Tasse e Investimenti – Cosa bisogna sapere sulla Fiscalità dei nostri Portafogli

Tasse e Investimenti! Finalmente affrontiamo il tema con un professionista che ci spiegherà tutto quel che c'è da sapere sugli aspetti fiscali legati ai nostri investimenti finanziari.

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32 minuti
The Bull - No Thumb

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Punti Chiave

Il portafoglio con i massimi rendimenti storici non è il "migliore" per tutti, a causa di volatilità e stress psicologico.

La diversificazione riduce il rischio specifico, aumentando la stabilità.

Prioritizza il risparmio costante e una asset allocation sostenibile.

Trascrizione Episodio

Bentornati a THE BULL – Il tuo podcast di finanza personale

Eh sì care amiche e cari amici di The Bull, the Christmas Party starts! E non parliamo delle pantagrueliche e gargantuesche abbuffate che avranno devastato tutti i vostri sforzi in palestra nel 2023 e gettato le basi per altrettanto improbabili buoni propositi di una vita sana e atletica nel 2024.

NO!

Dal 22 dicembre è iniziato il Santa Rally!
Che niente ha a che vedere con il noto personaggio televisivo Elena Santarelli, ma stiamo parlando del Santa Claus Rally, ossia di un fenomeno classico di Wall Street che vede i mercati traboccare di ottimismo nei giorni che circondano il Natale e che ci preparano all’anno nuovo.

In realtà quest’episodio uscirà il 27 dicembre, quindi al momento in cui lo sto registrando non ho assolutamente idea se il Santa Rally si verificherà anche quest’anno, ma diciamo che al netto di tracolli dell’ultima settimana

ECCALA’ (de sica)

Dicevo al netto di colpi di scena improvvisi, comunque vada il Santa Rally questo 2023 resterà un anno da incorniciare per noi investitori.

Ad oggi, praticamente qualunque asset class si è colorata di un bel verde semaforo, soprattutto da quando, a inizio Novembre, la combinazione di dati positivi sull’inflazione e sensazione che le campagne restrittive delle banche centrali siano ormai giunte al termine ha di fatto dato il via al più lungo rally delle borse dal 2017 ad oggi.

Se diamo un’occhiata ad alcuni indici replicati da ETF che probabilmente bazzicheranno nei vostri portafogli abbiamo da inizio anno:

– S&P 500: +21,4%

– Azionario Globale: +19,5%

– Azionario Europeo: +16%

– Oro: +10%

– Obbligazionario aggregate europeo: +7%

Se qualcuno di voi poi avesse più spirito di avventura e avesse osato a inizio anno mettere du spicci su Bitcoin, oggi starebbe addirittura a +150%.

Ma questa è un’altra storia e ve ne parlerò con un ospite straordinario a Gennaio.

Comunque, dicevamo, anno fantastico, fosse così sempre tra 10 anni sarei milionario, ma purtroppo dobbiamo mettere in conto che non ogni giorno è domenica e che questo fantastico 2023, in pratica non ha fatto altro che riportarci là, dove ci eravamo arrestati a inizio 2022, prima che l’esplosione dell’inflazione e l’invasione Russa dell’Ucraina facessero sprofondare ogni cosa.

L’abbiamo detto tante volte.
Investire è cosa buona e giusta, ma la pazienza è la virtù dei forti, soprattutto degli investitori forti.

Bisogna aver pazienza, sangue freddo, esultare il giusto e non disperarsi mai, sapendo che ogni anno potrà riservarci grandissima euforia o momenti difficili.

E non solo i singoli anni, ma pure singoli periodi dentro lo stesso anno possono essere schizofrenici.

Oggi siamo qui a bullarci di quanto siamo stati bravi ad investire quest’anno, ma basta tornare indietro a fine ottobre per ricordarci che solo un paio di mesi fa gli stessi indici di cui abbiamo appena celebrato le performance eccezionali avevano tutti buoni 10 punti percentuali in meno di rendimento.

Ma non solo, pure singoli giorni possono essere schizofrenici.

Mercoledì scorso, ossia il 20 dicembre, nel bel mezzo di un periodo assolutamente positivo e ottimistico per tutte le borse mondiali, subito dopo pranzo a Wall Street c’è stato di punto in bianco un mini tracollo dell’1,5% dell’S&P 500.

Così, out of the blue.

Il motivo non è chiarissimo, è forse proprio non ce n’è uno vero a proprio, come sappiamo i mercati a volte fanno un po’ il cazzo che pare a loro e poi noi a posteriori cerchiamo di costruire una storia coerente per sentirci meglio, comunque sembra che il mix esplosivo fosse costituito dal crollo di FedEx, la nota multinazionale specializzata in spedizioni, che ha perso di botto il 12% per via dei suoi dati di vendita deludenti, e da un’insolita concentrazione di opzioni put giornaliere sull’S&P 500 che hanno innescato una rapida sequenza di vendite dell’indice una volta arrivato sopra i 4.755 punti.

