I 4 Pilastri della Pianificazione Finanziaria di Paolo Coletti
In un mondo infestato da ciarlatani e venditori di fumo, spicca una voce rara in grado di portare a tutti perle di educazione finanziaria, con il rigore di un professore di Matematica e la capacità di coinvolgimento di un navigato divulgatore. Puntata speciale di The Bull dedicata ai 4 Pilastri della pianificazione finanziaria di Paolo Coletti.

Risorse
Punti Chiave
Il modello di pianificazione finanziaria a 4 Pilastri di Coletti.
Consigli sulla gestione di conti correnti e fondo di emergenza.
Strategie per investimenti in obbligazioni e azioni (ETF, allocazione geografica).
Trascrizione Episodio
Bentornati a THE BULL – Il tuo podcast di finanza personale
Care amiche e cari amici di The Bull, aria di Natale ormai tutt’intorno a noi, luminarie in ogni dove, foto di alberi addobbati nei salotti imperversano in interessantissime storie su Instagram che proprio non vedevo l’ora di ammirare e ogni negozio e sito ecommerce possibile e immaginabile che ti ricorda che ci sono ancora mille regali da fare.
E in questo clima che ci avvicina alla festa più amata del mondo, il mio regalo per voi è una puntata dedicata proprio a lui, alla mia autorità finanziaria preferita su YouTube, al più competente divulgatore di contenuti di finanza personale che abbia mai incrociato in rete in Italia, all’unico, spettacolare Professor Paolo Coletti.
Ammetto che non conoscevo il Professor Coletti fino a qualche mese fa ed è stato qualcuno di voi a richiamare la mia attenzione ai suoi video.
By the way, grazie Massimo!
Da lì, devo riconoscerlo, è stato praticamente un colpo di fulmine.
Ostile come sono alla fuffa di mille cazzari su YouTube che portano zero contenuto all’educazione finanziaria vera, scoprire il canale del Professor Coletti è stato come respirare l’aria fresca delle sue montagne del Trentino dopo aver passato una vita ad assaporare quel buon sapore di diossido di carbonio che si può degustare lungo la circonvallazione esterna di Milano.
Tra l’altro la cosa divertente è che la prima volta che gli scrissi, gli dissi qualcosa tipo “Caro Professor Coletti, complimenti per i suoi contenuti, vede io ho questo podcast ecc.”.
Lui, che poteva anche risparmiarsi il tempo di rispondermi, mi scrisse addirittura che stava già ascoltando il mio podcast ed ebbe addirittura la gentilezza di precisare che il suo recente corso su YouTube, dal titolo “Educati e Finanziati”, non era stato copiato da The Bull ma per pura coincidenza trattava fondamentalmente gli stessi temi con quasi tutte le stesse tesi.
E qui sono d’obbligo due precisazioni.
PRECISAZIONE UNO: non mi ero neanche lontanamente sognato di pensare che il Professor Coletti potesse mai aver copiato The Bull, ma è stato un onore che lui l’abbia puntualizzato.
È stato un po’ come se Messi vedesse un ragazzino calciare all’incrocio con il sinistro e si sentisse in dovere di precisare che anche lui sa calciare di sinistro all’incrocio ma non perché lo avesse copiato.
PRECISIONE DUE: non è una coincidenza che i nostri contenuti siano fondamentalmente gli stessi.
Sulla fuffa, uno può mettersi a dire il cazzo che gli pare.
Quando si tratta però di parlare di cose oggettive, che in ultima istanza hanno un fondamento nei dati, beh, la materia è quella, non è che c’è tanto da inventare.
Negli shownote dell’episodio vi lascio il link al canale YouTube di Coletti, che vi invito caldamente a seguire perché se con The Bull magari avete imparato due cose su come risparmiare e investire, con Coletti fate proprio il dottorato in finanza personale.
Quindi, il patto è il seguente:
– Mentre andate al lavoro, siete in palestra, andate a correre, passeggiate per i boschi, siete in viaggio o comunque siete in tutte quelle situazioni in cui gli occhi vi servono per non andare a sbattere continuate a seguire religiosamente THE BULL 2 volte a settimana come il vostro corso di cross-fit;
– Quando invece state comodi sul divano o meglio ancora, come vorrebbe il Prof. Coletti, quando siete davanti allo schermo di un PC bello grande, seguite i suoi contenuti che a colpi di pazzeschi fogli Excel e sontuose analisi in Python vi spiegano e dimostrano matematicamente tutto ciò che c’è da sapere quando si tratta di investire al meglio i vostri soldi.
Il Professor Coletti è un vero Professore, nel senso che ha fatto il dottorato (in Matematica) e poi ha cominciato a fare ricerca e insegnare alla Freie Universitaet Bozen, che è l’università di Bolzano.
Da bravo matematico, pur con uno straordinario talento da divulgatore, non c’è un solo contenuto sul suo canale in cui le sue spiegazioni non siano supportate da fogli di calcolo in cui fa vedere, pian pianino e in modo accessibile a chiunque, il perché e il percome di qualunque aspetto di rilievo all’interno del vasto mondo della finanza.
Oggi allora puntata dedicata al modello di pianificazione finanziaria che Coletti spiega nel corso su YouTube chiamato “Educati e Finanziati” che, come dice lui, è un
*”corso base base base, ma proprio base, …”*
In questo episodio vedremo in sintesi il suo modello e toccheremo giusto un paio di aspetti in cui emerge qualche differenza tra le cose che raccontiamo qui a The Bull e il pensiero di Coletti.
Diciamo che il 95% coincide, poi c’è un 5% dove vediamo gli stessi temi da angolature diverse.
Il Professor Coletti spiega la Pianificazione Finanziaria attraverso il modello dei 4 PILASTRI.
Tanto semplice quando efficace.
Quali sono questi 4 Pilastri?
In sostanza l’idea è quella di prendere tutto il vostro capitale e dividerlo in 4 parti in base all’orizzonte temporale in cui esso verrà presumibilmente utilizzato.
Per la precisione i 4 pilastri sono:
– I conti correnti, ossia il 1° Pilastro, quello per le spese di tutti i giorni;
– Il fondo di emergenza, ossia il 2° Pilastro, quelle per le spese imprevedibili;
– Le obbligazioni, ossia il 3° Pilastro, quello per le spese di medio termine prevedibili; e infine
– Le azioni, ossia il 4° Pilastro, quello per gli investimenti a lungo termine veri e propri.
Questo modello è di una semplicità elementare e secondo me aiuta a visualizzare bene in maniera chiara come devono essere gestiti i vostri soldi in qualunque fase della vita e qualunque sia la vostra situazione complessiva.
Però andiamo con ordine.
PRIMO PILASTRO: Il Conto Corrente.
Sembra banale, ma la scelta del conto corrente non è trascurabile.
Coletti suggerisce fondamentalmente di avere almeno 2 conti correnti, uno con la propria banca locale tradizionale e uno con una banca online a basso costo.
I motivi sono i seguenti:
– Intanto per differenziare l’offerta di servizio:
La banca tradizionale, che tipicamente vi costicchia qualche decina di euro in più all’anno, vi può riservare un trattamento personalizzato, supportare in fasi particolari ed è poi tipicamente quella in cui si accende un mutuo o roba del genere.
La banca online invece vi permette di accedere a servizi vantaggiosi a costi quasi nulli.
– Poi c’è un tema di diversificazione del rischio.
Con due banche è più difficile che un problema tecnico — o situazioni più complesse come una procedura giudiziaria in corso — possano precludervi l’accesso a tutti i vostri soldi.
– Coletti infine sconsiglia i conti cointestati, per una maggiore efficienza e per evitare che l’inabilità di uno possa creare problemi di accessibilità al conto per l’altro.
Quando si è una coppia, l’ideale sarebbe avere più di 2 conti correnti, di cui magari al massimo uno solo cointestato e gli altri individuali.
Tra le varie offerte di banche online che ci sono oggi sul mercato, Coletti suggerisce spesso quella di BBVA, la nota banca spagnola che sta offrendo un interesse del 4% all’anno direttamente sulla liquidità che giace sul conto senza alcun vincolo.
Quest’interesse viene riconosciuto fino al gennaio del 2025, poi si vedrà.
Anticipando quello che diremo sul quarto pilastro, se per qualche motivo volete usare il conto titoli di una banca (invece di un broker), potete scegliere magari una banca specializzate nei servizi di trading online che può offrirvi anche i servizi di conto, carte e tutto il resto.
Comunque, conti correnti, facile.
Diversificateli, usatene da 2 a 4 a seconda di quante persone con un reddito compongono il nucleo famigliare e tenete il costo più basso possibile per quanto riguarda i conti con le banche online.
Nei conti correnti ci dovete mettere il minimo indispensabile, ossia ciò che vi serve per coprire le spese correnti in un orizzonte di massimo un paio mesi, tenuto anche conto del vostro reddito mensile (se ne avete uno).
In Italia si paga l’imposta di bollo di 34,20 euro sui conti correnti con giacenze annuali medie superiori a 5.000 €. Quindi tenere meno di 5.000 € su ciascun conto può essere un’idea intelligente.
So che molti di voi staranno strabuzzando gli occhi alla sola idea di tenere solo 5.000 € sul conto.
Eh lo so, l’italiano soffre di questa cosa.
Lui sta bene quando vede il conto in banca bello pieno, altrimenti si sente male.
