S&P … 5000! E come prepararsi all’imprevedibile

L'indice azionario più importante del mondo ha per la prima volta sfondato i 5.000 punti! Ora che siamo sui massimi storici di tutti i tempi cosa fare? Continuare ad investire o aspettare che il mercato operi qualche correzione? E come comportarsi rispetto alle incognite del futuro che non solo non possiamo prevedere ma non sappiamo ancora nemmeno immaginarci?

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80. S&P … 5000! E come prepararsi all’imprevedibile

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Risorse

Punti Chiave

L'S&P 500 a 5000: l'interesse composto accelera la crescita.

Massimi di mercato: statisticamente, investire ora rende di più a breve/medio termine.

Evita bias; prepara l'imprevedibile con asset allocation, liquidità e pazienza.

Trascrizione Episodio

Bentornati a THE BULL – Il tuo podcast di finanza personale

Alla fine ce l’ha fatta!

Venerdì 9 Febbraio 2024 sarà per sempre una data storica a Wall Street e per tutti i mercati globali perché per la prima volta nei suoi quasi 70 anni di storia, il più importante indice di borsa del globo Terracqueo, lo Standard and Poor’s 500, per gli amici S&P, ha sfondato il valore simbolico dei 5.000 punti.

Correva l’anno 1998 quando io facevo la seconda media e mi preparavo a vivere quell’estate i mondiali di calcio in Francia, quasi sicuro che con quello squadrone assurdo con Del Piero, Vieri, Baggio, Maldini ecc. non potevamo che stravincere — purtroppo non andò per niente così come molti tra voi ricorderanno. Ma quello era l’anno in cui l’S&P 500 avrebbe toccato per la prima volta i 1.000 punti, lungo una corsa esaltante che stava durando da un decennio e che entro un paio d’anni si sarebbe sfracellata nella dot.com bubble e nella gravissima crisi dei mercati dei primi anni 2000.

Si dovette poi aspettare addirittura il 2014 per vedere l’S&P sfondare il migliaio successivo e arrivare così a varcare la soglia dei 2000 punti.

Da lì in poi sappiamo che il mercato americano è stato una macchina da guerra inarrestabile e che avrebbe demolito i 3.000 punti già nel 2019 e che successivamente, nonostante il disastro del Covid e dei lockdown, già solo nella primavera del 2021 si sarebbe divorato anche i 4.000 punti.

In mezzo c’è stato poi l’annus horribilis 2022, durante il quale ricorderete tutti che il mix micidiale fatto di inflazione, guerra in Ucraina e, soprattutto, campagna monstre di rialzo dei tassi di interesse della Federal Reserve e della sua cuginetta sfigata BCE avrebbe schiantato il mercato facendolo ripiombare addirittura ai 3.500 punti in quel di Settembre, tradizionalmente il mese peggiore dell’anno per i mercati azionari.

Sembra incredibile che neanche 17 mesi dopo il re degli indici azionari mondiali avrebbe demolito la barriera psicologica dei 5.000 punti, con la chiusura di venerdì 9 febbraio a 5.026 punti.

Ora sto scrivendo quest’episodio domenica mattina … oddio mattina … è così buio pesto che potrebbe anche essere ancora notte in effetti, cmq sicuramente mi trovo a registrare a borse chiuse mentre quest’episodio uscirà mercoledì 14.

Nel frattempo, lunedì e martedì potrebbe crollare il mondo, quindi se quando ascoltate effettivamente l’episodio l’S&P 500 non sarà più a 5000, va beh, amen, tanto il discorso che devo fare non cambierebbe.

Per quel che ne so ora, comunque, siamo arrivati a questo momento epico con l’indice che ha raggiunto questa pietra miliare, che di per sé non significa assolutamente nulla ma come sapete l’uomo ha questa naturale predilezione per le cifre tonde multiple di 10, quindi ci sarà sicuramente qualcuno che avrà visto in questo 5.000 un qualche messaggio profondo che arriva dall’Universo stesso.

Intanto vi faccio notare una cosa, che ancora una volta rimarca la prodigiosa e controintuitiva matematica dell’interesse composto.

In pratica l’S&P ci ha messo quasi 40 anni, dal 1957 al 1998, per arrivare ai primi 1.000 punti.

Ce ne ha messi altri 16 per arrivare ai 2.000.

Ce ne ha messi poi 5 per arrivare a 3.000.

Altri 2 per arrivare a 4.000 e poco meno di 3 per arrivare a 5.000 (si in mezzo c’è stato il 2022 che mi ha rovinato la perfetta sequenza geometrica che volevo raccontare).

