Come gestire la Liquidità rispetto ai propri Obiettivi
Obiettivi a brevissimo, breve, medio e lungo termine.Nella vita abbiamo traguardi da raggiungere in ciascuna di queste fase e per ognuna di esse esiste un tipo di investimento più adatto. Parliamo oggi di come gestire la liquidità attraverso conti deposito, ETF monetari, obbligazioni, etc., per far fronte alle varie sfide che la vita, in diversi momenti, ci pone di fronte.

82. Come gestire la Liquidità rispetto ai propri Obiettivi
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Punti Chiave
Distingui brevissimo, breve, medio e lungo termine nella pianificazione finanziaria.
Gestisci la liquidità con conti deposito, ETF monetari/ultrashort o obbligazioni singole.
Adotta il Goal-Based Investing per allineare il portafoglio ai tuoi obiettivi di vita.
Trascrizione Episodio
Bentornati a THE BULL – Il tuo podcast di finanza personale
Il lungo termine è l’orizzonte di riferimento della nostra strategia di investimento.
Guai a guardare nel breve e a prendere decisioni basate su quel che succede nei mesi o persino negli anni più prossimi al nostro presente attuale.
Eppure, come scrisse nel 1923 uno dei più grandi Economisti di tutti i tempi, il leggendario John Maynard Keynes, “in the long run, we are all dead”, ossia — e scusate per il moto di ottimismo di prima mattina — nel lungo termine, siamo tutti morti.
Il lungo termine è importantissimo, ve lo sto dicendo dalla prima puntata.
Investire è guardare unicamente ad un orizzonte temporale che si dipana almeno lungo i prossimi decenni e al di sotto di una prospettiva almeno ventennale la sola idea di mettere i propri soldi soprattutto nel mercato azionario lascia un po’ il tempo che trova.
Perché questo?
Perché sappiamo bene che, tenendo il mercato azionario Americano come metro di riferimento (e quello globale come sua migliore approssimazione), ad oggi non è mai accaduto che un investimento azionario finisse in perdita dopo vent’anni, mentre su orizzonti più brevi, benché di rado, qualche volta è successo di vedere per un’intera decade il nostro investimento in rosso, come nel solito decennio perduto che per scaramanzia citiamo sempre, che ha richiesto dalla fine del 2000 all’inizio addirittura del 2014 per ritrovare e superare i massimi di inizio millennio.
Quindi quando si investe, bisogna investire guardando molto lontano.
Però ha ragione il grande economista ideatore del New Deal che salvò il culo all’economia americana durante la grande depressione degli anni ’30.
Nel lungo termine, noi potremmo anche non esserci più.
E comunque, anche senza evocare scenari funebri che tra un po’ mi tocca scrivere con una mano sola e usare l’altra per fare i debiti scongiuri del caso, è proprio la nostra vita che esiste unicamente nell’oggi.
Non so se ci avete mai fatto caso, ma noi esistiamo solo in questo preciso istante, un punticino di durata infinitesimale stretto in mezzo tra il passato dei nostri ricordi e il futuro delle nostre possibilità ancora non ben chiare.
Visto che siamo in vena di citare grandi pensatori dei primi anni del ‘900, uno dei più grandi filosofi di tutti i tempi, Martin Heidegger, ebbe la straordinaria intuizione nel 1927, data di uscita di uno dei libri più complessi e incomprensibili mai partoriti, che noi essere umani siamo fatti fondamentalmente di tempo.
Vi risparmio i contenuti di oltre 500 meravigliose pagine digeribili come un panino salamella e peperonata preso al baracchino alle 4 di notte a fine serata, ma l’idea di fondo è che il modo in cui siamo fatti e la nostra stessa comprensione dell’esistenza hanno per noi senso solo in un orizzonte temporale che tiene insieme il nostro passato e la proiezione di ciò che potremo fare e potremo diventare nel nostro futuro.
Come dire. Noi esistiamo nel presente qui è ora. Ma tutto quello che facciamo, pensiamo e sentiamo è sempre un po’ proteso tra il nostro passato e il nostro futuro.
Ora, sembra che mi sono incartato e che l’ho presa un po’ larga, adesso devo capire come fare a passare da Heidegger e dal suo monumentale capolavoro intitolato Essere e Tempo, a parlarvi dei conti deposito e degli ETF monetari, però datemi un attimo che mi raccapezzo.
Voi probabilmente non ci avete mai pensato, ma non è esattamente una cosa scontata il fatto che diciamo: abbiamo un orizzonte temporale di fronte a noi.
La capacità di guardare al futuro e di anticipare il fatto che avremo delle possibilità da realizzare è uno dei miracoli più straordinari che caratterizza l’essere umano rispetto a qualunque altro essere vivente.
E questo è un grande vantaggio, perché la possibilità di proiettare la nostra esistenza nel futuro è la chiave di volta dell’architettura dei nostri investimenti.
Se non riusciamo a proiettare la nostra situazione attuale nel futuro, big problem, perché non ha senso strutturare il nostro piano a lungo termine e in ultima istanza capire come mettere insieme i pezzi della nostra pianificazione finanziaria.
Il cazzo di problema del lungo termine, però, è che è ignoto come il motivo per cui quando devi scegliere tra le 4 corsie con il telepass in autostrada, immancabilmente finisci dietro a quello a cui il telepass non va e che sta lì fermo 10 minuti prima che il casellante decida di aprirgli.
Se quindi non sappiamo bene cosa ci riserverà il futuro è chiaro che non potremo incasellare ogni centesimo del nostro patrimonio in maniera perfettamente funzionale ai nostri obiettivi, per via delle mille variabili che possono capitarci nella vita.
Allo stesso tempo, tuttavia, grazie al fatto che siamo in grado di vivere oggi con una visione verso il nostro futuro, la nostra abilità come investitori non si vedrà nella capacità di investire nelle azioni più redditizie, bensì nell’impostazione del nostro patrimonio in maniera tale che possa rispondere, in buona approssimazione, ai vari obiettivi che proietteremo di volta in volta nel BREVISSIMO, BREVE, MEDIO e appunto LUNGO TERMINE.
Certo che potevo dire subito: oggi parliamo di come gestire la liquidità! Invece che fare sto volo pindarico nei meandri dell’ontologia dell’esistenza di Heidegger.
In effetti poteva essere un’idea, però che volete, ormai ho scritto oltre 1100 parole, mo’ non c’ho voglia di cancellare e rifare da capo, quindi digerite il pippone filosofico e adesso pariamo delle cose realmente utili.
Allora, il punto qual è.
Il punto è che va bene che il mercato azionario, quello che tende a dare i rendimenti migliori, nel lungo termine è quasi una garanzia di successo, ma noi dobbiamo anche far fronte alle cose che ci succedono tutti i giorni e a tutte le menate che avremo da affrontare tra 1, 3, 5, 10, 15 anni, prima di pensare al lungo termine.
Come abbiamo detto in altre puntate, poi, la questione non è solo creare portafogli che massimizzino il rendimento per un certo livello di rischio, bensì è creare un portafoglio che, con i suoi alti e bassi, siamo in grado di sostenere lungo il corso della nostra vita e che possa aiutarci a conseguire obiettivi che non sono solo quelli che realizzeremo tra 20 o 30 anni, bensì che si distribuiscono lungo tutto il cammino che ci separa da qui all’appuntamento finale col Creatore.
Un conto infatti è impostare il nostro portafoglio in base all’idea della frontiera efficiente di Harry Markowitz, ossia identificare il portafoglio migliore che, per così, dire dato un certo livello di rischio dovrebbe restituire il massimo rendimento.
Tradotto: se ho due portafogli che hanno un rendimento atteso del 7%, io preferirò sempre quello che balla di meno, non quello che un anno fa più 100% e l’anno dopo -43%.
Un altro conto invece è avere un approccio dinamico alla gestione dei nostri soldi che ci permetta di far fronte alle esigenze della vita, più o meno pianificabili, nei vari periodi.
Oggi quindi parliamo fondamentalmente di due cose correlate, ossia
UNO: come gestire la nostra liquidità e in generale il nostro patrimonio a breve e medio termine.
DUE: come ragionare secondo una logica di investimento per obiettivi, una roba che tra l’altro ha tutto un filone di studi nell’ambito del wealth management che passa sotto l’idea di Goal Based Investing.
Partiamo da allora come gestire la nostra liquidità per far fronte alle esigenze di breve e medio termine.
Per breve e medio termine non intendiamo le prossime 3 settimane.
In finanza, breve-medio termine significa fondamentalmente tutto ciò che sta all’interno dei prossimi 8-10 anni.
Ah voi pensavate che 8-10 anni fosse lungo termine?
No mi spiace.
In finanza 8-10 anni non è neanche la durata di un intero ciclo economico.
8-10 anni è tutt’al più una stagione, forse, due, all’interno di un macro-ciclo.
Tutto ciò che succederà nei prossimi 8-10 anni della vostra vita in qualche modo dovrà essere gestito dal punto di vista finanziario, perché la parte core del vostro portafoglio, soprattutto quella azionaria, in quel periodo di tempo potrà fare di tutto e non sempre sarà affidabile.
Se i prossimi 8-10 anni saranno come il periodo 2012-2021, fighissimo, andrà tutto per il meglio.
Se saranno invece più simili al periodo 1999-2009, eh, non benissimo.
Nel lungo termine invece sti gran cazzi.
Sia che prendiamo i 24 anni terminati malissimo nel 2009, sia che prendiamo i 24 anni iniziati malissimo nel 2000 (con l’apice precedente la bolla delle dot.com) e terminati a fine 2023, l’azionario globale avrebbe fatto circa il 6% medio all’anno nel primo caso e circa il 5% nel secondo, quindi pur con un decennio disastroso in mezzo e un market timing sfigato come beccarsi due giorni di diluvio a Minorca ad Agosto (triste storia vera), su lunghi orizzonti temporali il mercato azionario ha sempre fatto il suo.
Per la cronaca, se invece di prendere questi blocchi di 24 anni prendiamo l’intero periodo in questione, che va dal 1985 ad oggi, sappiamo che l’azionario globale avrebbe fatto l’8% all’anno.
Una robetta da niente che avrebbe trasformato l’equivalente di 10.000 € investiti 39 anni fa e lasciati correre senza più farci caso in quasi 190.000 € oggi.
