Cosa fare se hai investito con Banche o Assicurazioni
Hai investito in costosi fondi comuni di investimento con commissioni del 2% all'anno e rendimenti inferiori al mercato? Hai sottoscritto una polizza sulla vita con una penale di uscita che costa più della tua macchina? In questo episodio proviamo a capire come gestire questi investimenti passati e perché ordinare un piatto di cozze a Cortina non è la migliore idea che potrebbe venirvi in settimana bianca.

69. Cosa fare se hai investito con Banche o Assicurazioni
Risorse
Punti Chiave
Fondi bancari/assicurativi: alti costi, basse performance.
Liquida investimenti inefficienti, anche in perdita, per ETF.
Supera la Sunk Cost Fallacy: le perdite passate non contano per il futuro.
Trascrizione Episodio
Bentornati a THE BULL – Il tuo podcast di finanza personale
7 Gennaio 2024, care amiche e cari amici di The Bull, ricordatevi questa data perché sarà il giorno in cui mi sarò fatto più amici di sempre!
Eh sì, perché quando fai un episodio in cui ti appresti a parlare di male di Banche e Assicurazioni, due tra i più potenti centri di influenza nel nostro Paese, stai per forza per fare incazzare una sequela di gente che non amerà affatto il tuo genuino tentativo di aiutare le persone a gestire meglio i propri soldi.
Del resto, per quanto strano possa sembrare, banche e assicurazioni non sono enti benefici, la loro ragion d’essere è ottenere profitti attraverso l’erogazione di servizi di natura finanziaria.
Poi caso mai il tema è se sia corretto che i loro servizi spesso si basino sull’idea di circonvenzione d’incapace, dato che l’Italiano medio — e mi ci metto dentro pure io perché back in the days io stesso ho investito con entrambe — è caratterizzato come noto da un mix esplosivo fatto di:
– Scarsissima competenza finanziaria e
– Pessime capacità matematiche.
Questa formidabile combinazione fa sì che milioni di Italiani vengano sistematicamente intortati da Banche e Assicurazioni che mostrano loro bellissime schede informative di prodotti di investimento, facendo credere che grazie ad essi i loro risparmi saranno al sicuro e cresceranno nel tempo e rincoglionendo l’interlocutore convincendoli che commissioni del 2, 3, 4% all’anno sul patrimonio siano un costo tutto sommato accettabile da sostenere a fronte di tanto servizio.
Allora, arrivati al 69esimo episodio del podcast, sappiamo tutti molto bene che Banche e Assicurazioni sono gli ultimi soggetti da interpellare quando si tratta di investimenti finanziari.
Le banche vanno bene per i conti, i depositi, i mutui, i prestiti alle imprese e tutto quanto.
Le assicurazioni vanno bene per — indovinate un po’? — per le assicurazioni? Quindi casa, auto, vita, salute e via dicendo.
Investimenti, invece, mmmhhhh no, decisamente no,
Sarebbe un po’ come andare in un ristorante in Trentino a mangiare una grigliata mista di pesce.
Per l’amore del cielo, ci sarà sicuramente in Trentino qualcuno che lo fa, però in Trentino forse meglio mangiare gli Spatzle e i Canederli, così come non mi sognerei di ordinare il cervo con la polenta in un ristorante a Positano.
Ecco per chi vuole un riassunto dell’episodio perché ha poco tempo e deve andare a fare altro, sappia che il concetto è tutto qui.
Investire i vostri soldi con banche e assicurazioni è l’equivalente di ordinare un’impepata di cozze a Cortina.
Se va la fanno, probabilmente sarà una merda e vi costerà un occhio della testa.
Che poi è lo stesso feedback che di solito do quando qualcuno mi chiede cosa ne pensi di investimenti gestiti da banche e assicurazioni.
Quindi la prossima volta che qualche vostro amico vi proporrà un formidabile investimento finanziario con la banca o l’assicurazione per cui lavora — perché tutti abbiamo un amico che lavora per qualche banca o assicurazione e ci vende sta roba — ecco fate il test dell’impepata di cozze a Corina.
Se pensate che ordinereste davvero a Cortina quella specialità non esattamente locale, allora procedete.
Se invece vi sembrerà una stronzata, ecco molto probabilmente sarà una stronzata pure quell’investimento.
Ora, che in futuro ci penserete 36 volte prima di valutare un investimento attraverso questi intermediari, dopo 69 episodi di questo podcast lo do per scontato.
Il problema è che, come moltissimi tra di voi mi hanno scritto, oggi tanti dei vostri soldi, o quelli di persone a voi vicine, sono investiti in fondi comuni o polizze e non sapete cosa fare, se liberarvene, se tenerle, se aspettare che prima facciano un certo rendimento e così via.
Pertanto nell’episodio di oggi cerchiamo di vedere le situazioni principali in cui potreste trovarvi e che soluzioni avete di fronte.
Prima di cominciare però, dato che il passo successivo alla dismissione dei vostri costosi investimenti con banche e assicurazioni sarà trovare un broker a basso costo per investire in prodotti seri come dio comanda, come sapete questo podcast è orgogliosamente partner di Scalable Capital anche nel 2024 e vi ricordo che fino al 31 Gennaio potete avere fino a 50 € di bonus se attivate un account Prime o Prime Plus o se passate ad uno di questi dal vostro piano Free Broker, a condizione che vengano fatte almeno 6 operazioni di investimento da almeno 500 € ciascuna (all’infuori dei PAC) e che il piano venga mantenuto attivo per almeno 6 mesi.
Se questa cosa può interessarvi vi lascio il link nella descrizione dell’episodio.
Vi ricordo come sempre che se utilizzate il link Scalable mi pagherà una commissione con la quale potrò comprarmi come minimo la banchetta locale vicino a casa dei miei, mentre se preferite potete benissimo saltare The Bull, andare direttamente sul sito di Scalable e fare tutto da lì esattamente con gli stessi benefici.
Allora, Fondi con le Banche, che si fa?
Ricordiamo velocemente quali sono i problemi del 99,9% della robaccia in cui avete investito i vostri soldi (e in cui pure io li avevo investiti tempo fa).
PROBLEMA UNO: le commissioni di gestione sono fuori da ogni logica.
Il costo medio di un fondo gestito obbligazionario è intorno all’1% all’anno, con l’azionario siamo facilmente dal 2% in su.
In alcune circostanze, più rare per fortuna, ho visto anche costi di ingresso, costi di uscita e commissione di performance.
C’è di buono che dato che le performance fanno sempre cagare, quando ci sono commissioni di performance saranno bassissime…
COME ARGOMENTA L’AMICO CONSULENTE BANCARIO?
Dice: sì è vero i fondi gestiti costano venti volte più di etf, però rispetto agli etf che sono passivi e ritardati, qui c’è il solito gestore illuminato che sa scegliere il mix migliore di azioni e obbligazioni in grado di fare meglio di quanto fa il mercato di riferimento.
Come sapete questa cosa è una cazzata gigante, perché i report annuali come quelli di S&P o di Morningstar dicono chiaramente che su orizzonti superiori a 10 anni praticamente 9 fondi su 10 non riescono neanche a fare tanto quanto il benchmark e che quelli che riescono a batterlo comunque non riescono a ripetersi nei 10 anni successivi.
Quindi il PROBLEMA DUE è: i fondi attivi hanno delle performance mediamente inferiori a quelli degli ETF che replicano gli stessi mercati di riferimento.
CONTRORISPOSTA DELL’AMICO CONSULENTE che ormai è preparato a questa cosa e quindi gli hanno insegnato come deve rispondere per rincoglionire il povero risparmiatore in buona fede.
Pronti?
Attenzione perché questa l’ho vista in qualche video su youtube in cui si provava a difendere l’indifendibile e ho riso più di quando guardavo Mai dire Gol da ragazzino.
Il consulente dice: “è vero che il 90% dei fondi costa un fottio e non batte il benchmark ma noi consulenti siamo in grado di selezionare per te, e solo per te caro mio investitore fortunello di oggi, i migliori fondi attivi che battono i mercati”.
Booom!!!!
Ah beh ma se li sai selezionare tu, allora tutto a posto.
E di grazia, come saresti in grado di farlo?
No, chiedo per un amico…
Perché le opzioni sono:
1) Hai guardato le performance passate e hai trovato il 10% di fondi che negli ultimi anni ha fatto bene. Questo però, mio sprovvedutissimo amico, si chiama Bias del Sopravvissuto, quindi il fatto che questi siano andati bene in passato non è assolutamente predittivo del fatto che andranno bene in futuro (ricordati dei report di cui sopra che dicono che i migliori fondi di un certo decennio non rientrano tra i migliori fondi del decennio successivo, per via di quell’altro principio molto importante che si chiama regressione verso la media);
2) Opzione due: hai qualche particolare dote divinatoria che ti permette di prevedere il futuro e sapere oggi quali fondi andranno meglio domani. Ma allora mi chiedo per quale cazzo di motivo fai il consulente bancario per gestire i quattro soldi dei risparmiatori che ti passano a tiro e non fai i miliardi sfruttando questa capacità.
