Cosa è successo a Giugno sui Mercati (AI Bubble in arrivo?)

Recap di Giugno e del primo semestre del 2024 sui mercati tra AI Bubble, la corsa senza fine delle azioni, l'incognita delle elezioni in Francia e altro ancora.

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119. Cosa è successo a Giugno sui Mercati (AI Bubble in arrivo?)

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Punti Chiave

Market timing e previsioni sono inaffidabili.

La chiave è una corretta asset allocation che permetta di mantenere la rotta a lungo termine.

L'attuale euforia del mercato è guidata da poche big tech; l'AI e i tassi d'interesse futuri influenzeranno la sostenibilità della crescita.

Trascrizione Episodio

Bentornati a The Bull — Il tuo podcast di finanza personale.

Giro di boa, care amiche e cari amici di questo podcast senza né capo né coda che cerca di raccontare la finanza in tutti i suoi aspetti più disparati facendo però sempre attenzione a non far sembrare la cosa troppo seria.

Dicevo giro di boa, metà dell’anno se n’è andato — e che anno pazzesco.

Sto scrivendo ancora a borse aperte, almeno quelle d’oltreoceano, quindi S&P e Nasdaq vedete di starvene buoni buonini ancora per qualche ora altrimenti mi tocca rifare l’episodio da capo domani mattina e sapete che la mia mattina inizia quando per la maggior parte di voi è ancora notte fonda.

Però che semestre incredibile.

Vi ricordavate che a inizio gennaio tuuuutte le più grandi banche di Wall Street facevano a gara a chi vedeva più nero?

C’era JP Morgan che addirittura vedeva una chiusura di fine anno dell’S&P 500 a 4.200, meno dei 4.700 da cui praticamente era partito.

Oggi ridendo e scherzando siamo già a 5.460 e fischia.

Poi oh, ad andare giù è un attimo lo sappiamo?

Basta che girano male due cose, che qualcuno alla fed dica che l’inflazione non scende e che i tassi non si tagliano o che Nvidia smetta di triplicare il suo valore ogni quarto d’ora e vien giù tutto.

Però le grandi banche, invece che dimostrare ancora una volta l’accuratezza scientifica delle loro previsioni non è che hanno detto “calmi ragazzi, se a gennaio abbiamo detto che l’S&P chiuderà a 4.200, 4.600, 4.800 quello che è, non è che adesso ci facciamo condizionare da sei mesi di soprese, no! Noi siamo dei fior fior di professionisti e siamo coerenti fino alla fine”.

Oh…

Come no…

Già da fine maggio tutte sono corse a tirar su le stime e ad oggi la previsione media è intorno ai 5.400-5.500 punti, quindi leggermente al di sotto del valore attuale, con società come UBS e la mitologica super banca delle tenebre Goldman Sachs che addirittura l’hanno alzata a 5.600.

C’è da dire che JP Morgan è stata l’unica a mantenere coerenza.

Ancora oggi continua a vedere l’S&P che chiuderà l’anno con un tonfo di oltre il 20%, fermi sul loro target price di 4.200 punti.

In effetti Jamie Dimon, il superpotentissimo CEO di JPMorgan, è un pezzo che continua a vedere nero dappertutto, con fosche previsioni apocalittiche da Cassandra multimiliardaria che profetizza tassi di interesse all’8% e altre amenità di questo genere.

Vedremo chi avrà ragione.

Lato nostro, sapete che a gennaio mi ero lanciato nella previsione, assolutamente priva di fondatezza e perfettamente inutile come qualunque altra mia opinione, sulla chiusura dell’S&P intorno ai 5.200 punti e come detto allora mi considererò vincitore della scommessa se il risultato al 31 dicembre sarà tra 5.200 e 5.299.

Ora come allora, la mia “previsione” NON teneva conto delle seguenti cose:

– Non teneva conto dei multipli delle azioni, ossia del rapporto elevato tra i prezzi e gli utili delle società;

– Non teneva conto dell’andamento sui tassi d’interesse scontati dai futures sui Fed Funds;

– Non teneva conto dei report finanziari trimestrali delle società;

– Non teneva conto dello scenario macroeconomico e delle tensioni geopolitiche.

Non si basava su nessuna di quelle cose che tipicamente si usano per fare previsioni accurate e puntualmente fallirle con chirurgica precisione.

Semplicemente si basavano su un dato statistico.

In media, gli anni che seguono un anno di recupero dopo un anno in negativo, così come il 2023 era stato un anno di grande rimbalzo dopo le tenebre del 2022, tendono a essere ancora degli anni di crescita nell’ordine dell’11%.

Il 2023 si era chiuso a 4.769 punti, quindi +11% sarebbe 5.293.
Ero stato un po’ più pessimista dicendo 5.200, ma anche a 5.293 ci siamo.

Dato che prevedere il comportamento dei mercati è assolutamente impossibile, la statistica resta probabilmente il miglior strumento che abbiamo per tentare di prevedere il futuro.