Però capite che, per quanto figa sia l’idea di trasformare 10.000 € in 190.000, non possiamo vivere pensando solo al risultato finale tra 39 anni.
Dobbiamo gestire le nostre finanze lungo tutti questi prossimi 39 anni.
E quindi nella nostra pianificazione finanziaria dobbiamo concettualmente dividere il nostro breve-medio termine fondamentalmente in tre fasi, a cui corrisponderanno almeno altrettanti strumenti di investimento.
FASE UNO: Il Brevissimo termine, da qui ai prossimi 2-3 mesi.
Il Brevissimo termine è facile.
Qui stiamo parlando davvero della gestione delle spese ordinarie della nostra vita quotidiana.
Il consiglio di default, senza neanche stare troppo a ragionarci, è tenere l’equivalente di 2-3 mesi di spese future su un paio di conti correnti, possibilmente a bassissimo costo.
Un conto magari in un grande istituto e un altro con una banca online supersmart e a basso costo.
Se per esempio ogni mese avete spese per 3.000 €, mettete nel conto massimo 10.000 € e anche qui se avete l’accortezza di tenerne meno di 5.000 su ciascuno risparmiate l’imposta di bollo.
Sono 34 € all’anno, non è che vi cambiano la vita.
Però anche buttare via i soldi per niente non mi sembra l’idea del secolo.
Altro consiglio di default per le coppie: 3 conti. Uno a testa più uno comune per le spese.
Non tutti in comune che sai mai come vanno le cose nella vita.
FASE DUE: Il Breve termine, diciamo da 1 a 3-5 anni.
E qui già la cosa si fa più complessa, perché inizia ad esserci un certo margine di incertezza.
Di solito quando parliamo di quest’orizzonte temporale facciamo riferimento a tutte quelle robe coperte dal fondo di emergenza e dalla parte liquida del portafoglio allocata per spese appunto a breve termine.
Sul fondo di emergenza abbiamo detto tutto il possibile e immaginabile.
Mettete insieme almeno 6 mesi di spese future e sistematelo in qualche strumento a rischio quasi zero e che vi dia quel minimo di rendimento giusto per non far bruciare tutto il valore all’inflazione.
Scelta no-brainer per il fondo di emergenza, perlomeno ad oggi febbraio 2024, conto deposito svincolabile.
Rendimenti intorno al 3-4% lordo all’anno per le versioni svincolabili dei conti e garanzia da parte del fondo interbancario fino a 100.000 € (come sempre vi ricordo: NO DEPOSITI VINCOLATI, sono una delle cose peggiori in cui mettere i soldi).
Ok, il fondo di emergenza è lì, tendenzialmente non lo tocchiamo salvo appunto per un’emergenza, però cmq è quel cuscinetto che ci protegge da eventi estremi e che ci dà un po’ di respiro per quel tempo che serve per riprenderci da qualche brutta notizia inattesa, riorganizzarci e ripartire.
Nel breve termine, tuttavia, potremmo anche voler allocare altri soldi che possono servirci per spese preventivabili oppure semplicemente possibili.
Cioè, non sappiamo quali spese avremo nei prossimi anni, sappiamo solo che AVREMO delle spese, le più tipiche delle quali sono:
– Il cambio auto;
– Spese per l’istruzione dei figli;
– Ristrutturazioni della casa o rinnovo dell’arredamento;
– Spese mediche;
e così via, date libero sfogo alla fantasia.
Una parte del portafoglio, a vostra sensibilità, può essere allocato in una serie di strumenti che fondamentalmente sono un ibrido tra strumenti di investimento veri e propri e dei depositi per la liquidità.
Tra questi vediamone 4.
PRIMO STRUMENTO: ETF Monetari e, puramente a titolo di esempio, prendiamo in considerazione l’ETF con ticker XEON.
In pratica, come già detto in passato, si tratta di un ETF che replica il tasso dei prestiti interbancari overnight, chiamato Euro Short Term Rate.
Oggi questo tasso è intorno al 3,91% su base annua.
Mettere i soldi in questo strumento vuol dire ottenere un rendimento pressoché stabile, allineato al tasso di sconto dei prestiti interbancari.
Il vantaggio di questo strumento è che, oltre ad avere rischio bassissimo e una volatilità quasi nulla, permette di avere indietro il proprio capitale quando si vuole, come con qualunque altro ETF, senza perdere gli interessi maturati sino a quel momento.
Lo svantaggio, invece, è che se oggi fate un conto deposito con tasso al 4% per 5 anni, per i prossimi 5 anni state sicuri che l’interesse resta 4%.
Con il fondo monetario, invece, gli interessi sono legati all’andamento dei tassi di mercato.
Quindi se domani la BCE inizia a tagliare i tassi di interesse — che incidono direttamente sul tasso dei prestiti interbancari — anche l’interesse sul vostro fondo monetario diminuisce.
Nel 2023, giusto per fare un esempio, un investimento da gennaio a dicembre in questo strumento avrebbe reso il 3,58%.
SECONDO STRUMENTO: ETF Ultrashort e anche qui, sempre unicamente a titolo di esempio, quindi da non prendere in alcun modo come raccomandazione di investimento, prendiamo come riferimento l’ETF di Ishares sulle obbligazioni corporate europee ad accumulazione con ticker ERNX.
Cosa fa sto strumento?
In pratica fa la stessa cosa di quello precedente, solo che invece che replicare l’overnight rate swap replica il rendimento di obbligazioni societarie in Euro a brevissima scadenza.
Anche qui, stiamo parlando di qualcosa di molto simile ad un conto deposito sempre svincolabile che però non perde mai gli interessi accumulati.
E come sopra, pochissimo rischio, pochissima volatilità ma rendimenti direttamente collegati ai tassi di mercato.
Se la BCE taglia i tassi, scendono anche i rendimenti dell’ETF.
Tra l’altro se andate su JustETF e confrontate i due ETF che abbiamo citato, noterete che la loro performance è quasi perfettamente sovrapponibile e nella fattispecie nel 2023 quest’ultimo ha reso il 3,7%.
Volendo esistono anche degli ETF, pochi per la verità, che replicano obbligazioni governative a brevissima scadenza, che hanno andamento simile, un rendimento leggermente inferiore, ma il vantaggio di avere una tassazione più conveniente.
L’anno scorso infatti uno di questi ha reso circa il 3% lordo che però ha un rendimento netto praticamente identico sia agli ETF monetari che agli Ultrashort corporate.
Voglio tenermi una certa quantità di soldi liquidi, ma non fermi sul conto né parzialmente vincolati in un conto deposito o in un’obbligazione singola?
Uno di questi tre strumenti può essere una scelta di buon senso per la liquidità da gestire nei prossimi 1-3 anni.
Altrimenti, il TERZO STRUMENTO sono le obbligazioni singole.
Hanno il vantaggio, rispetto agli strumenti appena citati, di bloccare il rendimento, indipendentemente da quel che succede ai tassi di interesse, mentre lo svantaggio è che vanno portati fino a scadenza per avere la certezza del rendimento, altrimenti se venduti prima sono comunque soggetti, benché poco, all’andamento dei tassi di mercato.
Giusto per fare un esempio, un qualunque BTP con scadenza tra un paio di anni oggi dà rendimenti intorno al 3,2% all’anno.
(come avrete capito, il rendimento di tutti questi strumenti è abbastanza allineato tra di loro. Non dovete tanto basarvi sul rendimento migliore nella vostra scelta, quanto sulle caratteristiche di ogni strumento rispetto alle esigenze che avete).
Anche qui:
– Volete avere le mani libere? ETF
– Volete avere la certezza di portarvi a casa il rendimento fino alla fine? Obbligazioni singole.
Se volete prendervi un minimo di rischio in più, ci sono anche le obbligazioni societarie, tipicamente emesse da grandi banche o utilities, che hanno rendimenti leggermente più alti (ma anche la tassazione classica al 26%).
Sempre per fare un esempio a caso, Mediobanca ha un’obbligazione in scadenza ad Aprile 2026 che rende quasi il 4% all’anno.
Attenzione a 3 cose, se doveste decidere di comprare obbligazioni corporate, soprattutto bancarie:
– Prima cosa: assicuratevi che si tratti di obbligazioni SENIOR, che quindi no Junior, né additional Tier1, Tier2 o altra roba, perché se l’istituto fallisce le obbligazioni SENIOR vengono rimborsate per prime, le altre solo se restano soldi in cassa (chiedere agli obbligazionisti di Credit Suisse per maggiori informazioni);
– Seconda cosa: attenzione a non farvi ingolosire da alcune cedolone astronomiche. Spesso sono a tasso variabile e hanno una serie di altre regolette da leggervi bene. Ricordate che nessuno regala niente, quindi se vi sembra di aver trovato l’affare della vita, ecco sappiate che probabilmente c’è anche l’inculata dall’altra parte.
– Terza cosa: alcune obbligazioni corporate hanno taglio minimo magari di 100.000 €, quindi semplicemente, se non avete enormi capitali, non le potete comprare (non che 100.000 sia un’enorme capitale, ma do per scontato che chi investe 100.000 € in un’obbligazione singola abbia almeno 10 milioni di € da gestire).
Come sempre vale la regola della diversificazione.
È chiaro che più le scadenze sono brevi, minore è il rischio che correte concentrando gli investimenti.
Se volete allocare 5.000 € non starei a comprare 5 obbligazioni diverse, soprattutto se andate magari su quelle governative.
Se invece i capitali sono più corposi, allora magari un mix di obbligazioni governative di diversi paesi e magari qualche corporate ci può stare.
Voilà, il breve termine è fatto. Facile.
Oltre al fondo di emergenza da, che so, 15.000 €, volete tenervi altri 15.000 € sempre pronti all’uso perché sapete già che a furia di vedere Masterchef ogni anno il vostro partner si è convinto di essere Canavacciuolo e ha deciso che prima o poi vuole rifarsi la cucina?
Ecco, sti 15.000 li mettete in uno di questi strumenti, o in un mix di essi, e i sogni di breve termine del vostro aspirante chef stellato in casa sono coperti.