Quindi come diavolo fai a selezionare i fondi che battono il mercato?
Risposta: è impossibile, questa argomentazione è una cazzata atomica.
Anche perché il fatto che il gestore di un fondo riesca a fare meglio del suo mercato di riferimento è dovuto esclusivamente ad una serie di circostanze casuali. È pura fortuna, la competenza non c’entra nulla.
Pensi che sia un’idea dell’autore stravagante di questo podcast?
Prima che qualcuno mi scriva qualche rovente commento contestandomi questa cosa e dicendomi che non è vero! Ci sono i gestori bravi che fanno meglio della media, ecco, ci sono una miriade di studi fatti sull’argomento, tra cui il più famoso è stato condotto dal premio Nobel Eugene Fama e Kenneth French nel 2010, in cui i due hanno dimostrato che non esiste alcuna evidenza che la competenza del gestore giochi un qualche ruolo sulla performance dei fondi attivi più che il semplice caso.
In base alle loro analisi condotte su un campione di oltre 10.000 simulazioni, non emerge alcun chiaro contributo ascrivibile alla competenza del gestore sulla performance dei fondi, che appunto appaiono del tutto casuali, rendendo quindi impossibile poter selezionare un fondo “migliore” per via di una qualche evidente competenza di chi lo gestisce.
L’articolo dimostra inoltre, casomai ce ne fosse bisogno, che anche dove ci fossero particolari competenze dei gestori, comunque esse non sono sufficienti a ottenere performance in grado di compensare i costi.
E il consulente della Banca muto.
Per chiudere in bellezza, c’è un TERZO PROBLEMA, i fondi gestiti da banche e assicurazioni sono gestioni patrimoniali.
Come abbiamo spiegato nell’episodio con Michele, il nostro amico Tax Advisor che ringrazio nuovamente per la sua disponibilità a condividere la sua competenza, con le gestioni patrimoniali voi tutti gli anni pagate le tasse sulla parte in positivo dei vostri fondi (al netto di eventuali compensazioni con le minusvalenze di quelli in negativo).
Non sto neanche a ribadire perché questa cosa sia deleteria sugli effetti del rendimento composto di un investimento.
A sto punto, visto che queste informazioni iniziano a girare e i consulenti delle banche non sanno più che stronzate raccontare, arrivano i deliri.
PRIMO DELIRIO: eh attenzione però, perché quando compri un ETF paghi uno spread (che è in pratica la differenza tra il prezzo a cui è offerto un etf, detto prezzo ask, e il prezzo a cui effettivamente lo comprate, detto prezzo bid).
Eh già, sono problemi.
Aspettate un attimo che vado a vedere lo spread di un ETF sull’MSCI World.
Dunque, 0,1%.
Quindi questo 0,1 dovrebbe giustificare il 2% di costi del tuo fondo attivo?
No comment.
SECONDO DELIRIO: eh però occhio che ormai ci sono ETF attivi, ETF a leva, ETF short, oltre al fatto che orientarsi in mezzo a quasi 2.000 ETF quotati a Milano è un ginepraio.
Eh già, perché in effetti è come dire che uno non dovrebbe più comprare maglioni, perché ormai esistono così tanti maglioni e di così tanti brand e addirittura una volta ne ho visto uno orrendo con un alce di stoffa cucita sopra, no no, meglio non rischiare.
Anche sta cagata si commenta da soloa
TERZO e ULTIMO DELIRIO: i fondi attivi coprono molto meglio il mercato, gli ETF si limitano a replicare i grandi indici e quindi si perdono un sacco di opportunità.
Qui la risposta è duplice:
1) I grandi Indici fondamentalmente rappresentano il, boh, 90? 95% della capitalizzazione azionaria globale? quindi immagino quali grandi opportunità ci stiamo perdendo, oltre al fatto che non è vero perché ormai esistono ETF che replicano anche il consumo di avocado nel sushi.
2) Ma che cazzo me ne frega di avere un’esposizione alla nicchia della nicchia della nicchia se tanto alla fine non si trova uno straccio di fondo attivo in grado di garantire, al netto delle fee, un rendimento sistematicamente superiore al 6, 7% all’anno come fa da 40 anni un banale portafoglio di ETF 60/40?
Fine dei deliri.
Questi sono tutti i problemi che hanno i fondi appioppati dal vostro ormai ex amico che lavora in una banca o in un’assicurazione.
Poi con le assicurazioni vedremo che c’è anche un’inculata in più, per ora però accontentiamoci dei problemi proprio strutturali dei fondi gestiti.
Benissimo.
Allora abbiamo fatto anni fa investimenti con la nostra banchetta.
Che si fa?
Prima roba, andate a guardare i codici ISIN dei vostri 400 fondi che vi avranno infilato nel portafoglio (eh sì perché devono prendere commissioni un po’ da tutti, mica possono darvene solo 4 o 5).
Tra l’altro sta cosa fa ridere perché i consulenti dicono di sapere scegliere solo quel ristretto gruppo di fondi top, salvo poi mettervene dozzine nel portafoglio, boh…
Cmq dicevo, pigliate gli ISIN, andate per esempio su Morningstar e in un colpo solo potrete apprezzare:
– UNO: quanto state pagando di commissioni (2,5%? eh te l’avevo detto)
– DUE: come è andata la performance del fondo rispetto al benchmark (come dici? La lineetta colorata del benchmark è in alto e quella del fondo della tua banca è più in basso? Che strano, non l’avrei mai immaginato).
Ora, di solito gli scenari sono due:
SCENARIO UNO: il vostro investimento è comunque in profitto.
A questo punto potreste essere tentati di lasciarlo lì dato che sta comunque guadagnando.
E qui io vi chiedo: “ma perché se stai pagando di più per una roba che rende di meno rispetto ad un ETF che copierebbe lo stesso identico indice rendendo di più e costandoti di meno, ciononostante vuoi comunque continuare a tenerti sti fondi della banca?”.
Eh perché magari sbaglio…
Magari mi metto ad investire in ETF e poi gli investimenti vanno male… mentre invece con la banca sarebbero andati meglio perché c’è il gestore.
Allora, stai sereno mio buon amico.
La probabilità che succeda davvero questa cosa con tutti i tuoi fondi è, nella migliore delle ipotesi, del 10%, ossia nel remoto caso in cui salta fuori che quei fondi che ti avevano venduto erano davvero il meglio del meglio del meglio del risparmio gestito mondiale.
Altrimenti se hai un fondo gestito che ha come benchmark per esempio l’MSCI World, ma allora comprati un ETF sull’MSCI World.
Se dovesse cominciare ad andare male, stai tranquillo che pure il fondo della banca andrebbe male, ma almeno così il 2% di commissioni te lo tieni in tasca tu.
Quindi, hai fondi gestiti con la banca in attivo?
Bene, sai già cosa fare.
SCENARIO DUE: il vostro investimento è in perdita.
Reazione tipica: aspetto che torni in positivo e poi liquido tutto.
Amici miei, mi spiace dirvi che statisticamente questa non sarà la decisione migliore.
Spieghiamolo con un esempio, seguitemi bene perché mi sa che vi ci ritroverete in tanti in questa situazione.
Diciamo che, per semplicità di calcolo, avete investito 10.000 € in schifezze varie con la banca.
Dopo 3 anni, oh!, sorpresa, siete sotto del 10%! Mi spiace.
Quindi il vostro portafoglio vale 9.000 €.
Ovviamente siete sotto anche perché state pagando il 2% all’anno, oltre al fatto che a quanto pare il vostro brillante gestore non è così bravo a sovraperformare il mercato.
Diciamo, sempre per semplicità, che il vostro fondo ha come benchmark l’MSCI World (tanto sicuramente uno così ce l’avete tutti).
Che fate?
In qualunque modo la girate, avreste sempre un rendimento migliore liquidandoli, anche in perdita, e liberandovi delle commissioni, piuttosto che aspettare che l’investimento vada in positivo.
Se va in positivo subito, allora tanto vale portarlo in positivo tramite un ETF sullo stesso benchmark, così il rendimento sarà superiore.
Se non va in positivo per un po’, allora a maggior ragione conviene dismetterlo asap e levarsi dalle palle quella tassa del 2% all’anno che continuereste a pagare.
