La Magia del Ribilanciamento e il Demone di Shannon

Ribilanciare il portafoglio migliora la gestione del rischio, ottimizza il risk-adjusted return e, a volte, genera addirittura del rendimento supplementare, superiore a quello delle sue singole asset class. Tutto questo grazie ad un apparente paradosso chiamato Demone di Shannon.

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152. La Magia del Ribilanciamento e il Demone di Shannon

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Punti Chiave

La volatilità danneggia il rendimento medio composto degli investimenti.

Il Demone di Shannon spiega come il ribilanciamento di asset decorrelati possa aumentare i rendimenti, migliorare il risk-adjusted return e la gestione del rischio.

Trascrizione Episodio

Bentornati a The Bull — il tuo podcast di finanza personale

Mo cosa s’è fumato sto qua.

Un episodio di un podcast di finanza personale dedicato ad un demone, lo so, non ve lo aspettavate.

Per i tanti nati grosso modo tra gli anni 80 e 90, preciso che oggi non parliamo di un noto drago verde evocabile tramite 7 sfere che può resuscitare i morti.

Quello era Shenron, mentre oggi parliamo di un altro genio, Claude Shannon, per evocare il quale non servivano sfere magiche sparse ai 4 angoli dell’universo ma bastava probabilmente prendere un appuntamento nel suo orario di visite all’MIT.

Mi raccomando abbiate un po’ di fede e pazienza perché quello di oggi si candida a diventare uno degli episodi più importanti di The Bull, perché andrà proprio a sviscerare come funziona il ribilanciamento del portafoglio e daremo a questa cosa un’impareggiabile dignità teoretica andando a scomodare addirittura il padre della teoria dell’informazione.

La dico in un altro modo.

Oggi torniamo sul tema del ribilanciamento del portafoglio ma sveliamo dei comportamenti del tutto controintuitivi di quel che ai portafogli succede quando mescoliamo tra di loro le asset class di cui sono composti.

Un’altra di quelle situazioni che tanto mi piacciono in cui la matematica a cui siamo abituati smette di funzionare in finanza, lasciando spazio a dei risultati che hanno quasi del miracoloso.

E per fare questo tireremo fuori una delle più affascinanti applicazioni di una cosa che Shannon aveva scoperto nella sua lunga ricerca e che per la sua natura apparentemente contraddittoria aveva chiamato Demone.

In realtà i matematici fanno spesso così.

Anche il grande Fisico James Maxwell, il padre dell’elettromagnetismo, aveva inventato un famoso esperimento mentale passato alla storia come il Demone di Maxwell per spiegare un paradosso del secondo principio della termodinamica.

Va beh sto divagando.

Torniamo a Shannon.

Se Alan Turing è stato probabilmente il padre di tutto ciò che avrebbe portato alla nascita dei computer e dell’informatica in generale, Shannon è stato forse il secondo personaggio più importante della vicenda.

Con il suo lavoro ha di fatto posto le basi della teoria dell’informazione, ossia di come funziona la trasmissione di un’informazione da un punto a ad un punto b attraverso una macchina, che è più o meno la cosa più importante che succede nel mondo, miliardi di volte ogni giorno.

Pare che sia anche quello che ha inventato la parola BIT, che è l’unità di misura base dell’informazione.

Ok però detto questo di Shannon non ci interessa granché.

Se oggi voi state ascoltando la mia voce registrata nella camera di mia figlia tramite il vostro smartphone è probabilmente merito suo, ma ai fini del discorso di oggi ci interessa una sua scoperta affascinante che spiega perché il ribilanciamento dei portafogli fa succedere cose che uno non si aspetterebbe.

Andiamo con ordine.

Intanto perché ne parlo oggi, a questo 152° meeting bisettimanale degli appassionati di finanza personale anonimi?

Avrei potuto farlo tipo 100 episodi fa?

Sicuramente sì.

Lo faccio oggi perché benché le conseguenze del fenomeno descritto dal Demone di Shannon mi erano abbastanza chiare e a tratti le avevamo anche toccate, dell’esistenza di questo fenomeno e della sua implicazione per la finanza sono venuto a conoscenza relativamente da poco.

E siccome ci stiamo avvicinando alla fine dell’anno, momento tipico in cui molti investitori mettono mano al portafoglio e valutano dei ribilanciamenti, quale momento migliore per tirare fuori dal cilindro questo argomento!

In realtà di ribilanciamento avevamo parlato più volte in passato e in particolare nell’episodio 117.

Allora cosa avevo detto fondamentalmente?

