Come prepararsi alla prossima Crisi

La prossima Crisi dei mercati sta per arrivare!Quando? Tipicamente ogni 2 anni il mercato fa una correzione a doppia cifra, mentre ogni 6-7 ha un tracollo superiore al 20%. Quindi meglio arrivare preparati, perché nella nostra (lunga) vita di investitore aspettiamoci come minimo di vivere decine di correzioni e una manciata di bear market sanguinosi. E comunque - si spera - di uscirne più ricchi alla fine! Niente però come la conoscenza e la consapevolezza ci possono aiutare ad affrontare al meglio queste inevitabili situazioni. Quindi leggete, leggete, leggete!

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36 minuti
The Bull - No Thumb

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Punti Chiave

Le crisi (correzioni e bear market) sono parte del normale ciclo dei mercati; la consapevolezza è cruciale per affrontarle.

La sequenza dei rendimenti può influenzare enormemente il risultato finale degli investimenti periodici.

Trascrizione Episodio

Bentornati a THE BULL – Il tuo podcast di finanza personale

Ve l’avevo promesso, oggi puntata dell’allegria dedicato ad un tema che ci mette subito di buonumore: come prepararsi alla Crisi che arriverà!

Cosa c’è di meglio che svegliarsi la domenica mattina, fare colazione con calma, ascoltarsi il nuovo episodio di questo podcast appena sfornato caldo caldo come la Nastrina che state per immergere nel caffelatte e una ricca porzione di patemi derivanti dalla prospettiva che i vostri soldi, che con tanta fiducia avevate investito sui mercati, di punto in bianco possano sparire nel nulla?

Eh? Vero? The Bull vostro è qui per non farvi star tranquilli manco alla domenica!

Dai su con la vita, oggi parliamo della Crisi che verrà — perché verrà, sicuro come il fatto che ogni 24 ore la Terra fa un bel giro su sé stessa — ma come sempre con l’intento di aumentare la nostra consapevolezza e la nostra attrezzatura psicologica per affrontare la prossima crisi — e tutte quelle con cui avremo a che fare in futuro — nel modo migliore.

Vedrete che l’episodio di oggi sarà meno fosco del previsto, anzi alla fine secondo me sarà l’ottimismo a permeare il senso della maggior parte delle mie parole, pure se ventileremo scenari funesti di dissesti finanziari e portafogli quasi disintegrati.

Una cosa però è certa, amiche e amici miei.

Se da un lato il futuro è imprevedibile, dall’altro la conoscenza è l’arma più efficace per affrontare qualunque situazione, per quanto avversa sia.

Essere consapevoli, conoscere le cose, non farsi trovare in balia di ciò che non comprendiamo, tutto ciò è essenziale per fronteggiare a testa alta, petto in fuori e cuor leggero qualunque catastrofe economica dovessimo trovarci a vivere nei prossimi anni.

E qual è uno degli strumenti migliori da più di 3.000 anni per fare questo?

Leggere.

Non riuscirò mai a valorizzare abbastanza l’importanza che leggere possa avere nella vita di ciascuno.

Non troverete mai un solo straordinario imprenditore di successo, esclusi quelli che sono diventati tali grazie al loro cognome, che non abbia ammesso di dedicare alla lettura una parte estremamente significativa del proprio tempo.

Warren Buffett, Charlie Munger, Bill Gates, Elon Musk, Jeff Bezos, Mark Zuckerberg sono solo alcuni dei cosiddetti self-made billionaire, miliardari che si sono fatti da soli e che hanno confermato di leggere decine di libri ogni anno, consapevoli che solo la conoscenza negli ambiti più disparati fosse un’assicurazione per mantenere il loro vantaggio competitivo e continuare ad avere successo.

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Benissimo, quindi leggete, imparate, attrezzatevi e siete a cavallo.

Nell’attesa, The Bull oggi vi fa fare qualche ragionamento su come gestire la crisi che verrà, su come arrivare preparati e soprattutto, cosa più importante, su come non fare minchiate.

Dunque, perché intanto parliamo della prossima crisi che verrà?

Ne parliamo per due motivi, uno contingente, legato al mood del mercato e degli investitori in questo momento, e uno più strutturale.

Quello contingente riguarda l’idea della bolla dell’intelligenza artificiale e il sistematico confronto che ogni santo giorno qualcuno fa tra quel che sta succedendo ora e l’apice della dot.com bubble tra la fine del 99 e l’inizio del 2000.

Oh avrò visto qualcuno che posta il grafico in cui viene fatta vedere la crescita praticamente identica di Cisco nel 99 e di Nvidia nell’ultimo anno e mezzo almeno 500 volte.

Ok abbiamo capito, le curve sono simili.

Da qui a tirare la conclusione che il mercato stia per scoppiare però ce ne passa.