Quando si tratta di un investimento in fondi comuni di investimento non esiste nessuna situazione, sia che siate in positivo che in negativo, in cui sia meglio aspettare piuttosto che liquidare subito e reinvestire i propri soldi in uno strumento passivo a basso costo come gli ETF.
Facciamo un esempio estremo.
Diciamo che l’MSCI World perde soldi per 10 anni di fila.
Anche in questo caso conviene accettare la perdita sull’investimento con la banca, ma quel 2% all’anno per 10 anni lo recuperate indirettamente grazie alle commissioni che risparmiate per i 10 anni successivi.
Nella fattispecie 2% all’anno su 9.000 € sono oltre 1.600 € (ho fatto i conti io prendetelo per buono), quindi questi 1.600 di risparmio vi compensano i 1.000 che nella vostra contabilità mentale avete perso quando avete deciso di liquidare l’investimento con la banca in negativo.
Chiaro?
Quindi se state bene con la banca, rimanete con la banca, nessuno vi dice di non farlo.
In fondo tutti stiamo già facendo un sacco di cose autolesionistiche nella vita come bere, fumare, non fare attività fisica, mangiare troppa carne rossa, dormire poco e via dicendo.
Una più o una meno.
Ma se volete cambiare e avete compreso la basilare matematica di cui sopra, non ha senso aspettare un solo secondo.
L’unica circostanza in cui avrebbe senso restare con la banca sarebbe se il fondo della banca negli anni successivi dovesse riportare una sovraperformance rispetto al benchmark.
Ma appunto avete una probabilità su 10 che questo accada e state sereni che i migliori fondi del mondo non sono quelli che vi ha propinato il vostro cordialissimo consulente.
Veniamo ora invece al tema più rognoso, che è quello degli investimenti con le assicurazioni.
Qui il tema un po’ si complica, perché tipicamente le assicurazioni del ramo vita contenenti investimenti finanziari hanno questa simpatica spina nel culo che si chiama penale per recesso anticipato.
Questa cosa fa una certa differenza rispetto al discorso appena fatto sui fondi delle banche e fa sì che non sia sempre conveniente dismettere l’investimento perché il rischio è davvero quello di dover tirar fuori un pacco di soldi.
Non è che il ragionamento di base cambi, però l’esercizio di calcolo è un po’ più complesso e si tratta di fare qualche simulazione per capire in sostanza quando diventa conveniente liquidare anche accollandomi il costo della penale di uscita.
Facciamo un esempio.
Diciamo che ho un’assicurazione sulla vita che investe in diosolosacosa, dato che con i prodotti assicurativi è ancora più difficile che con quelli bancari capire cosa cazzo ci abbiano messo dentro.
Noi per semplicità assumiamo che una volta dismesso il prodotto assicurativo investiremo i soldi che ci sono rimasti in un portafoglio 60/40, fatto di azionario globale e di obbligazionario governativo europeo.
Bene.
Ammettiamo che finora abbiate investito 5.000 € all’anno per 6 anni, quindi 30.000 in totale.
Questo simpatico fondo vi costa il 3% all’anno (sì di solito le assicurazioni sono ancora più care delle banche, mi spiace).
Purtroppo vi è andata male, perché oltre ad essere costoso (come le cozze a Cortina) il portafoglio in cui siete investiti è pure una merda (come le cozze a Cortina).
Dopo 6 anni, un po’ per i rendimenti mediocri del fondo, un po’ per le commissioni, un po’ perché per farvi stare “sereni” il vostro assicuratore vi aveva rimpinzato nel 2018 di fondi obbligazionari e negli ultimi 2 anni sono crollati sotto i piedi per via del rialzo dei tassi, insomma siete sotto del 10%, quindi 27.000 €.
E voi vorreste uscire, perché nel frattempo avete ascoltato The Bull e il suo bislacco conduttore a cui piace fare i conti sugli investimenti passati vi ha detto che il più stupido dei portafogli 60/40, dal 2018 ad oggi vi avrebbe portato, a parità di investimento, a circa 35.000 €, altro che 27.000.
Comunque, il passato è passato, guardiamo avanti.
Dicevamo, voi vorreste uscire, però il problema è che TA — DA! L’assicurazione ha una bella penalona.
Se liquidate, perdete il 30% del capitale investito.
A volte non è così alta, a volte forse anche di più, però prediamo questo valore piuttosto importante e vi auguro che le vostre assicurazioni abbiano penali inferiori.
In pratica se uscite lasciate per strada i 3.000 € di perdita del vostro investimento più altri 8.100 € di penale.
Alla fine avreste investito 30.000 € e ve ne ritrovereste circa 19.000.
Bella merda.
Ora, conviene o non conviene?
Facciamo un esperimento mentale.
Diciamo che da qui ai prossimi 5 anni l’assicurazione renderà il 5% all’anno (che quindi per voi è il 2%, al netto delle commissioni) e che io continuo a versare i miei 5.000 € all’anno.
Diciamo inoltre che il nostro portafoglio di controllo fatto di ETF 60/40 farà il 6% all’anno (già al netto delle ridicole commissioni degli ETF), sempre mettendo 5.000 € all’anno.
Benissimo, vediamo tra 5 anni come andrebbero i due investimenti.
Con l’assicurazione arriverei a circa 56.000 €.
Se invece liquidassi, perdessi la penale e ripartissi quindi da 19.000 €, dopo 5 anni arriverei a 54.000 €.
Vedete, quindi, in un orizzonte di 5 anni resta comunque leggermente più conveniente rimanere investiti nell’assicurazione.
In realtà, già dall’anno successivo, però, a parità di tutte le condizioni, l’investimento in ETF comincerebbe a superare quello dell’assicurazione, anche dovendosi accollare la penale.
Il discorso cambia leggermente, invece, se la vostra penale è decrescente, ossia se si riduce man mano che passano gli anni.
E li sta a voi, Excel alla mano, capire quale sia il momento che conviene aspettare prima di liquidare tutto.
Insomma, long story short: anche nel caso delle assicurazioni, nella stragrande maggioranza dei casi probabilmente conviene nel lungo termine dismettere e investire in prodotti a basso costo, pur pagando la penale che su orizzonti temporali abbastanza lunghi sarà più che compensata dai minori costi e rendendo così conveniente operare questa transizione.
Nel caso più complesso delle assicurazioni, dove c’è questo grosso tema della penale che rende un po’ più complicato fare simulazioni univoche, valutate intanto se la vostra assicurazione vi consente di interrompere la contribuzione periodica, così intanto smettete di buttarci dentro capitali e nel frattempo usate quei capitali in maniera più efficiente in altri tipi di investimento.
Riassuntone dunque:
– Se ho fondi comuni d’investimento con una banca, c’è come minimo un 90% di probabilità che su 10 anni o più, a parità di benchmark, vi convenga liquidare tutto e investire in ETF (anche mantenendo la stessa identica asset allocation);
– Se ho invece investimenti assicurativi, eh, qui fate un po’ i conti per capire quanto impatta la penale e se ci sono momenti più propizi nel prossimo futuro in cui l’impatto della penale si riduce e quindi il passaggio diventa mento doloroso.
Vorrei fare una precisazione più di natura psicologica qui, perché spesso le vostre decisioni finanziarie saranno condizionate più da bias che da ragionamenti oggettivi.
Fate molta attenzione a questo passaggio perché il tema di cui stiamo per parlare ha applicazioni che vanno al di là della finanza e di solito determina molti comportamenti fondamentali in vari aspetti della nostra vita.
Permettetemi di presentarci la Fallacia di Costi Irrecuperabili.
Questa cosa è nota come Sunk Cost Fallacy ed è un fenomeno studiatissimo in quel vasto filone di ricerca che fa capo alla cosiddetta Economia Comportamentale.
In poche parole, la teoria economica classica dice che i costi passati (in particolare le perdite passate non più recuperabili) dovrebbero essere irrilevanti ai fini delle decisioni che prenderemo rispetto a investimenti futuri.
Cioè se ho investito soldi in qualcosa e dopo un po’ mi rendo conto che questa cosa è stata un fallimento, punto, devo cancellare questa perdita dalla mia contabilità mentale e investire i miei soldi in altro.
L’essere umano però non è razionale proprio per niente e al contrario tenderà a mettere altri soldi in quell’investimento fallimentare nel tentativo di “recuperare” le perdite, con il risultato che il più delle volte quelle perdite non faranno altro che aumentare.