Se non ricordo male — e vado a memoria, perché l’idea di riascoltare la mia voce in quell’episodio non mi passa manco per l’anticamera del cervello — i due takeaway principali erano i seguenti:

– Il primo era che non si ribilancia per aumentare il rendimento del portafoglio; si ribilancia per una questione di gestione del rischio del portafoglio, ossia per allineare il livello di rischio del mio portafoglio con le mie esigenze. E questo a sua volta per due motivi:

– Il motivo UNO è che le esigenze della vita cambiano e con esse deve cambiare anche il bilanciamento della mia asset allocation, a seconda che possa permettermi più o meno rischio finanziario nella mia vita;

– Mentre il motivo DUE è che come sappiamo i portafogli, almeno fino a prova contrario, tendono ad avere una “deriva”, in gergo tecnico un drift, verso la parte azionaria. Dato che le azioni fino ad oggi hanno reso di più delle obbligazioni, delle materie prime, dell’oro e così via, se lascio semplicemente correre il mio portafoglio dopo un tot di anni mi troverò con una quota azionaria molto più grande di quella da cui ero partito — e non è detto che questa cosa vada bene, perché con essa aumenterà anche il rischio del mio portafoglio.

– Il secondo takeaway, invece, riguardava il momento ottimale per ribilanciare. Incrociando i risultati di diversi studi che se volete potete trovare sempre nella descrizione di quell’episodio, eravamo giunti alla conclusione che molto spesso lo sweet spot, il momento mediamente migliore per ribilanciare, era grosso modo quando l’asset allocation si spostava di circa il 10% rispetto al portafoglio iniziale.
In realtà nell’episodio di allora avevo lasciato intendere che se fossi partito con un portafoglio 60/40, il momento migliore per ribilanciare sarebbe stato quando il drift avesse portato a 65/35. Ripensandoci forse l’idea di tollernza del 10% di quegli studi si riferiva alla singola asset class, quindi quando quel portafoglio, per esempio, da 60/40 passava a 70/30. Ad ogni modo, poco cambia.
Il punto era: non serve essere chirurgici e ribilanciare ogni due per tre, tenere un 10% di tolleranza per il drift soprattutto dell’asset class azionaria è mediamente la strategia che ottimizza meglio la performance del portafoglio.
Ripeto: mediamente.
Poi il singolo caso del singolo portafoglio può essere diverso.

Ok?

Ora, tutto ciò lo riconfermo.

La cosa nuova di cui parliamo oggi, però, legata a sto benedetto demone, è che il ribilanciamento fa succedere cose che matematicamente non ci aspetteremmo.

Come vedremo, quando si ribilancia possono succedere tre cose:

– O viene ridotta la volatilità del portafoglio — e quindi ridotto il rischio;

– O viene migliorato il risk adjusted return, quindi il rendimento in proporzione al rischio che mi assumo;

– Oppure, e questo è il caso più clamoroso, ci sono situazioni in cui ribilanciare può addirittura aumentare il rendimento assoluto del portafoglio. E soprattutto questa era la cosa che ci ho messo un po’ a digerire, perché matematicamente non ha senso.

La cosa straordinaria, comunque, è che molto spesso il rendimento prodotto da un portafoglio composto di diversi asset che vengono ribilanciati tra loro è superiore alla media ponderata dei rendimenti dei singoli componenti del portafoglio.

Io ho stesso, sia nel podcast che nel mio libro, ho proposto spesso un ragionamento ipersemplificato nella costruzione del portafoglio, ma non completamente corretto.

Cioè spesso ho detto.

Prendiamo il portafoglio più semplice del mondo. Azioni internazionali da una parte e obbligazioni governative dall’altra.

Le azioni internazionali rendono in media 7-8% all’anno, le obbligazioni governative, 3-4%.

Diciamo quini 7,5% le azioni, 3,5% le obbligazioni.

Se faccio quindi il mio bel portafoglio 70/30, 60/40, 50/50 o quel che volete, mi aspetto che il rendimento del portafoglio sia la media ponderata dei rendimenti delle due asset class no?

Con il 60/40, mi aspetto che venga:

– 7,5% per 60%, che fa 4,5%

– 3,5% per 40% che fa 1,4%

4,5 + 1,4 fa 5,9%, quindi mi aspetto che il rendimento nominale di un portafoglio 60/40, in media, sia 5,9%.

In realtà il demone di Shannon spiega per quale motivo le cose potrebbero non andare proprio così.

Ma che in realtà potrebbero andare meglio.

Ciò il Demone di Shannon, la dico in maniera un po’ estrema, è il motivo matematico per cui sarebbe possibile creare dei rendimenti, come dicono in America, out of thin air, che in italiano potremmo tradurre con “di sana pianta”.