Sta cosa è un po’ tecnica e interessante come una partita di calcio della serie b Lituana, ma giusto per i più curiosi, un’opzione put è un contratto derivato, che in questo caso ha come asset sottostante l’S&P 500, che dà il diritto ma non l’obbligo, a fronte del pagamento di un premio fisso alla controparte, di vendere ad un determinato prezzo l’asset.

Tipicamente le opzioni put si usano per proteggersi da movimenti al ribasso del mercato.

Qui sembra che la scadenza contemporanea di un elevato numero di opzioni put abbia portato molti investitori a vendere repentinamente quote dell’S&P 500 per riequilibrare le loro posizioni.

Va beh, bla bla bla e supercazzole per dire che tanta gente tutta assieme si è trovata a vendere facendo scendere artificiosamente il valore dell’indice.

Comunque già nei 2 giorni successivi l’indice è tornato su, chiudendo la settimana a 4.756 punti, praticamente ai massimi storici.

Tutto questo per dire cosa?

Niente, semplicemente per dire che basta poco per avere una percezione del mercato completamente diversa, dai picchi dell’euforia al baratro della paura.

Come sempre, invece, meglio ricordarsi sempre che il mercato va guardato nei suoi corsi di lungo termine, perché in brevi periodi di tempo può succedere tutto e il contrario di tutto.

Ciononostante, benché siano 65 episodi che vi racconto in tutte le salse del mondo che non si può prevedere il futuro, che non si può sapere prima cosa sia meglio dopo, che non si deve decidere di comprare un asset piuttosto che un altro sulla base dell’idea che in futuro possa accadere qualcosa, oh NIENTE! Proprio non ne volete sapere e impazzite a spaccare il capello in 4 per decidervi sul micro dettaglio insignificante nel vostro portafoglio, convinti invece che questo farà una qualche differenza.

Ragazzi, mi spiace dirvelo, ma state perdendo tempo.

Overthinking, pensare troppo al proprio portafoglio — e ve lo dico perché in più di una circostanza mi sono trovato ad essere il primo a farlo — non va bene e non serve a nulla.

Quella per il “portafoglio perfetto” è un’ossessione tipica, soprattutto per gli investitori nei primi anni di esperienza, che va rimossa il prima possibile.

Il portafoglio perfetto non esiste e anche se sapessimo quale fosse, beh, il miglior portafoglio non sarebbe comunque il miglior portafoglio!

Ebbene sì, il miglior portafoglio non è il miglior portafoglio, o almeno per me e per voi.

In che senso mi chiederete?

Grazie per la domanda, del tutto inattesa e quanto mai opportuna.

Adesso spieghiamo pian piano questo paradosso e ascoltatemi bene perché questo episodio serve a curare la vostra anima prima ancora che i vostri investimenti.

Intanto per cominciare, esiste il portafoglio “Teoricamente Perfetto”?

Qui esce un attimo fuori la mia verve secchiona e vi beccate 90 secondi di teoria accademica così diamo anche un po’ di dignità alla vasta sequela di cazzate con le quali infarcisco tutti gli episodi di questo podcast.

Che lo sappiate oppure no, da quando avete iniziato a ragionare su come investire i vostri soldi vi state basando sui ragionamenti che sono stati formalizzati da un signore, che per questa roba vinse pure il finto premio Nobel per l’economia, di nome Harry Markowitz.

Finto premio Nobel perché, come vi avevo già raccontato, il premio Nobel per l’economia non è un vero premio Nobel, ma è il premio della Banca Centrale Svedese in onore di Alfred Nobel.

Non essendo l’economia scienza ma un’allegrotta chiacchierata sul niente condita da equazioni differenziali sotto steroidi, ad Alfred Nobel non era passato manco per l’anticamera del cervello di affiancare l’economia alle scienze vere come la Fisica, la Chimica o la Medicina.

Però alla fine, eh questo Nobel posticcio gli economisti se lo sono inventato comunque per premiarsi tra di loro.

Tra l’altro, fun fact, pare che Nobel non istituì nemmeno il premio per la matematica perché sua moglie lo avrebbe tradito proprio con un Matematico.

Non si sa se sia vero, probabilmente l’aneddoto è apocrifo e forse il motivo vero è che già esisteva la medaglia Fields, che è il massimo riconoscimento mondiale per i matematici, ma la storia di Nobel cornuto per colpa di un matematico mi è sempre piaciuta di più.

Comunque, Harry Markowitz dicevamo.

Markowitz è il padre della cosiddetta Modern Portfolio Theory, ossia la Moderna Teoria del Portafoglio.

Per farla breve, essa si basa sull’idea di massimizzare il rendimento atteso di un portafoglio per un determinato livello di rischio (oppure di minimizzare il rischio rispetto ad un certo rendimento atteso), attraverso la diversificazione di asset tra loro non correlati che eliminino il rischio specifico.

