Quanto serve per vivere di rendita

La domanda più frequente di tutte: “di quanti soldi ho bisogno per vivere di rendita?”. In questo episodio vediamo come calcolare il capitale necessario per vivere di rendita, analizzando la relazione tra rendimento atteso, inflazione, e spese annuali. Dal 4% rule ai modelli realistici: numeri alla mano, scopri cosa serve davvero per rendere sostenibile la tua libertà finanziaria.

Difficoltà
36 minuti

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Punti Chiave

La Regola del 4% (Safe Withdrawal Rate) è la base per calcolare il capitale necessario per l'Indipendenza Finanziaria (25 volte la spesa annuale).

Il rischio di sequenza (l'ordine dei rendimenti) è il fattore più importante in fase di decumulo.

In un contesto attuale di rendimenti attesi più bassi, si consiglia un SWR più conservativo (es. 3-3,6%) e portafogli statici più diversificati (es. Golden Butterfly).

Contenuti del video

  • 00:00 Quanto serve per vivere di rendita
  • 02:15 Il FIRE: l’indipendenza finanziaria
  • 09:08 Primo problema: il rischio di sequenza
  • 13:17 Secondo problema: l’inflazione
  • 15:23 Terzo problema: il rischio di mercato
  • 17:10 Quarto problema: il rischio longevita’
  • 19:25 I migliori portafogli per vivere di rendita
  • 27:01 Strategie per prelevare il capitale
  • 33:18 La cattiva notizia
  • 34:35 La buona notizia

Trascrizione Video

Benvenuti a The Bull — Il tuo podcast di finanza personale.

Non è forse il sogno di ciascuno di noi?

Ad un certo punto, liberarci per sempre dal vincolo di dover portare a casa uno stipendio ogni mese consumando il tempo e le energie migliori della nostra vita, e poterci finalmente dedicare solo a ciò che più desideriamo?

Senza troppi peli sulla lingua, questo è il mio obiettivo fisso ormai da diversi anni.

L’illuminazione su tutta sta roba della finanza personale di cui vi parlo qui da 2 anni e mezzo è nata proprio quando ho capito che si poteva spezzare quel circolo fatto di lavoro, guadagno, consumo, rilavoro, riguadagno, riconsumo, vado in pensione, muoio.

Volevo di più.

E anni fa capii che il lavoro poteva essere un mezzo per realizzare un fine più elevato.

Poteva essere lo strumento tramite cui avrei ottenuto un reddito con cui finanziare un percorso di investimento che auspicabilmente un giorno mi avrebbe fatto diventare libro.

Il reddito da lavoro sarebbe stato il mio carburante, il mio portafoglio d’investimento e in generale tutta la disciplina di finanza personale sarebbero stati il veicolo tramite cui ci sarei arrivato.

Andando avanti con questo podcast e ragionando quotidianamente su questi temi ho capito che in realtà il mio obiettivo non è esattamente quello di non lavorare mai più e starmene con i piedi a mollo tutto il giorno a non fare una beata mazza.

Probabilmente mi sparerei in testa al giorno tre.

Quello che voglio conseguire è la libertà assoluta, la possibilità di decidere se, quando e quanto lavorare, facendo solo ciò che di volta in volta riterrò stimolante.

Questa cosa ovviamente la puoi fare solo se hai un patrimonio autosufficiente per sostenere le spese della tua vita senza dover dipendere da altre forme di reddito.

Quindi tutto quello che sto facendo nella mia vita personale e che racconto in questo podcast è finalizzato a raggiungere quel target di ricchezza che ad un certo punto mi permetterà — diciamo così — di vivere di rendita.

Il FIRE: l’indipendenza finanziaria

Su tutto questo argomento c’è un immenso filone di studi, soprattutto americani ovviamente, che ruota attorno al concetto di FIRE, Financial Independence Retire Early, che è un movimento nato negli anni ’90 che si prefigge appunto di utilizzare buone pratiche di finanza personale per raggiungere appunto l’indipendenza finanziaria e andare in pensione anticipata.

Attenzione che Retirement ha un significato un po’ diverso da quel che noi intendiamo con Pensione.

Da noi la pensione è principalmente una cosa pubblica, finanziata principalmente dall’INPS e vincolata ad alcune regole piuttosto rigide.

Negli Stati Uniti invece, è vero che c’è una piccola parte di Social Security, ma principalmente gli americani devono finanziarsi la propria pensione investendo — ed è per questo che i principali veicoli di investimento degli americani sono i cosiddetti IRA, individual retirement account, che permettono di investire a condizioni fiscali molto agevolate e con regole molto meno rigide dei fondi pensione qua da noi.

Per loro non c’è proprio soluzione di continuità tra l’investimento a lungo termine e la pensione, mentre noi tendiamo a tenere le due cose un po’ più separate.

Questo però ci interessa il giusto.

Prendiamo atto che ci sono differenze tra il loro sistema e il nostro e che non tutte le cose di cui si parla generalmente nell’ambito del FIRE hanno senso anche qua da noi, però noi oggi ci concentriamo soprattutto sui concetti più strettamente finanziari — poi ciascuno adatterà il proprio percorso di indipendenza finanziaria come gli pare.

Ma quindi: cosa serve per vivere di rendita?

