Cosa è successo a Marzo sui Mercati + Q&A
Tradizionale appuntamento mensile con il resoconto dei mercati, alla chiusura di un primo trimestre da incorniciare soprattutto per l'ambito azionario, con l'S&P 500 al miglior primo quarter dal 2019 e a sorpresa il nostro FTSE MIB top performer tra i mercati più sviluppati. A seguire breve sessione di domande e risposte dedicate a: 1) Ha senso avere sia un ETF sull'S&P 500 che uno sull'MSCI World in portafoglio? 2) E' il momento di aumentare la duration delle obbligazioni in vista di un prossimo taglio dei tassi di interesse? 3) Può essere una buona idea prendere denaro in prestito usando il portafoglio come garanzia?

Risorse
Punti Chiave
I mercati hanno avuto un Q1 2024 strepitoso, spinti dall'ottimismo sui tagli dei tassi.
Tuttavia, persistenze nell'inflazione e rischi macroeconomici globali (debito USA, geopolitica, demografia) restano minacce latenti.
Si consiglia cautela nelle strategie tattiche e nell'uso della leva.
Trascrizione Episodio
Bentornati a THE BULL – Il tuo podcast di finanza personale
È finalmente giunta la primavera, care amiche e cari amici di questo entusiasmante podcast dedicato alla scoperta della nostra ricchezza interiore.
E non intendo quelle robe alla Walt Disney tipo, la cosa più importante è la ricchezza dell’animo e non la ricchezza materiale!
No No
Intendo proprio la grana!
I sordi!
Il mezzo più importante di tutti per costruirci la vita che più ci piace.
Ed è la nostra ricchezza interiore perché, come dire, in qualche modo ciascuno di voi che mi sta ascoltando (e soprattutto chi non mi sta ascoltando) in qualche modo è già ricco e non lo sa.
Lo scopo di questo podcast è esattamente quello di trasformare in Atto, ossia in ricchezza reale, ciò che oggi tutti abbiamo in Potenza, ossa la ricchezza potenziale.
(così siamo riusciti a ficcare in un podcast di finanza personale persino il buon Aristotele).
In fondo chiunque abbia un reddito è potenzialmente ricco.
O comunque potenzialmente più ricco di quanto avrebbe mai pensato di essere.
Risparmiare, ottimizzare le spese, aumentare i guadagni, investire passivamente per sfruttare l’effetto composto dei rendimenti finanziari, la pensione complementare e tutto il resto rappresentano la procedura da seguire — semplice benché non facile — per trasformare la nostra ricchezza potenziale in una reale vita finanziariamente libera.
Arrivati ormai alla fine anche di questo mese, all’esordio della Primavera e in concomitanza della Pasqua anticipatissima di quest’anno per via di come si è messa la Luna nel suo consueto giro intorno alla Terra, sembra proprio che i mercati facciano di tutto per accompagnare con buone notizie le cose che stiamo raccontando qua da quasi un anno.
Questo è infatti il tradizionale episodio dedicato a come sono andati i mercati nel mese di Marzo, nel quale parleremo dei fatti più rilevanti e di come sono andati i principali indici e poi dedicheremo la seconda parte della nostra amabile chiacchierata a rispondere a tre domande che ho selezionato tra le centinaia che ho ricevuto di recente.
Tra l’altro — nota di servizio — abbiate pazienza se ci metto un po’ rispondere, come molti di voi noteranno dall’orario a cui vi scrivo è sempre una lotta contro il tempo.
Abbiate fede, non lascerò i vostri messaggi sospesi per più di una settimana.
E se dovesse essere successo, beh, vuol dire che mi sono perso il messaggio quindi rimandatemelo.
Detto questo, vediamo che è successo a Marzo.
Beh, c’è da dire che è stato un mese abbastanza tranquillo.
Easy.
Senza stress.
In cui i mercati hanno seguito la loro bella e serena crescita.
Fosse così sempre, investire sarebbe la cosa più facile del mondo.
Il problema però è che se fosse davvero SEMPRE così, allora fondamentalmente non esisterebbe più il rischio connesso all’investimento.
E come sapete bene, senza rischio non c’è ……… ESATTO! Senza rischio non c’è rendimento — eh si vede che avete ascoltato 92 episodi e ormai siete dei PRO!
Quindi bello che sta andando su qualunque cosa in questo momento ma la parte più recondita del mio cuore in fondo spera che ad un certo punto succeda qualcosa di negativo, altrimenti un mercato che cresce e basta finisce per appiattire il premio al rischio e poi alla mia ricchissima pensione anticipata chi provvede più?
Faccio 38 anni dopodomani, me ne do al massimo altri 12, poi da quando metto il 5 davanti non ne voglio più sapere di fare un cazzo di niente che non sia cose che davvero vorrò fare ogni singolo giorno.
Andrà realmente così?
Ne parleremo intorno nell’episodio 1214, portate solo giusto un po’ di pazienza.
“Ma hai finito di dire cazzate? Ma vuoi dire come sono andati i mercati o no?”
Ahhh, che palle, ma non è successo praticamente niente!
Va beh.
Allora veniamo ai fatti salienti.
Come sapete ogni mese è scandito tendenzialmente da un paio di dati macroeconomici, che riguardano l’occupazione del mese prima e l’inflazione.
Con modalità diverse, tutti gli stati del mondo producono questi dati, ma come sempre gli unici che contano sono … indovinate un po’? eh sì, quelli degli Stati Uniti.
Per strano che possa sembrare, il fatto che Walmart assuma più o meno gente a Houston o Chicago ha un impatto sul nostro portafoglio più che l’intero andamento dell’economia italiana.
Questo mese in realtà il grande atteso era però proprio il dato sull’inflazione, perché dopo il leggero aumento di Gennaio, i dati di Febbraio erano un po’ il test per capire a che punto siamo con questo scontro epico con il nemico pubblico numero uno, l’inflazione appunto, per tutto ciò che essa comporta sulla decisione delle banche centrali, sui tassi di interessi e le solite robe.
Comunque sia, il dato è stato più alto del previsto, 3,2% contro 3,1%.
Solo leggermente di più delle attese.
Ma di solito quando i mercati si aspettano una cosa e poi ne succede un’altra la prendono sempre malissimo.
Dato che tutto il rally che sta durando da novembre ad oggi si è basato in larga parte sull’aspettativa del corposo taglio dei tassi di interesse delle Fed — corposo almeno secondo Wall Street, la Fed non ha mai dato un solo motivo di credere che tanto ottimismo fosse giustificato — dicevo tutto sto rally si basava sull’idea che l’inflazione fosse ormai sconfitta e che quindi nel 2024 sarebbero stati tagliati di parecchio i tassi di interesse, quindi uno si aspetterebbe che un’inflazione che si sta mostrando ancora “sticky”, appiccicosa come dicono in America, e che non ne vuole sapere di tornare al 2%, avrebbe fatto crollare i mercati.
Invece?
Invece ma manco per niente!
Con marzo si è chiuso un primo trimestre strepitoso per i mercati, il migliore per l’S&P 500 dal 2019.
Un po’ perché le dichiarazioni della Federal Reserve e il dot plot report, che è un report che fa il comitato che decide i tassi di interesse e in cui i membri appunto fanno dei puntini e stimano quali saranno i tassi di interesse nei prossimi 2-3 anni, hanno comunque rassicurato i mercati, lasciando intendere che anche se l’inflazione sembra appiccicosa, comunque la strada è quella giusta e i tre tagli da 0,25 punti percentuali ciascuno da qua a fine anno dovrebbero esserci.
Oltre a questo, comunque, continuano ad esserci tutta una serie di dati molto forti sull’economia americana e perlomeno stabili sull’economia europea — nel senso che qui da noi la crescita è quasi piatta, ma almeno non siamo in recessione — e in ultima istanza questo sta alimentando il grosso dell’ottimismo e il forte appetito al rischio che sta spingendo verso l’alto praticamente qualunque asset class tranne le obbligazioni.
Come ha detto Ben Carlson nell’episodio di questa settimana di Animal Spirits, è come se stessimo vivendo i “ruggenti anni ’20” di questo secolo, così come ruggenti erano stati gli anni ’20 del 900.
Anche in quel decennio c’era stata una crescita impressionante del mercato, alimentata in particolare dalla grande rivoluzione tecnologica che aveva portato in America l’automobile, l’aeroplano, la radio, la tv, il frigorifero, le catene di montaggio e così via.
Certo, poi tutto è finito con la peggiore crisi di tutti i tempi che è stata quella del ’29, quindi speriamo che stavolta l’esito sia un po’ diverso, però ad oggi effettivamente sembra di trovarci in quello che gli americani chiamano “Goldilock scenario”, cioè uno scenario Riccioli D’Oro, dalla nota fiaba omonima.
Uno scenario in cui tutto sembra troppo bello per essere vero, soprattutto negli Stati Uniti.
Pensateci:
– Ricchezza personale ai massimi storici;
– Mercato azionario ai massimi storici;
– Prezzi delle case ai massimi storici;
– Attività economica ai massimi storici;
– Occupazione ai massimi storici.
In più aggiungiamo il fatto che se uno non vuole rischiare troppo, oggi può mettere i soldi in depositi o obbligazioni praticamente senza rischio e portarsi a casa il 4% lordo come ridere e in più stiamo andando in una direzione in cui le Banche Centrali hanno amplissimi margini per tagliare i tassi di interesse e quindi sostenere questa situazione in cui tutto è positivo.
Avessimo i tassi a zero, al minimo problema non ci sarebbe molto da fare in termini di politica monetaria.
