190. Ma la parte Obbligazionaria del Portafoglio serve davvero? I vostri 3 Dubbi
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Punti Chiave
ETF monetari non sono sostituti dei bond: i primi gestiscono la liquidità a breve, i secondi hanno un ruolo d'investimento distinto a lungo termine.
Le performance obbligazionarie recenti sono fuorvianti: considera il YTM attuale e il valore della diversificazione nel lungo termine.
Trascrizione Episodio
Bentornati a The Bull — il tuo podcast di finanza personale.
Allora ragazzi io non lo so come lo porto a casa quest’episodio perché ho il peggior raffreddore di sempre e ho chiaramente abusato di decongestionanti nasali, che ora non mi fanno più effetto.
Mi scuso quindi per la voce peggiore del solito, spero che l’interesse verso il contenuto compensi la qualità della narrazione.
Per vostra immensa gioia, dopo lo scoppiettante episodio 187 dedicato a dirimere la questione obbligazioni singole versus ETF obbligazionari, oggi torniamo a parlare di bond, l’argomento che più vi tiene in scacco e che so che la notte vi toglie il sonno.
Nei mesi ho risposto a centinaia, forse migliaia di domande che mi avete fatto sull’argomento e ho raggruppato i dubbi principali in 3 categorie.
Vi anticipo che, come nell’episodio 187, anche in questo caso, penso che l’ultima motivazione sia la più significativa.
A proposito di quell’episodio.
Mi avete scritto a centinaia tirando in ballo il noto e amato professore di Trento che da 2 o 3 anni insegna all’Italia come investire a colpi di BTP, ETF su paesi esotici e meme leggendari.
Permettetemi un paio di precisazioni.
Non so se Paolo abbia ascoltato l’episodio, mi aveva solo scritto che condivideva i contenuti della copertina della storia su instagram in cui parlavo dei 4 vantaggi degli ETF obbligazionari.
Poi magari sentirà l’episodio e avrà altri commenti da fare.
Ma al di là di questo cosa sostiene Paolo Coletti?
Paolo, in particolare nel suo corso base base base di Educati e Finanziati, spiega un modello super semplice, tagliato per il risparmiatore italiano medio, per gestire in maniera più intelligente i propri soldi.
E in questo modello semplice e intuitivo, destinato ad una vasta platea di persone abituata da decenni a sentir nominare i BTP ma mediamente ignara di cosa sia un ETF, la sua teoria dei 4 pilastri funziona bene per decuplicare il livello di consapevolezza finanziaria di chi parte da zero.
Sul discorso ETF obbligazionari, però, ricordiamo qual è la premessa originaria del Coletti arcinemico di questi strumenti.
Lui ce l’aveva giustamente a morte — e a ragione — con promotori finanziari che soprattutto negli ultimi anni hanno venduto fondi obbligazionari a risparmiatori poco avvezzi al rischio che volevano solo tutelare il capitale. Causando prevedibili disastri.
E in questo ha perfettamente ragione.
Se nel 2021, con i Tassi della BCE a zero, BTP che rendevano meno dell’1% e il Bund che forse aveva ancora rendimenti negativi, se investivi massicciamente in fondi obbligazionari non potevi aspettarti altro se non di prenderti un tracollo verticale al primo rialzo dell’inflazione.
E quindi Paolo giustamente ha fatto tutti i suoi spiegoni per dire che investire in fondi o ETF obbligazionari non è un modo sicuro per tutelare il capitale, almeno per tutelarlo nel senso che il risparmiatore medio intende, cioè vedere il valore nominale del suo investimento non andare in negativo.
Ma il problema non sono i fondi obbligazionari.
O meglio il problema sono anche i fondi perché costano un occhio della testa.
Non sono però gli ETF obbligazionari.
Il problema è investire in obbligazioni se i tassi sono rasoterra.
Ma la questione non cambia anche se investi in singole obbligazioni.
Come abbiamo detto l’altra volta, è vero che puoi tenerle fino a scadenza e avere rimborsato il 100% del capitale, ma qual è il vantaggio di riavere 100, magari 7-8 anni dopo, quando nel frattempo quei 100 valgono magari 80 in valore reale?
Non molto, visto che nel frattempo il mercato si è messo a pagare molto di più le obbligazioni dello stesso tipo emesse successivamente.
Ma quello che succede alla singola obbligazione succede anche all’ETF obbligazionario.
Al suo interno le obbligazioni risalgono pian piano verso 100 e allo stesso tempo l’ETF acquista nuove obbligazioni con rendimenti più elevati.
Qualcuno di voi mi ha scritto: “eh no perché l’ETF deve vendere obbligazioni sotto 100 in perdita e poi comprare nuove obbligazioni a 100. Quindi ci rimette”.
A parte che è una semplificazione eccessiva, ma anche fosse esattamente così, le nuove obbligazioni che comprerà a 100 pagheranno cedole più alte in linea con i nuovi tassi e con il credit spread dell’obbligazione.
Il discorso su cui io e Paolo siamo 100% d’accordo è: se i tassi sono a zero o comunque molto bassi, non comprate ETF obbligazionari, soprattutto a lunga duration.
Se invece avete spese facilmente prevedibili, allora potreste considerare di usare delle obbligazioni singole per finanziarle, pur sapendo però che se nel frattempo sale l’inflazione, ok che vi rimborsano a 100, ma accuserete comunque una perdita reale.
Nel tempo la posizione di Paolo si è modificata perché oggi i tassi di interesse non sono più a zero.
Oggi un aggregate europeo investment grade a media scadenza rende circa un 3% lordo.
Di conseguenza, al di là del fatto che la traiettoria dei tassi in Europa è discendente, anche un rialzo dell’inflazione non avrebbe gli stessi effetti del 2022, perché partiamo da rendimenti positivi nettamente più elevati di allora.
Per questo anche lui non è più così tranchant sull’argomento ormai da un pezzo.
Il vero motivo di disaccordo, in realtà, è che Paolo non concepisce un investimento a lungo termine che non sia 100% azionario.
Credo che se chiedeste a Paolo come fare un portafoglio permanente 60/40, lui farebbe una faccia un po’ perplessa, ma probabilmente vi direbbe di farlo solo con ETF, azionari e obbligazionari, cosi da avere sulla parte obbligazionaria una duration stabile, che è quello che uno vuole ottenere con un portafoglio di questo tipo.
Lui però ha una visione dell’investimento a lungo termine un po’ particolare e pertanto se non concepisce l’idea di un portafoglio che abbia una componente permanente diversa dalle azioni, allora eo ipso gli ETF obbligazionari per lui non hanno senso perché non assolvono al ruolo principale che Paolo attribuisce alle obbligazioni nel suo portafoglio, ossia finanziare spese previste e prevedibili.
Quindi tutta la “non” diatriba su ETF o singoli bond paradossalmente ha più a che fare con la visione sull’investimento azionario in generale.
Per capire cosa intendo, però, dovete aspettare il 4° punto dell’episodio di oggi.
Disclaimer: Paolo Coletti ha approvato la precisazione di cui sopra.
Allora, quali sono i vostri 3 macrodubbi sul tema obbligazionario in generale.
Facciamo un veloce trailer:
– UNO: ma non avrebbe più senso usare solo un fondo monetario, a fianco della parte azionaria, così sono sicuro di non perdere soldi e posso sempre attingere per fare buy the dip, per comprare a sconto quando il mercato crolla?
(ahhhh, non mi stancherò mai di questo mito duro a morire del “mi tengo i soldi da parte così quando il mercato va giù compro e vi frego tutti”)
– DUE: ho guardato tutti gli 800 e fischia ETF obbligazionari investment grade che ci sono su JustETF e i rendimenti degli ultimi 10 anni fanno schifo. Perché dovrei investire in questa robaccia?
– TRE, dulcis in fundo: perché dovrei investire in obbligazioni se il mio orizzonte è a lungo termine? Le obbligazioni servono solo a ridurre la volatilità ma si mangiano via i rendimenti. Che mi frega della volatilità se posso guadagnare di più solo in azioni?
Insomma, più o meno l’ho parafrasata così, poi ciascuno ha la propria personale versione di questa cosa qua.
Bene pronti?
Ok allora adesso parliamo di queste tre cose, prima però vi chiedo solo 90 secondi per una questione di finanza personale veterinaria barra culinaria.
Il mio gatto Sheldon ha deciso che non intende mangiare nulla che non sia la gamma più costosa della marca più costosa in assoluto che fa cibo per gatt e che i croccantini posso anche infilarmeli biiiiiiiiip
A questo punto le cose sono due.
O mi metto anche io a mangiare il suo stesso cibo per ottimizzare un po’ i costi, oppure approfitto del fatto che proprio oggi dovevo fare la pubblicità a NordVPN, che come sapete mi paga sbadilate di commissioni per chi sottoscrive un abbonamento.
Certo, poi ste commissioni finiscono dritte dritte nella ciotola di quel maledetto, ma questa è un’altra storia.
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Quindi se avete a cuore la sicurezza della vostra connessione ad internet o il destino alimentare del palato a tre stelle Michelin del mio gatto, NordVPN è la risposta a entrambi i problemi.
Eccoci qua, i tre grandi dubbi sull’investimento obbligazionario degli Italiani.
NUMERO UNO: ma non è meglio XEON o qualche altro ETF monetario?
Questa la ricevo davvero spesso.
È una delle idee più sistematiche che mi vengono sottoposte e che tra l’altro ho letto spesso anche su Reddit o in altri forum.
Risposta breve: NO. Investire in un ETF monetario non è “meglio”, qualunque cosa “meglio” voglia dire, che investire in Obbligazioni.
Non è meglio semplicemente perché sono due cose completamente diverse tra loro e non sono un’alternativa l’uno all’altro.
Partiamo da dove nasce il dubbio.
Oggi voi guardate un ETF monetario, diciamo XEON solo per semplicità che tanto lo conoscete tutti, vedete che rende circa 3% all’anno (adesso un pelo meno probabilmente), mentre dall’altra parte abbiamo i governativi Europei a scadenza intermedia che rendono poco meno — e istintivamente dite: ma scusa, 3% per 3%, che hanno pure più o meno la stessa tassazione, mi prendo XEON così sto sicuro che la cosa più terribile che può succedere ai bond, ossia un rialzo dell’inflazione, non solo non mi fa perdere soldi con un ETF monetario, ma mi fa pure aumentare il rendimento.
Giustissimo no?
Un ETF monetario replica lo Short-term rate, il tasso sui depositi.
Se aumenta l’inflazione e la BCE alza i tassi di interesse, puff, anche il rendimento dell’ETF monetario aumenta quasi in sincronia.