Qui però, arrivati come siete al 63° episodio di The Bull, se non avete ancora capito che i soldi sul conto non servono ad una beata fava, se non a gestire le spese di tutti i giorni, urge un bel ripasso, quindi ricominciate ad ascoltare tutto il podcast dall’episodio 1 a velocità rallentata, perché mi sa che la prima volta vi siete persi qualcosa.
Comunque, a meno che siate Cristiano Ronaldo o Kim Kardashan, che magari hanno bisogno di qualche centinaio di migliaia di euro o dollari per gestire le loro spesucce ordinarie mensili, direi che per il 99% di noi povere nullità, 5.000 € per ciascun conto bastano e avanzano.
E bastano e avanzano perché abbiamo intanto il
PILASTRO NUMERO DUE: Il fondo di emergenza.
Chiunque segue The Bull da un po’ ormai è cintura nera di fondo di emergenza.
Il fondo di emergenza è quello in cui terrete una quantità di denaro necessaria a coprire, tipicamente, circa 6 mesi di spese.
Come abbiamo detto mezzo milione di volte, avere un budget e tenere traccia delle vostre spese è la base di tutta la finanza personale.
Se spendete i soldi a cazzo e non sapete ogni mese dove se ne vanno i vostri danari, eh e che volete? Ovvio che non andremo da nessuna parte!
Se invece fate le cose come vi ho spiegato fino alla nausea (e che comunque so che non lo state facendo mannaggia a voi!) allora dovreste essere in grado di sapere quanto spendete ogni mese, in media.
Tra l’altro, come vi ho detto spesso, non state a diventare scemi a calcolare ogni minimo centesimo.
Il grosso delle vostre uscite di solito è costituito dai magnifici tre:
– SPESE per l’ABITAZIONE (quindi MUTUO o AFFITTO, bollette, ecc.);
– SPESE di TRASPORTO (in particolare per chi ha l’auto);
– SPESA ALIMENTARE.
Di solito il 70% del budget familiare, salvo situazioni particolari, finisce qua.
Se facessimo una media di 1.000 € al mese per l’abitazione, 600 € per la spesa (soprattutto se si ha una famiglia con dei figli) e 400 € per ciascuna auto (di più o di meno in base al fatto se l’auto sia ancora da pagare, da quanti chilometri si fanno, da quanta manutenzione richiede ecc.), allora 2.000 € sarebbero il grosso delle spese mensili da sostenere.
Aggiungete ovviamente altre spese fisse, se ce ne sono, come la retta dell’asilo, gli abbonamenti e così via.
Tutto il resto sono tipicamente spese variabili.
Se però tenete traccia delle vostre spese per un po’ di mesi, alla fine vi renderete conto che gli importi mensili tendono ad avere una media di riferimento.
Vi avevo già suggerito in passato l’idea del Reverse Budgeting.
Ossia:
– Togliete dal vostro reddito mensile la spesa media fissa;
– Assegnate una percentuale del vostro reddito tra il 10 e il 20% all’investimento (se potete di più, meglio ancora);
– Tutto quel che resta potete spenderlo per le spese variabili, sapendo che la quota di risparmio è già allocata.
Se la vostra spesa mensile media è di, boh, 2.500 €, allora il suggerimento standard è di avere nel fondo di emergenza questo importo moltiplicato per 6, in questo caso 15.000 €.
In questo modo, qualunque cosa vi succeda, avete un cuscinetto solido che vi protegge e vi dà il tempo necessario per sostenervi per un certo periodo.
Può succedere che perdiate il lavoro, oppure che si presenti una grossa spesa medica imprevista, o ancora una problematica giudiziaria inattesa, insomma le incognite della vita sono parecchie.
Con il fondo di emergenza state a posto, entro certi limiti, e averlo ben fondato è fondamentale perché abbiano senso i pilastri 3 e 4.
Dove li tengo i soldi del fondo di emergenza?
Paolo Coletti dà lo stesso consiglio che ho proposto più volte.
Conto deposito SVINCOLABILE.
Mi raccomando svincolabile, non vincolato, altrimenti tanto vale.
Il fondo di emergenza deve essere disponibile subito.
I depositi svincolati di solito vi offrono interessi più bassi e se svincolate in anticipo perdete tutti gli interessi.
Ma questo è il fondo di emergenza, bene che generi un po’ di rendimento, ma il suo scopo non è farvi diventare ricchi, quindi non fatevi abbagliare dallo 0,5% di interesse in più di un conto rispetto ad un altro, perché non vi sposterà una virgola nella vostra vita.
L’importante invece è che il fondo sia sempre a posto, che i soldi ci siano e che abbiano un minimo di interesse che li protegga dall’erosione dell’inflazione.
Se vi interessa, io ho aperto un conto con Illimity perché offre, fino al 18 dicembre, poi boh magari viene rinnovato ancora, un conto deposito svincolabile con interessi molto interessanti.
In pratica paga il 5% lordo per depositi da 3 a 5 anni, con svincolo immediato.
Certo, se svincolate non prendete un centesimo di interessi, ma per le mie esigenze mi è sembrata la scelta migliore.
Detto questo, ne esistono diversi e potete sbizzarrirvi a scegliere quello che più vi aggrada.
Ci sono anche altri strumenti per il fondo di emergenza, naturalmente, che sono un po’ più sofisticati e richiedono qualche accortezza in più.
I due che cito più spesso sono:
– Gli ETF obbligazionari Ultrashort, che avendo duration medie di solito di pochi mesi hanno una sensibilità praticamente nulla rispetto alle variazioni dei tassi. Oggi stanno ancora rendendo bene, un ETF che replica ultrashort corporate europei rende circa il 4%.
– Oppure ci sono gli ETF monetari, che replicano gli swap bancari overnight, e siamo anche qui intorno a poco più del 3%.
Rispetto ai conti deposito questi sono più flessibili, perché nel momento in cui li liquidate vi portate a casa anche gli interessi maturati fino a quel momento.
Lo svantaggio è che mentre con il conto deposito gli interessi sono fissi fino alla fine, gli altri due sono legati all’andamento dei tassi di mercato, quindi se tra un anno scendono parecchio, anche i loro rendimenti scenderanno di conseguenza.
Benissimo, il secondo pilastro è appunto quello per le emergenze o, che è un altro modo per vederlo, per gli investimenti a brevissimo termine.
Veniamo ora agli investimenti di medio termine con il
TERZO PILASTRO: le Obbligazioni.
Abbiamo fatto numerosi episodi sulle obbligazioni, quindi, arrivati al 63esimo episodio do per scontato che chiunque mi stia ascoltando sappia cosa sia un’obbligazione, come funzioni il rapporto tra prezzo e rendimento e quale sia la relazione tra obbligazioni e tassi di interesse.
No?
Allora consiglio di mettere in pausa e andare a riascoltarvi i diversi episodi dedicati al tema, tra i quali vi raccomando caldamente il 41 e il 56.
Fatto?
Bene, posto che ora sappiamo cosa siano le obbligazioni, a che servono secondo Coletti?
Molto semplice, questi sarebbero gli strumenti ideali per investire la propria liquidità a medio termine mantenendo un profilo di rischio relativamente basso.
L’idea di base è quella di pianificare le spese prevedibili da qui ai prossimi anni e allocare di conseguenza il capitale per avere la (quasi) certezza di avere indietro i propri soldi, rivalutati con il loro interesse, nel momento in cui mi serviranno.
Quando parliamo di investimento in obbligazioni, per Coletti ci riferiamo ad investimenti con orizzonte temporale inferiore a 10 anni.
Spese tipiche abbastanza prevedibili per la vita della maggior parte di noi sono ad esempio:
– Cambiare l’auto;
– Ristrutturare casa (celeberrimo è il caso del rifacimento del tetto della casa del Professore);
– Iscrivere i figli all’Università;
– Contribuire al matrimonio di un figlio o di una figlia;
– E così via poi ciascuno in base alle proprie esigenze ha le sue cose da mettere in conto.
In base a quando più o meno questi eventi si verificheranno, io posso allocare delle risorse economiche in obbligazioni che scadranno nel momento in cui effettivamente mi serviranno i soldi.
E’ difficile fare conti precisi al centesimo su eventi che ancora non si sono verificati, ma se uno stima che nei prossimi, che ne so, 4-7 anni potrebbe dover tirar fuori, boh, 20.000 € tra varie spese che dovrà affrontare, allora un’idea potrebbe essere quella di investire, che ne so:
– 3.000 € in obbligazioni con scadenza 2027;
– 4.000 € con scadenza 2028;
– 5.000 € con scadenza 2029 e
– 8.000 € con scadenza 2030.
O anche 5.000 € per ogni anno di scadenza va bene lo stesso oppure scegliete voi quando pensate di aver maggiori spese da sostenere.
Scaglionare gli investimenti obbligazionari permette di avere una progressiva disponibilità di denaro senza vedersi costretti a liquidare un’obbligazione in anticipo con il rischio magari di farlo in un momento in cui i tassi si sono alzati e quindi dovrei venderla in perdita.
Le indicazioni assolutamente di buon senso del Professor Coletti sono le seguenti:
– UNO: prediligere obbligazioni denominate in Euro, per evitare oscillazioni di prezzo legate ai cambi valutari;
– DUE: prediligere obbligazioni governative che prevedono una tassazione del 12,5% invece che del 26% sulle cedole e sull’eventuale capital gain qualora vendessi l’obbligazione ad un prezzo superiore a quello di acquisto;
– TRE: diversificare gli emittenti. Quindi non all in sui BTP, ma magari un po’ di BTP, qualche obbligazione governativa Francese, Austriaca, Olandese, Tedesca (anche se queste rendono sempre poco) e via dicendo.