In questo video parleremo di: come funziona il FIRE, quali sono le sue potenziali criticità, qual è il portafoglio migliore per realizzarlo e quali sono le strategie più efficaci per prelevare capitali dai nostri investimenti.

Ne parliamo tra pochi secondi, ma prima permettetemi di dire che questo contenuto è sponsorizzato da Scalable Capital, la banca tedesca che sarà ben felice di aiutarvi nel vostro percorso di indipendenza finanziaria con piani di accumulo in ETF a zero costi d’ordine, interessi del 3,5% sulla liquidità non investita fino al 31 dicembre 2025 e Ai Insights, l’assistente AI che ti aiuta nelle tue decisioni di investimento costruito con modelli di openAI e basato sui dati di Factset e Just ETF.

Qui da qualche parte e in descrizione trovate un link per aprire un account su Scalable.

Se usate il link non avrete assolutamente alcun ulteriore beneficio, ma il sottoscritto percepirà da Scalable una commissione talmente corposa che praticamente vado in Fire tra una settimana.

Prima cosa: da dove nasce sto Fire?

Beh, ha una genesi molto precisa e si tratta di un paper che William Bengen scrisse nel1994 e che è universalmente considerato l’atto di nascita del FIRE, o comunque la sua base teorica più importante: Determining Withdrawal Rates Using Historical Data.

Nel 1998 viene invece pubblicato l’altro paper seminale sull’argomento da tre ricercatori del Trinity College, dal titolo Retirement Savings: Choosing a Withdrawal Rate That i Sustainable e che è passato alla storia come il Trinity Study.

Senza entrare troppo nel dettaglio e nelle nuance degli articoli, questi due paper sono quelli che hanno fondato i principi più noti del FIRE, che possiamo riassumere in questo modo:

un portafoglio diversificato di azioni e titoli di Stato sarebbe in grado di sopravvivere senza esaurirsi per almeno 30 anni prelevando circa il 4% il primo anno e poi adeguando ogni anno il prelievo all’inflazione

Cioè questi due studi sono stati i primi a provare a determinare il valore corretto per il cosiddetto SAFE WITHDRAWAL RATE, cioè il tasso di prelievo annuo sicuro dal mio portafoglio, sicuro nel senso che deve essere sostenibile e non deve andare ad esaurire il capitale prima che io schiatti.

4% sarebbe questo numero magico.

Siccome il 4% di qualcosa è un venticinquesimo, da qui che nasce l’idea che una volta che il mio portafoglio raggiunge un valore equivalente a 25 volte la mia spesa annuale lorda, allora posso ragionevolmente ritenere di poter vivere di rendita per almeno 30 anni.

Facciamo un esempio numerico facile giusto per capirci.

Diciamo che per vivere mi servono 40.000 € lordi reali all’anno — e naturalmente dico reali perché ogni anno devo adeguarli all’inflazione; e poi dico lordi perché ovviamente quando prelevo dal portafoglio dovrò pagare delle tasse, quindi l’importo netto sarebbe circa, boh, un media intorno a 35.000 € o giù di lì.

Attenzione a due cose:

– UNO: si paga il 26% di tasse su tutto, ma sui titoli di Stato si  paga — ad oggi almeno — il 12,5%.

– DUE: si pagano le tasse sul capital gain, cioè sulla differenza tra  il prezzo medio a cui abbiamo acquistato i nostri asset negli anni e  il prezzo a cui li vendiamo, non su tutto l’importo che preleviamo.

Comunque ragioniamo sul lordo.

Se il target è 40.000 €, allora 40.000 / venticinque fa un milione di euro.



Con un milione di euro in un portafoglio diversificato di azioni e obbligazioni dovrei poter sopravvivere per almeno 30 anni prelevando 40.000 € il primo anno e aggiustando poi il prelievo per inflazione negli anni successivi al primo, così che il mio potere d’acquisto resta sempre lo stesso.

Vediamolo visivamente.

Ammettiamo di avere un portafoglio 50% azioni e 50% obbligazioni con un rendimento atteso del — boh — 5% medio all’anno e un’inflazione del 2,5% all’anno.

Parto da un milione, prelevo il 4%, questo è quello che succede

Vedete?

Teoricamente fino a 40 anni il giochino tiene, poi vado in negativo.

Naturalmente il primo anno prelevo 40.000 €, al 40° anno andrò a prelevare sempre l’equivalente reale di 40.000 €, ma in valore nominale saranno 104.000 €.

Se invece sono esoso e punto ad un 5% di prelievo

Boom!

Dopo 28 anni potrei non avere più soldi.

A questo punto però dovreste aver già capito che la questione non è così semplice, perché ci sono una serie di variabili non trascurabili che possono alterare — e di parecchio — la mia esperienza in FIRE.

Quindi devo conoscerle bene per evitare di affidarmi al mio Excel e poi le realtà del mio Excel se ne sbatte e finisco in rovina.

Anche se poi in realtà ha più probabilità di andare in rovina un americano che un italiano, ma questa cosa la vediamo dopo, intanto stiamo sui possibili problemi tecnici di questa formula magica che dice: quanto vuoi spendere ogni anno per 25 e poi puoi vivere di rendita finché campi.

PRIMO PROBLEMA: il RISCHIO di SEQUENZA

Il PRIMO fondamentale problema è il RISCHIO DI SEQUENZA — uno dei concetti più frainesi e allo stesso tempo più importanti di tutta la finanza personale.