Al contrario invece l’ETF obbligazionario — o le obbligazioni singole, che vi ricordo: funzionano allo stesso modo perché all’obbligazione singola non dice nessuno che si trova anche dentro qualche ETF così non si mette a fare la pazza — dicevo al contrario l’ETF obbligazionario se salgono i tassi di interesse vedrà il suo prezzo scendere di un valore che tendenzialmente è uguale a MENO delta tassi PER duration, più ogni eventuale ulteriore impatto dei tassi più alti sul credit spread per tutte quelle obbligazioni che non sono titoli di Stato tripla A.
Tutto giusto.
Ma attenzione a due cose.
– Prima cosa: oggi lo XEON di turno rende come bond a scadenza intermedia perché la curva dei rendimenti obbligazionari è ancora piatta. È stata invertita per due anni, ora si sta raddrizzando, ma abbiamo ancora rendimenti a breve che rendono tanto quanto, se non di più, dei rendimenti a lungo termine. Sia in Europe che negli Stati Uniti.
Vi ricordate perché è successo?
È successo perché il rialzo monstre dell’inflazione e dei tassi nel 2022 ha portato il mercato a credere che nel futuro imminente ci sarebbe stata una recessione e quindi che i tassi sarebbero successivamente scesi. Di conseguenza chi investiva in strumenti a breve termine richiedeva un rendimento più elevato di chi investiva in bond a lungo termine per compensare il rischio che alla scadenza avrebbe dovuto reinvestire in un contesto di mercato con rendimenti inferiori.
Storicamente l’inversione della curva dei rendimenti è sempre stata un indicatore molto forte di una recessione imminente. In realtà a sto giro non si è materializzata, o almeno non ancora, e quindi pian piano il mercato ha cominciato a normalizzarsi e pagare meno le scadenze brevi e di più quelle lunghe.
Però siamo ancora in una fase in cui in realtà la curva è piuttosto flat.
Di conseguenza quello che l’investitore deve sapere è che investendo nello XEON di turno — che poi “investire” non so se sia proprio la parola giusta visto che è uno strumento basato sul breve termine — deve accettare il rischio che i tassi possano scendere e che in futuro troverà rendimenti più bassi sul mercato obbligazionario.
Mentre chi oggi compra, per esempio, un ETF obbligazionario con duration 8 anni e i tassi scendono di un punto, vedrà il valore del suo investimento salire di circa l’8%.
Più o meno eh, perché poi il mercato si muove più sulle aspettative che sugli interventi veri e propri delle banche centrali.
Quindi tutto questo per dire: sì XEON rende il 3% oggi, ma il rischio speculare a quello dei tassi che salgono è quello dei tassi che scendono.
– Veniamo alla seconda cosa: è proprio diverso il motivo per cui investo in uno o nell’altro. Io investo in cash, quindi in un ETF monetario, per avere della liquidità a breve termine che in buona parte viene protetta dall’erosione dell’inflazione. Ma non è un investimento. È per definizione un validissimo parcheggio per la liquidità che potrebbe servirmi da qui a un anno magari. Infatti molto spesso diciamo che è un ottimo domicilio per il nostro fondo di emergenza.
Invece investo in bond per altre ragioni.
Poi la risposta definitiva la darò sul terzo punto, ma il concetto è che i bond barra ETF di bond hanno storicamente un rendimento reale di lungo termine positivo oltre l’inflazione e si apprezzano in particolare nei momenti recessione.
Un ETF monetario invece avrebbe proprio il comportamento inverso.
Durante una recessione il suo rendimento andrebbe probabilmente verso lo zero.
E’ noto, se andate a vedere qualunque studio fatto sui rendimenti di lungo termine un po’ in tutti i paesi sviluppati, che è il cash è un pessimo investimento di lungo termine.
I bond invece hanno un rendimento reale positivo, di poco, ma in media ce l’hanno, perché il mercato paga un “term premium” per via delle loro scadenze più lontane.
Ovviamente le azioni hanno un rendimento reale nettamente più positivo, ma su questo bisognerà fare alcune precisazioni tra poco.
Ok?
Quindi sono due cose diverse.
L’altra metà della domanda, ossia, mi tengo i soldi su XEON così al primo bear market faccio il botto e compro in saldo, è più una leggenda che una vera strategia che si possa davvero implementare.
Vi rimando ai tanti episodi in cui abbiamo parlato del concetto “aspetto che il mercato vada giù prima di investire”, comunque l’idea generale è che questa cosa hanno provato a farla milioni di persone con un tasso di successo fondamentalmente nullo.
Perché non è una buona idea, almeno in linea di principio e ammesso che nessuno di noi abbia capacità superiori di previsione e interpretazione del mercato?
È chiaro che se siete dei geni e siete in grado di prevedere con accuratezza cosa farà il mercato, dovete fare timing!
Se siete gente mediamente normale come me, non avete alcun vantaggio competitivo.
Dovreste intanto indovinare il picco del mercato, altrimenti fate come quelli che a inizio 2023 hanno riversato miliardi nei fondi monetari negli Stati Uniti e in Europa, convinti che prendersi il 5% all’anno certo fosse una decisione no-brainer, e nel frattempo si sono persi il +50 e fischia % dell’S&P 500 nello stesso periodo.
Ora cosa fai?
Intanto ti sei perso un bull run astronomico.
Adesso devi decidere se fartene una ragione ed entrare oggi a prezzi che sono il 50% in più di quelli di due anni fa, oppure tenere botta e aspettare uno storno del mercato.
Però lo storno, come sappiamo, potrebbe arrivare oggi mentre state ascoltando questo episodio, oppure tra 10 anni.
E di falsi segnali ce ne sono tanti.
Ricordatevi che praticamente ogni anno l’S&P 500 fa una correzione; quindi, c’è quasi sempre un periodo in cui perde più del 10%.
Poi però spesso risale.
Di conseguenza è facile confondere una correzione di breve periodo con il chiaro segnale che il mercato stia per andare in bear market dandomi quindi l’opportunità di comprare a prezzi di saldo.
Quindi il primo problema è che se sbagli a chiamare il picco, resti fuori dal mercato per un periodo potenzialmente lunghissimo.
Il secondo problema è che pure chiamare il fondo è altamente problematico.
Cioè, come fai a sapere quando è il momento di rientrare?
Mica te lo dice qualcuno.
Il mercato continua a fare su e giù ed è un attimo convincersi che c’è un trend per poi essere smentiti il giorno dopo.
Chi avesse deciso di tenere del cash da parte per fare sto giochino nel 2013, quando il mercato era tornato sui massimi dopo il decennio perduto e tutti dicevano che era sopravvalutato e che sarebbe venuto giù presto, eh…, sta ancora aspettando di entrare.
Il primo bear market ufficiale, quindi con il mercato andato già di oltre il 20%, è arrivato solo a ottobre 2022.
Solo che nel frattempo l’S&P è passato da 1.600 punti a 3.600 punti.
Quindi non solo si sarebbe perso quasi un decennio di rendimenti assurdi, ma sarebbe pure rientrato ad un prezzo che era più del doppio di quando aveva pensato che il mercato fosse troppo caro per investirci.
Insomma, statisticamente i periodi di bull market sono sempre durati molti di più di quelli di bear market.
Solo per questa ragione, il vantaggio statistico ce l’ha chi sta sempre dentro, non chi fa dentro e fuori.
A meno che, ripeto, uno sia convinto di saperne di più della media di tutti gli investitori del mondo.
Ricordatevi il nostro buon amico Eugene Fama: non è che i prezzi sono sempre giusti, ma non c’è modo di sapere se e quando sono sbagliati, perché il mercato è efficiente nell’incorporare le informazioni e cancellare via i mispricing.
Pertanto se oggi qualcuno pensa che il mercato sia al picco e pronto a crollare, può avere benissimo ragione, ma deve sapere che sta presupponendo di conoscere e capire delle cose che la maggior parte degli investitori non hanno colto.
Ok?
Quindi XEON e Bond fanno cose diverse e, no, solitamente tenere cash da parte per approfittare dei momenti di storno non è una buona idea.
Sembra facile a posteriori, quando invece si tratta di metterla in pratica, beh, si sono sprecate milioni di parole ovunque per spiegare che si tratta di un’impresa quasi impossibile.
Aggiungerei un piccolo dettaglio psicologico.
Sabato c’è stato il consueto raduno annuale degli azionisti di Berkshire Hathaway.
Come noto Buffett è la rappresentazione fisica più eminente del principio: be fearful when others are greedy and greedy when others are fearful, cioè: sta schiscio mentre tutti sono euforici e investi aggressivamente mentre tutti se la fanno sotto.
C’è però un motivo per cui questa cosa la sanno tutti ma solo pochi eletti la applicano davvero.
È maledettamente difficile da fare.
Quando c’è una crisi con la C maiuscola, tipo 2008, ma anche durante il bear market flash del covid, il 99% delle persone non pensa “oh fighissimo, sì forse perdo il lavoro e mia moglie è già in cassa integrazione e devo comunque continuare a pagare il mutuo, la macchina, la spesa e mi mancano ancora 20 anni alla pensione e non c’è una sola azienda che assume, però adesso boom! prendo i soldi che avevo in XEON e li sbatto dentro all’azionario globale così tra 10 anni li avrò decuplicati”.
Non lo fai.
Tu pensi che lo farai.
Ma fidati che non lo fai.
Ed è normale che sia così.
Perché noi siamo programmati per essere risk-averse.
Razionalmente lo sappiamo che quando il mercato fa -30,-40% è un’opportunità storica per fare soldi in futuro.
Ma emotivamente è una cosa estremamente difficile da mettere in pratica.
Molto più semplice avere un piano sistematico, come ad esempio un portafoglio implementato con la Regola di The Bull, la regola di Merton o il metodo goal-based, insomma quei metodi che trovate nel file scaricabile all’episodio 184 o qualunque altro vi piaccia, e fare operazioni meccaniche di ribilanciamento basate sulla regola che avete scelto.
Se invece dovete affidarvi a decisioni prese sul momento, molto probabilmente sarà la paura a governare le vostre scelte.
NUMERO DUE: perché investire in Bond se da 10 anni fanno tutti pena?
Anche questa è un grandissimo classico.
Allora partiamo col dire che gli ETF sono diventati massicciamente diffusi in Europa negli ultimi 15 anni.
I primi sono nati negli Stati Uniti negli anni ’90, da noi a inizio 2000, ma la vera diffusione c’è stata solo dopo la Great Financial Crisis, forse anche perché allora BlackRock comprò la divisione iShares da Barclays, che era messa malino, e si dotò così della più grande macchina sforna ETF del mondo.