Che poi questa cosa implichi prendere decisioni di conseguenza, invece, è tutta un’altra questione.

Dicevamo, oggi l’S&P è a 5.460 punti.

Essendo a metà dell’anno ci si potrebbe aspettare un’ulteriore crescita da qui a Dicembre.

E potrà benissimo essere così.

Anche sfondare i 6.000 non è per niente un’idea insensata.
In fondo, come sapete bene, le azioni nel breve termine tendono ad essere trend-following ossia a seguire i trend positivi e negativi del momento. E’ nel lungo invece che tendono più ad essere mean-reverting, ossia a regredire verso la media storica dei loro rendimenti.

Pistola alla tempia, però, arrivare nel 2024 a 6.000 punti non è quello su cui io metterei la mano sul fuoco.

Ma per un motivo semplicemente statistico, non per qualche considerazione di natura economico-finanziaria.

Se va avanti di questo passo l’S&P arriverebbe a fare praticamente il +30% nel 2024.

L’ultima volta che l’S&P ha toccato una crescita del 30% è stato nel 1997, uno di quei 5 anni d’oro e irripetibili che si sono visti tra il 1995 e il 1999, periodo in cui l’indice più amato del mondo aveva fatto, nell’ordine:

– +34% nel 95

– +20% nel 96

– +31% appunto nel 97

– +27% nel 98 e infine

– +19% nel 99.

Credo di non sbagliare se dico che quei 5 anni sono stati i migliori di tutti i tempi della storia del mercato azionario americano.

E questo è il ritorno nominale, quindi senza considerare i dividendi reinvestiti.

10.000 dollari buttati il 1 gennaio del 1995 in SPY o VOO, i due mastodontici ETF americani sull’S&P 500 di State Street e Vanguard, al capodanno del nuovo millennio 5 anni dopo sarebbero diventati oltre 35.000, con un tasso di crescita annuo medio di oltre il 28%, roba mai vista e probabilmente irripetibile.

Qual è il problema.

Il problema è che nel 2000 è cominciato l’inferno della Lost Decade, del decennio perduto.
Trend-following nel breve.
Mean-reverting nel medio lungo termine.

Tutto ciò che va su, prima o poi già deve tornare.

Immaginatevi due amici, Ben e Michael, che si sono trovati insieme al cenone del 31 dicembre del 1999 nella classica villetta americana fuori dalle grandi città, 3 piani, 12 stanze, taverna, giardino, barbecue in pietra, canestro sul retro e auto sul vialetto davanti al garage e non ho mai capito perché non ce la mettono dentro.

Dopo aver bevuto parecchio, Ben si sbottona un po’ e racconta a Michael che negli ultimi 5 anni i suoi investimenti sono stati uno sballo.

Si Michael, gli dice Ben, avevo 100.000 dollari sul conto, frutto di tanti anni di risparmio, e alla fine mi sono convinto.

Sono andato da Vanguard, ho versato questi 100.000 dollari in VOO e poi ho aggiunto 500 dollari ogni mese negli ultimi 5 anni.

E oggi, ridendo e scherzando, in appena 4 anni mi trovo con oltre 400.000 dollari.

Ormai il mercato azionario non si ferma più.

Cresce di circa il 28% all’anno e con questa nuova rivoluzione chiamata internet siamo definitivamente entrati nella new economy in cui tutto andrà ad una velocità mai vista.

Finita la cena, Michael è in macchina con sua moglie Jane incazzato nero e pieno di invidia per quello che gli ha raccontato Ben.
Perché poi uno ti può essere amico finché vuoi, ma quando ti racconta che sta diventando ricco e tu no per qualche motivo inizia a starti improvvisamente sulle palle.

Manco avesse rubato i soldi a te.

Strana la vita…

L’invidia è uno dei più grandi driver della storia dell’umanità.

Cmq dicevo, Michael è imbestialito e non vede l’ora di smaltire la sbronza e il 2 gennaio investire anche lui i suoi 100.000 dollari in VOO e mettersi in pari con l’amico Ben.

Anzi, dice il brillante Michael, siccome ho capito che qua le aziende che contano non sono McDonalds, Dupont o General Electric, ma le superinnovative realtà tecnologiche .com del Nasdaq, adesso guarda come ti frego Ben.

Caso vuole che dopo 5 anni pazzeschi del mercato la grande casa di asset management Invesco, un altro colosso tra gli emittenti di fondi di investimento, se ne era appena uscita, proprio nel 1999, con QQQ, il primo e più famoso ETF sul Nasdaq.

Praticamente un successo annunciato.

Quando fai un ETF che traccia la performance delle società più cool del mondo, che da 5 anni stanno distruggendo ogni record, cosa potrà mai andare storto?

Michael è convinto.

Mettere 100.000 € nell’S&P 500 non è sufficiente.

Ben non lo prenderebbe più.

Bisogna essere più aggressivi e QQQ sembra in effetti una scommessa sicura.

Ormai internet è tutto, avrà pensato.