Per come siamo abituati a ragionare noi in maniera lineare, il nostro cervello si aspetta che per raggiungere ogni volta mille punti serva lo stesso tempo e la stessa fatica.

Invece bisogna ricordarsi che in finanza è tutta una questione di percentuali.

Per passare da 1.000 a 2.000 l’indice ha dovuto fare il +100%.

Per passare da 2.000 a 3.000 l’indice ha dovuto fare solo il +50%.

Per passare da 3.000 a 4.000 l’indice ha dovuto fare ancora meno, solo il +33,3%.

Per passare infine da 4.000 a 5.000 è bastato il +25%.

Se voi pensate ai vostri soldi investiti durante ciascuna di queste tappe, vi renderete conto di come la velocità con cui crescerebbe il vostro investimento sarebbe sempre maggiore e questo è esattamente il motivo per cui all’inizio i soldi crescono molto lentamente, che quasi dopo 10 anni ci chiediamo se ne valeva davvero la pena, e poi ad un certo punto iniziano a correre e non si fermano più.

Ora per arrivare a 6.000 punti basterebbe che l’S&P facesse “solo”, tra virgolette, un altro +20%.
Per passare poi da 6.000 a 7.000 basterebbe meno del 17%.

E così via.

Prendete 10.000 si sarebbero moltiplicati sempre più velocemente.

Ci avrebbero messo 14 anni a diventare 20.000 e solo altri 10 anni per diventare 50.000.

In realtà questo conteggio non è proprio corretto, perché c’è un tecnicismo molto importante che non bisogna mai dimenticare quando si guardano gli andamenti degli indici e di questo qua in particolare.

Molte società americane staccano dividendi.

Quindi il risultato dell’indice è al netto dei dividendi distribuiti.

Se noi invece prendiamo il Total Return, ossia il rendimento totale composto sia dall’apprezzamento dei valori azionari dell’indice che dal valore dei dividendi distribuiti, allora i nostri 10.000 investiti 30 anni prima saranno diventati oltre 170.000!

Tra l’altro vi dico questa cosa anche per mettervi in guardia dall’illusione ottica che si verifica quando guardate un grafico che descrive un lungo orizzonte temporale.

Se prendete il grafico dell’S&P 500 e lo allargate di 50 anni o più l’impressione sarà quella di una crescita quasi piatta fino ai primi anni 2000, poi il solito crollo fino al 2010 e da quel punto una crescita quasi verticale fino ad oggi.

Ma questa è un’illusione appunto, dovuta al fatto che per effetto del rendimento composto la crescita dell’indice si accumula sulla crescita precedente e assume quindi una forma esponenziale.

Però l’impressione che ne deriva è fuorviante, proprio perché graficamente non ci si rende conto che la strada che l’indice ha fatto, per esempio, per passare da 100 punti a 200 è la stessa che ha dovuto fare per passare da 2000 a 4000, però ovviamente la curva del grafico nel primo caso sembra molto meno ripida.

Per ovviare a questa cosa ci sono alcuni tool, come ad esempio portfolio visualizer, che danno la possibilità vedere i rendimenti storici su una scala logaritmica.

In questo modo l’asse verticale del grafico risulterà più schiacciato e restituirà una rappresentazione più fedele dell’effettivo percorso fatto dal mercato.

Ovviamente questa cosa si può fare benissimo anche con Excel.

Un grafico decisamente più interessante sarebbe quello che invece che rappresentare il valore dell’indice in ogni momento utilizza la derivata prima della funzione e descrive così il rendimento incrementale dell’indice in ogni punto.

In questo modo una crescita, per esempio del 10%, verrebbe rappresentata in maniera uniforme sia quando l’indice è passato da 100 a 110 che quando è passato da 4000 a 4400.

Ora, perché vi sto parlando di questa cosa?

Ve ne parlo perché ora che l’indice ha sfondato il suo massimo storico e ha per l’appunto raggiunto questa soglia psicologica record, è un attimo che partono mille congetture del tutto infondate che si basano su delle incomprensioni di fondo su come funzionano i numeri dei mercati finanziari.

È vero che ho fatto un episodio circa un mese e mezzo fa dal titolo “Mercati ai massimi: mo che si fa?” o qualcosa del genere e già allora vi dicevo — anche se i massimi erano stati toccati dagli ETF europei sull’S&P 500, non dall’indice stesso — ragazzi è assolutamente irrilevante essere su un massimo oppure no, quindi non cominciate a fare discorsi del cazzo tipo “ah, adesso il mercato è troppo caro! ora che è sui massimi non può che andare giù! non è un buon momento per investire. Mi tengo i soldi lì da parte e appena va giù, trac, sono più furbo di tutti e compro a sconto”.