Se quindi andate su JustETF a guardare cosa hanno fatto gli ETF quotati in Europa nella storia, troverete dati che il più delle volte arriveranno al massimo al 2010.
Il quadro che uno si può fare da questi backtest alla buona qual è? È che:
– L’azionario ha spaccato di brutto negli ultimi 15 anni, mentre
– L’obbligazionario investment grade, soprattutto governativo, ha fatto mediamente schifo, in particolare sulle lunghe scadenze. Il Bloomber Euro Treasury 25+, quindi obbligazioni governative con oltre un quarto di secolo, è ancora un 20% sotto rispetto a dove si trovava 10 anni fa.
La capisco quindi, sulla carta, la vostra obiezione.
Ma cosa investo a fare in una roba che mi fa perdere rendimento nel migliore dei casi e soldi nel peggiore?
Rispondo alla seconda domanda subito e alla prima nel prossimo punto.
Qual è stato un driver comune ad azioni e obbligazioni lungo questo periodo di tempo?
L’eccezionale politica monetaria occidentale di tassi a zero.
Non si era praticamente mai vista una cosa del genere per tanto tempo.
I tassi a zero, quindi possibilità praticamente illimitata di prendere soldi in prestito gratis per finanziare qualunque cosa e premio al rischio azionario dopato verso l’alto, hanno sostenuto a dismisura la crescita soprattutto delle realtà growth — e in particolare di quelle tecnologiche — e hanno contestualmente azzerato i rendimenti obbligazionari.
Poi è arrivato il covid, la ripresa esplosiva subito dopo, la guerra in Ucraina e l’inflazione è tornata, i tassi sono saliti tutti d’un colpo e nel 2022 tutto il mondo obbligazionario è sprofondato nel suo peggior incubo di tutti i tempi.
Sì.
Mentre l’azionario globale è sui massimi storici, i bond a lunga scadenza stanno vivendo il loro più lungo drawdown della storia.
Prendiamo come sempre i Treasury per farci un’idea, così abbiamo i dati giusti.
Secondo il database di Damodaran della NY Stern University, i titoli a 10 anni hanno perso quasi il 18% nel 2022.
18%!
Una roba abnorme per un asset class che viene chiamata fixed income e che dovrebbe essere la roba più noiosa e sicura del mondo.
Non solo è stato un crollo epocale, ma dal 1928 ad oggi, da quando sono disponibili i dati, non si trova nemmeno un anno con un negativo a doppia cifra sui treasury decennali.
Il 2022 è stato, per buona parte del mondo occidentale, il peggior anno di sempre per i bond.
E quindi se andate su JustETF a guardarvi cosa hanno fatto gli ETF obbligazionari nel passato perdete tempo.
Li vedrete quasi tutti in negativo con il 2022 anno in cui i prezzi sono crollati in verticale.
Quindi consiglio da amico: ignorate le performance del passato, se queste si limitano agli ultimi 15 anni.
Oggi la situazione è più, diciamo, normalizzata.
I tassi di interesse sono positivi, pure i tassi reali sono positivi e i rendimenti obbligazionari non derivano unicamente dall’apprezzamento dei bond dovuto ad aspettative di tagli futuri dei tassi, ma in primis direttamente dalle cedole.
Detta in un altro modo: a parità di scadenza, hanno una duration minore.
Se oggi uno investe nel Bloomberg Euro Aggregate Treasury sa che si prende un 2,8% circa lordo di rendimento. Questo poi sarà superiore o inferiore a seconda di cosa fa l’inflazione e di conseguenza di cosa farà la BCE.
Ma il suo yield è positivo.
Il suo total return, invece, dipenderà dal movimento dei prezzi.
Perché si verifichi nuovamente una cosa simile a quella accaduta nel ’22 servono tre ingredienti:
– Tassi di partenza a zero — e non ce li abbiamo;
– Una pandemia globale che paralizzi il mondo per mesi e poi porti i governi a iniettare fantastilioni di dollari nell’economia facendola schizzare alle stelle e mandando in orbita prezzi e salari (alcuni salari) — e non mi sembra neanche questa in agenda per nessuno, anzi il debito globale è un fucking problem per molti;
– Infine serve che il principale partner energetico dell’Europa decida di invadere un altro Paese mandando alle stelle il prezzo di gas e petrolio. Non impossibile, ma situazioni di dipendenza energetica come quella dell’Europa dalla Russia, soprattutto per la Germania, fino alla fine del 2021 oggi non si vedono.
Questo non vuol dire che l’inflazione non possa risalire, però il 2022 è stata davvero una concentrazione unica di fattori negativi per quanto riguarda l’investimento obbligazionario.
Su base storica, se guardiamo agli ultimi 40 anni, il FTSE World Government Bond è cresciuto di quasi il 5% all’anno se escludiamo il 2022, mentre andiamo intorno al 3,6% all’anno con il 2022 compreso.
Capito?
Guardare le performance obbligazionarie degli ultimi 15 anni è perfettamente inutile perché il 2022 è stato un outlier clamoroso che distorce qualunque interpretazione poi vogliamo trarne basandoci sul passato recente.
Ed è stato proprio quell’outlier a farmi dire a inizio 2023: secondo me uno dovrebbe allocare più o meno bond in base ai tassi di interesse vigenti, proprio per evitare scelte sciagurate come quelle di chi post covid si è fatto rifilare fondi obbligazionari “sicuri” che oggi sono “sicuramente” in profondo rosso.
Pertanto, quel che stato è stato e concentriamoci piuttosto su come stanno le cose oggi.
Lo YTM di un ETF obbligazionario è il miglior indicatore che abbiamo a disposizione per stimare approssimativamente la sua performance futura e prendere decisioni su questa parte del portafoglio.
Oggi è positivo e quindi possiamo aspettarci un ritorno positivo nell’orizzonte prevedibile dall’investimento in bond.
Le duration intermedie portano un certo rendimento al portafoglio con un livello di rischio contenuto.
Quelle più lunghe portano più rischio, ma ovviamente sono più efficaci in caso di recessione.
E questo è uno dei classici esempi in cui uno strumento sembra mediocre per la maggior parte del tempo e poi mostra tutta la sua utilità in particolari momenti estremi.
Un po’ come il salvagente sotto il sedile dell’aereo.
Detto questo, veniamo all’ultimo e fondamentale punto
NUMERO TRE: ma perché investire in obbligazioni e non solo in azioni a lungo termine?
Questa è l’architrave di tutta la vicenda.
Come dicevamo all’inizio, la diatriba non diatriba su bond singoli contro ETF obbligazionari, che in confronto al concilio di Nicea sulla natura della Trinità le discussioni erano meno schierate, ha poco a che fare con le obbligazioni stesse, quando sulla visione dell’investimento a lungo termine — e in particolare di quello azionario.
La domanda classica che mi viene fatta è: ma se investo a lungo termine, qual è il senso di avere una componente obbligazionaria che mi mangia via rendimento solo per ridurre volatilità di cui non me ne faccio nulla?
Allora il discorso è mooooolto lungo e articolato.
Abbiamo dedicato tanti episodi che a vario titolo si sono interessati all’argomento e altri ne faremo in futuro, cercando di inquadrare la cosa da punti di vista differenti.
Quello che però mi preme sottolineare è che spesso si ha una visione un po’ astratta dell’investimento.
Diciamo intanto una cosa.
Il lungo termine non esiste.
Il lungo termine è un’astrazione.
Long term is abstraction. Short term is reality, come piace dire a Morgan Housel.
È un modo per dire: su orizzonti di tempo sufficientemente lunghi aumenta la probabilità che fenomeni estremi si compensino e che lo spettro dei possibili esiti sia più ristretto.
Se investire in azioni per un singolo anno può tranquillamente darmi un risultato del +40% o del -40%, il rendimento medio di 10 anni sarà magari compreso tra +20% e -5%, su 20 anni forse sarà tra +15% e +5% e su 30 anni tra +13% e +7%, almeno prendendo l’S&P 500 come riferimento.
Nel lungo termine, teoricamente, il risultato che effettivamente conseguirò con i miei investimenti in media tenderà ad avvicinarsi al risultato atteso, basato sulla media storica e tenuto conto del principio di regressione.
Ma di questa cosa ci facciamo abbastanza poco a meno che stiamo davvero investendo per un obiettivo da qui a 30 anni e soprattutto se non tocchiamo più i nostri soldi in itinere, perché altrimenti dovremmo considerare il rischio di sequenza.
Per chi non se lo ricorda, il rischio di sequenza è quel principio secondo cui l’ordine in cui si susseguono i rendimenti incide sul risultato finale.
L’ideale sarebbe rendimenti negativi all’inizio e positivi alla fine in fase di accumulo e viceversa in fase di decumulo.
L’inferno: rendimenti positivi all’inizio e negativi alla fine della fase di accumulo e il contrario in fase di decumulo.
Il problema del lungo termine, però, è che in mezzo c’è tutta la nostra vita e il nostro portafoglio deve servirla nel migliore dei modi per sostenere tutte le decisioni finanziarie che vorremmo prendere via via per realizzare le nostre aspirazioni.
Un portafoglio 100% azionario difficilmente può fare questa cosa.
Ci sono una serie di punti che vorrei sollevare in merito:
Il PRIMO è che tutta quest’idea che nel lungo termine abbia senso solo investire in azioni si basa sul presupposto che anche in futuro le azioni produrranno sempre un excess return, cioè un rendimento in eccesso rispetto ad un asset risk-free come potrebbe essere un titolo di stato decennale ad alto rating.
– Storicamente questa cosa è perlopiù vera, ma intanto l’effettivo extra rendimento azionario è stato piuttosto variabile nella storia — e se prendiamo la storia recente ci sono stati decenni, ventenni e addirittura trentenni in cui i bond hanno reso più delle azioni (l’ultimo dal 1981 al 2010). In questo periodo infatti il FTSE World Government Bond avrebbe reso di più dell’MSCI World. In teoria nel lungo termine le azioni rendono più delle obbligazioni. Sì. Ma possono capitarti benissimo diversi decenni in cui la cosa non accade. E poco te ne fai alla fine della tua vita da investitore, che poi è la fine della tua vita in generale, se le azioni all’ultima curva fanno il sorpasso.
