Q&A + Cosa è successo a Novembre sui Mercati

Recap degli eventi principali sui mercati di Novembre 2023 e risposta a tre domande che tanto assillano i nostri pensieri: 1) E' meglio fare un PAC o investire tutto subito? 2) Come funziona il cambio euro/dollaro e conviene comprare ETF "hedged"? 3) Perché è meglio aumentare il numero di ETF quando aumenta il patrimonio?

Difficoltà
33 minuti
The Bull - No Thumb

Risorse

Punti Chiave

Lump Sum è statisticamente migliore; il PAC è per tranquillità o capitali graduali.

Evitare ETF azionari Hedged a lungo termine: costi impliciti e cambio imprevedibile.

Con capitali maggiori, più ETF offrono flessibilità e diversificazione nell'asset allocation.

Trascrizione Episodio

Bentornati a THE BULL – Il tuo podcast di Finanza Personale.

Sessantesimo episodio di The Bull, oltre 1.500 minuti della mia voce ascoltati da migliaia di voi che, per motivi a me tuttora incomprensibili, continuate due volte a settimana ad ascoltare i parti della mia mente, tutta presa com’è sette giorni su sette a interrogarsi su come risparmiare, come investire e soprattutto, come raggiungere il prima possibile il meraviglioso traguardo dell’indipendenza finanziaria e a quel punto fare podcast o cose simili sarà la mia unica preoccupazione professionale.

Prima di parlare degli eventi salienti di Novembre, però, oggi cambio un po’ il format, tanto il podcast è mio quindi chissene, sai mai che nel prossimo episodio mi viene un colpo di testa e lo faccio sulle 5 regole per scegliere le bistecche di manzo da fare alla griglia.

No dicevo, cambio leggermente l’andamento classico e prima di parlare del tema del giorno rispondo ad alcune domande che mi avete fatto per approfondire argomenti che ho già trattato, ma sui quali non avrebbe troppo senso fare nuovi interi episodi.

Se poi sto format funziona, visto che avevo fatto un sondaggio su spotify con la domanda se vi interessasse un recap mensile sui principali eventi del mercato e il 97% di voi mi ha detto di sì, magari facciamo RECAP del MESE con Breve sessione di domande e risposte in base alle cose che mi chiedete.

Se invece tutto ciò vi fa cagare, scrivetemi su instagram a The Bull_finance e prenderemo altre decisioni di conseguenza.

Allora le tre domande del giorno, con breve risposta annessa sono:

DOMANDA UNO: Meglio investire i soldi tutti insieme o fare un piano di accumulo? Eh lo so che questa vi piace un sacco a tutti.

DOMANDA DUE: Come funziona il tema del cambio euro/dollaro? Insieme a E’ meglio comprare prodotti con copertura valutaria?

DOMANDA TRE: Perché oltre un certo patrimonio è meglio aumentare il numero di ETF?

Se vi interessano continuate ad ascoltare, altrimenti skippate di circa 15 minuti.

Dunque domanda UNO: PAC o Lump Sum? Ossia: meglio investire i soldi un po’ per volta o picchiarli dentro tutti insieme in un colpo solo.

Abbiamo parlato tante volte di questa cosa, ma dalle domande che mi fate è chiaro che è un tema che vi tormenta quasi quanto gli ETF Obbligazionari.

La risposta breve è veramente di una semplicità estrema, quindi statemi ad ascoltare bene, perché nella prossima frase trovate la soluzione ad una delle vostre paturnie esistenzial-finanziarie più logoranti che so che vi rovinano il sonno.

PRIMA PARTE DELLA RISPOSTA: se i soldi non ce li avete, non avete alternative a fare il PAC.
Punto.
Facile come bere un bicchier d’acqua.

Il PAC è la strada migliore che avete a disposizione per incrementare gradualmente il vostro patrimonio facendo lavorare sin da subito il rendimento composto.

SECONDA PARTE DELLA RISPOSTA: se i soldi ce li avete già, allora dal punto vista strettamente STATISTICO e MATEMATICO, è sempre meglio investire tutto subito, de botto.

Sulla carta, quindi, la risposta è semplicissima e si basa sul fatto che i mercati azionari (soprattutto se consideriamo quello Globale e quindi quello Americano) sono mediamente positivi circa 7-8 anni su 10.

Avevamo già citato la statistica, basta su oltre 100 anni di dati sull’S&P 500, secondo la quale in un anno singolo preso a caso, un investimento fatto a gennaio ha circa il 75% di probabilità di ritrovarsi positivo a dicembre.

Quindi, statisticamente, se avete già i soldi è meglio investirli subito per sfruttare al massimo gli effetti del rendimento composto.