Con i tassi invece tra il 4,5 e il 5,5% in Europa e Stati Uniti, obiettivamente le banche centrali hanno un grosso jolly da giocarsi in caso di rallentamento economico, un’opportunità che dal 2008 al 2021 praticamente non avevano più avuto.
E un’economia che continua a tenere globalmente nonostante tassi così alti dopo 15 anni di tassi a zero, francamente è una cosa su cui nessuno avrebbe scommesso un centesimo fino a poco tempo fa.
Questo ovviamente non vuole dire che non ci possano essere minacce all’orizzonte, anzi.
La catastrofe è sempre dietro l’angolo.
Come setup standard nella nostra vita da investitori, partiamo dal presupposto che la prossima crisi accadrà con certezza, semplicemente non sappiamo quando. Ma presto o tardi, ci troveremo più e più volte a dover fare i conti con scenari complessi che ad oggi neanche ci immaginiamo.
Se dovessi tirare ad indovinare qualche potenziale minaccia a medio-lungo termine sarei portato a vedere queste:
– UNO: gli Stati Uniti stanno crescendo in maniera inattesa e la loro economia scoppia di salute. Ma è anche una crescita alimentata dagli enormi sussidi messi in campo da Biden per sostenere le famiglie dopo il covid e per incentivare la reindustrializzazione del paese in questa nuova epoca di de-globalizzazione. Questo ha fatto sì che ad oggi gli Stati Uniti abbiano un deficit di bilancio del 7%, ossia spendono il 7% in più di quel che producono ogni anno (e per la cronaca nell’Unione Europea abbiamo sempre avuto il vincolo massimo al 3%, sforato solo negli ultimi anni per via del Covid), e un debito pubblico di 34 mila miliardi di dollari, equivalenti al 124% del suo immenso prodotto interno lordo.
E il problema è che continua a crescere anche solo per la necessità di ripagare interessi così alti che ci sono oggi sui titoli di Stato.
Evidentemente, questa cosa alla lunga non sarà sostenibile e se dovesse esserci tensione sulla stabilità del debito americano, dato che i Titoli di Stato degli Stati Uniti sono considerati per definizione l’asset più liquido e sicuro del mondo, questa cosa potrebbe scatenare un armageddon finanziario.
D’altra parte, se il prossimo presidente degli Stati Uniti dovrà intervenire per mettere un freno alla crescita del debito, l’altro rischio è che manovre come aumento delle tasse, riduzione della spesa interna e roba simile possano venir prese molto male dai mercati e infliggere comunque dei danni all’economia.
Vedremo.
– L’altra grande minaccia è ovviamente geopolitica.
La guerra in Ucraina è tutt’altro che in una fase conclusiva, anzi Putin ha appena rivinto le sue democraticissime elezioni e sulla guerra in Ucraina si sta giocando tutta la sua forza interna.
Dall’altra parte c’è sempre il gigante cinese, che ora è un po’ che se sta buono perché preso dai suoi mille problemi economici interni, ma che comunque è sempre lì a ordire trame internazionali per destabilizzare l’ordine occidentale e creare un secondo mondo alternativo e indipendente da quello capeggiato dagli Stati Uniti.
– La terza minaccia, più a lungo termine, ma non così lungo, è chiaramente quella climatica, dato che non c’è ancora alcuna evidenza di un reale sforzo dai grandi inquinatori del mondo, Stati Uniti e Cina su tutti, volto a invertire il tragico corso che il riscaldamento globale ha intrapreso da un pezzo, con tutte le devastanti conseguenze che ciò comporta e che solo in parte riusciamo oggi a prevedere.
– La quarta minaccia, ancora più a lungo termine, è quella demografica e questa riguarda soprattutto i grandi paesi sviluppati del G7 (noi in primis). Lo scarsissimo tasso di Natalità è forse la minaccia più grave alla crescita economica del futuro. Questa cosa è tanto banale quanto fondamentale.
Se in futuro ci saranno più vecchi che giovani, è scontato che le nostre prosperose economie possano andare incontro ad una grave involuzione.
Negli Stati Uniti in realtà c’è ancora una discreta tendenza a fare figli, mentre in paesi come Italia e Giappone la situazione è già drammatica ad oggi.
Adesso, questo non è il posto giusto per affrontare l’argomento, che richiederebbe trattazioni complesse e non esenti da possibili derive politiche, etiche, religiose e via dicendo.
Dal punto di vista strettamente economico, comunque, teniamo conto che la bassa natalità dei paesi sviluppati rappresenta una potenziale fortissima minaccia a lungo termine che può compromettere il nostro storico vantaggio competitivo rispetto al resto del mondo.
Dopo questa ventata di allegria, vediamo come di consueto come sono andati gli indici, almeno ci tiriamo su un po’ visto che tutto, ma veramente tutto, sta andando incredibilmente bene.
Come sempre, ci riferiamo agli ETF europei che tracciano gli indici, perché sticazzi di cosa hanno fatto nelle loro valute dato a che a noi interessano solo gli EURI che ci entrano nelle tasche!
Allora:
– S&P 500: +3,7% a Marzo, che fa un bel +12,9% da inizio anno, anche grazie al fatto che il cambio euro/dollaro in questo 2024 ci sta dicendo bene;
– MSCI World: +3,8% a Marzo e siamo così a +11,5% da inizio 2024;
– Stoxx 600 sugli scudi! +4,4% questo mese e quasi +8% da inizio anno;
– La sua controparte tutta in Euro, l’Eurostoxx 50, ci ha regalato un bel 4,5% a Marzo per un complessivo 13,1% da gennaio ad oggi, quindi attenzione che l’area Euro, zitta zitta, quatta quatta, ha messo dietro i campioni del mondo americani;
– E dato che parlo sempre male delle vicende di casa nostra, per una volta però diamo a Cesare quel che è di Cesare! Dopo l’ottimo 2023, anche quest’anno il FTSE MIB corre che un piacere! +6,6% a Marzo e addirittura +15% da inizio anno, trascinata soprattutto dall’ottima performance delle Banche (in particolare Intesa e Unicredit), da Leonardo (che da quando è scoppiata la guerra in Ucraina ha cominciato a decollare) e dall’auto, con Stellantis e Ferrari che hanno fatto rispettivamente il +25 e il +30% da inizio anno.
Che dire? Grande sorpresa del nostro mercato azionario.
E tra l’altro comincia a non essere nemmeno più una sorpresa, perché ridendo e scherzando negli ultimi 3 anni il FTSE MIB ha fatto addirittura meglio dell’S&P 500, +60% contro +50% (sempre se prendiamo i dati in Euro).
Sarà mica il momento di metterlo in portafoglio?
Scherzo!
Mai ragionare in questo modo!
Mai investire in qualcosa perché sta andando bene!
– Lasciamo invece l’Europa e andiamo in Giappone, con l’MSCI Japan che a Marzo, in Euro, è su del 4%, mentre da inizio anno è su del 12,3%.
Tra l’altro dopo il tanto agognato ritorno del mercato nipponico ai massimi dal 1989, altro momento storico in Giappone con la fine dell’era dei tassi negativi, con la Bank of Japan che dopo 8 anni riporta i tassi di interesse a breve termine allo 0%.
I tassi molto bassi hanno permesso di avere uno Yen debole che probabilmente ha favorito le esportazioni e alimentato la corsa del mercato Giapponese (nonostante la sua economia sia tecnicamente in recessione).
D’altra parte adesso un eventuale rialzo dei tassi giapponesi potrebbe rafforzare lo Yen e far crescere il valore di chi ha investito sul Giappone in Euro o in Dollari.
La minaccia qui è che un eccessivo rialzo dei tassi di interesse potrebbe creare un grosso problema ai titoli stato Americani, perché il Giappone è diventato il primo creditore estero degli Stati Uniti. Se però i tassi salgono e le obbligazioni Giapponesi cominciano ad offrire rendimenti più alti, ciò potrebbe portare molti Giapponesi a dismettere gli investimenti in Treasury per comprare titoli domestici, innescando potenzialmente un sell-off, ossia una vendita sistematica di bond governativi americani facendone crollare i prezzi (e quindi impennare i rendimenti, cosa che creerebbe ulteriori problemi al debito americano per i motivi detti prima).
Vedremo.
– Mercati Emergenti: un po’ meglio del solito, +2,6% a Marzo, ma ancora in difficoltà da inizio anno, appena +4,6%.
Per colpa di chi?
Eh indovinate un po’…
La Cina ovviamente! Se prendiamo l’MSCI China ha fatto meno del +3% a marzo e siamo praticamente flat da inizio anno.
Tra tutti i grandi mercati del mondo, la Cina è l’unica che continua a soffrire questo lungo stillicidio che ormai prosegue dal 2018 e ha visto scappare triliardi di dollari di investimenti esteri negli ultimi anni, che stanno pesantemente impattando le sue capacità di ripresa, assieme ovviamente a tutti i problemi interni che hanno sul fronte immobiliare, i bassi consumi e così via.
Passiamo invece al fronte obbligazionario, che è la parte più noiosa dell’episodio perché … beh perché non c’è molto da dire.
In pratica rispetto all’inizio dell’anno, in cui il mercato si era immaginato 6 tagli dei tassi di interesse nel corso del 2024 e aveva fatto salire i prezzi di tutto l’obbligazionario (facendo naturalmente crollare i rendimenti), oggi i dati più cauti sull’andamento dell’inflazione hanno raffreddato gli animi e in pratica con un po’ di saliscendi tutto l’obbligazionario mondiale è in leggera flessione rispetto a dove si trovava a Gennaio
– Diciamo che sull’obbligazionario governativo europeo a media scadenza siamo intorno ad un +1,4% a marzo, che fa un -0,5% totale da inizio anno, così come sui
– Treasury Americani, +1,2% a marzo e +1,1% da inizio anno, più per effetto del cambio euro/dollaro favorevole da questa parte.
