invece è davvero tutto e noi ci ritroviamo domenica prossima per riprendere il nostro lungo cammino insieme lungo la strada della nostra agognata libertà finanziaria, sempre qui, sempre più numerosi, sempre, naturalmente con The Bull Il tuo podcast di finanza personale.
Recensioni
Quando capisci come funziona la finanza… ti viene voglia di raccontarla!
Veramente interessante, chiaro e conciso. Cambia la vita finanziaria di chiunque.. da ascoltare assolutamente anche per chi di finanza non vuole occuparsi mai
Francesca B., 6 Apr 2024Veramente veramente raccomandato! la finanza personale riassunta alla perfezione! e spiegata partendo dall'ABC! Ottimo anche da ascoltare a velocita 1,5x!
Giorgia R., 23 Gen 2025Da quando l'ho scoperto in 15 gg mi sono ascoltato 150 puntate senza fermarmi, ho annullato gli altri podcast per portarmi alla pari ed ascoltare tutte le precedenti puntate, ben fatto, esattamente il livello di informazione che mi serviva
Gianluca G., 11 Set 2025Riccardo mi ha letteralmente cambiato la vita e fatto scoprire che amo la finanza, ho ascoltato il podcast già due volte e non mi stufo mai di ascoltarlo, parla in modo semplice e chiaro
Massimo D., 23 Set 2025Ho seguito tutte le puntate! Grazie veramente
Amalia A., 17 Set 2025La mia ignoranza in materia mi ha sempre creato dei dubbi, ma grazie a un amico ho iniziato ad ascoltare il podcast. Per fortuna che ho 24 anni e un po' di tempo e soldi da dedicarmi a imparare le varie nozioni per me stesso. Grazie mille!
Luca G. 10 Ott 2025Podcast piacevole, scorre veloce ma in modo estremamente chiaro, spiega i concetti chiave per gestire le proprie finanze, fornendo la classica cassetta degli attrezzi. Complimenti, davvero ben fatto!
Massimiliano, 29 Mag 2024Dovrebbero ascoltarlo buona parte degli italiani e io avrei dovuto scoprirlo con qualche anno in anticipo ma meglio tardi che mai
Matteo C., 3 Set 2025Ho acquistato e letto il suo libro e l' ho trovato. Esprime i concetti economici in modo semplice e chiaro. Sentirlo parlare conferma che è un professionista del settore.
Giulia N., 11 Ago 2025