– QUATTRO: lasciate perdere cose strane come cedole variabili, cedole step-up, che aumentano progressivamente e soprattutto roba come obbligazioni convertibili in azioni, obbligazioni subordinate, callable, additional tier 1 e via dicendo.
Plain Vanilla e basta.
Ok.
Il ragionamento del Prof. Coletti è perfetto e non fa una piega.
Tutto ciò però in alcuni casi ha dei potenziali limiti.
Mi spiego:
Se io oggi mi ritrovo con 100.000 € liquidi sul conto e non so come investirli, allora il modello dei 4 pilastri funziona alla grande.
– 10.000 magari li tengo sui conti correnti;
– 25.000 li metto in un conto deposito svincolato per le emergenze;
– 25.000 li metto in un mix di obbligazioni governative con varie scadenze da qui ai prossimi 5-8 anni;
– I restanti 40.000 li investirò invece nel quarto pilastro, come vedremo tra poco, che è quello azionario.
Tutto perfetto.
Il problema è che questa non è una situazione scontata.
Cioè, non tutti si trovano nella condizione di avere 100.000 € sul conto, o comunque una significativa quota di capitale, da allocare in tempo zero sui 4 pilastri.
In molte situazioni non si ha una tale disponibilità immediata di capitale e quindi si procede per accumulo progressivo.
Per come la vedo, i primi 2 pilastri sono condicio sine qua non.
Se non avete soldi da lasciare sul conto e per il fondo emergenze, mi spiace, non potete investire un centesimo.
O meglio.
Magari potete iniziare a fare un piccolo piano di accumulo di pochi euro al mese, però la priorità dovrebbe intanto essere consolidare il fondo per le emergenze, perché le emergenze hanno questa sgradevole caratteristica che quando si presentano lo fanno senza avvisarti prima e quindi devi essere sempre pronto.
Sul discoro del terzo pilastro invece dipende.
Coletti insiste molto su questo punto perché per lui gli investimenti sono solo azionari, quindi è importante avere una quota di capitale più stabile allocato in obbligazioni.
Però come dicevamo, ci sono una serie di limiti:
PRIMO LIMITE = se non hai un discreto capitale a disposizione, non puoi farti un portafoglio di obbligazioni, soprattutto perché di solito hanno un taglio minimo di 1.000 €, quindi senza almeno 20-30.000 euro è difficile fare quello che abbiamo spiegato prima.
SECONDO LIMITE = un portafoglio obbligazionario richiede una certa manutenzione. Dovete selezionare i titoli in modo corretto e rinnovarli man mano che scadono.
Non che sia fisica nucleare, intendiamoci, però comunque bisogna starci un po’ dietro.
TERZO LIMITE = c’è una piccola inefficienza fiscale in questa cosa, dovuta al fatto che su tutte le cedole incassate e sull’eventuale capital gain al momento del rimborso dell’obbligazione, se l’avete acquistata ad un prezzo inferiore di 100, pagate immediatamente le tasse.
Se invece investite in ETF obbligazionari — cosa che il prof. Coletti detesta con tutto il cuore — avete la possibilità di accumulare e reinvestire automaticamente tutte le cedole, alimentando così il rendimento composto del vostro portafoglio.
In estrema sintesi, comunque, direi quanto segue:
– Se avete disponibilità economiche adeguate e siete in grado di preventivare alcune spese rilevanti da qui ai prossimi 7-8 anni, investire il terzo pilastro come propone Coletti è un’idea assolutamente solida;
– Al contrario, mi concentrerei sui primi due pilastri e poi costruirei progressivamente un portafoglio di investimento composto da ETF azionari e obbligazionari seguendo le logiche che abbiamo condiviso lungo i 62 episodi precedenti.
Veniamo però intanto al
QUARTO PILASTRO: le azioni, ossia l’investimento a lungo termine.
Coletti dice: l’investimento storicamente più efficiente e redditizio per il risparmiatore retail è quello nel mercato azionario.
Punto.
Vero, come il fatto che 2+2 fa 4.
I due presupposti per investire in azioni sono quindi i seguenti:
PRESUPPOSTO UNO: i primi 3 pilastri devono essere ben consolidati, in base alla propria situazione personale.
Se uno ha 10.000 € sul conto e basta, non può investire in azioni.
Fine.
Prima deve sistemare la parte a breve termine della propria pianificazione finanziaria.
PRESUPPOSTO DUE: l’investimento in azioni deve durare almeno 10 anni.
Se non siamo disposti ad aspettare almeno 10 anni che i nostri investimenti facciano il loro corso, tra momenti di gloria e grandi crolli, e se non siamo in grado di sopportare le montagne russe emotive a cui potrà sottoporci il nostro portafoglio che fluttuerà di valore in maniera importante, allora NON POSSIAMO INVESTIRE IN AZIONI.
Questa cosa l’abbiamo detta anche noi molte volte.
Se vedere il vostro portafoglio che fa magari -20% in un solo anno vi tiene svegli la notte, mi spiace ma questo gioco non fa per voi.
Come dice Coletti, fermatevi al terzo pilastro.
Investite in obbligazioni singole (e qui sono 100% d’accordo con lui, solo obbligazioni singole e non ETF obbligazionari, che secondo me hanno senso solo per la decorrelazione della parte azionaria del portafoglio) e passa la paura.
In questo momento storico tra l’altro le obbligazioni rendono ancora bene (benché nelle ultime due settimane i rendimenti siano in discesa); comunque riuscite ancora a farvi un bel portafoglio diversificato di obbligazioni governative europee con varie scadenze e da qui almeno ai prossimi 10-15 anni un 3-4% di rendimento all’anno ve lo portate a casa.
Non diventerete ricchi, ma dovreste riuscire a proteggere il potere d’acquisto dei vostri soldi nel tempo, dato che storicamente l’inflazione media in Europa e negli Stati Uniti è stata intorno al 3% all’anno.
Se invece avete ben chiaro come funzionano i mercati azionari e siete disposti ad accettare la volatilità che li contraddistingue, allora possiamo procedere con il quarto pilastro.
Eh sì perché come sappiamo bene da un parte il rendimento medio dei mercati azionari è stato storicamente molto interessante.
Per esempio, dal 1987 a oggi l’azionario globale (comprensivo di paesi sviluppati e mercati emergenti, pesati per capitalizzazione di mercato, ossia con Stati Uniti in testa con mediamente oltre il 50% e il resto diviso tra altri 40 paesi) ha reso oltre l’8% all’anno.
Tanto.
Ma proprio tanto.
L’equivalente di 10.000 € investiti nell’87, mentre io mi accingevo a fare letteralmente i primi passi nel mio primo anno di vita, oggi sarebbero 168.000 €.
Per non parlare di un investimento da 500 € al mese da allora sino ad oggi, cosa che ci avrebbe resi milionari.
Sì ok, sto un po’ barando, ci sono alcune illusioni ottiche in tutto ciò.
I calcoli sono giusti e il rendimento è questo, niente da dire, ma l’impressione che ho suscitato in voi è troppo ottimistica rispetto alla realtà dei fatti.
Vi spiego perché.
UNO: nel 1987 non esistevano gli ETF. Esistevano gli Index Fund negli Stati Uniti, che peraltro investivano quasi solo nel mercato americano, ma per i miei genitori invece sarebbe stato impossibile investire 38 anni fa nell’azionario globale come faremmo noi oggi con tre click dallo smartphone mentre siamo sul divano.
DUE: nel 1987 non esisteva l’euro. E comunque l’equivalente di 500 € nel 1987 è di circa 1.100 € attuali, quindi si trattava di un investimento corposo e non alla portata di tutti.
TRE: allo stesso modo, il milione e fischia di euro raggiunto oggi equivarrebbe a poco meno di metà agli occhi dell’investitore del 1987.
Tra l’altro su questo il Prof. Coletti sostiene una tesi difficilmente contestabile.
Lui dice, chissene frega del valore reale aggiustato per inflazione.
L’inflazione tanto non è una cosa che posso scegliere di avere oppure no.
Quella c’è è basta.
Tutto quello che posso fare è massimizzare il rendimento dei miei investimenti, quindi in realtà mi interessa molto di più il valore nominale, l’inflazione sarà quel che sarà.
Tornando all’azionario globale, comunque, abbiamo questo 8% all’anno che è un rendimento eccellente, inferiore solo al mega indice S&P 500 delle grandi società americane che negli ultimi 100 anni ha reso quasi il 10% all’anno.
7-8% è comunque una stima verosimile che anche il Prof. Coletti consiglia di tenere a mente come ragionevole aspettativa di ritorno a lungo termine in un investimento azionario.
Il nostro azionario globale, comunque, ha fatto sì l’8% di media, ma questo 8% in un singolo anno l’ha realizzato solamente una volta in 38 anni, ossia nel 2006.
Negli altri 38 anni siamo passati dal picco assoluto del 1999 in cui, in piena internet bubble, ha fatto un assurdo +48% allo spaventoso -38% del 2008.
In ben 10 anni poi avrebbe avuto un rendimento superiore al 20%.
Mentre in 3 anni avrebbe perso il 30% o più.
Mi piace sempre ricordare che quando un portafoglio perde il 30% poi deve fare il 43% solo per tornare in pari. Quindi i tonfi negativi pesano di più, a parità di valore percentuale, di quelli positivi.