Il 2 gennaio del 2000 Michael investe 100.000 dollari in QQQ e come Ben aggiungerà poi 500 dollari al mese.

Passano 3 anni e il 31 dicembre del 2002, Michael e Ben si ritrovano di nuovo a capodanno con le rispettive famiglie.

Di nuovo grazie all’effetto disinibitorio dell’alcol, i due si confidano le loro avventure sui mercati finanziari.

Ben, che nel 99 era ormai convinto di essere un Dio della finanza e che si accingeva ad entrare nel nuovo millennio con 400.000 dollari di patrimonio, la sera di capodanno del 2002, pur continuando ad investire 500 dollari al mese, si era ritrovato con solo 260.000 dollari, falcidiato dalla devastante sequenza dei tre anni orribili della dot.com bubble.

Era ancora comunque abbondantemente in positivo.

In fondo lungo questi 8 anni aveva investito 148.000 dollari in totale ed era comunque sopra del 75%.
Ti gira il culo perdere quello che aveva perso lui, ma vedere comunque il conto del tuo broker in verde fa sempre bene all’umore.

Michael invece?

Eh, il povero Michael se la stava passando decisamente peggio.

A quanto pare la sua scelta di fare all in sul Nasdaq, grazie alla splendida invenzione di Invesco, purtroppo ha avuto un pessimo timing.

E il lancio di QQQ nel 1999 non poteva davvero trovare momento peggiore.

100.000 dollari investiti il 2 gennaio del 2000, più 500 dollari al mese, per un totale di 118.000 dollari investiti in 3 anni, la sera di capodanno del 2002 valevano solo 37.293 dollari.

-36% il primo anno

-33% il secondo

-37% il terzo.

La somma fa più di 100, ma sapete bene che non si può andare sotto zero quando il mercato perde.

Anche se perdi il 99% all’anno non arrivi mai a zero.

In questo caso Michael avrebbe dilapidato il 63% del suo patrimonio.

E a sto giro, tornando a casa dopo la festa, era la moglie Jane incazzata come una iena con lui per aver voluto fare il figo, cercare di fare i soldi facili e poi bullarsi davanti a Ben sbattendogli in faccia il suo successo.

Come finì questa storia?

Beh, non lo so, in fondo non li conosco.

Spero per loro però che abbiano avuto il coraggio di mantenere la barra dritta e non scoraggiarsi.

Nel molto improbabile scenario in cui nessuno dei due avesse disinvestito un centesimo e avesse mantenuto la rotta sino ad oggi, alla cena di capodanno del 31 dicembre del 2023 i due ormai attempati amici, nuovamente mezzi sbronzi, si sarebbero confidati il reciproco saldo del proprio conto titoli:

– Ben avrebbe investito in totale 268.000 dollari e ne avrebbe oggi oltre 2 milioni e mezzo.

– Michael avrebbe investito in totale 238.000 dollari e ne avrebbe oggi oltre 1 milione e 800 mila.

Non ce l’avrebbe fatta comunque Michael a riprendere l’amico Ben, nonostante l’impressionante corsa del Nasdaq di questo quindicennio.

Purtroppo, avere iniziato nel 95 avrebbe dato a Ben un vantaggio incolmabile.

Ma sicuramente i due avrebbero concluso quell’ennesimo cenone sereni e soddisfatti.

Questa storia è un po’ artificiosa, non credo che ci sia nessuno che abbia mai investito davvero così.

O meglio, gente che nel 95 ha fatto all in nell’S&P 500 e ha fatto palate di soldi fino al 2000 ce ne sarà stata parecchia.

Ma sono certo che la maggior parte di loro avrà disinvestito buona parte dei propri risparmi durante la tempesta della dot.com bubble.

Così come molti si saranno buttati a pesce nel 99 in QQQ o in generale nel mercato azionario tecnologico, comprando a man bassa Cisco così come oggi sta succedendo a Nvidia: allora perché Cisco era l’emblema della rivoluzione di internet, oggi perché Nvidia è l’emblema della rivoluzione — forse — dell’intelligenza artificiale.

Il problema vero però è che il grosso degli investitori convinti nella rivoluzione tech non avrà avuto il sangue freddo per aspettare un decennio e cominciare a godere davvero dei benefici finanziari di questa rivoluzione, iniziati davvero solo dal 2009 in poi.

I nomi di Ben e Michael mi sono venuti in mente perché Ben Carlson e Michael Batnick sono gli host del podcast Animal Spirits, storico programma tra i tanti legati alla mitica società americana fondata da Barry Ritholtz chiamata Ritholtz Wealth Management, in cui lavorano anche Nick Maggiulli, Josh Brown e ovviamente lo stesso istrionico Barry Ritholtz.

In uno degli ultimi episodi commentavano la situazione attuale del mercato e in effetti si chiedevano se oggi ci troviamo di fronte ad un nuovo 1999 e se siamo qui ad un passo da una nuova dot.com bubble, che in questo caso si chiamerà AI bubble naturalmente.