Però appunto, STATISTICAMENTE

L’unico problema della statistica è che quando uno investe non è un campione statistico, ma un caso singolo, ossia voi che investite siete solo “uno” e può benissimo succedere che facciate parte di quel 25% che invece in un singolo anno investe e perde soldi.

Se vi foste svegliati il primo gennaio del 2022, dopo le performance astronomiche degli ultimi 15 anni dei mercati, e aveste finalmente deciso di investire i vostri 100.000 € che vi siete ritrovati perché avete venduto la casa di nonna, magari in un portafoglio 60/40 per “non rischiare troppo” — tra l’altro se me lo aveste chiesto, vi avrei detto che con i tassi a zero che c’erano a inizio 2022 mettere il 40% in obbligazioni era un’idea del cazzo — comunque dicevamo, pam, picchiate dentro i vostri bei 100 cappa, 60 sull’azionario globale e 40 su un indice obbligazionario globale e alle soglie del Santo Natale 2023, quindi ben due anni dopo, stareste ancora in perdita di circa un 5%.

Allora qua ci sono due temi:

– Intanto sarebbe stato proprio un errore “tecnico” comprare obbligazioni con tassi a zero, quindi qui la statistica e il fatto che i rendimenti futuri sono incerti non c’entra nulla; era proprio un’idea concettualmente errata;

– L’altro tema riguarda la differenza tra le probabilità da un punto di vista statistico e l’impatto che una singola situazione ha su di me.

Da un punto di vista meramente matematico, se a gennaio 2022 avessi avuto 100.000 € la cosa migliore da fare sarebbe sicuramente stata metterli dentro tutti e subito (magari non il 40% in obbligazioni che non rendevano una cippa con l’inflazione che galoppava e i tassi che potevano solo alzarsi), perché nel lungo termine probabilmente quella decisione avrebbe prodotto il miglior risultato.

Dal punto di vista psicologico, pratico ed esistenziale, la questione è invece più complessa, perché se non siete investitori esperti, abituati a quel che succede sui mercati, pigliarvi di colpo due anni in cui il vostro investimento è in negativo rischia di farvi vivere momenti terribili e soprattutto di scoraggiare la vostra propensione all’investimento.

Pertanto, contro le evidenze statistico-matematiche che invece dicono chiaramente che è meglio investire tutto e subito, se doveste ritrovarvi con capitali molto rilevanti ci può stare di valutare un ingresso progressivo nel mercato nell’arco di 6-12-18 mesi, soprattutto in momenti come questi dove si può mettere la parte non investita in prodotti a basso rischio dai rendimenti interessanti come le obbligazioni singole a breve scadenza, gli ETF obbligazionari ultrashort, i fondi monetari e gli stessi conti deposito (che hanno solo il limite di essere meno flessibili).

La butto lì: diciamo che ho appunto i 100k di nonna, che faccio oggi?

Io, cioè la persona che vi sta parlando, li investirei tutti di colpo perché intanto ho già un portafoglio consolidato e perché so cosa può succedere sul mercato. Quindi se domani c’è un capitombolo finanziario epico, sì mi gira un po’ il culo però non è che mi viene l’ansia perché non pensavo che una roba del genere non potesse mai capitare.

Tirò giù due santi e poi mi metto a scrivere un episodio su come attraversare un bear market, ossia un mercato ribassista.

Chi invece con quei 100k inizia proprio da zero, o quasi, il proprio percorso di investimento, potrebbe invece molto banalmente fare così:

– 30.000 magari li mette subito, in un portafoglio allocato in base alle sue esigenze, età, obiettivi e la solita manfrina sull’asset allocation;

– 25.000 magari li mette in obbligazioni governative miste con scadenza tra sei mesi (o in un ETF obbligazionario ultrashort, che ha sempre scadenze di circa 6 mesi) e dopo 6 mesi entra nel mercato con anche questi;

– 25.000 li mette in prodotti tra quelli sopra con scadenza 12 mesi e poi li aggiunge al portafoglio;

– 20.000 li mette in prodotti sempre tra quelli citati con scadenza 18 mesi (anche un conto deposito magari, visto che gli altri 80.000 sono facilmente movimentabili se serve mentre questi ultimi 20.000 possono rimanere un po’ più vincolati qui). E ovviamente poi anche questi li butta dentro.

Chiaro?

In questo modo, su praticamente il 70% del patrimonio abbiamo la quasi certezza di portarci a casa circa il 3-4% lordo all’anno e nel frattempo entriamo gradualmente sul mercato così se dovesse accedere qualche evento raro inatteso abbiamo più margini di manovra con i nostri soldi.

Ripeto, questa cosa STATISTICAMENTE rischia di essere meno profittevole che mettere tutti i 100 mila euro subito al giorno zero.