Cmq su 38 anni, 29 anni sarebbero stati positivi e 9 negativi, perfettamente in linea con la media che diciamo sempre secondo cui grosso modo il mercato azionario è positivo 7/8 anni ogni 10 (o 3 ogni 4 se preferite).
Vista così, e che ci vuole.
Se tanto il mercato va soprattutto bene, anche se ogni tanto va male chissene.
Se…
Certo…
Come no…
Avrei voluto vedervi tra il 1999 e il 2003, quando il vostro portafoglio si sarebbe più che dimezzato, idem nel 2008, oppure all’inizio del 2020 quando all’esplosione del Covid avreste visto il vostro patrimonio perdere quasi il 30% in un solo mese.
Il problema è che quando succede sta roba, non è che sapete già cosa succederà in futuro.
Il primo pensiero che vi viene in mente è che state per perdere tutto e il rischio che vi prenda il panico e facciate cazzate è dietro l’angolo.
Quindi sulla carta tutti cuor di leone a sopportare i su e giù del mercato.
Quando poi vi ci trovate, vi assicuro che servono nervi ben saldi.
Pertanto, se i nervi sono saldi e i primi tre pilastri sono a posto, come suggerisce di investire Paolo Coletti nel suo quarto pilastro?
Chiaramente suggerisce di investire in ETF, senza dubbio alcuno, per gli stessi motivi che abbiamo spiegato mille volte.
Sono diversificati, efficienti, liquidi, economici, battono quasi sempre i fondi attivi e replicando quasi perfettamente le performance di interi mercati sottostanti.
Per quanto riguarda l’asset allocation, però, come già accennato altre volte Coletti non è un grande fan dell’utilizzo dei criteri basati sulla capitalizzazione.
Se oggi prendete un indice azionario globale, come il FTSE All World o l’MSCI All Country, vi troverete di default circa un 60% di Stati Uniti (che poi vuol dire che quasi il 10% sono le sole Apple e Microsoft), poi un 5% di Giappone, un 15% forse di Europa, meno del 3% la Cina e via via tutti gli altri con le briciole che restano.
Coletti dice: il fatto che gli Stati Uniti abbiano l’economia più formidabile del mondo non significa che il loro mercato finanziario debba essere il più performante del mondo, perché i prezzi delle azioni americane incorporano già questa informazione e quindi il potenziale di guadagno è limitato.
Con una brillante metafora spiega: ECONOMIA uguale FINANZA diviso PREZZI.
Tradotto: tanto più i prezzi, che riflettono le informazioni di mercato, perlomeno secondo la teoria dei mercati efficienti, sono alti, tanto meno la finanza è in grado di esprimere un valore differenziale positivo rispetto all’economia che rappresenta.
Quindi, secondo lui non ha alcun senso sovrappesare enormemente gli Stati Uniti ma ha dimostrato, numeri e statistica alla mano, che un portafoglio caratterizzato da un’allocazione geografica fondamentalmente equally weighted, ossia con tutti i principali mercati del mondo che hanno quasi lo stesso peso, ha le stesse probabilità di restituire la medesima performance ma con un rischio e una volatilità inferiore.
Qui Coletti propone due strade:
– se avete pochi capitali non ha senso comprarvi 50 ETF e metterci 100 € ciascuno, quindi per partire va bene un solo ETF Globale (a lui piace tanto VWCE, che è il Vanguard FTSE All World) e pace; stesso discorso se non avete voglia di fare troppa manutenzione al vostro portafoglio.
– se invece avete più risorse, direi almeno 60-70.000 €, una proposta in linea con la sua visione potrebbe essere: 20% Stati Uniti, 20% Europa, 10% Cina, 10% Giappone, 8% India, 5% Messico (che lui tanto ama), 5% Brasile, 5% Europa dell’Est, 8% altri mercati emergenti e quel che resta del mondo con il 10% che manca, come magari Canada, Australia, Taiwan, Sudafrica e via dicendo.
Giustamente dice, a meno che avete un broker con commissioni gratuite, investite almeno 5.000 € su ciascun ETF, altrimenti i costi di transazione vi divorano.
Una strada intermedia, se volete seguire Coletti, ridimensionare l’America e non diventare matti, o se avete meno capitale di partenza, potrebbe essere prendere 3 etf e dividere il patrimonio così:
– un terzo Stati Uniti
– un terzo Europa
– un terzo Mercati Emergenti
Fine.
Certo, lasceremmo per strada mercati importanti, su tutti il Giappone, ma se tanto non sposiamo l’idea che le dimensioni di un mercato siano rilevanti per i nostri obiettivi di investimento, allora escludere il Giappone vale tanto quanto escludere la Polonia o la Nuova Zelanda.
Ora, qui la trattazione è complessa e molto presto faremo un episodio per capire bene come incide il peso degli Stati Uniti nel portafoglio.
Eh sì perché scegliere un modello Equally Weighted o uno Capital Weighted alla fine significa decidere quanta America vogliamo avere.
Diciamo che da una parte la statistica e i backtest sembrano leggermente a favore dell’Equally Weighted, dall’altra bisogna anche prendere atto dell’influenza assoluta degli Stati Uniti su tutti i mercati del mondo — motivo per cui è difficile individuare un mercato realmente decorrelato dagli Stati Uniti — e dell’egemonia globale che alcune mega company americane ha raggiunto oggi come mai nel passato — e anche questo è un tema epocale da tenere in considerazione.
Ma ci torneremo, ora non mettiamo troppa carne sul fuoco.
Comunque sia, fate il portafoglio che vi pare, purché sia diversificato e non abbia dentro roba strana, quindi l’indicazione di buon senso sarebbe quella di preferire semplici indici geografici, senza imbarcarsi in strategie bislacche usando gli ETF di cui vi avevo parlato nell’episodio 57, e investite il vostro risparmio con continuità, ogni volta che ne avete da parte, non curandovi minimamente di quel che accade sul mercato.
Come vedete, quando si tratta del portafoglio di investimento, Coletti pensa solo alle azioni.
In questo podcast abbiamo invece sempre parlato di portafogli che includessero, almeno, sia azioni che obbligazioni.
Chiaramente ciò dipende dalla vostra predisposizione rispetto ai due modelli
Se preferite avere obbligazioni singole per la gestione delle vostre esigenze di liquidità a medio termine, allora ha senso avere un portafoglio di ETF esclusivamente azionario.
Se invece non volete — o non potete — avere un mix diversificato di obbligazioni singole, allora la scelta no brainer diventa quella di avere un portafoglio di ETF azionari e obbligazionari, bilanciato sulla base del vostro orizzonte temporale, della vostra tolleranza verso la volatilità, dei vostri obiettivi e, last but not least, della situazione dei tassi di interessi (tassi bassi, meno obbligazionario, tassi alti, più obbligazionario).
Benissimo.
E con questo si conclude il mega riassuntone del corso di educazione finanziaria dell’immenso Prof. Paolo Coletti, nel quale ne abbiamo riassunto tutte le tematiche principali.
Abbiamo toccato forse il 5% delle cose che magistralmente insegna sul suo canale YouTube, quindi per tutto il resto iscrivetevi e fatevi un’overdose di file excel e simulazioni in Phyton per approfondire qualunque tematica di finanza personale possibile e immaginabile.
Prima di chiudere, ringrazio intanto proprio lui, Paolo Coletti, che ha gentilmente acconsentito alla realizzazione di quest’episodio.
Ringrazio invece come sempre tutti voi, che ormai siete diventati quasi 10.000 ad aver ascoltato almeno un episodio di questo podcast e che così facendo lo avete portato ad essere nel top 0,1% tra gli oltre 50.000 podcast in Italiano disponibili su Spotify.
Vi ringrazio inoltre per il fiume di messaggi che mi mandate ogni giorno su Instagram a thebull_finance e su LinkedIn, per chi proprio Instagram non lo sopporta.
Come sanno tutti quelli che l’hanno già fatto, non do raccomandazioni di investimento per nessun motivo al mondo ma scrivetemi sempre per chiarimenti, spunti, critiche o quel che vi pare.
Invito inoltre a chi non l’avesse ancora fatto a mettere segui e attivare le notifiche su Spotify o su qualunque altra piattaforma usiate per ascoltarci e a lasciare una recensione a 5 stelle per supportarci e permetterci di continuare a produrre contenuti che invece di quattro cazzari fuffaguru vi fanno conoscere dei veri esperti di finanza che a colpi di excel e python saranno in grado di mostrarvi la via per soddisfare alcuni dei più vostri intimi desideri tra cui “vi piacerebbe vero investire 1000 € al mese….” sempre nuovi.
Per questo episodio invece è davvero tutto e noi ci ritroviamo mercoledì prossimo con un nuovo step da percorrere assieme nella nostra ascesa verso l’empireo della libertà finanziaria, sempre qui, naturalmente, con The Bull — Il tuo podcast di finanza personale.
Bentornati a THE BULL – Il tuo podcast di finanza personale
Care amiche e cari amici di The Bull, aria di Natale ormai tutt’intorno a noi, luminarie in ogni dove, foto di alberi addobbati nei salotti imperversano in interessantissime storie su Instagram che proprio non vedevo l’ora di ammirare e ogni negozio e sito ecommerce possibile e immaginabile che ti ricorda che ci sono ancora mille regali da fare.
E in questo clima che ci avvicina alla festa più amata del mondo, il mio regalo per voi è una puntata dedicata proprio a lui, alla mia autorità finanziaria preferita su YouTube, al più competente divulgatore di contenuti di finanza personale che abbia mai incrociato in rete in Italia, all’unico, spettacolare Professor Paolo Coletti.