Con la sua sempre immensa lucidità, Ben Carlson era più dell’idea che il 2024 assomigli più ad un 1995 che non ad un 1999, per almeno un paio di motivi:

– Il primo è che la valutazione delle società dell’S&P 500 sono più vicine a quelle del 95 che non agli eccessi esorbitanti del 99

– Il secondo è che il 95 era stato uno dei rarissimi anni in cui alla Federal Reserve era riuscito il gioco di prestigio del soft landing, ossia di far scendere l’inflazione alzando i tassi di interesse ma senza far precipitare l’economia in una recessione.

Dalla fine del 93 all’inizio del 95 infatti la Fed aveva alzato i tassi da circa il 3% al 6%.

Il 94 era stato un anno leggermente negativo per l’S&P, -1,5%, ma l’economia non era andata in recessione e da lì sarebbe poi iniziato quel quinquennio leggendario.

Ci stiamo quindi preparando ad una prossima bolla che scoppia?

Dobbiamo prevedere ancora qualche anno di euforia prima che un nuovo decennio perduto imperversi?

E chi lo sa.

Ormai mi escono ovunque post a destra e a sinistra di gente che dimostrerebbe perché ormai il crollo sarebbe imminente, perché bisogna liquidare l’azionario, perché il grafico dell’S&P fa esattamente quella curvina lì quando fuori l’umidità supera il 60% e il prezzo del crudo supera i 30 euro al chilo e via dicendo.

Amici miei là fuori che fate i fighi a tirare a indovinare.

Non lo sapete!

Smettetela di dire che bisogna fare questo o quest’altro perché sarebbe evidente che bla bla bla.

Non è evidente un bel niente.

Sappiamo solo che il mercato ogni singolo hanno ha il 75% di probabilità di essere in positivo e il 25% in negativo e che su dieci anni questa probabilità è 95% positivo e 5% negativo.

Sappiamo che ogni 18 mesi in media c’è una correzione di oltre il 10% e che ogni 4-5 anni c’è un bear market con il mercato che perde oltre il 20%.

Tutto quel che succede in mezzo non lo sappiamo e ogni tentativo di fare timing è una pagliacciata fotonica.

L’unica cosa che conta davvero è come il nostro portafoglio è inserito all’interno della nostra pianificazione finanziaria.

Se oggi ho, per esempio, 70.000 euro in azioni e 30.000 euro in obbligazioni, sono sereno sul fatto che domani quei 70.000 potrebbero traqnuillamente diventare 35.000?

Certo, probabilmente in uno scenario in cui l’azionario va giù del 50% ci aspettiamo che le banche centrali taglino i tassi con la mannaia e quindi la parte obbligazionaria farà un minimo da contrappeso.

Ma anche così non fosse.

Se per un po’ quei 70.000 diventano 35.000 o anche meno è un problema?

Se è un problema, allora è un problema in qualunque momento di mercato, anche quando i multipli sono più bassi e nessuno va in giro a dire che il mercato è sopravvalutato ogni 3 minuti.

Se è un problema, 70% di azioni non rappresenta l’allocation corretta per te e per il tuo portafoglio.

Ma questo a prescindere dal momento.

Se invece va bene così e sei consapevole che ogni momento è buono perché il valore della tua parte azionaria si dimezzi o anche peggio, allora davvero non capisco il senso di star lì a provare a indovinare la mossa giusta per provare a saltare le crisi di mercato

Tra l’altro di solito è relativamente semplice evitare una crisi.

Se ci pensate, oggi tutti voi che mi ascoltate e con i vostri bei portafogli pieni di azioni felici e contenti come una pasqua, potreste benissimo liquidare tutto, mettere i soldi in un fondo monetario, aspettare che arrivi una crisi che presto o tardi certamente arriverà e poi rientrare trionfalmente nel mercato.

Peccato che:

– UNO: magari stai fuori dal mercato per altri 5 anni (e se saranno 5 anni come il 95-99 ti mangerai per 5 anni le mani e forse anche qualcos’altro), perché se è vero che una prossima devastante crisi stile dot.com o Lehman Brothers capiterà, nessuno ha idea di quando avverrà. I cosiddetti Permabear, quelli tipo Robert Kyosaki o Michael Burry (pur con tutto il rispetto del mondo per il secondo e molto meno per il primo), cioè quelle persone che vedono crisi imminenti in continuazione, hanno previsto almeno una ventina delle ultime 3 crisi.
E’ chiaro che se spari una previsione al giorno in cui vedi il mercato tracollare, prima o poi ci prendi.
Ma da lì ad essere DAVVERO in grado di beccare il tempismo giusto quando davvero serve, ehhhh, ne passa amici miei.

L’estate scorsa Michael Burry, quello della grande scommessa impersonificato da Christian Bale nel film, aveva messo su una posizione short contro il Nasdaq e l’S&P 500 di oltre un miliardo e mezzo di dollari, ovviamente finita male.

Anche i geni prendono spesso delle mazzate sui denti dolorose.