– Inoltre bisogna ricordare che le azioni rendono di più perché il mercato paga un “risk premium”, cioè un premio per compensare la maggiore assunzione di rischio. Ma come abbiamo detto tante volte questo rischio è reale. Non è uno scherzo. Se il mercato sapesse che alla fine questo rischio è solo passeggero il premio si assottiglierebbe. Il fatto che il premio al rischio potrebbe non trasformarsi in rendimento in eccesso REALIZZATO è esattamente la condizione necessaria perché un premio al rischio in generale ci sia, come avevamo detto nell’episodio 99 sul paradosso del premio al rischio.
– Altra cosa: il sontuoso rendimento azionario globale, in buona parte trainato soprattutto da quello americano, è arrivato al prezzo di valutazioni azionarie sempre più alte. Ci sono tanti motivi per cui ciò è accaduto e ora non ci mettiamo a ridiscuterli, ma oggi abbiamo valutazioni molto elevate e questo ha storicamente una correlazione negativa con i ritorni a lungo termine. Quindi la sovraperformance delle azioni è teoricamente fondata nella teoria finanziaria ma non garantita e soprattutto è “time-varying” cioè dipende dai periodi.
Abbiamo detto che abbiamo avuto decenni, ventenni e trentenni in cui un titolo di stato decennale ha sovraperformato le azioni? Bene, nulla esclude che il prossimo record potrà essere un quarantennio.
Quindi attenzione ad essere così sicuri del fatto che se investo su orizzonti oltre i dieci anni investire in bond è solo uno spreco di rendimento perché posso mostrarvi un sacco di decenni in cui questa cosa non si è rivelata vera.
– Secondo punto. Se il primo era più statistico e il concetto era “occhio che la certezza assoluta che da qui all’eternità l’azionario globale renderà 7-8% all’anno mentre i bond 3-4% non ce la dà proprio nessuno”, il secondo punto è più pratico.
Dato che l’investimento azionario è quello con il ritorno atteso maggiore, possiamo aspettarci che IN MEDIA sia anche quello che ci darà il ritorno realizzato maggiore — e questa è la scoperta dell’acqua calda. Come direbbe il grande Cliff Asness “non è neanche Finanza 101. È proprio Matematica 101”. Ma ciò che compete alle nostre decisioni di investimento, invece, è tutto un altro discorso.
Nessuno investe per conseguire il massimo rendimento atteso, altrimenti sarebbe lecito assumersi un rischio infinito, come nel paradosso di San Pietroburgo delle monetine. Episodio 184 per chi se lo fosse perso.
Noi investiamo per massimizzare la nostra utilità marginale, cioè ci prendiamo il massimo del rischio fino al punto in cui il rendimento supplementare che deriverebbe dal rischio supplementare che andremmo a prenderci non aggiungerebbe nulla alla nostra utilità.
Cosa vuol dire?
Vuol dire che io non mi prendo rischi infiniti, ma solo il massimo rischio che voglio, posso e devo prendermi per realizzare i miei obiettivi finanziari.
È questo uno dei motivi per cui Harry Markowitz, quando ha formulato la modern portfolio theory e l’idea della frontiera efficiente, ha scoperto che il portafoglio migliore non è quello con il rendimento maggiore, ma quello con il rapporto tra rischio e rendimento più alto.
Il mio obiettivo come investitore è massimizzare il rendimento per unità di rischio, oppure minimizzare il rischio dato un certo rendimento atteso.
L’indice di Sharpe, che è appunto la misura del rapporto tra rischio e rendimento, pur con tutti i suoi limiti, ci dice chiaramente che un portafoglio di azioni e obbligazioni produce in media un miglior risk-adjusted return rispetto ad un portafoglio di sole azioni.
Poi la continuazione naturale di questo ragionamento è che dovrei usare la leva per amplificare i rendimenti del portafoglio con il miglior sharpe ratio, ma lasciamo questo discorso ad un futuro episodio.
Comunque la cosa più rilevante per qualunque investitore è trovare il punto di equilibrio tra il rischio che si è disposti ad assumersi e il rendimento atteso perché, mettiamola così, non lo sai cosa accadrà nella tua vita. Non lo sai quando si tratterà di dover cambiare i piani. Non lo sai se e quando circostanze inaspettate di porteranno a modificare la pianificazione che avevi in mente.
Di conseguenza la volatilità del portafoglio non è solo una questione estetica o di sollecitazione emotiva. La volatilità può essere un problema reale esattamente nel momento in cui avresti bisogno che il tuo portafoglio rimanesse in un range limitato invece che fare un decennio alle stelle e uno alle stalle.
Un conto è usare i bond per pianificare le spese prevedibili — e come dicevo l’altra volta non è che siano così tante. Un altro è considerare l’imprevedibile, ossia il fatto che la vita può riservare mille sorprese.
E avere un portafoglio con una volatilità più contenuta, diversificato, che permette di beneficiare dei ribilanciamenti quando un asset class corre molto più di un’altra è un valore reale nel servizio che il nostro portafoglio di investimenti deve svolgere per gli obiettivi della nostra vita.
Molti ritengono che siamo in una situazione simile alla fine della dot.com bubble di inizio 2000.
Io ho già detto molte volte che probabilmente non è così perché allora c’erano società molto più sopravvalutate di oggi e senza fondamentali così solidi.
Però diciamo che è così e che oggi si ripeta quello che è successo nel 2000.
C’erano stati prima 15 anni pazzeschi, come oggi, anche se il periodo 1985-2000 fu ancora più redditizio, e poi appunto puff, la bolla scoppia e parte il decennio perduto.
Ci sono l’investitore A e l’investitore B, entrambi con 100.000 €.
L’investitore A investe solo in MSCI World o VWCE and chill, come piace agli amici di Reddit.
L’investitore B investe 60% MSCI World e 40% in FTSE Government Bond.
Se si ripetesse quello che è accaduto dal 2000 in poi, sapete quando il portafoglio dell’investitore A riuscirà a raggiungere quello dell’investitore B?
Solo tra 22 anni.
3 o 4 anni prima invece se i due avessero fatto un piano di accumulo.
Però voi avete presente persistere nella fede che nel lungo termine le azioni vincono sempre se per 15-20 anni se ci rendiamo conto che il portafoglio meno volatile e più adatto a sostenerci nelle diverse variabili imprevedibili della nostra vita avrebbe pure fatto meglio in termini di rendimento assoluto?
Certo, dal 2009 in poi non c’è partita.
Nessun portafoglio avrebbe lontanamente sfiorato il rendimento di un portafoglio full azionario.
Ora, io non prevedo il futuro, però un bull market secolare di 30 anni non c’è mai stato.
Quindi per non sapere né leggere né scrivere, io sono un grandissimo fan dell’investimento azionario, ma cmq diversifico perché il rischio in eccesso che andrei prendermi non ritengo sarebbe compensato dal maggior beneficio potenziale che ne trarrei, mentre invece se le cose buttano veramente male, il danno sarebbe in valore assoluto superiore.
Lo so che non è un concetto semplice questo.
E non è semplice perché è un ragionamento su più piani.
C’è quello statistico, che ci dice che le azioni hanno un rendimento atteso maggiore, ma atteso e realizzato sono due cose ben diverse e in mezzo potrebbe volerci un tempo più lungo del tempo utile alla nostra vita.
C’è poi un discorso pragmatico: io investo per massimizzare la mia utilità marginale, non per conseguire il massimo ritorno assoluto, perché ciò potrebbe compromettere proprio quegli obiettivi che investendo voglio realizzare.
Infine c’è un discorso di pianificazione: non in tutte le fasi della vita ho bisogno dello stesso tipo di portafoglio.
Ad ogni modo se uno comprende che un portafoglio vive nello stesso continuum della nostra vita e non è proiettato là, in un momento imprecisato tra x decenni per farci chissà cosa, comprende anche perché la componente obbligazionaria sia più facilmente gestibile tramite ETF con una duration stabile che non rollando decine e decine di bond.
In fondo tutto il discorso sui bond assume un senso oppure un altro in base all’idea che vi fate su questo discorso più generale.
Chiudo dicendo: Christine Benz, Meb Faber, Larry Swedroe e vedrete presto altri super big che verranno a trovarci a marzo, nessuno di loro dirà mai: se il tuo orizzonte è superiore a 10 anni vai di azioni come se non ci fosse un domani.
Diversification.
Sempre e comunque.
Perché è l’unica vera assicurazione che può proteggerci da un disastro che ritenevamo improbabile e che, come tutti i disastri, proprio perché era improbabile si sarà rivelato un disastro.
Quindi cari miei, lascio alla vostra propensione al disastro elaborare la vostra personale posizione rispetto a questo tema.
Grazie per tutti i mille milioni di messaggi che mi continuate a mandare, che sono sempre uno stimolo a ragionare su questi temi ed è come se mi permettessero di farlo attraverso 100.000 cervelli invece che tramite il mio solo.
Vi lascio chiedendovi come sempre di mettere segui e attivare le notifiche su spotify, Apple podcast o dove ci ascoltate e a lasciare una recensione a 5 stelle per supportarci e permetterci di continuare a produrre contenuti che vi spiegano che anche le cose che sembrano noiose e inutili potrebbero salvarci la vita proprio quando più ne abbiamo bisogno sempre nuovi.
Per questo episodio invece è davvero tutto e noi ci rivediamo domenica prossima con un nuovo appuntamento insieme in cui, oltre a parlare di un contenuto che sto preparando e a vedere come sono andati i mercati in questo turbolento febbraio, vi sveleranno i prossimi 2 straordinari ospiti che verranno a trovarci a marzo, sempre qui, naturalmente, con The Bull, il tuo podcast di finanza personale.
Bentornati a The Bull — il tuo podcast di finanza personale.
Allora ragazzi io non lo so come lo porto a casa quest’episodio perché ho il peggior raffreddore di sempre e ho chiaramente abusato di decongestionanti nasali, che ora non mi fanno più effetto.
Mi scuso quindi per la voce peggiore del solito, spero che l’interesse verso il contenuto compensi la qualità della narrazione.
Per vostra immensa gioia, dopo lo scoppiettante episodio 187 dedicato a dirimere la questione obbligazioni singole versus ETF obbligazionari, oggi torniamo a parlare di bond, l’argomento che più vi tiene in scacco e che so che la notte vi toglie il sonno.
Nei mesi ho risposto a centinaia, forse migliaia di domande che mi avete fatto sull’argomento e ho raggruppato i dubbi principali in 3 categorie.
Vi anticipo che, come nell’episodio 187, anche in questo caso, penso che l’ultima motivazione sia la più significativa.
A proposito di quell’episodio.
Mi avete scritto a centinaia tirando in ballo il noto e amato professore di Trento che da 2 o 3 anni insegna all’Italia come investire a colpi di BTP, ETF su paesi esotici e meme leggendari.