Cioè in pratica l’idea è quella di mettere assieme in maniera bilanciata (e poi capire cosa vuol dire “bilanciata” è tutta un’altra storia) cmq dicevo, mettere insieme in maniera bilanciata asset che tra loro siano decorrelati per cercare di ottenere il massimo rendimento possibile una volta ammesso un certo livello di rischio.

Comunque uno dei modi più comuni con cui si cerca di valutare appunto COME bilanciare un portafoglio è attraverso il CAPM, ossia il Capital Asset Pricing Model, un modello molto celebre per la valutazione del rendimento atteso di un certo investimento attraverso il rapporto tra il rendimento di un asset senza rischio (tipicamente si prendono i titoli di stato americani a breve termine), il beta (ossia la sensibilità dell’asset rispetto al suo mercato di riferimento) e il premio al rischio (ossia quanto un investitore si aspetta di guadagnare in più, rispetto che investendo in titoli di stato, per assumersi il rischio).

Ogni volta che valuterete un fondo, un ETF o un portafoglio di investimenti in generale, troverete spesso l’indice di Sharpe, che è appunto un indice che esprime la misura della performance attesa di un portafoglio rispetto al rischio implicito, espressa come rapporto tra la differenza tra il rendimento del portafoglio e il rendimento di un titolo di stato senza rischio e la volatilità dei rendimenti di quel portafoglio, quantificata come deviazione standard.

Ricordatevi sempre che, giusto o sbagliato che sia, in finanza quando si parla di rischio tipicamente si parla di deviazione standard, che è una misura statistica che ci dice di quanto il rendimento di un certo asset si può discostare dal rendimento medio di quell’asset.

Facciamo un esempio.

La dico un po’ male, eh, ma giusto per capirci.

Se per esempio so che la media storica del rendimento dell’S&P 500 da un secolo a questa parte è del 10% all’anno, allora pescando a caso una qualunque azione dell’S&P 500 dovrò aspettarmi, nel lungo termine, di avere un rendimento del 10% all’anno.

Se infatti prendo una delle sue società più storiche in assoluto, Procter and Gamble, la società produttrice di metà dei prodotti di consumo che avete in casa, il suo rendimento degli ultimi 40 anni è stato di circa il 9,5% all’anno e più o meno ci siamo.

Ma la deviazione standard implicita nella scelta di una singola azione sarà altissima, perché nonostante la media attesa sia 10% potrei anche finire per beccare con la stessa probabilità una Apple, che dall’83 a oggi ha fatto oltre il 20% all’anno di media, oppure una Ford che nello stesso periodo ha fatto solo il 4% all’anno, o addirittura una Kodak che ad una certa è fallita.

Se invece compro un ETF sull’S&P 500 avrò sempre un 10% di ritorno atteso, ma con un livello di rischio — e quindi una deviazione rispetto alla media — estremamente più contenuto.

Chiaramente deviazione rispetto alla media è sia in positivo che in negativo.
Comprando tutto l’indice ho meno rischio, ma sarà anche impossibile avere una performance eccezionale.

A maggior ragione questa cosa si applica all’intero portafoglio bilanciandolo tra diverse asset class decorrelate tra loro e questa è un po’ l’idea alla base di tutti i portafogli che hanno dentro un mix di azioni, obbligazioni, materie prime e così via.

Ok, mo’ tutto sto pippone, che tra l’altro avrà rotto le palle a chi di finanza non interessa un tubo e avrà fatto storcere il naso a quei 4 esperti veri di finanza che mi seguono, a che serve?

Serve per dire che, secondo il buon Markowtiz e tutti i suoi seguaci teoricamente esiste un portafoglio ottimale, cioè quel portafoglio che dovrebbe dare il massimo rendimento dato un certo livello di rischio.

Ora, il portafoglio ottimale, però, ammesso e non concesso che sia realmente possibile costruirlo, dato che dovremmo basarci su dati passati e stime che, per quanto coerenti nel lungo termine, non sono comunque predittivi dei valori futuri, è lontano anni luce da quel che avete in mente pensando al portafoglio ideale, ossia a quello che dovrebbe farvi diventare il più ricchi possibile il prima possibile.

No vi dico questa cosa perché dovete abituarvi a valutare come sta andando il vostro portafoglio nel modo corretto e a non farvi prendere da balzane idee basate su quattro numeri, che poi magari pensate di aver avuto chissà quale idea del secolo o, al contrario, di aver commesso chissà quale errore, e in entrambi i casi finite per fare cazzate.

Tipici ragionamenti sono:

“oh guarda quell’ETF come è andato su negli ultimi anni! Ah se avessi investito lì 3 anni fa”.

Oppure

“quel settore là è il futuro, bisogna investirci altrimenti ci perdiamo rendimenti maggiori”

O ancora

“guarda come è andato male quest’investimento negli ultimi 2 anni, è stato un errore investire su questa cosa, adesso appena torna in positivo vendo (o peggio ancora vendo in perdita) e mi butto su qualcos’altro”.