Però la Statistica, nella battaglia contro la vostra serenità mentale, è destinata a perdere.
Quindi se avete una cifra importante e avete qualche timore a entrare di colpo sul mercato, pur avendo fondo di emergenza e tutto il resto a posto, un ingresso diluito può avere senso.

In un periodo invece con tassi a zero, come a inizio 2022, questa opportunità non l’avreste avuta e avreste solo potuto investire gradualmente lasciando il resto fermo sul conto.

Comunque, tranquilli perché prima che vedremo di nuovo i tassi tornare a zero, dato che si è trattata di un’anomalia storica più unica che rara dal 2008 in poi, ce ne vorrà…

Se invece avete 10, 20 mila euro o cifre così, non starei a complicarmi la vita e investirei tutto subito e da lì in poi piano di accumulo con il vostro risparmio periodico.

OK, Veniamo alla domandona numero DUE: come funziona il cambio euro/dollaro con i miei investimenti e se sia meglio usare ETF con copertura valutaria, cioè quello con la dicitura Hedged.

Allora, come abbiamo già spiegato in passato, noi tendenzialmente compriamo ETF (o anche azioni, che è lo stesso) quotati in Euro, di solito su Borsa Italiana, Gettex, Euronext o comunque su mercati Europei, anche per una questione fiscale, perché se comprate ETF quotati fuori dall’Unione Europea che non hanno la dicitura UCITS pagate doppia tassazione.

Se però compro, per esempio, un ETF in Euro sull’S&P 500, il problema è che le azioni sottostanti l’S&P 500 sono denominate in dollari.

Quindi il rendimento del mio ETF sarà il rendimento dell’indice in dollari una volta convertito in Euro.

Facciamo un esempio prendendo i dati di chiusura di venerdì 1° dicembre 2023:

– L’S&P 500 ha chiuso a +0,59%

– Il cambio euro/dollaro ha chiuso a -0,07% (quindi l’euro si è indolito rispetto al dollaro),

Il mio ETF sull’S&P 500 avrà quindi fatto una performance giornaliera di circa il +0,66%.

Attenzione che non è corretto fare esattamente la somma algebrica tra il rendimento dell’indice e il cambio euro/dollaro (che poi non è la somma algebrica esatta, perché dove cambiare il segno alla variazione del rapporto tra euro e dollaro, cioè se è meno 0,07% voi dovete fare più 0,07% e viceversa, oppure prendete il valore del cambio dollaro/euro), però dato che parliamo sempre di differenze giornaliere dello zero virgola, con la semplice somma dei valori giornalieri viene sempre fuori una buona approssimazione del rendimento che ottenete dal vostro ETF.

Comunque quel che vi dovete ricordare, in generale, è che se il dollaro si rafforza rispetto all’euro voi guadagnate di più, mentre quando l’euro a rafforzarsi rispetto al dollaro, succede esattamente il contrario.

Cosa determina il cambio tra euro e dollaro?

Eh gran bella domanda… Ci sono un miliardo di variabili ed è assolutamente impossibile prevedere i movimenti tra le due valute.

Ultimamente è successo che appena sono arrivate buone notizie dall’inflazione americana, allora il dollaro si è nettamente indebolito rispetto all’euro perché gli investitori hanno pensato: “ora che l’inflazione scende, la Federal Reserve taglierà i tassi di interesse; *quindi*, aumenterà la quantità di dollari in circolazione perché il costo dei prestiti si ridurrà e *quindi* se c’è più offerta relativa di dollari rispetto agli euro, allora il dollaro scenderà di prezzo rispetto all’euro”.

Considerate che dal picco dell’ottobre 2022, quando 1 dollaro valeva 0,92 euro ad oggi, con 1 dollaro che vale 1,09 euro, il dollaro si è indebolito di circa il 12%, quindi mentre l’S&P 500 da ottobre a oggi è cresciuto di circa il 28%, un ETF sull’S&P 500 nello stesso periodo avrebbe guadagnato circa il 16%.

E voi quindi mi direte: “oh ma è tanto! Ma allora conviene comprare ETF con la copertura valutaria se c’è il rischio, in poco più di un anno, di lasciare per strada il 12%”.

Eh mica tanto, perché se poi andiamo a guardare la performance dal primo gennaio 2021 ad oggi ci accorgiamo che, per le dinamiche del cambio euro/dollaro, un ETF in euro sull’S&P 500 senza copertura valutaria avrebbe avuto una performance doppia rispetto all’S&P 500, 43% contro 20%.

Se andiamo addirittura a guardare gli ultimi 13 anni abbiamo il nostro ETF che ha fatto oltre il 500%, mentre quello con copertura valutaria ha fatto solo, si fa per dire, il 290% di rendimento.

