Investire in Bitcoin: Motivazioni Pro e Contro

Bitcoin ha superato la soglia dei 100.000 $. Ma cosa significa investire in Bitcoin? Che cos'è Bitcoin, in cosa si basa il suo valore e quale impatto può avere in un portafoglio?

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Investire in Bitcoin: Motivazioni Pro e Contro
The Bull - Il tuo podcast di finanza personale

167. Investire in Bitcoin: Motivazioni Pro e Contro

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Risorse

Punti Chiave

Secondo la finanza classica, Bitcoin ha valore intrinseco zero poiché non genera flussi di cassa, basandosi sulla pura speculazione.

Non è valuta stabile né riserva di valore come l'oro, ma un asset rischioso e correlato al settore tech.

Trascrizione Episodio

Bentornati a The Bull — il tuo podcast di finanza personale

Io lo so che mi pentirò di quest’episodio.

Farò di tutto per metterci le massime cautele del caso e cercare di risultare il più agnostico possibile.

Ma questo è l’episodio divisivo per definizione.

Qualunque cosa dirò, a qualcuno suonerà profondamente sbagliata.

Per questi effetti collaterali, in qualunque squadra giochiate, mi scuso fin da ora, sappiate che non era intenzionale.

Dirò quel che penso — e quel che penso si basa come sempre su argomentazioni di persone più intelligenti e autorevoli di me che mi hanno convinto più di altre — ma oltre a questo, ricordatevi sempre che il mio pensiero è insignificante.

A parte un episodio semiserio di un anno fa con Andrea Febbraio, non avevo mai dedicato uno spazio intero a Bitcoin dentro questo podcast.

Il motivo è duplice:

– Non è un asset class quotata su mercati regolamentati e non è un elemento imprescindibile nella costruzione di un portafoglio, come invece lo sono senza dubbio azioni e obbligazioni. A dire il vero non abbiamo parlato anche di altre asset class molto più grandi di Bitcoin, come ad esempio il Real Estate.
E pure all’oro, in realtà, abbiamo dedicato solo 2 episodi su 167.
Questo podcast è nato con l’obiettivo di spiegare i principi alla base dell’investimento di buon senso.
Bitcoin può essere senza dubbio una straordinaria opportunità per fare big money.
Ma non è un pilastro della pianificazione finanziaria di base.

– Il secondo motivo è che, come detto tante altre volte, io NON ci investo — e nel corso dell’episodio di oggi spiegherò nuovamente il perché.
Sapete bene che in questo podcast vige il principio: “skin in the game”.
Raramente parlo di cose su cui non metto le mani direttamente e su cui i miei soldi non sono coinvolti, sponsor compresi.

Per questa coppia di ragioni, non ho mai ritenuto fondamentale parlare di Bitcoin.

Poi però Trump ha vinto le elezioni, è stato nominato come nuovo capo della SEC, la Consob Americana, cioè l’autorità di regolamentazione dei mercati finanziari negli Stati Uniti, Paul Atkins, personaggio molto procripto e deregolamentazioni — e insomma, ridendo e scherzando Bitcoin ha fatto +40% in un mesetto e ha sfondato, nella storica giornata del 5 dicembre 2024, i 100.000 dollari di valore.

E sono settimane che mi state scrivendo “eh ma perché non parli mai di Bitcoin”, “eh ma sembra che fai finta di niente”, “eh ma ormai non puoi più evitare l’argomento”.

Ffff….

Va bene, facciamo la puntata su Bitcoin.

Premessa.

Io sono da anni molto appassionato di finanza e divoro centinaia di pagine ogni settimana tra articoli, paper e libri, ascolto o guardo ore di podcast e video di finanza, insomma sull’argomento azioni, obbligazioni, portafogli, asset allocation e compagnia bella un paio di cose le so.

Il mondo cripto non è il mio.

Non sono un esperto.

Non le seguo particolarmente.

Sono affascinato e incuriosito dalla tecnologia che ci sta dietro, la blockchain è sicuramente una delle più straordinarie innovazioni degli ultimi decenni e non c’è dubbio che bitcoin, a prescindere dalla sua evoluzione, sia qualcosa che merita di entrare nei libri di storia.

Ma non sono un esperto soprattutto sul lato tecnico, come invece lo sono i miei cari amici Paolo Coletti e Mr. Rip, ai cui video sul mondo cripto rimando per approfondimenti, tra l’altro con due punti di vista piuttosto antitetici.

Detto questo, nel corso di questo episodio vi spiegherò, visto che continuate a chiedermelo in tantissimi, perché io non investo in Bitcoin.

Disclaimer: voglio ribadire fin da subito un concetto che ho già espresso anche molte volte in passato:

NON penso che sia sbagliato investire in Bitcoin,

NON penso che non si debba investire in Bitcoin,

NON ho nessuna intenzione di persuadere nessuno in una direzione o nell’altra.

Anche perché, in ultima istanza, non mi frega granché di come gli altri investono i loro soldi.

Cercherò quindi in quest’episodio di condividere le argomentazioni pro bitcoin e quelle contro bitcoin e poi ciascuno, come sempre dovrà investire i propri soldi nel modo che ritiene più opportuno secondo coscienza.