Veniamo ora all’aspetto un po’ più tricky, ovvero il MEDIO TERMINE, che è quel terreno inesplorato un po’ là in mezzo tra il Breve dove più o meno sappiamo cosa succederà e cosa ci serve e il lungo in cui, in teoria, la parte speculativa del nostro portafoglio dà il meglio di sé.
Il medio termine è un casino, perché sei sempre in bilico tra la decisione di non tenere parcheggiati i tuoi soldi dentro strumenti sicuri ma con rendimenti limitati e allo stesso tempo di non rischiare eccessivamente mettendoli nel mercato azionario che sappiamo che lungo i prossimi 10 anni può fare molto bene come molto male.
Però è proprio nel medio termine che, tipicamente, succedono le cose più interessanti nella nostra vita.
Definiamo intanto per MEDIO TERMINE tutto ciò che rientra nei prossimi 4-8 anni, forse anche 10.
Direi che qui ci sono fondamentalmente tre strade, che passano tutte attraverso la componente obbligazionaria del nostro portafoglio.
PRIMA STRADA: obbligazioni governative Europee con diverse scadenze.
Intanto perché Governative e perché Europee.
– Governative perché su orizzonti più lunghi, danno sicuramente maggiori garanzie, oltre al fatto che c’è un’offerta maggiore e maggiore liquidità degli strumenti;
– Europee perché ha poco senso, nella gestione della liquidità di medio termine, portarsi in caso il rischio del cambio valutario, che rende fondamentalmente imprevedibile il rendimento finale di uno strumento che invece dovrebbe essere altamente prevedibile.
Oltre ai 15.000 € per la cucina di Masterchef voglio mettere in ghiaccio altri 30.000 € nei prossimi anni?
Un’idea già vista in passato più volte è scaglionare un set di obbligazioni governative europee magari ogni 6 mesi tra i prossimi 4 e 8 anni.
Per restare nell’esempio si tratterebbe di mettere:
– 3.000 € che scadono a inizio 2028
– 3.000 € a metà 2028
– 3.000 € a inizio 2029
– 3.000 € a metà 2029
E così via fino ad arrivare al 2032.
Sempre per fare qualche esempio:
– I BTP acquistati oggi rendono dal 3,2 al 3,7%, in base alle scadenze;
– I titoli di stato di altri paesi europei meno indebitati del nostro, come Francia, Olanda, Austria ecc., rendono tutte intorno al 2,5%;
– Se invece volete un po’ più di brivido ci sono obbligazioni rumene che rendono anche il 5%, però non so, vedete un po’ voi…
E questa è un’opzione.
VANTAGGI: il rendimento è facilmente prevedibile, il rischio è relativamente basso e la vostra liquidità per i prossimi 5-10 anni è protetta con un minimo di rendimento.
SVANTAGGI: fiscalmente non è il massimo dell’efficienza, perché ad ogni cedola che incassate o ogni volta che scade un titolo pagate le tasse e inoltre vanno portati a scadenza.
Veniamo quindi alla SECONDA STRADA: Gli ETF a scadenza di Ishares, chiamati Ibonds.
Come sapete gli Ibonds sono un prodotto introdotto di recente in Europa e in qualche modo vorrebbero essere il Sacro Graal dell’investimento obbligazionario, perché dovrebbero in qualche modo garantire i benefici della diversificazione di un ETF con la garanzia di restituzione del capitale a scadenza tipico di un’obbligazione singola.
I vantaggi sono evidenti: non ho il problema di dover stare a selezionare l’emittente più adatto, non corro il rischio che il fallimento di un emittente comprometta granché del mio investimento e appunto il rendimento è facilmente prevedibile, con la (quasi) certezza che alla scadenza il mio capitale mi torni indietro.
Quali sono gli svantaggi?
Niente di particolarmente grave, sia chiaro, ma in effetti non sono la panacea di tutti i mali come sembrerebbero a prima vista.
Problema 1: al momento investono solo in obbligazioni corporate (tranne un piccolo ibonds sui treasury americani) e questa cosa ha un impatto sia sulla liquidità dei bond sottostanti che sulla fiscalità, dato che pagherò il 26% su cedole e capital gain invece del 12,5% che pagherei su ETF governativi.
Problema 2: sono piccini e relativamente poco liquidi.
Il più grande di essi investe in obbligazioni corporate in Euro con scadenza Dicembre 2028 e cuba poco più di 500 milioni.
Per l’amor del cielo, neanche piccolissimo, però il suo basso livello di liquidità porta ad avere uno spread veramente alto visto che parliamo di quasi l’1%.
Lo spread è la differenza tra bid e ask price, ossia tra il prezzo di acquisto e quello di vendita.
Con uno spread dell’1% significa che, più o meno, quando acquisto l’ETF pago lo 0,5% in più del prezzo di mercato, che ovviamente va ed erodere il rendimento.
Grossomodo lo stesso accadrebbe nel momento in cui andassi a venderlo.
Per fare un esempio, SWDA, il celeberrimo ETF sempre di Ishares che investe sull’azionario globale dei paesi sviluppati, ha uno spread dello 0,09%.
Al di là di questo, comunque, non ci vedo nessun particolare problema ad avere una quota della componente obbligazionaria del proprio portafoglio in questi prodotti.
Di quelli disponibili, metà investono in obbligazioni in Euro (mentre l’altra metà in dollari) e hanno sia la versione ad accumulazione che a distribuzione, con scadenze che vanno dal dicembre 2025 al 2028.
Il 2028 ad accumulazione, nel momento in cui sto scrivendo, dichiara un rendimento effettivo a scadenza del 3,28%.
Un aspetto interessante, volendo, è che rispetto a quel che succede con obbligazioni singole, con gli Ibonds ad accumulazione non ho il problema della tassazione sulle cedole, perché vengono automaticamente reinvestite nel fondo senza che ogni volta ci debba pagare sopra il 26% di tasse.
Certo, ad oggi non esistono Ibonds che vanno oltre il 2028.
Quindi al massimo posso gestire con essi la liquidità di medio termine per i prossimi 5 anni scarsi.
Se voglio invece gestire la mia liquidità oltre i 5 anni, non ho grandi alternative alla prima strada, le obbligazioni singole, oppure alla
TERZA STRADA: gli ETF obbligazionari.
Ora, qua il tema è un po’ controverso, perché gli ETF obbligazionari, dato che non scadono mai, non danno in effetti alcuna garanzia che il capitale investito ad un certo punto torni disponibile.
D’altra parte, essi rappresentano una componente importante del mio portafoglio per due motivi:
PRIMO MOTIVO: offrono una qualche decorrelazione rispetto alle azioni e quindi tendono ad acquisire valore durante i crolli di mercato, per il duplice effetto dovuto alla fuga degli investitori azionari verso le più sicure obbligazioni e per quella che viene chiamata nel gergo di Wall Street la Fed Put, ossia il fatto che le banche centrali tagliano i tassi quanto tutto crolla facendo salire il prezzo delle obbligazioni.
Il concetto di Fed Put è nato negli anni ’90 durante la gestione di Alan Greenspam, e l’idea è appunto quella che la Federal Reserve funzioni come un’opzione put, che sono quelle opzioni che gli investitori acquistano per proteggersi dai crolli.
Il SECONDO MOTIVO, invece, è che nell’ambito del mio portafoglio, la componente investita in ETF obbligazionari sarà quella soggetta a minore volatilità e che in qualche modo mi fornirà qualche garanzia in più sul fatto di aver sempre del capitale da cui attingere nel lungo termine per improvvise esigenze di liquidità.
La dico in un altro modo.
Fatto 100 il mio portafoglio, è chiaro che se ho solo ETF azionari posso aspettarmi grandi rendimenti ma anche un’alta volatilità. Se tra 5 anni ho bisogno di soldi e quell’anno mi becco un 2008 bis il ritorno, hai voglia ad avere il cuore di vendere asset che magari in quel momento sono sotto del 40%.
Con una certa quota obbligazionaria nel portafoglio invece, ho un rendimento atteso inferiore, ma il vantaggio è di avere un portafoglio che nella maggior parte dei casi sarà meno ballerino e che, probabilmente, non avrà mai tonfi così importanti.
Tra l’altro ho fatto un backtest curioso.
Ho preso la performance di un portafoglio 60/40, usando questi 2 ETF:
– Ishares Core MSCI World (il classico SWDA che investe nell’azionario globale dei paesi sviluppati, ad oggi 70% Stati Uniti) e
– Xtrackers Global Sovreign Bonds (un ETF che investe in titoli governativi dei paesi sviluppati)
E l’ho confrontata con SWDA, quindi con un portafoglio 100% azionario globale.
I dati che avevo a disposizione partivano dal gennaio del 1988, quindi parliamo di 36 anni di track record.
Non abbastanza per tirare conclusioni assolute, ma sicuramente un lungo orizzonte per fare qualche valutazione, dato che in questi 36 anni abbiamo avuto due lunghissimi bull market (1988-2000 e 2010-2021), un decennio devastante (2000-2009), l’anomalia del covid e del tragico 2022 in cui è successo di tutto.
Come prevedibile, il portafoglio 100% azionario, ad oggi, avrebbe avuto la performance migliore, poco più dell’8% di rendimento medio annuo contro il 7,2% del 60/40.
La cosa curiosa, però, è che il 60/40 avrebbe performato quasi sempre meglio fino praticamente al settembre del 2020.
Cioè, è solo grazie alla superperformance di una manciata di società tech americane negli ultimi anni che l’azionario globale avrebbe oggi sovraperformato il 60/40, altrimenti lungo questi 36 anni, i due portafogli avrebbero avuto praticamente la stessa performance, con il 60/40 però che avrebbe avuto una volatilità nettamente inferiore (9,59 di deviazione standard contro 14,5) e un indice di Sharp di conseguenza migliore (0,67 contro 0,52).
Certo, il discorso è completamente diverso se faccio partire il backtest nel 2010.
In questo caso, lungo questi 14 anni in cui, a parte la debacle del 2022, non ci sono state gravi crisi, l’azionario globale trainato dalle magnifiche 7 si sarebbe divorato il 60/40, quasi 11% di rendimento medio all’anno contro poco meno del 7%.
Però questa è più l’eccezione che la regola.
In questi 10 anni tutto ha giocato contro il 60/40.