Un paio di episodi fa, come certamente ricorderete, vi avevo condiviso qualche pensiero sul fatto che — sì — da una parte tutta quest’enfasi sull’intelligenza artificiale assomiglia a quella che c’era 25 anni fa all’arrivo di internet ma pure che ci sono tutta una serie di differenze non da poco, tra cui il fatto che per esempio Cisco allora aveva un prezzo arrivato oltre 180 volte i suoi utili, mentre Nvidia, che pur ha una valutazione altissima, è lontana anni luce della follia delle quotazioni che giravano a inizio millennio, soprattutto perché oltre a Cisco venivano valutate miliardi società che non avevano mai riportato un centesimo di profitto e che con il senno di poi avevano modelli di business completamente insostenibili.

Cmq niente vi avevo fatto tutto lo spiegone, mi ero dovuto sforzare a fare un po’ di ragionamenti per capire se tutta sta smania di gridare alla bolla avesse senso oppure no — e la risposta era un salomonico: “magari sì, magari no” tanto per cambiare — che poi il 7 Marzo James Mackintosh, il mio editorialista preferito del Wall Street Journal, scrive come sempre un articolo che dà un punto di vista illuminante sulla situazione.

In pratica lui dice: ok, pure a me le valutazioni del mercato sembrano eccessivamente ottimistiche, però invece che buttarsi tutti a dire che “uh c’è una bolla attenzione, vendete tutto e scappate finché siete in tempo”, forse c’è un’altra spiegazione dietro questo rally del mercato che praticamente sta andando avanti ininterrotto da oltre 4 mesi (vi ricordo infatti che dal picco negativo del 26 ottobre scorso, l’S&P è cresciuto del 24%).

La sua spiegazione riguarda il tema della produttività, ossia della crescente capacità da parte dell’economia di produrre maggiori beni e servizi con la stessa quantità di lavoro (se non addirittura minore di prima).

In effetti nel 2023, perlomeno negli Stati Uniti dove l’economia ha avuto un boom, la produttività delle aziende è cresciuta alle stelle.

E secondo Mackintosh il mercato ha orami smesso di pensare che per sconfiggere l’inflazione e convincere la Federal Reserve ad abbassare i tassi di interesse serva un’economia che rallenti fino a sfiorare la recessione.

Anzi, ora il mercato sarebbe convinto che l’inflazione sia scesa nel 2023 perché è aumentata la produttività, cioè in qualche modo l’idea è che l’economia sia cresciuta senza allo stesso tempo avere un grosso impatto sull’aumento generale dei costi ma grazie al miglioramento della sua efficienza produttiva.

Da una parte questa crescita di produttività è banalmente dovuta alla fine degli shock legati alla coda lunga della pandemia, che come ricorderete aveva creato nel 2021 e 2022 notevoli problemi di approvvigionamento nelle catene produttive, perché bastava che il porto di Shangai stesse chiuso per qualche giorno e le merci di mezzo mondo non si muovevano più.

Ma ora il mercato sta pure pensando che le incredibili potenzialità dell’intelligenza artificiale potranno dare un’accelerazione mai vista alla produttività generale delle aziende, al pari di quello che è successo all’inizio degli anni ’60 in cui un po’ tutti i paesi occidentali — pure il nostro — hanno vissuto i miracoli economici che li hanno trasformati da relitti del dopoguerra a potenze industriali.

Quindi Mackintosh sostiene che forse non siamo in una bolla, ma il mercato sta andando così bene perché sta prevedendo un progressivo incremento dei livelli di produttività generale che non andranno ad innescare un meccanismo di rialzo dell’inflazione.

Insomma: sì, il mercato potrebbe essere sopravvalutato. Ma forse c’è una trasformazione economia e industriale in corso che almeno in parte potrebbe giustificare questa corsa apparentemente insensata dei prezzi di tutte le azioni di mezzo mondo.

Questa spiegazione di Mackintosh è fighissima e se è così si vola.

Grande Jim, sei sempre un faro.

Lui stesso però dice: occhio che comunque questa è la storia che si sta raccontando il mercato.
Potrebbe essere vera, ma c’è anche il rischio che il mercato stia sopravvalutando le effettive capacità dell’intelligenza artificiale di portare tutti questi benefici alle aziende in termini di produttività.

Inoltre l’Intelligenza Artificiale costa.

Sicuramente le società grandi potranno beneficiarne di più perché possono permettersi investimenti colossali.

Le piccole e medie imprese invece, che sono il reale tessuto economico di qualunque Paese, potrebbero non riuscire a beneficiarne — o comunque non subito — e questo potrebbe poi comunque avere dei contraccolpi sulla tenuta dell’economia nel suo insieme.

Staremo a vedere.

Comunque in breve il concetto è: forse non siamo in una bolla, quindi piano a postare i grafici di Nvidia = Cisco perché avete rotto tutti quanti, però potrebbe anche essere che siamo tutti un po’ troppo ottimisti e tra un po’ il mercato ci metterà di fronte ad una realtà più brutta di quella che ci stiamo immaginando e poi sapete come fa il mercato in questi casi, è un po’ irascibile e un filino bipolare: quando gli gira storto, di punto in bianco fa crollare giù tutto.

Ok questo era il primo motivo per cui bisogna comunque prendere in considerazione l’ipotesi una crisi: forse non ci sarà — e forse l’attuale rally azionario è fondato — ma se gli investitori si stanno sbagliando su questa teoria dell’intelligenza artificiale che farà aumentare la produttività dell’economia in generale, allora potranno esserci momenti di improvviso crollo dei mercati.