Questi sono tre classici ragionamenti del cazzo che faranno solo gran danni ai vostri investimenti.

Andiamo con ordine però.

Per capire cosa intendo quando dico che il portafoglio ideale non è il portafoglio migliore mi sono messo di buzzo buono questa mattina prima dell’alba e, animato da questa perversione tutta mia, ho fatto un po’ di back test prendendo 5 portafogli diversi per capire quale sarebbe stato il portafoglio più performante negli ultimi 30 anni, ossia da inizio 1994 ad oggi.

Perché proprio 30? Perché non riuscivo ad andare più indietro del maggio del 1994, quindi non facciamo troppo i sofisticati, 30 anni sono comunque una vita di investimenti e ci danno già un quadro attendibile.

Nel fare ciò ho escluso investimenti assurdamente concentrati.

Quindi non ho preso in considerazione un investimento singolo, per esempio, sul Nasdaq o su singole azioni o su singoli settori, ma ho valutato solo investimenti in grossi indici o in portafogli realistici diversificati.

I 5 portafogli, molto semplici, sono i seguenti:

– 3 portafogli solo azionari, in particolare:

– Solo S&P 500

– Solo Azionario All World

– Un portafoglio fatto un terzo S&P 500, un terzo MSCI Europe e un terzo Mercati Emergenti, che chiamiamo Equal Weight per semplicità anche se non è propriamente un Equal Weight

– Ho poi preso due portafogli con dentro altre asset class, in particolare

– Un classicissimo 60/40 globale e

– Un portafoglio un po’ più articolato, che chiameremo multiasset, fatto così:

– 28% S&P 500

– 27% Azionario Globale dei paesi sviluppati

– 10% Mercati Emergenti

– 28% Obbligazioni governative globali e

– 7% di Oro

Quindi un portafoglio molto americanocentrico abbastanza aggressivo, con dentro però anche obbligazioni governative e oro appunto.

Allora vediamo cosa è successo.

Se prendo tutti e 30 gli anni in blocco, manco ve lo sto a dire, S&P 500 batte tutti, con un ritorno medio annuo del 10,46% (perfettamente in linea con la sua media storica del 10% nonostante due sberle epocali come la internet bubble dei primi 2000 e soprattutto la grande crisi del 2008).

Comunque la classifica sarebbe:

– S&P 500 al primo posto

– Equal Weight al secondo (col 7.77%)

– All World al terzo (col 7.68%)

– Il portafoglio multiasset al quarto (col 7.35%) e al

– quinto posto il 60/40, con il 6,38%.

Bene, ora facciamo un altro ragionamento.

Invece che gli ultimi 30 anni, prendiamo gli ultimi 15 anni, quindi da inizio 2009 ad oggi.

La classifica qui sarebbe:

– S&P 500 sempre primo, con un astronomico 16% medio all’anno;

– All World al secondo, con un super 12,5%

– Equal Weight al terzo posto, 11,7% all’anno;

e naturalmente gli ultimi due sarebbero stati quelli con meno azioni, ossia

– Portafoglio multiasset al quarto posto, con un dignitosissimo 9,86% all’anno e infine

– il 60/40, con un altrettanto dignitoso 8,2%.

Ok quindi abbiamo visto che tanto su 30 anni, quando su 15 anni, il portafoglio migliore sarebbe stato quello con dentro più azioni americane.

A sto punto, la conclusione è facile.

Butto dentro più America possibile e si vola.

E qui però ragazzi attenzione, siamo dentro con entrambi i piedi nel bias del sopravvissuto.

Stiamo giudicando la bontà delle nostre decisioni finanziare future sulla base del “vincitore” che è uscito fuori dall’analisi che abbiamo fatto su un track record del passato.

Prima di lanciarsi in qualche mirabolante avventura finanziaria sconsiderata, quindi, statemi un attimo a sentire e proviamo a prendere periodi diversi all’interno di questo quarto di secolo che abbiamo analizzato.

Diciamo per esempio che avete iniziato ad investire nel gennaio del 1999, ormai convinti da tutta la gente intorno a voi che da 15 anni stava facendo un pozzo di soldi investendo in azioni, e che a fine 2008, dopo ben 10 anni di investimento, insomma, volete farvi un po’ i vostri conti e capire come sono andate le cose.

Eh, qua le cose cambiano un po’.

La classifica di questo primo decennio — oh ragazzi, decennio mica tre mesi!, in un decennio si passa da fare i cazzoni all’Università a confrontare le offerte migliori per i pannolini, sfido chiunque dopo 10 anni che investe a dire “ma no è passato solo un decennio è presto per tirare conclusioni sui miei investimenti” — dicevo la classifica di questo decennio è la seguente:

– primo posto: il portafoglio multiasset, con un misero 1,4% scarso di rendimento medio annuo;

– secondo posto: 60/40 (0,9%)

– terzo posto: portafoglio equal weight (0,8%)

Al quarto e quinto posto abbiamo addirittura un rendimento medio annuo negativo, con All World che avrebbe fatto -2% e S&P 500 addirittura -3,8%.

