Dopo la corsa dell’Oro, investire in Argento? (e perché è un momento storico)

Dopo la corsa inarrestabile dell'oro, è giunto il momento di considerare l'argento? Cosa determina il prezzo di questo "asset rifugio" e "materia prima industriale" e perché la sua valutazione rispetto a quella dell'oro è ad un livello storico.

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Dopo la corsa dell’Oro, investire in Argento? (e perché è un momento storico)
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213. Dopo la corsa dell’Oro, investire in Argento? (e perché è un momento storico)

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Risorse

Punti Chiave

L'argento: analisi come investimento e indicatore economico, con alta volatilità e duplice natura (industriale/speculativa).

Gold/Silver ratio ai massimi storici: potenziale di crescita per l'argento e utilità per la diversificazione del portafoglio.

Trascrizione Episodio

Bentornati a The Bull — il tuo podcast di finanza personale.

Colpo di scena oggi a The Bull, per il nostro appuntamento numero 213 parliamo di investimenti in argento.

Però ascolterete presto i motivi per cui il timing non è casuale e capiremo insieme perché conoscere il comportamento finanziario di questo cugino sfigato del più prestigioso biondo metallo sia molto interessante sia come possibile investimento in sé, sia come cartina di tornasole del posizionamento del mercato rispetto al breve-medio termine.

Eh sì perché l’andamento del prezzo dell’argento, così come del petrolio, del rame, lo spread tra i bond societari e i titoli di stato e il VIX sono tutta una serie di indicatori che restituiscono un’immagine plastica del comportamento futuro dei mercati, perché in qualche modo si posizionano all’intersezione tra finanza ed economia reale.

La dico in un altro modo: sappiamo che la finanza non è altro che un’approssimazione del valore futuro dell’economia reale scontata nei prezzi di oggi. Pur con tutte le sue imperfezioni e i suoi errori. Però è un fatto che, per definizione, investire in un asset finanziario significa investire sul valore futuro del sottostante rappresentato da quell’asset.

L’argento, come vedremo, è una di quelle cose che sta spesso all’inizio di alcune vaste dinamiche economiche, in particolare in determinati settori industriali, e che quindi deve muoversi necessariamente in anticipo rispetto ad altri fattori legati all’economia reale.

L’inflazione, l’occupazione, il PIL e così via sono tutte metriche macroeconomiche molto importanti ma che registrano cose che sono accadute nel passato.

Il prezzo dell’argento, invece, è una di quelle cose che il mercato deve scontare all’inizio di un certo ciclo economico e quindi spesso viene guardato molto da vicino non solo da chi vuole investire in argento, ma anche da chi vuole cercare di capire come si sta posizionando il mercato rispetto all’idea di una futura espansione o contrazione industriale — e quindi dell’economia tutta.

Tutto quello che ho detto fino adesso sembra campato per aria e non si capisce bene dove voglia andare a parare ma tranquilli, sono 212 episodi che vi accompagno negli intricati percorsi della mia mente e sempre vi riporto fuori quasi tutti sani e salvi e anche a sto giro sarà così.

Gli obiettivi di oggi saranno dunque i seguenti:

– OBIETTIVO NUMERO UNO: capire a che punto siamo con la corsa senza fine dell’oro che neanche nel Klondike di zio Paperone a fine ‘800;

– OBIETTIVO NUMERO DUE: capire se dopo la corsa dell’oro, non sia forse il momento della corsa dell’argento ed eventualmente perché, facendo luce anche su eventuali indizi sull’opinione generale dei mercati riguardo alle prospettive future dell’economia; infine

– OBIETTIVO NUMERO TRE: capire come effettivamente investire in argento, se uno vuole, e che impatto può avere nei portafogli.

Ma possiamo mai dedicarci a parlare di queste tre cose senza prima spendere nemmeno una parola sul fatto che domenica Stati Uniti e Cina si sono trovati a Ginevra e hanno fatto una pace temporanea sui dazi?

Si partiva da 145% alla Cina e 125% agli Stati Uniti e ora per 90 giorni scendono a 30% alla Cina e 10% agli Stati Uniti.

Trump venerdì aveva detto che per lui l’atterraggio giusto poteva essere intorno all’80%, poi sarebbe toccato a Scott Bessent, il segretario al tesoro e capo delegazione americana all’incontro, avere l’ultima parola.

Ancora una volta abbiamo imparato che ascoltare le parole di Trump è completamente una perdita di tempo.