L’altro discorso è invece un po’ più di carattere generale e riguarda le dinamiche strutturali del mercato, in particolare del mercato azionario.

Come sempre quando parliamo di mercato parliamo di mercato Americano per due motivi:

UNO: perché è quello su cui abbiamo il maggior numero di dati sin dalla notte dei tempi;

DUE: perché mai come oggi la stragrande maggioranza dei mercati di tutto il mondo è direttamente correlata alle sorti del S&P 500.

Quindi ogni discorso che vale innanzitutto per l’America, vale in buona sostanza pure per il mondo in generale, al netto magari dei mercati emergenti che potrebbero in effetti avere delle sorti leggermente più indipendenti.

Il buon Ben Carlson, uno dei due Ben che assieme ai due Nick è sempre di grande aiuto per soddisfare la mia settimanale fame di dati sui mercati, ha fatto un po’ di riflessioni negli ultimi giorni sul tema dei bear market, delle correzioni, dei periodi di crisi e così via.

Come abbiamo detto, il mercato sta correndo come un treno da fine ottobre ad oggi e a sto punto, per quanto possa essere doloroso quel che sto per dire, in effetti una correzione sarebbe salutare.

Che vor’ dì sta cosa che ho appena detto?

Allora spieghiamo intanto che differenza c’è tra correzione e bear market.

Una correzione è un periodo in cui il mercato scende, dal suo picco positivo al suo picco negativo, di almeno il 10%.

Ok? Quindi se dal picco di giovedì 7 marzo ad un giorno imprecisato dei prossimi messi l’S&P perdesse almeno il 10%, allora si parlerà di correzione.

Quando invece il mercato perde più del 20%, allora si parla ufficialmente di Bear Market.

Ovviamente si parla, al contrario, di Bull market quando il mercato cresce di almeno il 20% rispetto ad un suo minimo precedente.

Ah ve l’avevo mai detto che il titolo di questo podcast deriva da questo modo di dire?

In effetti sono passate 87 puntate e forse era il caso di precisarlo…

Ok, quindi dicevo, dopo che il mercato sta correndo a manetta, una bella correzione ora ci starebbe bene, per tre motivi:

MOTIVO UNO: nothing lasts forever, niente dura per sempre. Il mercato non può crescere all’infinito, prima o poi deve cominciare ad andare giù. Ricordiamoci che il mercato va su finché c’è più gente che vuole comprare azioni rispetto a chi le vuole vendere. Prima o poi quest’equilibrio si inverte, è inevitabile. E lì di solito i prezzi vanno giù molto più velocemente di quanto ci avevano messo a salire, soprattutto se si innescano situazioni di panic selling.

MOTIVO DUE: vedere gli indici che crescono è bello.

Però ragazzi io mi sono rotto il ca**o di pagare l’ira di Dio ogni mese le cose che compro.

Lo stesso ETF sull’S&P che compravo l’anno scorso di sti tempi, oggi lo pago quasi il 30% in più (sì l’anno scorso in questo periodo stavano fallendo le banche regionali negli Stati Uniti e il mercato era andato tutto giù).

Quindi se i prezzi scendessero un po’ sarei molto più felice di investire, oggi ogni volta mi piange il cuore a comprare sempre ai massimi.

MOTIVO TRE: le correzioni fanno un po’ di pulizia.

Nei momenti in cui tutto va su, come questo, cresce il valore anche di società non necessariamente valide, perché vengono trainate dal mood positivo generale di tutto il mercato. Se c’è una correzione, invece, può succedere che le realtà veramente solide e profittevoli tengano botta, mentre quelle che avevano dei valori gonfiati scoppino e che vengano ridimensionate ai loro valori più corretti.

Si chiama “correzione” proprio perché l’idea è che il mercato, metaforicamente parlando, si rende conto che ci sono prezzi incoerenti con i valori fondamentali delle sue società e quindi “corregge” facendo scendere le quotazioni e riportandole a livelli maggiormente allineati allo stato di salute delle società che rappresentano.

Quando le correzioni diventano Bear Market, però, il mercato si scassa e può succedere di tutto.

Finché sono correzioni, invece, che ogni tanto avvengano non è una cattiva idea.

Ogni quanto si presentano ste correzioni?

Il buon Ben si è messo a fare i conti e io lo scopiazzo di sana pianta.

In pratica dal 1928 ad oggi ci sono state 33 correzioni, ossia 33 volte che il mercato ha avuto un momento in cui ha fatto tra il -10% e il -20%.

L’ultima è stata quella della scorsa estate, dal 31 luglio al 26 ottobre, che è stata giusto giusto del 10 virgola qualcosa %.

Prima di questa dobbiamo tornare indietro addirittura 2018, in cui ne abbiamo avute ben due, una a fine anno e una all’inizio.

Prima ancora dobbiamo risalire al periodo a cavallo tra fine 2015 e inizio 2016 e se vogliamo andare ancora più indietro abbiamo avuto un lungo periodo negativo durato quasi sei mesi nel 2011, mentre l’Europa (e l’Italia soprattutto) era alle prese con la crisi dei debiti pubblici.