Vediamo in che senso e poi che applicazioni pratiche, molto importanti per noi ogni volta che valuteremo di ribilanciare il nostro portafoglio, tutto ciò può avere.

Ora il concetto del Demone di Shannon deriva da un apparente paradosso della teoria dell’informazione, ma noi qua vediamo la sua trasposizione nell’ambito finanziario, perché del resto questo podcast è The Bull e non Geopop o Fucking Genius.

Immaginatevi il lancio di una moneta.

Come noto, supponendo che la moneta non sia truccata, avremo ad ogni lancio un 50% di probabilità che esca testa e un 50% che esca croce.

Metà e metà.

Se faccio pochi lanci possono uscirmi anche una serie di Testa consecutive, ma se faccio 1.000 lanci probabilmente ne avrò circa 500 per lato.

Se faccio fare ad un computer 10.000 simulazioni di 1.000 lanci probabilmente otterrò la curva di Gauss.

Cioè il 67% delle simulazioni sarà compreso all’interno della prima deviazione standard rispetto alla media perfetta 500 testa e 500 croce e poi via via sempre più rari i casi in cui il numero di testa o di croce prevale in maniera più significativa.

Forse nelle code ci sarà un caso estremo in cui è uscito 1.000 volte di fila testa o 1.000 volte di fila croce.

Tra l’altro c’è un passaggio esilarante in Giocati dal caso di Nassim Taleb cib il suo personaggio immaginario Fat Tony, trader di brooklin dall’approccio molto più pratico dei secchioni di Wall Street usciti da Harvard o da Wharton, parla proprio di questa cosa dice: di fronte alla situazione di una moneta che fa 100 volte test a (o forse 10 volte testa, non mi ricordo esattamente) come reagiscono il professionista medio di Wall Street e Tony Ciccione?

Il primo dice che è statisticamente possibile, benché improbabile, che una moneta dia 100 volte testa.

Tony Ciccione invece risponderebbe: “sei un sucker, un ingenuotto, perché la moneta è sicuramente truccata”.

Torniamo a noi.

Il gioco funziona così.

Si parte con 100 €.

Ogni volta che esce testa guadagni il 50%, mentre ogni volta che esce croce perdi il 33,3%.

Perché 33,3%?

Perché naturalmente quando un valore cresce del 50%, poi basta che perda il 33,3% per tornare al punto di partenza.

Viceversa quando un valore diminuisce del 33,3%, deve poi fare + 50% per tornare in pari.

Lo sappiamo.

Le percentuali negative sono delle inc**ate in finanza.

Si perde molto di più quando si perde di quanto si guadagna quando si guadagna.

Ora, se c’è ancora qualcuno all’ascolto continui a seguirmi.

Se vi chiedessi, se parto con 100 € e ad ogni lancio posso fare o +50% o -33,3%, quale sarà in media il risultato finale?

Risposta esatta, nonché molto banale, 100 €.

Testa, vado a 150.

Croce torno a 100.

Di nuovo croce, vado a 66,6.

Di nuovo testa torno a 100 e così via.

Sul lungo termine, mi aspetto di finire molto vicino a 100.

E sticazzi mi direte?

Ci sto arrivano, abbiate pazienza.

Del resto mi ascoltate mentre guidate, mentre siete in palestra, mentre uscite il cane o mentre cucinate, non è che posso andare troppo di fretta sennò vi perdo tutti per strada.

Dove sta il demone?

Ecco il demone sta lì se cambiamo le regole del gioco in questo modo.

In pratica io parto a giocare con 50 € destinati alla puntata e 50 € che restano in cash e la regola e che dopo ogni lancio ribilancio in modo da avere sempre metà che scommetto nel testa o croce e metà che resta fuori come cash.

Facciamo un esempio.

Testa. Vinco 25 €, ossa il 50% di 50€. In totale avrò quindi 125 €. Divido in due e avrò 62,5 € da giocare al prossimo turno e 62,5 in cash.

Croce. Perdo 20,83 €, ossia il 33,3% di 62,5. Mi ritrovo così con 104,17 €. 52,08 li userò per il prossimo turno, mentre 52,08 restano in cash.

E così via.

Chiaro?

Ad ogni turno, sia che esca testa che croce, prendo scommetto metà del capitale e poi ribilancio con il cash, così da avere sempre metà e metà.

La cosa straordinariamente sorprendente — e qui sta il demone — è che anche se testa e croce hanno entrambi le stesse probabilità di uscire, se ribilancio il mio risultato finale nel lungo termine sarà quasi sempre positivo.

Cioè si dimostra che il giochino che abbiamo appena fatto porta ad un risultato positivo.