– Il peccato numero DUE invece è che mentre è facile uscire quando tutto va bene, saltarsi la crisi e dire “ve l’avevo detto” quando prima o poi la crisi arriva è un conto; sapere anche quando rientrare è un altro.
Se pensate che basti rientrare quando il mercato inizia a risalire state freschi cari miei.
Anche durante periodi disastrosi come la dot.com bubble il mercato ha avuto buoni momenti.
Per esempio tra aprile e maggio del 2001 il mercato americano è cresciuto di quasi il 10%, cosa che sembrerebbe a chiunque il chiaro segnale di un mercato pronto a ripartire.
In realtà da lì in poi sarebbe ancora sprofondato parecchio per tutto un altro anno e mezzo.

Quindi vorrei chiedere a tutti gli esperti che stanno consigliando di liquidare tutto e mettere i soldi sotto il materasso che informazioni privilegiate hanno per essere sicuri che il mercato stia per crollare e, soprattutto, che sarebbero poi in grado di indovinare il momento in cui rientrare.

Certo, uno può investire in obbligazioni e basta tutta la vita con la motivazione che ogni tot le azioni crollano.

Tecnicamente avrebbe ragione e potrebbe passare il tempo a prendere per il culo tutti gli altri investitori ogni volta che arriva una crisi severa.

Che poi sarebbe anche una scelta redditizia, molto discutibile.

Ma poi posso dire?

Ma speriamo che una bella crisi come si deve arrivi.

Ormai i prezzi a cui ogni mese compro i titoli che ho in portafoglio sono diventati allucinanti.

È bello vedere che tutto va su, intendiamoci, però anche sapere che lo stesso ETF che neanche un anno fa compravo a 70 € a quota oggi costa quasi 100 € mi fa venire male al cuore.

A voler essere seri, comunque, e senza voler con questo indurre a prendere determinate decisioni, il vero problema — tra molte virgolette — è che il mercato casomai è molto concentrato.

Nvidia da sola è responsabile del 30% della crescita dell’S&P mentre se aggiungi Microsoft, Google, Meta e Amazon ecco che hai gli artefici del 50% di tutta la performance dell’indice di quest’anno.

Spesso si guarda la differenza di rendimento tra l’S&P pesato per capitalizzazione e l’S&P equal weight, quello in cui tutte le società pesano allo stesso modo.

Se prendiamo gli ultimi 20 anni fino alla fine del 2023 l’S&P 500 equal weight avrebbe addirittura leggermente sovraperformato quello basato su market cap.

Nel 2024 invece l’indice standard è cresciuto più del triplo di quello equal weight.

Questa cosa significa solitamente che il mercato ha, come si dice, “poche gambe”, ossia non sembra destinato far tanta strada perché solo pochissime società stanno davvero crescendo mentre le altre non se la stanno passando benissimo.

Possibile.

Del resto se Nvidia andasse avanti a crescere a questo ritmo e nei prossimi 12 mesi crescesse di un altro 200% come ha fatto negli ultimi 12, la sua capitalizzazione di mercato andrebbe a 9 triliardi di dollari e varrebbe a quel punto da sola quasi un decimo di tutto l’S&P 500.

Scenario assai improbabile.

Quindi qualche rallentamento sui mega big dell’intelligenza artificiale va messo in conto.

E lì tutto può succedere.

Dall’altra parte è vero che ci sono due cose che possono continuare a far correre i mercati — e pure a lungo:

– Il PRIMO fattore riguarda la scommessa sull’aumento di produttività legato all’intelligenza artificiale. Oggi è tutto Nvidia perché è praticamente l’unico produttore al mondo di quei chip. Ma l’aspettativa è che un domani tutti i settori possano essere rivoluzionati da questa nuova tecnologia, con un impatto potenzialmente devastante sulla capacità di generare utili.
Certo, probabilmente questa cosa creerà pochi big winner che si prenderanno tutta la torta e non ci addentriamo qui sugli aspetti etici, sociali o sulle minacce che l’AI può rappresentare.
Che però sia un’opportunità economica con pochi precedenti nella storia è fuor di dubbio.

– Il SECONDO fattore invece è sempre quello: i tassi di interesse.
Questo mercato sta correndo da due anni con tassi che sono solo saliti come mai era successo dagli anni ’70 ad oggi.
C’è sempre questa carta che la Fed si può giocare.
Se l’inflazione se ne sta buona e la Fed inizia a tagliare i tassi, generalmente questa cosa innesca un nuovo rally dei mercati che potrebbe estendersi anche alle altre società fuori dall’elite delle big tech, nonché alle small cap.

Tra l’altro c’è un tema negli Stati Uniti che riguarda il mercato immobiliare, che è un settore importantissimo dell’economia americana.

C’è chi sostiene — e iniziano ad essere tanti — che paradossalmente i prezzi delle case continuino a salire nonostante la salita dei tassi.

La cosa è controintuitiva perché uno si aspetta che con tassi più alti — e quindi mutui più costosi — i prezzi scendano perché si riducono le compravendite.