E così via possiamo assistere ad un alternarsi di questi momenti in media una volta ogni 3 anni fino al 1928.

La durata media di un periodo di correzione è di 4 mesi scarsi — 116 giorni per la precisione — mentre la perdita media è del 13,8%.

In pratica Ben ci sta dicendo: “in media ogni 3 anni che investi, aspettati 4 mesi in cui l’S&P 500 — e con esso buona parte dell’azionario globale — si beccherà sempre in media un bel -13, -14%”.

Easy proprio.

Ecco una volta che sai sta roba, caro il mio ascoltatore, se per qualche mese vedi il tuo portafoglio andare giù a doppia cifra sappi che stai vivendo quella che Ben chiama una “Healthy Correction”, quindi una correzione salutare.

Salutare appunto per i motivi che dicevo sopra (i 3 motivi in realtà li ho formulati io, non Ben, ma sono certo che Ben sarebbe d’accordo).

Comunque la cosa da segnarsi è che tutti i più floridi periodi della storia dei mercati hanno vissuto delle correzioni a doppia cifra di tanto in tanto.

In passato, tuttavia, ci però state anche altre 22 correzioni, oltre alle 33 che si sono fermate tra il -10 e il -20%, che invece si sono trasformate in bear market, ossia in periodi che hanno vissuto perdite superiori al 20%.

E convenzionalmente i bear market sono considerati più gravi e di solito hanno a che fare anche problemi economici strutturali.

Non sempre, ma spesso è così.

L’ultima volta ha attraversato tutto il 2022, praticamente dal 1° di marzo alla fine dell’anno, ed è costato all’S&P 500 un bel -25 e fischia %.

Quello precedente è stato invece un bear market lampo nel marzo 2020, dovuto ovviamente allo shock del Covid.

-34% in un solo mese, ma già da Aprile il mercato ha cominciato una corsa che non si è fermato fino a raggiungere i massimi di tutti i tempi a fine dicembre.

Entrambi questi bear market in realtà sono stati causati dal Covid (uno direttamente e uno per le conseguenze indirette, come per esempio l’inflazione) e il secondo in parte dalle tensioni geopolitiche innescate dall’invasione di Putin dell’Ucraina.

Per vedere invece due bear market, peraltro devastanti, legati a motivazioni strettamente economico-finanziarie, dobbiamo invece risalire addirittura al lunghissimo anno e mezzo dall’ottobre del 2007 al marzo del 2009, che ovviamente è stato il periodo della grande crisi finanziaria e della grande recessione globale, dove l’S&P si è beccato complessivamente un bel -57%, oppure ancora prima abbiamo avuto l’interminabile tracollo a seguito della dot.com bubble iniziato negli Stati Uniti nel marzo del 2000 e terminato solo nell’ottobre del 2002, realizzando una perdita totale del 50%.

Tra l’altro l’agonia non sarebbe finita lì perché dopo un breve rimbalzo, il mercato si sarebbe preso un altro -14% fino al marzo del 2003. Solo da lì ci sarebbe stata una ripresa infrantasi nella crisi dei mutui subprime di 4 anni dopo.

Queste due crisi sono state devastanti, e sono state rispettivamente il 2° e il 4° peggior bear market di sempre, anche perché era più di un decennio che il mercato pompava come se non ci fosse un domani.

Per trovare un altro bear market prima dell’inizio di questo millennio, dobbiamo risalire addirittura al -33% della fine del 1987.

Se escludiamo comunque le vicissitudini degli anni ’30, obiettivamente un periodo storico talmente lontano e diverso dal nostro che rischia solo di sporcare i dati, a partire dalla fine della Seconda guerra mondiale la statistica sui bear market ci dice che in media durano 12 mesi (sì quello del 2020 è stata un’eccezione più unica che rara dovuta ai lockdown), la perdita media del mercato è del 34% e che servono mediamente 19 mesi per ritornare al picco precedente l’inizio del bear market.

In pratica negli ultimi 78 anni abbiamo avuto un bear market ogni 6-7 anni.

Dal 1928 ad oggi, quindi, tra bear market e correzioni abbiamo avuto 55 momenti in cui stringere le chiappe e tenere duro.

Il che vuol dire che praticamente una volta ogni quasi due anni, mettiamo in conto di prenderci in faccia un periodo che può fare da -10% a quasi -60% (una volta negli anni 30 ha fatto oltre -80%, ma effettivamente sembra un outlier difficile da ripetersi, anche perché rispetto ad allora le banche centrali hanno implementato dei meccanismi che permettono di intervenire per tempo ed evitare disastri di quella proporzione, poi mai dire mai…).

Non sembra comunque il massimo della vita l’idea ogni due anni di tracollare, no?

Eh lo so, ma vi sto parlando oggi di sta cosa così almeno vi mettete il cuore in pace.

Ma poi posso dire? ma che vi frega?

Negli ultimi 50 anni l’S&P ha avuto 26 tra correzioni e bear market.

Ciononostante, questi 26 crolli finanziari non gli hanno impedito di crescere complessivamente del 18.000%!

Quindi, dai, c’è di peggio nella vita.