Per la precisione, in media ipotizzando di fare un lancio all’anno, la crescita del mio capitale che posso aspettarmi è di circa il 2% annuo composto.

BPFF!!!

Quando ho capito sta cosa, cioè avete presente, wow! Non ci potevo credere!

Ma come?

In che senso?

Chiaramente se sostituiamo testa e croce che due asset class non correlate tra loro — come lo sono testa e croce — scopriamo che esiste appunto la possibilità di creare del rendimento anche laddove ci aspetteremo zero rendimento.

Andiamo per gradi.

Spieghiamo bene prima una cosa.

E dal terzo episodio che vi sfrantumo i cosidddeti con il concetto di rendimento medio composto e di media geometrica.

Cioè diciamo sempre: attenzione, il rendimento medio di un investimento di tot anni non corrisponde alla media aritmetica del rendimento dei singoli anni, ma alla media geometrica.

Per esempio prendiamo il rendimento degli ultimi 10 anni dell’MSCI World, giusto per fare una cosa originale.

Dal 2014 al 2023, anno dopo anno, ha fatto

+5,5%

-0,32%

+8,15%

+23,07%

-8,2%

+28,4%

+16,5%

+22,35%

-17,73% e infine l’anno scorso

+24,42%

Vi risparmio i calcoli, ma se fate la media aritmetica, cioè sommate queste 10 percentuali e dividete per 10, il risultato medio è 10,21%.

Ma se io avessi investito 10.000 € nel 2014, alla fine del 2023 non sarebbero cresciuti del 10,21% all’anno, superando i 26.000 €, ma si sarebbero fermati a circa 24.000, crescendo solo del 9,2% composto.

Com’è possibile sta roba?

Dove se ne sono andati i miei 2.000 euro?

Perché la media aritmetica non coincide con quella geometrica?

La risposta è: per via della volatilità.

Cioè più un asset è volatile, più il rendimento medio composto diverge dal rendimento medio aritmetico.

Attenzione al paradosso.

Se per assurdo l’MSCI world fosse cresciuto esattamente del 10% all’anno tutti gli anni, la media geometrica e quella aritmetica sarebbero coincise.

Anche il mio rendimento medio composto sarebbe stato esattamente del 10%.

Se invece avesse fatto +25% metà degli anni e -5% l’altra metà, la media aritmetica sarebbe stata sempre 10%. Ma il rendimento medio composto sarebbe sceso a poco sotto il 9%.

Facciamo un esempio esagerato e irrealistico, ma per togliere ogni dubbio.

Metà degli anni fa +50%, l’altra metà -30%.

Media aritmetica: sempre 10%, ma l rendimento medio composto qui sprofonda addirittura a poco meno del 2,5%.

Capite com’è assurda la matematica della finanza?

A parità di media aritmetica, l’asset più volatile perde per strada più rendimento.

Ndo sta il mio rendimento?

Perché la volatilità se lo magna via?

Esiste una regoletta semplice che spiega abbastanza bene questa cosa.

Non è precisissima e non vale nei casi estremi.

Ma funziona abbastanza bene nei casi reali.

In pratica il pezzo che manca è metà della varianza.

La varianza — come sapete tutti molto meglio di me — è quanto i valori di un campione sono dispersi rispetto alla media.

Lo spiego con un esempio scemo, matematicamente non rigoroso ma che rende l’idea.

Ammettiamo che fate una festa, avete ordinato 10 pizze e dovete tagliare ciascuna in 8 fette.

Teoricamente, se le pizze sono più o meno della stessa misura, le fette dovrebbero essere tutte uguali.

In realtà non ce ne sarà nessuna uguale all’altra.

La maggior parte sarà molto simile ad un ottavo preciso di pizza, qualcuna la tagliate male e la fetta vi viene più grande o più piccola, l’ultima non ne potete più e la tagliate così grande che sembra praticamente un quarto di pizza.

Ecco il range che va dalla fetta di pizza più piccola a quella più grande, rispetto al valore medio che dovrebbe essere una fetta precisa equivalente ad un ottavo, è la varianza.

Se tu prendi una fetta a caso, puoi aspettarti di beccarti una fetta striminzita, una fetta precisa o una fetta che è grande quasi un quarto, ma non una fetta grande come metà pizza, né una fetta larga un centimetro.

Sostituisci fetta di pizza con rendimento annuo di un investimento è hai il concetto di varianza in finanza.

Dato che la formula della varianza è un valore elevato al quadrato, nei casi reali di solito si usa la radice quadrata della varianza, che si chiama, come noto, deviazione standard, ossia la misura che si usa in finanza per misurare la volatilità, intesa spesso rischio.