– Gli High Yield corporate invece sono più correlati al buon momento del mercato azionario e sono su di circa l’1% a marzo, per un totale di circa 2,5% da inizio anno.
Chiudiamo come di consueto con le cosiddette riserve di valore.
– L’oro continua la sua inarrestabile cavalcata ed è ormai arrivato ai 2.254 $ l’oncia e tutto la sua crescita del 2024 si è praticamente concentrata a marzo, dove ha registrato un +9%.
Tra l’altro colgo l’occasione per correggere una delle due minchiate, fortunatamente non in ambito finanziario, che ho detto un paio di episodi fa ossia che l’oncia corrisponde a circa 28 grammi, che è vero, ma quella che si usa per l’oro è l’oncia cosiddetta troy, e corrisponde a 31,10 grammi.
Ringrazio il pignolazzo di turno, come si è autodefinito in onore dei meticolosi seguaci del prof. Coletti, che mi ha fatto notare la cosa.
L’altra minchiata che avevo detto è che l’ettaro non rientra nel sistema metrico decimale, confondendolo invece con l’acro, che è un altro bizzarro metodo di misura delle superfici del sistema imperiale britannico.
Chiedo venia.
Ultimo asset della rassegna, invece, abbiamo il
– Bitcoin! che ha macinato un altro +13% a Marzo collezionando così un complessivo +57% da inizio anno, per un attimo sfondando il tetto dei 70.000 dollari per poi posizionarsi poco sotto.
Volete rosicare?
10.000 dollari investiti in Bitcoin a inizio gennaio 2023 oggi sarebbero 40.000 circa.
Eh mi spiace.
Andata…
Come sempre, però, se pensate che un domani Bitcoin arriverà a 1 milione, oggi 70.000 dollari sono ancora briciole.
Come sapete io non ci investo ma questo non è affatto un buon motivo per cui non si debba investire in bitcoin.
Se ci credete e gli assegnate la giusta quota in portafoglio, allora può avere perfettamente senso.
Bene, fatto il solito recap di come sono andate le cose in questo primo straordinario quarter del 2024.
Vi ricordo che a inizio anno prendevo per il culo le stime delle principali banche di Wall Street che al massimo, con Goldman Sachs, avevano settato il target price dell’S&P 500 a fine anno a 5.100 punti.
Io allora avevo sparato un 5.200 e poi Goldman, dopo aver ascoltato The Bull, ha cambiato e ha alzato anche lei la previsione a 5.200.
Oggi siamo già a 5.254, quindi finisse oggi l’anno avrei battuto tutte le più grandi banche d’affari del mondo.
L’anno però è ancora lungo e l’S&P potrebbe benissimo sfondare i 6.000 oppure sprofondare a 4.200, come pronosticato da quegli uccellacci del malaugurio di JP Morgan.
Se me lo chiedeste, comunque, sempre per giocare a questo inutile gioco delle previsioni, io manterrei lo stesso 5.200 come risultato di fine anno ed essendo sia il partecipante che il giudice, mi autoattribuirò la vittoria della scommessa anche se l’indice il 31 dicembre sarà a 5.299.
Come sapete, comunque, il fatto che oggi sia già a 5.254 non significa niente.
I guadagni accumulati possono sparire, puff!, in un attimo.
Tengo quindi ferma la mia previsione per lo stesso motivo per cui l’avevo espressa a inizio gennaio.
L’anno successivo ad un anno di recupero, come è il 2024 rispetto al 2023, tende ad avere una performance media dell’11%.
Siccome avevamo chiuso il 2024 a 4.742, più o meno già ci siamo.
Però la strada è lunga.
Il mercato corre ininterrottamente da ottobre, ce ne sono di cose che possono capitare da qui a fine anno!
E poi ricordiamoci sempre che a novembre ci sono le elezioni.
Biden contro Trump il ritorno — la sfida finale.
Immaginando il probabile esito delle elezioni, a meno che a sorpresa Biden non rivinca con un buon margine (cosa molto improbabile ad oggi), Dio solo sa come potranno reagire i mercati alle prime parole da neopresidente dell’imprevedibile Tycoon Newyorkese.
Tra l’altro.
Su Trump si può dire veramente di tutto ed è forse il candidato più inquietante che mai si sarà presentato a ricoprire la posizione di potere più importante al mondo.
Però come businessman è veramente un drago e forse ha tirato fuori dal cilindro una giocata pazzesca.
Ve la faccio breve.
Di recente è stato condannato a pagare oltre 450 milioni di dollari (poi ridotti a 170 se non ricordo male) per un falso in bilancio delle sue società.
Nessuna banca gli ha concesso un prestito del genere e quindi se la stava vedendo davvero brutta.
Poi cosa è successo?
Attraverso Digital World Acquisition, una Special Purpose Acquisition Company, meglio nota come SPAC ossia una società creata ad hoc per raccogliere capitali sul mercato e poi fondersi con una società non quotata con l’obiettivo di portarla in borsa, quel social media sgangherato chiamato Truth che Trump aveva fondato dopo esser stato espulso dall’allora Twitter per dire liberamente le sue cagate — prima dell’arrivo di Musk — si è quotato in borsa la scorsa settimana con una valutazione record di oltre 8,5 miliardi.
Dato che Trump possiede oltre il 70% delle azioni, in pratica si è trovato di punto in bianco ad avere oltre 5 miliardi di dollari in più di patrimonio.
Questo perché?
Per il fenomeno meme stock, come era successo a Gamestop durante la follia del 2021.
In pratica molti sostenitori di Trump hanno comprato le azioni della SPAC, facendola schizzare alle stelle senza motivo, se non appunto per sostenere il loro folle e visionario eroe candidato alla presidenza.
Attenzione: 8,5 miliardi di dollari di capitalizzazione per una società che in quasi tre anni ha fatturato circa 6 milioni di dollari.
Milioni, sì, non miliardi.
Cioè questa società non vale niente.
Niente!
Eppure è andata su all’inverosimile.
Ora, non è che Trump questi 5 miliardi ce li ha sul conto in banca.
Sono 5 miliardi teorici.
Per trasformarli in cash e pagarsi i suoi guai ha fondamentalmente tre strade:
– STRADA UNO: vendere le azioni.
Però è più una strada teorica che pratica. Se possiedi quasi 3/4 delle azioni della società, non puoi venderle in blocco ma neanche venderne una parte consistente perché il prezzo automaticamente crollerebbe e inoltre manderesti in fumo in un attimo tutti gli investimenti delle persone che hanno messo soldi in questa merda per sostenere il candidato presidente.
Inoltre anche la SEC, l’autorità di regolamentazione della borsa americana, avrebbe qualcosa da ridire.
– STRADA DUE: potrebbe prendere in prestito qualche centinaio di milioni giusto per pagarsi la multina che gli hanno comminato, però deve prima trovare una banca abbastanza folle da prendere come collaterale le azioni di una società che non fattura praticamente niente, perde soldi e in questo momento ha un valore gonfiato come una mongolfiera.
– STRADA TRE: potrebbe vendere alcune sue proprietà alla società utilizzando i circa 300 milioni di dollari che la società ha in cassa a seguito della fusione con la SPAC. Oppure potrebbe chiedere a Truth una mostruosa fee per utilizzare il nome di Trump.
Ovviamente sarebbero delle mezze porcate, tecnicamente non illegali, anche se il Delaware, lo stato in cui è incorporata Truth, non è che sarebbe proprio d’accordo, mentre magari spostando in Texas la baracca lì si sa che le leggi sono più allegre.
Insomma, in qualche modo farà.
Cmq ironico avere 5 miliardi di dollari e non poterli toccare.
Ovviamente le tre strade prospettate sopra non sono state una mia intuizione, le ho prese da un articolo del Wall Street Journal, cazzo ne so io delle leggi in Delaware del resto…
Bene, così sapete anche perché Trump comunque potrebbe trovarsi improvvisamente multimiliardario.
Ora, come sempre mi sono bruciato un sacco di tempo cincischiando in cazzate, ma vediamo di rispondere velocemente a 3 domande che ho ricevuto con una certa frequenza ultimamente.
A due posso rispondere abbastanza in breve, la terza è un po’ più lunga ma cerchiamo di farcela.
DOMANDA UNO: in tanti mi state chiedendo pareri sui vostri portafogli che, come sapete, non vi posso dare, quindi rispondo qua in generale senza che questo sia un consiglio di investimento per nessuno.
Molti di voi hanno questi portafogli di ETF con tipo, che ne so,:
30% S&P 500, 30% MSCI World e poi altra roba come emergenti, obbligazioni, oro e così via.
Il discorso riguarda avere sia S&P che MSCI world nel portafoglio in questo modo.
Ricordatevi che l’MSCI World è per il 70% S&P 500.
Quindi se vuoi prendete l’azionario globale E l’S&P 500, praticamente avete solo Stati Uniti.
A sto punto vi restano veramente le briciole sugli altri paesi.
Ora, non è affatto detto che questa sia una cosa sbagliata, però dipende da quanto volete pesare gli Stati Uniti nel portafoglio.
Se volete una percentuale di Stati Uniti intorno al 70%, l’MSCI World lo prevede già, quindi avere anche un ETF sugli Stati Uniti può diventare ridondante.