Se voi avete investito con banche e assicurazioni e vi siete resi conto che quegli investimenti erano inefficienti, basta, razionalmente dovreste solo accettare la perdita, mandare tutto a fanc*** e usare i vostri soldi in investimenti che ritenete migliori, senza più pensare ai soldi che se ne sono andati dando retta a qualche vostro conoscente che vi aveva garantito che quei fondi o quelle polizze fossero la cosa migliore per voi.
Perché però incappiamo nella Sunk Cost Fallacy?
Razionalmente non ha senso, nelle nostre decisioni economiche non dovremmo mai basarci sui costi passati (le perdite che ho accumulato sinora) ma sempre su quelli futuri (come ad esempio le commissioni da rapina che continuerò a pagare e i mancati rendimenti investendo con dei prodotti del tipo “cozze a Cortina”).
Eppure siamo naturalmente tentati di perseverare.
E lo so che ho così.
Mi avete scritto in tantissimi, incazzati come iene per i soldi che vi hanno fatto sperperare, però allo stesso tempo si percepisce che vi piange il cuore alla sola idea di accettare di aver perso soldi e di liquidare i vostri investimenti registrando così delle perdite oggettive.
Ci sono una serie di bias che però vi stanno facendo ragionare nel modo sbagliato, e sono i seguenti, seguitemi bene:
– UNO: l’avversione alle perdite e il disagio psicologico connesso. In quanto esseri umani, siamo strutturalmente inclini a soffrire più una perdita di quanto non saremmo felici per un guadagno dello stesso importo. Questa disposizione psicologica ci paralizza all’idea di dover accettare una perdita come definitiva. Ci soffriamo proprio.
– DUE: il bias di conferma, ossia siamo naturalmente portati a credere che una decisione passata sia migliore di quello che è per non dover ammettere a noi stessi di aver commesso un errore (o meglio, di essere stati indotti in errore da altri di cui vi fidavate). Per effetto di questo bias siamo sempre portati a persistere in un errore piuttosto che prendere una decisione netta, ammettere di aver sbagliato, tirare una riga e passare oltre.
– TRE: il bias del committment, ossia quella tendenza intrinseca alla nostra natura di sentirci legati a qualcosa in cui abbiamo investito e che ci rende più difficile prendere la decisione di svincolarci e di abbandonarla
– QUATTRO: c’è una sorta di senso di responsabilità e di avversione al rimpianto nel fatto di dover accettare di aver in qualche modo “sprecato” delle risorse per delle decisioni sbagliate e quindi spesso si tende a procrastinare
In definitiva, il vostro problema è più psicologico che finanziario.
Un investimento passato non è stato il migliore che potevate fare?
Amen.
Non dovete sentirvi in colpa.
Non dovete essere dispiaciuti.
Non dovete cercare di recuperare niente, al netto di qualche accortezza che magari può suggerirvi di liquidare un investimento prima o dopo, come abbiamo visto poco fa con le polizze.
Una volta che avete riconosciuto che ci possono essere opportunità migliori da altre parti, benissimo, fate un bel respiro, liquidate gli investimenti che non vi soddisfano e dimenticatevi per sempre dei soldi che avete — tra moltissime virgolette — perso.
Dico tra virgolette perché se quell’esperienza negativa di investimento vi avrà portato ora a prendere decisioni migliori con i vostri soldi, beh, bene così, consideratelo comunque un passaggio utile alla vostra crescita finanziaria.
Attenzione che questa trappola dei costi sommersi non è un tema solo finanziario.
Tocca svariati ambiti della vita che vanno dall’incapacità di interrompere la visione di un film noioso perché “eh ormai l’ho cominciato, mi sembra di aver buttato via il tempo a interrompere a metà” alla ben più grave persistenza all’interno di relazioni che non funzionano.
Questo naturalmente esula dallo scope di un podcast di finanza personale ma ciascuno può provare a fare quest’esercizio e chiedersi se nella propria vita non ha perseverato all’interno di una relazione affettiva, personale o professionale solo perché “eh c’ho investito così tanto, in termini di tempo, emozioni ed energie che per quanto non mi renda felice non riesco ad accettare l’idea di chiuderla, altrimenti mi sarà sembrato tempo perso”.
È naturale che si ragioni in questo modo.
Siamo fatti così.
Imparare però a modificare la nostra contabilità mentale quando la nostra testa si mette a fare questi ragionamenti è però una delle chiavi per una vita più felice.
Un investimento con una banca mi costa l’ira di Dio e non rende? Basta lo dismetto.
Lavoro da 5 anni in questa società e ogni mattina mi sveglio con la morte nel cuore? It’s fine, cambio lavoro.
Ho studiato ingegneria meccanica perché i miei ci tenevano ma fare l’ingegnere mi fa cagare e il mio sogno è fare il personal trainer? Ecco, dopo opportuno business plan e dopo aver operato una transizione progressiva, quando sono abbastanza sereno che continuerò ad avere di che vivere come personal trainer fanculo l’ingegneria meccanica.
Sono in una relazione da 5 anni e le cose non funzionano e non si va da nessuna parte perché io e il mio partner abbiamo diverse visioni del mondo? Non sono stati 5 anni buttati. Sono stati una tappa del lungo percorso della vostra vita, fatta di cose belle e cose brutte. Quindi è ok interrompere la relazione e intraprendere un nuovo cammino.
Nessun tempo sprecato.
Nessun fallimento.
Solo un capitolo che si chiude e uno nuovo che si apre.
Mamma mia siamo partiti da come gestire gli investimenti in fondi comuni di investimento e siamo finiti a parlare del senso della vita in generale.
Infatti meglio che ci fermiamo qui sennò tra un po’ invece che parlare con voi di finanza e investimenti nelle decine di messaggi che mi mandate ogni giorno ci troveremo a fare terapie di coppia o sedute di psicanalisi.
Invece questo è un podcast dedicato soprattutto ai nostri soldi e dato che abbiamo parlato tutto il tempo di come smetterla di buttarli a cazzo in commissioni e prodotti inefficienti, prima di chiudere vi ricordo la promozione del nostro partner Scalable Capital, che fino al 31 gennaio 2024 vi dà 25€ di bonus se aprite un piano Free Broker gratuito o 50€ se aprite un piano Prime o Prime Plus (o se passate da Free Broker a uno di questi), a condizioni che facciate almeno 6 operazioni di investimento da almeno 500 € ciascuna (ad esclusione dei PAC) e che manteniate il piano per almeno 6 mesi.
Se vi interessa tutto ciò, vi ricordo che c’è un link negli shownote dell’episodio che vi rimanda alla promozione di Scalable.
Se usate il link, fuck you money per the bull, altrimenti andate direttamente sul sito di Scalable e fate tutto da lì senza che alcune commissioni arrivi da queste parti.
Detto questo è arrivato il momento dei consueti ringraziamenti.
Oh intanto siamo tornati in top twenty su Spotify grazie a tutti voi, lì nei paraggi non si vede neanche lontanamente un podcast che vagamente parli di economia o finanza, quindi tanta roba.
True crime invece come se piovessero
Grazie inoltre a tutti coloro che stanno partecipando alla challenge lanciata nello scorso episodio, mi sono arrivate una marea di idee e devo dire che siete sul pezzo!
Non vi sto rispondendo solo perché sto mettendo da parte tutti i messaggi dedicati a questo tema, quindi tranquilli che le sto leggendo tutte man mano e tra qualche settimana faremo invece l’episodio dedicato a commentare tutte le vostre proposte.
Come da tradizione, vi invito a mettere segui e attivare le notifiche su Spotify, Apple Podcast o qualunque altra piattaforma usiate e a lasciare una recensione a 5 stelle per supportarci e permetterci di continuare a produrre contenuti che mentre vi spiegano come venire a capo delle assurde commissioni dei fondi comuni di investimento e delle polizze vi fanno capire che cambiare idea nella vita è perfettamente ok e che non esistono perdite e fallimenti ma solo esperienze sempre nuovi.
Per questo episodio invece è davvero tutto e noi ci ritroviamo qui mercoledì prossimo a parlare di roba che in qualche modo dovrebbe farci diventare tutti un po’ più ricchi e un po’ più liberi, sempre, naturalmente, con The Bull — il tuo podcast di finanza personale.
Bentornati a THE BULL – Il tuo podcast di finanza personale
7 Gennaio 2024, care amiche e cari amici di The Bull, ricordatevi questa data perché sarà il giorno in cui mi sarò fatto più amici di sempre!
Eh sì, perché quando fai un episodio in cui ti appresti a parlare di male di Banche e Assicurazioni, due tra i più potenti centri di influenza nel nostro Paese, stai per forza per fare incazzare una sequela di gente che non amerà affatto il tuo genuino tentativo di aiutare le persone a gestire meglio i propri soldi.