Quando variano i rendimenti di un certo asset rispetto alla sua media?

Tanto? Allora la deviazione standard è alta e l’asset è, da un punto di vista finanziario, rischioso.

Poco? Allora la deviazione standard è bassa e l’asset è poco rischioso.

Solita roba.

Abbiamo imparato oggi che maggiore è la volatilità, quindi maggiore è la deviazione standard (che appunto è la radice quadrata della varianza), più sono i rendimenti che perdiamo per la strada.

Se io faccio: media aritmetica MENO metà della varianza (o metà della deviazione standard al quadrato che è la stessa cosa) e più o meno ottengo la media geometrica.

Perché metà della varianza?

Credo derivi da una formula matematica che si chiama espansione di Taylor, ma direi che sto episodio è già abbastanza complicato così.

Facciamo una pausa e riassumiamo.

Il concetto fondamentale è che più un asset o un portafoglio è ballerino, più rendimento lascio per strada, perché il rendimento medio composto (ossia la media geometrica) si riduce rispetto alla media aritmetica dei rendimenti.

Abbiamo poi detto la formula.

Media aritmetica, cioè la somma dei rendimenti di ogni anno diviso il numero totale di anni, MENO metà della varianza UGUALE media geometrica o rendimento medio annuo composto.

Come ci siamo arrivati qui?

Eravamo al demone di Shannon e al discorso delle monetine.

Vi ricordate.

Se guadagno il 50% quando esce testa e perdo il 33,3% quando esce croce, per quanto ci provi alla fine il mio risultato più probabile è di finire in pari, senza nessun guadagno.

Ora che abbiamo capito sta cosa della volatilità che si mangia via il rendimento aritmetico abbiamo anche capito perché questa cosa del testa o croce fatta così non ci fa guadagnare.

Se ci pensate, il rendimento medio aritmetico del testa o croce sarebbe positivo.

50% MENO 33,3% diviso 2 fa circa 8,4%, non fa zero.

Perché però se faccio continuamente testa o croce invece non guadagno niente?

Per il motivo che abbiamo appena spiegato.

Se prendete excel e gli mettete dentro una serie casuale di +50% e di -33,3% e gli chiedete di calcolare la deviazione standard della serie, lui vi dirà che è un valore più o meno di 42,1.

Che è una volatilità altissima.

Per confronto, la volatilità storica annualizzata dell’S&P 500 è intorno a 15.

Se quel valore di 42,1 lo mettiamo nella formula che dicevamo prima cosa succede?

Succede che se prendo la media aritmetica, 8,4% e gli tolgo 42,1% elevato al quadrato diviso 2 ottengo circa 0, ossia la mia geometrica, il fatto che il mio rendimento composto è zero.

Fa niente se vi siete persi nel conto.

Basta aver capito perché il concetto di fondo: ossia perché se guadagno 50% e poi perdo 33,3% in media ottengo 0 e non un risultato positivo.

Chiaro?

Così abbiamo anche capito perché quando il valore delle azioni scende fa più male di quanto fa bene quando salgono.

Ora torniamo al demone.

Abbiamo detto che se scommetto solo metà dei soldi e l’altra la tengo sempre in cash e ribilancio ad ogni lancio della moneta posso creare un rendimento dal nulla.

Adesso sappiamo qual è il motivo matematico, ossia che se scommettiamo solo metà dei soldi, avremo metà della volatilità.

Quindi non sarà più 42,1, ma circa 21.

Se prima il passaggio dalla media aritmetica a quella geometrica faceva zero, qui invece, fa circa 2%.

E infatti avevamo già anticipato che se scommetto a testa o croce ma ribilancio ogni volta mettendo metà dei soldi in cash ottengo circa un rendimento del 2% medio composto ad ogni lancio.

Soldi creati dal nulla.

Pazzesco no? Se non ci credete, rifate voi i conti.

Allora lo so che non è semplicissimo seguire senza vedere i numeri.

Facciamo una cosa.

I punti da ricordare prima di proseguire sono:

– Il rendimento medio annuo composto di un investimento equivale al rendimento medio di ciascun anno meno la volatilità; più un asset è volatile, più perdo soldi per strada;

– Se uso due asset decorrelati (come nel caso dei soldi scommessi a testa o croce e il cash) e ribilancio posso ottenere del rendimento gratis.

Tutto il resto è la spiegazione matematica.

Se l’avete capita bene, se non l’avete capita è perché l’ho spiegata male io ma sticazzi, l’importante è aver capito il risultato.

A questo punto potreste chiedermi: “ma quindi se io ribilancio aumenta il rendimento del portafoglio grazie al demone di Shannon?”.