Se invece volete avere un’altissima esposizione sugli Stati Uniti, allora chiedetevi a quel punto se serve avere anche un ETF globale, per avere fuori dagli Stati Uniti solo una porzione minuscola e probabilmente irrilevante del portafoglio.
Ha senso invece averli entrambi se, insieme ad altri etf regionali, volete catturare l’esposizione a paesi come Giappone, Canada, Australia e così via senza comprare singoli ETF nazionali.
Uno per esempio può avere S&P 500, Europa E MSCI World, nelle proporzioni che desidera, per avere in portafoglio anche quella parte di mondo che non è né Stati Uniti né Europa.
Chiaro?
DOMANDA DUE: con i tassi di interessi che probabilmente verranno tagliati conviene avere obbligazioni più lunghe? Oppure prendere più obbligazioni e poi venderle? Oppure bla bla bla.
Per prima cosa, quando mi fate queste domande, io vi ringrazio per l’attestato di stima, ma non ho la benché minima idea della risposta.
Ricordatevi sempre questa cosa.
Se voi avete un’informazione e sulla base di questa informazione volete prendere una decisione di investimento, probabilmente siete già in ritardo, perché il mercato ha già incorporato quest’informazione nei suoi prezzi.
Prendiamo le obbligazioni americane.
Se uno vuole capire cosa si aspetta il mercato nel futuro di solito si vanno a guardare Futures e Opzioni, che sono due cose che Nick Protasoni verrà qua a spiegare con tutta la sua infinita sapienza il mese prossimo.
Comunque per farla breve Futures e Opzioni sono due cose molto diverse, ma hanno in comune il fatto che rappresentano delle scommesse sui prezzi futuri di determinati asset.
I prezzi attuali dei futures sui Titoli di Stato Americani, per esempio, esprimono oggi la convinzione del mercato rispetto all’andamento futuro dei Treasury.
Quindi oggi diciamo che il mercato si aspetta tre tagli dello 0,25% ciascuno da qui a fine anno perché i prezzi dei futures sui titoli di stato americani riflettono OGGI questa previsione.
Pertanto, se il mercato oggi è convinto che ci saranno questi tagli e di questa misura, i prezzi delle obbligazioni sono oggi quelli che sono sulla base di questa previsione.
Detto altrimenti.
Se voi oggi sapete che i tassi di interesse scenderanno dello 0,75% da qui a fine anno, non è che se adesso comprate delle obbligazioni o degli ETF obbligazionari, allora da qui a fine anno questi saliranno di prezzo ogni volta che ci sarà un taglio dei tassi, perché i prezzi attuali incorporano già questa cosa.
Quindi non potete guadagnare dal fatto che ci saranno dei tagli già previsti.
Potete guadagnare solo se per qualche motivo credete che ci saranno PIU tagli del previsto.
Capito?
Di conseguenza è sempre abbastanza inutile cercare di fare operazioni tattiche per approfittare di situazioni future.
O sono imprevedibili, oppure se sono facilmente prevedibili il mercato le ha già prezzate.
Morale: oggi ha senso comprare per esempio ETF che replicano obbligazioni governative con scadenza oltre i 20 anni?
Boh!
Se l’obiettivo è guadagnare appena Fed e BCE cominciano a tagliare i tassi direi di no, perché già oggi questa cosa è riflessa nel prezzo a cui quest’ETF è scambiato.
Se invece l’obiettivo è avere un asset che in caso di crollo del mercato, che porterebbe Fed e BCE a tagliare di brutto i tassi, può apprezzarsi notevolmente e parare i colpi dell’azionario che va giù a picco, allora può avere un senso.
Tanto per dire una roba nuova: non modificate l’asset allocation in base alla situazione contingente del mercato o in base a convinzioni che hanno già tutti.
Modificatela in base a come cambiano gli obiettivi della vostra vita, la vostra capacità di risparmio, le vostre esigenze a breve e medio termine e così via.
Veniamo infine all’interessante DOMANDA NUMERO TRE, che potrebbe essere oggetto di un intero episodio e che qui mi limito solo ad accennare.
In pratica la domanda è: Conviene dare i propri titoli in garanzia per avere soldi in prestito invece che vendere i propri asset, evitando così di pagare tasse e lasciando il portafoglio crescere senza interruzioni?
Ora come funziona sta roba.
Prendiamo uno strumento molto noto come il Credit Lombard, che è un servizio, spesso incorporato direttamente in alcuni broker, che permette di avere un fido di un tot in base al valore del portafoglio, che grossomodo è nell’ordine del 60% del controvalore.
Ammettiamo che ho 100.000 € investiti, teoricamente con Lombard posso farmi dare un prestito fino a 60.000 € dando il mio portafoglio in garanzia.
Questa cosa naturalmente è anche alla base dell’investimento a leva, quando appunto investi più soldi di quelli che hai dando in garanzia come collaterale il tuo portafoglio.
Quanto costa prendere in prestito sti soldi?
Di solito il costo è composto dal tasso risk-free (in Europa tipicamente è l’Euribor a 3 mesi) più uno spread.
Ai valori attuali, diciamo che parliamo di un 4% circa.
Il ragionamento che qualcuno di voi mi ha fatto è:
– Il mio portafoglio ha un rendimento atteso diciamo del 7%;
– Il prestito mi costa il 4%.
– Ci guadagno questa differenza del 3%.
Facile no?
Ecco, sì sulla carta non fa una piega.
Peccato che se fosse così automatico, ragazzi avreste scoperto una macchina che stampa soldi.
Investo più soldi di quelli che potrei e guadagno all’infinito dalla differenza tra il rendimento dell’investimento e il costo del prestito.
Peccato appunto che il rendimento sia teorico.
E’ vero che un certo portafoglio bilanciato tipo 60/40 in passato ha reso in media il 7% all’anno ma:
– UNO: sul futuro nessuno te lo garantisce e quindi un conto è rischiare soldi che hai, un altro è rischiare soldi che NON hai;
– DUE: 7% è una media tra rendimenti annuali MOOOLTO variabili tra loro e qui subentra quel piccolo problema chiamato Margin Call.
Facciamo un evento estremo.
Se io ho 100.000 euro investiti e chiedo 60.000 € di prestito, il giorno che salta fuori la prossima pandemia di Covid-29 che in un mese fa fare al mercato -40%, anche solo per un giorno magari, io rischio appunto la margin call, ossia che la società che mi ha fatto il prestito venda i miei titoli per proteggere il suo prestito e chiuda quindi il fido.
A quel punto i miei titoli sono andati e quella che sarebbe stata altrimenti una fluttuazione momentanea si trasforma in una vera e propria perdita irrecuperabile.
Ora è chiaro che è un evento un po’ estremo però mi chiedo: ne vale davvero la pena?
Prendersi il rischio di avere costi che non sono sovracompensati dai rendimenti e il rischio di perdere definitivamente i miei soldi, giustificano quel 3% di delta positivo che teoricamente potrei portarmi a casa?
Boh.
Io per natura, mutuo a parte, sono estremamente refrattario verso i debiti.
Quindi se mi servono soldi, il mio patrimonio investito è lì apposta.
Vendo quel che serve e non accumulo debiti.
La contabilità finanziaria è una cosa.
La contabilità emotiva è un’altra.
Il Return on Equity e il Return on Emotions sono due metriche difficilmente conciliabili.
Per quel che mi riguarda, sceglierei sempre la serenità di non ritrovarmi un cigno nero che mi rovina la vita, rispetto all’opportunità di guadagnare qualcosa in più.
Loss aversion.
Sicuramente.
Danny Kahneman, che ci hai lasciato il 27 marzo del 2024, riposa in pace e grazie per tutto quello che ci hai insegnato.
Bene, care amiche e cari amici di The Bull, fine anche di questo 93esimo episodio della nostra avventura assieme.
Grazie come sempre per essere ancora qui con me dopo tutti questi mesi, ormai oltre 30.000 persone hanno ascoltato questo podcast, e se non ho fatto male i conti tra un paio di settimane dovremmo sfondare il milione di episodi scaricati.
La mia stima più rosea quando ho iniziato a fare il pocast erano 1.000 ascolti, quindi farne un milione non sarebbe male.
Per continuare la scalata al milione invece, vi invito come sempre a mettere segui e attivare le notifiche su Spotify, Apple Podcast o dove volete e a lasciare una recensione a 5 stelle per supportarci e permetterci di continuare a produrre contenuti che vi spiegano come chiunque di voi può inventarsi una schifezza di social media, chiamarlo verità e scriverci sopra solo stronzate e alla fine trovarsi con 5 miliardi di dollari che comunque non potrete spendere sempre nuovi.
Per questo episodio, invece, è davvero tutto e noi ci ritroviamo mercoledì prossimo con una puntata specialissima. con un ospite eccezionale, Alberto Dalmasso, Fondatore e Amminsitratore Delegato di Satispay, creatore del primo unicorno d’Italia nonché grandissimo esperto di finanza, sempre qui, naturalmente, con The Bull — Il tuo podcast di finanza personale.
Bentornati a THE BULL – Il tuo podcast di finanza personale
È finalmente giunta la primavera, care amiche e cari amici di questo entusiasmante podcast dedicato alla scoperta della nostra ricchezza interiore.
E non intendo quelle robe alla Walt Disney tipo, la cosa più importante è la ricchezza dell’animo e non la ricchezza materiale!
No No
Intendo proprio la grana!
I sordi!
Il mezzo più importante di tutti per costruirci la vita che più ci piace.