Ecco, sapete già che sta cosa è na michiata, però mi gioco quel che volete che almeno 5.000 tra voi avranno avuto questo pensiero e ora stiano pensando:

“eh però, non lo so, volevo cominciare ad investire però ora no, il mercato è andato su troppo, caspita a 5000 non c’era mai arrivato, la fine è praticamente imminente. No no, aspetto ancora un po’”.

Ecco aspetta ancora un po’.

Allora, proprio per evitare di cadere vittima dei nostri pregiudizi senza alcun fondamento numerico, l’episodio di oggi vuole parlare di due cose.

PRIMA COSA: vuole spiegare cosa succede quando il mercato va sui massimi e come comportarsi di conseguenza.

SECONDA COSA: dopo tutte le belle cose piene di ottimismo che dirò, parleremo anche delle trappole dell’overconfidence, che in Italiano si chiama trappola del farla fuori dal vaso, che è un rischio tipico che porta ad avere un prospettiva eccessivamente ottimistica e che può portare lo spiacevole effetto collaterale di prendersi un bello schiaffo sui denti.

Quindi parleremo velocemente di come prepararsi all’imprevedibile.

Prima di cominciare però, per la rubrica “la finanza è bella ma poter fare la spesa ancora di più”, vi ricordo che se volete investire in Azioni e ETF a dei costi ridicoli, il partner di questo podcast è Scalable Capital, il broker tetesco che con il suo piano PRIME Plus da 4,99 al mese vi permette di avere:

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Dunque, torniamo a noi e andiamo con ordine, i mercati sono ai massimi: quindi che si fa?

PUNTO UNO.

Ricordatevi sempre che un certo livello del mercato è un massimo solo per noi oggi che possiamo guardare unicamente dallo specchietto retrovisore e non abbiamo alcuna idea di cosa succederà da domani in poi.

Nel passato le borse hanno dovuto costantemente superare i massimi precedenti per raggiungere massimi successivi.

Quindi essere sui massimi è una situazione piuttosto normale, se dovessi ogni volta che c’è un massimo smettere di investire praticamente starei più tempo fuori dal mercato che dentro.

PUNTO DUE.

Cosa ci dicono le statistiche a proposito del comportamento dei mercati quando raggiungono un all time high, cioè appunto un massimo storico?

Su questa roba non sarò originalissimo, troverete in giro mille contenuti che in questi giorni ne stanno parlando.

Però che vi devo dire, con l’S&P a 5000 per la prima volta di cosa vi parlo? Di come investire in questo momento o della disputa sulla natura della Trinità durante il Concilio di Nicea del 325?

Dopo lunga riflessione, ho optato a fatica per l’S&P a 5000.

Come spesso accade, le analisi migliori a sto giro le hanno fatte un Nick e un Ben (Maggiulli e Carlson per la precisione). Gli altri due Nick e Ben (Protasoni e Felix) questa settimana hanno dedicato il loro fine intelletto ad altre tematiche.

Intanto ci sono due cose che è molto interessante sapere.

La prima cosa riguarda la tendenza del mercato a raggruppare, per così dire, i suoi massimi.

Mi spiego e vi ricordo che parliamo sempre di Mercato Americano. Quello globale poi gli va dietro ma con qualche differenza.
Comunque in media il mercato raggiunge un massimo in circa il 6% dei giorni, quindi vuol dire che circa ogni 16 giorni in cui le borse sono aperte l’S&P 500 ha aggiornato i suoi massimi precedenti.

Durante le fasi di bull market, invece, questa media raddoppia e passa al 12%, il che vuol dire che più o meno un giorno ogni 8 c’è un nuovo massimo.

Cosa ci dice questa statistica?

Ci dice in pratica che sia i momenti positivi che quelli negativi tendono a ripetersi in maniera piuttosto ravvicinata tra loro.

Quindi la norma è che quando si raggiunge un massimo poi per un po’ tendono ad esserci una serie di nuovi massimi successivi più o meno in sequenza, mentre invece quando le cose vanno male, il mercato tende a sprofondare e ci mette un bel po’ a recuperare e a segnare un nuovo picco.

Pertanto la prima cosa da sapere — e lo dico a tutti quelli che pensano che quando c’è un massimo sia meglio star fuori dal mercato — è che quando il mercato raggiunge un nuovo record, solitamente poi continua per un po’ ad aggiornare il suo record.