Per chi ci ha raggiunto oggi per la prima volta, cos’è il rischio di sequenza?

Il rischio di sequenza è il rischio che deriva dall’ordine in cui si susseguono le performance del mio portafoglio nel tempo.

Se io oggi investo 100.000 € e poi non tocco mai più i miei soldi, il rischio di sequenza è irrilevante.

Il mercato può fare su e giù come gli pare e nell’ordine che gli pare, ma il mio risultato finale sarà lo stesso.

Se invece aggiungo progressivamente soldi nella fase di accumulo o soprattutto tolgo soldi nella fase di decumulo, quando sono in FIRE, ecco, qua le cose possono cambiare di molto.

L’ordine con cui si susseguono i rendimenti del mercato anno dopo anno può stravolgere completamente il percorso di crescita della mia ricchezza.

Come abbiamo detto tante volte, lo scenario ideale è quello in cui, durante la fase di accumulo, ho prima anni negativi e poi anni positivi.

Al contrario, durante la fase di decumulo, voglio esattamente l’opposto: ossia anni buoni subito e anni negativi in seguito.

Che in pratica non è che un modo per dire: quando COMPRO è meglio se il mercato sta andando inizialmente giù, mentre quando VENDO è meglio se il mercato sta andando inizialmente su.

Questa cosa è talmente importante che addirittura l’asset allocation del portafoglio passa in secondo piano durante il retirement perché, per quanto strano possa sembrare, l’asset allocation quando uno decide di vivere di rendita impatta molto meno del rischio di sequenza.

Secondo i calcoli di Early Retirement Now, uno dei siti più belli del mondo su cui vi potete fare una cultura sul Fire e sul vivere di rendita

l’asset allocation del portafoglio quando uno va in FIRE spiega solo un terzo dei risultati, mentre quasi due terzi del successo o del fallimento del programma “vado a vivere di rendita” dipende proprio dal rischio di sequenza.

Vediamolo con un esempio riprendendo il caso di prima, parto con un milione, rendimento medio annuo composto del 5% ma due diverse sequenze.

Per fare questo ho preso i rendimenti dell’S&P 500 dal 1969 al 2008, così da avere 40 anni, e poi ho fatto diviso un po’ meno di due per ottenere un rendimento medio esatto del 5%.

– Nella prima sequenza ho dei rendimenti positivi soprattutto  all’inizio

– Nella seconda ho invece all’inizio soprattutto dei rendimenti  negativi.

Ripeto, il rendimento medio composto è lo stesso, sempre 5% all’anno.

Ma dato che io ogni anno prelevo soldi, questo è quello che sarebbe accaduto, a parità di rendimento del mercato.

Fico eh?

Nel primo caso praticamente schiatto più ricco di quando sono andato in pensione.

Dopo 40 anni mi ritrovo con oltre 3 milioni e mezzo di euro e mi maledico per il fatto di non essermela spassata di più — ma di questo parliamo tra poco.

Nel secondo invece mi è andata malissimo.

Dopo 20 anni ho finito i soldi.

E ripeto: a parità di rendimento del mercato.

Questa cosa è di importanza capitale perché ci fa capire ancora una volta che i rendimenti attesi di un portafoglio possono essere molto distanti da quelli effettivamente realizzati e che più il nostro portafoglio ha un comportamento prevedibile, maggiori saranno le nostre probabilità di massimizzare la creazione di ricchezza nel tempo.

Altrimeni se ho un portafoglio con elevato rendimento atteso, ma molto volatile, se mi gira bene e ho un decennio positivo e poi anche un disastroso decennio perduto, potrebbe continuare a crescere più velocemente rispetto a quanti soldi gli porto via ogni anno e quindi non si esaurirà mai.

Al contrario, se per sfiga mi becco subito un decennio perduto appena vado in FIRE, anche se poi il portafoglio recupera, comunque, il mio portafoglio rischia di non risollevarsi più e di morire prima di me.

Come si può evitare sta cosa?

La vediamo più avanti nel video, adesso parliamo prima degli altri 3 PROBLEMI del vivere di rendita.

SECONDO PROBLEMA: l’INFLAZIONE

Il SECONDO RISCHIO è il rischio inflazione.

Anche questo è un rischio non prevedibile che può fare danni atroci ai nostri progetti di vita che ci immaginavamo scevri da ogni preoccupazione finanziaria.

Quali sono gli impatti principali dell’inflazione in questo discorso.

– Il primo riguarda il tasso di prelievo. Io posso anche aver  impostato il 4% e tutto fila liscio. Se però poi l’inflazione  galoppa cambia tutto, perché per poter mantenere lo stesso stile di  vita dovrò prelevare dal portafoglio più soldi e quindi consumerò  più velocemente il mio capitale, rischiando così di esaurire  anzitempo il mio portafoglio.

– Il secondo riguarda l’asset allocation. Riprendo questo discorso tra  poco, ma intanto diciamo che che l’inflazione è un rischio tanto più  grande, quanto più il nostro portafoglio contiene obbligazioni —  cosa che diventa abbastanza tipica quando uno va in retirement e  vuole un portafoglio più conservativo.  In questo caso però, la cautela diventa proprio la nostra condanna.  L’inflazione fa male sia ad azioni che obbligazioni, ma sappiamo che  le azioni sanno reagire bene dopo i primi shock.  Per le obbligazioni è un disastro invece.