In realtà sta succedendo l’opposto proprio perché chi ha comprato casa anni fa ha bloccato dei mutui a tassi molto bassi e sa che se ora vende dovrà poi comprare accollandosi dei mutui molto più costosi (e in America si parla anche di tassi al 7%).

Per questa ragione chi vende non è disposto a scendere di prezzo, anzi, spinge i prezzi al rialzo per compensare poi gli extra costi del nuovo mutuo.

Molti iniziano a pensare che, per quanto strano possa sembrare, abbassare i tassi possa addirittura contribuire a far scendere l’inflazione, dato che i prezzi delle case sono un componente importante nell’indice dei prezzi al consumo, che ciò tramite cui l’inflazione viene misurata.

Vedremo.

Dopo tutto sto viaggio nel presente, nel passato e nel futuro, vediamo come sono andati i principali indici nell’ultimo mese e in generale in questo primo semestre davvero entusiasmante del 2024.

Come ben sapete prendiamo le performance degli ETF UCITS, quelli europei, che tracciano i vari indici, così abbiamo già la performance convertita per un investitore di casa nostra.

Partiamo dal big one, quell’indicione da cui — diciamolo — tutti siamo partiti non sapendo bene da che parte girarci, l’MSCI WORLD.

– L’indice delle grandi società dei paesi sviluppati ha fatto a giugno il +3,7% e da inizio anno è su di uno strepitoso +16%, davvero sei mesi pazzeschi e vedete di non abituarvi troppo bene perché questa è più un’eccezione che una regola.

– L’S&P 500 invece, sospinto da un dato sull’inflazione di Maggio sorprendentemente positivo visto che era stimato a +3,4% anno su anno, invece si è attestato a 3,3% – cioè di per sé un cazzo, però sapete come sono i mercati, basta poco per renderli euforici, dicevo S&P 500 ha fatto un altro mese impetuoso, con un bel +5,5%, che in totale da inizio anno fa — udite udite, rullo di tamburi – +19,7% anche grazie ad un cambio favorevole all’investitore in euro, con il dollaro che continua a rafforzarsi soprattutto da quando la BCE ha iniziato a tagliare i tassi mentre la Fed se n’è stata ferma.

Vediamo anche il Nasdaq100 a sto giro, che ha fatto un roboante +7% a giugno — chiaramente grazie al peso ancora più importante che ha qui Nvidia rispetto all’S&P — per un totale di quasi +22% da inizio anno. Di questo passo, a giugno potrebbe tranquillamente sfondare il +40%.

– Veniamo appunto all’Europa, e quindi le note sono un po’ meno rosee. Lo Stoxx 600 ha fatto -1% a giugno, anche se da inizio anno continua a rimanere in positivo di 9%. E pure il suo cugino minore in Euro, l’Euro Stoxx 50, non è che abbia brillato, anzi: un bel -2% a giugno che porta il risultato annuale a +10,8%.
Le tranvate peggiori se le sono prese la Francia, che in un mese ha perso oltre il 4% e di fatto ha dimezzato la sua performance dall’inizio dell’anno, e indovina indovina, l’Italia, che dopo 5 mesi da urlo ha bruciato anche lei un 4% a giugno e ha aggiornato la sua performance da inizio anno a +13%.

I motivi? Beh le elezioni europee non sono andate esattamente come ci si aspettava. In Francia e Germania c’è stata una grande avanzata delle forze politiche più anti-europeiste, al punto che in Francia addirittura il presidente Emmanuel Macron ha indetto a sorpresa elezioni anticipate nella domenica in cui uscirà quest’episodio e forse quando lo ascolterete saprete già come sono andate.
Le previsioni ad oggi sono che il partito dell’ultradestra francese di Marine Le Pen sarebbe nettamente avanti, così come anche le forze di sinistra, lasciano il partito centrista di Macron con poche speranze.
Non che ci freghi molto della politica francese naturalmente, ma Francia e Germania sono i due azionisti di maggioranza dell’Unione Europea. Se uno dei due inizia ad intraprendere una politica che va nella direzione opposta di una maggiore integrazione politica ed economica degli Stati membri, i mercati se la fanno sotto.
Non è un caso che i rendimenti dei titoli di Stato Francesi siano schizzati, anche a seguito del downgrade di Fitch a AA- per via del suo deficit di bilancio ancora molto elevato.

AA-…
Per noi abituati a BBB- sempre ad un passo dall’essere considerati high-yield, AA- sarebbe un paradiso.
Però in effetti i downgrade non sono mai un bel segnale sulla percezione che il mercato ha di uno Stato e della salute delle sue finanze.