E ancora una volta abbiamo riconfermato la tesi che tra tutti i mangiamorte di Dazimort, Scott Bessent è il nostro Severus Piton sotto copertura mandato a limitare i danni del Signore oscuro, un tempo grande Mago e ora solo Maga, Make Azkaban Great Again.

(quando l’avevo scritta non sembrava così nerd come ora che l’ho sentita ad alta voce. A volte mi chiedo come sia riuscito a sposarmi…)

Ad ogni modo, la reazione dei mercati è stata a dir poco euforica e da manuale: S&P 500 alle stelle, +3,24% a fine giornata. Sussulto d’orgoglio del dollaro, che ha subito riguadagnato oltre l’1% sull’euro e, cosa che ci interessa particolarmente per l’episodio di oggi, oro in picchiata del 3,5%.

Eh sì perché tutta sta vicenda dell’incontro USA Cina sui dazi rientra in un ben più ampio quadro geopolitico molto complesso in cui l’oro riveste sicuramente un ruolo chiave.

Per ora è troppo presto per commentare, ne riparleremo nei prossimi giorni.

È però molto interessante la lettura di James Mackintosh sul Wall Street Journal, che in pratica ha scritto che, ok, un po’ è perché l’incontro con la Cina sarebbe andato meglio delle attese, ma il mercato avrebbe festeggiato soprattutto perché “the grown-ups are in the room”. Letteralmente: ci sono gli adulti nella stanza. Fuori di metafora: Scott Bessent ha preso il comando di tutta la vicenda dei dazi intervenendo prima che i bambini, Navarro, Lutnik e lo stesso Trump, facciano troppi danni.

Da quel che sto vedendo in questo momento, praticamente il mercato è come se avesse completamente cancellato il liberation day del 2 aprile e abbia ormai deciso all’unanimità che niente di quel che Trump ha detto quel giorno è credibile.

L’S&P è ritornato ai valori della fine di marzo e persino in Euro i nostri ETF sull’S&P 500 hanno quasi del tutto recuperato il tonfo successivo alla mattanza dei primi giorni di aprile.

Per tutti coloro che tra voi si sono presi malissimo dopo l’emorragia di inizio primavera, bene, total reset, si riparte da lì come se nulla fosse successo.

E congratulazioni ai coraggiosi che il 3 e 4 aprile non hanno creduto al crollo, hanno comprato e hanno beneficiato del rimbalzo, con il Nasdaq che, essendo prima andato in bear market ed essendo poi risalito dal 7 aprile ad oggi di oltre il 20% è ufficialmente in un nuovo bull market.

Vedremo se e quanto dura, ma non è questo l’argomento di oggi.

Ci interessa invece prendere spunto da uno dei prevedibili risvolti di quest’importante notizia, cioè la discesa del prezzo dell’oro, per avviare tutto il discorso che vogliamo fare in quest’episodio — e che appunto ci porterà all’argento.

Eh sì perché non si può però parlare di argento, senza però prima parlare della sua relazione con il metallo giallo e in particolare delle principali analogie e differenze tra i due, intesi come asset d’investimento, perché in natura ovviamente non c’entrano una cippa l’uno con l’altro, visto che occupano due posti ben distinti sulla tavola periodica degli elementi di Mendelev.

Poi noi siamo abituati ad associarli perché anche con l’argento ci facciamo i gioielli e perché siamo abituati ad attribuire all’argento l’idea di secondo posto per motivazioni sportive.

Ma la verità è che oro e argento hanno sia tratti comuni che comportamenti molto diversi tra loro.

Cominciamo col dire cosa generalmente muove il prezzo dell’oro e cosa quello dell’argento.

Il motivo per cui l’oro è passato dai 3.509 dollari del 21 aprile, giorno in cui Trump aveva fatto intendere che fosse lì lì per far fuori il capo della Federal Reserve Jerome Powell prima che un altro bagno di sangue sui mercati lo riportasse a più miti consigli, dicevo il motivo per cui è passato da 3.509 dollari ai circa 3.200 di lunedì, cioè -8% in poche settimane, è esattamente l’inverso del motivo per cui era passato da meno di 1.700 dollari a fine 2022 a praticamente il doppio in meno di 3 anni.

A volte si dice che l’oro è un hedge contro l’inflazione.

Altre volte si dice che si muove in maniera inversa ai tassi di interesse reali.

La verità è che non c’è una singola dinamica definita che determini il suo prezzo.