Cioè capito?

Il campione dei campioni, l’indice più performante del mondo, in questi lunghi 10 anni sarebbe stato il peggiore della classe.

Vorrei proprio vedere chi, dopo 10 anni a prendere ceffoni, magari memore del lungo bull market iniziato negli anni 80 e finito nel 2000 in cui anche il suo amico più scemo aveva fatto palate di soldi investendo in azioni, avrebbe avuto lo stomaco di rimanere investito nell’S&P 500 e aspettare gli anni d’oro che sarebbero arrivati da lì in poi.

Facciamo un ultimo esempio, un po’ meno estremo e senza le deformazioni di queste due spaventose crisi nel primo decennio del 2000.

Partiamo da gennaio 2005 e arriviamo a dicembre 2015.

Così saltiamo la prima crisi, ci becchiamo la seconda e cominciamo ad assaporare un po’ di bull market del secondo decennio di questo secolo.

Nuova classifica:

– primo posto: eccolo di nuovo qua, S&P 500 al comando con il 9,12%

– secondo posto: equal weight con 8,14%

– terzo posto: portafoglio multiasset con 8%

– quindi quarto posto: All World con 7,5% e

– quinto posto il 60/40 con il suo superclassico ritorno medio del 7%.

Chiaramente si potrebbero fare altri mille portafogli diversi e tra qualche settimana ci occuperemo del famosissimo portafoglio All Weather di Ray Dalio, che si è guadagnato la fama di essere un portafoglio dai buoni rendimenti, sempre intorno al 7-8% all’anno, ma con una volatilità nettamente inferiore ad altri portafogli più azionari.

Detto questo, cosa ci portiamo a casa da questi backtest?

Da un lato sembra che abbiamo evidenza definitiva del fatto che su lunghi orizzonti di tempo investire a manetta sul portafoglio azionario più esposto sull’America sia sempre la scelta vincente.

In realtà ciò è assolutamente vero solo se la nostra vita da investitori si becca una crisi importante nelle fasi iniziali, o a metà del percorso come in questo backtest, e poi gli ultimi 10-15 anni torna a volare.

Se invece abbiamo prima un bull market e poi un decennio perduto, come è accaduto se prendiamo in considerazione solo il periodo dal 1994 a metà del 2009, la storia cambia nettamente e le performance mirabolanti dell’S&P si schiacciano e diventano molto simili a quelle degli altri portafogli (per la cronaca, quasi tutti i portafogli in quei primi 15 anni avrebbero fatto circa il 4% all’anno, con il Portafoglio Multiasset top performer, tranne l’All World che avrebbe fatto poco più della metà).

Quindi oggi, cari amici miei belli freschi investitori alle prime esperienze con i mercati finanziari, che volete fare?

Ossessionati come siete dal portafoglio migliore si potrebbe concludere, basandoci sui 30 anni passati, S&P 500 uber alles e spacchiamo tutto.

Però sapete, questi ultimi 15 di anni di impressionante ascesa del mercato americano, trainato dalle super realtà tech, ricordano moltissimo il bull market degli anni 80 e 90, terminato con la bolla delle dot.com e poi con la crisi di Lehman Brothers.

Tra l’altro, colgo l’occasione per ricordare un libro favoloso, già citato in passato, che racconta benissimo quella situazione di mercato gonfiato che si è avuta a fine anni ’90 e le conseguenti crisi dei primi 2000 che è Irrational Exhuberance di Robert Shiller, altro premio Noble, tradotto in Italiano con Euforia Irrazionale, che vi linko negli shownote dell’episodio.

Oggi l’S&P 500 ha ancora una volta ha mostrato i suoi impressionanti muscoli al mondo e sembra aver confermato, se mai ce ne fosse bisogno, il famoso monito di Warren Buffett: “Never bet against America”.

Detto questo se domani ci ribecchiamo una nuova dot.com bubble (che questa volta si chiamerebbe AI bubble, visto che a sto giro è l’intelligenza artificiale a trainare tutto) e magari pure una nuova crisi legata a qualche prodotto finanziario derivato su cui siamo seduti senza saperlo che dovesse esplodere da un momento all’altro, siete disposti ad attendere 10 anni prima che il mercato più forte del mondo si riprenda il suo ruolo di leader?

Vi assicuro che sarebbero 3.652 giorni difficili per il vostro umore, non sono convinto che la super performance finale compenserebbe le ulcere allo stomaco che nel frattempo vi sarebbero venute.

