Perché essere Ottimisti è controintuitivo e vincente quando si investe
In questo momento di grande euforia, con azioni prezzate oltre 100 volte gli utili attesi e improbabili memecoin miliardarie, l'eccesso di ottimismo può costare caro. Ma per quanto essere pessimisti sembri più sensato, l'ottimismo è l'atteggiamento vincente per un investitore.

170. Perché essere Ottimisti è controintuitivo e vincente quando si investe
Risorse
Punti Chiave
Analisi dei rischi di eccessivo ottimismo (es.Tesla) e della seduzione del pessimismo negli investimenti.
L'ottimismo, seppur controintuitivo e faticoso, è premiante a lungo termine grazie a innovazione e adattamento umano, superando le crisi.
Trascrizione Episodio
Bentornati a The Bull — il tuo Podcast di Finanza Personale
Un po’ l’ho tirata.
Si va bene, la sfiga non esiste, siamo razionali.
Pero un po’ l’ho tirata.
Domenica scorsa ho fatto un episodio sulle possibili cause della prossima crisi — oh — manco una settimana intera è passata e lo spettro di una di queste si è materializzato assumendo la forma di uno schiaffone in faccia, fastidioso come lo skipass che fino a qualche anno fa appendevi al collo con l’elastico e quando usciva dal tornello ti finiva puntualmente sparato sul viso congelato dal freddo.
Ora basta tenerli in tasca e i tornelli si aprono da soli, in compenso è diventato fastidioso pagare 70-80€ per sciare, ma questa è un’altra storia, anche se è molto collegata al male oscuro il cui timore ha fatto crollare i mercati mercoledì 18 dicembre.
Lo stesso motivo per cui il prezzo degli skipass è cresciuto a dismisura rispetto a quando da bambino facevo la settimana bianca presso una nota località sciistica della Val D’Aosta, è ciò che mercoledì ha fatto vivere una giornata di passione ai mercati globali e soprattutto alle borse americane, ossia, proprio lei, l’arcinemico mortale dei nostri risparmi: l’inflazione.
Vi ricordate?
Avevo parlato di 8 possibili cause che potrebbero tutt’a un tratto farci risvegliare da questo lunghissimo sogno ad occhi aperti in cui il valore dei nostri asset sembra destinato ad andare solo su.
3 banali e 5 un po’ più particolari.
Per ora il primo colpo l’ha battuto una delle cause banali.
Le altre due erano shock geopolitici e stagnazione economica.
A dire il vero, non contento dell’episodio ho ribadito il concetto insieme al leggendario Guido Brera quando sono stato ospite nel suo podcast Black Box in un episodio uscito esattamente quel giorno, in cui abbiamo parlato soprattutto di inflazione come grande minaccia a lungo termine per la nostra economia.
Quindi, caro Guido se mi stai ascoltando, ci dividiamo a metà la colpa per averla un po’ chiamata.
Colpa, o merito magari.
Questo è da capire.
Non è infatti necessariamente positivo che i mercati vadano solo su e una correzione ogni tanto ci DEVE essere.
Per chi si fosse perso la vicenda, perché giustamente non sta tutti i giorni a monitorare quel che succede al proprio portafoglio, mercoledì 18 era in programma il consueto FOMC, il meeting del Federal Open Market Committee durante il quale la Federal Reserve si sarebbe pronunciata sui tassi di interesse.
Come largamente atteso, la Fed ha tagliato i Fed Funds Rate di 25 punti base, portandoli così tra 4,25 e 4,5%, un intero punto percentuale in meno rispetto al picco raggiunto un anno fa.
E fin qui, tutto ok.
Poi però durante la conferenza stampa il capo della Fed Jerome Powell ha fatto capire senza mezzi termini che questo taglio sarebbe stato un “hawkish cut”, un taglio da falco.
Che è un po’ un ossimoro, perché come sapete i falchi (hawk) sono quelli che vogliono tenere la politica monetaria restrittiva, mentre le colombe (dove) sono invece coloro che propendono per tassi più bassi e quindi per una politica monetaria espansiva.
Un taglio da falco è come dire: “ok, io taglio di 0,25; poi però signori mettetevi il cuore in pace, l’anno prossimo vi aspettavate altri 4 tagli invece al massimo ne faremo 2 e se le cose buttano malissimo perché il nostro nuovo presidente Donald Trump, che tra l’altro mi vuole licenziare un giorno sì e l’altro pure nonostante mi abbia assunto lui nel 2018, dicevo se Trump ci prende la mano con taglio delle tasse, lotta all’immigrazione, dazi, eccetera, non escludo nemmeno di rialzare i tassi di interesse”.
Non è che l’ha detta proprio così.
Però il messaggio era fondamentalmente questo.
La Fed non dice nemmeno QUANTI tagli farà in futuro, però pubblica il cosiddetto Dot Plot report in cui ciascun membro del comitato mette un puntino (i dot) dove si aspetta che saranno i tassi di interesse nei prossimi 1-2 anni.
Viene quindi fuori questo grafichino con i puntini (dot plot appunto) e si capisce qual è il feeling, ad oggi, della Fed.
Per il 2025, ad oggi si prevedono due miseri tagli, 0,5% in tutto.
Forse…
E il mercato non l’ha presa benissimo.
L’S&P 500 ha perso quasi il 3%, solo durante il caldissimo e terribile 5 agosto scorso aveva fatto leggermente peggio, mentre il Nasdaq ha perso oltre il 3 e mezzo e il Russell 2000, come da manuale, è sprofondato del 4 e mezzo percento.
Quando la crescita del mercato è alimentata da un grande ottimismo, poi basta solo l’ipotesi di una brutta notizia che gli effetti sono fragorosi.
Anche perché certe situazioni macroscopiche di ottimismo ai limiti del buon senso ci sono eccome.
Pensate a Tesla, che sta volando soprattutto nell’aspettativa che il prossimo sia il migliore dei futuri possibili.
Il prezzo di Tesla era praticamente raddoppiato dalle elezioni vinte da Trump il 6 novembre al 18 dicembre.
Motivi?
Nessun particolare buon motivo, se non le aspettative legate al presunto tocco magico di Elon Musk e al suo sodalizio con il prossimo presidente degli Stati Uniti.
Giusto qualche numero per darvi un’idea dell’esageratamente enorme aspettativa risposta nei confronti di Tesla da parte del mercato e i calcoli sono di Nick Colas di Datatrek.
Per i prossimi 12 mesi il mercato si aspetta 4 dollari di utile per ogni azione di Tesla.
Se tutto va bene e Tesla dovesse produrre per sempre 4 dollari di utile per azione, allora il valore presente di questo flusso di cassa futuro si può ottenere utilizzando come tasso di sconto il rendimento medio annuo dell’S&P 500, che è 10%.
Vi ricordate?
Ne avevamo parlato nella puntata su Bitcoin.
In finanza il valore di un asset viene stimato prendendo i flussi di cassa attesi nel futuro da un certo investimento e attualizzandoli al loro valore presente, usando un tasso di sconto corrispondente al rendimento atteso.
Se io investo a caso in una società dell’S&P 500, è ragionevole che il mio rendimento atteso sia il rendimento medio di lungo termine dell’indice.
Quindi come tasso di sconto uso 10%.
Vi ricordo che il tasso di sconto è la stessa cosa del rendimento composto, solo che il rendimento composto va dal presente al futuro, mentre il tasso di sconto dal futuro al presente.
Dicevamo 4 dollari per azione.
4 diviso 10% – cioè diviso 0,1 — fa 40, quindi il valore presente dei 4 dollari per azione che Tesla sembrerebbe in grado di produrre è 40 dollari.
Qual è il prezzo di Tesla?
Mercoledì mattina, prima che iniziasse il tracollo era 484 dollari.
40 di valore presente, 484 il suo prezzo sul mercato.
Cioè il mercato sta attribuendo oltre il 90% del valore implicito nel prezzo di Tesla ad una non meglio precisata aspettativa di crescita futura.
La media delle società dell’S&P 500 è circa 50%, ossia metà del prezzo medio riflette gli utili attesi, l’altra metà la crescita futura.
Tesla è invece una scommessa completamente sbilanciata sul versante speculativo, animati da una fiducia quasi religiosa che il famigerato e funambolico imprenditore riuscirà a fare di Tesla qualcosa che neanche le Big 3 dell’auto, GM Ford e Chrysler messe assieme riuscirono a fare durante la loro epoca d’oro degli anni ’50.
L’episodio di domenica scorsa non era tanto su cosa fare a fronte di quelle 8 possibili calamità, quanto piuttosto dal mettere in guardia dal fatto che è un attimo farsi prendere la mano in momenti di esuberante ottimismo.
E se non è ottimismo euforico prezzare Tesla al 90% per il fatto che in futuro farà, boh, auto volanti a guida autonoma che curano l’obesità, non so cosa lo sia. Non so cosa ci si può aspettare da una società da un trilione e mezzo di dollari che ha un prezzo oltre 120 volte gli utili attesi.
Quando ci sono queste cose, tipicamente è il momento in cui molti iniziano ad abbassare le difese della prudenza e a prendersi più rischi di quel che forse dovrebbero.
L’episodio di oggi, invece, è un episodio per curare la patologia opposta: il PESSIMISMO.
Perché poi è un attimo passare da un eccesso all’altro.
Un filo menagrami e pessimisti, bisogna dirlo, erano state anche due autorità del Wall Street Journal, come James Mackintosh e Jason Zweig, che entrambi a inizio settimana hanno scritto che l’ottimismo nell’aria sembra quantomeno eccessivo rispetto ad ogni metrica di buon senso.
E Tesla è sicuramente un caso emblematico, che anche loro citano, per non parlare di Microstrategy o di altre acrobazie speculative.
Zweig, che per chi non lo conoscesse è forse il giornalista finanziario più autorevole negli Stati Uniti, nonché il curatore e commentatore delle edizioni di The Intelligent Investor di Benjamin Graham, il libro preferito di Warren Buffett, ha scritto che è sicuramente difficile “to spot bubbles”, identificare le bolle in anticipo.
Fosse possibile, per definizione, non si creerebbero.