Ed è la nostra ricchezza interiore perché, come dire, in qualche modo ciascuno di voi che mi sta ascoltando (e soprattutto chi non mi sta ascoltando) in qualche modo è già ricco e non lo sa.
Lo scopo di questo podcast è esattamente quello di trasformare in Atto, ossia in ricchezza reale, ciò che oggi tutti abbiamo in Potenza, ossa la ricchezza potenziale.
(così siamo riusciti a ficcare in un podcast di finanza personale persino il buon Aristotele).
In fondo chiunque abbia un reddito è potenzialmente ricco.
O comunque potenzialmente più ricco di quanto avrebbe mai pensato di essere.
Risparmiare, ottimizzare le spese, aumentare i guadagni, investire passivamente per sfruttare l’effetto composto dei rendimenti finanziari, la pensione complementare e tutto il resto rappresentano la procedura da seguire — semplice benché non facile — per trasformare la nostra ricchezza potenziale in una reale vita finanziariamente libera.
Arrivati ormai alla fine anche di questo mese, all’esordio della Primavera e in concomitanza della Pasqua anticipatissima di quest’anno per via di come si è messa la Luna nel suo consueto giro intorno alla Terra, sembra proprio che i mercati facciano di tutto per accompagnare con buone notizie le cose che stiamo raccontando qua da quasi un anno.
Questo è infatti il tradizionale episodio dedicato a come sono andati i mercati nel mese di Marzo, nel quale parleremo dei fatti più rilevanti e di come sono andati i principali indici e poi dedicheremo la seconda parte della nostra amabile chiacchierata a rispondere a tre domande che ho selezionato tra le centinaia che ho ricevuto di recente.
Tra l’altro — nota di servizio — abbiate pazienza se ci metto un po’ rispondere, come molti di voi noteranno dall’orario a cui vi scrivo è sempre una lotta contro il tempo.
Abbiate fede, non lascerò i vostri messaggi sospesi per più di una settimana.
E se dovesse essere successo, beh, vuol dire che mi sono perso il messaggio quindi rimandatemelo.
Detto questo, vediamo che è successo a Marzo.
Beh, c’è da dire che è stato un mese abbastanza tranquillo.
Easy.
Senza stress.
In cui i mercati hanno seguito la loro bella e serena crescita.
Fosse così sempre, investire sarebbe la cosa più facile del mondo.
Il problema però è che se fosse davvero SEMPRE così, allora fondamentalmente non esisterebbe più il rischio connesso all’investimento.
E come sapete bene, senza rischio non c’è ……… ESATTO! Senza rischio non c’è rendimento — eh si vede che avete ascoltato 92 episodi e ormai siete dei PRO!
Quindi bello che sta andando su qualunque cosa in questo momento ma la parte più recondita del mio cuore in fondo spera che ad un certo punto succeda qualcosa di negativo, altrimenti un mercato che cresce e basta finisce per appiattire il premio al rischio e poi alla mia ricchissima pensione anticipata chi provvede più?
Faccio 38 anni dopodomani, me ne do al massimo altri 12, poi da quando metto il 5 davanti non ne voglio più sapere di fare un cazzo di niente che non sia cose che davvero vorrò fare ogni singolo giorno.
Andrà realmente così?
Ne parleremo intorno nell’episodio 1214, portate solo giusto un po’ di pazienza.
“Ma hai finito di dire cazzate? Ma vuoi dire come sono andati i mercati o no?”
Ahhh, che palle, ma non è successo praticamente niente!
Va beh.
Allora veniamo ai fatti salienti.
Come sapete ogni mese è scandito tendenzialmente da un paio di dati macroeconomici, che riguardano l’occupazione del mese prima e l’inflazione.
Con modalità diverse, tutti gli stati del mondo producono questi dati, ma come sempre gli unici che contano sono … indovinate un po’? eh sì, quelli degli Stati Uniti.
Per strano che possa sembrare, il fatto che Walmart assuma più o meno gente a Houston o Chicago ha un impatto sul nostro portafoglio più che l’intero andamento dell’economia italiana.
Questo mese in realtà il grande atteso era però proprio il dato sull’inflazione, perché dopo il leggero aumento di Gennaio, i dati di Febbraio erano un po’ il test per capire a che punto siamo con questo scontro epico con il nemico pubblico numero uno, l’inflazione appunto, per tutto ciò che essa comporta sulla decisione delle banche centrali, sui tassi di interessi e le solite robe.
Comunque sia, il dato è stato più alto del previsto, 3,2% contro 3,1%.
Solo leggermente di più delle attese.
Ma di solito quando i mercati si aspettano una cosa e poi ne succede un’altra la prendono sempre malissimo.
Dato che tutto il rally che sta durando da novembre ad oggi si è basato in larga parte sull’aspettativa del corposo taglio dei tassi di interesse delle Fed — corposo almeno secondo Wall Street, la Fed non ha mai dato un solo motivo di credere che tanto ottimismo fosse giustificato — dicevo tutto sto rally si basava sull’idea che l’inflazione fosse ormai sconfitta e che quindi nel 2024 sarebbero stati tagliati di parecchio i tassi di interesse, quindi uno si aspetterebbe che un’inflazione che si sta mostrando ancora “sticky”, appiccicosa come dicono in America, e che non ne vuole sapere di tornare al 2%, avrebbe fatto crollare i mercati.
Invece?
Invece ma manco per niente!
Con marzo si è chiuso un primo trimestre strepitoso per i mercati, il migliore per l’S&P 500 dal 2019.
Un po’ perché le dichiarazioni della Federal Reserve e il dot plot report, che è un report che fa il comitato che decide i tassi di interesse e in cui i membri appunto fanno dei puntini e stimano quali saranno i tassi di interesse nei prossimi 2-3 anni, hanno comunque rassicurato i mercati, lasciando intendere che anche se l’inflazione sembra appiccicosa, comunque la strada è quella giusta e i tre tagli da 0,25 punti percentuali ciascuno da qua a fine anno dovrebbero esserci.
Oltre a questo, comunque, continuano ad esserci tutta una serie di dati molto forti sull’economia americana e perlomeno stabili sull’economia europea — nel senso che qui da noi la crescita è quasi piatta, ma almeno non siamo in recessione — e in ultima istanza questo sta alimentando il grosso dell’ottimismo e il forte appetito al rischio che sta spingendo verso l’alto praticamente qualunque asset class tranne le obbligazioni.
Come ha detto Ben Carlson nell’episodio di questa settimana di Animal Spirits, è come se stessimo vivendo i “ruggenti anni ’20” di questo secolo, così come ruggenti erano stati gli anni ’20 del 900.
Anche in quel decennio c’era stata una crescita impressionante del mercato, alimentata in particolare dalla grande rivoluzione tecnologica che aveva portato in America l’automobile, l’aeroplano, la radio, la tv, il frigorifero, le catene di montaggio e così via.
Certo, poi tutto è finito con la peggiore crisi di tutti i tempi che è stata quella del ’29, quindi speriamo che stavolta l’esito sia un po’ diverso, però ad oggi effettivamente sembra di trovarci in quello che gli americani chiamano “Goldilock scenario”, cioè uno scenario Riccioli D’Oro, dalla nota fiaba omonima.
Uno scenario in cui tutto sembra troppo bello per essere vero, soprattutto negli Stati Uniti.
Pensateci:
– Ricchezza personale ai massimi storici;
– Mercato azionario ai massimi storici;
– Prezzi delle case ai massimi storici;
– Attività economica ai massimi storici;
– Occupazione ai massimi storici.
In più aggiungiamo il fatto che se uno non vuole rischiare troppo, oggi può mettere i soldi in depositi o obbligazioni praticamente senza rischio e portarsi a casa il 4% lordo come ridere e in più stiamo andando in una direzione in cui le Banche Centrali hanno amplissimi margini per tagliare i tassi di interesse e quindi sostenere questa situazione in cui tutto è positivo.
Avessimo i tassi a zero, al minimo problema non ci sarebbe molto da fare in termini di politica monetaria.
Con i tassi invece tra il 4,5 e il 5,5% in Europa e Stati Uniti, obiettivamente le banche centrali hanno un grosso jolly da giocarsi in caso di rallentamento economico, un’opportunità che dal 2008 al 2021 praticamente non avevano più avuto.
E un’economia che continua a tenere globalmente nonostante tassi così alti dopo 15 anni di tassi a zero, francamente è una cosa su cui nessuno avrebbe scommesso un centesimo fino a poco tempo fa.
Questo ovviamente non vuole dire che non ci possano essere minacce all’orizzonte, anzi.
La catastrofe è sempre dietro l’angolo.
Come setup standard nella nostra vita da investitori, partiamo dal presupposto che la prossima crisi accadrà con certezza, semplicemente non sappiamo quando. Ma presto o tardi, ci troveremo più e più volte a dover fare i conti con scenari complessi che ad oggi neanche ci immaginiamo.
Se dovessi tirare ad indovinare qualche potenziale minaccia a medio-lungo termine sarei portato a vedere queste:
– UNO: gli Stati Uniti stanno crescendo in maniera inattesa e la loro economia scoppia di salute. Ma è anche una crescita alimentata dagli enormi sussidi messi in campo da Biden per sostenere le famiglie dopo il covid e per incentivare la reindustrializzazione del paese in questa nuova epoca di de-globalizzazione. Questo ha fatto sì che ad oggi gli Stati Uniti abbiano un deficit di bilancio del 7%, ossia spendono il 7% in più di quel che producono ogni anno (e per la cronaca nell’Unione Europea abbiamo sempre avuto il vincolo massimo al 3%, sforato solo negli ultimi anni per via del Covid), e un debito pubblico di 34 mila miliardi di dollari, equivalenti al 124% del suo immenso prodotto interno lordo.