Però dopo questi 3 anni, possiamo dire a posteriori che il motivo, a questo giro, è squisitamente di natura, diciamo, geopolitca.

Sale di prezzo quando sale la tensione geopolitica e scende quando ci sono segnali di rasserenamento.

C’è stata la guerra in Ucraina — e c’è tutt’ora — gli Stati Uniti hanno “weaponized the dollar”, cioè hanno usato il dollaro come un’arma congelando le riserve russe detenute in dollari, e questo stato uno dei fattori principali che ha spinto le Banche Centrali di economie non esattamente allineate alla sponda Atlantica, Cina su tutte, a comprare montagne d’oro per avere delle riserve di valore indipendenti dalle decisioni degli Americani.

Gli Stati Uniti possono stampare dollari, agire sui tassi di interesse, precludere lo Swift, cioè il sistema internazionale dei pagamenti bancari, o agire in tanti altri modi per tenere in scacco qualunque Paese abbia delle riserve in dollari o legate al dollaro, come tramite i Treasury.

L’oro invece quello è.

Una volta che ce l’hai nel caveau, hai una riserva di valore inattaccabile, sempre dollar-based ma indipendente da Washington — certo, inattaccabile, ma con un comportamento molto volatile.

Sappiamo che nel lunghissimo termine si è dimostrato una formidabile strumento per preservare il valore reale del suo potere d’acquisto, tanto che è noto che un’oncia d’oro permetteva di comprare tanto l’armatura di un centurione Romano quanto la divisa di un capitano dell’esercito americano nel 2025.

Se però uno non ha due millenni di tempo per aspettare, l’oro può avere comportamenti schizofrenici per decenni.

Negli anni ’70, dopo la fine degli accordi di Bretton Woods che sancivano la convertibilità aurea del dollaro e fissavano il prezzo dell’oro a 35 dollari l’oncia, l’evidente padre spirituale di Trump Richard Nixon decretò unilateralmente che da allora il prezzo dell’oro avrebbe potuto fluttuare come gli pareva — e così è stato.

Il suo prezzo è cresciuto di 13 volte dal 1972 al 1980, salvo poi dimezzarsi dal 1981 al 1999.

Gli anni 2000, come noto, sono stati invece nuovamente eccezionali per l’oro, che ha visto il suo prezzo decuplicarsi in un quarto di secolo.

Vi do però una notizia sconvolgente: solo a marzo di quest’anno il valore reale dell’oro, al netto dell’inflazione, ha nuovamente raggiunto il punto che aveva toccato nel lontano gennaio del 1980.

Ci sono quindi voluti la bellezza di 45 anni perché l’oro generasse un rendimento reale positivo, rispetto a quel picco.

Contestualmente ha però dimostrato di essere un asset praticamente con zero correlazione con l’azionario, quindi in termini di diversificazione è innegabile lo scopo che può avere in un portafoglio.

Definirlo invece un hedge contro l’inflazione, beh, dipende tanto da quando l’avete comprato l’ultima volta.

Il punto ora però è proprio questo, perché:

– Da una parte ci sono una serie di motivi per cui il suo prezzo possa continuare a salire — e questo nonostante la discesa di questi giorni dovuta al fatto che gli investitori sono un po’ più fiduciosi che i dazi saranno meno pesanti di quanto prospettato il 2 aprile:

– C’è il fatto che, volente o nolente, anche se il dollaro resterà per sempre la valuta globale di riferimento, il resto del mondo, soprattutto non occidentale, cercherà di rendersi sempre più indipendente dall’influenza monetaria degli Stati Uniti e accumulare oro è uno dei modi per farlo. Se gli acquisti massicci d’oro continuano, il prezzo continuerà a salire — e c’è chi sostiene, come Yardeni, che i 5.000 ?

Ve lo metto in descrizione.

Campbell è anche autore di un libro piuttosto celebre del 2013 dal titolo the Golden Dilemma.

Il suo dilemma, appunto, è che da una parte la domanda di oro sembra destinata a crescere indeterminatamente, ma dall’altro il prezzo dell’oro risponde nel lungo termine a logiche simili a quelle delle azioni, cioè: i prezzi reali di oggi hanno una correlazione negativa con il rendimento dei prossimi 10 anni.

Cosa vuol dire?

Vuol dire la stessa cosa delle azioni che hanno dei prezzi elevati.