Questo perché nel 2010 venivamo da un euro molto più forte che, per una serie di ragioni, si è gradualmente venuto a svalutare rispetto al dollaro.

Se domani il dollaro ricomincerà a svalutarsi pesantemente rispetto all’euro allora avremo l’effetto inverso.

Comunque, per rispondere alla domanda, ha senso investire in ETF azionari con copertura valutaria tra euro e dollaro?

Se l’obiettivo di investimento è medio lungo, la risposta è netta: NO.

Motivazione?

La motivazione è che il rapporto tra le valute è un gioco a somma zero, quindi in un preciso momento da qui a, boh, dieci anni, le probabilità che il cambio tra euro e dollaro sia identico a quello attuale o equivalente ad un qualunque altro valore favorevole o sfavorevole a noi sono le stesse.

Da qui a dieci anni potremmo averne beneficiato o averci perso qualcosa, ma sempre con la stessa probabilità, oltre al fatto che il rapporto tra la due valute è abbastanza ciclico, a volte è più forte una, a volte è più forte l’altra.

Al contrario, invece, se comprate ETF con copertura valutaria dovete fare attenzione ad un fatto tecnico.

Seguitemi bene.

Il costo reale di un ETF “Hedged” non è quello delle commissioni di gestione, che sarà sempre dello 0,1-0,2% all’anno.

Esiste invece un costo implicito che è dovuto all’utilizzo di strumenti derivati che il fondo impiega per garantire la copertura del cambio, che in pratica sono degli swap che scommettono nella direzione opposta rispetto all’andamento della valuta da coprire.

Per motivi estremamente tecnici e poco interessanti su cui non mi addentro, è dimostrato che un ETF azionario con copertura valutaria vi mangia in media circa l’1, 1,5% di rendimento all’anno, solo per il costo indiretto legato al meccanismo con cui funziona la copertura.

Quindi se investite a lungo termine e usate la copertura valutaria vi perdete la possibilità di beneficiare del cambio e inoltre pagate un costo certo considerevole quando invece la probabilità che dal cambio andrete a perdere sistematicamente più dell’1, 1,5% all’anno è del tutto imprevedibile.

Inoltre c’è da dire che, come già accennato in passato, c’è un vantaggio concettuale nel lasciare il cambio non coperto.

Situazione 1)

Se il dollaro si indebolisce noi ci perdiamo, è vero, però le aziende americane hanno tutte un business globale, quindi con un dollaro debole probabilmente venderanno di più e faranno più profitti, perché ovviamente chi compra in euro, o sterline, o yen o renminbi e così via pagherà meno i prodotti di Apple, Microsoft, Tesla, Nike, Ford, Whirlpool e così via.

Di conseguenza è lecito aspettarsi che le performance dell’S&P 500 saranno migliori che con un dollaro forte.

Inoltre, dato che tutte le materie prime sono prezzate in dollari, se il dollaro è debole agli Americani non cambia un tubo mentre noi Europei siamo contenti perché così con gli stessi Euro riusciamo a comprare più petrolio e gas.

Situazione 2)

Se il mercato va male, c’è qualche crisi e via dicendo, il dollaro è ancora ad oggi un bene rifugio, quindi in momenti di forte stress tende ad apprezzarsi, offrendo così in qualche modo una parziale protezione ai valori del nostro portafoglio in euro esposto al dollaro.

Paradossalmente è più rischioso per un americano investire in euro, che non per un europeo investire in dollari.

Vedete, quindi, nonostante non possiamo prevedere il futuro, ci sono decisamente più pro che contro a lasciare il cambio aperto e, su orizzonti lunghi, a non usare copertura valutaria, in particolare sui prodotti azionari.

Su quelli obbligazionari invece affrontiamo il discorso un’altra volta, per ora se avete dubbi comprate prodotti obbligazionari Europei e siete a posto.

Mentre non investire in America sulla parte azionaria sarebbe una follia, con le obbligazioni stare anche solo su quelle Europee tutto sommato non è una cattiva idea.

Veniamo infine alla domandona numero TRE, ossia: perché oltre un certo importo è meglio aumentare il numero di ETF.

Allora diversi tra voi mi hanno fatto questa domanda, chiedendomi appunto perché con capitali rilevanti, anche già a partire da 70-80.000 euro, non andasse bene investire in un paio di ETF e basta.

Dunque, in teoria non c’è nulla di sbagliato.

Se io ho 100.000 euro e scelgo come asset allocation, che ne so, 70% azioni e 30% obbligazioni, posso pensare di comprare un ETF sull’azionario globale e uno che replica un indice di obbligazioni globali o europee.

Fine.