E il problema è che continua a crescere anche solo per la necessità di ripagare interessi così alti che ci sono oggi sui titoli di Stato.
Evidentemente, questa cosa alla lunga non sarà sostenibile e se dovesse esserci tensione sulla stabilità del debito americano, dato che i Titoli di Stato degli Stati Uniti sono considerati per definizione l’asset più liquido e sicuro del mondo, questa cosa potrebbe scatenare un armageddon finanziario.
D’altra parte, se il prossimo presidente degli Stati Uniti dovrà intervenire per mettere un freno alla crescita del debito, l’altro rischio è che manovre come aumento delle tasse, riduzione della spesa interna e roba simile possano venir prese molto male dai mercati e infliggere comunque dei danni all’economia.
Vedremo.
– L’altra grande minaccia è ovviamente geopolitica.
La guerra in Ucraina è tutt’altro che in una fase conclusiva, anzi Putin ha appena rivinto le sue democraticissime elezioni e sulla guerra in Ucraina si sta giocando tutta la sua forza interna.
Dall’altra parte c’è sempre il gigante cinese, che ora è un po’ che se sta buono perché preso dai suoi mille problemi economici interni, ma che comunque è sempre lì a ordire trame internazionali per destabilizzare l’ordine occidentale e creare un secondo mondo alternativo e indipendente da quello capeggiato dagli Stati Uniti.
– La terza minaccia, più a lungo termine, ma non così lungo, è chiaramente quella climatica, dato che non c’è ancora alcuna evidenza di un reale sforzo dai grandi inquinatori del mondo, Stati Uniti e Cina su tutti, volto a invertire il tragico corso che il riscaldamento globale ha intrapreso da un pezzo, con tutte le devastanti conseguenze che ciò comporta e che solo in parte riusciamo oggi a prevedere.
– La quarta minaccia, ancora più a lungo termine, è quella demografica e questa riguarda soprattutto i grandi paesi sviluppati del G7 (noi in primis). Lo scarsissimo tasso di Natalità è forse la minaccia più grave alla crescita economica del futuro. Questa cosa è tanto banale quanto fondamentale.
Se in futuro ci saranno più vecchi che giovani, è scontato che le nostre prosperose economie possano andare incontro ad una grave involuzione.
Negli Stati Uniti in realtà c’è ancora una discreta tendenza a fare figli, mentre in paesi come Italia e Giappone la situazione è già drammatica ad oggi.
Adesso, questo non è il posto giusto per affrontare l’argomento, che richiederebbe trattazioni complesse e non esenti da possibili derive politiche, etiche, religiose e via dicendo.
Dal punto di vista strettamente economico, comunque, teniamo conto che la bassa natalità dei paesi sviluppati rappresenta una potenziale fortissima minaccia a lungo termine che può compromettere il nostro storico vantaggio competitivo rispetto al resto del mondo.
Dopo questa ventata di allegria, vediamo come di consueto come sono andati gli indici, almeno ci tiriamo su un po’ visto che tutto, ma veramente tutto, sta andando incredibilmente bene.
Come sempre, ci riferiamo agli ETF europei che tracciano gli indici, perché sticazzi di cosa hanno fatto nelle loro valute dato a che a noi interessano solo gli EURI che ci entrano nelle tasche!
Allora:
– S&P 500: +3,7% a Marzo, che fa un bel +12,9% da inizio anno, anche grazie al fatto che il cambio euro/dollaro in questo 2024 ci sta dicendo bene;
– MSCI World: +3,8% a Marzo e siamo così a +11,5% da inizio 2024;
– Stoxx 600 sugli scudi! +4,4% questo mese e quasi +8% da inizio anno;
– La sua controparte tutta in Euro, l’Eurostoxx 50, ci ha regalato un bel 4,5% a Marzo per un complessivo 13,1% da gennaio ad oggi, quindi attenzione che l’area Euro, zitta zitta, quatta quatta, ha messo dietro i campioni del mondo americani;
– E dato che parlo sempre male delle vicende di casa nostra, per una volta però diamo a Cesare quel che è di Cesare! Dopo l’ottimo 2023, anche quest’anno il FTSE MIB corre che un piacere! +6,6% a Marzo e addirittura +15% da inizio anno, trascinata soprattutto dall’ottima performance delle Banche (in particolare Intesa e Unicredit), da Leonardo (che da quando è scoppiata la guerra in Ucraina ha cominciato a decollare) e dall’auto, con Stellantis e Ferrari che hanno fatto rispettivamente il +25 e il +30% da inizio anno.
Che dire? Grande sorpresa del nostro mercato azionario.
E tra l’altro comincia a non essere nemmeno più una sorpresa, perché ridendo e scherzando negli ultimi 3 anni il FTSE MIB ha fatto addirittura meglio dell’S&P 500, +60% contro +50% (sempre se prendiamo i dati in Euro).
Sarà mica il momento di metterlo in portafoglio?
Scherzo!
Mai ragionare in questo modo!
Mai investire in qualcosa perché sta andando bene!
– Lasciamo invece l’Europa e andiamo in Giappone, con l’MSCI Japan che a Marzo, in Euro, è su del 4%, mentre da inizio anno è su del 12,3%.
Tra l’altro dopo il tanto agognato ritorno del mercato nipponico ai massimi dal 1989, altro momento storico in Giappone con la fine dell’era dei tassi negativi, con la Bank of Japan che dopo 8 anni riporta i tassi di interesse a breve termine allo 0%.
I tassi molto bassi hanno permesso di avere uno Yen debole che probabilmente ha favorito le esportazioni e alimentato la corsa del mercato Giapponese (nonostante la sua economia sia tecnicamente in recessione).
D’altra parte adesso un eventuale rialzo dei tassi giapponesi potrebbe rafforzare lo Yen e far crescere il valore di chi ha investito sul Giappone in Euro o in Dollari.
La minaccia qui è che un eccessivo rialzo dei tassi di interesse potrebbe creare un grosso problema ai titoli stato Americani, perché il Giappone è diventato il primo creditore estero degli Stati Uniti. Se però i tassi salgono e le obbligazioni Giapponesi cominciano ad offrire rendimenti più alti, ciò potrebbe portare molti Giapponesi a dismettere gli investimenti in Treasury per comprare titoli domestici, innescando potenzialmente un sell-off, ossia una vendita sistematica di bond governativi americani facendone crollare i prezzi (e quindi impennare i rendimenti, cosa che creerebbe ulteriori problemi al debito americano per i motivi detti prima).
Vedremo.
– Mercati Emergenti: un po’ meglio del solito, +2,6% a Marzo, ma ancora in difficoltà da inizio anno, appena +4,6%.
Per colpa di chi?
Eh indovinate un po’…
La Cina ovviamente! Se prendiamo l’MSCI China ha fatto meno del +3% a marzo e siamo praticamente flat da inizio anno.
Tra tutti i grandi mercati del mondo, la Cina è l’unica che continua a soffrire questo lungo stillicidio che ormai prosegue dal 2018 e ha visto scappare triliardi di dollari di investimenti esteri negli ultimi anni, che stanno pesantemente impattando le sue capacità di ripresa, assieme ovviamente a tutti i problemi interni che hanno sul fronte immobiliare, i bassi consumi e così via.
Passiamo invece al fronte obbligazionario, che è la parte più noiosa dell’episodio perché … beh perché non c’è molto da dire.
In pratica rispetto all’inizio dell’anno, in cui il mercato si era immaginato 6 tagli dei tassi di interesse nel corso del 2024 e aveva fatto salire i prezzi di tutto l’obbligazionario (facendo naturalmente crollare i rendimenti), oggi i dati più cauti sull’andamento dell’inflazione hanno raffreddato gli animi e in pratica con un po’ di saliscendi tutto l’obbligazionario mondiale è in leggera flessione rispetto a dove si trovava a Gennaio
– Diciamo che sull’obbligazionario governativo europeo a media scadenza siamo intorno ad un +1,4% a marzo, che fa un -0,5% totale da inizio anno, così come sui
– Treasury Americani, +1,2% a marzo e +1,1% da inizio anno, più per effetto del cambio euro/dollaro favorevole da questa parte.
– Gli High Yield corporate invece sono più correlati al buon momento del mercato azionario e sono su di circa l’1% a marzo, per un totale di circa 2,5% da inizio anno.
Chiudiamo come di consueto con le cosiddette riserve di valore.
– L’oro continua la sua inarrestabile cavalcata ed è ormai arrivato ai 2.254 $ l’oncia e tutto la sua crescita del 2024 si è praticamente concentrata a marzo, dove ha registrato un +9%.
Tra l’altro colgo l’occasione per correggere una delle due minchiate, fortunatamente non in ambito finanziario, che ho detto un paio di episodi fa ossia che l’oncia corrisponde a circa 28 grammi, che è vero, ma quella che si usa per l’oro è l’oncia cosiddetta troy, e corrisponde a 31,10 grammi.
Ringrazio il pignolazzo di turno, come si è autodefinito in onore dei meticolosi seguaci del prof. Coletti, che mi ha fatto notare la cosa.
L’altra minchiata che avevo detto è che l’ettaro non rientra nel sistema metrico decimale, confondendolo invece con l’acro, che è un altro bizzarro metodo di misura delle superfici del sistema imperiale britannico.
Chiedo venia.
Ultimo asset della rassegna, invece, abbiamo il
– Bitcoin! che ha macinato un altro +13% a Marzo collezionando così un complessivo +57% da inizio anno, per un attimo sfondando il tetto dei 70.000 dollari per poi posizionarsi poco sotto.