La seconda cosa riguarda la conseguenza che dovremmo trarne, almeno su base statistica, una volta riconosciuta questa tendenza dei massimi a spingere il mercato abbastanza velocemente verso massimi ancora più alti.

Statemi a sentire bene.

Sono stati fatti degli studi, basati sui dati dagli anni ’70 ad oggi, che hanno calcolato il rendimento medio di un investimento sull’S&P 500 fatto durante un massimo e l’hanno confrontato con quello fatto in un qualunque altro mese ed è emerso che il ritorno atteso è mediamente più alto se investo quando mi trovo su un massimo che in un qualunque altro momento preso a caso.

L’aspettativa di rendimento a un anno è di quasi il 13% contro l’11,8%.

A 5 anni è dell’11,6% medio annuo contro l’11%.

A 10 anni invece sembra che il risultato sia fondamentalmente casuale.

Quindi in pratica cosa significa quello che abbiamo appena detto?

Significa che se io oggi investo sull’S&P 500 ho mediamente una probabilità di ottenere da qui a 5 anni un rendimento maggiore di chi invece facesse lo stesso investimento ma in un qualunque altro momento.

Ora, non sto dicendo a nessuno di svuotare il proprio conto in banca e di investire tutto subito visto che siamo su un massimo.

Quello che sto dicendo è che, su base statistica e contrariamente al pregiudizio che potremmo avere, investire in un periodo in cui mercati sono al picco dà risultati mediamente migliori che non investendo in altri momenti.

Questa cosa vale anche per l’azionario Globale, almeno nel breve periodo.

Su orizzonti già sui 5 anni la correlazione tra rendimento e momento in cui investo sembra del tutto aleatoria.

Se l’idea era di investire domani sull’azionario americano o globale, beh, il fatto che l’S&P abbia sfondato i 5.000 punti e che tutti pensino che il mercato sia sopravvalutato non è comunque un buon motivo per non farlo.

Se ci pensate è un po’ un’illusione ottica.

Quando il mercato raggiunge un massimo si penserà sempre che abbia raggiunto valutazioni troppo alte.

È difficile che un mercato, soprattutto quello Americano trainato dalle grandi mega cap tecnologiche che di per sé sono care a prescindere, raggiunga dei massimi e mantenga comunque dei price/earning ratio bassi.

Traduco: è difficile che il mercato cresca fino al punto di raggiungere un massimo e che allo stesso tempo il rapporto tra prezzi ed utili attesi delle società parte di quel mercato non si sbilanci dal lato del prezzo.

Secondo questo principio non bisognerebbe mai investire in queste fasi.

Ma come detto, ci perderemmo probabilmente delle occasioni dato che almeno nel breve medio termine il mercato tende a sfruttare il suo slancio e continua a correre per un po’.

Ancora una volta, nelle varie chiacchierate che facciamo qui in questo nostro podcast, emerge il ruolo del caso e dell’importanza di riconoscere l’inutilità di provare a battere il mercato cercando di superare in astuzia gli altri investitori.

Il mercato ha dei pattern, segue delle regole macro, ma poi si muove in una maniera del tutto inafferrabile per il nostro senso comune.

L’intuito ci direbbe di fare una cosa, la valutazione fondamentale delle società e dell’economia ci direbbe di farne altre e comunque i mercati si muovono spesso in un altro modo ancora.

Tutto ciò che possiamo fare è rinunciare alla pretesa di avere un qualche vantaggio competitivo e riconoscere che la cosa migliore che possiamo fare è esporci nel modo più sensato possibile all’imprevedibilità di breve del mercato per aumentare così le nostre probabilità di conseguire i suoi rendimenti nel lungo termine.

La dico in un altro modo.

Piaccia o non piaccia, il mercato ha delle logiche che o sono casuali, o sono troppo complesse perché noi possiamo coglierle (il che le rende casuali perlomeno ai nostri occhi).

Pertanto l’unico modo per massimizzare la probabilità di portarci a casa il rendimento di lungo termine dei mercati è quello di accettare di vivere l’imprevedibile volatilità del breve termine con i suoi controintuitivi comportamenti.

Cercare, come si dice in Inglese, di “outsmart” il mercato è una battaglia persa in partenza.

Il caso e la fortuna giocano un ruolo troppo forte perché davvero sia possibile piegarli a nostro vantaggio se non per brevissimi periodi di tempo.

Si pensi al fatto che circa l’1% delle società porta da solo quasi il 75% del rendimento totale dell’azionario globale.