Permettetemi un paio di precisazioni.
Non so se Paolo abbia ascoltato l’episodio, mi aveva solo scritto che condivideva i contenuti della copertina della storia su instagram in cui parlavo dei 4 vantaggi degli ETF obbligazionari.
Poi magari sentirà l’episodio e avrà altri commenti da fare.
Ma al di là di questo cosa sostiene Paolo Coletti?
Paolo, in particolare nel suo corso base base base di Educati e Finanziati, spiega un modello super semplice, tagliato per il risparmiatore italiano medio, per gestire in maniera più intelligente i propri soldi.
E in questo modello semplice e intuitivo, destinato ad una vasta platea di persone abituata da decenni a sentir nominare i BTP ma mediamente ignara di cosa sia un ETF, la sua teoria dei 4 pilastri funziona bene per decuplicare il livello di consapevolezza finanziaria di chi parte da zero.
Sul discorso ETF obbligazionari, però, ricordiamo qual è la premessa originaria del Coletti arcinemico di questi strumenti.
Lui ce l’aveva giustamente a morte — e a ragione — con promotori finanziari che soprattutto negli ultimi anni hanno venduto fondi obbligazionari a risparmiatori poco avvezzi al rischio che volevano solo tutelare il capitale. Causando prevedibili disastri.
E in questo ha perfettamente ragione.
Se nel 2021, con i Tassi della BCE a zero, BTP che rendevano meno dell’1% e il Bund che forse aveva ancora rendimenti negativi, se investivi massicciamente in fondi obbligazionari non potevi aspettarti altro se non di prenderti un tracollo verticale al primo rialzo dell’inflazione.
E quindi Paolo giustamente ha fatto tutti i suoi spiegoni per dire che investire in fondi o ETF obbligazionari non è un modo sicuro per tutelare il capitale, almeno per tutelarlo nel senso che il risparmiatore medio intende, cioè vedere il valore nominale del suo investimento non andare in negativo.
Ma il problema non sono i fondi obbligazionari.
O meglio il problema sono anche i fondi perché costano un occhio della testa.
Non sono però gli ETF obbligazionari.
Il problema è investire in obbligazioni se i tassi sono rasoterra.
Ma la questione non cambia anche se investi in singole obbligazioni.
Come abbiamo detto l’altra volta, è vero che puoi tenerle fino a scadenza e avere rimborsato il 100% del capitale, ma qual è il vantaggio di riavere 100, magari 7-8 anni dopo, quando nel frattempo quei 100 valgono magari 80 in valore reale?
Non molto, visto che nel frattempo il mercato si è messo a pagare molto di più le obbligazioni dello stesso tipo emesse successivamente.
Ma quello che succede alla singola obbligazione succede anche all’ETF obbligazionario.
Al suo interno le obbligazioni risalgono pian piano verso 100 e allo stesso tempo l’ETF acquista nuove obbligazioni con rendimenti più elevati.
Qualcuno di voi mi ha scritto: “eh no perché l’ETF deve vendere obbligazioni sotto 100 in perdita e poi comprare nuove obbligazioni a 100. Quindi ci rimette”.
A parte che è una semplificazione eccessiva, ma anche fosse esattamente così, le nuove obbligazioni che comprerà a 100 pagheranno cedole più alte in linea con i nuovi tassi e con il credit spread dell’obbligazione.
Il discorso su cui io e Paolo siamo 100% d’accordo è: se i tassi sono a zero o comunque molto bassi, non comprate ETF obbligazionari, soprattutto a lunga duration.
Se invece avete spese facilmente prevedibili, allora potreste considerare di usare delle obbligazioni singole per finanziarle, pur sapendo però che se nel frattempo sale l’inflazione, ok che vi rimborsano a 100, ma accuserete comunque una perdita reale.
Nel tempo la posizione di Paolo si è modificata perché oggi i tassi di interesse non sono più a zero.
Oggi un aggregate europeo investment grade a media scadenza rende circa un 3% lordo.
Di conseguenza, al di là del fatto che la traiettoria dei tassi in Europa è discendente, anche un rialzo dell’inflazione non avrebbe gli stessi effetti del 2022, perché partiamo da rendimenti positivi nettamente più elevati di allora.
Per questo anche lui non è più così tranchant sull’argomento ormai da un pezzo.
Il vero motivo di disaccordo, in realtà, è che Paolo non concepisce un investimento a lungo termine che non sia 100% azionario.
Credo che se chiedeste a Paolo come fare un portafoglio permanente 60/40, lui farebbe una faccia un po’ perplessa, ma probabilmente vi direbbe di farlo solo con ETF, azionari e obbligazionari, cosi da avere sulla parte obbligazionaria una duration stabile, che è quello che uno vuole ottenere con un portafoglio di questo tipo.
Lui però ha una visione dell’investimento a lungo termine un po’ particolare e pertanto se non concepisce l’idea di un portafoglio che abbia una componente permanente diversa dalle azioni, allora eo ipso gli ETF obbligazionari per lui non hanno senso perché non assolvono al ruolo principale che Paolo attribuisce alle obbligazioni nel suo portafoglio, ossia finanziare spese previste e prevedibili.
Quindi tutta la “non” diatriba su ETF o singoli bond paradossalmente ha più a che fare con la visione sull’investimento azionario in generale.
Per capire cosa intendo, però, dovete aspettare il 4° punto dell’episodio di oggi.
Disclaimer: Paolo Coletti ha approvato la precisazione di cui sopra.
Allora, quali sono i vostri 3 macrodubbi sul tema obbligazionario in generale.
Facciamo un veloce trailer:
– UNO: ma non avrebbe più senso usare solo un fondo monetario, a fianco della parte azionaria, così sono sicuro di non perdere soldi e posso sempre attingere per fare buy the dip, per comprare a sconto quando il mercato crolla?
(ahhhh, non mi stancherò mai di questo mito duro a morire del “mi tengo i soldi da parte così quando il mercato va giù compro e vi frego tutti”)
– DUE: ho guardato tutti gli 800 e fischia ETF obbligazionari investment grade che ci sono su JustETF e i rendimenti degli ultimi 10 anni fanno schifo. Perché dovrei investire in questa robaccia?
– TRE, dulcis in fundo: perché dovrei investire in obbligazioni se il mio orizzonte è a lungo termine? Le obbligazioni servono solo a ridurre la volatilità ma si mangiano via i rendimenti. Che mi frega della volatilità se posso guadagnare di più solo in azioni?
Insomma, più o meno l’ho parafrasata così, poi ciascuno ha la propria personale versione di questa cosa qua.
Bene pronti?
Ok allora adesso parliamo di queste tre cose, prima però vi chiedo solo 90 secondi per una questione di finanza personale veterinaria barra culinaria.
Il mio gatto Sheldon ha deciso che non intende mangiare nulla che non sia la gamma più costosa della marca più costosa in assoluto che fa cibo per gatt e che i croccantini posso anche infilarmeli biiiiiiiiip
A questo punto le cose sono due.
O mi metto anche io a mangiare il suo stesso cibo per ottimizzare un po’ i costi, oppure approfitto del fatto che proprio oggi dovevo fare la pubblicità a NordVPN, che come sapete mi paga sbadilate di commissioni per chi sottoscrive un abbonamento.
Certo, poi ste commissioni finiscono dritte dritte nella ciotola di quel maledetto, ma questa è un’altra storia.
Gatti a parte, la settimana scorsa ero in albergo perché sono andato a ritirare quel premio sul lago di Garda di cui avete visto su Instagram, e devo dire che accedere all’home banking, al mio portafoglio, a tutti i miei file vitali per il mio lavoro tranquillo e sereno perché NordVPN proteggeva la mia connessione al wi-fi dell’hotel da virus, malware, phishing, siti ingannevoli e quant’altro, non ha prezzo.
E tra un po’ non ha prezzo nemmeno per voi perché siccome in questi giorni è il loro compleanno, chi attiva NordVPN entro il 19 marzo avrà uno sconto atomico sull’abbonamento di 2 anni, più 4 mesi gratis + altri 6.
Quindi se avete a cuore la sicurezza della vostra connessione ad internet o il destino alimentare del palato a tre stelle Michelin del mio gatto, NordVPN è la risposta a entrambi i problemi.
Eccoci qua, i tre grandi dubbi sull’investimento obbligazionario degli Italiani.
NUMERO UNO: ma non è meglio XEON o qualche altro ETF monetario?
Questa la ricevo davvero spesso.
È una delle idee più sistematiche che mi vengono sottoposte e che tra l’altro ho letto spesso anche su Reddit o in altri forum.
Risposta breve: NO. Investire in un ETF monetario non è “meglio”, qualunque cosa “meglio” voglia dire, che investire in Obbligazioni.
Non è meglio semplicemente perché sono due cose completamente diverse tra loro e non sono un’alternativa l’uno all’altro.
Partiamo da dove nasce il dubbio.
Oggi voi guardate un ETF monetario, diciamo XEON solo per semplicità che tanto lo conoscete tutti, vedete che rende circa 3% all’anno (adesso un pelo meno probabilmente), mentre dall’altra parte abbiamo i governativi Europei a scadenza intermedia che rendono poco meno — e istintivamente dite: ma scusa, 3% per 3%, che hanno pure più o meno la stessa tassazione, mi prendo XEON così sto sicuro che la cosa più terribile che può succedere ai bond, ossia un rialzo dell’inflazione, non solo non mi fa perdere soldi con un ETF monetario, ma mi fa pure aumentare il rendimento.
Giustissimo no?
Un ETF monetario replica lo Short-term rate, il tasso sui depositi.
Se aumenta l’inflazione e la BCE alza i tassi di interesse, puff, anche il rendimento dell’ETF monetario aumenta quasi in sincronia.
Al contrario invece l’ETF obbligazionario — o le obbligazioni singole, che vi ricordo: funzionano allo stesso modo perché all’obbligazione singola non dice nessuno che si trova anche dentro qualche ETF così non si mette a fare la pazza — dicevo al contrario l’ETF obbligazionario se salgono i tassi di interesse vedrà il suo prezzo scendere di un valore che tendenzialmente è uguale a MENO delta tassi PER duration, più ogni eventuale ulteriore impatto dei tassi più alti sul credit spread per tutte quelle obbligazioni che non sono titoli di Stato tripla A.
Tutto giusto.
Ma attenzione a due cose.
– Prima cosa: oggi lo XEON di turno rende come bond a scadenza intermedia perché la curva dei rendimenti obbligazionari è ancora piatta. È stata invertita per due anni, ora si sta raddrizzando, ma abbiamo ancora rendimenti a breve che rendono tanto quanto, se non di più, dei rendimenti a lungo termine. Sia in Europe che negli Stati Uniti.