Inoltre, crede anche che in questa fase euforica, siamo cmq ancora lontani dagli eccessi di fine anni ’90.
Tuttavia, ha messo tutti in guardia con poche frasi che meritano di essere appiccicate sulla porta del frigorifero, così da non dimenticarle mai.
Le manie del mercato possono andare avanti per periodi di tempo eccezionalmente lunghi. Ma non per sempre. Non so quando questa mania finirà. Ma sono piuttosto sicuro che finirà male, soprattutto per coloro che pensano di aver scoperto come diventare ricchi velocemente.
Il suo quindi non è tanto un invito, come invece fa apertamente Mackintosh, a togliere un po’ di soldi dal tavolo, che infatti scrive “this feels like a good time to take some money off the table”.
Quello di Zweig è piuttosto un invito a non dimenticarsi che il momento in cui uno rischia di farsi più male è proprio quello in cui pensa di aver capito “how to get rich quick”, come diventare ricchi velocemente.
Se vi sembra che tutto stia andando troppo bene e che non avete altro in testa se non dove recuperare altri soldi da investire in questo o in quell’asset rischioso, beh…, forse è il caso che facciate un reassessment del vostro profilo di rischio.
Allo stesso tempo, però, metto le mani avanti.
Sono convinto anch’io che “good times cannot last forever”, i momenti buoni non durano per sempre e prima o poi i mercati vengono a chiedere il conto di azioni prezzate 120 volte gli utili.
Sono convinto anch’io che ci saranno in futuro — un futuro magari lontano o estremamente prossimo, non lo so come nessun altro — in cui molti episodi di The Bull saranno dedicati a come mantenere la barra dritta durante un severo bear market.
Sono convinto anch’io che “trees don’t grow to the sky”, che gli alberi non crescono fino al cielo e che come oggi siamo tutti qui a contare i soldi fatti finora, un domani saremo sempre qui a leccarci le ferite.
Ma proprio per questo, dicevo, voglio mettere le mani avanti e porre il più forte accento possibile sul COSTO DEL PESSIMISMO.
Tolto l’ottimismo ingenuo e privo di ogni buon senso, il rendimento atteso dell’ottimismo, quando si investe, è nettamente superiore a quello del pessimismo.
E passare dall’iperottimismo all’iper pessimismo è letteralmente questione di attimi.
Quindi come per il noto dentifricio, prevenire è meglio che curare.
A proposito di pessimismo e prevenzione.
Oggi parliamo del perché essere ottimisti sia fondamentalmente meglio quando si investe.
Però il pessimismo serve anche per non farci trovare impreparati di fronte agli imprevisti.
E uno sgradevole imprevisto della nostra vita è che ogni tanto moriamo.
Cioè ogni tanto.
Si muore una volta sola per fortuna, sai che seccatura sennò affrontare questa cosa più volte.
Però quando succede tipicamente non te lo aspetti e se hai una famiglia comporta notoriamente una serie di seccature.
Se ci pensate noi esseri umani viviamo grazie ad un paradosso.
Facciamo tutto quello che facciamo, ci alimentiamo, facciamo sport, studiamo, facciamo imprese, creiamo relazioni e così via animati dall’ottimismo sul fatto che giorno dopo giorno saremo ancora vivi.
Eppure che moriremo è una certezza.
Non bisogna essere pessimisti per avere questa consapevolezza.
È un dato di fatto.
Poi è vero che quando moriamo il problema non è più nostro, ma caso mai di chi resta.
Ma se stiamo mettendo su una pianificazione finanziaria con i fiocchi per tutta la nostra famiglia, ecco, va bene essere ottimisti, ma anche mettere la famiglia al riparo dalla nostra prematura dipartita non è una cattiva idea.
Ora che si avvicina il periodo dell’anno dei buoni propositi, fate che un buon proposito sia fare un’assicurazione sulla vita per proteggere finanziariamente i vostri cari e i miei amici svizzeri di Squarelife hanno creato Turtleneck, l’assicurazione sulla vita più semplice ed economica che potrete mai trovare.
Talmente economica che Squarelife mi paga in tavolette di cioccolato.
Storia peraltro parzialmente vera.
Turtleneck si attiva in 5 minuti online, scegliete il capitale che volete assicurare, inserite 4 informazioni in croce su di voi, il beneficiario e basta. L’assicurazione è pronta.
Oltre ad essere supereconomica, Turtleneck è pensata in maniera tale che ogni anno, se muoiono meno persone del previsto, una parte del vostro premio vi viene restituito.
Loro si tengono solo i soldi che servono per mantenere la struttura e per pagare i risarcimenti.
Tutta l’eccedenza, che sarebbe il vero guadagno speculativo di un’assicurazione, Turtleneck la restituisce agli assicurati, in questa loro nobile missione per restituire alle persone un’assicurazione come dovrebbe essere, uno strumento di mutuo supporto per aiutarsi a vicenda nei momenti di difficoltà.
Nella descrizione dell’episodio trovate un link per accedere al sito di Turtleneck dove troverete tutte le informazioni, che vi invito a leggere per comprendere adeguatamente se il prodotto faccia per voi prima di decidere eventualmente di sottoscrivere l’assicurazione.
Sottoscrivetela per pessimismo.
Ma siate ottimisti sul fatto che non la userete mai.
Qual è il principale problema del pessimismo?
È che è più seducente.
Ci fa sembrare più intelligenti e arguti.
Ci fa sentire più sicuri e meno esposti ai pericoli.
Nasciamo con un istinto primordiale di sopravvivenza che di default deve essere pessimista.
Immaginatevi i primi homo sapiens che vedevano un cespuglio agitarsi.
L’homo sapiens ottimista che avesse detto ai colleghi della sua tribù: “ma sì state tranquilli, vedrete che andrà tutto bene, sarà solo un po’ di vento”, è il primo che finisce sbranato da una tigre.
Il pessimismo ci serve per sopravvivere nel breve.
L’ottimismo è invece qualcosa contro natura.
Presuppone uno sguardo al lungo termine e la capacità di anticipare soluzioni future a problemi presenti.
Per essere ottimisti verso il futuro, se ci pensate, dobbiamo credere in cose che ancora non esistono.
Dobbiamo credere in tecnologie che non sono state ancora inventate.
Dobbiamo credere in cure che non sono state ancora scoperte.
Dobbiamo credere in cose che a non possiamo ancora neanche immaginare.
L’idea di “crescita” futura che noi diamo per scontata come investitori e che è uno dei presupposti stessi dell’economia si basa sulla cieca fiducia che in qualche modo alla fine le cose andranno bene.
Ma se ci basiamo sui dati del presente, non c’è mai un buon motivo oggettivo per essere davvero ottimisti e il pessimismo sembra l’atteggiamento più sensato di questa terra.
Morgan Housel, l’autore del libro The Psychology of Money che ben conoscete, è tornato spesso negli anni su questo argomento e quando ne parla quasi sempre parte dalla citazione dello storico Dierdre McCloskey secondo il quale “per ragioni difficili da comprendere, la gente ama sentirsi dire che il mondo sta per finire all’inferno”.
Pensateci.
Anche nella vostra esperienza quotidiana è così.
Sentite qualcuno che vi dice che tutto andrà bene e a malapena gli darete retta.
Sentite invece qualcuno che vi evoca la minaccia di qualche futura catastrofe e avrà la vostra piena attenzione.
E questo anche perché Daniel Kahneman aveva dimostrato, tra le tante cose che ha dimostrato, che il nostro cervello tende a dare più peso a minacce specifiche rispetto a minacce generiche, anche se queste ultime sarebbero statisticamente più probabili.
Per esempio, un suo noto esperimento aveva mostrato come dopo l’11 settembre le persone fossero più propense a sottoscrivere un’assicurazione contro il rischio di terrorismo che non assicurazioni generiche che in quanto tali coprivano anche da danni causati da atti terroristici, perché chiaramente l’immagine delle Torri Gemelle era più vivida e realistica di una minaccia generica.
Nella vita in generale e in finanza in particolare si può essere pessimisti per motivazioni molto specifiche, mentre si tende ad essere ottimisti solo per motivazioni generiche.
Le valutazioni azionarie sono 2 deviazioni standard più elevate rispetto alla loro media storica e quindi i rendimenti attesi nel futuro prossimo saranno pressoché nulli.
L’inflazione causerà un rialzo dei tassi di interesse che farà crollare i mercati.
Il debito pubblico americano ha raggiunto livelli insostenibili che porteranno al collasso.
Le tensioni geopolitiche tra Stati Uniti e Cina porteranno ad un conflitto globale innescato dall’invasione di Taiwan.
E così via.
Siamo sempre pessimisti per un buon motivo.
Invece possiamo solo essere ottimisti — diciamo — sulla fiducia.
Possiamo solo pensare: “boh, in qualche modo faremo. Ne abbiamo passate tante, l’uomo ha mostrato nei millenni una straordinaria capacità di adattamento, anche a sto giro si inventerà qualcosa”.
È ovvio però che sembra molto più realistica, affidabile e degna di considerazione una qualunque delle concrete minacce di cui sopra — e non sto scemo che non sembra capire neanche da che parte è girato.
Dire semplicemente: “in qualche modo le cose andranno bene” sembra la più stupida e ingenua delle affermazioni.
Eppure, se ci pensate, il premio al rischio dell’investimento azionario, il motivo per cui l’S&P 500 ha reso storicamente circa 5-6% in più dei Titoli di Stato, dipende proprio dall’immotivato ottimismo che ha portato gli investitori a credere che in qualche modo nel futuro le cose sarebbero andate meglio che nel presente.
È proprio perché ci sembra controintuitivo che investire in asset rischiosi, entro certi limiti, porta con sé un maggior rendimento atteso.
Se fosse invece intuitivo, non ci sarebbe nessun extrarendimento perché lo farebbero tutti istintivamente e quest’extra rendimento sarebbe, come si dice in finanza, arbitraggiato, arbitraged away.
Come dire: se si sa con certezza che scommettere su un certo risultato garantisce al 100% di vincere, il premio per quella vittoria sarà zero.
Però è faticoso essere ottimisti.