Se oggi le azioni americane hanno un foward price/earning ratio di 20, cioè in media paghi 20 dollari per ciascun dollaro di utile, allora sappiamo che storicamente questo preannuncia rendimenti futuri sotto la media.

Se compri a prezzi alti, i rendimenti futuri tendono a essere più bassi, e viceversa.

E uguale l’oro.

Solo che invece che usare il rapporto tra prezzo e utili, che l’oro non ha, usi il suo prezzo reale, cioè trasformi il prezzo dell’oro in qualunque momento del passato in dollari del 2025 e vai a vedere nei 10 anni successivi come è andata.

Campbell fa vedere che quando l’oro raggiunge prezzi reali molto alti, poi nel decennio successivo fa schifo e viceversa.

Oggi ci troviamo ad un prezzo “reale” mai raggiunto prima, quindi non è fuori luogo aspettarsi che ad un certo punto questa corsa forsennata dell’oro possa prendersi una lunga pausa — o almeno rallentare la corsa.

E qui, finalmente, entra in gioco l’argento.

Intanto, mentre l’oro è appunto un safe haven anticrisi, riserva di valore, pseudo hedge contro l’inflazione o quello che vi pare, l’argento invece si comporta molto più da materia prima vera e propria.

Oltre il 60% dell’utilizzo globale di argento è infatti ad uso industriale e ci sono due settori in particolare in cui è ampiamente utilizzato e che fanno pensare che la sua domanda futura possa essere in crescita: il settore fotovoltaico e l’elettronica, con una menzione specifica per il settore delle auto elettriche che hanno bisogno di molto più argento rispetto ad un veicolo tradizionale, per i sensori, le centraline e per i sistemi di guida assistita.

Come dicevamo all’inizio, il prezzo dell’argento è sempre molto monitorato dal mercato perché ha questa duplice connotazione:

– Da una parte ha pure lui qualche caratteristica tipica dell’oro, inteso come asset speculativo, antinflazione (o presunto tale) e tende a rafforzarsi o in contesti di tassi reali bassi oppure di debolezza del dollaro.

– Dall’altra invece tende ad avere un andamento prociclico, cioè un aumento di prezzo dell’argento potrebbe significare in molti casi l’aspettativa di un aumento della domanda futura ad uso industriale.

Ovviamente è molto difficile prevedere il comportamento di una materia prima in generale e l’argento non fa eccezione.

Anzi, se vogliamo, la grande materia prima per eccellenza, il petrolio, ha un comportamento più lineale.

Il suo prezzo solitamente dipende da due cose:

– Da quanto se ne produce e

– Dalle aspettative sull’andamento economico. Solitamente le ipotesi di recessione fanno scendere il prezzo e viceversa.

L’argento invece per metà è una materia prima fatta e finita.

Dall’altro manifesta dei comportamenti più tipici da asset speculativo.

Diciamo così.

L’argento è un po’ come quando da ragazzino volevi giocare in attacco ma ti mettevano sempre in porta.

Poi tu ogni tanto uscivi palla al piede perché volevi andare a fare goal e non solo prenderti le pallonate addosso.

Solo che quando perdevi palla prendevi goal e insulti dai compagni.

L’argento è così.

Di per sé sarebbe un portiere, dovrebbe starsene buono nel suo ruolo noioso a soddisfare le esigenze produttive di pannelli fotovoltaici e connettori.

Ma ogni tanto vuole fare l’oro e si mette ad avere un comportamento tipico da bene rifugio.

Questa scemenza che ho appena detto racconta però una caratteristica tipica dell’argento come investimento, ossia il fatto che il suo comportamento soggetto a diverse dinamiche porta con sé una volatilità spaventosa.

Fate conto che se già l’oro ha una volatilità molto elevata, superiore addirittura a quella dell’azionario globale, quella dell’argento è mediamente il doppio: parliamo di una deviazione standard annualizzata nell’ordine del 30%.

Perché è interessante questo fatto?

È interessante proprio perché appunto ha questa tendenza ad avere una logica prociclica di medio termine, che appunto segue il ciclo economico, ma anche un comportamento speculativo più di breve termine, in cui cerca di andare dietro all’oro.

Una delle metriche più monitorate dal mercato è infatti il cosiddetto Gold/Silver ratio, ossia il rapporto tra il prezzo dell’oro e il prezzo dell’argento.