Vi ricordate perché è successo?
È successo perché il rialzo monstre dell’inflazione e dei tassi nel 2022 ha portato il mercato a credere che nel futuro imminente ci sarebbe stata una recessione e quindi che i tassi sarebbero successivamente scesi. Di conseguenza chi investiva in strumenti a breve termine richiedeva un rendimento più elevato di chi investiva in bond a lungo termine per compensare il rischio che alla scadenza avrebbe dovuto reinvestire in un contesto di mercato con rendimenti inferiori.
Storicamente l’inversione della curva dei rendimenti è sempre stata un indicatore molto forte di una recessione imminente. In realtà a sto giro non si è materializzata, o almeno non ancora, e quindi pian piano il mercato ha cominciato a normalizzarsi e pagare meno le scadenze brevi e di più quelle lunghe.
Però siamo ancora in una fase in cui in realtà la curva è piuttosto flat.
Di conseguenza quello che l’investitore deve sapere è che investendo nello XEON di turno — che poi “investire” non so se sia proprio la parola giusta visto che è uno strumento basato sul breve termine — deve accettare il rischio che i tassi possano scendere e che in futuro troverà rendimenti più bassi sul mercato obbligazionario.
Mentre chi oggi compra, per esempio, un ETF obbligazionario con duration 8 anni e i tassi scendono di un punto, vedrà il valore del suo investimento salire di circa l’8%.
Più o meno eh, perché poi il mercato si muove più sulle aspettative che sugli interventi veri e propri delle banche centrali.
Quindi tutto questo per dire: sì XEON rende il 3% oggi, ma il rischio speculare a quello dei tassi che salgono è quello dei tassi che scendono.
– Veniamo alla seconda cosa: è proprio diverso il motivo per cui investo in uno o nell’altro. Io investo in cash, quindi in un ETF monetario, per avere della liquidità a breve termine che in buona parte viene protetta dall’erosione dell’inflazione. Ma non è un investimento. È per definizione un validissimo parcheggio per la liquidità che potrebbe servirmi da qui a un anno magari. Infatti molto spesso diciamo che è un ottimo domicilio per il nostro fondo di emergenza.
Invece investo in bond per altre ragioni.
Poi la risposta definitiva la darò sul terzo punto, ma il concetto è che i bond barra ETF di bond hanno storicamente un rendimento reale di lungo termine positivo oltre l’inflazione e si apprezzano in particolare nei momenti recessione.
Un ETF monetario invece avrebbe proprio il comportamento inverso.
Durante una recessione il suo rendimento andrebbe probabilmente verso lo zero.
E’ noto, se andate a vedere qualunque studio fatto sui rendimenti di lungo termine un po’ in tutti i paesi sviluppati, che è il cash è un pessimo investimento di lungo termine.
I bond invece hanno un rendimento reale positivo, di poco, ma in media ce l’hanno, perché il mercato paga un “term premium” per via delle loro scadenze più lontane.
Ovviamente le azioni hanno un rendimento reale nettamente più positivo, ma su questo bisognerà fare alcune precisazioni tra poco.
Ok?
Quindi sono due cose diverse.
L’altra metà della domanda, ossia, mi tengo i soldi su XEON così al primo bear market faccio il botto e compro in saldo, è più una leggenda che una vera strategia che si possa davvero implementare.
Vi rimando ai tanti episodi in cui abbiamo parlato del concetto “aspetto che il mercato vada giù prima di investire”, comunque l’idea generale è che questa cosa hanno provato a farla milioni di persone con un tasso di successo fondamentalmente nullo.
Perché non è una buona idea, almeno in linea di principio e ammesso che nessuno di noi abbia capacità superiori di previsione e interpretazione del mercato?
È chiaro che se siete dei geni e siete in grado di prevedere con accuratezza cosa farà il mercato, dovete fare timing!
Se siete gente mediamente normale come me, non avete alcun vantaggio competitivo.
Dovreste intanto indovinare il picco del mercato, altrimenti fate come quelli che a inizio 2023 hanno riversato miliardi nei fondi monetari negli Stati Uniti e in Europa, convinti che prendersi il 5% all’anno certo fosse una decisione no-brainer, e nel frattempo si sono persi il +50 e fischia % dell’S&P 500 nello stesso periodo.
Ora cosa fai?
Intanto ti sei perso un bull run astronomico.
Adesso devi decidere se fartene una ragione ed entrare oggi a prezzi che sono il 50% in più di quelli di due anni fa, oppure tenere botta e aspettare uno storno del mercato.
Però lo storno, come sappiamo, potrebbe arrivare oggi mentre state ascoltando questo episodio, oppure tra 10 anni.
E di falsi segnali ce ne sono tanti.
Ricordatevi che praticamente ogni anno l’S&P 500 fa una correzione; quindi, c’è quasi sempre un periodo in cui perde più del 10%.
Poi però spesso risale.
Di conseguenza è facile confondere una correzione di breve periodo con il chiaro segnale che il mercato stia per andare in bear market dandomi quindi l’opportunità di comprare a prezzi di saldo.
Quindi il primo problema è che se sbagli a chiamare il picco, resti fuori dal mercato per un periodo potenzialmente lunghissimo.
Il secondo problema è che pure chiamare il fondo è altamente problematico.
Cioè, come fai a sapere quando è il momento di rientrare?
Mica te lo dice qualcuno.
Il mercato continua a fare su e giù ed è un attimo convincersi che c’è un trend per poi essere smentiti il giorno dopo.
Chi avesse deciso di tenere del cash da parte per fare sto giochino nel 2013, quando il mercato era tornato sui massimi dopo il decennio perduto e tutti dicevano che era sopravvalutato e che sarebbe venuto giù presto, eh…, sta ancora aspettando di entrare.
Il primo bear market ufficiale, quindi con il mercato andato già di oltre il 20%, è arrivato solo a ottobre 2022.
Solo che nel frattempo l’S&P è passato da 1.600 punti a 3.600 punti.
Quindi non solo si sarebbe perso quasi un decennio di rendimenti assurdi, ma sarebbe pure rientrato ad un prezzo che era più del doppio di quando aveva pensato che il mercato fosse troppo caro per investirci.
Insomma, statisticamente i periodi di bull market sono sempre durati molti di più di quelli di bear market.
Solo per questa ragione, il vantaggio statistico ce l’ha chi sta sempre dentro, non chi fa dentro e fuori.
A meno che, ripeto, uno sia convinto di saperne di più della media di tutti gli investitori del mondo.
Ricordatevi il nostro buon amico Eugene Fama: non è che i prezzi sono sempre giusti, ma non c’è modo di sapere se e quando sono sbagliati, perché il mercato è efficiente nell’incorporare le informazioni e cancellare via i mispricing.
Pertanto se oggi qualcuno pensa che il mercato sia al picco e pronto a crollare, può avere benissimo ragione, ma deve sapere che sta presupponendo di conoscere e capire delle cose che la maggior parte degli investitori non hanno colto.
Ok?
Quindi XEON e Bond fanno cose diverse e, no, solitamente tenere cash da parte per approfittare dei momenti di storno non è una buona idea.
Sembra facile a posteriori, quando invece si tratta di metterla in pratica, beh, si sono sprecate milioni di parole ovunque per spiegare che si tratta di un’impresa quasi impossibile.
Aggiungerei un piccolo dettaglio psicologico.
Sabato c’è stato il consueto raduno annuale degli azionisti di Berkshire Hathaway.
Come noto Buffett è la rappresentazione fisica più eminente del principio: be fearful when others are greedy and greedy when others are fearful, cioè: sta schiscio mentre tutti sono euforici e investi aggressivamente mentre tutti se la fanno sotto.
C’è però un motivo per cui questa cosa la sanno tutti ma solo pochi eletti la applicano davvero.
È maledettamente difficile da fare.
Quando c’è una crisi con la C maiuscola, tipo 2008, ma anche durante il bear market flash del covid, il 99% delle persone non pensa “oh fighissimo, sì forse perdo il lavoro e mia moglie è già in cassa integrazione e devo comunque continuare a pagare il mutuo, la macchina, la spesa e mi mancano ancora 20 anni alla pensione e non c’è una sola azienda che assume, però adesso boom! prendo i soldi che avevo in XEON e li sbatto dentro all’azionario globale così tra 10 anni li avrò decuplicati”.
Non lo fai.
Tu pensi che lo farai.
Ma fidati che non lo fai.
Ed è normale che sia così.
Perché noi siamo programmati per essere risk-averse.
Razionalmente lo sappiamo che quando il mercato fa -30,-40% è un’opportunità storica per fare soldi in futuro.
Ma emotivamente è una cosa estremamente difficile da mettere in pratica.
Molto più semplice avere un piano sistematico, come ad esempio un portafoglio implementato con la Regola di The Bull, la regola di Merton o il metodo goal-based, insomma quei metodi che trovate nel file scaricabile all’episodio 184 o qualunque altro vi piaccia, e fare operazioni meccaniche di ribilanciamento basate sulla regola che avete scelto.
Se invece dovete affidarvi a decisioni prese sul momento, molto probabilmente sarà la paura a governare le vostre scelte.
NUMERO DUE: perché investire in Bond se da 10 anni fanno tutti pena?
Anche questa è un grandissimo classico.
Allora partiamo col dire che gli ETF sono diventati massicciamente diffusi in Europa negli ultimi 15 anni.
I primi sono nati negli Stati Uniti negli anni ’90, da noi a inizio 2000, ma la vera diffusione c’è stata solo dopo la Great Financial Crisis, forse anche perché allora BlackRock comprò la divisione iShares da Barclays, che era messa malino, e si dotò così della più grande macchina sforna ETF del mondo.
Se quindi andate su JustETF a guardare cosa hanno fatto gli ETF quotati in Europa nella storia, troverete dati che il più delle volte arriveranno al massimo al 2010.
Il quadro che uno si può fare da questi backtest alla buona qual è? È che:
– L’azionario ha spaccato di brutto negli ultimi 15 anni, mentre
– L’obbligazionario investment grade, soprattutto governativo, ha fatto mediamente schifo, in particolare sulle lunghe scadenze. Il Bloomber Euro Treasury 25+, quindi obbligazioni governative con oltre un quarto di secolo, è ancora un 20% sotto rispetto a dove si trovava 10 anni fa.
La capisco quindi, sulla carta, la vostra obiezione.
Ma cosa investo a fare in una roba che mi fa perdere rendimento nel migliore dei casi e soldi nel peggiore?