Ovviamente, ca va sans dire che se ho deciso nel tempo di non investire in Bitcoin, quest’episodio inevitabilmente avrà un taglio più volto a evidenziare i motivi di questa scelta e quindi il messaggio contro bitcoin sarà più forte di quello pro bitcoin.

Ma non è questo il takeaway dell’episodio.

Quel che vi dovete portare a casa sono le considerazioni a favore dell’uno e dell’altro pensiero.

Le mie decisioni però non sono un modello, io sono l’ultimo pirla di questa Terra e quel che dico io è solo un’opinione in mezzo a tante.

Fatte le debite premesse, cos’è Bitcoin?

E’ una valuta?

E’ un deposito di valore?

E’ un asset alternativo decorrelato rispetto a quelli tradizionali?

Mmmhhh

Domande semplici.

Risposte molto complesse.

E io odio quando le risposte sono complesse perché vorrei che il mondo fosse più semplice di quel che è, soprattutto se sono chiamato a prendere decisioni.

L’unica cosa certa è che una criptoQUALCOSA.

Sul QUALCOSA non c’è una risposta univoca.

Sul “cripto” invece non c’è niente da dire.

Cioè Bitcoin è sistema di scambio di informazioni che si basa su un sistema di crittografia chiamato ECDSA, che sta per Elliptic Curve Digital Signature Algorithm.

Moh come la spiego velocemente sta cosa?

Va beh immaginate che dovete scambiare dei dati sul web e volete che i dati siano trasmessi sempre in modo perfettamente integro, ma senza che si sappia chi siete, dove vi trovate e tutti i fatti vostri.

Ecco bitcoin funziona un po’ in questo modo qua.

Permette di fare delle transazioni trasparenti, pubbliche, irrevocabili e immodificabili, senza che si sappiano gli affari vostri, visto che la vostra chiave privata la conoscete solo voi.

Un po’ come, che ne so, uno strumento che rende impossibile la vostra identificazione su internet e vi permette di comprare i regali di Natale online senza finire su siti fraudolenti o di phishing.



Un po’ come, che ne so, uno strumento che vi permette di prenotare voli e alberghi per le vostre vacanze spendendo meno semplicemente scegliendo di collegarvi da un server fuori dall’Italia senza che nessuno sappia dove vi trovate.



Un po’ come … NordVPN, ecco.

La differenza è che con Bitcoin, un po’ di rischio di ritrovarti senza niente in mano un domani lo corri.

NordVPN, invece, serve proprio per eliminare tutti i rischi quando sei su internet, in particolare quando ti connetti a reti pubbliche, quando sei all’estero e vuoi avere accesso ai contenuti a cui ti sei abbonato disponibili solo dall’Italia, quando vuoi bloccare tutti i malware quando scarichi qualcosa e così via.

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Dicevo, domande semplici, risposte complesse su cosa sia Bitcoin e cosa comporti averlo come asset.

Ora partiamo elencando le argomentazioni che di solito vengono avanzate a favore di Bitcoin.

Numero 1: Bitcoin è una valuta digitale che protegge dall’inflazione e dalla svalutazione delle valute tradizionali e i motivi principali sarebbero che, come noto, Bitcoin non ha un’autorità centrale che lo regolamenta e che può deciderne la quantità in circolazione, bensì ha una cosiddetta “supply limitata”.

Entro il duemilacentoquaranta saranno prodotti 21 milioni di Bitcoin.

Punto.

Poi basta.

Cascasse il mondo non verrà prodotto mai più per tutta la storia dell’uomo un solo ulteriore Bitcoin.

Se l’offerta di Bitcoin è strutturalmente scarsa e limitata, diversamente dalle valute Fiat, le valute tradizionali che possono venire stampate illimitatamente dalle banche centrali, il suo valore nel tempo non è inflazionabile, non si ridurrà mai.

Il potere di acquisto del dollaro o dell’euro si riduce gradualmente nel tempo.

Quello di Bitcoin no. By design.

Numero 2: Bitcoin è decentralizzato e completamente indipendente.

Non esiste nessuno che può arbitrariamente modificare il protocollo di bitcoin e non esiste una singola autorità in tutto il pianeta che può alterarne il funzionamento, imporre censure o roba del genere

Bitcoin rappresenterebbe la democratizzazione assoluta della moneta, o comunque di un sistema di trasferimento di valore, liberata dalle logiche politiche delle banche centrali.

Numero 3: la sua adozione è sistematicamente in crescita, sempre più attori ci stanno entrando, soprattutto da quando lo scorso inverno è stato autorizzato l’ETF negli Stati Uniti e quindi dato che la sua offerta è limitata, il suo valore non può che crescere nel tempo.

Numero 4: è una riserva digitale di valore, in grado di preservare valore nel tempo e resistente a qualsiasi possibile shock in grado di sconvolgere l’economia e i suoi principali asset tradizionali.

Magari ce ne sono anche altre, però al momento mi vengono in mente queste.

Fatemi sapere altre motivazioni pro Bitcoin se ne conoscete altre.

Ok.

Ora fermiamoci un attimo, facciamo un passaggio intermedio prima di passare alle contromotivazioni, che in qualche modo sono alla base della mia decisione di non investire in Bitcoin.

Il passaggio intermedio riguarda come viene tradizionalmente definito il valore di un asset.