Da gennaio a ottobre 2022 l’MSCI ACWI ha perso, in euro, oltre l’11%.

Il bloomberg euro aggregate Treasury, invece, titoli di stato europei a scadenza intermedia, ha perso quasi il 20%.

Da allora ad agosto 2025, questa invece è la situazione

In termini reali i bond governativi europei sono ancora in negativo di oltre il 20%, mentre l’MSCI All Country world è tornato abbondamentemente in positivo, con un rendimento nominale complessivo di oltre il 30% da inizio 2022.

Vedremo tra poco che durante il FIRE, o comunque quando si intende vivere del proprio capitale e non più del proprio reddito, l’asset allocation del portafoglio deve essere ben bilanciata rispetto a due tipologie di rischio:

– Il rischio di recessione economia — e solitamente qui i titoli di  stato funzionano bene; ma poi c’è anche

– Il rischio di inflazione — e qui le obbligazioni invece prendono  sberle in faccia che richiedono anni e anni per recuperare.

Comunque ci torniamo tra poco.

Teniamo a mente il discorso dell’inflazione e andiamo al

TERZO PROBLEMA: il RISCHIO DI MERCATO

TERZO RISCHIO: il rischio di mercato.

Possiamo fare tutte le stime di questa terra ma la verità è che non sappiamo quanto renderanno in futuro i nostri investimenti.

Per esempio, ogni anno Morningstar pubblica un aggiornamento sul Safe Withdrawal Rate, sul tasso di prelievo SICURO stimato per gli anni a venire in base ad una serie di considerazioni.

Peraltro questo studio è curato dalla loro Director of Personal Finance and Retirement Planning Christine Benz, che era stata nostra ospite nell’episodio 177 e che è diventata una grande amica del nostro podcast.

Nell’ultima edizione, Morningstar raccomanda un tasso di prelievo iniziale più conservativo, del 3,6%, invece che del 4%, per avere un 90% di probabilità che un portafoglio 60/40 sopravviva 30 anni.

Se invece si vuole puntare a 40 anni, addirittura si dovrebbe scendere al 3%.

Perché questo.

Perché anche Morningstar fa un ragionamento che molto spesso facciamo qui anche noi.

Le valutazioni attuali delle azioni, soprattutto di quelle americane, sono molto elevate, di conseguenza il rendimento atteso prospettico che ci possiamo attendere diventa più basso in maniera quasi meccanica.

Quando William Bengen fece il suo studio nel 1994 il CAPE Ratio dell’S&P 500 era intorno a 21. Oggi è praticamente il doppio.

Questo non significa necessariamente che i rendimenti attesi nel futuro saranno la metà di quelli che si poteva attendere nel 1994, ma è legittimo avere un’aspettativa futura più conservativa.

Soprattutto per chi va in Retirement oggi, che quindi ha una maggiore probabilità di beccarsi anni negativi all’inizio, rispetto a chi magari è andato in Retirement nel 2010, subito dopo la grande crisi finanziaria.

Abbiamo infine un

QUARTO PROBLEMA: il rischio LONGEVITA’

QUARTO PROBLEMA che è il rischio di longevità.

Mi fa sempre ridere sta cosa, ma la finanza personale è uno di quei pochi ambiti della nostra esperienza nella quale l’ipotesi di vivere a lungo E’ un problema.

Cioè capite, uno deve mettersi lì a fare i conti e dire: “oh speriamo di schiattare perché metti che vivo troppo poi resto senza soldi”.

Però è vero!

Paradossalmente se vivi troppo, o soprattutto se vivi troppo e negli ultimi anni della tua vita aumentano le spese, soprattutto di natura sanitaria e assistenziale, ecco che il tuo portafoglio potrebbe esaurirsi prima del tempo.

E questo è uno scenario sempre più realistico, perché in effetti sembra che siamo tutti destinati ad un futuro in cui si vivrà più a lungo, ma in cui chiaramente dovremmo far fronte a costi significativi, probabilmente privati, per sostenere le nostre condizioni di salute.

So che chi è scaramantico quello che sto per dire.

Però quanto si fanno le stime per capire se si può vivere di rendita e come gestire bene il decumulo del capitale, conviene fare i debiti scongiuri ma ipotizzare di essere particolarmente longevi.

Ora, alla luce di tutti i quattro rischi di cui abbiamo parlato, dovrebbe essere abbastanza chiaro che, rispetto alla fase di accumulo in cui probabilmente conviene cercare di essere più aggressivi possibile quando si ha un orizzonte piuttosto lungo e soprattutto un reddito costante tramite cui si può sempre integrare il portafoglio, quando si va in Retirement il discorso cambia.

Statisticamente il portafoglio con il maggior rendimento atteso e quindi quello che mi dovrebbe permettere di avere il tasso di prelievo più elevato è chiaramente 100% stocks.

Però, questo è IN MEDIA quello che mi farà vivere la pensione più ricca del mondo.

Ma io non posso permettermi IN MEDIA di avere un portafoglio che spacca.

Ho solo un retirement a disposizione.

Posso andare in FIRE una sola volta.