Rispondo alla seconda domanda subito e alla prima nel prossimo punto.
Qual è stato un driver comune ad azioni e obbligazioni lungo questo periodo di tempo?
L’eccezionale politica monetaria occidentale di tassi a zero.
Non si era praticamente mai vista una cosa del genere per tanto tempo.
I tassi a zero, quindi possibilità praticamente illimitata di prendere soldi in prestito gratis per finanziare qualunque cosa e premio al rischio azionario dopato verso l’alto, hanno sostenuto a dismisura la crescita soprattutto delle realtà growth — e in particolare di quelle tecnologiche — e hanno contestualmente azzerato i rendimenti obbligazionari.
Poi è arrivato il covid, la ripresa esplosiva subito dopo, la guerra in Ucraina e l’inflazione è tornata, i tassi sono saliti tutti d’un colpo e nel 2022 tutto il mondo obbligazionario è sprofondato nel suo peggior incubo di tutti i tempi.
Sì.
Mentre l’azionario globale è sui massimi storici, i bond a lunga scadenza stanno vivendo il loro più lungo drawdown della storia.
Prendiamo come sempre i Treasury per farci un’idea, così abbiamo i dati giusti.
Secondo il database di Damodaran della NY Stern University, i titoli a 10 anni hanno perso quasi il 18% nel 2022.
18%!
Una roba abnorme per un asset class che viene chiamata fixed income e che dovrebbe essere la roba più noiosa e sicura del mondo.
Non solo è stato un crollo epocale, ma dal 1928 ad oggi, da quando sono disponibili i dati, non si trova nemmeno un anno con un negativo a doppia cifra sui treasury decennali.
Il 2022 è stato, per buona parte del mondo occidentale, il peggior anno di sempre per i bond.
E quindi se andate su JustETF a guardarvi cosa hanno fatto gli ETF obbligazionari nel passato perdete tempo.
Li vedrete quasi tutti in negativo con il 2022 anno in cui i prezzi sono crollati in verticale.
Quindi consiglio da amico: ignorate le performance del passato, se queste si limitano agli ultimi 15 anni.
Oggi la situazione è più, diciamo, normalizzata.
I tassi di interesse sono positivi, pure i tassi reali sono positivi e i rendimenti obbligazionari non derivano unicamente dall’apprezzamento dei bond dovuto ad aspettative di tagli futuri dei tassi, ma in primis direttamente dalle cedole.
Detta in un altro modo: a parità di scadenza, hanno una duration minore.
Se oggi uno investe nel Bloomberg Euro Aggregate Treasury sa che si prende un 2,8% circa lordo di rendimento. Questo poi sarà superiore o inferiore a seconda di cosa fa l’inflazione e di conseguenza di cosa farà la BCE.
Ma il suo yield è positivo.
Il suo total return, invece, dipenderà dal movimento dei prezzi.
Perché si verifichi nuovamente una cosa simile a quella accaduta nel ’22 servono tre ingredienti:
– Tassi di partenza a zero — e non ce li abbiamo;
– Una pandemia globale che paralizzi il mondo per mesi e poi porti i governi a iniettare fantastilioni di dollari nell’economia facendola schizzare alle stelle e mandando in orbita prezzi e salari (alcuni salari) — e non mi sembra neanche questa in agenda per nessuno, anzi il debito globale è un fucking problem per molti;
– Infine serve che il principale partner energetico dell’Europa decida di invadere un altro Paese mandando alle stelle il prezzo di gas e petrolio. Non impossibile, ma situazioni di dipendenza energetica come quella dell’Europa dalla Russia, soprattutto per la Germania, fino alla fine del 2021 oggi non si vedono.
Questo non vuol dire che l’inflazione non possa risalire, però il 2022 è stata davvero una concentrazione unica di fattori negativi per quanto riguarda l’investimento obbligazionario.
Su base storica, se guardiamo agli ultimi 40 anni, il FTSE World Government Bond è cresciuto di quasi il 5% all’anno se escludiamo il 2022, mentre andiamo intorno al 3,6% all’anno con il 2022 compreso.
Capito?
Guardare le performance obbligazionarie degli ultimi 15 anni è perfettamente inutile perché il 2022 è stato un outlier clamoroso che distorce qualunque interpretazione poi vogliamo trarne basandoci sul passato recente.
Ed è stato proprio quell’outlier a farmi dire a inizio 2023: secondo me uno dovrebbe allocare più o meno bond in base ai tassi di interesse vigenti, proprio per evitare scelte sciagurate come quelle di chi post covid si è fatto rifilare fondi obbligazionari “sicuri” che oggi sono “sicuramente” in profondo rosso.
Pertanto, quel che stato è stato e concentriamoci piuttosto su come stanno le cose oggi.
Lo YTM di un ETF obbligazionario è il miglior indicatore che abbiamo a disposizione per stimare approssimativamente la sua performance futura e prendere decisioni su questa parte del portafoglio.
Oggi è positivo e quindi possiamo aspettarci un ritorno positivo nell’orizzonte prevedibile dall’investimento in bond.
Le duration intermedie portano un certo rendimento al portafoglio con un livello di rischio contenuto.
Quelle più lunghe portano più rischio, ma ovviamente sono più efficaci in caso di recessione.
E questo è uno dei classici esempi in cui uno strumento sembra mediocre per la maggior parte del tempo e poi mostra tutta la sua utilità in particolari momenti estremi.
Un po’ come il salvagente sotto il sedile dell’aereo.
Detto questo, veniamo all’ultimo e fondamentale punto
NUMERO TRE: ma perché investire in obbligazioni e non solo in azioni a lungo termine?
Questa è l’architrave di tutta la vicenda.
Come dicevamo all’inizio, la diatriba non diatriba su bond singoli contro ETF obbligazionari, che in confronto al concilio di Nicea sulla natura della Trinità le discussioni erano meno schierate, ha poco a che fare con le obbligazioni stesse, quando sulla visione dell’investimento a lungo termine — e in particolare di quello azionario.
La domanda classica che mi viene fatta è: ma se investo a lungo termine, qual è il senso di avere una componente obbligazionaria che mi mangia via rendimento solo per ridurre volatilità di cui non me ne faccio nulla?
Allora il discorso è mooooolto lungo e articolato.
Abbiamo dedicato tanti episodi che a vario titolo si sono interessati all’argomento e altri ne faremo in futuro, cercando di inquadrare la cosa da punti di vista differenti.
Quello che però mi preme sottolineare è che spesso si ha una visione un po’ astratta dell’investimento.
Diciamo intanto una cosa.
Il lungo termine non esiste.
Il lungo termine è un’astrazione.
Long term is abstraction. Short term is reality, come piace dire a Morgan Housel.
È un modo per dire: su orizzonti di tempo sufficientemente lunghi aumenta la probabilità che fenomeni estremi si compensino e che lo spettro dei possibili esiti sia più ristretto.
Se investire in azioni per un singolo anno può tranquillamente darmi un risultato del +40% o del -40%, il rendimento medio di 10 anni sarà magari compreso tra +20% e -5%, su 20 anni forse sarà tra +15% e +5% e su 30 anni tra +13% e +7%, almeno prendendo l’S&P 500 come riferimento.
Nel lungo termine, teoricamente, il risultato che effettivamente conseguirò con i miei investimenti in media tenderà ad avvicinarsi al risultato atteso, basato sulla media storica e tenuto conto del principio di regressione.
Ma di questa cosa ci facciamo abbastanza poco a meno che stiamo davvero investendo per un obiettivo da qui a 30 anni e soprattutto se non tocchiamo più i nostri soldi in itinere, perché altrimenti dovremmo considerare il rischio di sequenza.
Per chi non se lo ricorda, il rischio di sequenza è quel principio secondo cui l’ordine in cui si susseguono i rendimenti incide sul risultato finale.
L’ideale sarebbe rendimenti negativi all’inizio e positivi alla fine in fase di accumulo e viceversa in fase di decumulo.
L’inferno: rendimenti positivi all’inizio e negativi alla fine della fase di accumulo e il contrario in fase di decumulo.
Il problema del lungo termine, però, è che in mezzo c’è tutta la nostra vita e il nostro portafoglio deve servirla nel migliore dei modi per sostenere tutte le decisioni finanziarie che vorremmo prendere via via per realizzare le nostre aspirazioni.
Un portafoglio 100% azionario difficilmente può fare questa cosa.
Ci sono una serie di punti che vorrei sollevare in merito:
Il PRIMO è che tutta quest’idea che nel lungo termine abbia senso solo investire in azioni si basa sul presupposto che anche in futuro le azioni produrranno sempre un excess return, cioè un rendimento in eccesso rispetto ad un asset risk-free come potrebbe essere un titolo di stato decennale ad alto rating.
– Storicamente questa cosa è perlopiù vera, ma intanto l’effettivo extra rendimento azionario è stato piuttosto variabile nella storia — e se prendiamo la storia recente ci sono stati decenni, ventenni e addirittura trentenni in cui i bond hanno reso più delle azioni (l’ultimo dal 1981 al 2010). In questo periodo infatti il FTSE World Government Bond avrebbe reso di più dell’MSCI World. In teoria nel lungo termine le azioni rendono più delle obbligazioni. Sì. Ma possono capitarti benissimo diversi decenni in cui la cosa non accade. E poco te ne fai alla fine della tua vita da investitore, che poi è la fine della tua vita in generale, se le azioni all’ultima curva fanno il sorpasso.
– Inoltre bisogna ricordare che le azioni rendono di più perché il mercato paga un “risk premium”, cioè un premio per compensare la maggiore assunzione di rischio. Ma come abbiamo detto tante volte questo rischio è reale. Non è uno scherzo. Se il mercato sapesse che alla fine questo rischio è solo passeggero il premio si assottiglierebbe. Il fatto che il premio al rischio potrebbe non trasformarsi in rendimento in eccesso REALIZZATO è esattamente la condizione necessaria perché un premio al rischio in generale ci sia, come avevamo detto nell’episodio 99 sul paradosso del premio al rischio.
– Altra cosa: il sontuoso rendimento azionario globale, in buona parte trainato soprattutto da quello americano, è arrivato al prezzo di valutazioni azionarie sempre più alte. Ci sono tanti motivi per cui ciò è accaduto e ora non ci mettiamo a ridiscuterli, ma oggi abbiamo valutazioni molto elevate e questo ha storicamente una correlazione negativa con i ritorni a lungo termine. Quindi la sovraperformance delle azioni è teoricamente fondata nella teoria finanziaria ma non garantita e soprattutto è “time-varying” cioè dipende dai periodi.