Abbiamo avuto tassi a zero fino all’altro ieri — quindi rendimenti delle obbligazioni pressoché nulli e al contrario effetto doping sul portafoglio 100% azioni — mentre dal 2022 il rialzo dei tassi ha affossato la parte obbligazionaria.
Poi è vero che il problema dei backtest è che i risultati cambiano di molto a seconda dell’orizzonte temporale che prendi, però questo confronto è indicativo del fatto che è vero che sul lungo termine le azioni tendono sempre a sovraperformare i portafogli misti, ma allo stesso tempo lungo la maggior parte della vita del nostro investimento, un portafoglio contenente una significativa quota obbligazionaria tende a rimanere più stabile e quindi a garantirci una probabilità maggiore di accedere ai nostri soldi senza che questi siano falcidiati a lungo da una crisi finanziaria epocale.
Ora, è chiaro a tutti che gli ETF obbligazionari non danno alcuna garanzia di restituzione del capitale, cosa che invece è un grande plus delle obbligazioni singole.
Però oggi non siamo nel 2014, siamo nel 2024.
Allora i rendimenti obbligazionari erano nulli per via dei tassi a zero, quindi avere ETF obbligazionari nel portafoglio, semplicemente, non aveva alcun senso.
Vediamo invece i rendimenti a scadenza, ad oggi, di ETF governativi europei con diverse scadenze.
– Con duration sui 7 anni, siamo al 2,82%
– Con duration sui 10 anni, siamo al 3,10% e infine
– Con duration tra i 15 e i 20 anni, siamo intorno al 3,22%.
Questo significa che, facendo i conti un po’ un tanto al chilo, se ho ETF con duration sui 10 anni, l’aumento di un punto percentuale dei tassi di interesse dovrebbe fai sì che il prezzo dell’ETF scenda di circa il 9,5% (usando la formula della duration modificata).
Però non parliamo più di ETF che rendono 0, ma di ETF che rendono circa il 3% all’anno, quindi in qualche modo il rendimento intrinseco dovuto alle cedole delle obbligazioni sottostanti fornirebbe una certa compensazione rispetto agli effetti di eventuali rialzi futuri dei tassi.
Quindi sì, gli ETF obbligazionari ballano in funzione dell’andamento dei tassi di interesse, ma se non ci troviamo in un contesto di tassi a zero il rischio di averli in negativo non è poi così alto dopo tutto.
Certo, ad oggi non è in vista, ma se un domani la BCE dovesse riportare i tassi nettamente più in basso di quanto sono oggi, nel frattempo chi ha etf obbligazionari fa il botto, però poi bisogna stare attenti perché tenere questi prodotti quando i tassi si sono abbassati è rischioso, dato che al minimo rimbalzo dell’inflazione (e quindi con la prospettiva di nuovi rialzi dei tassi) rischiano di sprofondare nuovamente come è successo nel 2022.
In un contesto di tassi molto bassi, ammesso che in generale abbia senso avere obbligazioni in portafoglio, a quel punto sarebbero sì meglio le obbligazioni singole, gli ETF a scadenza o gli ETF obbligazionari con scadenze molto brevi.
Ecco, abbiamo quindi visto che la gestione della liquidità assume connotazioni diverse nelle varie fasi della vita.
Nel breve termine abbiamo obiettivi molto specifici e prevedibili che gestiamo con strumenti ad hoc per avere i soldi disponibili a breve.
Nel medio termine c’è molta più incertezza, quindi dobbiamo costruire soluzioni flessibili che ci diano buone probabilità di poter sempre attingere al nostro portafoglio, senza correre eccessivi rischi di doverlo fare in un momento di crollo del valore del portafoglio.
E nel lungo termine?
Beh, il lungo termine è la diretta conseguenza dell’impostazione del portafoglio nelle altre fasi.
Mi spiego.
Non è che ho un portafoglio di breve termine e uno di lungo termine.
Semplicemente il mio portafoglio ha una sua stratificazione, tale per cui alcuni elementi di esso hanno senso in una prospettiva di lungo termine, mentre altri nel breve e medio.
Se decido che, ad esempio, 70/30 è l’impostazione più adatta a me per il mio portafoglio, benissimo, avrò il 70% di prodotti azionari e il restante 30% distribuito sui prodotti di cui abbiamo parlato oggi per coprire eventuali esigenze di breve e medio termine lungo il corso della mia vita.
A parte quel poco che teniamo sui conti correnti e il fondo di emergenza, che non considererei parte dell’asset allocation complessiva del portafoglio, tutto il resto, quindi: ETF monetari, obbligazioni singole a breve e medio termine, ETF a scadenza, ETF obbligazionari con diverse duration, ecco tutto questo tendenzialmente rientrerà nel 30% del mio portafoglio complessivo.
Ammesso appunto che 30% sia la quota giusta.
Perché qui subentra l’idea di Goal Based Investing, ossia di investire in base agli obiettivi.
Investire Goal-based significa, in pratica: non impostare la strategia di investimento con l’obiettivo di conseguire il massimo ritorno possibile e immaginabile tra 40 anni.
Per fare quello, probabilmente 100% in un azionario globale e tanti saluti.
Ma il problema, come detto altre volte, è che se il risultato a 40 anni è molto probabile, quello che succede DURANTE questi 40 anni è soggetto alla più ampia variabilità possibile e immaginabile.
Invece a me interessa avere un portafoglio che possa rispondere ai MIEI obiettivi LUNGO tutta la mia vita.
Poi ovviamente non è che posso impostare tutto all’inizio e poi per 40 anni non ci penso più.
Nella vita cambiano tante variabili (guadagni, spese, composizione famigliare, buone e cattive notizie, bull e bear market), insomma ci sono tante cose che fanno sì che sia impossibile settare tutto a priori.
Pertanto serve un po’ di elasticità per adattare il portafoglio via via.
La regola classica, no brainer, vorrebbe che tipicamente si iniziasse con 100% azioni e poi man mano che ci si avvicina alla pensione si aumentasse la quota obbligazionaria.
Ha la sua logica.
Ma in realtà non è sempre la scelta migliore.
Se nei primi 20 anni della mia vita ho più spese cui far fronte e meno risorse, allora dovrò impostare diversamente il portafoglio e paradossalmente aumentare la sua rischiosità più avanti quando magari non avrò più il mutuo da pagare, i figli saranno fuori casa, il mio patrimonio sarà diventato corposo, avrò una pensione integrativa che mi sostiene e quindi a quel punto anche se il mio portafoglio dovesse fare -50% per un po’ non mi cambierebbe la vita.
Quindi partite dagli obiettivi.
Cercate di capire quanta liquidità vi può servire nel breve termine e come mantenere un’impostazione flessibile del portafoglio nel medio termine, così che se tra 7-8 anni dovrete metterci mano non ci sia un rischio eccessivo che si sia dimezzato di valore.
Facendo un esempio — che non è UNA RACCOMANDAZIONE DI INVESTIMENTO NELLA MANIERA Più ASSOLUTA — per semplicità prendiamo un portafoglio da 100.000 €.
Ammettiamo che ad oggi sia composto così:
– 60.000 € in ETF azionari globali;
– 20.000 € in ETF obbligazionari con duration tra 7 e 10 anni;
– 10.000 € in Obbligazioni singole con scadenze scaglionate tra 5 e 8 anni.
– 5.000 € in 2 iBonds con scadenze 2026 e 2027
– 5.000 € in un ETF monetario
Di fatto è un portafoglio 60/40.
Però mentre i 60.000 in azioni dovranno giustamente fare il loro corso e tendenzialmente esprimeranno il meglio di sé lungo i prossimi 20 anni almeno, gli altri 40.000 € dovrebbero coprire abbastanza bene le varie esigenze di liquidità che mi sono prefissato da qui a 7-8 anni.
Ovviamente poi questa è una rappresentazione statica.
Diamo invece per scontato che periodicamente contribuirò al mio portafoglio attraverso il mio risparmio e di conseguenza potrò adattarlo man mano alle mie esigenze in base a quello che intendo fare nei prossimi anni della mia vita.
La regola nella costruzione del portafoglio non è pertanto cercare di indovinare la combinazione di asset che renderà di più.
La regola è trovare l’assetto del portafoglio che meglio potrà rispondere alle varie esigenze che mi si presenteranno, probabilmente, nei prossimi anni e adattarlo di conseguenza perché possa permettermi di conseguire i miei obiettivi.
Alla fin della fiera, la vera metrica che conta nella valutazione di un portafoglio di investimento non è: “quanto ha performato rispetto al benchmark”, bensì “se mi ha permesso, o meno, di raggiungere i miei obiettivi”.
Un portafoglio impostato per obiettivi è quello che poi dà le maggiori probabilità all’investitore di continuare ad investire tutta la vita, mantenendo la disciplina necessaria, rispetto invece ad un portafoglio orientato alla performance, che potrebbe sottoporre chi investe a momenti di stress eccessivo e portarlo ad un certo punto ad uscire dal gioco.
Bene, carissime e carissimi compagni di viaggio.
So che questa puntata, un po’ più lunghetta, interessava a tanti, spero l’abbiate trovata utile e fatemi sapere che ne pensate scrivendomi su instagram a thebull_finance.
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Per questo episodio invece, è davvero tutto, e non ci ritroviamo domenica prossima per un nuovo capitolo del monumentale libro sulla finanza, sul risparmio e sugli investimenti che stiamo scrivendo in decine di migliaia tutti assieme, sempre qui, naturalmente, con The Bull, il tuo podcast di finanza personale.
Bentornati a THE BULL – Il tuo podcast di finanza personale
Il lungo termine è l’orizzonte di riferimento della nostra strategia di investimento.
Guai a guardare nel breve e a prendere decisioni basate su quel che succede nei mesi o persino negli anni più prossimi al nostro presente attuale.
Eppure, come scrisse nel 1923 uno dei più grandi Economisti di tutti i tempi, il leggendario John Maynard Keynes, “in the long run, we are all dead”, ossia — e scusate per il moto di ottimismo di prima mattina — nel lungo termine, siamo tutti morti.
Il lungo termine è importantissimo, ve lo sto dicendo dalla prima puntata.
Investire è guardare unicamente ad un orizzonte temporale che si dipana almeno lungo i prossimi decenni e al di sotto di una prospettiva almeno ventennale la sola idea di mettere i propri soldi soprattutto nel mercato azionario lascia un po’ il tempo che trova.