Comunque tutta sta ubriacatura di numeri per dire cosa?

Per dire che le correzioni sicuramente, ma pure i bear market fanno parte del normale ciclo di vita dei mercati, quindi incorporate nella vostra consapevolezza questa cosa così almeno siete tranquilli e sereni la prossima volta che va giù tutto e non pensate che sia la fine del mondo.

Fatevi però un post-it, mettetelo sul frigorifero e ricordatevi che a volte questi periodi possono durare a lungo.

La sensazione è che oggi, a causa dell’impressionante velocità di informazione che abbiamo nel mondo, le crisi tendano ad essere più frequenti e più brevi, il che forse è meglio per la nostra capacità di sopportazione, che non vivere una crisi ogni tanto, però lunghissima e dilaniante.

Comunque sia, anche solo il 2022 è stato un lungo anno di sofferenza.
Se però vi abituate a pensare i bear market come opportunità per investire a prezzi migliori che non come a momenti di sofferenza, tanto meglio per voi (e per le vostre tasche).

Detto questo, invece, ci sono due cose importanti da comprendere al di là delle singole correzioni e dei bear market, che hanno a che fare con lassi di tempo nettamente più lunghi e che definiscono in maniera significativa l’esperienza generale di un’intera vita di investimenti.

PRIMA COSA IMPORTANTE DA COMPRENDERE: i cicli finanziari alternano momenti di grande crescita a momenti decisamente meno entusiasmanti e di solito questi macro cicli durano circa 10-15 anni alla volta.

Quindi, da una parte abbiamo le singole correzioni che durano in media 4 mesi o i singoli bear market che in media durano un anno, ma poi abbiamo anche interi decenni con cui fare i conti.

Se infatti prendiamo le singole decadi dal dopoguerra ad oggi, abbiamo avuto risultati moooolto diversi tra un decennio e l’altro.

Questa è una delle caratteristiche più fastidiose del concetto di “in media le cose vanno così o così”.

Dire che in media il mercato americano ha fatto il 10% all’anno è vero.

Ma niente è più lontano dalla verità come dire che ogni decennio ha riportato in media questo rendimento.

Infatti da un lato abbiamo avuto decenni gloriosi, con il mercato azionario che ha fatto:

– Negli anni ’50 quasi il 20% di media all’anno;

– Negli anni ’80 e ’90 quasi il 18% di media all’anno;

– Negli anni ’10 di questo secolo, anzi in realtà dal 2010 fino ad oggi, oltre il 13% all’anno.

In questi casi quindi siamo stati ben al di sopra della media storica.

Gli altri decenni invece non sono andati così bene:

– Negli anni ’60 il mercato ha fatto il 7,7% all’anno;

– Negli anni ’70 il 6%;

– Dal 2000 al 2009 ha fatto addirittura il -1% di media e se aveste investito dall’Europa, per via dell’andamento sfavorevole del cambio si sarebbe trattato addirittura di un -4% di media all’anno, cosa che fa del famoso decennio perduto il peggior decennio della storia post bellica dei mercati.

Molto banalmente cosa ci dice questa statistica?

Attenzione alla scoperta dell’acqua calda: ci dice che il mercato negli ultimi 15 anni è andato molto bene perché nel decennio precedente è andato molto male.

E quello è andato molto male perché addirittura il ventennio precedente era andato incredibilmente bene.

E gli anni ’80 e ’90 sono andati così bene anche perché gli anni ’70 sono andati piuttosto male.

E così via, insomma avete capito.

Pensate quello che volete, ma niente mi toglierà mai dalla testa la convinzione che la Regressione verso la media sia una delle leggi più potenti ed universali dell’universo.

Ora, dove siamo oggi?

Anche questo decennio, nonostante sia iniziato con le amenità del Covid, è partito bene.

Circa 13% di media all’anno, sia in dollari che in euro.

Statisticamente, questo cosa ci dice? Che dato che lo scorso decennio è andato bene, allora dobbiamo aspettarci che questo vada male, oppure che gli effetti del decennio perduto non sono ancora finiti e che come quello è arrivato dopo un ventennio di gloria, dobbiamo arrivare almeno fino al 2029 per ritrovarci una nuovo decennio infernale?

E che ne so…

C’è però da dire una cosa.

Ad oggi il trentennio meno performante della storia del mercato americano, quello dal 1929 al 1959, ha restituito un rendimento medio annuo del 7,8%.

Se iniziamo a fare i conti da inizio 2000 che, trattandosi del picco prima della dot.com bubble, si candida a momento ideale per inaugurare un trentennio di risultati complessivamente deludenti, ad oggi il mercato americano ha fatto poco più di un 7% di media.

Quindi se da qui alla fine del 2029 il mercato andrà male, il trentennio 2000-2029 sarà stato il peggiore della storia della finanza.

Invece anche solo per pareggiare il record negativo del peggior trentennio di sempre — che ha avuto bisogno della grande depressione e della seconda guerra mondiale — il mercato Americano dovrebbe continuare a fare performance sopra la media anche nei prossimi 6 anni, compreso l’attuale.

La ridico in un altro modo che forse è più chiaro.