Abbiamo detto che abbiamo avuto decenni, ventenni e trentenni in cui un titolo di stato decennale ha sovraperformato le azioni? Bene, nulla esclude che il prossimo record potrà essere un quarantennio.
Quindi attenzione ad essere così sicuri del fatto che se investo su orizzonti oltre i dieci anni investire in bond è solo uno spreco di rendimento perché posso mostrarvi un sacco di decenni in cui questa cosa non si è rivelata vera.
– Secondo punto. Se il primo era più statistico e il concetto era “occhio che la certezza assoluta che da qui all’eternità l’azionario globale renderà 7-8% all’anno mentre i bond 3-4% non ce la dà proprio nessuno”, il secondo punto è più pratico.
Dato che l’investimento azionario è quello con il ritorno atteso maggiore, possiamo aspettarci che IN MEDIA sia anche quello che ci darà il ritorno realizzato maggiore — e questa è la scoperta dell’acqua calda. Come direbbe il grande Cliff Asness “non è neanche Finanza 101. È proprio Matematica 101”. Ma ciò che compete alle nostre decisioni di investimento, invece, è tutto un altro discorso.
Nessuno investe per conseguire il massimo rendimento atteso, altrimenti sarebbe lecito assumersi un rischio infinito, come nel paradosso di San Pietroburgo delle monetine. Episodio 184 per chi se lo fosse perso.
Noi investiamo per massimizzare la nostra utilità marginale, cioè ci prendiamo il massimo del rischio fino al punto in cui il rendimento supplementare che deriverebbe dal rischio supplementare che andremmo a prenderci non aggiungerebbe nulla alla nostra utilità.
Cosa vuol dire?
Vuol dire che io non mi prendo rischi infiniti, ma solo il massimo rischio che voglio, posso e devo prendermi per realizzare i miei obiettivi finanziari.
È questo uno dei motivi per cui Harry Markowitz, quando ha formulato la modern portfolio theory e l’idea della frontiera efficiente, ha scoperto che il portafoglio migliore non è quello con il rendimento maggiore, ma quello con il rapporto tra rischio e rendimento più alto.
Il mio obiettivo come investitore è massimizzare il rendimento per unità di rischio, oppure minimizzare il rischio dato un certo rendimento atteso.
L’indice di Sharpe, che è appunto la misura del rapporto tra rischio e rendimento, pur con tutti i suoi limiti, ci dice chiaramente che un portafoglio di azioni e obbligazioni produce in media un miglior risk-adjusted return rispetto ad un portafoglio di sole azioni.
Poi la continuazione naturale di questo ragionamento è che dovrei usare la leva per amplificare i rendimenti del portafoglio con il miglior sharpe ratio, ma lasciamo questo discorso ad un futuro episodio.
Comunque la cosa più rilevante per qualunque investitore è trovare il punto di equilibrio tra il rischio che si è disposti ad assumersi e il rendimento atteso perché, mettiamola così, non lo sai cosa accadrà nella tua vita. Non lo sai quando si tratterà di dover cambiare i piani. Non lo sai se e quando circostanze inaspettate di porteranno a modificare la pianificazione che avevi in mente.
Di conseguenza la volatilità del portafoglio non è solo una questione estetica o di sollecitazione emotiva. La volatilità può essere un problema reale esattamente nel momento in cui avresti bisogno che il tuo portafoglio rimanesse in un range limitato invece che fare un decennio alle stelle e uno alle stalle.
Un conto è usare i bond per pianificare le spese prevedibili — e come dicevo l’altra volta non è che siano così tante. Un altro è considerare l’imprevedibile, ossia il fatto che la vita può riservare mille sorprese.
E avere un portafoglio con una volatilità più contenuta, diversificato, che permette di beneficiare dei ribilanciamenti quando un asset class corre molto più di un’altra è un valore reale nel servizio che il nostro portafoglio di investimenti deve svolgere per gli obiettivi della nostra vita.
Molti ritengono che siamo in una situazione simile alla fine della dot.com bubble di inizio 2000.
Io ho già detto molte volte che probabilmente non è così perché allora c’erano società molto più sopravvalutate di oggi e senza fondamentali così solidi.
Però diciamo che è così e che oggi si ripeta quello che è successo nel 2000.
C’erano stati prima 15 anni pazzeschi, come oggi, anche se il periodo 1985-2000 fu ancora più redditizio, e poi appunto puff, la bolla scoppia e parte il decennio perduto.
Ci sono l’investitore A e l’investitore B, entrambi con 100.000 €.
L’investitore A investe solo in MSCI World o VWCE and chill, come piace agli amici di Reddit.
L’investitore B investe 60% MSCI World e 40% in FTSE Government Bond.
Se si ripetesse quello che è accaduto dal 2000 in poi, sapete quando il portafoglio dell’investitore A riuscirà a raggiungere quello dell’investitore B?
Solo tra 22 anni.
3 o 4 anni prima invece se i due avessero fatto un piano di accumulo.
Però voi avete presente persistere nella fede che nel lungo termine le azioni vincono sempre se per 15-20 anni se ci rendiamo conto che il portafoglio meno volatile e più adatto a sostenerci nelle diverse variabili imprevedibili della nostra vita avrebbe pure fatto meglio in termini di rendimento assoluto?
Certo, dal 2009 in poi non c’è partita.
Nessun portafoglio avrebbe lontanamente sfiorato il rendimento di un portafoglio full azionario.
Ora, io non prevedo il futuro, però un bull market secolare di 30 anni non c’è mai stato.
Quindi per non sapere né leggere né scrivere, io sono un grandissimo fan dell’investimento azionario, ma cmq diversifico perché il rischio in eccesso che andrei prendermi non ritengo sarebbe compensato dal maggior beneficio potenziale che ne trarrei, mentre invece se le cose buttano veramente male, il danno sarebbe in valore assoluto superiore.
Lo so che non è un concetto semplice questo.
E non è semplice perché è un ragionamento su più piani.
C’è quello statistico, che ci dice che le azioni hanno un rendimento atteso maggiore, ma atteso e realizzato sono due cose ben diverse e in mezzo potrebbe volerci un tempo più lungo del tempo utile alla nostra vita.
C’è poi un discorso pragmatico: io investo per massimizzare la mia utilità marginale, non per conseguire il massimo ritorno assoluto, perché ciò potrebbe compromettere proprio quegli obiettivi che investendo voglio realizzare.
Infine c’è un discorso di pianificazione: non in tutte le fasi della vita ho bisogno dello stesso tipo di portafoglio.
Ad ogni modo se uno comprende che un portafoglio vive nello stesso continuum della nostra vita e non è proiettato là, in un momento imprecisato tra x decenni per farci chissà cosa, comprende anche perché la componente obbligazionaria sia più facilmente gestibile tramite ETF con una duration stabile che non rollando decine e decine di bond.
In fondo tutto il discorso sui bond assume un senso oppure un altro in base all’idea che vi fate su questo discorso più generale.
Chiudo dicendo: Christine Benz, Meb Faber, Larry Swedroe e vedrete presto altri super big che verranno a trovarci a marzo, nessuno di loro dirà mai: se il tuo orizzonte è superiore a 10 anni vai di azioni come se non ci fosse un domani.
Diversification.
Sempre e comunque.
Perché è l’unica vera assicurazione che può proteggerci da un disastro che ritenevamo improbabile e che, come tutti i disastri, proprio perché era improbabile si sarà rivelato un disastro.
Quindi cari miei, lascio alla vostra propensione al disastro elaborare la vostra personale posizione rispetto a questo tema.
Grazie per tutti i mille milioni di messaggi che mi continuate a mandare, che sono sempre uno stimolo a ragionare su questi temi ed è come se mi permettessero di farlo attraverso 100.000 cervelli invece che tramite il mio solo.
Vi lascio chiedendovi come sempre di mettere segui e attivare le notifiche su spotify, Apple podcast o dove ci ascoltate e a lasciare una recensione a 5 stelle per supportarci e permetterci di continuare a produrre contenuti che vi spiegano che anche le cose che sembrano noiose e inutili potrebbero salvarci la vita proprio quando più ne abbiamo bisogno sempre nuovi.
Per questo episodio invece è davvero tutto e noi ci rivediamo domenica prossima con un nuovo appuntamento insieme in cui, oltre a parlare di un contenuto che sto preparando e a vedere come sono andati i mercati in questo turbolento febbraio, vi sveleranno i prossimi 2 straordinari ospiti che verranno a trovarci a marzo, sempre qui, naturalmente, con The Bull, il tuo podcast di finanza personale.
Recensioni
Quando capisci come funziona la finanza… ti viene voglia di raccontarla!
Ho acquistato e letto il suo libro e l' ho trovato. Esprime i concetti economici in modo semplice e chiaro. Sentirlo parlare conferma che è un professionista del settore.
Giulia N., 11 Ago 2025Ho seguito tutte le puntate! Grazie veramente
Amalia A., 17 Set 2025Non sono solito a mettere recensioni e specialmente non ascolto podcast, ma da quando ho iniziato questo, faccio fatica a staccarmi, e quasi non posso più fare a meno di ascoltare e arricchirmi culturalmente.
Andrea V., 22 Set 2025Dovrebbero ascoltarlo buona parte degli italiani e io avrei dovuto scoprirlo con qualche anno in anticipo ma meglio tardi che mai
Matteo C., 3 Set 2025Da quando l'ho scoperto in 15 gg mi sono ascoltato 150 puntate senza fermarmi, ho annullato gli altri podcast per portarmi alla pari ed ascoltare tutte le precedenti puntate, ben fatto, esattamente il livello di informazione che mi serviva
Gianluca G., 11 Set 2025Podcast che dà sempre spunti interessanti che personalmente mi ha fatto appassionare alla finanza personale spingendomi ad approfondire in prima persona.
Lorenzo, 13 Mar 2025La mia ignoranza in materia mi ha sempre creato dei dubbi, ma grazie a un amico ho iniziato ad ascoltare il podcast. Per fortuna che ho 24 anni e un po' di tempo e soldi da dedicarmi a imparare le varie nozioni per me stesso. Grazie mille!
Luca G. 10 Ott 2025Podcast piacevole, scorre veloce ma in modo estremamente chiaro, spiega i concetti chiave per gestire le proprie finanze, fornendo la classica cassetta degli attrezzi. Complimenti, davvero ben fatto!
Massimiliano, 29 Mag 2024Veramente veramente raccomandato! la finanza personale riassunta alla perfezione! e spiegata partendo dall'ABC! Ottimo anche da ascoltare a velocita 1,5x!
Giorgia R., 23 Gen 2025