L’Italia segue a ruota perché con il nostro immenso debito pubblico da quasi 3 triliardi di euro e il nostro spaventoso deficit al 7%, solo l’appartenenza all’unione europea e la convinzione dei mercati che qualunque cosa succede la BCE ci salverà il culo a vita non ha fatto tracollare i nostri titoli di Stato.
Però la prospettiva di una Francia che sgretola l’Europa colpirebbe probabilmente ancora più duramente l’Italia che non la Francia stessa, che indubbiamente — mamma mia che cosa dolorosa che sto per dire — dicevo che indubbiamente — no non riesco, cioè dire quello che sto per dire mi fa venire male al cuore e sento nel torace il dolore della testata di Zidane a Materazzi — va beh la dico: la Francia ha un’economia nettamente più forte della nostra e sopporterebbe molto meglio di noi un indebolimento dell’Unione Europea.
L’ho detto.
A volte bisogna dire cose che fanno male.

Comunque quando sarà uscito quest’episodio sapremo chi avrà vinto in Francia e possiamo aspettarci che la prima settimana di luglio sarà estremamente calda sui mercati europei.

– Lasciamo l’Europa e andiamo in Giappone. Qua poco da dire, dopo i mesi euforici tra il 2023 e la prima parte del 2024, il mercato nipponico si è nettamente tranquillizzato, mentre lo Yen continua a indebolirsi sul dollaro, fatto che lascia tutti un po’ alla finestra sulle decisioni della Bank of Japan che come noto è l’unica che ancora sta tenendo i tassi di interesse praticamente a zero.
A giugno +1,5%, mentre da inizio anno circa +10,5%.

– Vediamo infine i mercati Emergenti, che sembrano essersi ripresi dopo il lungo stillicidio iniziato nella primavera del 2021, quasi esclusivamente per effetto del tracollo dei mercati cinesi, e a giugno hanno fatto complessivamente +2% e si sono portati a circa +11% da inizio anno ad oggi.

Sugli scudi sicuramente l’altra grande potenza del mondo non occidentale, ossia l’India, il cui mercato azionario continua a correre facendo +6,5% a giugno e addirittura +20% da inizio anno.

E in onore al nostro caro Paolo Coletti, a sto giro citiamo anche il suo amato Messico che nell’ultimo mese, per effetto del sorprendente esito delle elezioni politiche, ha perso oltre l’11%.
Se non fosse che gli ETF sul Messico costano come parcheggiare in porta nuova a Milano, un pensierino ce l’avrei fatto…

Si scherza eh?

Qua non si fanno scommesse.

Qua a The Bull si investe solo in modo noioso e senza tirare a indovinare.

Sul fronte obbligazionario invece che è successo.

Come facile prevedere, non è stato un buon mese per via delle vicissitudini francesi.

– Se prendo il Bloomberg Euro Aggregate Treasury, che segue l’andamento dei bond governativi dell’Eurozona, l’andamento di giugno è stato un po’ altalena e tra taglietto dei tassi da un lato e tensioni post elezioni europee dall’altro, alla fine ha chiuso il mese fondamentalmente in pari, per un totale di -2% da inizio anno.
Qui siamo su duration intermedie, intorno a 7 anni.
Sui bond a lunga scadenza, con duration magari di 15-20 anni, da inizio anno siamo giù tra il 5 e il 6%, per via della progressiva riduzione nelle aspettative dei tagli dei tassi di interesse.
Ricorderete che a partire da Novembre c’era stato un rally dei bond dovuto alle aspettative di 6-7 tagli nel 2024, ma dato che ora non è nemmeno chiaro se ce ne saranno altri oltre a quello da 0,25 punti deciso da Christine Lagard qualche settimana fa, di fatto il prezzo di questi bond è tornato là dove si trovava 8 mesi fa.

– Fronte Stati Uniti, invece, Treasury decennale è un po’ sceso, ma dal nostro punto di vista un investimento su Titoli di Stato Americani tra 7 e 10 anni a giugno avrebbe fatto +3,5%, più per effetto del cambio che non per uno vero e proprio rally dei titoli di stato a stelle e strisce, che comunque hanno festeggiato la lettura positiva dell’inflazione, con il rendimento che è sceso da 4,5% a 4,2%, salvo poi risalire negli ultimi giorni a 4,4%.
Sapete bene che inflazione che va giù vuol dire maggiore probabilità di taglio dei tassi di interesse e quindi i prezzi salgono perché iniziano a scontare rendimenti futuri inferiori.

– Infine l’oro ha lasciato per strada circa un punto percentuale a giugno, ma per effetto del cambio con il dollaro la perfomance è stata leggermente positiva e comunque da inizio anno, per un investitore europeo, un ETF sull’oro avrebbe fatto il +16% in questi primi sei mesi.

Giusto una menzione su Bitcoin che so che vi piace tanto.
Dopo l’esuberanza dei primi mesi dell’anno, la criptovaluta più amata del mondo s’è placata un attimo e negli ultimi mesi si è decisamente presa una pausa.

-15% nel secondo quarter dell’anno, -9% nel solo mese di giugno, ma stiamo sempre parlando di una roba che da inizio anno ad oggi ha fatto il +43%.

Perché Bitcoin è sceso negli ultimi mesi?

Boh — e chi lo sa.