Per spiegare come funziona questa metrica e che implicazioni può avere sul comportamento di breve medio termine del mercato, prendo spunto da una delle mie fonti preferite, nonché uno degli indispensabili supporti quotidiani di questo podcast, ossia la newsletter di Datatrek che da oggi sarà con mio orgoglio anche partner di The Bull.

Per chi non li conosce, Datatrek è stata fondata da un veterano di Wall Street, Nick Colas, ex studente alla Chicago Business School di Eugene Fama e altri premi Nobel ed ex analista del leggendario Trader Steven Cohen oltre che della defunta First Boston Credit Suisse, dove lavorava anche Taleb; lui e la sua co-founder Jessica Rabe sono tra le persone più smart che sentirete mai parlare di mercati su Bloomberg, alla CNBC, da Ritholtz o sul loro canale Youtube.

La Newsletter di Datatrek esce tutti i giorni, serve migliaia di clienti istituzionali e retail in tutto il mondo ed è il mio quarto d’ora sacro ogni mattina per avere una fotografia di tutto quel che sta accadendo, senza opinioni soggettive, completamente basata sui numeri e in maniera estremamente accessibile.

Visto che mi chiedete spesso quali fonti uso per tenermi informato, questa è sicuramente una delle migliori — e tra l’altro è comodissima perché vi mettono anche decine di link ad altri articoli, così uno ha in un posto solo più o meno tutto quel che c’è da sapere.

Se volete conoscere le loro analisi, che sono spesso citate anche da testate come il Wall Street Journal o il Financial Times, in descrizione trovate un link per una prova gratuita di due settimane e che vi garantisce uno sconto del 50% per i 6 mesi successivi.

Torniamo quindi al Gold / Silver Price Ratio.

Da quando oro e dollaro si sono separati nel 1971, il rapporto tra il prezzo di un’oncia d’oro e e una d’argento è oscillato tra un minimo di 19 nel 1979 ad un massimo di 112 nell’aprile del 2020.

Non è difficile immaginare il motivo di questo picco.

Nell’aprile 2020, in piena paralisi di tutta l’attività industriale globale, la domanda di argento non poteva che sprofondare sotto i piedi.

In media, il rapporto tra i due prezzi si è mosso nell’ordine di 62, cioè il prezzo dell’oro è stato in media 62 volte superiore a quello dell’argento.

La verità, tuttavia, è che questo rapporto è sempre stato molto volatile.

– Per esempio è cresciuto dalla fine degli anni ’80 fino alla recessione del 90-91;

– Poi è sceso durante il boom economico degli anni 90;

– È risalito durante le due grandi crisi di inizio duemila ed è sceso durante la ripresa nel mezzo

– Se poi escludiamo la parentesi del covid, praticamente l’oro ha sistematicamente incrementato il suo valore differenziale rispetto all’argento dal 2011 ad oggi in maniera praticamente ininterrotta.

E chissene frega mi direte voi?

E invece no.

È interessante guardarlo oggi per due motivi.

MOTIVO NUMERO UNO: oggi ci troviamo ad un valore superiore a 100. L’oro vale circa 3250 dollari l’oncia l’ultima volta che ho guardato e l’argento 33,40 dollari. Quasi quasi 100 volte giuste.

Stiamo parlando di oltre 2 deviazioni standard sopra la media.
Le uniche altre due volte in cui questa cosa è successa sono state:

– Durante la guerra del golfo del 1991 e

– Appunto durante il covid.

Questo differenziale attuale tra oro e argento è quindi un fatto assolutamente degno di nota.

Il MOTIVO NUMERO DUE ne è una diretta conseguenza.

Abbiamo detto che spesso il prezzo dell’argento tende a seguire quello dell’oro.

In una fase così estrema, in cui il prezzo dell’oro è salito tanto rispetto a quello del suo amico più brutto e più povero, da più parti ho letto quest’interpretazione che lascia pensare ad un passaggio di testimone tra oro e argento, soprattutto se ad un certo punto la corsa dell’oro dovesse fermarsi.

La notizia della pausa sui dazi tra USA e Cina ha inizialmente penalizzato entrambi, anche se l’oro ha perso quasi il 3% lunedì mentre l’argento solo lo 0,5%. Ma già martedì l’argento è salito di oltre il 2%. Come dire, prima il mercato ha messo da parte la necessità di continuare a investire in asset rifugio e subito dopo a cominciato a pensare ad un possibile miglioramento delle prospettive industriali globali.