Volete rosicare?
10.000 dollari investiti in Bitcoin a inizio gennaio 2023 oggi sarebbero 40.000 circa.
Eh mi spiace.
Andata…
Come sempre, però, se pensate che un domani Bitcoin arriverà a 1 milione, oggi 70.000 dollari sono ancora briciole.
Come sapete io non ci investo ma questo non è affatto un buon motivo per cui non si debba investire in bitcoin.
Se ci credete e gli assegnate la giusta quota in portafoglio, allora può avere perfettamente senso.
Bene, fatto il solito recap di come sono andate le cose in questo primo straordinario quarter del 2024.
Vi ricordo che a inizio anno prendevo per il culo le stime delle principali banche di Wall Street che al massimo, con Goldman Sachs, avevano settato il target price dell’S&P 500 a fine anno a 5.100 punti.
Io allora avevo sparato un 5.200 e poi Goldman, dopo aver ascoltato The Bull, ha cambiato e ha alzato anche lei la previsione a 5.200.
Oggi siamo già a 5.254, quindi finisse oggi l’anno avrei battuto tutte le più grandi banche d’affari del mondo.
L’anno però è ancora lungo e l’S&P potrebbe benissimo sfondare i 6.000 oppure sprofondare a 4.200, come pronosticato da quegli uccellacci del malaugurio di JP Morgan.
Se me lo chiedeste, comunque, sempre per giocare a questo inutile gioco delle previsioni, io manterrei lo stesso 5.200 come risultato di fine anno ed essendo sia il partecipante che il giudice, mi autoattribuirò la vittoria della scommessa anche se l’indice il 31 dicembre sarà a 5.299.
Come sapete, comunque, il fatto che oggi sia già a 5.254 non significa niente.
I guadagni accumulati possono sparire, puff!, in un attimo.
Tengo quindi ferma la mia previsione per lo stesso motivo per cui l’avevo espressa a inizio gennaio.
L’anno successivo ad un anno di recupero, come è il 2024 rispetto al 2023, tende ad avere una performance media dell’11%.
Siccome avevamo chiuso il 2024 a 4.742, più o meno già ci siamo.
Però la strada è lunga.
Il mercato corre ininterrottamente da ottobre, ce ne sono di cose che possono capitare da qui a fine anno!
E poi ricordiamoci sempre che a novembre ci sono le elezioni.
Biden contro Trump il ritorno — la sfida finale.
Immaginando il probabile esito delle elezioni, a meno che a sorpresa Biden non rivinca con un buon margine (cosa molto improbabile ad oggi), Dio solo sa come potranno reagire i mercati alle prime parole da neopresidente dell’imprevedibile Tycoon Newyorkese.
Tra l’altro.
Su Trump si può dire veramente di tutto ed è forse il candidato più inquietante che mai si sarà presentato a ricoprire la posizione di potere più importante al mondo.
Però come businessman è veramente un drago e forse ha tirato fuori dal cilindro una giocata pazzesca.
Ve la faccio breve.
Di recente è stato condannato a pagare oltre 450 milioni di dollari (poi ridotti a 170 se non ricordo male) per un falso in bilancio delle sue società.
Nessuna banca gli ha concesso un prestito del genere e quindi se la stava vedendo davvero brutta.
Poi cosa è successo?
Attraverso Digital World Acquisition, una Special Purpose Acquisition Company, meglio nota come SPAC ossia una società creata ad hoc per raccogliere capitali sul mercato e poi fondersi con una società non quotata con l’obiettivo di portarla in borsa, quel social media sgangherato chiamato Truth che Trump aveva fondato dopo esser stato espulso dall’allora Twitter per dire liberamente le sue cagate — prima dell’arrivo di Musk — si è quotato in borsa la scorsa settimana con una valutazione record di oltre 8,5 miliardi.
Dato che Trump possiede oltre il 70% delle azioni, in pratica si è trovato di punto in bianco ad avere oltre 5 miliardi di dollari in più di patrimonio.
Questo perché?
Per il fenomeno meme stock, come era successo a Gamestop durante la follia del 2021.
In pratica molti sostenitori di Trump hanno comprato le azioni della SPAC, facendola schizzare alle stelle senza motivo, se non appunto per sostenere il loro folle e visionario eroe candidato alla presidenza.
Attenzione: 8,5 miliardi di dollari di capitalizzazione per una società che in quasi tre anni ha fatturato circa 6 milioni di dollari.
Milioni, sì, non miliardi.
Cioè questa società non vale niente.
Niente!
Eppure è andata su all’inverosimile.
Ora, non è che Trump questi 5 miliardi ce li ha sul conto in banca.
Sono 5 miliardi teorici.
Per trasformarli in cash e pagarsi i suoi guai ha fondamentalmente tre strade:
– STRADA UNO: vendere le azioni.
Però è più una strada teorica che pratica. Se possiedi quasi 3/4 delle azioni della società, non puoi venderle in blocco ma neanche venderne una parte consistente perché il prezzo automaticamente crollerebbe e inoltre manderesti in fumo in un attimo tutti gli investimenti delle persone che hanno messo soldi in questa merda per sostenere il candidato presidente.
Inoltre anche la SEC, l’autorità di regolamentazione della borsa americana, avrebbe qualcosa da ridire.
– STRADA DUE: potrebbe prendere in prestito qualche centinaio di milioni giusto per pagarsi la multina che gli hanno comminato, però deve prima trovare una banca abbastanza folle da prendere come collaterale le azioni di una società che non fattura praticamente niente, perde soldi e in questo momento ha un valore gonfiato come una mongolfiera.
– STRADA TRE: potrebbe vendere alcune sue proprietà alla società utilizzando i circa 300 milioni di dollari che la società ha in cassa a seguito della fusione con la SPAC. Oppure potrebbe chiedere a Truth una mostruosa fee per utilizzare il nome di Trump.
Ovviamente sarebbero delle mezze porcate, tecnicamente non illegali, anche se il Delaware, lo stato in cui è incorporata Truth, non è che sarebbe proprio d’accordo, mentre magari spostando in Texas la baracca lì si sa che le leggi sono più allegre.
Insomma, in qualche modo farà.
Cmq ironico avere 5 miliardi di dollari e non poterli toccare.
Ovviamente le tre strade prospettate sopra non sono state una mia intuizione, le ho prese da un articolo del Wall Street Journal, cazzo ne so io delle leggi in Delaware del resto…
Bene, così sapete anche perché Trump comunque potrebbe trovarsi improvvisamente multimiliardario.
Ora, come sempre mi sono bruciato un sacco di tempo cincischiando in cazzate, ma vediamo di rispondere velocemente a 3 domande che ho ricevuto con una certa frequenza ultimamente.
A due posso rispondere abbastanza in breve, la terza è un po’ più lunga ma cerchiamo di farcela.
DOMANDA UNO: in tanti mi state chiedendo pareri sui vostri portafogli che, come sapete, non vi posso dare, quindi rispondo qua in generale senza che questo sia un consiglio di investimento per nessuno.
Molti di voi hanno questi portafogli di ETF con tipo, che ne so,:
30% S&P 500, 30% MSCI World e poi altra roba come emergenti, obbligazioni, oro e così via.
Il discorso riguarda avere sia S&P che MSCI world nel portafoglio in questo modo.
Ricordatevi che l’MSCI World è per il 70% S&P 500.
Quindi se vuoi prendete l’azionario globale E l’S&P 500, praticamente avete solo Stati Uniti.
A sto punto vi restano veramente le briciole sugli altri paesi.
Ora, non è affatto detto che questa sia una cosa sbagliata, però dipende da quanto volete pesare gli Stati Uniti nel portafoglio.
Se volete una percentuale di Stati Uniti intorno al 70%, l’MSCI World lo prevede già, quindi avere anche un ETF sugli Stati Uniti può diventare ridondante.
Se invece volete avere un’altissima esposizione sugli Stati Uniti, allora chiedetevi a quel punto se serve avere anche un ETF globale, per avere fuori dagli Stati Uniti solo una porzione minuscola e probabilmente irrilevante del portafoglio.
Ha senso invece averli entrambi se, insieme ad altri etf regionali, volete catturare l’esposizione a paesi come Giappone, Canada, Australia e così via senza comprare singoli ETF nazionali.
Uno per esempio può avere S&P 500, Europa E MSCI World, nelle proporzioni che desidera, per avere in portafoglio anche quella parte di mondo che non è né Stati Uniti né Europa.
Chiaro?
DOMANDA DUE: con i tassi di interessi che probabilmente verranno tagliati conviene avere obbligazioni più lunghe? Oppure prendere più obbligazioni e poi venderle? Oppure bla bla bla.
Per prima cosa, quando mi fate queste domande, io vi ringrazio per l’attestato di stima, ma non ho la benché minima idea della risposta.
Ricordatevi sempre questa cosa.
Se voi avete un’informazione e sulla base di questa informazione volete prendere una decisione di investimento, probabilmente siete già in ritardo, perché il mercato ha già incorporato quest’informazione nei suoi prezzi.
Prendiamo le obbligazioni americane.
Se uno vuole capire cosa si aspetta il mercato nel futuro di solito si vanno a guardare Futures e Opzioni, che sono due cose che Nick Protasoni verrà qua a spiegare con tutta la sua infinita sapienza il mese prossimo.
Comunque per farla breve Futures e Opzioni sono due cose molto diverse, ma hanno in comune il fatto che rappresentano delle scommesse sui prezzi futuri di determinati asset.