In termini molto generali, il valore presente di un asset viene definito come la somma dei flussi di cassa attesi più l’aspettativa di apprezzamento dell’asset il tutto diviso per un tasso di sconto corrispondente al rendimento che ci aspettiamo dall’investimento in quell’asset.

Ripeto perché se state guidando o state tirando su 100kg di panca piana sicuro non avete capito una cippa.

Prendiamo il prezzo di un asset qualsiasi.

Può essere un’azione, un’obbligazione, un immobile o quello che vi pare.

Il valore presente dell’asset, cioè quanto vale oggi l’asset se vi ci investo, è uguale alla somma di due componenti:

– Quanto cash mi genererà (dividendi, cedole, affitti e così via) e

– Quanto si apprezzerà nel tempo.

Siccome però c’è una differenza temporale tra il valore “oggi” di quest’asset e il fatto che le cose belle che ne dovrebbero derivare se ci investo sono posticipate nel tempo, devo attualizzarne il valore.

Se oggi ho 200.000 euro e devo valutare se comprare un immobile, per esempio, non mi basta dire che l’immobile mi genererà, che ne so, 1.000 € al mese di affitti e che il suo valore crescerà del, boh, 2% all’anno.

Devo anche attualizzare questi valori per una serie di motivi.

– Il primo motivo è che un euro oggi vale di più di un euro domani;

– Il secondo motivo è che c’è sempre il rischio teorico che domani quell’euro, se investito, non lo rivedo più;

– Il terzo motivo è che c’è un costo opportunità se investo quei soldi in un modo piuttosto che in un altro. Banalmente se invece di comprare un immobile investo in titoli di stato (non italiani o non solo italiani) ho una maggiore garanzia di generare un certo rendimento rispetto a mettere un appartamento in affitto o a investire in un’azione, che sono asset più rischiosi;

– Il quarto motivo è che se devo confrontare due investimenti che hanno flussi di cassa distribuiti in momenti diversi nel tempo, se non attualizzo non li posso confrontare.

Quindi per rendere dotato di senso il valore del mio investimento oggi, riflesso nel suo prezzo, io devo applicare un tasso di sconto.

Sto tasso di sconto non è un numero oggettivo.

Non si sa qual è il tasso di sconto di un investimento.

In un modo perfettamente razionale dovrebbe coincidere con il rendimento atteso, cioè è il rendimento minimo che mi aspetto da quell’investimento.

Dicevamo: il prezzo di una security è: flussi di cassa attesi più aspettative di crescita di valore diviso il tasso di sconto.

Anzi diviso 1 più il tasso di sconto per essere precisi.

Ora, seguitemi un attimo.

Nella teoria finanziaria classica il prezzo di un asset in realtà dovrebbe corrispondere solo alla prima parte, cioè dovrebbe esprimere il valore attuale dei flussi di cassa futuri attualizzati per un tasso di sconto corrispondente al rendimento atteso.

La seconda parte, l’aspettativa di crescita di valore dell’asset, per definizione è zero a meno che ci troviamo dentro ad una bolla, ossia in una situazione in cui il prezzo dell’asset incorpora anche un valore puramente speculativo che va al di là dei flussi di cassa attesi.

Prendiamo un’azione.

Quali sono i flussi di cassa attesi?

– I dividendi, oppure i buyback, che come sappiamo, al netto di considerazioni fiscali, sono fondamentalmente la stessa cosa; e poi in qualche modo

– Il fatto che se rivedo domani l’azione ricevo del cash dal mio compratore, che a sua volta valuterà il fair value dell’azione in base ai flussi di cassa attesi nel futuro.

Se oggi comprassi un’azione ad un certo prezzo X, quel prezzo dovrebbe esprimere il valore attuale di tutti questi flussi di cassa attualizzati in base al suo rendimento atteso.

L’attualizzazione, a scanso di equivoci, è l’operazione contraria a quella che facciamo per calcolare il rendimento composto.

Se un asset che oggi costa 100 € rende 10% all’anno per 5 anni, il suo rendimento composto sarà dato da 100 moltiplicato per 1+10% elevato alla 5, che nella fattispecie fa 161 €.

Se invece voglio attualizzare, cioè dire: i 161 € che conseguirò tra 5 anni grazie ad un rendimento del 10% quanto valgono oggi?

Farò 161 DIVISO (1+10%) elevato alla 5 che magia magia fa 100 €.

Tasso di sconto e rendimento atteso, in un mercato perfettamente razionale ed efficiente, coincidono.

Nella realtà non coincidono mai perché non prevediamo il futuro, ma nei limiti descrittivi del modello funziona così.

Quindi i flussi di cassa li abbiamo capiti.

Abbiamo detto però che il prezzo di una security esprime il valore presente dei flussi di cassa attualizzati più le aspettative di crescita di quella security.

Se però il valore attuale dell’aspettativa di crescita è diverso da ZERO, vuol dire che quell’asset cresce di più rispetto al tasso di sconto che sto applicando.

Detta in altri termini: significa che c’è una bolla speculativa.

Ossia significa che quell’asset ha un valore superiore al valore dei suoi flussi di cassa futuri, dato dal fatto che il mercato attribuisce a quell’asset un valore che va al di là dei guadagni che da quell’asset mi posso aspettare di conseguire.