Di conseguenza la cosa più importante è minimizzare il worst scenario, non massimizzare il best scenario.

Questa frase la dico in modi diversi in una puntata sì e l’altra pure perché ho capito che è l’argomento più difficile da digerire e forse più frainteso.

Però è importante mettere un forte accento su questo fatto, sul fatto che dobbiamo massimizzare le nostre probabilità di far crescere ricchezza nel tempo, non il rendimento atteso aritmetico del nostro portafoglio.

I MIGLIORI PORTAFOGLI PER VIVE RE DI RENDITA

Quali sono allora i portafogli con cui può aver senso avviarsi ad un percorso di pensione anticipata sostenuto dalle nostre rendite finanziarie?

Propongo un paio di idee.

La prima idea è per chi vuole un portafoglio statico, fatto e finito, senza troppe seccature.

L’ideale in questo caso è probabilmente usare un portafoglio diversificato tra asset poco correlati.

Portafogli come il golden butterfly,

il permanent portfolio

o l’all weather

sono tutte soluzioni che hanno perfettamente senso.

Difficile dire quale sia la migliore, anche perché ci sono periodi storici in cui funziona meglio l’uno o l’altro.

Vediamo per esempio come si sarebbero comportati nei trent’anni successi per un investitore andato in FIRE nel 1985 o nel 1995.

Nel 1985 l’All Season avrebbe vinto a man bassa

Con il nostro pensionato che nonostante il prelievo del 4% all’anno prelevato per inflazione avrebbe visto il suo milione iniziale diventare quasi 9 milioni nel 2015.

Se avesse iniziato nel 1995, invece, la storia sarebbe stata un po’ diversa

All Season e Golden Butterfly avrebbero avuto più o meno lo stesso percorso, ma entrambi si sarebbero fermati a 4 milioni e mezzo, ovviamente penalizzati dal fatto che in questo secondo giro il decennio perduto di inizio duemila avrebbe inciso prima, riducendo la crescita futura.

C’è da notare però una cosa.

Se in questi backtest avessi inserito anche un portafoglio con più azioni, come un 60/40, sarebbe sempre risultato il migliore.

Ma vediamo invece come sarebbe andata se il Fire fosse iniziato nel 2000, quindi subito prima dell’inizio del terribile decennio funestato dalle due grandi crisi.

I due portafogli più diversificati avrebbero risentito meno della sequenza sfortunata di rendimenti dopo 25 anni avrebbero avuto un valore quasi doppio rispetto a quello di un 60/40.

Di nuovo il discorso di prima; dobbiamo decidere se vogliamo:

– Massimizzare il risultato medio atteso assoluto oppure

– Massimizzare il risultato che ci può capitare negli scenari più  negativi.

Un portafoglio come il Golden Butterlfy, per esempio, che ha fondamentalmente 40% in azioni, 40% in titoli di stato e 20% in oro, è forse il portafoglio che garantisce uno dei più alti tassi di prelievo non perché il suo rendimento atteso sia il più elevato, ma perché è più elevato il suo baseline return atteso.

Cosa significa?

Significa che è uno dei portafogli che garantisce il risultato migliore negli scenari peggiori o — per dirla in maniera più saputella — che massimizza il rendimento composto mediano, mentre un portafoglio fatto di sole azioni tende a massimizzare il rendimento aritmetico medio.

E indovinate qual è quello che noi ci mettiamo più probabilmente in tasca?

Esatto, quello composto mediano, non quello aritmetico medio.

Per chi invece vuole adottare un approccio più dinamico, un’altra idea molto semplice da implementare è stata popolarizzata da due autorità leggendarie in materia di retirement planning come Michael Kitces e Wade Pfau.

In questo paper

Kitces e Pfau introdussero il concetto di U shaped glidepath, cioè di un’asset allocation dinamica che in prossimità del momento della pensione prende la forma a U.

Cosa significa.

In sostanza l’idea sarebbe: grossomodo tra i 10 e i 5 anni prima della pensione, o del FIRE o di quando insomma volete cominciare a vivere di rendita, conviene ridurre gradualmente l’esposizione azionaria per limitare l’impatto di una sequenza di rendimenti avversi nella fase peggiore e al contrario di riaumentare la quota azionaria tra 5 e 10 anni dopo che si è in Fire, per il motivo uguale e contrario.

Cioè lui dice: se il rischio di sequenza può provocare i danni peggiori nella parte finale dell’accumulo e nella parte iniziale del decumulo, allora conviene ridurre le azioni man mano che ci si avvicina alla pensione e aumentarle di nuovo man mano che il tempo passa, perché appunto più sono avanti nel decumulo, minore sarà l’impatto di un bear market, di una recessione e così via.

Allo stesso modo, andare ad aumentare la componente azionaria man mano che si va avanti con il decumulo permette di limitare l’impatto del rischio inflazione, che invece diventa devastante con troppi bond.

Ovvio che una soluzione perfetta in senso assoluto non esiste, ma quella di Kitches sembra una delle idee statisticamente più solide.

In descrizione vi metto il link ad un Google Sheet in cui ho preso la vecchia formula di The Bull


Che, vi ricordo, è adatta solo alla fase di accumulo, e l’ho migliorata inserendo due criteri nuovi:

– Il profilo di rischio soggettivo, il gamma che si trova nella  formula di Merton e se non sapete cosa sia la formula di Merton  correte a guardare questo video ;

– E appunto una formuletta matematica che tiene conto di questa idea  di Kitces e Pfau, ossia che intorno al momento in cui si va in  retirement la quota azionaria si riduce e poi ricomincia a salire.