Il pessimismo invece, sempre per riprendere Housel, ha sempre delle fondamenta molto solide, almeno quattro:
– NUMERO UNO: L’ottimismo spesso ci appare come incoscienza rispetto ai potenziali rischi, mentre il pessimismo ci sembra un atteggiamento molto più intelligente, fondato, ponderato, da buon padre di famiglia si diceva una volta;
– NUMERO DUE: Il pessimismo mostra che le cose non stanno andando nella direzione in cui dovrebbero andare, è sempre lì a far vedere che qualcosa sta andando storto; se vedi che le cose stanno andando per il verso sbagliato sei naturalmente portato a proiettare nel futuro più l’esacerbazione del problema che non un’inattesa soluzione.
– NUMERO TRE: Il pessimismo richiede azione, cioè inevitabilmente costringe il nostro cervello a pensare: ok, quindi cosa devo fare per evitare il pericolo? L’ottimismo invece prescrive di andare avanti per la propria strada senza particolari problemi. E l’essere umano medio vive male questa cosa. Agire significa per noi tenere le cose sotto controllo. A lasciare andare le cose per la loro strada, invece, ci sembra di affidare le nostre sorti nella mani di un destino imperscrutabile.
E questa cosa negli investimenti la riscontrerete in continuazione.
Investire in maniera passiva, comprare il mercato e stare fermi è psicologicamente MOLTO più difficile che non stare tutto il giorno davanti allo schermo per cercare di capire cosa fare per provare a massimizzare le nostre performance.
Voi ormai l’avete capito tutti perché sono 170 episodi che vi smartello i cosiddetti sull’argomento. Non mettete più in dubbio il fatto che ci siano buone ragioni per cui un investimento passivo ha un rendimento atteso in media maggiore di uno attivo.
Ma quando avete sentito questa cosa per la prima volta non sarà stata una digestione semplice.
Per la nostra esperienza quotidiana è controintuitiva l’idea che NON FARE NIENTE e affidarsi al corso degli eventi in media sia meglio che FARE QUALCOSA.
Il pessimismo prescrive di agire.
Ce l’abbiamo nel DNA all’interno del programma: “come sopravvivere”.
L’ottimismo prescrive di stare fermi.
Per questo il primo ci sembra naturalmente più avveduto del secondo.
– NUMERO QUATTRO: l’ottimismo ci appare sempre come se qualcuno volesse venderci qualcosa. Mentre se incontriamo un pessimista, istintivamente pensiamo che stia cercando di aiutarci mettendoci in guardia da qualche minaccia.
Ricordatevelo la prossima volta che qualcuno vi dirà che un fondo attivo gestisce meglio gli scenari avversi, mentre invece con gli ETF rimanete in balia degli eventi.
Questo sono alcuni dei tanti motivi per cui i cosiddetti permabear ci sembrano più intelligenti degli inguaribili ottimisti.
Jeremy Siegel ha scritto Stocks for the Long Run in cui ha ragionevolmente messo un punto definitivo alla questione: qual è l’asset class con il maggior rendimento atteso? Le azioni.
Però niente, ogni volta che esce un paper in cui qualcuno cerca di confutarlo dimostrando che nel 1846 in realtà per un periodo i bond rendevano più delle azioni mentre invece nel 1658 in Olanda c’erano delle azioni che bla bla bla, questo paper sale in cima tra i più letti e citati.
Perché?
Perché dire che investire in azioni a lungo termine è la nostra migliore chance finanziaria sembra ottimismo ingenuo.
Fare un mega studio iperanalitico per cercare di mettere in discussione questa cosa, invece, è inevitabilmente più persuasivo.
Michael Burry dice che a breve ci sarà una catastrofe finanziaria?
Michael Green dice che gli index fund e gli ETF distruggeranno il mercato?
Nouriel Roubini o Jeremy Grantham vedono il mercato prossimo a crollare ininterrottamente da 15 anni?
Tutti questi fanno notizia.
Quello che dice invece “boh, nel lungo termine investire in azioni ha un rendimento atteso positivo. Quindi resto costantemente investito in un portafoglio diversificato coerente con i miei obbiettivi e la mia propensione al rischio”, niente non se lo caca nessuno.
Jeremy Grantham, per chi non lo conoscesse, è il fondatore di un noto hedge fund chiamato GMO ed è uno dei permabear per eccellenza.
Non è un caso che GMO sia forse l’unico investitore istituzionale di peso che abbia prodotto un forecast con rendimenti addirittura negativi per l’S&P 500 per i prossimi 7 anni.
Nel gennaio del 2021 scrisse un articolo dal titolo Waiting for the Last Dance, facendo un po’ il verso alla fantastica serie su Michael Jordan uscita su Netflix l’anno prima, che ogni lunedì scandì religiosamente la mia prigionia forzata durante il lockdown nella primavera del 2020.
In questo articolo, ripeto gennaio 2021, scriveva:
Il lungo, lungo bull market iniziato nel 2009 è finalmente arrivato ad una vera e propria bolla epica. Credo che questo evento sarà ricordato come una delle più grandi bolle della storia finanziaria, assieme alla bolla della Compagnia dei Mari del Sud, quella del 1929 e quella del 2000.
Questa bolla scoppierà a tempo debito, non importa quanto la Fed si impegnerà per supportarla.
Il suo consiglio nel gennaio del 2021?
Value Stock ed Emerging Market.
Ora, la catastrofe è sempre dietro l’angolo e magari mentre sto registrando la più grande bolla di tutti i tempi è già scoppiata.
Faccio però fatica a pensare che una chiamata fatta a gennaio del 2021 la si possa considerare ancora buona a dicembre 2024, praticamente 4 anni dopo.
Come sarebbero andate le cose, se uno avesse ascoltato il buon Jeremy in questi 4 anni?
L’S&P 500 ha reso il 14,5% all’anno.
L’MSCI US Value ha reso il 10% all’anno.
L’MSCI Emerging Markets ha reso il -1% all’anno.
Passati 4 anni, possiamo serenamente affermare che il venerabile Jeremy Grantham ha detto una cazzata.
Ma questo nonostante la sua analisi sia stata ineccepibile, perfettamente lucida e assolutamente condivisibile.
Ha citato le elevate valutazioni.
Il numero esorbitante di IPO di società di dubbio valore nel 2020.
Il quantitative easing della Fed che ha drogato il mercato.
Tutto giusto.
Però…
Però niente, non c’ha preso.
Il brillante fondatore di uno degli Hedge Fund più rispettati d’America avrebbe preso sberle dal John Brown qualunque che avesse investito ogni mese tutti i suoi risparmi in un Index Fund di Vanguard sull’S&P 500.
Domani ci sarà una mega crisi e lui avrà avuto ragione?
Eh no.
Se chiami una bolla ogni tre per due non è che poi se una volta ogni 15 anni ci prendi allora avevi ragione.
Un Permabear è come un orologio rotto che segna l’ora perfettamente giusta 2 volte al giorno.
Oh, in quelle due volte, è più preciso di un orologio atomico.
Perfezione assoluta.
Ma converremo tutti che sia meglio essere approssimativamente giusti tutto il giorno piuttosto che perfettamente giusti 1 istante ogni 12 ore.
Il problema del pessimismo negli investimenti non riguarda solo la difficoltà di prevedere il futuro.
Il problema riguarda soprattutto la nostra incapacità di prevedere gli effetti sui mercati di ciò che accadrà in futuro.
Immaginatevi di tornare a 10 anni fa.
Ci vediamo da qualche parte e vi dico.
“Care amiche e cari amici di The Bull, vengo dal 2024”
E uno di voi subito “scusa ma che roba è The Bull?”
“cioè, ti sto dicendo che vengo dal futuro e la tua prima domanda è cosa sia The Bull? E’ questa la cosa che non ti convince? Ma che problemi hai?”
Va beh, comunque arrivo dal futuro e vi dico.
Allora, sappiate che ci sono ste cose che si chiamano ETF, potete investire in tutto il mercato, costi bassi, bla bla bla.
Solo per voi che tra 10 anni seguirete il mio podcast, vi concederò il privilegio di anticiparvi cosa succederà nei prossimi 10 anni.
Non vi dirò come andranno i mercati, sennò troppo facile belli, vi dirò però quali saranno i grandi eventi dei prossimi anni e poi trarrete un po’ voi le vostre considerazioni.
Dunque, vi aspettano:
– La crisi del mercato azionario, prima e il tracollo di quello immobiliare dopo, in Cina;
– La Gran Bretagna voterà a favore di una quasi suicida uscita dall’Unione Europea;
– Donald Trump, sì proprio quel Donald Trump che i Simpsons ironizzavano potesse diventare presidente degli Stati Uniti, vincerà le elezioni e diventerà l’uomo più potente del mondo;
– Ci sarà una guerra commerciale atroce a colpi di dazi tra Stati Uniti e Cina;
– Scoppierà la peggiore pandemia globale dai tempi della Febbre Spagnola, rimarrete chiusi in casa per circa 3 mesi, milioni di persone moriranno, il mondo intero andrà in paralisi nell’arco di poche settimane, l’economia si arresterà, il petrolio sarà talmente inutile da raggiungere un prezzo negativo e assisterete a scene di supermercati presi d’assalto e svuotati (anche se comunque nessuno comprerà le penne lisce, quelle continueranno a sopravvivere anche ad un’apocalisse nucleare);
– Un gruppo di cittadini americani fanatici e armati sino ai denti assalterà il congresso, seminando morti e feriti, nel tentativo di rovesciare l’esito delle elezioni americane che avranno visto Trump perdere contro un nonnetto quasi 80enne con qualche problema di memoria;
– Il mite presidente russo Valdimir Putin invaderà l’Ucraina riportando la guerra in Europa, cosa che non era più accaduta dai tempi della Seconda guerra mondiale;
– Ci sarà la più violenta impennata dell’inflazione in occidente dagli anni ’70 ad oggi e il più rapido rialzo dei tassi di interesse che la Fed abbia mai operato nell’ultimo mezzo secolo; dopo 13 anni di tassi praticamente a zero, l’economia dovrà fare i conti con tassi d’interesse al 5% praticamente dalla sera alla mattina.