Che probabilità abbiamo davvero, lunga un’intera vita di investimenti, di indovinare sistematicamente qual è di volta in volta questo 1%?

Certo, oggi sappiamo che in questo 1% ci sono Apple, Microsoft, Google ecc.
Ma nessuno mi dice fino a quando ciò sarà così.

Sperare ogni anno di indovinare questo 1% è letteralmente come cercare il classico invisibile ago nel mitologico pagliaio.

E questa cosa vale sia nella scelta dei titoli su cui investire, sia sui momenti in cui investire.

Ricordate quello che abbiamo detto qualche episodio fa.

L’8% dei migliori mesi della storia del mercato americano è stato responsabile di oltre il 99% dei rendimenti.

Sbagliare anche di poco il timing può avere conseguenze devastanti e irrecuperabili.

Si può quindi dire che investire in fondo sia solo questione di Fortuna? E che quindi lasciamo al caso il destino del nostro patrimonio faticosamente sudato?

Beh.

Sì, direi di sì.

Ma non è questo il problema.

La nostra vita è costantemente esposta alle vicissitudini del caso.

Siamo noi che abbiamo quest’ossessione di controllo, in virtù della quale non vediamo altra opzione se non quella di dominare il caso cercando di prevedere il futuro e renderlo controllabile.

Si può fare?

Noneeeeeee!

Quindi la cosa che conta davvero non è:

– Né cercare di indovinare i singoli asset su cui investire;

– Né cercare di indovinare il momento giusto in cui investire.

Ciò che conta davvero sono:

– L’asset allocation (e in definitiva quante azioni sono disposto ad avere in portafoglio, con tutta la volalità di breve che ciò comporta) e

– La pianificazione finanziaria della mia vita (quindi come ho organizzato il mio patrimonio rispetto ai vari obiettivi che devo conseguire).

E qui veniamo al secondo tema dell’episodio di oggi, ossia come prepararsi all’imprevedibile.

Eh sì perché fino ad esso abbiamo fondamentalmente detto:

– Il mercato va bene

– Ai massimi di solito seguono altri massimi

– Il rendimento almeno dei prossimi anni tende ad essere superiore dopo che il mercato ha toccato un massimo

Insomma, tutta roba super positiva che non dovrebbe che indurci a spingere come pazzi sull’acceleratore dell’avventura, osando con i nostri soldi là dove non pensavamo ci saremmo mai spinti.

Ed è qui che poi invece si fanno i disastri.

Tutto quel che abbiamo detto sin qui, che ha una solida base statistica alle spalle, è assolutamente vero e valido.

Ma il rischio di passare dal riconoscimento di un pattern statistico, che dovrebbe dissuaderci dal prendere decisioni stupide del tipo “tengo i soldi qua da parte così quando il mercato crolla ci entro da re”, all’assumere un atteggiamento troppo ottimistico è un attimo.

Perché succede questo?

Intanto siamo affetti dal cosiddetto Recency Bias, ossia tendiamo a sopravvalutare gli eventi recenti rispetto a quelli passati.

Ad esempio, i mercati stanno spingendo come pazzi, soprattutto quello Americano, e da 15 anni suonati sono le grandi Società Tech a fare il bello e il cattivo tempo. Di conseguenza saremmo naturalmente portati a pensare che anche in futuro le cose andranno così, che il mercato Americano sarà quello dominante per sempre e che saranno sempre le magnifiche 7 a dettare i tempi della finanza mondiale.

Anche se voi razionalmente sareste pronti a giurare che non è così, che sapete benissimo che tutto è transitorio e che quindi non è detto che in realtà anche in futuro le cose andranno avanti allo stesso modo, non potete farci niente: il vostro cervello (e il mio non fa eccezione) cercherà sempre di farvi ragionare in maniera distorta, privilegiando il peso di informazioni recenti rispetto a quelle passate.

È sempre molto importante, di conseguenza, avere un approccio critico verso la propria strategia d’investimento in particolare e la propria pianificazione finanziaria in generale, per evitare, consapevolmente o inconsapevolmente, di cascare in qualche grave errore dettato da eccesso di ottimismo e alimentato da recenti buone notizie.

Quali sono i potenziali rischi che vedo?

Beh, ce ne sono un’infinità, tra i quali potrei elencare:

UNO: sovrappesare la parte azionaria del portafoglio rispetto a ciò che la nostra situazione e il nostro reale orizzonte temporale consentirebbe;

DUE: concentrare eccessivamente gli investimenti in aree geografiche o specifici settori che sono stati particolarmente performanti di recente;

TRE: sovrastimare la propria capacità di risparmio (che poi significa solitamente sottostimare le spese) sull’onda dell’entusiasmo per un mercato bullish che ci porta a voler investire di più di quanto dovremmo.