Il file è molto semplice, vediamolo assieme un secondo.

Dovete semplicemente inserire l’età in cui pensate di voler andare in FIRE, in pensione o come vi pare.

C’è un campo per il tasso senza rischio. Di default c’è 3,5% che è oggi più o meno una media ponderata tra Treasury e Bund decennali — ma mettete quello che ritenete più opportuno.

E poi ci sono i soliti tre concetti legati al rischio:

– La mia tolleranza al rischio

– La mia capacità di prendermi rischi e

– La mia necessità di prendermi rischi

Ci sono tre menù a tendina e per ciascuno mettete il valore che più vi rispecchia tra 2 e 5 in base alla descrizione che trovate sotto.

Easy.

Benché io pensi che la formula di Merton sia superiore, questa è comunque una formuletta semplice e di buon senso che tiene conto di una variabile macroeconomica fondamentale come i tassi di interesse, si adatta per la propensione soggettiva al rischio e cerca di minimizzare gli impatti del rischio di sequenza.

Ora, al di là del portafoglio che uno utilizza, il punto vero è piuttosto capire come ottimizzare il consumo, cioè come identificare un tasso di prelievo che non solo sicuro, ma anche che mi permetta di massimizzare la spesa e realizzare tutti gli obiettivi della mia vita da felice pensionato.

Perché in realtà il problema è duplice.

– Da una parte, siccome non posso rischiare di finire senza soldi,  quindi devo scegliere un tasso di prelievo conservativo, al netto  del fatto ovviamente di avere altre entrate, ma qui stiamo  considerando il nostro portafoglio come unica fonte di  sostentamento.

– D’altra parte riprendo un calcolo fatto sempre da Michael Kitces, se  noi usiamo come tasso di prelievo il 4% per trent’anni lo scenario  media, quello al 50° percentile, è quello di ritrovarci con un  patrimonio quasi 3 volte superiore a quello di partenza!

Certo: happy problem!

Però happy fino ad un certo punto, perché esistenzialmente è un disastro: vuol dire vivere al di sotto dei propri mezzi, magari continuando a fare sacrifici tutta la vita, per poi morire multimilionario.

Noi facciamo sacrifici ad accumulare ricchezza perché la vogliamo spendere per vivere la migliore vita possibile che possiamo permetterci.

Quindi il discorso del 4% è solo un’indicazione di massima, che però è probabilmente un po’ troppo rigida ed espone a questi due problemi che abbiamo detto:

– C’è una piccola ma non trascurabile probabilità che finiamo i soldi  prima del tempo, soprattutto se uno va in pensione oggi con  rendimenti azionari attesi bassi;

– Ma c’è anche una non piccola probabilità di morire con molti più  soldi di quando siamo andati in pensione.

Per cercare di ovviare a questi due problemi, nel tempo sono stati proposti diversi modelli dinamici per gestire al meglio il tasso di prelievo.

Che ora ci apprestiamo a vedere molto velocemente.

STRATEGIE PER PRELEVARE IL CAPITALE

Il primo è il cosiddetto metodo del Guardrail di Guyton e Klinger.

In pratica propone un tasso di prelievo annuo variabile in base all’andamento del mercato all’interno di due “Guardrail” appunto.

Il modello potrebbe funzionare più o meno così:

– Parto con un tasso di prelievo che per loro può essere anche più  aggressivo, intorno al 5% del portafoglio;

– Però poi fisso due guardrail del 20%, cioè il prelievo non deve mai  sforare il 20% in eccesso o in difetto; se parto da 5% non deve mai  essere più del 6% e mai meno del 4%

– Se ad un certo punto il mercato va male e il prossimo anno il mio  prelievo supererebbe il 6% del valore del portafoglio, allora tiro  la cinghia e quell’anno prelevo meno per restare dentro il range.

– Al contrario invece se durante un bull market il mio portafoglio  cresce e il mio prelievo risulterebbe inferiore al 4% del  portafoglio, allora posso sbragare e prelevare di più.

Questa strategia ha pregi e difetti.

– Il pregio è che permette di gestire meglio il “consumo” del  portafoglio, evitando di prelevare troppo se il mercato sta  attraversando una fase negativa cosa che avrebbe un impatto negativo  sul recupero futuro. E fare questo, in media, dovrebbe permettere di  riuscire a spendere di più del proprio portafoglio, ma attenuando in  parte il rischio di sequenza.

– Il difetto è che richiede un’ampia flessibilità e la capacità di  poter ridurre anche significativamente la quantità di soldi a  disposizione per un certo anno — quindi richiede una pianificazione  delle spese molto accurata.

Un’altra strategia, che è la preferita di Christine Benz, è la cosiddetta Bucket Strategy, il metodo dei secchielli.

L’idea è dividere il portafoglio in tre parti:

– Cash per coprire circa tre anni di spese, quindi treasury bills o  strumenti monetari che replicano il tasso di interesse a breve  termine;

– Bond intermedi e azioni da dividendo, per coprire da 4 a 7-8 anni di  spese; e infine

– Azioni per tutto il resto.