Del resto, per quanto strano possa sembrare, banche e assicurazioni non sono enti benefici, la loro ragion d’essere è ottenere profitti attraverso l’erogazione di servizi di natura finanziaria.
Poi caso mai il tema è se sia corretto che i loro servizi spesso si basino sull’idea di circonvenzione d’incapace, dato che l’Italiano medio — e mi ci metto dentro pure io perché back in the days io stesso ho investito con entrambe — è caratterizzato come noto da un mix esplosivo fatto di:
– Scarsissima competenza finanziaria e
– Pessime capacità matematiche.
Questa formidabile combinazione fa sì che milioni di Italiani vengano sistematicamente intortati da Banche e Assicurazioni che mostrano loro bellissime schede informative di prodotti di investimento, facendo credere che grazie ad essi i loro risparmi saranno al sicuro e cresceranno nel tempo e rincoglionendo l’interlocutore convincendoli che commissioni del 2, 3, 4% all’anno sul patrimonio siano un costo tutto sommato accettabile da sostenere a fronte di tanto servizio.
Allora, arrivati al 69esimo episodio del podcast, sappiamo tutti molto bene che Banche e Assicurazioni sono gli ultimi soggetti da interpellare quando si tratta di investimenti finanziari.
Le banche vanno bene per i conti, i depositi, i mutui, i prestiti alle imprese e tutto quanto.
Le assicurazioni vanno bene per — indovinate un po’? — per le assicurazioni? Quindi casa, auto, vita, salute e via dicendo.
Investimenti, invece, mmmhhhh no, decisamente no,
Sarebbe un po’ come andare in un ristorante in Trentino a mangiare una grigliata mista di pesce.
Per l’amore del cielo, ci sarà sicuramente in Trentino qualcuno che lo fa, però in Trentino forse meglio mangiare gli Spatzle e i Canederli, così come non mi sognerei di ordinare il cervo con la polenta in un ristorante a Positano.
Ecco per chi vuole un riassunto dell’episodio perché ha poco tempo e deve andare a fare altro, sappia che il concetto è tutto qui.
Investire i vostri soldi con banche e assicurazioni è l’equivalente di ordinare un’impepata di cozze a Cortina.
Se va la fanno, probabilmente sarà una merda e vi costerà un occhio della testa.
Che poi è lo stesso feedback che di solito do quando qualcuno mi chiede cosa ne pensi di investimenti gestiti da banche e assicurazioni.
Quindi la prossima volta che qualche vostro amico vi proporrà un formidabile investimento finanziario con la banca o l’assicurazione per cui lavora — perché tutti abbiamo un amico che lavora per qualche banca o assicurazione e ci vende sta roba — ecco fate il test dell’impepata di cozze a Corina.
Se pensate che ordinereste davvero a Cortina quella specialità non esattamente locale, allora procedete.
Se invece vi sembrerà una stronzata, ecco molto probabilmente sarà una stronzata pure quell’investimento.
Ora, che in futuro ci penserete 36 volte prima di valutare un investimento attraverso questi intermediari, dopo 69 episodi di questo podcast lo do per scontato.
Il problema è che, come moltissimi tra di voi mi hanno scritto, oggi tanti dei vostri soldi, o quelli di persone a voi vicine, sono investiti in fondi comuni o polizze e non sapete cosa fare, se liberarvene, se tenerle, se aspettare che prima facciano un certo rendimento e così via.
Pertanto nell’episodio di oggi cerchiamo di vedere le situazioni principali in cui potreste trovarvi e che soluzioni avete di fronte.
Prima di cominciare però, dato che il passo successivo alla dismissione dei vostri costosi investimenti con banche e assicurazioni sarà trovare un broker a basso costo per investire in prodotti seri come dio comanda, come sapete questo podcast è orgogliosamente partner di Scalable Capital anche nel 2024 e vi ricordo che fino al 31 Gennaio potete avere fino a 50 € di bonus se attivate un account Prime o Prime Plus o se passate ad uno di questi dal vostro piano Free Broker, a condizione che vengano fatte almeno 6 operazioni di investimento da almeno 500 € ciascuna (all’infuori dei PAC) e che il piano venga mantenuto attivo per almeno 6 mesi.
Se questa cosa può interessarvi vi lascio il link nella descrizione dell’episodio.
Vi ricordo come sempre che se utilizzate il link Scalable mi pagherà una commissione con la quale potrò comprarmi come minimo la banchetta locale vicino a casa dei miei, mentre se preferite potete benissimo saltare The Bull, andare direttamente sul sito di Scalable e fare tutto da lì esattamente con gli stessi benefici.
Allora, Fondi con le Banche, che si fa?
Ricordiamo velocemente quali sono i problemi del 99,9% della robaccia in cui avete investito i vostri soldi (e in cui pure io li avevo investiti tempo fa).
PROBLEMA UNO: le commissioni di gestione sono fuori da ogni logica.
Il costo medio di un fondo gestito obbligazionario è intorno all’1% all’anno, con l’azionario siamo facilmente dal 2% in su.
In alcune circostanze, più rare per fortuna, ho visto anche costi di ingresso, costi di uscita e commissione di performance.
C’è di buono che dato che le performance fanno sempre cagare, quando ci sono commissioni di performance saranno bassissime…
COME ARGOMENTA L’AMICO CONSULENTE BANCARIO?
Dice: sì è vero i fondi gestiti costano venti volte più di etf, però rispetto agli etf che sono passivi e ritardati, qui c’è il solito gestore illuminato che sa scegliere il mix migliore di azioni e obbligazioni in grado di fare meglio di quanto fa il mercato di riferimento.
Come sapete questa cosa è una cazzata gigante, perché i report annuali come quelli di S&P o di Morningstar dicono chiaramente che su orizzonti superiori a 10 anni praticamente 9 fondi su 10 non riescono neanche a fare tanto quanto il benchmark e che quelli che riescono a batterlo comunque non riescono a ripetersi nei 10 anni successivi.
Quindi il PROBLEMA DUE è: i fondi attivi hanno delle performance mediamente inferiori a quelli degli ETF che replicano gli stessi mercati di riferimento.
CONTRORISPOSTA DELL’AMICO CONSULENTE che ormai è preparato a questa cosa e quindi gli hanno insegnato come deve rispondere per rincoglionire il povero risparmiatore in buona fede.
Pronti?
Attenzione perché questa l’ho vista in qualche video su youtube in cui si provava a difendere l’indifendibile e ho riso più di quando guardavo Mai dire Gol da ragazzino.
Il consulente dice: “è vero che il 90% dei fondi costa un fottio e non batte il benchmark ma noi consulenti siamo in grado di selezionare per te, e solo per te caro mio investitore fortunello di oggi, i migliori fondi attivi che battono i mercati”.
Booom!!!!
Ah beh ma se li sai selezionare tu, allora tutto a posto.
E di grazia, come saresti in grado di farlo?
No, chiedo per un amico…
Perché le opzioni sono:
1) Hai guardato le performance passate e hai trovato il 10% di fondi che negli ultimi anni ha fatto bene. Questo però, mio sprovvedutissimo amico, si chiama Bias del Sopravvissuto, quindi il fatto che questi siano andati bene in passato non è assolutamente predittivo del fatto che andranno bene in futuro (ricordati dei report di cui sopra che dicono che i migliori fondi di un certo decennio non rientrano tra i migliori fondi del decennio successivo, per via di quell’altro principio molto importante che si chiama regressione verso la media);
2) Opzione due: hai qualche particolare dote divinatoria che ti permette di prevedere il futuro e sapere oggi quali fondi andranno meglio domani. Ma allora mi chiedo per quale cazzo di motivo fai il consulente bancario per gestire i quattro soldi dei risparmiatori che ti passano a tiro e non fai i miliardi sfruttando questa capacità.
Quindi come diavolo fai a selezionare i fondi che battono il mercato?
Risposta: è impossibile, questa argomentazione è una cazzata atomica.
Anche perché il fatto che il gestore di un fondo riesca a fare meglio del suo mercato di riferimento è dovuto esclusivamente ad una serie di circostanze casuali. È pura fortuna, la competenza non c’entra nulla.
Pensi che sia un’idea dell’autore stravagante di questo podcast?
Prima che qualcuno mi scriva qualche rovente commento contestandomi questa cosa e dicendomi che non è vero! Ci sono i gestori bravi che fanno meglio della media, ecco, ci sono una miriade di studi fatti sull’argomento, tra cui il più famoso è stato condotto dal premio Nobel Eugene Fama e Kenneth French nel 2010, in cui i due hanno dimostrato che non esiste alcuna evidenza che la competenza del gestore giochi un qualche ruolo sulla performance dei fondi attivi più che il semplice caso.