Se c’è ancora qualcuno all’ascolto, la conclusione rilevante per il tema di oggi basato sulla maniera classica di attribuire un prezzo ad un asset, è che il valore intrinseco di Bitcoin è ZERO.

Non è una valutazione dispregiativa.

È solo un discorso tecnico.

Non producendo flussi di cassa, la sua crescita di valore è unicamente sul lato speculativo.

Detto altrimenti, il valore si basa esclusivamente sull’idea che nel futuro qualcuno sarà disposto a comprarsi il mio asset ad un prezzo superiore rispetto a quanto l’ho pagato io, senza che ci sia un valore intrinseco sottostante e indipendente dalle intenzioni del prossimo compratore.

Con azioni, obbligazioni, real estate e in generale con tutti quelli che potremmo chiamare “income generating assets”, cioè asset che generano un reddito, le cose non stanno così.

Warren Buffet direbbe: tu non compri un’azione ad un certo prezzo oggi perché pensi di rivenderla ad un prezzo superiore domani.

Questa cosa può succedere benissimo e lui l’ha fatto sistematicamente.

In linea di principio, però, tu compri un’azione perché questa rappresenta una società che realizza prodotti o servizi competitivi e richiesti dal mercato che porteranno a generare utili solidi e che torneranno a te investitore sotto forma di dividendi o di buyback.

E lo stesso vale per un titolo di stato che paga delle cedole o un immobile che incassa un affitto o qualsiasi altro asset che, appunto, per sua natura, genera “income”.

Ripeto, non è giudizio quello che stiamo esprimendo.

Ma, razionalmente parlando, e lasciando da parte considerazioni di natura NON finanziaria, se ci basiamo sul modo in cui in finanza si valuta il prezzo di una security, il valore intrinseco di Bitcoin è zero.

Ripeto: il valore attribuito a Bitcoin presuppone che in futuro ci sarà qualcuno che lo vorrà pagare un prezzo superiore a quello che l’ho pagato io oggi.

Se così non fosse, il suo prezzo non salirebbe ma crollerebbe fino a trovare il punto di equilibrio, che può benissimo essere anche zero.

Ora, veniamo alle 4 contromotivazioni, ossia a quel che sostengono coloro che sono più scettici nei confronti di Bitcoin.

Numero 1: Bitcoin non è una valuta e con ogni probabilità non lo sarà mai.

Sarà quel che sarà e sarà anche magari la cosa più fica di questa Terra.

Ma quel che non sarà mai è appunto una valuta.

Perché?

Perché intanto non può esistere una valuta che una volatilità che è 4 volte quella dell’S&P 500.

Una valuta deve avere un valore stabile, non può avere le fluttuazioni estreme come è invece tipico del suo comportamento.

Inoltre ha dei limiti tecnici.

Le transazioni effettuate tramite bitcoin sono molto costose e ci sono molti dubbi sulla capacità di sostenere un volume di transazioni a livello globale paragonabile a qualsiasi altro network di pagamenti.

Bitcoin è in grado di gestire circa 7 transazioni al secondo. E ad un prezzo per transazione elevato.

Visa, giusto per capirci, ne gestisce ogni secondo circa 24.000.

Per non parlare poi del mastodontico consumo energetico che richiede il funzionamento della sua infrastruttura.

Detto questo, obiettivamente, anche i Crypto Bro più massimalisti credo abbiano abbandonato da tempo l’idea originaria di Bitcoin, ossia che potesse diventare la valuta universale libera dalle banche centrali.

Oggi Bitcoin è sicuramente altro.

Non è chiaro cosa.

Ma certamente non è una valuta.

E su questo punto pochi hanno dei dubbi.

Numero 2: è vero che è decentralizzata, autonoma, indipendente è tutto quelle che vogliamo.

Ma se ci fate caso i driver della sua impressionante crescita, perlomeno in questo pazzo 2024, sono stati:

– La legittimazione dell’SEC dell’ETF su bitcoin e, di recente,

– Le aspettative legate al programma di Trump, ivi compresa la sua balzana idea di creare una riserva strategica di Bitcoin negli Stati Uniti.

Piaccia o non piaccia, il valore di Bitcoin sembra tutt’altro che legato all’ideale liberatario da cui era nato.

Bitcoin è cresciuto del 40% in un mese perché la più potente autorità politica, economia, finanziaria e militare del mondo ha detto viva Bitcoin.

E aggiungiamo pure il fatto che circa il 30% di tutti i Bitcoin sono in mano a 20 soggetti, con il caso eclatante di Microstrategy, società americana che fa software di scarso successo e che tuttavia è riuscita a raccogliere quasi 400.000 Bitcoin, circa l’1% del totale, più di quanti ne abbia in mano il governo degli Stati Uniti.

Tra l’altro il caso di Microstrategy è una delle scommesse più folli su larga scala che si sia vista sui mercati.

Questa società in pratica ha finanziato acquisti monstre di Bitcoin emettendo un mix di azioni e debito, confidando che l’ascesa di bitcoin sia interminabile per sostenere il suo delicato esperimento di equilibrismo.

Chiaramente una Whale di questo tipo, una Balena come vengono chiamati i più grandi possessori di Bitcoin, in qualche modo contribuisce a sostenere la crescita di Bitcoin con il volume esorbitanti di acquisti che continua a portare avanti.