– Si scatenerà una nuova sanguinosa guerra in Israele contro Hamas, Libano e Iran destabilizzando il Medio Oriente e gli equilibri geopolitici che vedono Stati Uniti pro Israele da un lato e Russia e soprattutto Cina — anche se mai ufficialmente — dall’altro;
– La seconda più grande Banca Svizzera fallirà e assieme ad esse falliranno nel giro di due weekend una manciata di banche americane (dejavu?)
Che fate?
Sfido chiunque a dire “beh facile, compro un ETF sul Nasdaq e buy and hold no?”
Seee come no.
Se ci pensate, questi ultimi 10 pazzeschi anni, in cui l’MSCI World è cresciuto di quasi il 12% all’anno e l’S&P 500 di quasi il 15% (per un investitore europeo) sono stati contornati da uno scenario drammatico.
Guerre, pandemie, morti, crisi, inflazione.
Nel 2020 il mercato ha perso il 30% in un mese.
Nel 2022 l’S&P ha perso oltre il 25% da gennaio a ottobre.
Nell’agosto del 2024 la borsa di Tokyo ha perso il 13% in un solo giorno e a dicembre il Dow Jones ha chiuso in negativo per 10 sedute di fila, cosa che non accadeva da 50 anni.
L’inflazione negli Stati Uniti ha toccato il 9%, altra cosa che non si vedeva da decenni.
Di shock ce ne sono sempre.
Cosa non si poteva prevedere?
Non si poteva prevedere che di fronte ad un’immane tragedia sanitaria — che pure ci siamo chiaramente creati noi con le nostre belle manine (non so se a Wuhan o da qualche altra parte) — abbiamo invento una cura in 9 mesi e vaccinato mezzo mondo in tempi record.
Non si poteva prevedere che avremmo imparato a trasformare la nostra routine lavorativa in ufficio con strumenti di smart working in una manciata di settimane.
Non si poteva prevedere che le economie occidentali avrebbero retto, per ora almeno, con tassi di interesse passati di botto da 0 a 4-5%.
Non si poteva prevedere che una manciata di geni visionari avrebbe tirato fuori dal cilindro quella che forse sarà la più grande rivoluzione tecnologica di tutti i tempi, l’intelligenza artificiale generativa.
Non si poteva prevedere che Nvidia, un’azienda che produceva schede video sarebbe diventata la più grande e strategica società del mondo intero.
Non si poteva prevedere niente di quello che è accaduto.
Ma l’innovazione umana non è un processo continuo, tende a fare salti.
E i salti maggiori tende a farli soprattutto nei momenti di crisi.
Se guardo al futuro posso essere ragionevolmente certo di due cose:
– Che dovremo affrontare delle crisi che nemmeno ci immaginiamo e che ci toglieranno il sonno la notte;
– Ma anche che troveremo soluzioni che non siamo ancora in grado neanche di sognarci.
Sempre Morgan Housel ha sottolineato una cosa che i pessimisti cosmici che Leopardi spostati faranno sempre fatica ad accettare.
Lui lo chiama il problema dell'”estrapolazione”.
Cosa significa?
Significa che se tu prendi un problema del presente e lo estrapoli, lo proietti nel futuro, il risultato finale sarà sempre un disastro.
Se tu prendi il livello del debito americano attuale, il suo tasso di crescita e la sua proiezione del futuro, l’esito è l’apocalisse.
Se tu prendi le esigenze energetiche di una popolazione sempre più numerosa, quando magari le economie sviluppate saranno fatte da 8 miliardi di persone e non da un miliardo scarso come oggi, l’esito è l’apocalisse.
Se tu prendi qualunque problema di oggi e lo proietti nel futuro, questo nel futuro sarà per definizione insostenibile.
Il problema è che l’estrapolazione non funziona.
Non considera la capacità di adattamento dell’uomo.
Non considera l’impatto dell’innovazione. E non potrebbe farlo. Perché per definizione l’innovazione non la conosciamo ancora.
Nessuno si sognava internet, il motore a scoppio, la ruota o il fuoco prima che venissero scoperti o inventati.
Eppure, non saremmo qui senza ciascuno di essi.
Fondamentalmente siamo attratti dal pessimismo perché conosciamo perfettamente i problemi del presente e tendiamo a prefigurarceli nel futuro per spirito di sopravvivenza, mentre non sappiamo nulla delle soluzioni che inventeremo nel futuro e quindi l’ottimismo ci sembra infondato.
E per questo investire nel futuro ha un rendimento atteso positivo.
Fosse scontato che nel futuro andrà tutto per il meglio, nessuno ci darebbe un euro per assumerci questo rischio.
Economia 101.
Ora torniamo agli aspetti un po’ più pratici.
Qual è l’approccio corretto quando si investe.
Probabilmente un sano mix di pessimismo e ottimismo con un certo sbilanciamento verso il secondo.
– Il pessimismo serve per non fare la fine della nota rana dentro la pentola che lentamente viene portata ad ebollizione?
Avete presente?
Spesso si racconta che la rana si adatta all’ambiente, quindi se la mettete in acqua fredda e poi fate scaldare piano piano l’acqua, questa finisce lessata senza accorgersene.
E se noi ci abituiamo all’idea che se tutto è andato incredibilmente bene sino adesso, ALLORA tutto andrà bene anche nel futuro, faremo la fine della rana.
Viviamo in un epoca in cui una meme coin chiamata Fartcoin — chi vuole si traduca da solo il significato di Fartcoin — ha raggiunto una valutazione di un miliardo di dollari.
In effetti c’è un po’ di follia nell’aria.
Ah, la storia della rana non è vera.
Benché mi sia stata raccontata per la prima volta quando ero in Business School scoprii successivamente che la rana non è così scema e dopo un po’ salta fuori.
Tenete buona solo la metafora quindi.
In termini pratici per il portafoglio vuol dire non aumentare il rischio che avevate previsto per la vostra asset allocation.
Meglio vanno le cose sui mercati, più germogliano i semi della prossima crisi.
– L’ottimismo serve invece per non perdersi il treno e soprattutto per puntare al bersaglio grosso, che è la crescita a lungo termine del nostro portafoglio.
Ed essere ottimisti verso il futuro, tenere botta quando tutto inizia a virare verso il rosso, ribilanciare vendendo obbligazioni e comprando azioni quando le azioni sprofondano a -20 o -30% o cose del genere, è la complicatissima chiave per investire in maniera efficacie.
Ottimismo è ricordarsi che il rendimento atteso dai nostri investimenti presuppone il fatto che non ci sia alcun buon motivo oggettivo per essere certi che le cose in futuro andranno per il meglio.
C’è da dire che, per quanto pessimisti vogliamo essere, la storia un minimo di supporto ce la dovrebbe dare.
Facciamo finta che siamo nel dicembre del 1999 al culmine della dot-com bubble, che molti considerano la cosa più simile a quel che sta accadendo ora.
Se aveste cominciato ad investire i vostri soldi nel dicembre del 1999, diciamo in un portafoglio 60/40 per semplicità, come sarebbe andata?
Facciamo, boh, 30.000 € subito e 300 € al mese in un PAC.
Avreste visto il vostro patrimonio sbriciolarsi allo scoppio della bolla di internet, per le conseguenze dell’11/9, per la grande crisi finanziaria del 2008, per il quasi collasso dell’Europa durante la crisi del debito del 2011, per la guerra sui dazi del 2018, per il covid e per la superinflazione del 2022.
In tutto ciò avreste investito complessivamente 120.000 € e oggi ne avreste quasi 350.000 €.
Certo, aggiustati per inflazione sarebbero circa 200.000 in valore reale del 99.
Non life-changing.
Però un timing straordinariamente sfigato e una sequenza drammatica di avvenimenti avrebbe comunque triplicato il valore nominale dei vostri soldi.
Questo vuol dire che tutto andrà sempre necessariamente bene?
Ovviamente no.
Nessuno può dire come andranno le cose in futuro, ma sapendo che un portafoglio fatto al 60% da obbligazionario globale e al 40% di obbligazionario governativo globale ha una probabilità del 96% di essere in positivo su orizzonti oltre i dieci anni, direi che statisticamente conviene essere ottimisti, nonostante l’ottimismo richiederà uno straordinario sforzo di pazienza, autocontrollo e soprattutto resistenza di fronte al bombardamento mediatico su apocalissi imminenti a cui saremo sottoposti ogni volta che il mercato avrà qualche colpo di tosse.
Care amiche e cari amici di The bull, grazie per aver condiviso con me questo ennesimo viaggio oggi dedicato allo scontro mortale tra pessimismo e ottimismo.
Spero che sia stato utile e che possiate ricordarvi di queste parole non appena passeremo da uno scenario in cui il nostro portafoglio va solo su ad uno in cui sembrerà non esserci fine all’agonia.
Soprattutto allora dovrete ricordarvi che i pessimisti sono contenti se vedono il mondo bruciare, ma sono gli ottimisti quelli che alla fine vincono.
Come sempre prima di chiudere vi invito a mettere segui e attivare le notifiche su spotify, apple podcast o dove ci ascoltate e a lasciare una recensione a 5 stelle per supportarci e permetterci di continuare a produrre contenti che vi spiegano l’inestimabile valore dell’ottimismo per evitare di fare la fine della rana lessata anche se in realtà la rana si salverebbe mentre noi no sempre nuovi.
Per questo episodio invece è davvero tutti e ci risentiamo il giorno di Natale, se vorrete, per aiutarvi a digerire le 4.000 calorie che vi sarete ingurgitati sempre qui, naturalmente con The Bull, il tuo podcast di Finanza Personale.
Bentornati a The Bull — il tuo Podcast di Finanza Personale
Un po’ l’ho tirata.
Si va bene, la sfiga non esiste, siamo razionali.
Pero un po’ l’ho tirata.
Domenica scorsa ho fatto un episodio sulle possibili cause della prossima crisi — oh — manco una settimana intera è passata e lo spettro di una di queste si è materializzato assumendo la forma di uno schiaffone in faccia, fastidioso come lo skipass che fino a qualche anno fa appendevi al collo con l’elastico e quando usciva dal tornello ti finiva puntualmente sparato sul viso congelato dal freddo.