In base alle loro analisi condotte su un campione di oltre 10.000 simulazioni, non emerge alcun chiaro contributo ascrivibile alla competenza del gestore sulla performance dei fondi, che appunto appaiono del tutto casuali, rendendo quindi impossibile poter selezionare un fondo “migliore” per via di una qualche evidente competenza di chi lo gestisce.
L’articolo dimostra inoltre, casomai ce ne fosse bisogno, che anche dove ci fossero particolari competenze dei gestori, comunque esse non sono sufficienti a ottenere performance in grado di compensare i costi.
E il consulente della Banca muto.
Per chiudere in bellezza, c’è un TERZO PROBLEMA, i fondi gestiti da banche e assicurazioni sono gestioni patrimoniali.
Come abbiamo spiegato nell’episodio con Michele, il nostro amico Tax Advisor che ringrazio nuovamente per la sua disponibilità a condividere la sua competenza, con le gestioni patrimoniali voi tutti gli anni pagate le tasse sulla parte in positivo dei vostri fondi (al netto di eventuali compensazioni con le minusvalenze di quelli in negativo).
Non sto neanche a ribadire perché questa cosa sia deleteria sugli effetti del rendimento composto di un investimento.
A sto punto, visto che queste informazioni iniziano a girare e i consulenti delle banche non sanno più che stronzate raccontare, arrivano i deliri.
PRIMO DELIRIO: eh attenzione però, perché quando compri un ETF paghi uno spread (che è in pratica la differenza tra il prezzo a cui è offerto un etf, detto prezzo ask, e il prezzo a cui effettivamente lo comprate, detto prezzo bid).
Eh già, sono problemi.
Aspettate un attimo che vado a vedere lo spread di un ETF sull’MSCI World.
Dunque, 0,1%.
Quindi questo 0,1 dovrebbe giustificare il 2% di costi del tuo fondo attivo?
No comment.
SECONDO DELIRIO: eh però occhio che ormai ci sono ETF attivi, ETF a leva, ETF short, oltre al fatto che orientarsi in mezzo a quasi 2.000 ETF quotati a Milano è un ginepraio.
Eh già, perché in effetti è come dire che uno non dovrebbe più comprare maglioni, perché ormai esistono così tanti maglioni e di così tanti brand e addirittura una volta ne ho visto uno orrendo con un alce di stoffa cucita sopra, no no, meglio non rischiare.
Anche sta cagata si commenta da soloa
TERZO e ULTIMO DELIRIO: i fondi attivi coprono molto meglio il mercato, gli ETF si limitano a replicare i grandi indici e quindi si perdono un sacco di opportunità.
Qui la risposta è duplice:
1) I grandi Indici fondamentalmente rappresentano il, boh, 90? 95% della capitalizzazione azionaria globale? quindi immagino quali grandi opportunità ci stiamo perdendo, oltre al fatto che non è vero perché ormai esistono ETF che replicano anche il consumo di avocado nel sushi.
2) Ma che cazzo me ne frega di avere un’esposizione alla nicchia della nicchia della nicchia se tanto alla fine non si trova uno straccio di fondo attivo in grado di garantire, al netto delle fee, un rendimento sistematicamente superiore al 6, 7% all’anno come fa da 40 anni un banale portafoglio di ETF 60/40?
Fine dei deliri.
Questi sono tutti i problemi che hanno i fondi appioppati dal vostro ormai ex amico che lavora in una banca o in un’assicurazione.
Poi con le assicurazioni vedremo che c’è anche un’inculata in più, per ora però accontentiamoci dei problemi proprio strutturali dei fondi gestiti.
Benissimo.
Allora abbiamo fatto anni fa investimenti con la nostra banchetta.
Che si fa?
Prima roba, andate a guardare i codici ISIN dei vostri 400 fondi che vi avranno infilato nel portafoglio (eh sì perché devono prendere commissioni un po’ da tutti, mica possono darvene solo 4 o 5).
Tra l’altro sta cosa fa ridere perché i consulenti dicono di sapere scegliere solo quel ristretto gruppo di fondi top, salvo poi mettervene dozzine nel portafoglio, boh…
Cmq dicevo, pigliate gli ISIN, andate per esempio su Morningstar e in un colpo solo potrete apprezzare:
– UNO: quanto state pagando di commissioni (2,5%? eh te l’avevo detto)
– DUE: come è andata la performance del fondo rispetto al benchmark (come dici? La lineetta colorata del benchmark è in alto e quella del fondo della tua banca è più in basso? Che strano, non l’avrei mai immaginato).
Ora, di solito gli scenari sono due:
SCENARIO UNO: il vostro investimento è comunque in profitto.
A questo punto potreste essere tentati di lasciarlo lì dato che sta comunque guadagnando.
E qui io vi chiedo: “ma perché se stai pagando di più per una roba che rende di meno rispetto ad un ETF che copierebbe lo stesso identico indice rendendo di più e costandoti di meno, ciononostante vuoi comunque continuare a tenerti sti fondi della banca?”.
Eh perché magari sbaglio…
Magari mi metto ad investire in ETF e poi gli investimenti vanno male… mentre invece con la banca sarebbero andati meglio perché c’è il gestore.
Allora, stai sereno mio buon amico.
La probabilità che succeda davvero questa cosa con tutti i tuoi fondi è, nella migliore delle ipotesi, del 10%, ossia nel remoto caso in cui salta fuori che quei fondi che ti avevano venduto erano davvero il meglio del meglio del meglio del risparmio gestito mondiale.
Altrimenti se hai un fondo gestito che ha come benchmark per esempio l’MSCI World, ma allora comprati un ETF sull’MSCI World.
Se dovesse cominciare ad andare male, stai tranquillo che pure il fondo della banca andrebbe male, ma almeno così il 2% di commissioni te lo tieni in tasca tu.
Quindi, hai fondi gestiti con la banca in attivo?
Bene, sai già cosa fare.
SCENARIO DUE: il vostro investimento è in perdita.
Reazione tipica: aspetto che torni in positivo e poi liquido tutto.
Amici miei, mi spiace dirvi che statisticamente questa non sarà la decisione migliore.
Spieghiamolo con un esempio, seguitemi bene perché mi sa che vi ci ritroverete in tanti in questa situazione.
Diciamo che, per semplicità di calcolo, avete investito 10.000 € in schifezze varie con la banca.
Dopo 3 anni, oh!, sorpresa, siete sotto del 10%! Mi spiace.
Quindi il vostro portafoglio vale 9.000 €.
Ovviamente siete sotto anche perché state pagando il 2% all’anno, oltre al fatto che a quanto pare il vostro brillante gestore non è così bravo a sovraperformare il mercato.
Diciamo, sempre per semplicità, che il vostro fondo ha come benchmark l’MSCI World (tanto sicuramente uno così ce l’avete tutti).
Che fate?
In qualunque modo la girate, avreste sempre un rendimento migliore liquidandoli, anche in perdita, e liberandovi delle commissioni, piuttosto che aspettare che l’investimento vada in positivo.
Se va in positivo subito, allora tanto vale portarlo in positivo tramite un ETF sullo stesso benchmark, così il rendimento sarà superiore.
Se non va in positivo per un po’, allora a maggior ragione conviene dismetterlo asap e levarsi dalle palle quella tassa del 2% all’anno che continuereste a pagare.
Quando si tratta di un investimento in fondi comuni di investimento non esiste nessuna situazione, sia che siate in positivo che in negativo, in cui sia meglio aspettare piuttosto che liquidare subito e reinvestire i propri soldi in uno strumento passivo a basso costo come gli ETF.
Facciamo un esempio estremo.
Diciamo che l’MSCI World perde soldi per 10 anni di fila.
Anche in questo caso conviene accettare la perdita sull’investimento con la banca, ma quel 2% all’anno per 10 anni lo recuperate indirettamente grazie alle commissioni che risparmiate per i 10 anni successivi.
Nella fattispecie 2% all’anno su 9.000 € sono oltre 1.600 € (ho fatto i conti io prendetelo per buono), quindi questi 1.600 di risparmio vi compensano i 1.000 che nella vostra contabilità mentale avete perso quando avete deciso di liquidare l’investimento con la banca in negativo.
Chiaro?
Quindi se state bene con la banca, rimanete con la banca, nessuno vi dice di non farlo.
In fondo tutti stiamo già facendo un sacco di cose autolesionistiche nella vita come bere, fumare, non fare attività fisica, mangiare troppa carne rossa, dormire poco e via dicendo.
Una più o una meno.
Ma se volete cambiare e avete compreso la basilare matematica di cui sopra, non ha senso aspettare un solo secondo.