Quindi finora c’è una componente di profezia che si autoavvera nel successo di questa strategia.

Io non so come fa il suo CEO Michael Saylor a dormire bene di notte, ma certa gente ha sicuramente uno stomaco che io mi posso solo sognare.

Comunque torniamo a noi.

Delle due l’una: o la sua decentralizzazione è una delle ragioni alla base del suo valore intrinseco, ma allora non si spiega la crescita degli ultimi mesi, oppure sta cosa della decentralizzazione non è così rilevante, perlomeno per gli investitori che se lo stanno comprando a palate.

Numero 3: il discorso della domanda crescente a fronte di un’offerta limitata è perfettamente vero finché l’asset serve a qualcosa.

Ma ad oggi e fino a prova contraria, Bitcoin non serve a niente.

La migliore spiegazione di cosa sia Bitcoin, fino ad esso, l’ha formulata un italiano addirittura nel 1997, 12 anni prima che Satoshi Nakamoto o chi per esso minò il primo blocco.

[cit meccanica di precisione]

Dai si scherza…

Comuqnue la sua crescita di valore non sembra legata alla sua adozione futura come qualcosa di necessario, ma al fatto che ci sia una convinzione generale che l’interesse verso Bitcoin perdurerà anche nel futuro — e anzi cresca sempre di più.

E questa cosa è assolutamente possibile e potrebbe durare in eterno per quel che ne sappiamo.

Ma è importante capire che il fatto che Bitcoin ha una supply limitata di 21 milioni di pezzi non significa che il suo valore DEBBA necessariamente crescere.

Significa solo che c’è una variabile fissa nella dinamica di domanda e offerta.

Nel caso del dollaro, per esempio, può aumentare la domanda di dollaro, ma se la Fed stampa più dollari il suo valore non sale perché l’aumento della domanda è compensato dall’aumento dell’offerta.

Nel caso di Bitcoin, invece, finché aumenta la domanda aumenta meccanicamente il suo valore perché l’offerta è limitata ab origine.

Di per sé la scarsità non genera valore. La domanda deve aumentare per un motivo.

Oggi il motivo è: lo compro perché mi aspetto che andrà sempre più su di valore.

Non: lo compro perché un domani sarà imprescindibile usare i bitcoin.

Non è una materia prima. Non è un bene di lusso da ostentare. Non è un’opera d’arte che mi dà un piacere estetico.

È una convenzione globale basata su una sofisticatissima tecnologia.

Numero 4: anche il discorso della riserva di valore è opinabile.

Come abbiamo detto, Bitcoin non ha valore intrinseco. Per essere una riserva di valore, un valore intrinseco ce lo deve avere.

Ma nella misura in cui Bitcoin non genera income e non ha una qualche funzione di utilizzo riconosciuta, che sia una riserva di valore è più un modo di dire che non un dato di fatto.

È una riserva di valore finché tutti siamo d’accordo che sia una riserva di valore.

Come dire: lo è, finché non lo sarà più.

A questo punto mi aspetto due domande.

Prima domanda: anche le valute fiat, come il dollaro, sono convenzioni. Hanno valore perché tutti abbiamo d’accordo che ce l’abbiano, non c’è valore intrinseco.

Risposta: sì e no.

Teoricamente è vero.

Il biglietto verde non vale niente in s é.

Ma d’altra parte il suo valore è garantito da attività reali, da un governo che lo impone a 300.000 di americani, dalla più grande economia del mondo, da risorse materiali, tecnologiche e umane, da un apparato militare e via dicendo. E lo stesso, in misura minore, vale per le altre valute forti come Euro, Franco, Yen e così via.

È sì una convenzione ma sostenuta da attività reali.

Inoltre, noi investiamo — e faccio tutto sto podcast qua proprio per questo motivo — perché sappiamo bene che il valore delle valute si riduce nel tempo, dollaro compreso.

Ma infatti noi investiamo in attività reali.

Investiamo, tramite le azioni, in società reali che producono beni e servizi.

Investiamo, eventualmente in immobili in cui qualcuno ci va a vivere o che usa per attività commerciali.

Investiamo in titoli di stato per sostenere la crescita futura di un Paese che ci pagherà un interesse periodico.

Investiamo in materie prime perché vengono utilizzate per attività reali.

Non è tramite la valuta in sé, ma tramite le attività reali in cui investiamo con il cash espresso in quella valuta che andiamo a generare la creazione di valore.

E qui arriva l’altra domanda?

Ma scusa l’oro?

Persino il capo della Fed Jerome Powell ha detto che il Bitcoin è “digital gold”.

Anche l’oro non produce cash flow; eppure, è considerata la riserva di valore per eccellenza.

Bitcoin è una versione 2.0 dell’oro, con una marcia in più data dal fatto che l’oro è scarso ma non sappiamo quanto ce n’è su sto pianeta.

Bitcoin sì: 21 milioni e poi stop.

A dire il vero Powell ha detto che Bitcoin non è un competitor del dollaro, ma casomai dell’oro e il suo intento mi sembrava più orientato a togliere la santità del dollaro dal dibattito, che non a fare un endorsement a Bitcoin.