Ottima domanda, grazie.

La risposta a questa domanda è duplice.

– UNO: questa cosa succede, cioè ribilancio e il mio rendimento aumenta rispetto a non ribilanciare, quando ho due asset che hanno rendimenti simili nel periodo di tempo considerato e che sono decorrelati tra loro. Adesso vi faccio un esempio prendendo l’S&P 500 e l’oro e vedrete il risultato sconvolgente.

– DUE: questa cosa non succede con asset che hanno rendimenti molto diversi tra loro, ma se sono comunque decorrelati ribilanciare ha spesso tre conseguenze molto positive:

– O aumenta il risk-adjusted return;

– O aumento il rendimento del portafoglio rispetto alla media ponderata del rendimento delle due asset class;

– O entrambe le cose.

Vediamo qualche esempio così ci capiamo per bene.

PRIMO ESEMPIO: 50% S&P 500 e 50% ORO.

Prendo i dati dal 1972 al 2008, che è un intervallo un po’ particolare, ma questo è un raro caso in cui prendere ad hoc le date è utile per far vedere i possibili assurdi risultati della matematica finanziaria.

In quel lasso di tempo l’S&P ha reso circa 9,2% all’anno. Ovviamente meno della sua media storica a doppia cifra perché abbiamo fatto finire il back test nell’anno della grande crisi finanziaria.

L’oro invece nello stesso periodo ha reso l’8,4%.

Uno si aspetterebbe che, dato che il portafoglio è metà oro e metà S&P, il rendimento medio annuo del portafoglio sia a metà strada tra 8,4 e 9,2.

Invece, l’effetto magico del demone di Shannon fa sì che in questo caso, ribilanciando ogni anno, il rendimento medio annuo composto del portafoglio salga addirittura al 10,3%.

Capito?

Cioè il fatto di ribilanciare il portafoglio, in questo caso, ha creato un rendimento superiore a quello delle due asset class prese singolarmente.

E ditemi se non è del tutto controintuitiva questa cosa!

Se non avessimo ribilanciato, invece, avremmo ottenuto circa 8,8%, che è appunto a metà strada tra il rendimento di azioni e oro.

Facciamo ora un altro backtest senza prendere date ad hoc.

Partiamo sempre dal 1972, che è il primo anno intero da quando è stata eliminata la convertibilità aurea del dollaro, e arriviamo alla fine del 2023.

L’S&P ha fatto 10,5%

L’Oro ha fatto 7,5%.

Un portafoglio metà e metà ribilanciato ogni anno avrebbe fatto 10,2%.

Praticamente tanto quanto l’S&P 500, nonostante la media dei rendimenti dei due asset sarebbe nettamente più bassa, e con il vantaggio di avere una volatilità inferiore, un drawdown massimo minore e in generale un miglior Sharpe ratio.

La coppia azioni / oro è forse il più formidabile esempio della magia del ribilanciamento grazie dal principio del demone di Shannon, avendo rendimenti non lontanissimi tra di loro e del tutto decorrelati.

La stessa cosa funziona anche con l’accoppiata Oro / Treasury a 10 anni.

Dal 1972 al 2023, un portafoglio fatto metà e metà e ribilanciato ogni anno avrebbe reso 7,7%, leggermente di più del rendimento di entrambi presi singolarmente.

SECONDO ESEMPIO: non poteva mancare il 60/40 e usiamo per semplicità la versione americana.

L’S&P ha fatto 10,5% all’anno abbiamo detto.

Il Treasury a 10 anni ha reso 6,4%.

Tu ti aspetteresti 10,5*0,6 + 6,4*0,4 UGUALE circa 8,9%.

E invece il rendimento medio composto è stato 9,3%.

Ribilanciare ha aumentato il rendimento rispetto alla media ponderata dei rendimenti dei due asset.

Qui però c’è una differenza rispetto al discorso azioni / oro.

La differenza è che se non ribilancio il rendimento del portafoglio aumenta, non diminuisce.

Va infatti a 9,6%, contro il 9,3%.

Questo perché diversamente dalla situazione di prima, in cui le due asset class avevano rendimenti più vicini tra di loro, nel caso di azioni e obbligazioni ad una certa le azioni prendono il sopravvento.

Se per 50 anni non ribilanci un portafoglio 60/40 questo arriva alla fine che diventa 90/10.

Il famoso “drift” di cui avevamo parlato anche l’altra volta.

Lo svantaggio di ribilanciare in questo caso è che perdo rendimento.

Il vantaggio è che miglioro il risk-adjusted return.

Cioè, a parità di rischio, guadagno di più.