L’unica circostanza in cui avrebbe senso restare con la banca sarebbe se il fondo della banca negli anni successivi dovesse riportare una sovraperformance rispetto al benchmark.
Ma appunto avete una probabilità su 10 che questo accada e state sereni che i migliori fondi del mondo non sono quelli che vi ha propinato il vostro cordialissimo consulente.
Veniamo ora invece al tema più rognoso, che è quello degli investimenti con le assicurazioni.
Qui il tema un po’ si complica, perché tipicamente le assicurazioni del ramo vita contenenti investimenti finanziari hanno questa simpatica spina nel culo che si chiama penale per recesso anticipato.
Questa cosa fa una certa differenza rispetto al discorso appena fatto sui fondi delle banche e fa sì che non sia sempre conveniente dismettere l’investimento perché il rischio è davvero quello di dover tirar fuori un pacco di soldi.
Non è che il ragionamento di base cambi, però l’esercizio di calcolo è un po’ più complesso e si tratta di fare qualche simulazione per capire in sostanza quando diventa conveniente liquidare anche accollandomi il costo della penale di uscita.
Facciamo un esempio.
Diciamo che ho un’assicurazione sulla vita che investe in diosolosacosa, dato che con i prodotti assicurativi è ancora più difficile che con quelli bancari capire cosa cazzo ci abbiano messo dentro.
Noi per semplicità assumiamo che una volta dismesso il prodotto assicurativo investiremo i soldi che ci sono rimasti in un portafoglio 60/40, fatto di azionario globale e di obbligazionario governativo europeo.
Bene.
Ammettiamo che finora abbiate investito 5.000 € all’anno per 6 anni, quindi 30.000 in totale.
Questo simpatico fondo vi costa il 3% all’anno (sì di solito le assicurazioni sono ancora più care delle banche, mi spiace).
Purtroppo vi è andata male, perché oltre ad essere costoso (come le cozze a Cortina) il portafoglio in cui siete investiti è pure una merda (come le cozze a Cortina).
Dopo 6 anni, un po’ per i rendimenti mediocri del fondo, un po’ per le commissioni, un po’ perché per farvi stare “sereni” il vostro assicuratore vi aveva rimpinzato nel 2018 di fondi obbligazionari e negli ultimi 2 anni sono crollati sotto i piedi per via del rialzo dei tassi, insomma siete sotto del 10%, quindi 27.000 €.
E voi vorreste uscire, perché nel frattempo avete ascoltato The Bull e il suo bislacco conduttore a cui piace fare i conti sugli investimenti passati vi ha detto che il più stupido dei portafogli 60/40, dal 2018 ad oggi vi avrebbe portato, a parità di investimento, a circa 35.000 €, altro che 27.000.
Comunque, il passato è passato, guardiamo avanti.
Dicevamo, voi vorreste uscire, però il problema è che TA — DA! L’assicurazione ha una bella penalona.
Se liquidate, perdete il 30% del capitale investito.
A volte non è così alta, a volte forse anche di più, però prediamo questo valore piuttosto importante e vi auguro che le vostre assicurazioni abbiano penali inferiori.
In pratica se uscite lasciate per strada i 3.000 € di perdita del vostro investimento più altri 8.100 € di penale.
Alla fine avreste investito 30.000 € e ve ne ritrovereste circa 19.000.
Bella merda.
Ora, conviene o non conviene?
Facciamo un esperimento mentale.
Diciamo che da qui ai prossimi 5 anni l’assicurazione renderà il 5% all’anno (che quindi per voi è il 2%, al netto delle commissioni) e che io continuo a versare i miei 5.000 € all’anno.
Diciamo inoltre che il nostro portafoglio di controllo fatto di ETF 60/40 farà il 6% all’anno (già al netto delle ridicole commissioni degli ETF), sempre mettendo 5.000 € all’anno.
Benissimo, vediamo tra 5 anni come andrebbero i due investimenti.
Con l’assicurazione arriverei a circa 56.000 €.
Se invece liquidassi, perdessi la penale e ripartissi quindi da 19.000 €, dopo 5 anni arriverei a 54.000 €.
Vedete, quindi, in un orizzonte di 5 anni resta comunque leggermente più conveniente rimanere investiti nell’assicurazione.
In realtà, già dall’anno successivo, però, a parità di tutte le condizioni, l’investimento in ETF comincerebbe a superare quello dell’assicurazione, anche dovendosi accollare la penale.
Il discorso cambia leggermente, invece, se la vostra penale è decrescente, ossia se si riduce man mano che passano gli anni.
E li sta a voi, Excel alla mano, capire quale sia il momento che conviene aspettare prima di liquidare tutto.
Insomma, long story short: anche nel caso delle assicurazioni, nella stragrande maggioranza dei casi probabilmente conviene nel lungo termine dismettere e investire in prodotti a basso costo, pur pagando la penale che su orizzonti temporali abbastanza lunghi sarà più che compensata dai minori costi e rendendo così conveniente operare questa transizione.
Nel caso più complesso delle assicurazioni, dove c’è questo grosso tema della penale che rende un po’ più complicato fare simulazioni univoche, valutate intanto se la vostra assicurazione vi consente di interrompere la contribuzione periodica, così intanto smettete di buttarci dentro capitali e nel frattempo usate quei capitali in maniera più efficiente in altri tipi di investimento.
Riassuntone dunque:
– Se ho fondi comuni d’investimento con una banca, c’è come minimo un 90% di probabilità che su 10 anni o più, a parità di benchmark, vi convenga liquidare tutto e investire in ETF (anche mantenendo la stessa identica asset allocation);
– Se ho invece investimenti assicurativi, eh, qui fate un po’ i conti per capire quanto impatta la penale e se ci sono momenti più propizi nel prossimo futuro in cui l’impatto della penale si riduce e quindi il passaggio diventa mento doloroso.
Vorrei fare una precisazione più di natura psicologica qui, perché spesso le vostre decisioni finanziarie saranno condizionate più da bias che da ragionamenti oggettivi.
Fate molta attenzione a questo passaggio perché il tema di cui stiamo per parlare ha applicazioni che vanno al di là della finanza e di solito determina molti comportamenti fondamentali in vari aspetti della nostra vita.
Permettetemi di presentarci la Fallacia di Costi Irrecuperabili.
Questa cosa è nota come Sunk Cost Fallacy ed è un fenomeno studiatissimo in quel vasto filone di ricerca che fa capo alla cosiddetta Economia Comportamentale.
In poche parole, la teoria economica classica dice che i costi passati (in particolare le perdite passate non più recuperabili) dovrebbero essere irrilevanti ai fini delle decisioni che prenderemo rispetto a investimenti futuri.
Cioè se ho investito soldi in qualcosa e dopo un po’ mi rendo conto che questa cosa è stata un fallimento, punto, devo cancellare questa perdita dalla mia contabilità mentale e investire i miei soldi in altro.
L’essere umano però non è razionale proprio per niente e al contrario tenderà a mettere altri soldi in quell’investimento fallimentare nel tentativo di “recuperare” le perdite, con il risultato che il più delle volte quelle perdite non faranno altro che aumentare.
Se voi avete investito con banche e assicurazioni e vi siete resi conto che quegli investimenti erano inefficienti, basta, razionalmente dovreste solo accettare la perdita, mandare tutto a fanc*** e usare i vostri soldi in investimenti che ritenete migliori, senza più pensare ai soldi che se ne sono andati dando retta a qualche vostro conoscente che vi aveva garantito che quei fondi o quelle polizze fossero la cosa migliore per voi.
Perché però incappiamo nella Sunk Cost Fallacy?
Razionalmente non ha senso, nelle nostre decisioni economiche non dovremmo mai basarci sui costi passati (le perdite che ho accumulato sinora) ma sempre su quelli futuri (come ad esempio le commissioni da rapina che continuerò a pagare e i mancati rendimenti investendo con dei prodotti del tipo “cozze a Cortina”).
Eppure siamo naturalmente tentati di perseverare.
E lo so che ho così.
Mi avete scritto in tantissimi, incazzati come iene per i soldi che vi hanno fatto sperperare, però allo stesso tempo si percepisce che vi piange il cuore alla sola idea di accettare di aver perso soldi e di liquidare i vostri investimenti registrando così delle perdite oggettive.
Ci sono una serie di bias che però vi stanno facendo ragionare nel modo sbagliato, e sono i seguenti, seguitemi bene:
– UNO: l’avversione alle perdite e il disagio psicologico connesso. In quanto esseri umani, siamo strutturalmente inclini a soffrire più una perdita di quanto non saremmo felici per un guadagno dello stesso importo. Questa disposizione psicologica ci paralizza all’idea di dover accettare una perdita come definitiva. Ci soffriamo proprio.