QUATTRO: pensare di poter ottenere risultati migliori passando a forme di investimento attivo che prevedano stock picking, market timing e tutto l’armamentario del piccolo trader.

La CNN pubblica un celebre indice chiamato Fear and Greed Index, ossia l’indice della paura e dell’avidità.

Questo barometro in pratica tiene traccia dell’attuale sentiment del mercato, che tipicamente va da Extreme Fear — nei momenti più negativi caratterizzati da forti vendite sul mercato azionario — a Extreme Greed — quando gli investitori manifestano una spiccata propensione al rischio e continuano a comprare azioni facendo crescere il mercato.

Manco a dirlo in questo momento siamo in fase di Extreme Greed.

E quando c’è tantissima avidità generale, poi è un attimo perdere il senso della misura e a sottostimare il rischio implicito negli investimenti azionari.

Anticipo l’obiezione dei più secchioni tra voi che avranno pensato: “eh Warren Buffett dice di investire quando gli altri hanno paura e di essere paurosi quando gli altri sono guidati dall’avidità, quindi in questo momento non bisogna investire”.

Vero, Warren Buffett dice così, ma sta parlando a chi fa come lui value investing.

Il suo consiglio di default per il 99,9% dei comuni mortali che non sono stati benedetti come lui da un talento sovraumano negli investimenti è di comprare un index fund sull’S&P 500 tramite Vanguard e investire a vita senza pensarci più.

Io, voi secchioni e tutti gli altri che mi state ascoltando, rientrate senza dubbio in questo 99,9%, pertanto la nostra attitudine all’investimento dovrebbe essere fondamentalmente la stessa sia quando c’è Fear che quando c’è Greed.

Qual è piuttosto la cosa importante?

Ciò che conta davvero non è calcolare perfettamente i rischi e spingersi fino ad un pelo prima del limite, perché i rischi che siamo in grado di calcolare non sono un problema; sono invece un problema quelli a cui non avevamo pensato.

È l’inaspettato che di solito fa i danni veri.

Per quanto invece pericolosi possano essere i rischi prevedibili, se sono prevedibili e io non sono uno sprovveduto è relativamente facile non correrli.

Se fumare aumenta il rischio di sviluppare un tumore, basta non fumare, non è che se poi mi ammalo posso dire “oh cazzo non me l’aspettavo!”. Eh c’era scritto anche sulla confezione.

Se guido ubriaco dopo aver fatto serata e mi schianto contro un palo, stesso discorso: non è che si è trattato di qualcosa di inatteso, sono io che sono stato un pirla.

I problemi veri, invece, sono i cosiddetti Unknown Unknown, le cose che non sappiamo ancora di non sapere, che tipicamente sono alla base di ciò che Nassim Taleb ha battezzato magistralmente Cigni Neri.

La prossima devastante crisi finanziaria che capiterà, non sappiamo ancora per qualche motivo esploderà.

– Sarà perché il mercato è troppo sopravvalutato e l’enfasi sull’intelligenza artificiale avrà creato una bolla?

– Sarà perché siamo seduti su una montagna di prodotti finanziaria derivati e basta che ne saltino una manciata perché si scateni un devastante effetto a catena (come nel 2008)?

– Sarà perché il futuro presidente degli Stati Uniti Donald Trump prenderà qualche decisione scellerata che comprometterà gli equilibri geopolitici internazionali?

Non lo sappiamo.

Sappiamo solo che qualcosa succederà.

Non sappiamo quando.

Non sappiamo cosa.

Non sappiamo quanto sarà grave.

Ma succederà.

Fondamentalmente ogni venti/trent’anni abbiamo avuto un decennio disastroso per i mercati.

Abbiamo avuto gli anni ’30 della grande depressione (e della nascita delle varie dittature nazifasciste che hanno portato alla seconda guerra mondiale).

Abbiamo avuto gli anni ’70 con gli shock petroliferi e l’iperinflazione.

Abbiamo poi avuto il decennio perduto all’inizio degli anni 2000 con la bolla delle dot.com prima e la grande crisi finanziaria e immobiliare del 2008.

Insomma, ogni tot succede un bordello e sembra che il mondo stia per crollare.

A questo bisogna essere preparati.

A ciò che non solo non conosciamo ancora, ma che ancora nemmeno siamo in grado di preventivare.