Poi è anche vero che a inizio 2000 il mercato era molto più sopravvalutato di oggi, l’S&P 500 aveva un rapporto tra prezzo medio e utili per azioni di 40, mentre oggi siamo intorno a 24 — molto alto, certo, ma neanche lontanamente vicino alle assurde valutazioni di allora.

Tuttavia, se siete onesti e sinceri, pistola alla tempia quale portafoglio scegliereste una volta visti i risultati dei 30 anni passati?

Senza dubbio alcuno, la maggior parte di voi converrà che, per esempio, il portafoglio multiasset, obiettivamente sarebbe un buon compromesso.

500 € al mese dal 94 ad oggi e vi trovereste con quasi 600.000 € di patrimonio.

Con 1000 € al mese, invece, congratulazioni! Sareste più che milionari.

2000 € al mese, ok questa non è proprio alla portata di tutti, ma giusto per il gusto di fare i conti, avremmo quasi 2.600.000 € di patrimonio.

E’ vero, se investiti in altri portafogli avreste fatto meglio, ma avere una performance più stabile nel lungo termine, pur scontando il doloroso costo della diversificazione, ritengo che sia un compromesso accettabile.

Anche perché se andiamo a guardare i drawdown peggiori, ossia il massimo tracollo che quei portafogli avrebbero subito, ovviamente quelli 100% azionario avrebbero vissuto anche tonfi del 50%, roba da farsi venire un infarto ogni volta.

Tra l’altro c’è un altro dato interessante.

Se prendiamo i dati di quei trent’anni e facciamo una simulazione per capire quale sarebbe la probabilità, rimanendo investiti almeno per 10 anni e investendo mensilmente, di terminare i 10 anni con un rendimento positivo, beh, l’S&P 500 è quello che esce peggio.

Capito? Cioè intendo dire che se mi chiedo qual è la probabilità che investendo per i prossimi 10 anni, basandomi sui dati degli ultimi 30, la mia performance sarà positiva, paradossalmente è proprio sull’S&P 500 che avrò le probabilità più basse.

Comprensibile in fondo, visto che quello che dobbiamo portarci a casa dalla chiacchierata di oggi è che più un investimento è concentrato, maggiore sarà la sua deviazione standard e quindi il rischio di scostarci dal rendimento medio atteso.

Se infatti ci basiamo su questi dati storici, la possibilità che oggi avreste, investendo solo qui, di essere in attivo tra 10 anni sarebbe dell’87% (molto alta, ma non altissima dopo tutto).

Il portafoglio multiasset, invece, ha una probabilità del 97% di essere in positivo tra 10 anni.

Considerato che l’essere umano soffre molto di più le perdite di quanto non sia felice per i guadagni, direi che questo dato è incoraggiante.

Tutto considerato, quindi, il portafoglio migliore di tutti, cioè quello che avrebbe reso di più, alla fine forse non è il portafoglio ottimale per nessuno, data l’enorme volatilità a cui ci esporrebbe.

Ed è per questo che inizio episodio ho esordito dicendo che il portafoglio migliore, quello cioè che alla fine avrebbe performato meglio, spesso non è il portafoglio migliore per noi.

Tiriamo un po’ le somme e fissiamo alcuni punti.

NUMERO UNO: capite se, per come siete fatti e per la vostra situazione, l’obiettivo del vostro portafoglio deve essere quello di massimizzare il rendimento, oppure di minimizzare il rischio rispetto all’obiettivo di ottenere un certo rendimento.

Cioè mi spiego.

Per voi è più importante spingere sull’acceleratore per riuscire a portarvi a casa il massimo rendimento possibile, oppure impostare il portafoglio in maniera tale da minimizzare il rischio di incappare in qualche crisi pesante e vedere il vostro portafoglio sprofondare?

In un mercato efficiente, rischio e rendimento sono correlati, quindi per puntare ad un maggior rendimento dovete esporvi ad un rischio maggiore, che poi significa, come abbiamo, detto ad una maggiore volatilità.

Se siete esseri umani senza particolari deformazioni psicologiche, tendenzialmente la vostra felicità sarà maggiormente legata alle performance di un portafoglio che tende a tracollare meno, piuttosto che ad uno che alla fine farà meglio ma al costo di un sistematico sanguinamento lungo il percorso.

NUMERO DUE:

Diversificare ha un costo.

Diversificando il portafoglio riducete il vostro rischio specifico, ossia il rischio che un singolo asset o un singolo mercato abbia un tracollo.

Allo stesso tempo però questa cosa non la ottenete gratis, come abbiamo visto, ossia qualunque portafoglio diversificato non risulterà mai alla fine quello con la migliore performance in senso assoluto.

E questo, ragazzi, è perfettamente ok.

No regret, è giusto che alcuni pezzi del vostro portafoglio ogni anno vadano peggio di altri.

Ogni anno, se prendete tutte le asset class quotate sul mercato (azioni, obbligazioni, materie prime, immobili e via dicendo) tra quella che va meglio e quella che va peggio ci sono mediamente dai 20 ai 40 punti percentuali di differenza di performance.