Ora basta tenerli in tasca e i tornelli si aprono da soli, in compenso è diventato fastidioso pagare 70-80€ per sciare, ma questa è un’altra storia, anche se è molto collegata al male oscuro il cui timore ha fatto crollare i mercati mercoledì 18 dicembre.
Lo stesso motivo per cui il prezzo degli skipass è cresciuto a dismisura rispetto a quando da bambino facevo la settimana bianca presso una nota località sciistica della Val D’Aosta, è ciò che mercoledì ha fatto vivere una giornata di passione ai mercati globali e soprattutto alle borse americane, ossia, proprio lei, l’arcinemico mortale dei nostri risparmi: l’inflazione.
Vi ricordate?
Avevo parlato di 8 possibili cause che potrebbero tutt’a un tratto farci risvegliare da questo lunghissimo sogno ad occhi aperti in cui il valore dei nostri asset sembra destinato ad andare solo su.
3 banali e 5 un po’ più particolari.
Per ora il primo colpo l’ha battuto una delle cause banali.
Le altre due erano shock geopolitici e stagnazione economica.
A dire il vero, non contento dell’episodio ho ribadito il concetto insieme al leggendario Guido Brera quando sono stato ospite nel suo podcast Black Box in un episodio uscito esattamente quel giorno, in cui abbiamo parlato soprattutto di inflazione come grande minaccia a lungo termine per la nostra economia.
Quindi, caro Guido se mi stai ascoltando, ci dividiamo a metà la colpa per averla un po’ chiamata.
Colpa, o merito magari.
Questo è da capire.
Non è infatti necessariamente positivo che i mercati vadano solo su e una correzione ogni tanto ci DEVE essere.
Per chi si fosse perso la vicenda, perché giustamente non sta tutti i giorni a monitorare quel che succede al proprio portafoglio, mercoledì 18 era in programma il consueto FOMC, il meeting del Federal Open Market Committee durante il quale la Federal Reserve si sarebbe pronunciata sui tassi di interesse.
Come largamente atteso, la Fed ha tagliato i Fed Funds Rate di 25 punti base, portandoli così tra 4,25 e 4,5%, un intero punto percentuale in meno rispetto al picco raggiunto un anno fa.
E fin qui, tutto ok.
Poi però durante la conferenza stampa il capo della Fed Jerome Powell ha fatto capire senza mezzi termini che questo taglio sarebbe stato un “hawkish cut”, un taglio da falco.
Che è un po’ un ossimoro, perché come sapete i falchi (hawk) sono quelli che vogliono tenere la politica monetaria restrittiva, mentre le colombe (dove) sono invece coloro che propendono per tassi più bassi e quindi per una politica monetaria espansiva.
Un taglio da falco è come dire: “ok, io taglio di 0,25; poi però signori mettetevi il cuore in pace, l’anno prossimo vi aspettavate altri 4 tagli invece al massimo ne faremo 2 e se le cose buttano malissimo perché il nostro nuovo presidente Donald Trump, che tra l’altro mi vuole licenziare un giorno sì e l’altro pure nonostante mi abbia assunto lui nel 2018, dicevo se Trump ci prende la mano con taglio delle tasse, lotta all’immigrazione, dazi, eccetera, non escludo nemmeno di rialzare i tassi di interesse”.
Non è che l’ha detta proprio così.
Però il messaggio era fondamentalmente questo.
La Fed non dice nemmeno QUANTI tagli farà in futuro, però pubblica il cosiddetto Dot Plot report in cui ciascun membro del comitato mette un puntino (i dot) dove si aspetta che saranno i tassi di interesse nei prossimi 1-2 anni.
Viene quindi fuori questo grafichino con i puntini (dot plot appunto) e si capisce qual è il feeling, ad oggi, della Fed.
Per il 2025, ad oggi si prevedono due miseri tagli, 0,5% in tutto.
Forse…
E il mercato non l’ha presa benissimo.
L’S&P 500 ha perso quasi il 3%, solo durante il caldissimo e terribile 5 agosto scorso aveva fatto leggermente peggio, mentre il Nasdaq ha perso oltre il 3 e mezzo e il Russell 2000, come da manuale, è sprofondato del 4 e mezzo percento.
Quando la crescita del mercato è alimentata da un grande ottimismo, poi basta solo l’ipotesi di una brutta notizia che gli effetti sono fragorosi.
Anche perché certe situazioni macroscopiche di ottimismo ai limiti del buon senso ci sono eccome.
Pensate a Tesla, che sta volando soprattutto nell’aspettativa che il prossimo sia il migliore dei futuri possibili.
Il prezzo di Tesla era praticamente raddoppiato dalle elezioni vinte da Trump il 6 novembre al 18 dicembre.
Motivi?
Nessun particolare buon motivo, se non le aspettative legate al presunto tocco magico di Elon Musk e al suo sodalizio con il prossimo presidente degli Stati Uniti.
Giusto qualche numero per darvi un’idea dell’esageratamente enorme aspettativa risposta nei confronti di Tesla da parte del mercato e i calcoli sono di Nick Colas di Datatrek.
Per i prossimi 12 mesi il mercato si aspetta 4 dollari di utile per ogni azione di Tesla.
Se tutto va bene e Tesla dovesse produrre per sempre 4 dollari di utile per azione, allora il valore presente di questo flusso di cassa futuro si può ottenere utilizzando come tasso di sconto il rendimento medio annuo dell’S&P 500, che è 10%.
Vi ricordate?
Ne avevamo parlato nella puntata su Bitcoin.
In finanza il valore di un asset viene stimato prendendo i flussi di cassa attesi nel futuro da un certo investimento e attualizzandoli al loro valore presente, usando un tasso di sconto corrispondente al rendimento atteso.
Se io investo a caso in una società dell’S&P 500, è ragionevole che il mio rendimento atteso sia il rendimento medio di lungo termine dell’indice.
Quindi come tasso di sconto uso 10%.
Vi ricordo che il tasso di sconto è la stessa cosa del rendimento composto, solo che il rendimento composto va dal presente al futuro, mentre il tasso di sconto dal futuro al presente.
Dicevamo 4 dollari per azione.
4 diviso 10% – cioè diviso 0,1 — fa 40, quindi il valore presente dei 4 dollari per azione che Tesla sembrerebbe in grado di produrre è 40 dollari.
Qual è il prezzo di Tesla?
Mercoledì mattina, prima che iniziasse il tracollo era 484 dollari.
40 di valore presente, 484 il suo prezzo sul mercato.
Cioè il mercato sta attribuendo oltre il 90% del valore implicito nel prezzo di Tesla ad una non meglio precisata aspettativa di crescita futura.
La media delle società dell’S&P 500 è circa 50%, ossia metà del prezzo medio riflette gli utili attesi, l’altra metà la crescita futura.
Tesla è invece una scommessa completamente sbilanciata sul versante speculativo, animati da una fiducia quasi religiosa che il famigerato e funambolico imprenditore riuscirà a fare di Tesla qualcosa che neanche le Big 3 dell’auto, GM Ford e Chrysler messe assieme riuscirono a fare durante la loro epoca d’oro degli anni ’50.
L’episodio di domenica scorsa non era tanto su cosa fare a fronte di quelle 8 possibili calamità, quanto piuttosto dal mettere in guardia dal fatto che è un attimo farsi prendere la mano in momenti di esuberante ottimismo.
E se non è ottimismo euforico prezzare Tesla al 90% per il fatto che in futuro farà, boh, auto volanti a guida autonoma che curano l’obesità, non so cosa lo sia. Non so cosa ci si può aspettare da una società da un trilione e mezzo di dollari che ha un prezzo oltre 120 volte gli utili attesi.
Quando ci sono queste cose, tipicamente è il momento in cui molti iniziano ad abbassare le difese della prudenza e a prendersi più rischi di quel che forse dovrebbero.
L’episodio di oggi, invece, è un episodio per curare la patologia opposta: il PESSIMISMO.
Perché poi è un attimo passare da un eccesso all’altro.
Un filo menagrami e pessimisti, bisogna dirlo, erano state anche due autorità del Wall Street Journal, come James Mackintosh e Jason Zweig, che entrambi a inizio settimana hanno scritto che l’ottimismo nell’aria sembra quantomeno eccessivo rispetto ad ogni metrica di buon senso.
E Tesla è sicuramente un caso emblematico, che anche loro citano, per non parlare di Microstrategy o di altre acrobazie speculative.
Zweig, che per chi non lo conoscesse è forse il giornalista finanziario più autorevole negli Stati Uniti, nonché il curatore e commentatore delle edizioni di The Intelligent Investor di Benjamin Graham, il libro preferito di Warren Buffett, ha scritto che è sicuramente difficile “to spot bubbles”, identificare le bolle in anticipo.
Fosse possibile, per definizione, non si creerebbero.
Inoltre, crede anche che in questa fase euforica, siamo cmq ancora lontani dagli eccessi di fine anni ’90.
Tuttavia, ha messo tutti in guardia con poche frasi che meritano di essere appiccicate sulla porta del frigorifero, così da non dimenticarle mai.
Le manie del mercato possono andare avanti per periodi di tempo eccezionalmente lunghi. Ma non per sempre. Non so quando questa mania finirà. Ma sono piuttosto sicuro che finirà male, soprattutto per coloro che pensano di aver scoperto come diventare ricchi velocemente.
Il suo quindi non è tanto un invito, come invece fa apertamente Mackintosh, a togliere un po’ di soldi dal tavolo, che infatti scrive “this feels like a good time to take some money off the table”.
Quello di Zweig è piuttosto un invito a non dimenticarsi che il momento in cui uno rischia di farsi più male è proprio quello in cui pensa di aver capito “how to get rich quick”, come diventare ricchi velocemente.
Se vi sembra che tutto stia andando troppo bene e che non avete altro in testa se non dove recuperare altri soldi da investire in questo o in quell’asset rischioso, beh…, forse è il caso che facciate un reassessment del vostro profilo di rischio.
Allo stesso tempo, però, metto le mani avanti.
Sono convinto anch’io che “good times cannot last forever”, i momenti buoni non durano per sempre e prima o poi i mercati vengono a chiedere il conto di azioni prezzate 120 volte gli utili.