E come possiamo preparaci a questo?

Direi:

– UNO: le nostre disponibilità liquide sono la cosa più importante di tutte, quindi avere un fondo di emergenza abbondante è sempre una buona idea (anche a costo di rimetterci del rendimento; consideratelo il costo di un’assicurazione sulla vostra vita finanziaria); pensate che 3 mesi di spese future vi bastino per coprirvi il culo? Fatelo di 6. Pensavate invece che 6 fosse il numero giusto? Fatelo di 10.

– DUE: non prendiamoci più rischio di ciò che realmente potremmo sostenere — e anche lì cerchiamo di essere un po’ più conservativi.
L’asset allocation che ci farà ottenere i migliori rendimenti a lungo termine non è necessariamente quella adatta alla nostra vita.
E’ più importante ottenere rendimenti soddisfacenti e arrivare integri alla fine della nostra vita di investitori che ottenere rendimenti straordinari ma correndo il rischio di finire in miseria.

Quindi se decidete che la vostra asset allocation è, che ne so, 70% azioni e 30% obbligazioni, non fatevi prendere la mano se vedete che le azioni stanno correndo come pazze.
E se dopo un tot le azioni sono cresciute molto di più e vi ritrovate con 80% azioni e 20% obbligazioni ribilanciate e ripristinate l’asset allocation di partenza.
Vi girerà il culo rinunciare all’asset che sta andando meglio per comprare quello che sta andando peggio, sì, lo so, però l’obiettivo principale non è massimizzare il rendimento bensì minimizzare il rischio

– TRE: ricordatevi sempre che non sappiamo un cazzo.
Non siamo più smart degli altri investitori, non siamo più capaci, non siamo più furbi.
Per nessun motivo possiamo pensare di poter prendere delle scorciatoie per arrivare prima al risultato.
La più importante competenza finanziaria che potremo mai sviluppare è la PAZIENZA.
Bisogna avere pazienza che i nostri investimenti facciano il loro corso.
Come acceleriamo, lì rischiamo di sfracellarci.

– QUATTRO: la nostra capacità di risparmio è più importante della nostra assunzione di rischio.
Per come la vedo, è meglio raggiungere un milione di euro tra trent’anni investendo mille euro al mese in un portafoglio che renda il 6% all’anno che arrivarci investendo 440 € al mese in un portafoglio che renda il 10% all’anno.
Nel primo caso ci arriverò grazie alla mia maggiore capacità di risparmio, investito in un portafoglio mediamente rischioso.
Nel secondo ci arriverò soprattutto grazie al rendimento di un portafoglio molto rischioso, perché per fare 10% all’anno non ho alternative ad un asset allocation fondamentalmente tutta azionaria.

E voi direte: “sì ma ci smaroni sempre con il fatto che l’S&P 500 fa il 10% all’anno in media da un secolo”, quindi basta avere pazienza ed è fatta.

Vero, ma dal 2000 al picco negativo del 2009 ha fatto quasi il -4% all’anno di media. -4% per 10 anni significa ritrovarsi con il 33% in meno del proprio patrimonio.
Sei disposto a sopportare per 10 anni — 10 anni, 3652 giorni — uno stillicidio del genere?

Oggi mi dici di sì perché sai che dal 2009 al 2024 il mercato ha fatto il botto.
Ma fidati che dopo che per 10 anni hai visto i tuoi soldi solo diminuire senza avere la benché minima idea di cosa ti avrebbe riservato poi il futuro, e dura che poi tieni botta abbastanza a lungo perché quel 10% all’anno di media diventi il rendimento medio finale del tuo portafoglio.

Per questo compriamo obbligazioni (o ETF obbligazionari).
Sono noiose, rendono poco e ci rovinano la performance del portafoglio.
Ma sono ciò che ci parano il culo e ci permettono di sopravvivere nei momenti più neri delle borse globali.
E sono ciò grazie al quale possiamo investire anche nell’S&P 500, perché fanno quello sporco lavoro da mediano che permette alla superstar degli indici azionari di finalizzare il gioco e fare i gol che contano, un po’ come un grande esperto di finanza cantava nel 99, proprio un attimo prima che la internet bubble ci regalò la prima devastante crisi finanziaria del nuovo millennio.

[una vita da mediano]

Non cercate di prevedere il prevedibile.

Ma cercate di prepararvi all’imprevedibile.

E alla fin della fiera la regola d’oro resta sempre quella: continuate ad investire secondo la vostra pianificazione, indipendentemente dal fatto che il mercato sia sui massimi o sui minimi.