Se da qui alla fine del 2029 il mercato americano crescerà in media dell’11,7% all’anno, quindi comunque di più della sua media storica del 10%, il trentennio 2000-2029 sarà stato a pari merito con il trentennio 1929-1959 il peggior trentennio di sempre.

Messa così in effetti sembra una prospettiva incoraggiante almeno per i prossimi anni, ammesso e non concesso che la statistica sugli anni passati abbia un qualche valore predittivo sul futuro.

Oh attenzione, questo non vuol dire che le cose non possano andare peggio.

Anzi!

Nulla vieta che il primo trentennio di questo millennio sarà ricordato per sempre come il peggiore della gloriosa storia della finanza americana.

Se così sarà, cmq, vuol dire che avrà fatto peggio di un trentennio caratterizzato dalla peggiore crisi finanziaria di sempre (quella del ’29), dalla peggiore depressione economica di sempre (quella degli anni ’30) dalla peggiore tragedia umanitaria di sempre (quella della seconda guerra mondiale, del fascismo, del nazismo, del comunismo e dai loro orrori).

Non impossibile, però ammazza che anni di merda ci aspettano se sarà così.

Se invece siamo un briciolo ottimisti — e per ottimisti intendo che da qui al 2029 puntiamo solo a pareggiare il peggior trentennio di sempre — ecco allora che i prossimi anni del mercato azionario potranno risultare complessivamente positivi.

Veniamo invece alla SECONDA COSA MOLTO IMPORTANTE DA COMPRENDERE, ossia: il cosiddetto Sequence of Returns Risk, ossia il rischio di sequenza dei rendimenti.

Che è sta roba?

In realtà ne abbiamo parlato qua e là di sfuggita, anche quando è venuto a trovarci Nick Protasoni che tra l’altro tornerà da noi a spiegarci se secondo lui il mercato si è rotto a causa degli ETF oppure no nel prossimo episodio.

Comunque il rischio di sequenza è in pratica un concetto matematico molto banale che dice: la sequenza dei vari rendimenti che ti porti a casa anno dopo anno durante la tua vita da investitore fa un’enorme differenza anche a parità di rendimento annuo medio.

Sì lo so questa va spiegata un attimo, state calmi, mo’ la diciamo meglio.

Spieghiamolo con un esempio.

Se voi il 1° gennaio del 2024 aveste investito 10.000 € e poi nei prossimi anni il mercato fa, che ne so, -5% un anno, +10 un altro, poi -30, poi +15 e così via, l’ordine in cui si susseguono questi rendimenti è irrilevante.

Cioè se un anno fate +10% e l’anno dopo fate -5%, oppure se il primo anno fate -5% e l’anno dopo fate +10%, il vostro risultato finale non cambia.

A meno che….

A meno che voi non facciate come il 99,99% di tutti gli investitori del mondo, ossia non investite tutto quanto una volta sola one shot e poi tanti saluti, ma tendenzialmente continuate a mettere dentro soldi nel vostro portafoglio un po’ per volta.

E qui succede una cosa strana.

Spieghiamolo con l’esempio più semplice del mondo.

Voi investite 10.000 € ogni 1° gennaio.

In realtà è più probabile che investiate mensilmente, ma facciamo annualmente così l’esempio è più chiaro, tanto non cambia nulla.

Dicevo voi investite 10.000 € ogni primo gennaio.

Se il primo anno il mercato fa +10% e il secondo anno fa -5%, al 31 dicembre del secondo anno voi vi ritroverete 19.950 € in totale.

Se invece il rendimento dei due anni lo invertiamo, quindi facciamo -5% il primo anno e +10% il secondo, cosa succede? Succede che il risultato finale sarà 21.450 €.

Magia!

Quindi attenzione a questo fatto strano: l’ordine dei vari rendimenti che vi beccate anno dopo anno fa un’enorme differenza sul risultato finale, se voi continuate a versare soldi nel vostro portafoglio (e lo stesso succede, a regole invertite, se togliete soldi).

Quindi, se avete appena iniziato ad investire, il vostro sogno oggi dovrebbe essere che per i prossimi 15 anni il mercato vada malissimo e che invece nei 15 anni successivi vada benissimo, invece che il contrario.

Facciamo un altro esempio semplificato un po’ estremo.

Diciamo che per i prossimi 15 anni il mercato fa appunto -10% tutti gli anni, na tragedia.

Però poi nei 15 anni successivi fa +10% tutti gli anni.

Voi investite sempre 10.000 € all’anno.

Cosa viene fuori?

Succede che arrivate ad avere 650.000 €.

Se invece invertiamo e facciamo i primi 15 anni positivi e i successivi 15 negativi, il risultato finale sarà 150.000 €, anche se il mercato avrebbe fatto in media aritmetica la stessa performance.

Pertanto, amici miei, mi spiace dirvelo, ma sta cosa va proprio a culo.

Poi c’è da dire che uno scenario in cui il mercato va bene per 15 anni di fila e poi va male per 15 anni di fila è estremamente improbabile.

Però è importante sapere che l’ordine può davvero avere un impatto impressionante sul rendimento finale se noi contribuiamo periodicamente nel nostro portafoglio.