Ammetto che non conoscevo il Professor Coletti fino a qualche mese fa ed è stato qualcuno di voi a richiamare la mia attenzione ai suoi video.
By the way, grazie Massimo!
Da lì, devo riconoscerlo, è stato praticamente un colpo di fulmine.
Ostile come sono alla fuffa di mille cazzari su YouTube che portano zero contenuto all’educazione finanziaria vera, scoprire il canale del Professor Coletti è stato come respirare l’aria fresca delle sue montagne del Trentino dopo aver passato una vita ad assaporare quel buon sapore di diossido di carbonio che si può degustare lungo la circonvallazione esterna di Milano.
Tra l’altro la cosa divertente è che la prima volta che gli scrissi, gli dissi qualcosa tipo “Caro Professor Coletti, complimenti per i suoi contenuti, vede io ho questo podcast ecc.”.
Lui, che poteva anche risparmiarsi il tempo di rispondermi, mi scrisse addirittura che stava già ascoltando il mio podcast ed ebbe addirittura la gentilezza di precisare che il suo recente corso su YouTube, dal titolo “Educati e Finanziati”, non era stato copiato da The Bull ma per pura coincidenza trattava fondamentalmente gli stessi temi con quasi tutte le stesse tesi.
E qui sono d’obbligo due precisazioni.
PRECISAZIONE UNO: non mi ero neanche lontanamente sognato di pensare che il Professor Coletti potesse mai aver copiato The Bull, ma è stato un onore che lui l’abbia puntualizzato.
È stato un po’ come se Messi vedesse un ragazzino calciare all’incrocio con il sinistro e si sentisse in dovere di precisare che anche lui sa calciare di sinistro all’incrocio ma non perché lo avesse copiato.
PRECISIONE DUE: non è una coincidenza che i nostri contenuti siano fondamentalmente gli stessi.
Sulla fuffa, uno può mettersi a dire il cazzo che gli pare.
Quando si tratta però di parlare di cose oggettive, che in ultima istanza hanno un fondamento nei dati, beh, la materia è quella, non è che c’è tanto da inventare.
Negli shownote dell’episodio vi lascio il link al canale YouTube di Coletti, che vi invito caldamente a seguire perché se con The Bull magari avete imparato due cose su come risparmiare e investire, con Coletti fate proprio il dottorato in finanza personale.
Quindi, il patto è il seguente:
– Mentre andate al lavoro, siete in palestra, andate a correre, passeggiate per i boschi, siete in viaggio o comunque siete in tutte quelle situazioni in cui gli occhi vi servono per non andare a sbattere continuate a seguire religiosamente THE BULL 2 volte a settimana come il vostro corso di cross-fit;
– Quando invece state comodi sul divano o meglio ancora, come vorrebbe il Prof. Coletti, quando siete davanti allo schermo di un PC bello grande, seguite i suoi contenuti che a colpi di pazzeschi fogli Excel e sontuose analisi in Python vi spiegano e dimostrano matematicamente tutto ciò che c’è da sapere quando si tratta di investire al meglio i vostri soldi.
Il Professor Coletti è un vero Professore, nel senso che ha fatto il dottorato (in Matematica) e poi ha cominciato a fare ricerca e insegnare alla Freie Universitaet Bozen, che è l’università di Bolzano.
Da bravo matematico, pur con uno straordinario talento da divulgatore, non c’è un solo contenuto sul suo canale in cui le sue spiegazioni non siano supportate da fogli di calcolo in cui fa vedere, pian pianino e in modo accessibile a chiunque, il perché e il percome di qualunque aspetto di rilievo all’interno del vasto mondo della finanza.
Oggi allora puntata dedicata al modello di pianificazione finanziaria che Coletti spiega nel corso su YouTube chiamato “Educati e Finanziati” che, come dice lui, è un
*”corso base base base, ma proprio base, …”*
In questo episodio vedremo in sintesi il suo modello e toccheremo giusto un paio di aspetti in cui emerge qualche differenza tra le cose che raccontiamo qui a The Bull e il pensiero di Coletti.
Diciamo che il 95% coincide, poi c’è un 5% dove vediamo gli stessi temi da angolature diverse.
Il Professor Coletti spiega la Pianificazione Finanziaria attraverso il modello dei 4 PILASTRI.
Tanto semplice quando efficace.
Quali sono questi 4 Pilastri?
In sostanza l’idea è quella di prendere tutto il vostro capitale e dividerlo in 4 parti in base all’orizzonte temporale in cui esso verrà presumibilmente utilizzato.
Per la precisione i 4 pilastri sono:
– I conti correnti, ossia il 1° Pilastro, quello per le spese di tutti i giorni;
– Il fondo di emergenza, ossia il 2° Pilastro, quelle per le spese imprevedibili;
– Le obbligazioni, ossia il 3° Pilastro, quello per le spese di medio termine prevedibili; e infine
– Le azioni, ossia il 4° Pilastro, quello per gli investimenti a lungo termine veri e propri.
Questo modello è di una semplicità elementare e secondo me aiuta a visualizzare bene in maniera chiara come devono essere gestiti i vostri soldi in qualunque fase della vita e qualunque sia la vostra situazione complessiva.
Però andiamo con ordine.
PRIMO PILASTRO: Il Conto Corrente.
Sembra banale, ma la scelta del conto corrente non è trascurabile.
Coletti suggerisce fondamentalmente di avere almeno 2 conti correnti, uno con la propria banca locale tradizionale e uno con una banca online a basso costo.
I motivi sono i seguenti:
– Intanto per differenziare l’offerta di servizio:
La banca tradizionale, che tipicamente vi costicchia qualche decina di euro in più all’anno, vi può riservare un trattamento personalizzato, supportare in fasi particolari ed è poi tipicamente quella in cui si accende un mutuo o roba del genere.
La banca online invece vi permette di accedere a servizi vantaggiosi a costi quasi nulli.
– Poi c’è un tema di diversificazione del rischio.
Con due banche è più difficile che un problema tecnico — o situazioni più complesse come una procedura giudiziaria in corso — possano precludervi l’accesso a tutti i vostri soldi.
– Coletti infine sconsiglia i conti cointestati, per una maggiore efficienza e per evitare che l’inabilità di uno possa creare problemi di accessibilità al conto per l’altro.
Quando si è una coppia, l’ideale sarebbe avere più di 2 conti correnti, di cui magari al massimo uno solo cointestato e gli altri individuali.
Tra le varie offerte di banche online che ci sono oggi sul mercato, Coletti suggerisce spesso quella di BBVA, la nota banca spagnola che sta offrendo un interesse del 4% all’anno direttamente sulla liquidità che giace sul conto senza alcun vincolo.
Quest’interesse viene riconosciuto fino al gennaio del 2025, poi si vedrà.
Anticipando quello che diremo sul quarto pilastro, se per qualche motivo volete usare il conto titoli di una banca (invece di un broker), potete scegliere magari una banca specializzate nei servizi di trading online che può offrirvi anche i servizi di conto, carte e tutto il resto.
Comunque, conti correnti, facile.
Diversificateli, usatene da 2 a 4 a seconda di quante persone con un reddito compongono il nucleo famigliare e tenete il costo più basso possibile per quanto riguarda i conti con le banche online.
Nei conti correnti ci dovete mettere il minimo indispensabile, ossia ciò che vi serve per coprire le spese correnti in un orizzonte di massimo un paio mesi, tenuto anche conto del vostro reddito mensile (se ne avete uno).
In Italia si paga l’imposta di bollo di 34,20 euro sui conti correnti con giacenze annuali medie superiori a 5.000 €. Quindi tenere meno di 5.000 € su ciascun conto può essere un’idea intelligente.
So che molti di voi staranno strabuzzando gli occhi alla sola idea di tenere solo 5.000 € sul conto.
Eh lo so, l’italiano soffre di questa cosa.
Lui sta bene quando vede il conto in banca bello pieno, altrimenti si sente male.
Qui però, arrivati come siete al 63° episodio di The Bull, se non avete ancora capito che i soldi sul conto non servono ad una beata fava, se non a gestire le spese di tutti i giorni, urge un bel ripasso, quindi ricominciate ad ascoltare tutto il podcast dall’episodio 1 a velocità rallentata, perché mi sa che la prima volta vi siete persi qualcosa.
Comunque, a meno che siate Cristiano Ronaldo o Kim Kardashan, che magari hanno bisogno di qualche centinaio di migliaia di euro o dollari per gestire le loro spesucce ordinarie mensili, direi che per il 99% di noi povere nullità, 5.000 € per ciascun conto bastano e avanzano.
E bastano e avanzano perché abbiamo intanto il
PILASTRO NUMERO DUE: Il fondo di emergenza.
Chiunque segue The Bull da un po’ ormai è cintura nera di fondo di emergenza.
Il fondo di emergenza è quello in cui terrete una quantità di denaro necessaria a coprire, tipicamente, circa 6 mesi di spese.
Come abbiamo detto mezzo milione di volte, avere un budget e tenere traccia delle vostre spese è la base di tutta la finanza personale.
Se spendete i soldi a cazzo e non sapete ogni mese dove se ne vanno i vostri danari, eh e che volete? Ovvio che non andremo da nessuna parte!
Se invece fate le cose come vi ho spiegato fino alla nausea (e che comunque so che non lo state facendo mannaggia a voi!) allora dovreste essere in grado di sapere quanto spendete ogni mese, in media.