Perché questo?
Perché sappiamo bene che, tenendo il mercato azionario Americano come metro di riferimento (e quello globale come sua migliore approssimazione), ad oggi non è mai accaduto che un investimento azionario finisse in perdita dopo vent’anni, mentre su orizzonti più brevi, benché di rado, qualche volta è successo di vedere per un’intera decade il nostro investimento in rosso, come nel solito decennio perduto che per scaramanzia citiamo sempre, che ha richiesto dalla fine del 2000 all’inizio addirittura del 2014 per ritrovare e superare i massimi di inizio millennio.
Quindi quando si investe, bisogna investire guardando molto lontano.
Però ha ragione il grande economista ideatore del New Deal che salvò il culo all’economia americana durante la grande depressione degli anni ’30.
Nel lungo termine, noi potremmo anche non esserci più.
E comunque, anche senza evocare scenari funebri che tra un po’ mi tocca scrivere con una mano sola e usare l’altra per fare i debiti scongiuri del caso, è proprio la nostra vita che esiste unicamente nell’oggi.
Non so se ci avete mai fatto caso, ma noi esistiamo solo in questo preciso istante, un punticino di durata infinitesimale stretto in mezzo tra il passato dei nostri ricordi e il futuro delle nostre possibilità ancora non ben chiare.
Visto che siamo in vena di citare grandi pensatori dei primi anni del ‘900, uno dei più grandi filosofi di tutti i tempi, Martin Heidegger, ebbe la straordinaria intuizione nel 1927, data di uscita di uno dei libri più complessi e incomprensibili mai partoriti, che noi essere umani siamo fatti fondamentalmente di tempo.
Vi risparmio i contenuti di oltre 500 meravigliose pagine digeribili come un panino salamella e peperonata preso al baracchino alle 4 di notte a fine serata, ma l’idea di fondo è che il modo in cui siamo fatti e la nostra stessa comprensione dell’esistenza hanno per noi senso solo in un orizzonte temporale che tiene insieme il nostro passato e la proiezione di ciò che potremo fare e potremo diventare nel nostro futuro.
Come dire. Noi esistiamo nel presente qui è ora. Ma tutto quello che facciamo, pensiamo e sentiamo è sempre un po’ proteso tra il nostro passato e il nostro futuro.
Ora, sembra che mi sono incartato e che l’ho presa un po’ larga, adesso devo capire come fare a passare da Heidegger e dal suo monumentale capolavoro intitolato Essere e Tempo, a parlarvi dei conti deposito e degli ETF monetari, però datemi un attimo che mi raccapezzo.
Voi probabilmente non ci avete mai pensato, ma non è esattamente una cosa scontata il fatto che diciamo: abbiamo un orizzonte temporale di fronte a noi.
La capacità di guardare al futuro e di anticipare il fatto che avremo delle possibilità da realizzare è uno dei miracoli più straordinari che caratterizza l’essere umano rispetto a qualunque altro essere vivente.
E questo è un grande vantaggio, perché la possibilità di proiettare la nostra esistenza nel futuro è la chiave di volta dell’architettura dei nostri investimenti.
Se non riusciamo a proiettare la nostra situazione attuale nel futuro, big problem, perché non ha senso strutturare il nostro piano a lungo termine e in ultima istanza capire come mettere insieme i pezzi della nostra pianificazione finanziaria.
Il cazzo di problema del lungo termine, però, è che è ignoto come il motivo per cui quando devi scegliere tra le 4 corsie con il telepass in autostrada, immancabilmente finisci dietro a quello a cui il telepass non va e che sta lì fermo 10 minuti prima che il casellante decida di aprirgli.
Se quindi non sappiamo bene cosa ci riserverà il futuro è chiaro che non potremo incasellare ogni centesimo del nostro patrimonio in maniera perfettamente funzionale ai nostri obiettivi, per via delle mille variabili che possono capitarci nella vita.
Allo stesso tempo, tuttavia, grazie al fatto che siamo in grado di vivere oggi con una visione verso il nostro futuro, la nostra abilità come investitori non si vedrà nella capacità di investire nelle azioni più redditizie, bensì nell’impostazione del nostro patrimonio in maniera tale che possa rispondere, in buona approssimazione, ai vari obiettivi che proietteremo di volta in volta nel BREVISSIMO, BREVE, MEDIO e appunto LUNGO TERMINE.
Certo che potevo dire subito: oggi parliamo di come gestire la liquidità! Invece che fare sto volo pindarico nei meandri dell’ontologia dell’esistenza di Heidegger.
In effetti poteva essere un’idea, però che volete, ormai ho scritto oltre 1100 parole, mo’ non c’ho voglia di cancellare e rifare da capo, quindi digerite il pippone filosofico e adesso pariamo delle cose realmente utili.
Allora, il punto qual è.
Il punto è che va bene che il mercato azionario, quello che tende a dare i rendimenti migliori, nel lungo termine è quasi una garanzia di successo, ma noi dobbiamo anche far fronte alle cose che ci succedono tutti i giorni e a tutte le menate che avremo da affrontare tra 1, 3, 5, 10, 15 anni, prima di pensare al lungo termine.
Come abbiamo detto in altre puntate, poi, la questione non è solo creare portafogli che massimizzino il rendimento per un certo livello di rischio, bensì è creare un portafoglio che, con i suoi alti e bassi, siamo in grado di sostenere lungo il corso della nostra vita e che possa aiutarci a conseguire obiettivi che non sono solo quelli che realizzeremo tra 20 o 30 anni, bensì che si distribuiscono lungo tutto il cammino che ci separa da qui all’appuntamento finale col Creatore.
Un conto infatti è impostare il nostro portafoglio in base all’idea della frontiera efficiente di Harry Markowitz, ossia identificare il portafoglio migliore che, per così, dire dato un certo livello di rischio dovrebbe restituire il massimo rendimento.
Tradotto: se ho due portafogli che hanno un rendimento atteso del 7%, io preferirò sempre quello che balla di meno, non quello che un anno fa più 100% e l’anno dopo -43%.
Un altro conto invece è avere un approccio dinamico alla gestione dei nostri soldi che ci permetta di far fronte alle esigenze della vita, più o meno pianificabili, nei vari periodi.
Oggi quindi parliamo fondamentalmente di due cose correlate, ossia
UNO: come gestire la nostra liquidità e in generale il nostro patrimonio a breve e medio termine.
DUE: come ragionare secondo una logica di investimento per obiettivi, una roba che tra l’altro ha tutto un filone di studi nell’ambito del wealth management che passa sotto l’idea di Goal Based Investing.
Partiamo da allora come gestire la nostra liquidità per far fronte alle esigenze di breve e medio termine.
Per breve e medio termine non intendiamo le prossime 3 settimane.
In finanza, breve-medio termine significa fondamentalmente tutto ciò che sta all’interno dei prossimi 8-10 anni.
Ah voi pensavate che 8-10 anni fosse lungo termine?
No mi spiace.
In finanza 8-10 anni non è neanche la durata di un intero ciclo economico.
8-10 anni è tutt’al più una stagione, forse, due, all’interno di un macro-ciclo.
Tutto ciò che succederà nei prossimi 8-10 anni della vostra vita in qualche modo dovrà essere gestito dal punto di vista finanziario, perché la parte core del vostro portafoglio, soprattutto quella azionaria, in quel periodo di tempo potrà fare di tutto e non sempre sarà affidabile.
Se i prossimi 8-10 anni saranno come il periodo 2012-2021, fighissimo, andrà tutto per il meglio.
Se saranno invece più simili al periodo 1999-2009, eh, non benissimo.
Nel lungo termine invece sti gran cazzi.
Sia che prendiamo i 24 anni terminati malissimo nel 2009, sia che prendiamo i 24 anni iniziati malissimo nel 2000 (con l’apice precedente la bolla delle dot.com) e terminati a fine 2023, l’azionario globale avrebbe fatto circa il 6% medio all’anno nel primo caso e circa il 5% nel secondo, quindi pur con un decennio disastroso in mezzo e un market timing sfigato come beccarsi due giorni di diluvio a Minorca ad Agosto (triste storia vera), su lunghi orizzonti temporali il mercato azionario ha sempre fatto il suo.
Per la cronaca, se invece di prendere questi blocchi di 24 anni prendiamo l’intero periodo in questione, che va dal 1985 ad oggi, sappiamo che l’azionario globale avrebbe fatto l’8% all’anno.
Una robetta da niente che avrebbe trasformato l’equivalente di 10.000 € investiti 39 anni fa e lasciati correre senza più farci caso in quasi 190.000 € oggi.
Però capite che, per quanto figa sia l’idea di trasformare 10.000 € in 190.000, non possiamo vivere pensando solo al risultato finale tra 39 anni.
Dobbiamo gestire le nostre finanze lungo tutti questi prossimi 39 anni.
E quindi nella nostra pianificazione finanziaria dobbiamo concettualmente dividere il nostro breve-medio termine fondamentalmente in tre fasi, a cui corrisponderanno almeno altrettanti strumenti di investimento.
FASE UNO: Il Brevissimo termine, da qui ai prossimi 2-3 mesi.
Il Brevissimo termine è facile.
Qui stiamo parlando davvero della gestione delle spese ordinarie della nostra vita quotidiana.
Il consiglio di default, senza neanche stare troppo a ragionarci, è tenere l’equivalente di 2-3 mesi di spese future su un paio di conti correnti, possibilmente a bassissimo costo.
Un conto magari in un grande istituto e un altro con una banca online supersmart e a basso costo.
Se per esempio ogni mese avete spese per 3.000 €, mettete nel conto massimo 10.000 € e anche qui se avete l’accortezza di tenerne meno di 5.000 su ciascuno risparmiate l’imposta di bollo.
Sono 34 € all’anno, non è che vi cambiano la vita.
Però anche buttare via i soldi per niente non mi sembra l’idea del secolo.
Altro consiglio di default per le coppie: 3 conti. Uno a testa più uno comune per le spese.
Non tutti in comune che sai mai come vanno le cose nella vita.
FASE DUE: Il Breve termine, diciamo da 1 a 3-5 anni.
E qui già la cosa si fa più complessa, perché inizia ad esserci un certo margine di incertezza.