Sono convinto anch’io che ci saranno in futuro — un futuro magari lontano o estremamente prossimo, non lo so come nessun altro — in cui molti episodi di The Bull saranno dedicati a come mantenere la barra dritta durante un severo bear market.
Sono convinto anch’io che “trees don’t grow to the sky”, che gli alberi non crescono fino al cielo e che come oggi siamo tutti qui a contare i soldi fatti finora, un domani saremo sempre qui a leccarci le ferite.
Ma proprio per questo, dicevo, voglio mettere le mani avanti e porre il più forte accento possibile sul COSTO DEL PESSIMISMO.
Tolto l’ottimismo ingenuo e privo di ogni buon senso, il rendimento atteso dell’ottimismo, quando si investe, è nettamente superiore a quello del pessimismo.
E passare dall’iperottimismo all’iper pessimismo è letteralmente questione di attimi.
Quindi come per il noto dentifricio, prevenire è meglio che curare.
A proposito di pessimismo e prevenzione.
Oggi parliamo del perché essere ottimisti sia fondamentalmente meglio quando si investe.
Però il pessimismo serve anche per non farci trovare impreparati di fronte agli imprevisti.
E uno sgradevole imprevisto della nostra vita è che ogni tanto moriamo.
Cioè ogni tanto.
Si muore una volta sola per fortuna, sai che seccatura sennò affrontare questa cosa più volte.
Però quando succede tipicamente non te lo aspetti e se hai una famiglia comporta notoriamente una serie di seccature.
Se ci pensate noi esseri umani viviamo grazie ad un paradosso.
Facciamo tutto quello che facciamo, ci alimentiamo, facciamo sport, studiamo, facciamo imprese, creiamo relazioni e così via animati dall’ottimismo sul fatto che giorno dopo giorno saremo ancora vivi.
Eppure che moriremo è una certezza.
Non bisogna essere pessimisti per avere questa consapevolezza.
È un dato di fatto.
Poi è vero che quando moriamo il problema non è più nostro, ma caso mai di chi resta.
Ma se stiamo mettendo su una pianificazione finanziaria con i fiocchi per tutta la nostra famiglia, ecco, va bene essere ottimisti, ma anche mettere la famiglia al riparo dalla nostra prematura dipartita non è una cattiva idea.
Ora che si avvicina il periodo dell’anno dei buoni propositi, fate che un buon proposito sia fare un’assicurazione sulla vita per proteggere finanziariamente i vostri cari e i miei amici svizzeri di Squarelife hanno creato Turtleneck, l’assicurazione sulla vita più semplice ed economica che potrete mai trovare.
Talmente economica che Squarelife mi paga in tavolette di cioccolato.
Storia peraltro parzialmente vera.
Turtleneck si attiva in 5 minuti online, scegliete il capitale che volete assicurare, inserite 4 informazioni in croce su di voi, il beneficiario e basta. L’assicurazione è pronta.
Oltre ad essere supereconomica, Turtleneck è pensata in maniera tale che ogni anno, se muoiono meno persone del previsto, una parte del vostro premio vi viene restituito.
Loro si tengono solo i soldi che servono per mantenere la struttura e per pagare i risarcimenti.
Tutta l’eccedenza, che sarebbe il vero guadagno speculativo di un’assicurazione, Turtleneck la restituisce agli assicurati, in questa loro nobile missione per restituire alle persone un’assicurazione come dovrebbe essere, uno strumento di mutuo supporto per aiutarsi a vicenda nei momenti di difficoltà.
Nella descrizione dell’episodio trovate un link per accedere al sito di Turtleneck dove troverete tutte le informazioni, che vi invito a leggere per comprendere adeguatamente se il prodotto faccia per voi prima di decidere eventualmente di sottoscrivere l’assicurazione.
Sottoscrivetela per pessimismo.
Ma siate ottimisti sul fatto che non la userete mai.
Qual è il principale problema del pessimismo?
È che è più seducente.
Ci fa sembrare più intelligenti e arguti.
Ci fa sentire più sicuri e meno esposti ai pericoli.
Nasciamo con un istinto primordiale di sopravvivenza che di default deve essere pessimista.
Immaginatevi i primi homo sapiens che vedevano un cespuglio agitarsi.
L’homo sapiens ottimista che avesse detto ai colleghi della sua tribù: “ma sì state tranquilli, vedrete che andrà tutto bene, sarà solo un po’ di vento”, è il primo che finisce sbranato da una tigre.
Il pessimismo ci serve per sopravvivere nel breve.
L’ottimismo è invece qualcosa contro natura.
Presuppone uno sguardo al lungo termine e la capacità di anticipare soluzioni future a problemi presenti.
Per essere ottimisti verso il futuro, se ci pensate, dobbiamo credere in cose che ancora non esistono.
Dobbiamo credere in tecnologie che non sono state ancora inventate.
Dobbiamo credere in cure che non sono state ancora scoperte.
Dobbiamo credere in cose che a non possiamo ancora neanche immaginare.
L’idea di “crescita” futura che noi diamo per scontata come investitori e che è uno dei presupposti stessi dell’economia si basa sulla cieca fiducia che in qualche modo alla fine le cose andranno bene.
Ma se ci basiamo sui dati del presente, non c’è mai un buon motivo oggettivo per essere davvero ottimisti e il pessimismo sembra l’atteggiamento più sensato di questa terra.
Morgan Housel, l’autore del libro The Psychology of Money che ben conoscete, è tornato spesso negli anni su questo argomento e quando ne parla quasi sempre parte dalla citazione dello storico Dierdre McCloskey secondo il quale “per ragioni difficili da comprendere, la gente ama sentirsi dire che il mondo sta per finire all’inferno”.
Pensateci.
Anche nella vostra esperienza quotidiana è così.
Sentite qualcuno che vi dice che tutto andrà bene e a malapena gli darete retta.
Sentite invece qualcuno che vi evoca la minaccia di qualche futura catastrofe e avrà la vostra piena attenzione.
E questo anche perché Daniel Kahneman aveva dimostrato, tra le tante cose che ha dimostrato, che il nostro cervello tende a dare più peso a minacce specifiche rispetto a minacce generiche, anche se queste ultime sarebbero statisticamente più probabili.
Per esempio, un suo noto esperimento aveva mostrato come dopo l’11 settembre le persone fossero più propense a sottoscrivere un’assicurazione contro il rischio di terrorismo che non assicurazioni generiche che in quanto tali coprivano anche da danni causati da atti terroristici, perché chiaramente l’immagine delle Torri Gemelle era più vivida e realistica di una minaccia generica.
Nella vita in generale e in finanza in particolare si può essere pessimisti per motivazioni molto specifiche, mentre si tende ad essere ottimisti solo per motivazioni generiche.
Le valutazioni azionarie sono 2 deviazioni standard più elevate rispetto alla loro media storica e quindi i rendimenti attesi nel futuro prossimo saranno pressoché nulli.
L’inflazione causerà un rialzo dei tassi di interesse che farà crollare i mercati.
Il debito pubblico americano ha raggiunto livelli insostenibili che porteranno al collasso.
Le tensioni geopolitiche tra Stati Uniti e Cina porteranno ad un conflitto globale innescato dall’invasione di Taiwan.
E così via.
Siamo sempre pessimisti per un buon motivo.
Invece possiamo solo essere ottimisti — diciamo — sulla fiducia.
Possiamo solo pensare: “boh, in qualche modo faremo. Ne abbiamo passate tante, l’uomo ha mostrato nei millenni una straordinaria capacità di adattamento, anche a sto giro si inventerà qualcosa”.
È ovvio però che sembra molto più realistica, affidabile e degna di considerazione una qualunque delle concrete minacce di cui sopra — e non sto scemo che non sembra capire neanche da che parte è girato.
Dire semplicemente: “in qualche modo le cose andranno bene” sembra la più stupida e ingenua delle affermazioni.
Eppure, se ci pensate, il premio al rischio dell’investimento azionario, il motivo per cui l’S&P 500 ha reso storicamente circa 5-6% in più dei Titoli di Stato, dipende proprio dall’immotivato ottimismo che ha portato gli investitori a credere che in qualche modo nel futuro le cose sarebbero andate meglio che nel presente.
È proprio perché ci sembra controintuitivo che investire in asset rischiosi, entro certi limiti, porta con sé un maggior rendimento atteso.
Se fosse invece intuitivo, non ci sarebbe nessun extrarendimento perché lo farebbero tutti istintivamente e quest’extra rendimento sarebbe, come si dice in finanza, arbitraggiato, arbitraged away.
Come dire: se si sa con certezza che scommettere su un certo risultato garantisce al 100% di vincere, il premio per quella vittoria sarà zero.
Però è faticoso essere ottimisti.
Il pessimismo invece, sempre per riprendere Housel, ha sempre delle fondamenta molto solide, almeno quattro:
– NUMERO UNO: L’ottimismo spesso ci appare come incoscienza rispetto ai potenziali rischi, mentre il pessimismo ci sembra un atteggiamento molto più intelligente, fondato, ponderato, da buon padre di famiglia si diceva una volta;
– NUMERO DUE: Il pessimismo mostra che le cose non stanno andando nella direzione in cui dovrebbero andare, è sempre lì a far vedere che qualcosa sta andando storto; se vedi che le cose stanno andando per il verso sbagliato sei naturalmente portato a proiettare nel futuro più l’esacerbazione del problema che non un’inattesa soluzione.
– NUMERO TRE: Il pessimismo richiede azione, cioè inevitabilmente costringe il nostro cervello a pensare: ok, quindi cosa devo fare per evitare il pericolo? L’ottimismo invece prescrive di andare avanti per la propria strada senza particolari problemi. E l’essere umano medio vive male questa cosa. Agire significa per noi tenere le cose sotto controllo. A lasciare andare le cose per la loro strada, invece, ci sembra di affidare le nostre sorti nella mani di un destino imperscrutabile.
E questa cosa negli investimenti la riscontrerete in continuazione.
Investire in maniera passiva, comprare il mercato e stare fermi è psicologicamente MOLTO più difficile che non stare tutto il giorno davanti allo schermo per cercare di capire cosa fare per provare a massimizzare le nostre performance.