Non esiste un vero motivo dimostrabile secondo il quale avere solo due ETF con tanti soldi è sbagliato, mentre averne 7, 8, 10 e così via è giusto.

Si tratta di una questione di opportunità.

Se per esempio ho deciso di investire sul grande classico VWCE, ossia sul Vanguard FTSE All World, che replica tutto l’azionario globale, sulla carta niente da dire, però per tutta la vita mi prendo esattamente l’esposizione a quelle aziende e a quei mercati previste dall’indice.

Quindi se un domani voglio per esempio ridurre l’esposizione agli Stati Uniti e aumentare quella verso, che so, l’India, non lo posso fare, perché tutto quello che potrò fare sarà semplicemente comprare o vendere quote di tutto il blocco del FTSE All World.

Per avere maggiore libertà di azione, invece, avere più ETF permette di gestire in modo più flessibile il portafoglio.

Nell’episodio 56 sugli ETF Obbligazionari vi avevo citato il modello del venerabile Professor Paolo Coletti che da sempre è ostile all’idea di investire in base alla capitalizzazione dei vari mercati (che prevede un peso esorbitante degli Stati Uniti e le briciole al resto del mondo) a favore di un’allocazione Equal Weighted, dove cioè ad ogni grande mercato viene assegnato più o meno lo stesso peso.

Non sono completamente d’accordo con questa impostazione e in un futuro episodio cercheremo di analizzare le varie prospettive, ma se uno volesse seguire il Professor Coletti non potrebbe farlo con un ETF globale, ma unicamente comprando singoli ETF per ciascun mercato.

Una strada intermedia, invece, è il modello che ho sentito raccontare più volte a Davide Serra, il brillante CEO e fondatore di Algebris Investments, una società Italiana di investimenti con 20 miliardi di asset in gestione.

Serra è uno dei miei personaggi preferiti in assoluto nel mondo della finanza, per la sua straordinaria profondità di analisi e per la grandissima capacità che possiede di sintetizzare con chiarezza assoluta le cose realmente rilevanti che stanno accadendo nel mondo.

Ha uno stile piuttosto caustico e diretto, quindi potrebbe non risultare sempre simpaticissimo, ma se vi capita di sentirlo parlare 5 minuti in qualche intervista prestategli attenzione perché ogni sua parola è una perla.

Serra spesso dice di investire, per i portafogli della sua società, con un’allocazione legata al PIL.

Lui dice: “prendi il PIL degli Stati Uniti, dell’Europa, della Cina, dell’India e via dicendo e investi proporzionalmente la tua quota azionaria in base a questo criterio”.

Chi volesse seguire Serra in questa logica dovrebbe fare, grosso modo:

– 25% Stati Uniti;

– 19% Cina;

– 15% Europa incluso il Regno Unito;

– 4% Giappone;

– 3,5% India

E via via tutto il resto.

Dato che la somma di queste percentuali si ferma a 66, a quel punto mi vengono in mente tre strade.

O vi comprate altri 50 ETF per coprire ogni singolo staterello mancante che conterà meno dell’1%, ma mi sembra un’inutile e dispendioso sbattimento.

O riproporzionate il tutto per arrivare al 100% e per farlo basta dividere ciascuna di quelle percentuali per 66, ottenendo così la conversione in centesimi (Stati Uniti quindi 38%, Cina 29% e così via).

Oppure fate il 66% della vostra componente azionaria così e poi vi prendete un ETF azionario Globale per integrare il resto, andando di fatto ad aumentare leggermente il peso degli Stati Uniti e riducendo quello della Cina.

Qualunque strada scegliate, sia che vogliate spingere sugli Stati Uniti, sia che vogliate investire Equal Weighted come Coletti, sia che vogliate investire in base al PIL come Serra, alla fine questa libertà di azione ce l’avete solo con un numero maggiore di ETF.

Questa cosa poi è ancora più vera sulla parte obbligazionaria.

Un conto è comprare un ETF obbligazionario globale, un conto è decidere di investire in certe fasi su ETF con scadenze maggiori o minori, su ETF obbligazionari High Yield, su ETF indicizzati all’inflazione, solo su Treasury Americani o solo su Bond governativi Europei e via dicendo.

Quindi più aumenta il patrimonio — o maggiori sono le disponibilità di partenza — più ha senso diversificare la composizione del portafoglio per lasciarvi maggiore libertà di azione nelle varie fasi dei cicli economici futuri.

Altrimenti, se proprio non c’avete cazzi di star dietro al vostro portafoglio e volete solo un “lazy portfolio” come si dice, ossia un portafoglio pigro dove l’asset allocation resta sempre quella e voi ci mettete solo i soldi man mano, allora anche il pacchetto minimo con un ETF azionario e uno obbligazionario va bene lo stesso.