In questo modo il primo bucket serve per pagare le spese a breve termine, mentre gli altri due servono per ripristinare progressivamente il primo man mano che il tempo scorre, con l’idea che quanto il mercato va bene si attinga principalmente dal bucket azionario mentre durante un bear market si attinge dal bucket obbligazionario.

In un’altra versione di questo modello di prelievo, che per esempio sia da Kitces che da ERN considerano più efficace, non si va a ripristinare progressivamente i vari secchielli, ma li si svuota partendo dal primo Bucket, poi si passa al secondo e poi al terzo, cioè prima si consuma il cash, poi i bond e poi le azioni.

Questo metodo si armonizzerebbe meglio all’idea che dicevamo prima di aumentare l’esposizione azionaria nel corso del retirement. Di fatto, man mano che esaurisci il primo secchiello, poi passi al secondo e solo alla fine attingi dal terzo, automaticamente vai ad aumentare la quota di azioni del portafoglio senza necessità di fare un ribilanciamento.

Poi naturalmente il portafoglio può essere comunque ribilanciato in base ad altre considerazioni di asset allocation, però lo stesso Kitces ha scritto un recente articolo in cui spiegava che la Bucket Strategy fatta in questo modo sarebbe un metodo più intuitivo per l’investitore medio per gestire l’idea di dover aumentare l’esposizione azionaria durante il pensionamento, cosa che invece va un po’ contro il senso comune.

ERN infine propone un metodo più sofisticato che si basa sul CAPE Ratio, cioè tiene conto delle valutazioni azionarie quando uno va in FIRE.

L’idea di base è ampiamente sposata anche da questo podcast — anche se il fatto che io sia d’accordo è del tutto irrilevante.

Noi sappiamo che nel breve il comportamento di un asset, soprattutto delle azioni, è fondamentalmente casuale, benché si possano osservare certi pattern — cioè per esempio sappiamo che esiste il momentum e che gli asset che di recente sono cresciuti di più tendono a crescere di più anche nei mesi successivi e viceversa.

Nel medio-lungo termine, invece, i rendimenti azionari non sono — si dice — I.I.D., cioè

INDIPENDENTI e IDENTICAMENTE

DISTRIBUITI

Non sono delle variabili casuali.

Al contrario c’è una componente relativamente prevedibile che dipende dalle valutazioni iniziali.

Ciò può essere dovuto al fatto che gli investitori adattano i rendimenti attesi futuri in base a come cambia la loro percezione del rischio in diversi cicli di mercato, oppure per motivazioni comportamentali che li porta ad essere prevedibilmente troppo ottimisti in certe fasi e troppo ottimisti in altre, però questo chissene.

Il punto è che c’è una correlazione piuttosto forte tra i prezzi di oggi e i rendimenti di domani.

Più alti sono i primi, più bassi sono di norma i secondi.

Sulla base di quest’idea generale, ERN cosa fa.

– Prende il CAPE Ratio del mercato azionario, quindi il rapporto tra  prezzi e media degli utili degli ultimi 10 anni.

– Fa Uno diviso cape ratio e ottiene l’Earnings Yield che è una stima  conservativa del rendimento reale di lungo termine delle azioni.



Lui propone diverse formule, ma una via di mezzo tra quelle che usa con un’asset allocation mediamente aggressiva, tipo 75% azioni 25% obbligazioni è 2% + CAEY diviso 2



e questo sarebbe il tasso di prelievo dinamico da applicare via via nel corso del retirement.

La logica è chiara.

Con valutazioni alte si preleva meno perché ci si aspetta rendimenti futuri inferiori e viceversa.

Oggi per esempio il CAPE ratio dell’MSCI ACWI ha un valore molto elevato, siamo intorno a 28.

Se andassi in pensione nel 2025, dovrei applicare un tasso di prelievo intorno al 3,8%.

Invece se ci trovassimo nel febbraio del 2009, con valori CAPE ratio per l’S&P 500 praticamente di un terzo, intorno a 13, potremmo considerare di prelevare anche magari il 6% all’anno, nell’aspettativa che prezzi così depressi avrebbero “predetto” rendimenti futuri elevati.

Ora, prima di chiudere riprendiamo la premessa che avevamo solo accennato all’inizio.

Tutti questi discorsi li abbiamo fatti in maniera molto astratta e occupandoci solo degli aspetti tecnici.

Sul piano pratico, soprattutto per quel che riguarda il risparmiatore medio che probabilmente mi sta guardando, diciamo che ci sono una CATTIVA e un BUONA NOTIZIA.

LA CATTIVA NOTIZIA

La cattiva notizia è che questa roba non è semplice da conseguire velocemente, a meno di non avere un formidabile mix di elevato reddito, alto risparmio, basso reddito e possibilmente già un certo patrimonio.

Se invece uno parte da zero, una regoletta di massima per capire quanto tempo mi serve per andare in FIre, immaginando di avere un reddito e una capacità di risparmio costante, un portafoglio che renda in media il 6% all’anno e di voler spendere in FIRE esattamente tanto quanto spendiamo oggi, si può fare: 7,5 diviso la nostra percentuale di risparmio.

Non è precisissima, però se vogliamo avere una indicazione alla buona funziona abbastanza bene.