Ma detto quest e premesso che gli stessi che criticano Bitcoin non amano nemmeno l’oro, tipo Warren Buffet, Nassim Taleb o Sharmin Mossavar, la potentissima e temutissima Chief Investment Officer di Goldman Sachs, in generale il paragone con l’oro ha poco senso perché Bitcoin non ha nessuna delle caratteristiche del biondo metallo.

– L’oro ha zero correlazione con le azioni e con gli altri asset rischiosi;

– Si muove in base ai tassi reali e storicamente si è apprezzato durante fasi di iperinflazione o tensioni geopolitiche;

– Inoltre l’oro avrà almeno 5.000 anni di tradizione globale come riserva di valore. Per quanto Bitcoin esista ormai da 15 anni, al cospetto della tradizione plurimillenaria dell’oro questi 15 anni sono poco più di un battito di ciglia. A noi sembrano tanti, ma i tempi della finanza e dell’economia sono molto più lunghi di quelli umani.

Aggiungiamo il fatto che l’oro ha delle caratteristiche materiali che Bitcoin non può avere.

Ha qualche uso industriale e nella gioielleria; inoltre, se io ho un pezzo d’oro, tra 1.000 anni quel pezzo d’oro sarà ancora qui, più o meno nello stesso identico stato di conservazione di oggi.

Non ha bisogno di elettricità. Non ha bisogno di miners. Non ha bisogno di niente.

La sua materialità e la sua incredibile resistenza al tempo hanno contribuito nel tempo al suo status di riserva di valore universale nel globo.

Bitcoin cos’è allora?

La migliore definizione che ne abbiamo oggi è che è un “asset rischioso”, con un’elevata correlazione, soprattutto negli ultimi 4 anni, con il segmento più growth e speculativo dell’equity, in particolare con il tech.

Se guardiamo il suo comportamento nel 2021, 2022, 2023 e 2024 si è mosso spesso a braccetto con la prepensione al rischio espressa dal mercato in ciascun momento.

È andato benissimo nel 21, 23 e 24 e malissimo nel 22, esattamente come l’azionario e in particolare come il Nasdaq.

C’è chi pensa che Bitcoin sia una qualche forma di asset alternativo per la diversificazione del portafoglio.

Ma non è così, PRIMO per la sua correlazione di cui sopra, SECONDO per la mastodontica dose di rischio che introduce nel portafoglio.

Infatti inserire anche piccole quote di Bitcoin nel portafoglio amplifica il rischio complessivo in maniera significativa.

Se uno avesse il 10% del portafoglio in Bitcoin e il resto in una specie di 60/40, Bitcoin da solo contribuirebbe per oltre 1/3 al rischio totale del portafoglio.

Con il 20%, quasi tutto il rischio del portafoglio sarebbe sbilanciato lì.

Insomma, mi rendo conto che il momento è complicato, soprattutto vedendo la crescita impressionante che ha avuto, e la tentazione di pensare di essersi persi il treno della vita è fortissima.

Però permettetemi di raccontarvi come ragiono io.

Come avete capito, io non investo in Bitcoin perché, siccome investire i soldi per definizione è rischioso e io voglio dormire bene di notte, per me è importante investire in cose di cui comprendo il valore.

Infatti, investo quasi esclusivamente in azioni e obbligazioni.

Investo in cose che non richiedono che un domani ci sia qualcuno disposto a ricomprarmele ad un prezzo più alto perché il loro valore sia sostenuto, ma in primis il valore delle azioni incluse negli ETF del mio portafoglio dipende dagli utili delle società sottostanti e quello delle obbligazioni dall’obbligo appunto degli emittenti di pagare gli interessi.

Con Bitcoin ho sempre pensato che avrei affidato i miei soldi ad un salto nella fede.

E non è il modo in cui ho scelto di investire i miei soldi.

VI spiego quindi come ragiono per parlare delle ultime due cose dell’episodio di oggi, ossia l’aspetto psicologico e il ruolo di Bitcoin nell’asset allocation del portafoglio.

Il momento in cui sono andato più vicino a comprare Bitcoin è stato nell’autunno del 2022.

Se non ricordo male, il prezzo era intorno ai 18.000 dollari.

Avevo aperto l’account su Coinbase, mandato i documenti per il riconoscimento ed ero pronto ad investire.

Poi mi sono fermato, perché ho rifatto mentalmente tutto il ragionamento esposto oggi.

No valore intrinseco, no cash flow, bla bla bla.

È chiaro che è facile guardarsi indietro e dire: “cazzo se avessi investito allora, oggi avrei moltiplicato per 5 il mio investimento!”.

Ma “perché non ho investito allora, che cog**one che sono stato!”.

Però poi mi faccio queste due domande.

PRIMA DOMANDA: ma quanto avrei investito allora?

Mica avrei investito il 50% del mio patrimonio.

Quanto ci avrei messo nel 2022? L’1%, il 2%, il 5%?

Facciamo finta che parliamo di un patrimonio di 100.000 € per fare i conti facili.

5.000 € investiti allora, oggi sarebbero circa 25.000 €.

Un guadagno pazzesco.

Ma al di là della statistica, quanta differenza reale avrebbe fatto?

Un portafoglio 60/40 negli ultimi due anni sarebbe cresciuto praticamente del 30%.