I prezzi attuali dei futures sui Titoli di Stato Americani, per esempio, esprimono oggi la convinzione del mercato rispetto all’andamento futuro dei Treasury.
Quindi oggi diciamo che il mercato si aspetta tre tagli dello 0,25% ciascuno da qui a fine anno perché i prezzi dei futures sui titoli di stato americani riflettono OGGI questa previsione.
Pertanto, se il mercato oggi è convinto che ci saranno questi tagli e di questa misura, i prezzi delle obbligazioni sono oggi quelli che sono sulla base di questa previsione.
Detto altrimenti.
Se voi oggi sapete che i tassi di interesse scenderanno dello 0,75% da qui a fine anno, non è che se adesso comprate delle obbligazioni o degli ETF obbligazionari, allora da qui a fine anno questi saliranno di prezzo ogni volta che ci sarà un taglio dei tassi, perché i prezzi attuali incorporano già questa cosa.
Quindi non potete guadagnare dal fatto che ci saranno dei tagli già previsti.
Potete guadagnare solo se per qualche motivo credete che ci saranno PIU tagli del previsto.
Capito?
Di conseguenza è sempre abbastanza inutile cercare di fare operazioni tattiche per approfittare di situazioni future.
O sono imprevedibili, oppure se sono facilmente prevedibili il mercato le ha già prezzate.
Morale: oggi ha senso comprare per esempio ETF che replicano obbligazioni governative con scadenza oltre i 20 anni?
Boh!
Se l’obiettivo è guadagnare appena Fed e BCE cominciano a tagliare i tassi direi di no, perché già oggi questa cosa è riflessa nel prezzo a cui quest’ETF è scambiato.
Se invece l’obiettivo è avere un asset che in caso di crollo del mercato, che porterebbe Fed e BCE a tagliare di brutto i tassi, può apprezzarsi notevolmente e parare i colpi dell’azionario che va giù a picco, allora può avere un senso.
Tanto per dire una roba nuova: non modificate l’asset allocation in base alla situazione contingente del mercato o in base a convinzioni che hanno già tutti.
Modificatela in base a come cambiano gli obiettivi della vostra vita, la vostra capacità di risparmio, le vostre esigenze a breve e medio termine e così via.
Veniamo infine all’interessante DOMANDA NUMERO TRE, che potrebbe essere oggetto di un intero episodio e che qui mi limito solo ad accennare.
In pratica la domanda è: Conviene dare i propri titoli in garanzia per avere soldi in prestito invece che vendere i propri asset, evitando così di pagare tasse e lasciando il portafoglio crescere senza interruzioni?
Ora come funziona sta roba.
Prendiamo uno strumento molto noto come il Credit Lombard, che è un servizio, spesso incorporato direttamente in alcuni broker, che permette di avere un fido di un tot in base al valore del portafoglio, che grossomodo è nell’ordine del 60% del controvalore.
Ammettiamo che ho 100.000 € investiti, teoricamente con Lombard posso farmi dare un prestito fino a 60.000 € dando il mio portafoglio in garanzia.
Questa cosa naturalmente è anche alla base dell’investimento a leva, quando appunto investi più soldi di quelli che hai dando in garanzia come collaterale il tuo portafoglio.
Quanto costa prendere in prestito sti soldi?
Di solito il costo è composto dal tasso risk-free (in Europa tipicamente è l’Euribor a 3 mesi) più uno spread.
Ai valori attuali, diciamo che parliamo di un 4% circa.
Il ragionamento che qualcuno di voi mi ha fatto è:
– Il mio portafoglio ha un rendimento atteso diciamo del 7%;
– Il prestito mi costa il 4%.
– Ci guadagno questa differenza del 3%.
Facile no?
Ecco, sì sulla carta non fa una piega.
Peccato che se fosse così automatico, ragazzi avreste scoperto una macchina che stampa soldi.
Investo più soldi di quelli che potrei e guadagno all’infinito dalla differenza tra il rendimento dell’investimento e il costo del prestito.
Peccato appunto che il rendimento sia teorico.
E’ vero che un certo portafoglio bilanciato tipo 60/40 in passato ha reso in media il 7% all’anno ma:
– UNO: sul futuro nessuno te lo garantisce e quindi un conto è rischiare soldi che hai, un altro è rischiare soldi che NON hai;
– DUE: 7% è una media tra rendimenti annuali MOOOLTO variabili tra loro e qui subentra quel piccolo problema chiamato Margin Call.
Facciamo un evento estremo.
Se io ho 100.000 euro investiti e chiedo 60.000 € di prestito, il giorno che salta fuori la prossima pandemia di Covid-29 che in un mese fa fare al mercato -40%, anche solo per un giorno magari, io rischio appunto la margin call, ossia che la società che mi ha fatto il prestito venda i miei titoli per proteggere il suo prestito e chiuda quindi il fido.
A quel punto i miei titoli sono andati e quella che sarebbe stata altrimenti una fluttuazione momentanea si trasforma in una vera e propria perdita irrecuperabile.
Ora è chiaro che è un evento un po’ estremo però mi chiedo: ne vale davvero la pena?
Prendersi il rischio di avere costi che non sono sovracompensati dai rendimenti e il rischio di perdere definitivamente i miei soldi, giustificano quel 3% di delta positivo che teoricamente potrei portarmi a casa?
Boh.
Io per natura, mutuo a parte, sono estremamente refrattario verso i debiti.
Quindi se mi servono soldi, il mio patrimonio investito è lì apposta.
Vendo quel che serve e non accumulo debiti.
La contabilità finanziaria è una cosa.
La contabilità emotiva è un’altra.
Il Return on Equity e il Return on Emotions sono due metriche difficilmente conciliabili.
Per quel che mi riguarda, sceglierei sempre la serenità di non ritrovarmi un cigno nero che mi rovina la vita, rispetto all’opportunità di guadagnare qualcosa in più.
Loss aversion.
Sicuramente.
Danny Kahneman, che ci hai lasciato il 27 marzo del 2024, riposa in pace e grazie per tutto quello che ci hai insegnato.
Bene, care amiche e cari amici di The Bull, fine anche di questo 93esimo episodio della nostra avventura assieme.
Grazie come sempre per essere ancora qui con me dopo tutti questi mesi, ormai oltre 30.000 persone hanno ascoltato questo podcast, e se non ho fatto male i conti tra un paio di settimane dovremmo sfondare il milione di episodi scaricati.
La mia stima più rosea quando ho iniziato a fare il pocast erano 1.000 ascolti, quindi farne un milione non sarebbe male.
Per continuare la scalata al milione invece, vi invito come sempre a mettere segui e attivare le notifiche su Spotify, Apple Podcast o dove volete e a lasciare una recensione a 5 stelle per supportarci e permetterci di continuare a produrre contenuti che vi spiegano come chiunque di voi può inventarsi una schifezza di social media, chiamarlo verità e scriverci sopra solo stronzate e alla fine trovarsi con 5 miliardi di dollari che comunque non potrete spendere sempre nuovi.
Per questo episodio, invece, è davvero tutto e noi ci ritroviamo mercoledì prossimo con una puntata specialissima. con un ospite eccezionale, Alberto Dalmasso, Fondatore e Amminsitratore Delegato di Satispay, creatore del primo unicorno d’Italia nonché grandissimo esperto di finanza, sempre qui, naturalmente, con The Bull — Il tuo podcast di finanza personale.
Recensioni
Quando capisci come funziona la finanza… ti viene voglia di raccontarla!
Veramente veramente raccomandato! la finanza personale riassunta alla perfezione! e spiegata partendo dall'ABC! Ottimo anche da ascoltare a velocita 1,5x!
Giorgia R., 23 Gen 2025Riccardo mi ha letteralmente cambiato la vita e fatto scoprire che amo la finanza, ho ascoltato il podcast già due volte e non mi stufo mai di ascoltarlo, parla in modo semplice e chiaro
Massimo D., 23 Set 2025Da quando l'ho scoperto in 15 gg mi sono ascoltato 150 puntate senza fermarmi, ho annullato gli altri podcast per portarmi alla pari ed ascoltare tutte le precedenti puntate, ben fatto, esattamente il livello di informazione che mi serviva
Gianluca G., 11 Set 2025Podcast piacevole, scorre veloce ma in modo estremamente chiaro, spiega i concetti chiave per gestire le proprie finanze, fornendo la classica cassetta degli attrezzi. Complimenti, davvero ben fatto!
Massimiliano, 29 Mag 2024La mia ignoranza in materia mi ha sempre creato dei dubbi, ma grazie a un amico ho iniziato ad ascoltare il podcast. Per fortuna che ho 24 anni e un po' di tempo e soldi da dedicarmi a imparare le varie nozioni per me stesso. Grazie mille!
Luca G. 10 Ott 2025Non sono solito a mettere recensioni e specialmente non ascolto podcast, ma da quando ho iniziato questo, faccio fatica a staccarmi, e quasi non posso più fare a meno di ascoltare e arricchirmi culturalmente.
Andrea V., 22 Set 2025Ho acquistato e letto il suo libro e l' ho trovato. Esprime i concetti economici in modo semplice e chiaro. Sentirlo parlare conferma che è un professionista del settore.
Giulia N., 11 Ago 2025Dovrebbero ascoltarlo buona parte degli italiani e io avrei dovuto scoprirlo con qualche anno in anticipo ma meglio tardi che mai
Matteo C., 3 Set 2025Veramente interessante, chiaro e conciso. Cambia la vita finanziaria di chiunque.. da ascoltare assolutamente anche per chi di finanza non vuole occuparsi mai
Francesca B., 6 Apr 2024