Se per esempio riesco a risparmiare il 30% del mio reddito ogni mese, allora 7,5 diviso 30% fa circa 25 anni. In 25-26 anni raggiungerei la cifra che mi serve. E così via, la formula funziona abbastanza bene con un risparmio tra il 20 e il 60% e un rendimento del portafoglio intorno al 6%.

Non è chiaramente alla portata di tutti o potrebbe richiedere sacrifici molto importanti a lungo termine.

Inoltre questo calcolo presuppone di voler mantenere lo stesso tenore di vita.

Se invece uno vuole fare un cosiddetto FAT FIRE e vivere alla grande, allora gli serviranno ancora più soldi.

LA BUONA NOTIZIA

La buona notizia invece è che, soprattutto in Italia, uno scenario in cui uno debba vivere SOLO del proprio portafoglio è improbabile.

Principalmente perché qui abbiamo comunque una pensione — che per quanto sarà magari una merda c’è.

Pertanto tutti i miei ragionamenti sul tasso di prelievo sicuro hanno comunque un salvagente: quando raggiungo l’età pensionabile, poca o tanta che sia avrò un’integrazione di reddito che arriva dalla pensione dell’INPS o in aggiunta dal fondo pensione se ne avevo aperto uno.

Quindi il rischio di finire sotto un ponte perché esaurisco il portafoglio prima del tempo non è così probabile.

Ma poi c’è anche un altro fatto.

Essere in FIRE vuol dire che fai quello che ti pare, ma mentre fai quello che ti pare due soldi li tiri su.

Magari trasformi qualche tua passione in un lavoretto.

Fai qualche consulenza.

Scrivi un blog.

Fai l’animatore in un villaggio, che ne so.

Andare in FIRE è il mio sogno e ho un bel file excel che ha tracciato la strada.

Ma non mi immagino che il giorno che ci arriverò smetterò di fare qualunque cosa nella mia vita.

Mi immagino che avrò comunque del reddito derivante dalla monetizzazione di attività che mi interessa portare avanti.

Detto questo — e benché io voglia poter dire ad un certo punto: “ohh finalmente sono FIRE” — l’obiettivo vero del Fire non è tanto quello di raggiungere un certo target e poter vivere di un certo safe withdrawal rates.

È soprattutto quello di conquistare quella libertà che può permetterci di prendere decisioni serene, finalmente alleggeriti da quel peso che per una vita aveva oppresso i nostri animi, quello finanziario.

Una volta che abbiamo un patrimonio lì pronto a sostenere tutte le nostre scelte, qualunque vita diventa più semplice.

E questa è già tanta roba.

Anche molto prima di andare in fire per davvero.

E prima di arrivarci tutti quanti che poi non mi seguite più, vi invito a iscrivervi al canale, mettere like al video e attivare le notifiche per supportarci e permetterci di continuare a produrre contenuti che magari non vi mandano in FIRE prima che smetta di fare questo podcast ma, sempre nuovi.

Per questo episodio invece è davvero tutto e noi ci rivediamo negli altri video di questa playlist dedicati alle tematiche più importanti di gestione del portafoglio sempre qui, naturalmente, con The Bull, il tuo podcast di finanza personale.

Recensioni

Quando capisci come funziona la finanza… ti viene voglia di raccontarla!

Podcast piacevole, scorre veloce ma in modo estremamente chiaro, spiega i concetti chiave per gestire le proprie finanze, fornendo la classica cassetta degli attrezzi. Complimenti, davvero ben fatto!

Massimiliano, 29 Mag 2024

Non sono solito a mettere recensioni e specialmente non ascolto podcast, ma da quando ho iniziato questo, faccio fatica a staccarmi, e quasi non posso più fare a meno di ascoltare e arricchirmi culturalmente.

Andrea V., 22 Set 2025

La mia ignoranza in materia mi ha sempre creato dei dubbi, ma grazie a un amico ho iniziato ad ascoltare il podcast. Per fortuna che ho 24 anni e un po' di tempo e soldi da dedicarmi a imparare le varie nozioni per me stesso. Grazie mille!

Luca G. 10 Ott 2025

Ho seguito tutte le puntate! Grazie veramente

Amalia A., 17 Set 2025

Veramente veramente raccomandato! la finanza personale riassunta alla perfezione! e spiegata partendo dall'ABC! Ottimo anche da ascoltare a velocita 1,5x!

Giorgia R., 23 Gen 2025

Dovrebbero ascoltarlo buona parte degli italiani e io avrei dovuto scoprirlo con qualche anno in anticipo ma meglio tardi che mai

Matteo C., 3 Set 2025

Podcast che dà sempre spunti interessanti che personalmente mi ha fatto appassionare alla finanza personale spingendomi ad approfondire in prima persona.

Lorenzo, 13 Mar 2025

Da quando l'ho scoperto in 15 gg mi sono ascoltato 150 puntate senza fermarmi, ho annullato gli altri podcast per portarmi alla pari ed ascoltare tutte le precedenti puntate, ben fatto, esattamente il livello di informazione che mi serviva

Gianluca G., 11 Set 2025

Ho acquistato e letto il suo libro e l' ho trovato. Esprime i concetti economici in modo semplice e chiaro. Sentirlo parlare conferma che è un professionista del settore.

Giulia N., 11 Ago 2025
Facile.it
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