Di solito quando parliamo di quest’orizzonte temporale facciamo riferimento a tutte quelle robe coperte dal fondo di emergenza e dalla parte liquida del portafoglio allocata per spese appunto a breve termine.
Sul fondo di emergenza abbiamo detto tutto il possibile e immaginabile.
Mettete insieme almeno 6 mesi di spese future e sistematelo in qualche strumento a rischio quasi zero e che vi dia quel minimo di rendimento giusto per non far bruciare tutto il valore all’inflazione.
Scelta no-brainer per il fondo di emergenza, perlomeno ad oggi febbraio 2024, conto deposito svincolabile.
Rendimenti intorno al 3-4% lordo all’anno per le versioni svincolabili dei conti e garanzia da parte del fondo interbancario fino a 100.000 € (come sempre vi ricordo: NO DEPOSITI VINCOLATI, sono una delle cose peggiori in cui mettere i soldi).
Ok, il fondo di emergenza è lì, tendenzialmente non lo tocchiamo salvo appunto per un’emergenza, però cmq è quel cuscinetto che ci protegge da eventi estremi e che ci dà un po’ di respiro per quel tempo che serve per riprenderci da qualche brutta notizia inattesa, riorganizzarci e ripartire.
Nel breve termine, tuttavia, potremmo anche voler allocare altri soldi che possono servirci per spese preventivabili oppure semplicemente possibili.
Cioè, non sappiamo quali spese avremo nei prossimi anni, sappiamo solo che AVREMO delle spese, le più tipiche delle quali sono:
– Il cambio auto;
– Spese per l’istruzione dei figli;
– Ristrutturazioni della casa o rinnovo dell’arredamento;
– Spese mediche;
e così via, date libero sfogo alla fantasia.
Una parte del portafoglio, a vostra sensibilità, può essere allocato in una serie di strumenti che fondamentalmente sono un ibrido tra strumenti di investimento veri e propri e dei depositi per la liquidità.
Tra questi vediamone 4.
PRIMO STRUMENTO: ETF Monetari e, puramente a titolo di esempio, prendiamo in considerazione l’ETF con ticker XEON.
In pratica, come già detto in passato, si tratta di un ETF che replica il tasso dei prestiti interbancari overnight, chiamato Euro Short Term Rate.
Oggi questo tasso è intorno al 3,91% su base annua.
Mettere i soldi in questo strumento vuol dire ottenere un rendimento pressoché stabile, allineato al tasso di sconto dei prestiti interbancari.
Il vantaggio di questo strumento è che, oltre ad avere rischio bassissimo e una volatilità quasi nulla, permette di avere indietro il proprio capitale quando si vuole, come con qualunque altro ETF, senza perdere gli interessi maturati sino a quel momento.
Lo svantaggio, invece, è che se oggi fate un conto deposito con tasso al 4% per 5 anni, per i prossimi 5 anni state sicuri che l’interesse resta 4%.
Con il fondo monetario, invece, gli interessi sono legati all’andamento dei tassi di mercato.
Quindi se domani la BCE inizia a tagliare i tassi di interesse — che incidono direttamente sul tasso dei prestiti interbancari — anche l’interesse sul vostro fondo monetario diminuisce.
Nel 2023, giusto per fare un esempio, un investimento da gennaio a dicembre in questo strumento avrebbe reso il 3,58%.
SECONDO STRUMENTO: ETF Ultrashort e anche qui, sempre unicamente a titolo di esempio, quindi da non prendere in alcun modo come raccomandazione di investimento, prendiamo come riferimento l’ETF di Ishares sulle obbligazioni corporate europee ad accumulazione con ticker ERNX.
Cosa fa sto strumento?
In pratica fa la stessa cosa di quello precedente, solo che invece che replicare l’overnight rate swap replica il rendimento di obbligazioni societarie in Euro a brevissima scadenza.
Anche qui, stiamo parlando di qualcosa di molto simile ad un conto deposito sempre svincolabile che però non perde mai gli interessi accumulati.
E come sopra, pochissimo rischio, pochissima volatilità ma rendimenti direttamente collegati ai tassi di mercato.
Se la BCE taglia i tassi, scendono anche i rendimenti dell’ETF.
Tra l’altro se andate su JustETF e confrontate i due ETF che abbiamo citato, noterete che la loro performance è quasi perfettamente sovrapponibile e nella fattispecie nel 2023 quest’ultimo ha reso il 3,7%.
Volendo esistono anche degli ETF, pochi per la verità, che replicano obbligazioni governative a brevissima scadenza, che hanno andamento simile, un rendimento leggermente inferiore, ma il vantaggio di avere una tassazione più conveniente.
L’anno scorso infatti uno di questi ha reso circa il 3% lordo che però ha un rendimento netto praticamente identico sia agli ETF monetari che agli Ultrashort corporate.
Voglio tenermi una certa quantità di soldi liquidi, ma non fermi sul conto né parzialmente vincolati in un conto deposito o in un’obbligazione singola?
Uno di questi tre strumenti può essere una scelta di buon senso per la liquidità da gestire nei prossimi 1-3 anni.
Altrimenti, il TERZO STRUMENTO sono le obbligazioni singole.
Hanno il vantaggio, rispetto agli strumenti appena citati, di bloccare il rendimento, indipendentemente da quel che succede ai tassi di interesse, mentre lo svantaggio è che vanno portati fino a scadenza per avere la certezza del rendimento, altrimenti se venduti prima sono comunque soggetti, benché poco, all’andamento dei tassi di mercato.
Giusto per fare un esempio, un qualunque BTP con scadenza tra un paio di anni oggi dà rendimenti intorno al 3,2% all’anno.
(come avrete capito, il rendimento di tutti questi strumenti è abbastanza allineato tra di loro. Non dovete tanto basarvi sul rendimento migliore nella vostra scelta, quanto sulle caratteristiche di ogni strumento rispetto alle esigenze che avete).
Anche qui:
– Volete avere le mani libere? ETF
– Volete avere la certezza di portarvi a casa il rendimento fino alla fine? Obbligazioni singole.
Se volete prendervi un minimo di rischio in più, ci sono anche le obbligazioni societarie, tipicamente emesse da grandi banche o utilities, che hanno rendimenti leggermente più alti (ma anche la tassazione classica al 26%).
Sempre per fare un esempio a caso, Mediobanca ha un’obbligazione in scadenza ad Aprile 2026 che rende quasi il 4% all’anno.
Attenzione a 3 cose, se doveste decidere di comprare obbligazioni corporate, soprattutto bancarie:
– Prima cosa: assicuratevi che si tratti di obbligazioni SENIOR, che quindi no Junior, né additional Tier1, Tier2 o altra roba, perché se l’istituto fallisce le obbligazioni SENIOR vengono rimborsate per prime, le altre solo se restano soldi in cassa (chiedere agli obbligazionisti di Credit Suisse per maggiori informazioni);
– Seconda cosa: attenzione a non farvi ingolosire da alcune cedolone astronomiche. Spesso sono a tasso variabile e hanno una serie di altre regolette da leggervi bene. Ricordate che nessuno regala niente, quindi se vi sembra di aver trovato l’affare della vita, ecco sappiate che probabilmente c’è anche l’inculata dall’altra parte.
– Terza cosa: alcune obbligazioni corporate hanno taglio minimo magari di 100.000 €, quindi semplicemente, se non avete enormi capitali, non le potete comprare (non che 100.000 sia un’enorme capitale, ma do per scontato che chi investe 100.000 € in un’obbligazione singola abbia almeno 10 milioni di € da gestire).
Come sempre vale la regola della diversificazione.
È chiaro che più le scadenze sono brevi, minore è il rischio che correte concentrando gli investimenti.
Se volete allocare 5.000 € non starei a comprare 5 obbligazioni diverse, soprattutto se andate magari su quelle governative.
Se invece i capitali sono più corposi, allora magari un mix di obbligazioni governative di diversi paesi e magari qualche corporate ci può stare.
Voilà, il breve termine è fatto. Facile.
Oltre al fondo di emergenza da, che so, 15.000 €, volete tenervi altri 15.000 € sempre pronti all’uso perché sapete già che a furia di vedere Masterchef ogni anno il vostro partner si è convinto di essere Canavacciuolo e ha deciso che prima o poi vuole rifarsi la cucina?
Ecco, sti 15.000 li mettete in uno di questi strumenti, o in un mix di essi, e i sogni di breve termine del vostro aspirante chef stellato in casa sono coperti.
Veniamo ora all’aspetto un po’ più tricky, ovvero il MEDIO TERMINE, che è quel terreno inesplorato un po’ là in mezzo tra il Breve dove più o meno sappiamo cosa succederà e cosa ci serve e il lungo in cui, in teoria, la parte speculativa del nostro portafoglio dà il meglio di sé.
Il medio termine è un casino, perché sei sempre in bilico tra la decisione di non tenere parcheggiati i tuoi soldi dentro strumenti sicuri ma con rendimenti limitati e allo stesso tempo di non rischiare eccessivamente mettendoli nel mercato azionario che sappiamo che lungo i prossimi 10 anni può fare molto bene come molto male.
Però è proprio nel medio termine che, tipicamente, succedono le cose più interessanti nella nostra vita.
Definiamo intanto per MEDIO TERMINE tutto ciò che rientra nei prossimi 4-8 anni, forse anche 10.
Direi che qui ci sono fondamentalmente tre strade, che passano tutte attraverso la componente obbligazionaria del nostro portafoglio.
PRIMA STRADA: obbligazioni governative Europee con diverse scadenze.
Intanto perché Governative e perché Europee.
– Governative perché su orizzonti più lunghi, danno sicuramente maggiori garanzie, oltre al fatto che c’è un’offerta maggiore e maggiore liquidità degli strumenti;
– Europee perché ha poco senso, nella gestione della liquidità di medio termine, portarsi in caso il rischio del cambio valutario, che rende fondamentalmente imprevedibile il rendimento finale di uno strumento che invece dovrebbe essere altamente prevedibile.
Oltre ai 15.000 € per la cucina di Masterchef voglio mettere in ghiaccio altri 30.000 € nei prossimi anni?
Un’idea già vista in passato più volte è scaglionare un set di obbligazioni governative europee magari ogni 6 mesi tra i prossimi 4 e 8 anni.