Certo, praticamente quella piccola allocation di bitcoin avrebbe raddoppiato il mio rendimento.

Ma posso realmente pensare che il mio quadro finanziario sarebbe stato radicalmente stravolto?

Non proprio e sicuramente il costante pensiero di perdere i miei soldi, tanti o pochi, mi avrebbe snervato più di tutto il resto del portafoglio.

La seconda domanda è però ancora più interessante.

Ma se avessi davvero investito quei soldi nel 2022, davvero avrei tenuto tutto fino ad oggi?

Quando Bitcoin da 20.000 dollari è andato a 40.000 avrei tenuto tutto o avrei ribilanciato?

E quando è andato a 80.000?

E quando andrà a 160.000?

È come dire: ah se avessi comprato Nvidia 2 anni fa oggi avrei più che decuplicato il mio investimento.

Ma quando investi in cose che hanno performance esorbitanti del genere, è molto difficile rimanere investiti e rinunciare alla tentazione di vendere.

Una volta che il tuo investimento fa x2, x3, x4 e così via è normale considerare di vendere, almeno una parte, fosse anche solo per una questione di ribilanciamento.

Prendiamo appunto un patrimonio da 100.000 € a novembre 2022.

95% in un portafoglio 70/30 e il

5% in bitcoin.

Se semplicemente avessi lasciato correre il tutto, oggi avrei circa 150.000 €, di cui circa 25.000 sarebbero solo bitcoin.

A questo punto però Bitcoin sarebbe il 17% del mio portafoglio.

Una quota che, per me, sarebbe intollerabile per il livello di rischio complessivo che voglio per il mio portafoglio.

Quindi sì, in teoria avrei potuto fare big money.

Ma solo al prezzo di correre dei rischi che in realtà non avrei mai corso.

Il mio consiglio è quindi fatto di tre parti:

PRIMA PARTE: Regret minimization. Cercare di contrastare al massimo il senso di rimpianto. Di Bitcoin si parla molto, ma di asset che negli ultimi due anni sono cresciuti a dismisura ce ne sono tantissimi di cui nemmeno avrete sentito il nome.

Il rimpianto ha presa su di noi solo nei nostri backtest mentali.

Ma ricordiamoci sempre che se trovassimo per strada una Delorean e potessimo tornare al 2022, comunque non investiremmo come nel nostro backtest ci immaginiamo.

Quindi stiamo avendo il rimpianto per una cosa che nella realtà molto probabilmente non si sarebbe comunque verificata anche se avessi preso decisioni diverse.

SECONDA PARTE: Fomo minimization. Cercare di resistere al bombardamento mediatico su Bitcoin di queste settimane.

Sto leggendo di tutto: “abbiamo vinto”, “l’inizio di una nuova era”, “avevamo ragione noi”. I più agguerriti sostenitori del mondo cripto stanno esultando trionfanti per il superamento di questa soglia psicologica dei 100.000 dollari.
Ma se ci pensate, lo stesso entusiasmo avrebbero potuto mostrarlo quando Bitcoin avesse raggiunto 92.137 o 104.561.

Non c’è assolutamente niente di eccezionale in 100.000 dollari.

È solo una cifra tonda. È simbolica.

Ma dal punto di vista finanziario, non ha alcun valore.

Parole di grande saggezza le ha espresse, tanto per cambiare, Ben Carlson, che alla domanda: “è troppo tardi per investire in Bitcoin?” ha risposto.

Non è né presto né tardi, anche perché è impossibile dire se siamo arrivati al plateau del prezzo di Bitcoin, se scenderà o se invece crescerà fino a 1.000.000 di dollari.

Il punto è un altro.

Se non hai comprato Bitcoin a 20.000, né a 40.000, né a 60.000 e né a 80.000, perché a 100.000 dovrebbe essere un buon investimento per te?

Il punto è il ruolo di un certo asset nel portafoglio e la visione che hai su di esso.

Non il suo prezzo.

Come abbiamo spiegato oggi, il modello finanziario che solitamente si usa per stimare il fair value di un asset con bitcoin è inapplicabile.

Non c’è modo di sapere quale sia il suo valore.

Pertanto, è impossibile dire se 100.000 dollari sia tanto o poco.

Se credete in Bitcoin, ha senso comprarlo oggi come 2 anni fa o 5 anni fa.

Se non ci credevate 2 anni fa, non è che sia cambiato qualcosa oggi a livello fondamentale.

Semplicemente il prezzo è continuato a crescere per una maggiore adozione collettiva in parallelo ad un biennio di mercati molto positivi che ha attivato la propensione al rischio di molti investitori.

Molto interessante sarà vedere cosa succederà al primo bear market.

Da qui al 2030, statisticamente è altamente probabile che ce ne beccheremo almeno uno — è sarà un bel test.

TERZA PARTE: e con questa veniamo alla conclusione dell’episodio.

Alla luce di tutto quanto detto, sconsiglierei di investire in Bitcoin?

In realtà no.

In linea di principio, se un investitore vuole replicare il mercato nella maniera più neutra possibile, per esempio investendo nel Global Market Portfolio di cui avevamo parlato nell’episodio 148, una quota di Bitcoin ci sta, assieme ad Azioni, Titoli di Stato, Obbligazioni Governative, Real Estate, Oro e Materie Prime.