Tra l’altro, come vi ho detto spesso, non state a diventare scemi a calcolare ogni minimo centesimo.
Il grosso delle vostre uscite di solito è costituito dai magnifici tre:
– SPESE per l’ABITAZIONE (quindi MUTUO o AFFITTO, bollette, ecc.);
– SPESE di TRASPORTO (in particolare per chi ha l’auto);
– SPESA ALIMENTARE.
Di solito il 70% del budget familiare, salvo situazioni particolari, finisce qua.
Se facessimo una media di 1.000 € al mese per l’abitazione, 600 € per la spesa (soprattutto se si ha una famiglia con dei figli) e 400 € per ciascuna auto (di più o di meno in base al fatto se l’auto sia ancora da pagare, da quanti chilometri si fanno, da quanta manutenzione richiede ecc.), allora 2.000 € sarebbero il grosso delle spese mensili da sostenere.
Aggiungete ovviamente altre spese fisse, se ce ne sono, come la retta dell’asilo, gli abbonamenti e così via.
Tutto il resto sono tipicamente spese variabili.
Se però tenete traccia delle vostre spese per un po’ di mesi, alla fine vi renderete conto che gli importi mensili tendono ad avere una media di riferimento.
Vi avevo già suggerito in passato l’idea del Reverse Budgeting.
Ossia:
– Togliete dal vostro reddito mensile la spesa media fissa;
– Assegnate una percentuale del vostro reddito tra il 10 e il 20% all’investimento (se potete di più, meglio ancora);
– Tutto quel che resta potete spenderlo per le spese variabili, sapendo che la quota di risparmio è già allocata.
Se la vostra spesa mensile media è di, boh, 2.500 €, allora il suggerimento standard è di avere nel fondo di emergenza questo importo moltiplicato per 6, in questo caso 15.000 €.
In questo modo, qualunque cosa vi succeda, avete un cuscinetto solido che vi protegge e vi dà il tempo necessario per sostenervi per un certo periodo.
Può succedere che perdiate il lavoro, oppure che si presenti una grossa spesa medica imprevista, o ancora una problematica giudiziaria inattesa, insomma le incognite della vita sono parecchie.
Con il fondo di emergenza state a posto, entro certi limiti, e averlo ben fondato è fondamentale perché abbiano senso i pilastri 3 e 4.
Dove li tengo i soldi del fondo di emergenza?
Paolo Coletti dà lo stesso consiglio che ho proposto più volte.
Conto deposito SVINCOLABILE.
Mi raccomando svincolabile, non vincolato, altrimenti tanto vale.
Il fondo di emergenza deve essere disponibile subito.
I depositi svincolati di solito vi offrono interessi più bassi e se svincolate in anticipo perdete tutti gli interessi.
Ma questo è il fondo di emergenza, bene che generi un po’ di rendimento, ma il suo scopo non è farvi diventare ricchi, quindi non fatevi abbagliare dallo 0,5% di interesse in più di un conto rispetto ad un altro, perché non vi sposterà una virgola nella vostra vita.
L’importante invece è che il fondo sia sempre a posto, che i soldi ci siano e che abbiano un minimo di interesse che li protegga dall’erosione dell’inflazione.
Se vi interessa, io ho aperto un conto con Illimity perché offre, fino al 18 dicembre, poi boh magari viene rinnovato ancora, un conto deposito svincolabile con interessi molto interessanti.
In pratica paga il 5% lordo per depositi da 3 a 5 anni, con svincolo immediato.
Certo, se svincolate non prendete un centesimo di interessi, ma per le mie esigenze mi è sembrata la scelta migliore.
Detto questo, ne esistono diversi e potete sbizzarrirvi a scegliere quello che più vi aggrada.
Ci sono anche altri strumenti per il fondo di emergenza, naturalmente, che sono un po’ più sofisticati e richiedono qualche accortezza in più.
I due che cito più spesso sono:
– Gli ETF obbligazionari Ultrashort, che avendo duration medie di solito di pochi mesi hanno una sensibilità praticamente nulla rispetto alle variazioni dei tassi. Oggi stanno ancora rendendo bene, un ETF che replica ultrashort corporate europei rende circa il 4%.
– Oppure ci sono gli ETF monetari, che replicano gli swap bancari overnight, e siamo anche qui intorno a poco più del 3%.
Rispetto ai conti deposito questi sono più flessibili, perché nel momento in cui li liquidate vi portate a casa anche gli interessi maturati fino a quel momento.
Lo svantaggio è che mentre con il conto deposito gli interessi sono fissi fino alla fine, gli altri due sono legati all’andamento dei tassi di mercato, quindi se tra un anno scendono parecchio, anche i loro rendimenti scenderanno di conseguenza.
Benissimo, il secondo pilastro è appunto quello per le emergenze o, che è un altro modo per vederlo, per gli investimenti a brevissimo termine.
Veniamo ora agli investimenti di medio termine con il
TERZO PILASTRO: le Obbligazioni.
Abbiamo fatto numerosi episodi sulle obbligazioni, quindi, arrivati al 63esimo episodio do per scontato che chiunque mi stia ascoltando sappia cosa sia un’obbligazione, come funzioni il rapporto tra prezzo e rendimento e quale sia la relazione tra obbligazioni e tassi di interesse.
No?
Allora consiglio di mettere in pausa e andare a riascoltarvi i diversi episodi dedicati al tema, tra i quali vi raccomando caldamente il 41 e il 56.
Fatto?
Bene, posto che ora sappiamo cosa siano le obbligazioni, a che servono secondo Coletti?
Molto semplice, questi sarebbero gli strumenti ideali per investire la propria liquidità a medio termine mantenendo un profilo di rischio relativamente basso.
L’idea di base è quella di pianificare le spese prevedibili da qui ai prossimi anni e allocare di conseguenza il capitale per avere la (quasi) certezza di avere indietro i propri soldi, rivalutati con il loro interesse, nel momento in cui mi serviranno.
Quando parliamo di investimento in obbligazioni, per Coletti ci riferiamo ad investimenti con orizzonte temporale inferiore a 10 anni.
Spese tipiche abbastanza prevedibili per la vita della maggior parte di noi sono ad esempio:
– Cambiare l’auto;
– Ristrutturare casa (celeberrimo è il caso del rifacimento del tetto della casa del Professore);
– Iscrivere i figli all’Università;
– Contribuire al matrimonio di un figlio o di una figlia;
– E così via poi ciascuno in base alle proprie esigenze ha le sue cose da mettere in conto.
In base a quando più o meno questi eventi si verificheranno, io posso allocare delle risorse economiche in obbligazioni che scadranno nel momento in cui effettivamente mi serviranno i soldi.
E’ difficile fare conti precisi al centesimo su eventi che ancora non si sono verificati, ma se uno stima che nei prossimi, che ne so, 4-7 anni potrebbe dover tirar fuori, boh, 20.000 € tra varie spese che dovrà affrontare, allora un’idea potrebbe essere quella di investire, che ne so:
– 3.000 € in obbligazioni con scadenza 2027;
– 4.000 € con scadenza 2028;
– 5.000 € con scadenza 2029 e
– 8.000 € con scadenza 2030.
O anche 5.000 € per ogni anno di scadenza va bene lo stesso oppure scegliete voi quando pensate di aver maggiori spese da sostenere.
Scaglionare gli investimenti obbligazionari permette di avere una progressiva disponibilità di denaro senza vedersi costretti a liquidare un’obbligazione in anticipo con il rischio magari di farlo in un momento in cui i tassi si sono alzati e quindi dovrei venderla in perdita.
Le indicazioni assolutamente di buon senso del Professor Coletti sono le seguenti:
– UNO: prediligere obbligazioni denominate in Euro, per evitare oscillazioni di prezzo legate ai cambi valutari;
– DUE: prediligere obbligazioni governative che prevedono una tassazione del 12,5% invece che del 26% sulle cedole e sull’eventuale capital gain qualora vendessi l’obbligazione ad un prezzo superiore a quello di acquisto;
– TRE: diversificare gli emittenti. Quindi non all in sui BTP, ma magari un po’ di BTP, qualche obbligazione governativa Francese, Austriaca, Olandese, Tedesca (anche se queste rendono sempre poco) e via dicendo.
– QUATTRO: lasciate perdere cose strane come cedole variabili, cedole step-up, che aumentano progressivamente e soprattutto roba come obbligazioni convertibili in azioni, obbligazioni subordinate, callable, additional tier 1 e via dicendo.
Plain Vanilla e basta.
Ok.
Il ragionamento del Prof. Coletti è perfetto e non fa una piega.
Tutto ciò però in alcuni casi ha dei potenziali limiti.
Mi spiego:
Se io oggi mi ritrovo con 100.000 € liquidi sul conto e non so come investirli, allora il modello dei 4 pilastri funziona alla grande.
– 10.000 magari li tengo sui conti correnti;
– 25.000 li metto in un conto deposito svincolato per le emergenze;
– 25.000 li metto in un mix di obbligazioni governative con varie scadenze da qui ai prossimi 5-8 anni;
– I restanti 40.000 li investirò invece nel quarto pilastro, come vedremo tra poco, che è quello azionario.
Tutto perfetto.
Il problema è che questa non è una situazione scontata.
Cioè, non tutti si trovano nella condizione di avere 100.000 € sul conto, o comunque una significativa quota di capitale, da allocare in tempo zero sui 4 pilastri.
In molte situazioni non si ha una tale disponibilità immediata di capitale e quindi si procede per accumulo progressivo.