È impossibile avere portafogli che non perdono mai e soprattutto avere tutte le parti del nostro portafoglio sempre in positivo.

Avere una componente del portafoglio in perdita non vuol dire che il portafoglio è sbagliato, vuol dire solo che è diversificato.

Certe parti poco performanti del portafoglio a volte servono solo per permettere a quelle performanti di esplodere.

E in pratica questo è il motivo per cui molti mettono in portafoglio obbligazioni che rendono meno, per potersi così permettere di investire la restante parte in azioni perché altrimenti investire 100% in azioni potrebbe rappresentare un rischio non sostenibile.

Prendo in prestito una splendida metafora di Nicola Protasoni secondo cui alcune parti del portafoglio fanno quello che faceva Dennis Rodman nei Chicago Bulls di Michael Jordan.

Rodman non faceva mai canestro, era indisciplinato e rissoso, ma il suo lavoro sporco durante le partite, a prendere e dare botte e recuperare palle, è stato decisivo per permettere a Michal Jordan e Scottie Pippen di vincere tutto e creare l’immortale leggenda dei Bulls nella storia dell’NBA.

Per chi non avesse capito una cippa di questa metafora si guardi la bellissima serie su Netflix “The Last Dance” su Michael Jordan e capirà.

Tornando alla finanza, attenzione che quando si dice che la diversificazione è l’unico pasto gratis in finanza non significa che ciò non abbia un costo.

Significa solo che a parità di rendimento atteso, un investimento diversificato riduce il rischio specifico.

Come dicevamo all’inizio, se investo in una società a caso dell’S&P 500 o in un ETF sull’S&P 500 ho in teoria lo stesso rendimento atteso del 10%.

Nel secondo caso però il rischio sarà inferiore e avrò maggiori probabilità di fare in effetti il 10% medio all’anno, in questo senso è un pasto gratis.

Invece se 30 anni fa, indecisi tra una Microsoft di buon potenziale nei primi anni dei personal computer e una solidissima e indistruttibile General Electric gioello assoluto del capitalismo americano, aveste scelto per una piuttosto che l’altra, in entrambi i casi il ritorno atteso sarebbe stato 10% all’anno, ma decisamente le due storie sarebbero state molto diverse.

10.000 $ investiti nel 94, con General Electric sarebbero diventati oggi 50.000, mentre con Microsoft 1 milione e mezzo.

C’est la vie.

NUMERO TRE:

State sereni.

In qualunque dei 5 portafogli aveste investito 30 anni fa, così come in moltissimi altri portafogli che si potevano prendere ad esempio, avete visto che comunque ne sareste usciti alla fine soddisfatti.

Ci sono e ci saranno sempre alternative di investimento migliori.

Ma il punto per noi non è centrare il massimo ritorno possibile da qui ai prossimi 30 anni.

Il punto è investire i nostri soldi e avere un rendimento che ci renda finanziariamente più solidi e soddisfatti e che in ultima istanza ci faccia raggiungere i nostri obiettivi.

Non diventate matti a scegliere la duration esatta dei vostri etf obbligazionari, non diventate matti a scegliere l’esatta ponderazione al centesimo della vostra esposizione geografica, non diventate matti, soprattutto, a cercare di prevedere cosa farà il mercato o l’economia nel futuro per poi allocare i vostri asset di conseguenza.

Alla fine, è il mercato che fa i rendimenti.

Noi possiamo prenderci solo quel che il mercato ci offre standoci dentro in maniera equilibrata.

Scegliete quindi il portafoglio che vi fa stare meglio, adottate un’asset allocation funzionale per voi, per i vostri obiettivi e per la vostra salute mentale e concentratevi soprattutto sulla prima parte del gioco, ossia sul risparmio.

Una volta che avete scelto il vostro portafoglio, qualunque esso sia, metteteci dentro più risparmio che potete (ferme restando le solite raccomandazioni sul fondo di emergenza e sulla gestione della liquidità a medio termine).

Chissene se il rendimento migliore ce l’avrà qualche altro portafoglio.

Se investite 1000 € al mese in un portafoglio che vi dà il 6% all’anno, alla fine ottenete praticamente lo stesso di chi investisse 500€ al mese in un portafoglio iperaggressivo che per pura fortuna rendesse il 10% all’anno.

Non è così importante il rendimento, tanto non dipende da voi.

Conta molto di più la capacità di alimentare il vostro portafoglio, mettendo costantemente più risparmio possibile dentro un investimento di buon senso.

Ah un’altra buona idea per sostenere i rendimenti dei vostri investimenti a lungo termine e non sperperare fortune in commissioni.

Se avete il dubbio che il vostro broker non sia quello più conveniente, il nostro partner Scalable Capital non era contento di offrire piani di accumulo senza costi d’ordine per tutti gli account e interessi sulla liquidità del 4% all’anno per 4 mesi per chi sottoscrive l’abbonamento prime plus da 4,99 € al mese.