E comunque se per me andava bene un portafoglio 60/40, difficilmente poi mi andrà bene un portafoglio 90/10.

ULTIMO ESEMPIO: lasciamo gli Stati Uniti e andiamo in Europa, con il 60/40 fatto di MSCI World e obbligazioni governative globali.

In questo caso ho i dati dal 1985.

L’MSCI World avrebbe fatto 8,2% all’anno.

Il FTSE G7 Global Government bond avrebbe fatto 4,2.

In questo caso il ribilanciamento annuale porta poco beneficio in termini di rendimento, che è solo leggermente superiore alla media ponderata dei rendimenti delle asset class di cui è composto.

Si ottiene però un deciso miglioramento del risk-adjusted return.

0,65 quello complessivo, contro circa 0,57 se non ribilancio.

Il miglior risultato possibile, invece, si sarebbe ottenuto, come avevamo detto nell’episodio 117, ribilanciando lasciando il drift della parte azionaria tocca il 10%.

Cioè in pratica si aspetta che il portafoglio diventi 70/30 e lo si ribilancia a 60/40.

Facendo così si ottiene anche un deciso miglioramento del rendimento, che passa da 6,6 ribilanciando ogni anno a 7,25% ribilanciando con tolleranza al 10%.

L’ho fatto solo nel caso europeo, ma in realtà questa cosa del 10% avrebbe leggermente migliorato le performance anche dei portafogli americani, forse con un impatto lievemente meno visibile.

Questa cosa che abbiamo visto sembra funzionare all’interno della stessa asset class.

Per esempio se usiamo due fattori parzialmente decorrelati tra loro come la classica coppia Value e Momentum sembra che otterremmo dei risultati coerenti con quel che stiamo dicendo.

Negli ultimi 25 anni per esempio, Momentum come sappiamo ha tirato molto di più, mentre Value ha sofferto parecchio soprattutto da dopo il 2008.

Un portafoglio 50/50, però, ribilanciato ogni volta che il drift tocca il 10%, avrebbe reso quasi quanto momentum ma con un miglior risk-adjusted return e dei drawdown e delle perdite massime più contenuti.

Fatto tutto questo viaggio che neanche sotto LSD la vostre mente avrebbe tanto vagato, tiriamo un po’ le somme.

Le cose da portarsi a casa di quest’episodio sono le seguenti.

NUMERO UNO: il rendimento medio composto di un investimento viene danneggiato dalla volatilità. Maggiore è la volatilità, minore sarà il rendimento medio annuo composto rispetto alla media aritmetica dei rendimenti annuali.

Un asset che fa tanti anni straordinari e pochi anni disastrosi potrebbe comunque non avere delle performance così positive come ci si aspetta.

NUMERO DUE: per effetto del Demone di Shannon, quando si ribilanciano due asset class decorrelate si ottengono degli effetti benefici e probabilmente quando si ribilancia al raggiungimento del 10% di tolleranza, invece che esattamente una volta all’anno.

Questi benefici sono:

– Un miglioramento del rendimento generale se i due asset tra cui ribilanciamo hanno rendimenti simili, sono piuttosto volatili e sono completamente decorrelati;

– Un miglioramento del risk-adjusted return nel caso siano decorrelati ma non del rendimento complessivo se partono con rendimenti individuali piuttosto distanti tra loro e in generale

– Un miglioramento della gestione del rischio, evitando così che il drift ci porti ad avere portafogli lontani dal nostro profilo di investitori.

Quindi gente, che dire, ribilanciate, ribilanciate, ribilanciate!

Vi lascio con una precisazione, perché chiaramente tutto questo bel discorso ha un però.

In tutto questo discorso non ho fatto simulazioni con i piani di accumulo, che certamente vanno ad appiattire un po’ tutti i ragionamenti.

Resta tutto valido, ma si vedrebbero meno gli effetti che abbiamo discusso oggi.

Quando però il nostro portafoglio diventa corposo e l’effetto dei piani di accumulo diventa marginale — perché chiaramente una volta che il nostro portafoglio vale magari 200-300.000 euro, i 500-1000 euro che investo ogni mese non gli fanno niente — ecco, a quel punto il ribilanciamento si può fare solo vendendo l’asset cresciuto tanto e comprando quello rimasto indietro.

Questo cosa non è a costo zero.

Soprattutto in Italia.

Perché dovrei considerare i costi di transazione, che tuttavia potrebbero essere molto bassi se il broker applica condizioni favorevoli, mentre sicuramente più rilevanti sono le tasse, visto che ogni volta che ribilancio scatta la tassa sul capital gain.