Se il mercato dovesse ritenersi soddisfatto dai “deal” con i vari Paesi, come li chiama Trump, sui dazi e i timori di recessione dovessero attenuarsi, una corsa verso l’alto dell’argento sarebbe praticamente da manuale.

Ovviamente non stiamo dando alcuna raccomandazione di investimento, perché questa cosa potrebbe rivelarsi tranquillamente sbagliata.

Però indipendentemente dal fatto che uno voglia investirci o meno, il prezzo dell’argento (o forse, meglio ancora, il differenziale del prezzo dell’argento rispetto a quello dell’oro) potrebbe essere un segnale forte di come il mercato vede l’andamento nel prossimo futuro dell’economia, perché una riduzione di questo spread starebbe probabilmente a significare che le tensioni geopolitiche si sono ridotte e che le prospettive per l’economia globale sono migliorate.

Ad ogni modo, il fatto che l’argento tenda spesso a inseguire l’oro, ma con una volatilità molto più elevata, ne fa una sorta di “investimento a leva sull’oro”.

Ci sono diversi hedge fund, infatti, che in determinate fasi investono sull’argento per avere un’esposizione amplificata, ma senza i costi della leva nei confronti, dell’oro.

E bisogna che, in certe situazioni estreme, non sarebbe stata una cattiva idea.

Nei 12 mesi successivi al momento in cui durante il covid il differenziale aveva toccato il picco massimo di 113, il prezzo dell’argento è cresciuto di oltre il 70% contro l’8% dell’oro.

Ma anche durante la primissima fase di recovery della grande crisi finanziaria del 2008-2009 era successo qualcosa di simile. Il differenziale era arrivato a 80 a novembre 2008. Nei 12 mesi successivi l’argento è cresciuto del 81% contro il +44% dell’oro.

Qualcosa di simile successe anche nel 2016, nei 12 mesi successivi alla mini crisi di inizio anno.

La tesi, “se ti sei perso la corsa dell’oro considera l’argento”, comunque, non è mia, ma addirittura il Wall Street Journal un paio di settimane fa aveva scritto un articolo proprio sostenendo questa tesi.

Ora, naturalmente lungi da me suggerire operazioni speculative, a maggior ragione su materie prime.

Però ci sono persone interessate a questi temi e sapere che oggi c’è questa situazione particolare, verificatasi solo altre 3 volte nella storia, resta un fatto degno di nota.

A livello invece un po’ più sistematico, che è quello che può interessare di più a investitori come noi, ho fatto degli esperimenti.

Ho preso una vecchia conoscenza di questo podcast, un portafoglio che mi attrae e seduce in maniera irrefrenabile, ma che faccio e farò sempre molta fatica ad abbracciare pienamente.

Mi riferisco a quello che abbiamo sempre chiamato il: No Regret Portfolio.

Molto semplice:

– 50% azionario globale;

– 25% titoli di stato intermedi dei paesi sviluppati;

– 25% oro.

Come ricorderete, le performance di questo portafoglio sono state eccezionali.

Non tanto in termini assoluti, quanto in termini di rapporto rischio rendimento.

La sua performance di lungo termine è piuttosto simile a quella di un 60/40, ma con un significativo caveat: nei momenti peggiori, come durante il decennio perduto, mentre il 60/40 praticamente per 10 sarebbe rimasto flat, il no regret ha fatto quasi il 3% all’anno.

Inoltre, mentre nel febbraio 2009 il 60/40 sarebbe crollato al -25%, il no regret avrebbe perso circa la metà. Idem nel 2022, con il 60/40 sotto fino al -14% e il No Regret fermo al -8.

È, diciamo, una qualche forma di ibrido tra il classico 60/40 e il golden butterfly.

Un 60/40 a prova di inflazione.

O se vogliamo vederla in un altro modo, è un golden butterfly per chi non vuole rinunciare ad avere almeno metà in azioni e non ama troppo né i bond né le small caps.

Ovviamente negli ultimi 30 anni ha funzionato benissimo perché ha sempre avuto i pezzi giusti nelle varie fasi:

– Il 50% in azioni ha portato il grosso del rendimento;

– Il 25% di oro è stato penalizzante negli anni ’90, ma in quegli anni di continua discesa dei tassi i bond avevano più che compensato;

– Al contrario dal 2000 in poi l’oro ha addirittura fatto meglio di entrambe le asset class, tra l’altro sostenendo la baracca in particolare nei momenti più neri del decennio perduto e nel 2022.