NO.

Come avevo ironizzato qualche settimana fa, ci mancava solo che Scalable desse pure ai suoi clienti dei soldi da investire.

Eh alla fine devono avermi ascoltato e mi hanno preso sul serio.

Sapete come sono i tedeschi, a fare le macchine fighe sono fortissimi, senso dell’umorismo invece, mmhhh.

Niente, comunque dal 22 dicembre 2023 al 31 gennaio 2024 Scalable ha deciso di regalarvi:

– 25 euro per chi sottoscrive il piano gratuito Free Broker e

– 50 euro per chi sottoscrive il piano Prime o Prime Plus o per chi da aveva già Free Broker e vuole passare ad uno di questi.

Per ottenere il bonus, è sufficiente effettuare almeno 6 operazioni di investimento da almeno 500 € ciascuna (ad esclusione dei piani di accumulo) e mantenere il piano attivo per almeno 6 mesi.

Vi lascio come sempre il link negli shownote se voleste attivare un account su Scalable e ottenere il bonus.

E come sempre vi ricordo che questo è un contenuto sponsorizzato, che su usate il link Scalable pagherà a The Bull una commissione e che se invece questa cosa non vi sta bene potete andare sul sito di Scalable e fare tutto direttamente da lì ottenendo gli stessi benefici.

Detto questo, grazie a tutti voi che sempre più numerosi continuate a seguire questo podcast, la vostra fedeltà e costanza settimana dopo settimana vale ogni singola sveglia alle 4:30 del mattino per preparare i contenuti che voi ascoltate.

Sì, sembrano cazzate che mi escono di pancia, invece no, le preparo pure prima!

Comunque, nel caso vi interessasse, siamo vicinissimi ai 200.000 episodi ascoltati e ormai da settimane abbiamo piantato le tende tra i primi 40 podcast più ascoltati di Italia.

Ovviamente tutto ciò senza di voi non sarebbe accaduto, quindi è a voi che va la mia imperitura gratitudine per essere con me in questo splendido viaggio.

Per chi non lo avesse ancora fatto, invece, vi invito come sempre a mettere segui e attivare le notifiche su Spotify, Apple Podcast o qualunque piattaforma usiate e a lasciare una recensione a 5 stelle per supportarci e permetterci di continuare a produrre contenuti che vi fanno fare il giro del mondo in 80 portafogli ma tanto alla fine comanda l’America e gli altri muti sempre nuovi.

Per questo episodio invece è davvero tutto e noi ci ritroviamo qui il 31 dicembre, per chiudere questo primo anno solare insieme con una puntata che guarderà ai buoni propositi per il 2024, sempre, naturalmente, con The Bull — il tuo podcast di finanza personale.

Recensioni

Quando capisci come funziona la finanza… ti viene voglia di raccontarla!

Veramente interessante, chiaro e conciso. Cambia la vita finanziaria di chiunque.. da ascoltare assolutamente anche per chi di finanza non vuole occuparsi mai

Francesca B., 6 Apr 2024

Podcast piacevole, scorre veloce ma in modo estremamente chiaro, spiega i concetti chiave per gestire le proprie finanze, fornendo la classica cassetta degli attrezzi. Complimenti, davvero ben fatto!

Massimiliano, 29 Mag 2024

Da quando l'ho scoperto in 15 gg mi sono ascoltato 150 puntate senza fermarmi, ho annullato gli altri podcast per portarmi alla pari ed ascoltare tutte le precedenti puntate, ben fatto, esattamente il livello di informazione che mi serviva

Gianluca G., 11 Set 2025

La mia ignoranza in materia mi ha sempre creato dei dubbi, ma grazie a un amico ho iniziato ad ascoltare il podcast. Per fortuna che ho 24 anni e un po' di tempo e soldi da dedicarmi a imparare le varie nozioni per me stesso. Grazie mille!

Luca G. 10 Ott 2025

Riccardo mi ha letteralmente cambiato la vita e fatto scoprire che amo la finanza, ho ascoltato il podcast già due volte e non mi stufo mai di ascoltarlo, parla in modo semplice e chiaro

Massimo D., 23 Set 2025

Dovrebbero ascoltarlo buona parte degli italiani e io avrei dovuto scoprirlo con qualche anno in anticipo ma meglio tardi che mai

Matteo C., 3 Set 2025

Ho seguito tutte le puntate! Grazie veramente

Amalia A., 17 Set 2025

Podcast che dà sempre spunti interessanti che personalmente mi ha fatto appassionare alla finanza personale spingendomi ad approfondire in prima persona.

Lorenzo, 13 Mar 2025

Veramente veramente raccomandato! la finanza personale riassunta alla perfezione! e spiegata partendo dall'ABC! Ottimo anche da ascoltare a velocita 1,5x!

Giorgia R., 23 Gen 2025
Facile.it
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