Allo stesso modo, tuttavia, bisogna anche ricordare che il senso di investire non è accumulare i soldi, contemplarli come Gollum fa con l’anello per 500 anni e poi passare a miglior vita.

I soldi vanno spesi.

E il nostro portafoglio va costruito per questo.

A meno che l’obiettivo non sia arrivare alla pensione senza toccare un centesimo — caso raro — ogni qualvolta riterremo di voler mettere mano al portafoglio per far fronte ad una certa spesa, quella potrebbe essere l’occasione buona per ribilanciare, visto che in quel caso le tasse le avrei pagate comunque.

Non è una cosa facilmente pianificabile, però il discorso “se ribilanci perdi gli effetti del rendimento composto” è vero sino ad un certo punto, perché solo nei back test i portafogli crescono e basta.

Nella vita reale, i soldi vanno anche usati altrimenti tanto vale accumularli.

E su questa, care amiche e cari amici di The Bull, ci salutiamo anche oggi al termine di un episodio che avrà messo a dura prova la vostra attenzione e la vostra resistenza, ma spero davvero che siate riusciti a portarvi a casa i concetti principali perché penso che comprendere questi meccanismi della controintuitiva matematica della finanza sia fondamentale per prendere decisioni più consapevoli e indipendenti con i vostri soldi.

Se invece non c’avete capito una mazza, mea culpa, scrivetemelo su Instagrama a The Bull_finance oppure su spotify nei commenti, o dove vi pare e cercherò di porvi rimedio nei prossimi episodi, perché sento come particolarmente importante che i concetti di oggi siano stati passati nel migliore dei modi.

Per la vostra pazienza e il vostro affetto vi ringrazio ancora una volta, per chi ci sarà ci vediamo il 5 novembre alle 18:00 alla libreria Hoepli in zona Duomo a Milano e come sempre vi invito a mettere segui e attivare le notifiche su spotify, apple podcast o dove ci ascoltate e a lasciare una recensione a 5 stelle per supportarci e permetterci di continuare a produrre contenuti che, va beh oggi è facile, vi spiegano le pazzesche regole del ribilanciamento del portafoglio con demoni e monetine sempre nuovi.

Per questo episodio invece è davvero tutto e noi ci risentiamo domenica prossima per un nuovo appuntamento assieme e avremo ospite Marco Casario che è venuto a trovarci dopo avermi ospitato nel suo canale Youtube e ci parlerà della sua strategia Core Satellite sempre qui, naturalmente, con The Bull il tuo podcast di finanza personale.

Recensioni

Quando capisci come funziona la finanza… ti viene voglia di raccontarla!

Non sono solito a mettere recensioni e specialmente non ascolto podcast, ma da quando ho iniziato questo, faccio fatica a staccarmi, e quasi non posso più fare a meno di ascoltare e arricchirmi culturalmente.

Andrea V., 22 Set 2025

La mia ignoranza in materia mi ha sempre creato dei dubbi, ma grazie a un amico ho iniziato ad ascoltare il podcast. Per fortuna che ho 24 anni e un po' di tempo e soldi da dedicarmi a imparare le varie nozioni per me stesso. Grazie mille!

Luca G. 10 Ott 2025

Ho seguito tutte le puntate! Grazie veramente

Amalia A., 17 Set 2025

Ho acquistato e letto il suo libro e l' ho trovato. Esprime i concetti economici in modo semplice e chiaro. Sentirlo parlare conferma che è un professionista del settore.

Giulia N., 11 Ago 2025

Veramente interessante, chiaro e conciso. Cambia la vita finanziaria di chiunque.. da ascoltare assolutamente anche per chi di finanza non vuole occuparsi mai

Francesca B., 6 Apr 2024

Da quando l'ho scoperto in 15 gg mi sono ascoltato 150 puntate senza fermarmi, ho annullato gli altri podcast per portarmi alla pari ed ascoltare tutte le precedenti puntate, ben fatto, esattamente il livello di informazione che mi serviva

Gianluca G., 11 Set 2025

Dovrebbero ascoltarlo buona parte degli italiani e io avrei dovuto scoprirlo con qualche anno in anticipo ma meglio tardi che mai

Matteo C., 3 Set 2025

Riccardo mi ha letteralmente cambiato la vita e fatto scoprire che amo la finanza, ho ascoltato il podcast già due volte e non mi stufo mai di ascoltarlo, parla in modo semplice e chiaro

Massimo D., 23 Set 2025

Podcast piacevole, scorre veloce ma in modo estremamente chiaro, spiega i concetti chiave per gestire le proprie finanze, fornendo la classica cassetta degli attrezzi. Complimenti, davvero ben fatto!

Massimiliano, 29 Mag 2024
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