Se è sui massimi, bene, forse andrà su ancora per un po’.

Se è sui minimi, bene, forse tra un po’ ricomincerà a salire.

In bocca al lupo con i vostri investimenti e buon San Valentino a tutti!

Bene gente!

Siamo così giunti alla fine anche dell’ottantesimo episodio di The Bull.

Prima di lasciarci — e visto che appunto pure alle mie finanze devo pensare e non solo alle vostre — permettetemi di ricordarvi la possibilità di investire con costi ridicolmente bassi con il nostro parter Scalable Capital, che con il suo piano PRIME Plus al prezzo di 3 caffè al mese vi offre:

– Piani di accumulo in ETF gratuiti;

– Zero commissioni sull’acquisto di qualunque ETF per importi di almeno 250 €;

– Il formidabile tool di analisi del vostro portafoglio Scalable Insights e

– Il 4% di interesse per 4 mesi sulla liquidità depositata e non investita (che dopo 4 mesi resta il 2,6% all’anno).

Se volete aprire un account con Scalable, trovate un bel link pronto per voi nella descrizione di quest’episodio oppure potete andare direttamente sul sito di Scalable e fare tutto da lì ottenendo i medesimi benefici e senza generare commissioni per chi vi sta parlando.

Care amiche e cari amici di The Bull, vi ringrazio per essere stati con me ancora una volta, per continuare a crescere giorno dopo giorno e a diffondere questo podcast come una pandemia, se non ci foste col cazzo che mi alzerei così presto per mettermi a scrivere roba di finanza.

Grazie inoltre per tutti i messaggi che mi scrivete su instagram a thebull_finance.

Come sempre vi invito a mettere segui e attivare le notifiche su Spotify, Apple Podcast o altra piattaforma a vostra scelta e a lasciare una recensione a 5 stelle per supportarci e permetterci di continuare a produrre contenuti che prima vi ingolosiscono con l’idea che durante i picchi il mercato continui ancora a crescere e poi ve la fanno fare sotto paventandovi scenari di distopiche apocalissi finanziarie ma in fondo per il vostro bene sempre nuovi.

Per questo episodio invece è davvero tutto e noi ci ritroviamo domenica prossima con una puntata speciale dedicata a come trasformare le proprie competenze, finanziare e non, in 15 minuti al giorno sempre qui, naturalmente, con The Bull, il tuo podcast di finanza personale.

Recensioni

Quando capisci come funziona la finanza… ti viene voglia di raccontarla!

Dovrebbero ascoltarlo buona parte degli italiani e io avrei dovuto scoprirlo con qualche anno in anticipo ma meglio tardi che mai

Matteo C., 3 Set 2025

Ho acquistato e letto il suo libro e l' ho trovato. Esprime i concetti economici in modo semplice e chiaro. Sentirlo parlare conferma che è un professionista del settore.

Giulia N., 11 Ago 2025

Veramente veramente raccomandato! la finanza personale riassunta alla perfezione! e spiegata partendo dall'ABC! Ottimo anche da ascoltare a velocita 1,5x!

Giorgia R., 23 Gen 2025

Non sono solito a mettere recensioni e specialmente non ascolto podcast, ma da quando ho iniziato questo, faccio fatica a staccarmi, e quasi non posso più fare a meno di ascoltare e arricchirmi culturalmente.

Andrea V., 22 Set 2025

Riccardo mi ha letteralmente cambiato la vita e fatto scoprire che amo la finanza, ho ascoltato il podcast già due volte e non mi stufo mai di ascoltarlo, parla in modo semplice e chiaro

Massimo D., 23 Set 2025

Podcast piacevole, scorre veloce ma in modo estremamente chiaro, spiega i concetti chiave per gestire le proprie finanze, fornendo la classica cassetta degli attrezzi. Complimenti, davvero ben fatto!

Massimiliano, 29 Mag 2024

Veramente interessante, chiaro e conciso. Cambia la vita finanziaria di chiunque.. da ascoltare assolutamente anche per chi di finanza non vuole occuparsi mai

Francesca B., 6 Apr 2024

Podcast che dà sempre spunti interessanti che personalmente mi ha fatto appassionare alla finanza personale spingendomi ad approfondire in prima persona.

Lorenzo, 13 Mar 2025

Da quando l'ho scoperto in 15 gg mi sono ascoltato 150 puntate senza fermarmi, ho annullato gli altri podcast per portarmi alla pari ed ascoltare tutte le precedenti puntate, ben fatto, esattamente il livello di informazione che mi serviva

Gianluca G., 11 Set 2025
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