Voi ormai l’avete capito tutti perché sono 170 episodi che vi smartello i cosiddetti sull’argomento. Non mettete più in dubbio il fatto che ci siano buone ragioni per cui un investimento passivo ha un rendimento atteso in media maggiore di uno attivo.
Ma quando avete sentito questa cosa per la prima volta non sarà stata una digestione semplice.
Per la nostra esperienza quotidiana è controintuitiva l’idea che NON FARE NIENTE e affidarsi al corso degli eventi in media sia meglio che FARE QUALCOSA.
Il pessimismo prescrive di agire.
Ce l’abbiamo nel DNA all’interno del programma: “come sopravvivere”.
L’ottimismo prescrive di stare fermi.
Per questo il primo ci sembra naturalmente più avveduto del secondo.
– NUMERO QUATTRO: l’ottimismo ci appare sempre come se qualcuno volesse venderci qualcosa. Mentre se incontriamo un pessimista, istintivamente pensiamo che stia cercando di aiutarci mettendoci in guardia da qualche minaccia.
Ricordatevelo la prossima volta che qualcuno vi dirà che un fondo attivo gestisce meglio gli scenari avversi, mentre invece con gli ETF rimanete in balia degli eventi.
Questo sono alcuni dei tanti motivi per cui i cosiddetti permabear ci sembrano più intelligenti degli inguaribili ottimisti.
Jeremy Siegel ha scritto Stocks for the Long Run in cui ha ragionevolmente messo un punto definitivo alla questione: qual è l’asset class con il maggior rendimento atteso? Le azioni.
Però niente, ogni volta che esce un paper in cui qualcuno cerca di confutarlo dimostrando che nel 1846 in realtà per un periodo i bond rendevano più delle azioni mentre invece nel 1658 in Olanda c’erano delle azioni che bla bla bla, questo paper sale in cima tra i più letti e citati.
Perché?
Perché dire che investire in azioni a lungo termine è la nostra migliore chance finanziaria sembra ottimismo ingenuo.
Fare un mega studio iperanalitico per cercare di mettere in discussione questa cosa, invece, è inevitabilmente più persuasivo.
Michael Burry dice che a breve ci sarà una catastrofe finanziaria?
Michael Green dice che gli index fund e gli ETF distruggeranno il mercato?
Nouriel Roubini o Jeremy Grantham vedono il mercato prossimo a crollare ininterrottamente da 15 anni?
Tutti questi fanno notizia.
Quello che dice invece “boh, nel lungo termine investire in azioni ha un rendimento atteso positivo. Quindi resto costantemente investito in un portafoglio diversificato coerente con i miei obbiettivi e la mia propensione al rischio”, niente non se lo caca nessuno.
Jeremy Grantham, per chi non lo conoscesse, è il fondatore di un noto hedge fund chiamato GMO ed è uno dei permabear per eccellenza.
Non è un caso che GMO sia forse l’unico investitore istituzionale di peso che abbia prodotto un forecast con rendimenti addirittura negativi per l’S&P 500 per i prossimi 7 anni.
Nel gennaio del 2021 scrisse un articolo dal titolo Waiting for the Last Dance, facendo un po’ il verso alla fantastica serie su Michael Jordan uscita su Netflix l’anno prima, che ogni lunedì scandì religiosamente la mia prigionia forzata durante il lockdown nella primavera del 2020.
In questo articolo, ripeto gennaio 2021, scriveva:
Il lungo, lungo bull market iniziato nel 2009 è finalmente arrivato ad una vera e propria bolla epica. Credo che questo evento sarà ricordato come una delle più grandi bolle della storia finanziaria, assieme alla bolla della Compagnia dei Mari del Sud, quella del 1929 e quella del 2000.
Questa bolla scoppierà a tempo debito, non importa quanto la Fed si impegnerà per supportarla.
Il suo consiglio nel gennaio del 2021?
Value Stock ed Emerging Market.
Ora, la catastrofe è sempre dietro l’angolo e magari mentre sto registrando la più grande bolla di tutti i tempi è già scoppiata.
Faccio però fatica a pensare che una chiamata fatta a gennaio del 2021 la si possa considerare ancora buona a dicembre 2024, praticamente 4 anni dopo.
Come sarebbero andate le cose, se uno avesse ascoltato il buon Jeremy in questi 4 anni?
L’S&P 500 ha reso il 14,5% all’anno.
L’MSCI US Value ha reso il 10% all’anno.
L’MSCI Emerging Markets ha reso il -1% all’anno.
Passati 4 anni, possiamo serenamente affermare che il venerabile Jeremy Grantham ha detto una cazzata.
Ma questo nonostante la sua analisi sia stata ineccepibile, perfettamente lucida e assolutamente condivisibile.
Ha citato le elevate valutazioni.
Il numero esorbitante di IPO di società di dubbio valore nel 2020.
Il quantitative easing della Fed che ha drogato il mercato.
Tutto giusto.
Però…
Però niente, non c’ha preso.
Il brillante fondatore di uno degli Hedge Fund più rispettati d’America avrebbe preso sberle dal John Brown qualunque che avesse investito ogni mese tutti i suoi risparmi in un Index Fund di Vanguard sull’S&P 500.
Domani ci sarà una mega crisi e lui avrà avuto ragione?
Eh no.
Se chiami una bolla ogni tre per due non è che poi se una volta ogni 15 anni ci prendi allora avevi ragione.
Un Permabear è come un orologio rotto che segna l’ora perfettamente giusta 2 volte al giorno.
Oh, in quelle due volte, è più preciso di un orologio atomico.
Perfezione assoluta.
Ma converremo tutti che sia meglio essere approssimativamente giusti tutto il giorno piuttosto che perfettamente giusti 1 istante ogni 12 ore.
Il problema del pessimismo negli investimenti non riguarda solo la difficoltà di prevedere il futuro.
Il problema riguarda soprattutto la nostra incapacità di prevedere gli effetti sui mercati di ciò che accadrà in futuro.
Immaginatevi di tornare a 10 anni fa.
Ci vediamo da qualche parte e vi dico.
“Care amiche e cari amici di The Bull, vengo dal 2024”
E uno di voi subito “scusa ma che roba è The Bull?”
“cioè, ti sto dicendo che vengo dal futuro e la tua prima domanda è cosa sia The Bull? E’ questa la cosa che non ti convince? Ma che problemi hai?”
Va beh, comunque arrivo dal futuro e vi dico.
Allora, sappiate che ci sono ste cose che si chiamano ETF, potete investire in tutto il mercato, costi bassi, bla bla bla.
Solo per voi che tra 10 anni seguirete il mio podcast, vi concederò il privilegio di anticiparvi cosa succederà nei prossimi 10 anni.
Non vi dirò come andranno i mercati, sennò troppo facile belli, vi dirò però quali saranno i grandi eventi dei prossimi anni e poi trarrete un po’ voi le vostre considerazioni.
Dunque, vi aspettano:
– La crisi del mercato azionario, prima e il tracollo di quello immobiliare dopo, in Cina;
– La Gran Bretagna voterà a favore di una quasi suicida uscita dall’Unione Europea;
– Donald Trump, sì proprio quel Donald Trump che i Simpsons ironizzavano potesse diventare presidente degli Stati Uniti, vincerà le elezioni e diventerà l’uomo più potente del mondo;
– Ci sarà una guerra commerciale atroce a colpi di dazi tra Stati Uniti e Cina;
– Scoppierà la peggiore pandemia globale dai tempi della Febbre Spagnola, rimarrete chiusi in casa per circa 3 mesi, milioni di persone moriranno, il mondo intero andrà in paralisi nell’arco di poche settimane, l’economia si arresterà, il petrolio sarà talmente inutile da raggiungere un prezzo negativo e assisterete a scene di supermercati presi d’assalto e svuotati (anche se comunque nessuno comprerà le penne lisce, quelle continueranno a sopravvivere anche ad un’apocalisse nucleare);
– Un gruppo di cittadini americani fanatici e armati sino ai denti assalterà il congresso, seminando morti e feriti, nel tentativo di rovesciare l’esito delle elezioni americane che avranno visto Trump perdere contro un nonnetto quasi 80enne con qualche problema di memoria;
– Il mite presidente russo Valdimir Putin invaderà l’Ucraina riportando la guerra in Europa, cosa che non era più accaduta dai tempi della Seconda guerra mondiale;
– Ci sarà la più violenta impennata dell’inflazione in occidente dagli anni ’70 ad oggi e il più rapido rialzo dei tassi di interesse che la Fed abbia mai operato nell’ultimo mezzo secolo; dopo 13 anni di tassi praticamente a zero, l’economia dovrà fare i conti con tassi d’interesse al 5% praticamente dalla sera alla mattina.
– Si scatenerà una nuova sanguinosa guerra in Israele contro Hamas, Libano e Iran destabilizzando il Medio Oriente e gli equilibri geopolitici che vedono Stati Uniti pro Israele da un lato e Russia e soprattutto Cina — anche se mai ufficialmente — dall’altro;
– La seconda più grande Banca Svizzera fallirà e assieme ad esse falliranno nel giro di due weekend una manciata di banche americane (dejavu?)
Che fate?
Sfido chiunque a dire “beh facile, compro un ETF sul Nasdaq e buy and hold no?”
Seee come no.
Se ci pensate, questi ultimi 10 pazzeschi anni, in cui l’MSCI World è cresciuto di quasi il 12% all’anno e l’S&P 500 di quasi il 15% (per un investitore europeo) sono stati contornati da uno scenario drammatico.
Guerre, pandemie, morti, crisi, inflazione.
Nel 2020 il mercato ha perso il 30% in un mese.
Nel 2022 l’S&P ha perso oltre il 25% da gennaio a ottobre.
Nell’agosto del 2024 la borsa di Tokyo ha perso il 13% in un solo giorno e a dicembre il Dow Jones ha chiuso in negativo per 10 sedute di fila, cosa che non accadeva da 50 anni.
L’inflazione negli Stati Uniti ha toccato il 9%, altra cosa che non si vedeva da decenni.
Di shock ce ne sono sempre.
Cosa non si poteva prevedere?