Forse perché si muove in maniera inversa rispetto ai tassi di interesse.

Un contesto monetario più restrittivo tende a incentivare gli investimenti in asset fortemente speculativi.
Al contrario, finché ci sono i fondi monetari americani che rendono il 5,5% senza rischio, meno persone sono disposte a investire in asset più rischiosi.

Boh, pura teoria campata per aria.

Bitcoin va su e giù con delle logiche tutte sue, che noi solo a posteriori cerchiamo di sistematizzare per soddisfare la nostra umana esigenza che tutto nel mondo risponda ad una storia coerente e non ci sia nulla di casuale.

Ed eccoci di nuovo qua, cari miei affezionati ascoltatori che non avete davvero niente di meglio da fare che ascoltarmi.

Pensate che nemmeno io mi ascolto quando faccio un episodio!

Davvero non so che gusti strani abbiate voi.

Comunque sia, abbiamo chiuso questa prima parte di 2024 e ci apprestiamo ad entrare in un trimestre sempre molto particolare.

Spesso luglio e un mese positivo per le borse, settembre è invece storicamente il mese peggiore dell’anno, vedremo un po’ come va.

Ma se una cosa avete imparato da questo podcast, è quanto inutili siano ragionamenti di questo genere e quanto importante sia lasciar correre i propri portafogli con serenità, senza curarsi troppo di quel che avviene lungo quel che sembrano interminabili mesi e in realtà saranno solo brevi istanti se rapportati alla vostra lunghissima vita da investitori.

Come sempre vi ringrazio per essere ancora qui con me, ridendo e scherzando ci stiamo avvicinando alle 200.000 persone che almeno una volta hanno ascoltato The Bull, ormai che quasi 2 milioni e mezzo di volte la mia voce è risuonata nelle vostre cuffie o nell’abitacolo della vostra auto.

In effetti, almeno a quanto mi dite, sto accompagnando al lavoro e a casa migliaia di persone ogni giorno.

Qualcuno addirittura ha detto che ha smesso di ascoltare la zanzara alla sera per ascoltare The Bull, beh, priceless davvero!

Un saluto a Cruciani e Parenzo che senza dubbio alcuno mi staranno ascoltando.

Se gradite che questa esperienza tragicomica fatta di finanza e scemenze continui, vi invito come sempre a mettere segui e attivare le notifiche su Spotify, Apple Podcast o dove ci ascoltate e a lasciare una recensione a 5 stelle per supportarci e permetterci di continuare a produrre contenuti che mentre vi spiegano i corsi e i ricorsi dei mercati azionari vi riportano agli anni ’90, i più belli che mai saranno esistiti nella storia sempre nuovi.

Per questo episodio invece è davvero tutto e noi ci ritroviamo mercoledì prossimo con il manuale di istruzioni per superare i Bear Market sempre qui naturalmente con The bull il tuo podcast di finanza personale

Recensioni

Quando capisci come funziona la finanza… ti viene voglia di raccontarla!

Ho acquistato e letto il suo libro e l' ho trovato. Esprime i concetti economici in modo semplice e chiaro. Sentirlo parlare conferma che è un professionista del settore.

Giulia N., 11 Ago 2025

Dovrebbero ascoltarlo buona parte degli italiani e io avrei dovuto scoprirlo con qualche anno in anticipo ma meglio tardi che mai

Matteo C., 3 Set 2025

Podcast piacevole, scorre veloce ma in modo estremamente chiaro, spiega i concetti chiave per gestire le proprie finanze, fornendo la classica cassetta degli attrezzi. Complimenti, davvero ben fatto!

Massimiliano, 29 Mag 2024

Veramente veramente raccomandato! la finanza personale riassunta alla perfezione! e spiegata partendo dall'ABC! Ottimo anche da ascoltare a velocita 1,5x!

Giorgia R., 23 Gen 2025

La mia ignoranza in materia mi ha sempre creato dei dubbi, ma grazie a un amico ho iniziato ad ascoltare il podcast. Per fortuna che ho 24 anni e un po' di tempo e soldi da dedicarmi a imparare le varie nozioni per me stesso. Grazie mille!

Luca G. 10 Ott 2025

Da quando l'ho scoperto in 15 gg mi sono ascoltato 150 puntate senza fermarmi, ho annullato gli altri podcast per portarmi alla pari ed ascoltare tutte le precedenti puntate, ben fatto, esattamente il livello di informazione che mi serviva

Gianluca G., 11 Set 2025

Podcast che dà sempre spunti interessanti che personalmente mi ha fatto appassionare alla finanza personale spingendomi ad approfondire in prima persona.

Lorenzo, 13 Mar 2025

Riccardo mi ha letteralmente cambiato la vita e fatto scoprire che amo la finanza, ho ascoltato il podcast già due volte e non mi stufo mai di ascoltarlo, parla in modo semplice e chiaro

Massimo D., 23 Set 2025

Ho seguito tutte le puntate! Grazie veramente

Amalia A., 17 Set 2025
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