– DUE: il bias di conferma, ossia siamo naturalmente portati a credere che una decisione passata sia migliore di quello che è per non dover ammettere a noi stessi di aver commesso un errore (o meglio, di essere stati indotti in errore da altri di cui vi fidavate). Per effetto di questo bias siamo sempre portati a persistere in un errore piuttosto che prendere una decisione netta, ammettere di aver sbagliato, tirare una riga e passare oltre.
– TRE: il bias del committment, ossia quella tendenza intrinseca alla nostra natura di sentirci legati a qualcosa in cui abbiamo investito e che ci rende più difficile prendere la decisione di svincolarci e di abbandonarla
– QUATTRO: c’è una sorta di senso di responsabilità e di avversione al rimpianto nel fatto di dover accettare di aver in qualche modo “sprecato” delle risorse per delle decisioni sbagliate e quindi spesso si tende a procrastinare
In definitiva, il vostro problema è più psicologico che finanziario.
Un investimento passato non è stato il migliore che potevate fare?
Amen.
Non dovete sentirvi in colpa.
Non dovete essere dispiaciuti.
Non dovete cercare di recuperare niente, al netto di qualche accortezza che magari può suggerirvi di liquidare un investimento prima o dopo, come abbiamo visto poco fa con le polizze.
Una volta che avete riconosciuto che ci possono essere opportunità migliori da altre parti, benissimo, fate un bel respiro, liquidate gli investimenti che non vi soddisfano e dimenticatevi per sempre dei soldi che avete — tra moltissime virgolette — perso.
Dico tra virgolette perché se quell’esperienza negativa di investimento vi avrà portato ora a prendere decisioni migliori con i vostri soldi, beh, bene così, consideratelo comunque un passaggio utile alla vostra crescita finanziaria.
Attenzione che questa trappola dei costi sommersi non è un tema solo finanziario.
Tocca svariati ambiti della vita che vanno dall’incapacità di interrompere la visione di un film noioso perché “eh ormai l’ho cominciato, mi sembra di aver buttato via il tempo a interrompere a metà” alla ben più grave persistenza all’interno di relazioni che non funzionano.
Questo naturalmente esula dallo scope di un podcast di finanza personale ma ciascuno può provare a fare quest’esercizio e chiedersi se nella propria vita non ha perseverato all’interno di una relazione affettiva, personale o professionale solo perché “eh c’ho investito così tanto, in termini di tempo, emozioni ed energie che per quanto non mi renda felice non riesco ad accettare l’idea di chiuderla, altrimenti mi sarà sembrato tempo perso”.
È naturale che si ragioni in questo modo.
Siamo fatti così.
Imparare però a modificare la nostra contabilità mentale quando la nostra testa si mette a fare questi ragionamenti è però una delle chiavi per una vita più felice.
Un investimento con una banca mi costa l’ira di Dio e non rende? Basta lo dismetto.
Lavoro da 5 anni in questa società e ogni mattina mi sveglio con la morte nel cuore? It’s fine, cambio lavoro.
Ho studiato ingegneria meccanica perché i miei ci tenevano ma fare l’ingegnere mi fa cagare e il mio sogno è fare il personal trainer? Ecco, dopo opportuno business plan e dopo aver operato una transizione progressiva, quando sono abbastanza sereno che continuerò ad avere di che vivere come personal trainer fanculo l’ingegneria meccanica.
Sono in una relazione da 5 anni e le cose non funzionano e non si va da nessuna parte perché io e il mio partner abbiamo diverse visioni del mondo? Non sono stati 5 anni buttati. Sono stati una tappa del lungo percorso della vostra vita, fatta di cose belle e cose brutte. Quindi è ok interrompere la relazione e intraprendere un nuovo cammino.
Nessun tempo sprecato.
Nessun fallimento.
Solo un capitolo che si chiude e uno nuovo che si apre.
Mamma mia siamo partiti da come gestire gli investimenti in fondi comuni di investimento e siamo finiti a parlare del senso della vita in generale.
Infatti meglio che ci fermiamo qui sennò tra un po’ invece che parlare con voi di finanza e investimenti nelle decine di messaggi che mi mandate ogni giorno ci troveremo a fare terapie di coppia o sedute di psicanalisi.
Invece questo è un podcast dedicato soprattutto ai nostri soldi e dato che abbiamo parlato tutto il tempo di come smetterla di buttarli a cazzo in commissioni e prodotti inefficienti, prima di chiudere vi ricordo la promozione del nostro partner Scalable Capital, che fino al 31 gennaio 2024 vi dà 25€ di bonus se aprite un piano Free Broker gratuito o 50€ se aprite un piano Prime o Prime Plus (o se passate da Free Broker a uno di questi), a condizioni che facciate almeno 6 operazioni di investimento da almeno 500 € ciascuna (ad esclusione dei PAC) e che manteniate il piano per almeno 6 mesi.
Se vi interessa tutto ciò, vi ricordo che c’è un link negli shownote dell’episodio che vi rimanda alla promozione di Scalable.
Se usate il link, fuck you money per the bull, altrimenti andate direttamente sul sito di Scalable e fate tutto da lì senza che alcune commissioni arrivi da queste parti.
Detto questo è arrivato il momento dei consueti ringraziamenti.
Oh intanto siamo tornati in top twenty su Spotify grazie a tutti voi, lì nei paraggi non si vede neanche lontanamente un podcast che vagamente parli di economia o finanza, quindi tanta roba.
True crime invece come se piovessero
Grazie inoltre a tutti coloro che stanno partecipando alla challenge lanciata nello scorso episodio, mi sono arrivate una marea di idee e devo dire che siete sul pezzo!
Non vi sto rispondendo solo perché sto mettendo da parte tutti i messaggi dedicati a questo tema, quindi tranquilli che le sto leggendo tutte man mano e tra qualche settimana faremo invece l’episodio dedicato a commentare tutte le vostre proposte.
Come da tradizione, vi invito a mettere segui e attivare le notifiche su Spotify, Apple Podcast o qualunque altra piattaforma usiate e a lasciare una recensione a 5 stelle per supportarci e permetterci di continuare a produrre contenuti che mentre vi spiegano come venire a capo delle assurde commissioni dei fondi comuni di investimento e delle polizze vi fanno capire che cambiare idea nella vita è perfettamente ok e che non esistono perdite e fallimenti ma solo esperienze sempre nuovi.
Per questo episodio invece è davvero tutto e noi ci ritroviamo qui mercoledì prossimo a parlare di roba che in qualche modo dovrebbe farci diventare tutti un po’ più ricchi e un po’ più liberi, sempre, naturalmente, con The Bull — il tuo podcast di finanza personale.
Recensioni
Quando capisci come funziona la finanza… ti viene voglia di raccontarla!
Veramente veramente raccomandato! la finanza personale riassunta alla perfezione! e spiegata partendo dall'ABC! Ottimo anche da ascoltare a velocita 1,5x!
Giorgia R., 23 Gen 2025Ho acquistato e letto il suo libro e l' ho trovato. Esprime i concetti economici in modo semplice e chiaro. Sentirlo parlare conferma che è un professionista del settore.
Giulia N., 11 Ago 2025Podcast piacevole, scorre veloce ma in modo estremamente chiaro, spiega i concetti chiave per gestire le proprie finanze, fornendo la classica cassetta degli attrezzi. Complimenti, davvero ben fatto!
Massimiliano, 29 Mag 2024Ho seguito tutte le puntate! Grazie veramente
Amalia A., 17 Set 2025Dovrebbero ascoltarlo buona parte degli italiani e io avrei dovuto scoprirlo con qualche anno in anticipo ma meglio tardi che mai
Matteo C., 3 Set 2025Podcast che dà sempre spunti interessanti che personalmente mi ha fatto appassionare alla finanza personale spingendomi ad approfondire in prima persona.
Lorenzo, 13 Mar 2025Riccardo mi ha letteralmente cambiato la vita e fatto scoprire che amo la finanza, ho ascoltato il podcast già due volte e non mi stufo mai di ascoltarlo, parla in modo semplice e chiaro
Massimo D., 23 Set 2025Da quando l'ho scoperto in 15 gg mi sono ascoltato 150 puntate senza fermarmi, ho annullato gli altri podcast per portarmi alla pari ed ascoltare tutte le precedenti puntate, ben fatto, esattamente il livello di informazione che mi serviva
Gianluca G., 11 Set 2025Veramente interessante, chiaro e conciso. Cambia la vita finanziaria di chiunque.. da ascoltare assolutamente anche per chi di finanza non vuole occuparsi mai
Francesca B., 6 Apr 2024