Non si poteva prevedere che di fronte ad un’immane tragedia sanitaria — che pure ci siamo chiaramente creati noi con le nostre belle manine (non so se a Wuhan o da qualche altra parte) — abbiamo invento una cura in 9 mesi e vaccinato mezzo mondo in tempi record.
Non si poteva prevedere che avremmo imparato a trasformare la nostra routine lavorativa in ufficio con strumenti di smart working in una manciata di settimane.
Non si poteva prevedere che le economie occidentali avrebbero retto, per ora almeno, con tassi di interesse passati di botto da 0 a 4-5%.
Non si poteva prevedere che una manciata di geni visionari avrebbe tirato fuori dal cilindro quella che forse sarà la più grande rivoluzione tecnologica di tutti i tempi, l’intelligenza artificiale generativa.
Non si poteva prevedere che Nvidia, un’azienda che produceva schede video sarebbe diventata la più grande e strategica società del mondo intero.
Non si poteva prevedere niente di quello che è accaduto.
Ma l’innovazione umana non è un processo continuo, tende a fare salti.
E i salti maggiori tende a farli soprattutto nei momenti di crisi.
Se guardo al futuro posso essere ragionevolmente certo di due cose:
– Che dovremo affrontare delle crisi che nemmeno ci immaginiamo e che ci toglieranno il sonno la notte;
– Ma anche che troveremo soluzioni che non siamo ancora in grado neanche di sognarci.
Sempre Morgan Housel ha sottolineato una cosa che i pessimisti cosmici che Leopardi spostati faranno sempre fatica ad accettare.
Lui lo chiama il problema dell'”estrapolazione”.
Cosa significa?
Significa che se tu prendi un problema del presente e lo estrapoli, lo proietti nel futuro, il risultato finale sarà sempre un disastro.
Se tu prendi il livello del debito americano attuale, il suo tasso di crescita e la sua proiezione del futuro, l’esito è l’apocalisse.
Se tu prendi le esigenze energetiche di una popolazione sempre più numerosa, quando magari le economie sviluppate saranno fatte da 8 miliardi di persone e non da un miliardo scarso come oggi, l’esito è l’apocalisse.
Se tu prendi qualunque problema di oggi e lo proietti nel futuro, questo nel futuro sarà per definizione insostenibile.
Il problema è che l’estrapolazione non funziona.
Non considera la capacità di adattamento dell’uomo.
Non considera l’impatto dell’innovazione. E non potrebbe farlo. Perché per definizione l’innovazione non la conosciamo ancora.
Nessuno si sognava internet, il motore a scoppio, la ruota o il fuoco prima che venissero scoperti o inventati.
Eppure, non saremmo qui senza ciascuno di essi.
Fondamentalmente siamo attratti dal pessimismo perché conosciamo perfettamente i problemi del presente e tendiamo a prefigurarceli nel futuro per spirito di sopravvivenza, mentre non sappiamo nulla delle soluzioni che inventeremo nel futuro e quindi l’ottimismo ci sembra infondato.
E per questo investire nel futuro ha un rendimento atteso positivo.
Fosse scontato che nel futuro andrà tutto per il meglio, nessuno ci darebbe un euro per assumerci questo rischio.
Economia 101.
Ora torniamo agli aspetti un po’ più pratici.
Qual è l’approccio corretto quando si investe.
Probabilmente un sano mix di pessimismo e ottimismo con un certo sbilanciamento verso il secondo.
– Il pessimismo serve per non fare la fine della nota rana dentro la pentola che lentamente viene portata ad ebollizione?
Avete presente?
Spesso si racconta che la rana si adatta all’ambiente, quindi se la mettete in acqua fredda e poi fate scaldare piano piano l’acqua, questa finisce lessata senza accorgersene.
E se noi ci abituiamo all’idea che se tutto è andato incredibilmente bene sino adesso, ALLORA tutto andrà bene anche nel futuro, faremo la fine della rana.
Viviamo in un epoca in cui una meme coin chiamata Fartcoin — chi vuole si traduca da solo il significato di Fartcoin — ha raggiunto una valutazione di un miliardo di dollari.
In effetti c’è un po’ di follia nell’aria.
Ah, la storia della rana non è vera.
Benché mi sia stata raccontata per la prima volta quando ero in Business School scoprii successivamente che la rana non è così scema e dopo un po’ salta fuori.
Tenete buona solo la metafora quindi.
In termini pratici per il portafoglio vuol dire non aumentare il rischio che avevate previsto per la vostra asset allocation.
Meglio vanno le cose sui mercati, più germogliano i semi della prossima crisi.
– L’ottimismo serve invece per non perdersi il treno e soprattutto per puntare al bersaglio grosso, che è la crescita a lungo termine del nostro portafoglio.
Ed essere ottimisti verso il futuro, tenere botta quando tutto inizia a virare verso il rosso, ribilanciare vendendo obbligazioni e comprando azioni quando le azioni sprofondano a -20 o -30% o cose del genere, è la complicatissima chiave per investire in maniera efficacie.
Ottimismo è ricordarsi che il rendimento atteso dai nostri investimenti presuppone il fatto che non ci sia alcun buon motivo oggettivo per essere certi che le cose in futuro andranno per il meglio.
C’è da dire che, per quanto pessimisti vogliamo essere, la storia un minimo di supporto ce la dovrebbe dare.
Facciamo finta che siamo nel dicembre del 1999 al culmine della dot-com bubble, che molti considerano la cosa più simile a quel che sta accadendo ora.
Se aveste cominciato ad investire i vostri soldi nel dicembre del 1999, diciamo in un portafoglio 60/40 per semplicità, come sarebbe andata?
Facciamo, boh, 30.000 € subito e 300 € al mese in un PAC.
Avreste visto il vostro patrimonio sbriciolarsi allo scoppio della bolla di internet, per le conseguenze dell’11/9, per la grande crisi finanziaria del 2008, per il quasi collasso dell’Europa durante la crisi del debito del 2011, per la guerra sui dazi del 2018, per il covid e per la superinflazione del 2022.
In tutto ciò avreste investito complessivamente 120.000 € e oggi ne avreste quasi 350.000 €.
Certo, aggiustati per inflazione sarebbero circa 200.000 in valore reale del 99.
Non life-changing.
Però un timing straordinariamente sfigato e una sequenza drammatica di avvenimenti avrebbe comunque triplicato il valore nominale dei vostri soldi.
Questo vuol dire che tutto andrà sempre necessariamente bene?
Ovviamente no.
Nessuno può dire come andranno le cose in futuro, ma sapendo che un portafoglio fatto al 60% da obbligazionario globale e al 40% di obbligazionario governativo globale ha una probabilità del 96% di essere in positivo su orizzonti oltre i dieci anni, direi che statisticamente conviene essere ottimisti, nonostante l’ottimismo richiederà uno straordinario sforzo di pazienza, autocontrollo e soprattutto resistenza di fronte al bombardamento mediatico su apocalissi imminenti a cui saremo sottoposti ogni volta che il mercato avrà qualche colpo di tosse.
Care amiche e cari amici di The bull, grazie per aver condiviso con me questo ennesimo viaggio oggi dedicato allo scontro mortale tra pessimismo e ottimismo.
Spero che sia stato utile e che possiate ricordarvi di queste parole non appena passeremo da uno scenario in cui il nostro portafoglio va solo su ad uno in cui sembrerà non esserci fine all’agonia.
Soprattutto allora dovrete ricordarvi che i pessimisti sono contenti se vedono il mondo bruciare, ma sono gli ottimisti quelli che alla fine vincono.
Come sempre prima di chiudere vi invito a mettere segui e attivare le notifiche su spotify, apple podcast o dove ci ascoltate e a lasciare una recensione a 5 stelle per supportarci e permetterci di continuare a produrre contenti che vi spiegano l’inestimabile valore dell’ottimismo per evitare di fare la fine della rana lessata anche se in realtà la rana si salverebbe mentre noi no sempre nuovi.
Per questo episodio invece è davvero tutti e ci risentiamo il giorno di Natale, se vorrete, per aiutarvi a digerire le 4.000 calorie che vi sarete ingurgitati sempre qui, naturalmente con The Bull, il tuo podcast di Finanza Personale.
Recensioni
Quando capisci come funziona la finanza… ti viene voglia di raccontarla!
Veramente veramente raccomandato! la finanza personale riassunta alla perfezione! e spiegata partendo dall'ABC! Ottimo anche da ascoltare a velocita 1,5x!
Giorgia R., 23 Gen 2025Dovrebbero ascoltarlo buona parte degli italiani e io avrei dovuto scoprirlo con qualche anno in anticipo ma meglio tardi che mai
Matteo C., 3 Set 2025Ho seguito tutte le puntate! Grazie veramente
Amalia A., 17 Set 2025Riccardo mi ha letteralmente cambiato la vita e fatto scoprire che amo la finanza, ho ascoltato il podcast già due volte e non mi stufo mai di ascoltarlo, parla in modo semplice e chiaro
Massimo D., 23 Set 2025Podcast che dà sempre spunti interessanti che personalmente mi ha fatto appassionare alla finanza personale spingendomi ad approfondire in prima persona.
Lorenzo, 13 Mar 2025Non sono solito a mettere recensioni e specialmente non ascolto podcast, ma da quando ho iniziato questo, faccio fatica a staccarmi, e quasi non posso più fare a meno di ascoltare e arricchirmi culturalmente.
Andrea V., 22 Set 2025Podcast piacevole, scorre veloce ma in modo estremamente chiaro, spiega i concetti chiave per gestire le proprie finanze, fornendo la classica cassetta degli attrezzi. Complimenti, davvero ben fatto!
Massimiliano, 29 Mag 2024Da quando l'ho scoperto in 15 gg mi sono ascoltato 150 puntate senza fermarmi, ho annullato gli altri podcast per portarmi alla pari ed ascoltare tutte le precedenti puntate, ben fatto, esattamente il livello di informazione che mi serviva
Gianluca G., 11 Set 2025Veramente interessante, chiaro e conciso. Cambia la vita finanziaria di chiunque.. da ascoltare assolutamente anche per chi di finanza non vuole occuparsi mai
Francesca B., 6 Apr 2024