Nulla ci dice, ad oggi, che una scelta porti necessariamente più rendimento di un’altra.

Allora, volevo rispondere velocemente a tre domande e poi parlare di quel che è successo a Novembre, ma poi lo sapete come sono, alla fine mi faccio prendere da ste cose, mi metto a parlare e non la smetto più fino ad esaurire chi ha avuto la pessima idea di farmi una domanda e poi si becca una risposta che non finisce più.

Però non possiamo dimenticarci di Novembre!

Eh no perché Novembre è stato un mese di svolta sui mercati, fuochi d’artificio ovunque proprio.

La data chiave è stata il 14 Novembre, perché quel giorno sono usciti i dati dell’Inflazione Americana, il cosiddetto Consumer Price Index o CPI e il dato leggerissimamente migliore delle attese è bastato a far impazzire di gioia i mercati, provocando contemporaneamente un rally azionario impetuoso e soprattutto un impressionante rimbalzo dei prezzi delle obbligazioni, sia negli Stati Uniti che in Europa.

Vi do qualche dato (e prendo le performance degli ETF che così hanno già dentro gli effetti del cambio euro/dollaro, perché anche qui ci sono state delle novità).

Allora nel mese di Novembre:

– MSCI World: +5,37%

– S&P 500: +4,57%

– Stoxx 600: +7,21%

– Mercati Emergenti: +4,67%

– Obbligazioni Governative Europee: +3,6% e se prendiamo quelle con duration oltre i 15 anni abbiamo quasi un +8%;

E i numeri dell’MSCI World e dell’S&P 500 sono al netto di un cambio euro/dollaro che ha visto il biglietto verde indebolirsi parecchio, passando da 1,05 € a 1,09 €.

Se vi sembra una cazzata, ciò ha avuto un impatto di quasi il 4 punti percentuali di rendimento per noi europei, quindi vuol dire che l’S&P 500, per esempio, non è cresciuto del 4,57, ma di ben oltre l’8%!

E anche l’Europa ha dato segnali positivi in tal senso, con l’Inflazione scesa generalmente ovunque poco più delle attese e quindi convincendo i mercati anche qui da noi che la BCE abbia fondamentalmente concluso la sua campagna di rialzi dei tassi di interesse.

La nostra economia invece, al contrario di quella Americana, non gode affatto di buona salute e in qualche modo di questa cosa bisognerà tenerne conto.

Il malato principale, purtroppo è la Germania, che dopo l’inizio della guerra in Ucraina si è scoperta molto più debole di quanto si pensava.

Il modello di business tedesco, fondamentalmente, si basava sull’acquisto di gas russo a prezzi inferiori al mercato che serviva per alimentare la sua immensa macchina produttiva che realizzava prodotti che poi vendeva soprattutto in Cina.

Ora con il Gas che arriva da altre fonti — e che la Germania deve pagare a prezzo di mercato, ben più alto di prima del 2022 — e con la Cina che sta attraversando una crisi di consumi mica da ridere, la prima della classe del vecchio continente è in seria difficoltà, non ultimo per il fatto che si trova ad avere anche un governo estremamente debole e frammentato, lontano anni luce dal dominio indiscutibile per quasi un ventennio della governance dell’esilarante Angela Merkel.

Questo però è un problema anche per noi, perché la Germania è il motore economico di tutta l’Europa e perché un quinto della manifattura tedesca è prodotto in Italia. Quindi se la Germania va male, sono cazzi per tutti noi.

Questa cosa ancora non si vede sui mercati, dato che infatti i numeri delle Borse europee del 2023 sono stati sorprendenti e oserei dire senza senso.

Qualche esempio:

– Il DAX, il principale indice tedesco, è su di oltre il 16% da inizio anno;

– Il nostro FTSE MIB è addirittura su del 24% ed è stata tra le migliori piazze finanziarie del mondo nel 2023;

– Lo Stoxx 600 è in positivo di circa il 9% da inizio anno e il motivo per cui non è più in alto è che le brillanti performance di Germania e Italia sono state compensate da un anno piuttosto negativo dal FTSE 100, il principale indice del Regno Unito, che da inizio anno ad oggi è praticamente a 0.

– Il CAC 40, l’indice Francese, è invece su dell’11%.

Insomma, dati tendenzialmente positivi per tutti, tranne per UK che dopo la mossa autolesionistica degna del peggior Tafazzi della Brexit non gli è girata dritta una cosa che fosse una, nonostante prospettive non particolarmente incoraggianti sul futuro.

Un big winner invece del 2023 è stato il Giappone!