Visto sulla carta, tra tutti i portafogli semplici che uno si può immaginare, questo è quello che più si avvicina alla perfezione.

Il mio problema con questo portafoglio, tuttavia, l’ho espresso tante volte.

25% d’oro è davvero una scommessa formidabile.

Vuol dire mettere un quarto del proprio patrimonio in un asset puramente speculativo, senza valore intrinseco, senza cash flow e unicamente nella convinzione che anche in futuro tutto il mondo continuerà ad attribuire a questo strano metallo la stessa incondizionata venerazione.

Problema mio comunque.

A guardare i backtest e alla struttura di diversificazione, è difficile contestarne il buon senso.

L’esperimento che ho voluto fare, tuttavia, è prendere questo portafoglio e sostituirgli l’argento, facendo coincidere l’inizio dei backtest con i momenti in cui lo spread tra oro e argento è arrivato ai massimi.

Il risultato è prevedibile: sia a partire dal febbraio 1991, che dal novembre 2008, che infine dall’aprile 2020 un No Regret Portfolio con argento invece che oro avrebbe performato nettamente meglio nei 5 anni successivi rispetto al No Regret Classico e negli ultimi due casi avrebbe fatto ancora meglio rispetto ad un 60/40.

– Dall’aprile 2020 a inizio 2025, il No regret avrebbe reso poco più dell’11,2% contro il 9,9% del no regret.

– Ancora meglio sarebbe andato nei 5 anni successi al novembre 2008, con quasi due punti di extrarendimento del no regret con argento invece che con oro.

– Dal 1991 a fine 1995 invece, anche in questo caso oltre 1 punto percentuale all’anno di extrarendimento.

Ora, chiaramente non c’è scritto da nessuna parte che questa cosa debba ripetersi anche questa volta e per quel che vale non ho la più pallida intenzione di vendere l’oro che ho in portafoglio e sostituirlo con l’argento.

Una suggestione legittima, tuttavia, basata sui dati del passato è proprio quella del WSJ, cioè: l’investitore che si chiede, ma oggi me la sento di puntare massicciamente sull’oro dopo che ha recentemente toccato un massimo reale che non si vedeva da 45 anni? Magari sì, o magari tenere un piede anche sull’argento potrebbe essere una strategia di diversificazione fatta in un momento che presenta determinate caratteristiche e che in passato si è rivelata una buona decisione.

Ripeto, no financial advice: non ho la benché minima idea se questa sia una buona o una cattiva intuizione.

Come sempre quello che conta è che ciascuno abbia tutte le informazioni, comprenda opportunità e rischi e prenda decisioni consapevoli.

Per riassumere, le OPPORTUNITA’ sono queste:

– Il differenziale del Gold/Silver ratio è praticamente ai massimi, così alto è stato solo altre 2 volte e sia nell’anno che nei 5 anni successivi l’argento ha sempre battuto l’oro;

– L’alleggerimento delle tensioni geopolitiche e commerciali potrebbe far aumentare la fiducia abbassando il rischio di recessione (sostenendo la componente prociclica dell’argento) e infine

– Energia green ed elettrificazione sono due megatrend di lungo termine che richiedono argento. L’argento non è scarso come l’oro, ma un sistematico incremento della domanda avrà un inevitabile impatto sul prezzo.

I RISCHI invece sono questi:

– Non è assolutamente detto che quel che è successo le 2-3 volte precedenti succeda anche questa volta;

– Una recessione globale potrebbe arrivare comunque anche se USA e Cina hanno fatto pace per qualche mese

– Infine l’argento è estremamente volatile, quindi avere in portafoglio un asset che può ballare tranquillamente del 30% in un singolo anno è una pietanza per stomaci forti — o più semplicemente per chi vuole avere una piccola “bet” nella propria asset allocation.

Ultima cosa.

Come si investe in argento?

Naturalmente l’idea migliore è usare un ETC.

Il problema è che mentre gli ETC sull’oro te li tirano dietro, sull’argento non c’è così tanta scelta.

Gli unici due UCITS sopra il miliardo di asset under management sono di Wisdomtree e Ishares.

Quello di Wisdometree è il più diffuso e si trova quotato in numerose borse Europee.

Il suo gigantesco problema è quello 0,5% di TER, un costo inaccettabile per un Exchange Traded Product.

Ishares invece ha fatto un ETC da 0,2% all’anno, decisamente più accettabile.