Per restare nell’esempio si tratterebbe di mettere:
– 3.000 € che scadono a inizio 2028
– 3.000 € a metà 2028
– 3.000 € a inizio 2029
– 3.000 € a metà 2029
E così via fino ad arrivare al 2032.
Sempre per fare qualche esempio:
– I BTP acquistati oggi rendono dal 3,2 al 3,7%, in base alle scadenze;
– I titoli di stato di altri paesi europei meno indebitati del nostro, come Francia, Olanda, Austria ecc., rendono tutte intorno al 2,5%;
– Se invece volete un po’ più di brivido ci sono obbligazioni rumene che rendono anche il 5%, però non so, vedete un po’ voi…
E questa è un’opzione.
VANTAGGI: il rendimento è facilmente prevedibile, il rischio è relativamente basso e la vostra liquidità per i prossimi 5-10 anni è protetta con un minimo di rendimento.
SVANTAGGI: fiscalmente non è il massimo dell’efficienza, perché ad ogni cedola che incassate o ogni volta che scade un titolo pagate le tasse e inoltre vanno portati a scadenza.
Veniamo quindi alla SECONDA STRADA: Gli ETF a scadenza di Ishares, chiamati Ibonds.
Come sapete gli Ibonds sono un prodotto introdotto di recente in Europa e in qualche modo vorrebbero essere il Sacro Graal dell’investimento obbligazionario, perché dovrebbero in qualche modo garantire i benefici della diversificazione di un ETF con la garanzia di restituzione del capitale a scadenza tipico di un’obbligazione singola.
I vantaggi sono evidenti: non ho il problema di dover stare a selezionare l’emittente più adatto, non corro il rischio che il fallimento di un emittente comprometta granché del mio investimento e appunto il rendimento è facilmente prevedibile, con la (quasi) certezza che alla scadenza il mio capitale mi torni indietro.
Quali sono gli svantaggi?
Niente di particolarmente grave, sia chiaro, ma in effetti non sono la panacea di tutti i mali come sembrerebbero a prima vista.
Problema 1: al momento investono solo in obbligazioni corporate (tranne un piccolo ibonds sui treasury americani) e questa cosa ha un impatto sia sulla liquidità dei bond sottostanti che sulla fiscalità, dato che pagherò il 26% su cedole e capital gain invece del 12,5% che pagherei su ETF governativi.
Problema 2: sono piccini e relativamente poco liquidi.
Il più grande di essi investe in obbligazioni corporate in Euro con scadenza Dicembre 2028 e cuba poco più di 500 milioni.
Per l’amor del cielo, neanche piccolissimo, però il suo basso livello di liquidità porta ad avere uno spread veramente alto visto che parliamo di quasi l’1%.
Lo spread è la differenza tra bid e ask price, ossia tra il prezzo di acquisto e quello di vendita.
Con uno spread dell’1% significa che, più o meno, quando acquisto l’ETF pago lo 0,5% in più del prezzo di mercato, che ovviamente va ed erodere il rendimento.
Grossomodo lo stesso accadrebbe nel momento in cui andassi a venderlo.
Per fare un esempio, SWDA, il celeberrimo ETF sempre di Ishares che investe sull’azionario globale dei paesi sviluppati, ha uno spread dello 0,09%.
Al di là di questo, comunque, non ci vedo nessun particolare problema ad avere una quota della componente obbligazionaria del proprio portafoglio in questi prodotti.
Di quelli disponibili, metà investono in obbligazioni in Euro (mentre l’altra metà in dollari) e hanno sia la versione ad accumulazione che a distribuzione, con scadenze che vanno dal dicembre 2025 al 2028.
Il 2028 ad accumulazione, nel momento in cui sto scrivendo, dichiara un rendimento effettivo a scadenza del 3,28%.
Un aspetto interessante, volendo, è che rispetto a quel che succede con obbligazioni singole, con gli Ibonds ad accumulazione non ho il problema della tassazione sulle cedole, perché vengono automaticamente reinvestite nel fondo senza che ogni volta ci debba pagare sopra il 26% di tasse.
Certo, ad oggi non esistono Ibonds che vanno oltre il 2028.
Quindi al massimo posso gestire con essi la liquidità di medio termine per i prossimi 5 anni scarsi.
Se voglio invece gestire la mia liquidità oltre i 5 anni, non ho grandi alternative alla prima strada, le obbligazioni singole, oppure alla
TERZA STRADA: gli ETF obbligazionari.
Ora, qua il tema è un po’ controverso, perché gli ETF obbligazionari, dato che non scadono mai, non danno in effetti alcuna garanzia che il capitale investito ad un certo punto torni disponibile.
D’altra parte, essi rappresentano una componente importante del mio portafoglio per due motivi:
PRIMO MOTIVO: offrono una qualche decorrelazione rispetto alle azioni e quindi tendono ad acquisire valore durante i crolli di mercato, per il duplice effetto dovuto alla fuga degli investitori azionari verso le più sicure obbligazioni e per quella che viene chiamata nel gergo di Wall Street la Fed Put, ossia il fatto che le banche centrali tagliano i tassi quanto tutto crolla facendo salire il prezzo delle obbligazioni.
Il concetto di Fed Put è nato negli anni ’90 durante la gestione di Alan Greenspam, e l’idea è appunto quella che la Federal Reserve funzioni come un’opzione put, che sono quelle opzioni che gli investitori acquistano per proteggersi dai crolli.
Il SECONDO MOTIVO, invece, è che nell’ambito del mio portafoglio, la componente investita in ETF obbligazionari sarà quella soggetta a minore volatilità e che in qualche modo mi fornirà qualche garanzia in più sul fatto di aver sempre del capitale da cui attingere nel lungo termine per improvvise esigenze di liquidità.
La dico in un altro modo.
Fatto 100 il mio portafoglio, è chiaro che se ho solo ETF azionari posso aspettarmi grandi rendimenti ma anche un’alta volatilità. Se tra 5 anni ho bisogno di soldi e quell’anno mi becco un 2008 bis il ritorno, hai voglia ad avere il cuore di vendere asset che magari in quel momento sono sotto del 40%.
Con una certa quota obbligazionaria nel portafoglio invece, ho un rendimento atteso inferiore, ma il vantaggio è di avere un portafoglio che nella maggior parte dei casi sarà meno ballerino e che, probabilmente, non avrà mai tonfi così importanti.
Tra l’altro ho fatto un backtest curioso.
Ho preso la performance di un portafoglio 60/40, usando questi 2 ETF:
– Ishares Core MSCI World (il classico SWDA che investe nell’azionario globale dei paesi sviluppati, ad oggi 70% Stati Uniti) e
– Xtrackers Global Sovreign Bonds (un ETF che investe in titoli governativi dei paesi sviluppati)
E l’ho confrontata con SWDA, quindi con un portafoglio 100% azionario globale.
I dati che avevo a disposizione partivano dal gennaio del 1988, quindi parliamo di 36 anni di track record.
Non abbastanza per tirare conclusioni assolute, ma sicuramente un lungo orizzonte per fare qualche valutazione, dato che in questi 36 anni abbiamo avuto due lunghissimi bull market (1988-2000 e 2010-2021), un decennio devastante (2000-2009), l’anomalia del covid e del tragico 2022 in cui è successo di tutto.
Come prevedibile, il portafoglio 100% azionario, ad oggi, avrebbe avuto la performance migliore, poco più dell’8% di rendimento medio annuo contro il 7,2% del 60/40.
La cosa curiosa, però, è che il 60/40 avrebbe performato quasi sempre meglio fino praticamente al settembre del 2020.
Cioè, è solo grazie alla superperformance di una manciata di società tech americane negli ultimi anni che l’azionario globale avrebbe oggi sovraperformato il 60/40, altrimenti lungo questi 36 anni, i due portafogli avrebbero avuto praticamente la stessa performance, con il 60/40 però che avrebbe avuto una volatilità nettamente inferiore (9,59 di deviazione standard contro 14,5) e un indice di Sharp di conseguenza migliore (0,67 contro 0,52).
Certo, il discorso è completamente diverso se faccio partire il backtest nel 2010.
In questo caso, lungo questi 14 anni in cui, a parte la debacle del 2022, non ci sono state gravi crisi, l’azionario globale trainato dalle magnifiche 7 si sarebbe divorato il 60/40, quasi 11% di rendimento medio all’anno contro poco meno del 7%.
Però questa è più l’eccezione che la regola.
In questi 10 anni tutto ha giocato contro il 60/40.
Abbiamo avuto tassi a zero fino all’altro ieri — quindi rendimenti delle obbligazioni pressoché nulli e al contrario effetto doping sul portafoglio 100% azioni — mentre dal 2022 il rialzo dei tassi ha affossato la parte obbligazionaria.
Poi è vero che il problema dei backtest è che i risultati cambiano di molto a seconda dell’orizzonte temporale che prendi, però questo confronto è indicativo del fatto che è vero che sul lungo termine le azioni tendono sempre a sovraperformare i portafogli misti, ma allo stesso tempo lungo la maggior parte della vita del nostro investimento, un portafoglio contenente una significativa quota obbligazionaria tende a rimanere più stabile e quindi a garantirci una probabilità maggiore di accedere ai nostri soldi senza che questi siano falcidiati a lungo da una crisi finanziaria epocale.
Ora, è chiaro a tutti che gli ETF obbligazionari non danno alcuna garanzia di restituzione del capitale, cosa che invece è un grande plus delle obbligazioni singole.
Però oggi non siamo nel 2014, siamo nel 2024.
Allora i rendimenti obbligazionari erano nulli per via dei tassi a zero, quindi avere ETF obbligazionari nel portafoglio, semplicemente, non aveva alcun senso.
Vediamo invece i rendimenti a scadenza, ad oggi, di ETF governativi europei con diverse scadenze.
– Con duration sui 7 anni, siamo al 2,82%
– Con duration sui 10 anni, siamo al 3,10% e infine
– Con duration tra i 15 e i 20 anni, siamo intorno al 3,22%.
Questo significa che, facendo i conti un po’ un tanto al chilo, se ho ETF con duration sui 10 anni, l’aumento di un punto percentuale dei tassi di interesse dovrebbe fai sì che il prezzo dell’ETF scenda di circa il 9,5% (usando la formula della duration modificata).