Per come la vedo, i primi 2 pilastri sono condicio sine qua non.
Se non avete soldi da lasciare sul conto e per il fondo emergenze, mi spiace, non potete investire un centesimo.
O meglio.
Magari potete iniziare a fare un piccolo piano di accumulo di pochi euro al mese, però la priorità dovrebbe intanto essere consolidare il fondo per le emergenze, perché le emergenze hanno questa sgradevole caratteristica che quando si presentano lo fanno senza avvisarti prima e quindi devi essere sempre pronto.
Sul discoro del terzo pilastro invece dipende.
Coletti insiste molto su questo punto perché per lui gli investimenti sono solo azionari, quindi è importante avere una quota di capitale più stabile allocato in obbligazioni.
Però come dicevamo, ci sono una serie di limiti:
PRIMO LIMITE = se non hai un discreto capitale a disposizione, non puoi farti un portafoglio di obbligazioni, soprattutto perché di solito hanno un taglio minimo di 1.000 €, quindi senza almeno 20-30.000 euro è difficile fare quello che abbiamo spiegato prima.
SECONDO LIMITE = un portafoglio obbligazionario richiede una certa manutenzione. Dovete selezionare i titoli in modo corretto e rinnovarli man mano che scadono.
Non che sia fisica nucleare, intendiamoci, però comunque bisogna starci un po’ dietro.
TERZO LIMITE = c’è una piccola inefficienza fiscale in questa cosa, dovuta al fatto che su tutte le cedole incassate e sull’eventuale capital gain al momento del rimborso dell’obbligazione, se l’avete acquistata ad un prezzo inferiore di 100, pagate immediatamente le tasse.
Se invece investite in ETF obbligazionari — cosa che il prof. Coletti detesta con tutto il cuore — avete la possibilità di accumulare e reinvestire automaticamente tutte le cedole, alimentando così il rendimento composto del vostro portafoglio.
In estrema sintesi, comunque, direi quanto segue:
– Se avete disponibilità economiche adeguate e siete in grado di preventivare alcune spese rilevanti da qui ai prossimi 7-8 anni, investire il terzo pilastro come propone Coletti è un’idea assolutamente solida;
– Al contrario, mi concentrerei sui primi due pilastri e poi costruirei progressivamente un portafoglio di investimento composto da ETF azionari e obbligazionari seguendo le logiche che abbiamo condiviso lungo i 62 episodi precedenti.
Veniamo però intanto al
QUARTO PILASTRO: le azioni, ossia l’investimento a lungo termine.
Coletti dice: l’investimento storicamente più efficiente e redditizio per il risparmiatore retail è quello nel mercato azionario.
Punto.
Vero, come il fatto che 2+2 fa 4.
I due presupposti per investire in azioni sono quindi i seguenti:
PRESUPPOSTO UNO: i primi 3 pilastri devono essere ben consolidati, in base alla propria situazione personale.
Se uno ha 10.000 € sul conto e basta, non può investire in azioni.
Fine.
Prima deve sistemare la parte a breve termine della propria pianificazione finanziaria.
PRESUPPOSTO DUE: l’investimento in azioni deve durare almeno 10 anni.
Se non siamo disposti ad aspettare almeno 10 anni che i nostri investimenti facciano il loro corso, tra momenti di gloria e grandi crolli, e se non siamo in grado di sopportare le montagne russe emotive a cui potrà sottoporci il nostro portafoglio che fluttuerà di valore in maniera importante, allora NON POSSIAMO INVESTIRE IN AZIONI.
Questa cosa l’abbiamo detta anche noi molte volte.
Se vedere il vostro portafoglio che fa magari -20% in un solo anno vi tiene svegli la notte, mi spiace ma questo gioco non fa per voi.
Come dice Coletti, fermatevi al terzo pilastro.
Investite in obbligazioni singole (e qui sono 100% d’accordo con lui, solo obbligazioni singole e non ETF obbligazionari, che secondo me hanno senso solo per la decorrelazione della parte azionaria del portafoglio) e passa la paura.
In questo momento storico tra l’altro le obbligazioni rendono ancora bene (benché nelle ultime due settimane i rendimenti siano in discesa); comunque riuscite ancora a farvi un bel portafoglio diversificato di obbligazioni governative europee con varie scadenze e da qui almeno ai prossimi 10-15 anni un 3-4% di rendimento all’anno ve lo portate a casa.
Non diventerete ricchi, ma dovreste riuscire a proteggere il potere d’acquisto dei vostri soldi nel tempo, dato che storicamente l’inflazione media in Europa e negli Stati Uniti è stata intorno al 3% all’anno.
Se invece avete ben chiaro come funzionano i mercati azionari e siete disposti ad accettare la volatilità che li contraddistingue, allora possiamo procedere con il quarto pilastro.
Eh sì perché come sappiamo bene da un parte il rendimento medio dei mercati azionari è stato storicamente molto interessante.
Per esempio, dal 1987 a oggi l’azionario globale (comprensivo di paesi sviluppati e mercati emergenti, pesati per capitalizzazione di mercato, ossia con Stati Uniti in testa con mediamente oltre il 50% e il resto diviso tra altri 40 paesi) ha reso oltre l’8% all’anno.
Tanto.
Ma proprio tanto.
L’equivalente di 10.000 € investiti nell’87, mentre io mi accingevo a fare letteralmente i primi passi nel mio primo anno di vita, oggi sarebbero 168.000 €.
Per non parlare di un investimento da 500 € al mese da allora sino ad oggi, cosa che ci avrebbe resi milionari.
Sì ok, sto un po’ barando, ci sono alcune illusioni ottiche in tutto ciò.
I calcoli sono giusti e il rendimento è questo, niente da dire, ma l’impressione che ho suscitato in voi è troppo ottimistica rispetto alla realtà dei fatti.
Vi spiego perché.
UNO: nel 1987 non esistevano gli ETF. Esistevano gli Index Fund negli Stati Uniti, che peraltro investivano quasi solo nel mercato americano, ma per i miei genitori invece sarebbe stato impossibile investire 38 anni fa nell’azionario globale come faremmo noi oggi con tre click dallo smartphone mentre siamo sul divano.
DUE: nel 1987 non esisteva l’euro. E comunque l’equivalente di 500 € nel 1987 è di circa 1.100 € attuali, quindi si trattava di un investimento corposo e non alla portata di tutti.
TRE: allo stesso modo, il milione e fischia di euro raggiunto oggi equivarrebbe a poco meno di metà agli occhi dell’investitore del 1987.
Tra l’altro su questo il Prof. Coletti sostiene una tesi difficilmente contestabile.
Lui dice, chissene frega del valore reale aggiustato per inflazione.
L’inflazione tanto non è una cosa che posso scegliere di avere oppure no.
Quella c’è è basta.
Tutto quello che posso fare è massimizzare il rendimento dei miei investimenti, quindi in realtà mi interessa molto di più il valore nominale, l’inflazione sarà quel che sarà.
Tornando all’azionario globale, comunque, abbiamo questo 8% all’anno che è un rendimento eccellente, inferiore solo al mega indice S&P 500 delle grandi società americane che negli ultimi 100 anni ha reso quasi il 10% all’anno.
7-8% è comunque una stima verosimile che anche il Prof. Coletti consiglia di tenere a mente come ragionevole aspettativa di ritorno a lungo termine in un investimento azionario.
Il nostro azionario globale, comunque, ha fatto sì l’8% di media, ma questo 8% in un singolo anno l’ha realizzato solamente una volta in 38 anni, ossia nel 2006.
Negli altri 38 anni siamo passati dal picco assoluto del 1999 in cui, in piena internet bubble, ha fatto un assurdo +48% allo spaventoso -38% del 2008.
In ben 10 anni poi avrebbe avuto un rendimento superiore al 20%.
Mentre in 3 anni avrebbe perso il 30% o più.
Mi piace sempre ricordare che quando un portafoglio perde il 30% poi deve fare il 43% solo per tornare in pari. Quindi i tonfi negativi pesano di più, a parità di valore percentuale, di quelli positivi.
Cmq su 38 anni, 29 anni sarebbero stati positivi e 9 negativi, perfettamente in linea con la media che diciamo sempre secondo cui grosso modo il mercato azionario è positivo 7/8 anni ogni 10 (o 3 ogni 4 se preferite).
Vista così, e che ci vuole.
Se tanto il mercato va soprattutto bene, anche se ogni tanto va male chissene.
Se…
Certo…
Come no…
Avrei voluto vedervi tra il 1999 e il 2003, quando il vostro portafoglio si sarebbe più che dimezzato, idem nel 2008, oppure all’inizio del 2020 quando all’esplosione del Covid avreste visto il vostro patrimonio perdere quasi il 30% in un solo mese.
Il problema è che quando succede sta roba, non è che sapete già cosa succederà in futuro.
Il primo pensiero che vi viene in mente è che state per perdere tutto e il rischio che vi prenda il panico e facciate cazzate è dietro l’angolo.
Quindi sulla carta tutti cuor di leone a sopportare i su e giù del mercato.
Quando poi vi ci trovate, vi assicuro che servono nervi ben saldi.
Pertanto, se i nervi sono saldi e i primi tre pilastri sono a posto, come suggerisce di investire Paolo Coletti nel suo quarto pilastro?
Chiaramente suggerisce di investire in ETF, senza dubbio alcuno, per gli stessi motivi che abbiamo spiegato mille volte.