Curiosamente non mi sembra sia quotato in nessuna borsa dell’Unione Europea, tranne Gettex, la borsa di Monaco e quella di Stoccarda.

Una parte del risparmio sul ter lo perdi forse su spread un po’ più elevati, ma probabilmente quello do Ishares resta comunque più conveniente.

Bene amici miei, anche l’argento è finalmente passato da The Bull.

Fatemi sapere che ne pensate, se quest’idea di andare sul secondo metallo prezioso più famoso del mondo aveva sfiorato il vostro pensiero e come sempre tutto quel che vi passa per la testa e che volete che io sappia affinché The Bull possa migliorare e servire al meglio la fame di informazioni di tutti gli investitori di Italia.

Detto questo, rullo di tamburi perché domenica prossima episodio con il BOTTO!

Vi do un indizio: i 4 Pilastri dell’investimento!

ma non di quei 4 pilastri che qualcuno di voi ha in mente grazie ad un noto professore di matematica e amatissimo youtuber.

Avremo qui una leggenda. Il Dottor William Bernstein, autore di uno dei libri più letti al mondo sulla finanza personale, l’investimento passivo, l’asset allocation e tutte le cose che ci piacciono qui, ossia The 4 Pillars of Investing.

Bernstein è un’autorità globale con la A maiuscola ed è stato fondamentale nella formazione del mio intero pensiero su tutta sta vicenda della finanza e dell’investimento.

Con lui parleremo di 4 pilastri, dei suoi consigli di asset allocation — e spoiler alert: su questo tema mi ha sganciato un paio di bombe non da poco — e di tante altre cose, grazie all’inesauribile saggezza che 25 anni dopo la pubblicazione della prima edizione del libro Bernstein riesce ancora a dispensare.

Nel frattempo vi invito come sempre a mettere segui e attivare le notifiche su spotify, apple podcast o dove ci ascoltate e a lasciare una recensione a 5 stelle per supportarci e permetterci di continuare a produrre contenuti che vi spiegano che anche un metallo prezioso un po’ sfigato può avere i suoi momenti di gloria e quando succede porta bene sempre nuovi.

Per questo episodio invece è davvero tutto e noi ci diamo appuntamento a domenica prossima con il mitologico Dott. William Bernstein sempre qui naturalmente, con The Bull il tuo podcast di finanza personale.

Recensioni

Quando capisci come funziona la finanza… ti viene voglia di raccontarla!

Podcast che dà sempre spunti interessanti che personalmente mi ha fatto appassionare alla finanza personale spingendomi ad approfondire in prima persona.

Lorenzo, 13 Mar 2025

Dovrebbero ascoltarlo buona parte degli italiani e io avrei dovuto scoprirlo con qualche anno in anticipo ma meglio tardi che mai

Matteo C., 3 Set 2025

Veramente interessante, chiaro e conciso. Cambia la vita finanziaria di chiunque.. da ascoltare assolutamente anche per chi di finanza non vuole occuparsi mai

Francesca B., 6 Apr 2024

La mia ignoranza in materia mi ha sempre creato dei dubbi, ma grazie a un amico ho iniziato ad ascoltare il podcast. Per fortuna che ho 24 anni e un po' di tempo e soldi da dedicarmi a imparare le varie nozioni per me stesso. Grazie mille!

Luca G. 10 Ott 2025

Podcast piacevole, scorre veloce ma in modo estremamente chiaro, spiega i concetti chiave per gestire le proprie finanze, fornendo la classica cassetta degli attrezzi. Complimenti, davvero ben fatto!

Massimiliano, 29 Mag 2024

Da quando l'ho scoperto in 15 gg mi sono ascoltato 150 puntate senza fermarmi, ho annullato gli altri podcast per portarmi alla pari ed ascoltare tutte le precedenti puntate, ben fatto, esattamente il livello di informazione che mi serviva

Gianluca G., 11 Set 2025

Riccardo mi ha letteralmente cambiato la vita e fatto scoprire che amo la finanza, ho ascoltato il podcast già due volte e non mi stufo mai di ascoltarlo, parla in modo semplice e chiaro

Massimo D., 23 Set 2025

Non sono solito a mettere recensioni e specialmente non ascolto podcast, ma da quando ho iniziato questo, faccio fatica a staccarmi, e quasi non posso più fare a meno di ascoltare e arricchirmi culturalmente.

Andrea V., 22 Set 2025

Ho seguito tutte le puntate! Grazie veramente

Amalia A., 17 Set 2025
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