Il Nikkei da inizio anno è su del 30%, dopo il Nasdaq 100 è praticamente il miglior indice del mondo.
Tra l’altro chi da inizio anno, zitto zitto quatto quatto sta investendo pesantemente in Giappone? Warren Buffett… coincidenza? Mah… vedremo.

Cmq Nikkei sugli scudi, ma non mangiatevi le mani per non aver investito qui, perché se lo aveste fatto attraverso un ETF che replica per esempio l’indice MSCI Japan avreste portato a casa circa il 12% invece del 30, vista la pesante svalutazione dello yen verso euro e dollaro, dovuto alla politica monetaria del Sol Levante ancora a tassi praticamente a zero, mentre in Occidente tutte le banche centrali hanno sparato i tassi alle stelle.

E la Cina?

Eh la Cina non benissimo per niente, con l’indice MSCI China, che traccia la performance delle principali società quotate cinesi, che si appresta a chiudere il terzo anno di fila in profondo rosso, con un bel -11% da inizio anno.

Perché questa debacle mi chiederete? Eh chi lo sa, vai a sapere che succede davvero in un paese di un miliardo e mezzo di abitanti governato da una dittatura nelle mani di un solo uomo plenipotenziario che controlla ogni foglia che si muove nel suo vasto impero.

Quel che è noto è che la Cina ha sovrainvestito in maniera esorbitante negli anni passati, in particolare nel settore immobiliare, e questo ha portato centinaia di milioni di Cinesi a vedere i propri risparmi polverizzati insieme al valore delle loro case (in molti casi neanche mai costruite davvero) con una conseguente crisi dei consumi interni. E quanto nel mondo vengono a mancare un miliardo e mezzo di consumatori, beh, anche questo non è un problema da poco.

Al contempo i mercati emergenti, Cina esclusa, stanno facendo piuttosto bene, con la grande rivale per il dominio del sud del Mondo, l’India, che quest’anno è su del 10% e che sta attraversando una fase di espansione economica e di crescita tecnologica davvero impressionante.

Quindi? Su che si investe l’anno prossimo?

Eh che ne so?!

Come sempre … boh.

Gli Stati Uniti li terrei nel portafoglio? Beh direi proprio di sì.

L’Europa, nonostante tutti i problemi che ha e molti indici che sono arrivati ai massimi? Terrei pure questa.

I mercati emergenti? Beh anche qui un piedino lo terrei e pure in Cina che, nonostante tutto, è pur sempre la seconda economia del globo ed è irrealistico pensare che la sua era sia terminata e che da qui in poi sia instradata verso un ineluttabile declino.

Però ragazzi, che dirvi, è impossibile avere un’idea chiara di cosa avverrà sui mercati futuri.

Nel dubbio, può aver senso scegliere una delle tre opzioni che abbiamo accennato prima.

OPZIONE UNO: Copiate l’allocazione di un indice globale, come l’MSCI All Country o il FTSE All World, con Stati Uniti al 60%, Europa un po’ meno del 20%, Giappone al 4-5% e il resto a Cina e quel che manca del mondo che conta.

OPZIONE DUE: Usate il modello Paolo Coletti Equal Weight, ossia Stati Uniti 10-15%, altri grandi mercati come Unione Europea e Cina intorno al 10% e poi altri mercati come Giappone, UK, Canada, Messico, Brasile, Australia, ecc. circa un 5-6% ciascuno.

OPZIONE TRE: Usate il modello Serra, ossia assegnate alle varie regioni economiche del mondo un peso nel vostro portafoglio azionario proporzionale al PIL, quindi Stati Uniti 25%, Cina 19% e via dicendo.

Ci sarebbe anche un’opzione QUATTRO, che consiste nel sovrappesare gli Stati Uniti.

Sì, sembra un po’ paradossale l’idea di pesare un Paese che è già enormemente sovrappesato negli Indici Globali.

Sovrappesare gli Stati Uniti significa pensare di allocare oltre il 70% del portafoglio azionario qui, sulla base dell’idea che il Mercato americano è quello con il track record storico più performante del mondo e che ancora ad oggi è il faro di tutta la finanza mondiale.

Come dire: se gli Stati Uniti vanno bene, tendenzialmente anche il resto del mondo va abbastanza bene. Se gli Stati Uniti vanno male, sicuramente il resto del mondo ne risente.

E’ anche questo un punto di vista. A voi la scelta.

Allora, cari miei insostituibili compagni di questo nostro viaggio nel mondo dei soldi, abbiamo parlato di una manciata di cose che spero abbiano attenuato qualche vostro dubbio e abbiamo fatto un mega recap dell’anno che volge verso il termine.

Se vi aspettavate indicazioni su come investire l’anno prossimo, beh, amici miei, allora non avete capito un tubo e torniate indietro a riascoltarvi tutto The Bull dall’episodio 1.