Se prediamo per esempio il trentennio 1972-2002 e il trentennio 1993-2023, il rendimento medio annuo del mercato americano è molto simile, poco più del 10% in entrambi i casi.

Me se noi avessimo investito 10.000 nel primo trentennio contro appena, si fa per dire, 1.800.000 $ nel secondo.

Come ci siamo bruciati questo milione di dollari se il mercato ha avuto più o meno lo stesso rendimento medio?

Eh ce lo siamo bruciati per il fatto che dal 1972 a metà degli anni ’80 il mercato è stato una merda e poi ha avuto il suo quindicennio più glorioso di sempre.

E tra l’altro nel 2000-2002 c’è stata la internet bubble e quel povero investitore che era arrivato a oltre 4 milioni e mezzo a inizio 2000 ha lasciato per strada quasi 2 milioni di euro in due anni.

Così impari a investire 100% azionario.

Però comunque gli è andata bene lo stesso.

Quell’altro, però, che invece che iniziare nel 72 ha iniziato nel 93, si è beccato all’inizio 7 anni abbondanti tra i più performanti della storia degli Stati Uniti.

Gli anni dal 95 al 99 sono stati infatti tra i migliori di sempre.

Poi però sbaaam, decennio perduto e solo dal 2010 le cose hanno cominciato a rimettersi in piedi.

Quindi sì.

L’ordine conta.

Mi spiace.

Fatevene una ragione, perché per quanto possiamo star qua a dire quanto fanno in media i mercati, che faranno l’anno prossimo, meglio Stati Uniti o Emergenti, capital weighted o equal weighted, o quel che va pare, c’è questa imprescindibile componente di culo sulla quale ci potete fare ben poco.

Se vi beccate un decennio negativo prima e un decennio positivo dopo, a parità di condizioni è meglio che il contrario.

Purtroppo non possiamo scegliere in che decennio trovarci.

Poi è chiaro che più si va avanti, meno questa cosa impatta.

Quando hai 10.000 € di portafoglio e ogni anno aggiungi altri 10.000 € la sequenza fa tutta la differenza.

Quando hai 1.000.000 di portafoglio e aggiungi altri 10.000 €, in questo caso la sequenza incide molto meno perché la parte che aggiungi è piccolissima rispetto al totale.

Ora, torniamo al punto di partenza dell’episodio.

L’idea di base era: come prepararsi alla prossima crisi.

Beh, la preparazione direi che è fatta di una serie di aspetti.

ASPETTO PSICOLOGICO: ripetete ogni giorno ad alta voce “una volta ogni 3 anni il mercato ha una correzione e circa ogni 6-7 un severo bear market. Tutto ciò è normale, anzi forse pure meglio soprattutto se mi succede all’inizio del percorso di investimento.

Quindi se nei prossimi mesi, grazie a The Bull o per colpa di The Bull — a seconda di come la vedete — cominciate a perdere soldi, bene non prendentevela con me perché è mezz’ora che vi sto dicendo che ste cose succedono e che forse forse sarebbe pure meglio che accadessero il prima possibile.

ASPETTO FINANZIARIO: purtroppo non è che ci sono grandi strategie da mettere in atto. Come sapete, tenersi lì i soldi e aspettare la prossima correzione per investire non è una buona idea perché, statisticamente, sul lungo termine i vostri risultati saranno comunque inferiori che non investendo periodicamente, anche se avrete l’impressione di aver fregato il mercato.

No, sarà lui ad aver fregato voi.

Come sempre.

L’unica cosa che potete fare, come detto tante volte, è mettere il prima possibile la maggior quantità di soldi possibile e tenerli investiti per il maggior tempo possibile, all’interno di un portafoglio che rispecchi correttamente il vostro orizzonte temporale e la vostra propensione al rischio.

Se sapete che una volta ogni 6-7 anni la parte azionaria del vostro portafoglio può fare anche -50%, provate a immaginarvi lo scenario, come impatterebbe sulla vostra vita e sulla vostra serenità e quindi impacchettate l’asset allocation di conseguenza.

[spoiler alert: se avete fatto le cose per bene, l’impatto di un -50% della vostra componente azionaria sulla vostra vita e sulla vostra serenità dovrebbe essere ZERO! Se così non è, riascoltarsi The Bull dall’episodio 1 perché vi siete persi qualcosa].

Al di là di questo, comunque, diciamolo: ok c’è il rischio di sequenza, ok ci sono i bear market, ok tutto. Ma se fino ad oggi il rischio peggiore sarebbe stato raggiungere 1 milione in 30 anni invece di 2 milioni, e va beh, ce ne faremo una ragione, nella vita c’è di peggio…

Se però investite tanto risparmio, vuol dire che tutta la vostra vita sarà orientata a risparmiare il più possibile e a guadagnare il più possibile.

Soprattutto questa costante attitudine al continuo miglioramento delle vostre finanze farà la sua fottuta differenza sul risultato finale.

E poi c’è l’ASPETTO PIANIFICAZIONE: come si dice spesso “risparmia come un pessimista e investi come un ottimista”.

Cosa significa?