Sono diversificati, efficienti, liquidi, economici, battono quasi sempre i fondi attivi e replicando quasi perfettamente le performance di interi mercati sottostanti.
Per quanto riguarda l’asset allocation, però, come già accennato altre volte Coletti non è un grande fan dell’utilizzo dei criteri basati sulla capitalizzazione.
Se oggi prendete un indice azionario globale, come il FTSE All World o l’MSCI All Country, vi troverete di default circa un 60% di Stati Uniti (che poi vuol dire che quasi il 10% sono le sole Apple e Microsoft), poi un 5% di Giappone, un 15% forse di Europa, meno del 3% la Cina e via via tutti gli altri con le briciole che restano.
Coletti dice: il fatto che gli Stati Uniti abbiano l’economia più formidabile del mondo non significa che il loro mercato finanziario debba essere il più performante del mondo, perché i prezzi delle azioni americane incorporano già questa informazione e quindi il potenziale di guadagno è limitato.
Con una brillante metafora spiega: ECONOMIA uguale FINANZA diviso PREZZI.
Tradotto: tanto più i prezzi, che riflettono le informazioni di mercato, perlomeno secondo la teoria dei mercati efficienti, sono alti, tanto meno la finanza è in grado di esprimere un valore differenziale positivo rispetto all’economia che rappresenta.
Quindi, secondo lui non ha alcun senso sovrappesare enormemente gli Stati Uniti ma ha dimostrato, numeri e statistica alla mano, che un portafoglio caratterizzato da un’allocazione geografica fondamentalmente equally weighted, ossia con tutti i principali mercati del mondo che hanno quasi lo stesso peso, ha le stesse probabilità di restituire la medesima performance ma con un rischio e una volatilità inferiore.
Qui Coletti propone due strade:
– se avete pochi capitali non ha senso comprarvi 50 ETF e metterci 100 € ciascuno, quindi per partire va bene un solo ETF Globale (a lui piace tanto VWCE, che è il Vanguard FTSE All World) e pace; stesso discorso se non avete voglia di fare troppa manutenzione al vostro portafoglio.
– se invece avete più risorse, direi almeno 60-70.000 €, una proposta in linea con la sua visione potrebbe essere: 20% Stati Uniti, 20% Europa, 10% Cina, 10% Giappone, 8% India, 5% Messico (che lui tanto ama), 5% Brasile, 5% Europa dell’Est, 8% altri mercati emergenti e quel che resta del mondo con il 10% che manca, come magari Canada, Australia, Taiwan, Sudafrica e via dicendo.
Giustamente dice, a meno che avete un broker con commissioni gratuite, investite almeno 5.000 € su ciascun ETF, altrimenti i costi di transazione vi divorano.
Una strada intermedia, se volete seguire Coletti, ridimensionare l’America e non diventare matti, o se avete meno capitale di partenza, potrebbe essere prendere 3 etf e dividere il patrimonio così:
– un terzo Stati Uniti
– un terzo Europa
– un terzo Mercati Emergenti
Fine.
Certo, lasceremmo per strada mercati importanti, su tutti il Giappone, ma se tanto non sposiamo l’idea che le dimensioni di un mercato siano rilevanti per i nostri obiettivi di investimento, allora escludere il Giappone vale tanto quanto escludere la Polonia o la Nuova Zelanda.
Ora, qui la trattazione è complessa e molto presto faremo un episodio per capire bene come incide il peso degli Stati Uniti nel portafoglio.
Eh sì perché scegliere un modello Equally Weighted o uno Capital Weighted alla fine significa decidere quanta America vogliamo avere.
Diciamo che da una parte la statistica e i backtest sembrano leggermente a favore dell’Equally Weighted, dall’altra bisogna anche prendere atto dell’influenza assoluta degli Stati Uniti su tutti i mercati del mondo — motivo per cui è difficile individuare un mercato realmente decorrelato dagli Stati Uniti — e dell’egemonia globale che alcune mega company americane ha raggiunto oggi come mai nel passato — e anche questo è un tema epocale da tenere in considerazione.
Ma ci torneremo, ora non mettiamo troppa carne sul fuoco.
Comunque sia, fate il portafoglio che vi pare, purché sia diversificato e non abbia dentro roba strana, quindi l’indicazione di buon senso sarebbe quella di preferire semplici indici geografici, senza imbarcarsi in strategie bislacche usando gli ETF di cui vi avevo parlato nell’episodio 57, e investite il vostro risparmio con continuità, ogni volta che ne avete da parte, non curandovi minimamente di quel che accade sul mercato.
Come vedete, quando si tratta del portafoglio di investimento, Coletti pensa solo alle azioni.
In questo podcast abbiamo invece sempre parlato di portafogli che includessero, almeno, sia azioni che obbligazioni.
Chiaramente ciò dipende dalla vostra predisposizione rispetto ai due modelli
Se preferite avere obbligazioni singole per la gestione delle vostre esigenze di liquidità a medio termine, allora ha senso avere un portafoglio di ETF esclusivamente azionario.
Se invece non volete — o non potete — avere un mix diversificato di obbligazioni singole, allora la scelta no brainer diventa quella di avere un portafoglio di ETF azionari e obbligazionari, bilanciato sulla base del vostro orizzonte temporale, della vostra tolleranza verso la volatilità, dei vostri obiettivi e, last but not least, della situazione dei tassi di interessi (tassi bassi, meno obbligazionario, tassi alti, più obbligazionario).
Benissimo.
E con questo si conclude il mega riassuntone del corso di educazione finanziaria dell’immenso Prof. Paolo Coletti, nel quale ne abbiamo riassunto tutte le tematiche principali.
Abbiamo toccato forse il 5% delle cose che magistralmente insegna sul suo canale YouTube, quindi per tutto il resto iscrivetevi e fatevi un’overdose di file excel e simulazioni in Phyton per approfondire qualunque tematica di finanza personale possibile e immaginabile.
Prima di chiudere, ringrazio intanto proprio lui, Paolo Coletti, che ha gentilmente acconsentito alla realizzazione di quest’episodio.
Ringrazio invece come sempre tutti voi, che ormai siete diventati quasi 10.000 ad aver ascoltato almeno un episodio di questo podcast e che così facendo lo avete portato ad essere nel top 0,1% tra gli oltre 50.000 podcast in Italiano disponibili su Spotify.
Vi ringrazio inoltre per il fiume di messaggi che mi mandate ogni giorno su Instagram a thebull_finance e su LinkedIn, per chi proprio Instagram non lo sopporta.
Come sanno tutti quelli che l’hanno già fatto, non do raccomandazioni di investimento per nessun motivo al mondo ma scrivetemi sempre per chiarimenti, spunti, critiche o quel che vi pare.
Invito inoltre a chi non l’avesse ancora fatto a mettere segui e attivare le notifiche su Spotify o su qualunque altra piattaforma usiate per ascoltarci e a lasciare una recensione a 5 stelle per supportarci e permetterci di continuare a produrre contenuti che invece di quattro cazzari fuffaguru vi fanno conoscere dei veri esperti di finanza che a colpi di excel e python saranno in grado di mostrarvi la via per soddisfare alcuni dei più vostri intimi desideri tra cui “vi piacerebbe vero investire 1000 € al mese….” sempre nuovi.
Per questo episodio invece è davvero tutto e noi ci ritroviamo mercoledì prossimo con un nuovo step da percorrere assieme nella nostra ascesa verso l’empireo della libertà finanziaria, sempre qui, naturalmente, con The Bull — Il tuo podcast di finanza personale.
Recensioni
Quando capisci come funziona la finanza… ti viene voglia di raccontarla!
Dovrebbero ascoltarlo buona parte degli italiani e io avrei dovuto scoprirlo con qualche anno in anticipo ma meglio tardi che mai
Matteo C., 3 Set 2025Podcast piacevole, scorre veloce ma in modo estremamente chiaro, spiega i concetti chiave per gestire le proprie finanze, fornendo la classica cassetta degli attrezzi. Complimenti, davvero ben fatto!
Massimiliano, 29 Mag 2024Non sono solito a mettere recensioni e specialmente non ascolto podcast, ma da quando ho iniziato questo, faccio fatica a staccarmi, e quasi non posso più fare a meno di ascoltare e arricchirmi culturalmente.
Andrea V., 22 Set 2025Riccardo mi ha letteralmente cambiato la vita e fatto scoprire che amo la finanza, ho ascoltato il podcast già due volte e non mi stufo mai di ascoltarlo, parla in modo semplice e chiaro
Massimo D., 23 Set 2025Veramente veramente raccomandato! la finanza personale riassunta alla perfezione! e spiegata partendo dall'ABC! Ottimo anche da ascoltare a velocita 1,5x!
Giorgia R., 23 Gen 2025Ho seguito tutte le puntate! Grazie veramente
Amalia A., 17 Set 2025Podcast che dà sempre spunti interessanti che personalmente mi ha fatto appassionare alla finanza personale spingendomi ad approfondire in prima persona.
Lorenzo, 13 Mar 2025Veramente interessante, chiaro e conciso. Cambia la vita finanziaria di chiunque.. da ascoltare assolutamente anche per chi di finanza non vuole occuparsi mai
Francesca B., 6 Apr 2024La mia ignoranza in materia mi ha sempre creato dei dubbi, ma grazie a un amico ho iniziato ad ascoltare il podcast. Per fortuna che ho 24 anni e un po' di tempo e soldi da dedicarmi a imparare le varie nozioni per me stesso. Grazie mille!
Luca G. 10 Ott 2025