Qua non si danno indicazioni, non si danno raccomandazioni di investimento, non si fanno previsioni, semplicemente si raccontano le cose per come stanno, si delineano possibili scenari e poi ciascuno con i propri soldi fa quel che vuole.

Detto questo vi ringrazio per essere giunti ancora una volta fino a qui e per essere rimasti al mio fianco per la sessantesima volta; vedere che ogni giorno migliaia di persone si mettono ad ascoltare la mia voce mentre vanno al lavoro, in palestra, camminando per i boschi e qualcuno pure mentre svolge la propria professione nascondendo gli AirPods nelle orecchie vi assicuro che è qualcosa di impagabile.

Siccome però mi piace pure farmi pagare, per chi non l’avesse ancora fatto vi lascio negli Shownote dell’episodio il link al servizio innovativo del nostro partner Switcho, grazie a cui potete risparmiare centinaia di euro ogni anno sulle vostre bollette di luce e gas e sugli abbonamenti per internet e cellulare.

Andate sul link, caricate le vostre bollette o mettete i dati dei vostri abbonamenti per wifi o smartphone e tempo 48 ore Switcho vi manda le proposte migliori per cambiare. Voi scegliete quella che preferite e da lì in poi ci pensa Switcho a fare tutto il cambio senza che nemmeno ve ne accorgiate.

Io l’ho fatto un mesetto fa e cambiando fornitore ho attivato un’offerta che prevede circa 250 € all’anno di costi per luce e gas.

Se lo fate con il link in descrizione io riceverò da Switcho una commissione e voi un buono Amazon da 10 € al primo cambio di fornitore.

Altrimenti, potete andare direttamente sul sito di Switcho e fare tutto da lì, così niente commissione e The Bull muto.

Detto questo, ricordo a chi non l’avesse ancora fatto di attivare le notifiche su Spotify o su qualunque piattaforma usiate per ascoltarci e di lasciare una recensione a 5 stelle per supportarci e permetterci di continuare a produrre contenuti che mentre vi delineano gli scenari presenti e futuri della finanza globale vi illuminano con rivelazioni straordinarie tipo “se non hai soldi non puoi investire una grossa somma di denaro tutta insieme” sempre nuovi.

Per questo episodio, invece, è davvero tutto e noi ci ritroviamo Domenica prossima per un nuovo chilometro della nostra infinita maratona attraverso i nostri risparmi e i nostri investimenti, ancora una volta qui, ovviamente e imprescindibilmente, con The Bull — Il tuo Podcast di Finanza Personale.

Recensioni

Quando capisci come funziona la finanza… ti viene voglia di raccontarla!

Ho seguito tutte le puntate! Grazie veramente

Amalia A., 17 Set 2025

La mia ignoranza in materia mi ha sempre creato dei dubbi, ma grazie a un amico ho iniziato ad ascoltare il podcast. Per fortuna che ho 24 anni e un po' di tempo e soldi da dedicarmi a imparare le varie nozioni per me stesso. Grazie mille!

Luca G. 10 Ott 2025

Riccardo mi ha letteralmente cambiato la vita e fatto scoprire che amo la finanza, ho ascoltato il podcast già due volte e non mi stufo mai di ascoltarlo, parla in modo semplice e chiaro

Massimo D., 23 Set 2025

Dovrebbero ascoltarlo buona parte degli italiani e io avrei dovuto scoprirlo con qualche anno in anticipo ma meglio tardi che mai

Matteo C., 3 Set 2025

Ho acquistato e letto il suo libro e l' ho trovato. Esprime i concetti economici in modo semplice e chiaro. Sentirlo parlare conferma che è un professionista del settore.

Giulia N., 11 Ago 2025

Non sono solito a mettere recensioni e specialmente non ascolto podcast, ma da quando ho iniziato questo, faccio fatica a staccarmi, e quasi non posso più fare a meno di ascoltare e arricchirmi culturalmente.

Andrea V., 22 Set 2025

Veramente veramente raccomandato! la finanza personale riassunta alla perfezione! e spiegata partendo dall'ABC! Ottimo anche da ascoltare a velocita 1,5x!

Giorgia R., 23 Gen 2025

Podcast che dà sempre spunti interessanti che personalmente mi ha fatto appassionare alla finanza personale spingendomi ad approfondire in prima persona.

Lorenzo, 13 Mar 2025

Podcast piacevole, scorre veloce ma in modo estremamente chiaro, spiega i concetti chiave per gestire le proprie finanze, fornendo la classica cassetta degli attrezzi. Complimenti, davvero ben fatto!

Massimiliano, 29 Mag 2024
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