Significa avere sempre sotto controllo gli obiettivi nelle varie fasi della vostra vita e assicurarsi che ci sia sempre la liquidità necessaria per farvi fronte.

Liquidità non vuol dire solo soldi sul conto e fondo di emergenza.

Liquidità è tutta la parte investita a breve-medio termine nel portafoglio.

Come vi dicevo la volta scorsa, fatevi un po’ due conti e stimate da qui ai prossimi 2, 5, 8 e 10 anni quanti soldi dovreste trovarvi investiti sulla parte meno volatile del portafoglio, ossia quella obbligazionaria a breve e media scadenza.

E magari siate conservativi su questa parte.

E conservativi può voler dire sia aumentare la parte obbligazionaria se pensate che possa non tutelarvi a sufficienza, sia aumentare semplicemente il risparmio che investite, per raggiungere in valore assoluto dei capitali che vi fanno stare più tranquilli.

Concludiamo infine con l’ultimo aspetto di come prepararsi alla prossima crisi.

L’ASPETTO CONOSCENZA: niente come la conoscenza e la consapevolezza vi permetteranno di gestire al meglio qualunque situazione vi troverete a fronteggiare.

Quindi.
Oltre ad ascoltare questo podcast per sentire quattro cose di finanza e tutte le pirlate che dice il suo autore, soprattutto leggete, leggete, leggete e questo farà tutta la differenza

E se avete poco tempo e volete farvi una scorpacciata di libri, partendo dal riassunto dei loro concetti fondamentali, negli shownote dell’episodio trovate un link per abbonarvi a 4books a 69,99 € all’anno anziché 99,99, così avrete accesso illimitato a migliaia di saggi su qualunque argomento possa venirvi in mente da assimilare 15 minuti alla volta.

Vi ricordo che questo contenuto è stato sponsorizzato da 4books e che su usate il link voi vi beccate lo sconto e chi vi sta parlando una commissione.

Se questa cosa non vi piace, andate sul sito di 4books e fatto tutto da lì.

Care amiche e care amici di questo podcast, siamo infin giunti al termine anche di questo 87° episodio e grazie come sempre per essere sempre qui, sempre di più, sempre più affezionati e sempre più bramosi di capire cose date che ormai ricevo centinaia di messaggi ogni settimana sugli argomenti più disparati sul profilo instagram thebull_finance e su LinkedIn.

Come da prassi a questo punto arrivati, vi invito a mettere segui e attivare le notifiche su Spotify, Apple Podcast o dove preferite e a lasciare una recensione a 5 stelle per supportarci e permetterci di continuare a produrre contenuti che tra correzioni ed orsi vi raccontano la storia di tutte le crisi passate, presenti e future e che vi fanno capire che tutto sommato una crisi ogni tanto non è poi così male sempre nuovi.

Per questo episodio invece è davvero tutto e noi ci ritroviamo mercoledì prossimo con Nicola Protasoni a parlare di mercati rotti e di ETF, sempre qui, naturalmente, con The Bull, il tuo podcast di finanza personale.

Recensioni

Quando capisci come funziona la finanza… ti viene voglia di raccontarla!

Riccardo mi ha letteralmente cambiato la vita e fatto scoprire che amo la finanza, ho ascoltato il podcast già due volte e non mi stufo mai di ascoltarlo, parla in modo semplice e chiaro

Massimo D., 23 Set 2025

Non sono solito a mettere recensioni e specialmente non ascolto podcast, ma da quando ho iniziato questo, faccio fatica a staccarmi, e quasi non posso più fare a meno di ascoltare e arricchirmi culturalmente.

Andrea V., 22 Set 2025

Veramente interessante, chiaro e conciso. Cambia la vita finanziaria di chiunque.. da ascoltare assolutamente anche per chi di finanza non vuole occuparsi mai

Francesca B., 6 Apr 2024

Ho acquistato e letto il suo libro e l' ho trovato. Esprime i concetti economici in modo semplice e chiaro. Sentirlo parlare conferma che è un professionista del settore.

Giulia N., 11 Ago 2025

Dovrebbero ascoltarlo buona parte degli italiani e io avrei dovuto scoprirlo con qualche anno in anticipo ma meglio tardi che mai

Matteo C., 3 Set 2025

Veramente veramente raccomandato! la finanza personale riassunta alla perfezione! e spiegata partendo dall'ABC! Ottimo anche da ascoltare a velocita 1,5x!

Giorgia R., 23 Gen 2025

Podcast che dà sempre spunti interessanti che personalmente mi ha fatto appassionare alla finanza personale spingendomi ad approfondire in prima persona.

Lorenzo, 13 Mar 2025

Podcast piacevole, scorre veloce ma in modo estremamente chiaro, spiega i concetti chiave per gestire le proprie finanze, fornendo la classica cassetta degli attrezzi. Complimenti, davvero ben fatto!

Massimiliano, 29 Mag 2024

Da quando l'ho scoperto in 15 gg mi sono ascoltato 150 puntate senza fermarmi, ho annullato gli altri podcast per portarmi alla pari ed ascoltare tutte le precedenti puntate, ben fatto, esattamente il livello di informazione che mi serviva

Gianluca G., 11 Set 2025
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