Quanto?

Lessi non molto tempo fa che, a domanda specifica, Ray Dalio rispose che, pur preferendo l’oro come riserva di valore, nei portafogli del suo Hedge Fund una certa quota di bitcoin c’è, più o meno nell’ordine del 2%.

2% del patrimonio investito potrebbe essere una proporzione in linea con il reale peso di Bitcoin nel global market portfolio, che è la rappresentazione di tutti gli investable asset a livello globale pesati per capitalizzazione.

Secondo il paper di Dosvik e Svinkels (come sempre le pronunce saranno sbagliate), il Global Market Portfolio dovrebbe aggirarsi su un valore complessivo di 160 trilioni di dollari.

Il market cap di Bitcoin ha toccato i 2 trilioni.

Qualunque allocation tra 1 e 2% è più o meno coerente con l’idea di global market cap.

Del resto, se uno non vuole prendere alcuna posizione perché non ha idea di come il futuro si dispiegherà, avere Bitcoin ha tanto senso come tutto il resto.

Se uno ha invece un’opinione forte su Bitcoin fa bene ad investirci anche molto di più, purché sia consapevole del potenziale rischio che il suo investimento vada a zero.

Se uno infine non vuole investire in Bitcoin, si metta due tappi nelle orecchie e non si faccia troppo condizionare dai trionfalismi di queste settimane.

Nel 2021 era successa più o meno la stessa cosa.

E poi c’è stato il Cripto Winter e per un anno era sparito dai radar.

Chissà quando e perché comincerà il prossimo ciclo.

Bene, care amiche e cari amici di questo podcast, grazie per avermi ascoltato anche oggi, spero di non avere fatto incazzare nessuno e di essere riuscito ad essere intellettualmente onesto e allo stesso tempo aperto ad entrambe le opzioni.

Questo episodio è stato tutto fuorché un’apologia di Bitcoin.

E non potrebbe essere altrimenti, sennò non ci sarebbe coerenza tra i miei pensieri e le mie azioni.

Ma i miei pensieri e le mie azioni non valgono assolutamente nulla, quindi sono il primo a dirvi di approfondire la questione, se vi interessa, e di prendere decisioni autonome e indipendenti.

Spero che quest’episodio vi sia stato utile e che vi abbia lasciato spunti interessanti.

Così non fosse, scrivetemi quel che ne pensate e se avete solide opinioni alternative a quelle condivise oggi.

Come sempre vi invito a mettere segui e attivare le notifiche su Spotify, Apple Podcast o dove ci ascoltate e a lasciare una recensione a 5 stelle per supportarci e permetterci di continuare a produrre contenuti che vi dicono di investire in Bitcoin dopo aver passato mezzora a dirvi perché non investire in Bitcoin che in confronto il Gatto di Schrödinger era meno confuso, sempre nuovi.

Per questo episodio invece è davvero tutto e noi ci rivediamo settimana prossima a parlare di tutti i rischi che stiamo correndo mentre investiamo i nostri soldi, sempre qui, naturalmente, con The Bull il tuo podcast di finanza personale.

Recensioni

Quando capisci come funziona la finanza… ti viene voglia di raccontarla!

Riccardo mi ha letteralmente cambiato la vita e fatto scoprire che amo la finanza, ho ascoltato il podcast già due volte e non mi stufo mai di ascoltarlo, parla in modo semplice e chiaro

Massimo D., 23 Set 2025

Podcast piacevole, scorre veloce ma in modo estremamente chiaro, spiega i concetti chiave per gestire le proprie finanze, fornendo la classica cassetta degli attrezzi. Complimenti, davvero ben fatto!

Massimiliano, 29 Mag 2024

Dovrebbero ascoltarlo buona parte degli italiani e io avrei dovuto scoprirlo con qualche anno in anticipo ma meglio tardi che mai

Matteo C., 3 Set 2025

Podcast che dà sempre spunti interessanti che personalmente mi ha fatto appassionare alla finanza personale spingendomi ad approfondire in prima persona.

Lorenzo, 13 Mar 2025

Non sono solito a mettere recensioni e specialmente non ascolto podcast, ma da quando ho iniziato questo, faccio fatica a staccarmi, e quasi non posso più fare a meno di ascoltare e arricchirmi culturalmente.

Andrea V., 22 Set 2025

Veramente interessante, chiaro e conciso. Cambia la vita finanziaria di chiunque.. da ascoltare assolutamente anche per chi di finanza non vuole occuparsi mai

Francesca B., 6 Apr 2024

Da quando l'ho scoperto in 15 gg mi sono ascoltato 150 puntate senza fermarmi, ho annullato gli altri podcast per portarmi alla pari ed ascoltare tutte le precedenti puntate, ben fatto, esattamente il livello di informazione che mi serviva

Gianluca G., 11 Set 2025

Ho acquistato e letto il suo libro e l' ho trovato. Esprime i concetti economici in modo semplice e chiaro. Sentirlo parlare conferma che è un professionista del settore.

Giulia N., 11 Ago 2025

Veramente veramente raccomandato! la finanza personale riassunta alla perfezione! e spiegata partendo dall'ABC! Ottimo anche da ascoltare a velocita 1,5x!

Giorgia R., 23 Gen 2025
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