Però non parliamo più di ETF che rendono 0, ma di ETF che rendono circa il 3% all’anno, quindi in qualche modo il rendimento intrinseco dovuto alle cedole delle obbligazioni sottostanti fornirebbe una certa compensazione rispetto agli effetti di eventuali rialzi futuri dei tassi.
Quindi sì, gli ETF obbligazionari ballano in funzione dell’andamento dei tassi di interesse, ma se non ci troviamo in un contesto di tassi a zero il rischio di averli in negativo non è poi così alto dopo tutto.
Certo, ad oggi non è in vista, ma se un domani la BCE dovesse riportare i tassi nettamente più in basso di quanto sono oggi, nel frattempo chi ha etf obbligazionari fa il botto, però poi bisogna stare attenti perché tenere questi prodotti quando i tassi si sono abbassati è rischioso, dato che al minimo rimbalzo dell’inflazione (e quindi con la prospettiva di nuovi rialzi dei tassi) rischiano di sprofondare nuovamente come è successo nel 2022.
In un contesto di tassi molto bassi, ammesso che in generale abbia senso avere obbligazioni in portafoglio, a quel punto sarebbero sì meglio le obbligazioni singole, gli ETF a scadenza o gli ETF obbligazionari con scadenze molto brevi.
Ecco, abbiamo quindi visto che la gestione della liquidità assume connotazioni diverse nelle varie fasi della vita.
Nel breve termine abbiamo obiettivi molto specifici e prevedibili che gestiamo con strumenti ad hoc per avere i soldi disponibili a breve.
Nel medio termine c’è molta più incertezza, quindi dobbiamo costruire soluzioni flessibili che ci diano buone probabilità di poter sempre attingere al nostro portafoglio, senza correre eccessivi rischi di doverlo fare in un momento di crollo del valore del portafoglio.
E nel lungo termine?
Beh, il lungo termine è la diretta conseguenza dell’impostazione del portafoglio nelle altre fasi.
Mi spiego.
Non è che ho un portafoglio di breve termine e uno di lungo termine.
Semplicemente il mio portafoglio ha una sua stratificazione, tale per cui alcuni elementi di esso hanno senso in una prospettiva di lungo termine, mentre altri nel breve e medio.
Se decido che, ad esempio, 70/30 è l’impostazione più adatta a me per il mio portafoglio, benissimo, avrò il 70% di prodotti azionari e il restante 30% distribuito sui prodotti di cui abbiamo parlato oggi per coprire eventuali esigenze di breve e medio termine lungo il corso della mia vita.
A parte quel poco che teniamo sui conti correnti e il fondo di emergenza, che non considererei parte dell’asset allocation complessiva del portafoglio, tutto il resto, quindi: ETF monetari, obbligazioni singole a breve e medio termine, ETF a scadenza, ETF obbligazionari con diverse duration, ecco tutto questo tendenzialmente rientrerà nel 30% del mio portafoglio complessivo.
Ammesso appunto che 30% sia la quota giusta.
Perché qui subentra l’idea di Goal Based Investing, ossia di investire in base agli obiettivi.
Investire Goal-based significa, in pratica: non impostare la strategia di investimento con l’obiettivo di conseguire il massimo ritorno possibile e immaginabile tra 40 anni.
Per fare quello, probabilmente 100% in un azionario globale e tanti saluti.
Ma il problema, come detto altre volte, è che se il risultato a 40 anni è molto probabile, quello che succede DURANTE questi 40 anni è soggetto alla più ampia variabilità possibile e immaginabile.
Invece a me interessa avere un portafoglio che possa rispondere ai MIEI obiettivi LUNGO tutta la mia vita.
Poi ovviamente non è che posso impostare tutto all’inizio e poi per 40 anni non ci penso più.
Nella vita cambiano tante variabili (guadagni, spese, composizione famigliare, buone e cattive notizie, bull e bear market), insomma ci sono tante cose che fanno sì che sia impossibile settare tutto a priori.
Pertanto serve un po’ di elasticità per adattare il portafoglio via via.
La regola classica, no brainer, vorrebbe che tipicamente si iniziasse con 100% azioni e poi man mano che ci si avvicina alla pensione si aumentasse la quota obbligazionaria.
Ha la sua logica.
Ma in realtà non è sempre la scelta migliore.
Se nei primi 20 anni della mia vita ho più spese cui far fronte e meno risorse, allora dovrò impostare diversamente il portafoglio e paradossalmente aumentare la sua rischiosità più avanti quando magari non avrò più il mutuo da pagare, i figli saranno fuori casa, il mio patrimonio sarà diventato corposo, avrò una pensione integrativa che mi sostiene e quindi a quel punto anche se il mio portafoglio dovesse fare -50% per un po’ non mi cambierebbe la vita.
Quindi partite dagli obiettivi.
Cercate di capire quanta liquidità vi può servire nel breve termine e come mantenere un’impostazione flessibile del portafoglio nel medio termine, così che se tra 7-8 anni dovrete metterci mano non ci sia un rischio eccessivo che si sia dimezzato di valore.
Facendo un esempio — che non è UNA RACCOMANDAZIONE DI INVESTIMENTO NELLA MANIERA Più ASSOLUTA — per semplicità prendiamo un portafoglio da 100.000 €.
Ammettiamo che ad oggi sia composto così:
– 60.000 € in ETF azionari globali;
– 20.000 € in ETF obbligazionari con duration tra 7 e 10 anni;
– 10.000 € in Obbligazioni singole con scadenze scaglionate tra 5 e 8 anni.
– 5.000 € in 2 iBonds con scadenze 2026 e 2027
– 5.000 € in un ETF monetario
Di fatto è un portafoglio 60/40.
Però mentre i 60.000 in azioni dovranno giustamente fare il loro corso e tendenzialmente esprimeranno il meglio di sé lungo i prossimi 20 anni almeno, gli altri 40.000 € dovrebbero coprire abbastanza bene le varie esigenze di liquidità che mi sono prefissato da qui a 7-8 anni.
Ovviamente poi questa è una rappresentazione statica.
Diamo invece per scontato che periodicamente contribuirò al mio portafoglio attraverso il mio risparmio e di conseguenza potrò adattarlo man mano alle mie esigenze in base a quello che intendo fare nei prossimi anni della mia vita.
La regola nella costruzione del portafoglio non è pertanto cercare di indovinare la combinazione di asset che renderà di più.
La regola è trovare l’assetto del portafoglio che meglio potrà rispondere alle varie esigenze che mi si presenteranno, probabilmente, nei prossimi anni e adattarlo di conseguenza perché possa permettermi di conseguire i miei obiettivi.
Alla fin della fiera, la vera metrica che conta nella valutazione di un portafoglio di investimento non è: “quanto ha performato rispetto al benchmark”, bensì “se mi ha permesso, o meno, di raggiungere i miei obiettivi”.
Un portafoglio impostato per obiettivi è quello che poi dà le maggiori probabilità all’investitore di continuare ad investire tutta la vita, mantenendo la disciplina necessaria, rispetto invece ad un portafoglio orientato alla performance, che potrebbe sottoporre chi investe a momenti di stress eccessivo e portarlo ad un certo punto ad uscire dal gioco.
Bene, carissime e carissimi compagni di viaggio.
So che questa puntata, un po’ più lunghetta, interessava a tanti, spero l’abbiate trovata utile e fatemi sapere che ne pensate scrivendomi su instagram a thebull_finance.
Per continuare la nostra scalata finale verso la vetta dei podcast più ascoltati d’Italia, vi invito come sempre a mettere segui e ad attivare le notifiche su Spotify, Apple Podcast o altra piattaforma e a lasciare una recensione a 5 stelle per supportarci e permetterci di continuare a produrre contenuti che anche se delirano un po’ sul senso dell’essere e del tempo, alla fine cercano di farvi capire come gestire il vostro bel cash e farvi raggiungere tutti gli obiettivi della vostra vita sempre nuovi.
Per questo episodio invece, è davvero tutto, e non ci ritroviamo domenica prossima per un nuovo capitolo del monumentale libro sulla finanza, sul risparmio e sugli investimenti che stiamo scrivendo in decine di migliaia tutti assieme, sempre qui, naturalmente, con The Bull, il tuo podcast di finanza personale.
Recensioni
Quando capisci come funziona la finanza… ti viene voglia di raccontarla!
Veramente interessante, chiaro e conciso. Cambia la vita finanziaria di chiunque.. da ascoltare assolutamente anche per chi di finanza non vuole occuparsi mai
Francesca B., 6 Apr 2024La mia ignoranza in materia mi ha sempre creato dei dubbi, ma grazie a un amico ho iniziato ad ascoltare il podcast. Per fortuna che ho 24 anni e un po' di tempo e soldi da dedicarmi a imparare le varie nozioni per me stesso. Grazie mille!
Luca G. 10 Ott 2025Podcast piacevole, scorre veloce ma in modo estremamente chiaro, spiega i concetti chiave per gestire le proprie finanze, fornendo la classica cassetta degli attrezzi. Complimenti, davvero ben fatto!
Massimiliano, 29 Mag 2024Dovrebbero ascoltarlo buona parte degli italiani e io avrei dovuto scoprirlo con qualche anno in anticipo ma meglio tardi che mai
Matteo C., 3 Set 2025Ho acquistato e letto il suo libro e l' ho trovato. Esprime i concetti economici in modo semplice e chiaro. Sentirlo parlare conferma che è un professionista del settore.
Giulia N., 11 Ago 2025Da quando l'ho scoperto in 15 gg mi sono ascoltato 150 puntate senza fermarmi, ho annullato gli altri podcast per portarmi alla pari ed ascoltare tutte le precedenti puntate, ben fatto, esattamente il livello di informazione che mi serviva
Gianluca G., 11 Set 2025Ho seguito tutte le puntate! Grazie veramente
Amalia A., 17 Set 2025Veramente veramente raccomandato! la finanza personale riassunta alla perfezione! e spiegata partendo dall'ABC! Ottimo anche da ascoltare a velocita 1,5x!
Giorgia R., 23 Gen 2025Non sono solito a mettere recensioni e specialmente non ascolto podcast, ma da quando ho iniziato questo, faccio fatica a staccarmi, e quasi non posso più fare a meno di ascoltare e arricchirmi culturalmente.
Andrea V., 22 Set 2025