5 Cose da sapere sui Bear Market (e come vivere meglio)
Non c'è Bull Market senza Bear Market! E ogni tanto, nonostante la loro tendenza verso la crescita, i mercati hanno dei tracolli importi, arrivando anche a dimezzare il loro valore. Oggi parliamo di 5 cose fondamentali da sapere sui Bear Market per arrivare preparati quando la tempesta monta!

120. 5 Cose da sapere sui Bear Market (e come vivere meglio)
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Punti Chiave
I Bear Market sono inevitabili (perdite medie 35% in 10 mesi), ma il mercato è in fase Bull il 78% del tempo.
Il market timing è inefficace: il 78% dei migliori giorni di mercato avvengono durante o subito dopo i Bear Market.
Trascrizione Episodio
Bentornati a The Bull — Il tuo podcast di finanza personale.
Centoventesimo episodio amici miei, il primo del mese di luglio di questo 2024 che inaugura così la seconda parte dell’anno.
E dopo un primo semestre spettacolare con il più banale dei portafogli 60/40 su di quasi il 9%, l’azionario globale di quasi il 16% e l’S&P 500 del 20%, perlomeno per noi investitori europei, perché in dollari il suo Total Return sarebbe intorno al 16%, cosa c’è di meglio e di più beneaugurante per questo secondo semestre che inizia se non parlare dei Bear Market.
Come avrete notato questo podcast si chiama The Bull e tra l’altro ringrazio Fabio, Founder e CEO di un’agenzia di digital marketing che un anno e mezzo fa, quando gli chiesi un parere sul titolo da dare a questo podcast e gli feci delle proposte che per pudore non vi riporto mi rispose: “Man ma sei serio? Questi titoli fanno veramente cagare”.
Al che arrivò The Bull e lui mi disse: già meglio.
Per me tanto bastava.
Però appunto The Bull perché i Bull market sono ciò in cui tutti noi riponiamo le nostre neanche tanto segrete ambizioni di ricchezza. Quando il mercato cresce consecutivamente di almeno un 20% inizia un Bull Market e di solito, come vedremo anche oggi, tende a durare parecchio, facendo molto felici tutti gli investitori che se lo sono goduti sin dall’inizio.
Ma non c’è Bull senza Bear.
Ogni tanto i Bear Market si presentano.
E quando si presentano non sono Black Bear, ossia quegli orsacchiotti neri bonaccioni e grassocci alla Winnie The Poo, ma sono Brown Bear, dei voracissimi Grizzlies feroci come una tigre incazzata che si è svegliata con la luna storta e da cui è meglio scappare più veloce che si può, perché come ho imparato dal blog Banker on Wheels, questi sanno nuotare, si arrampicano sugli alberi e corrono a fino a 60 km/h.
Se pensate che quando ha fissato il tutt’ora imbattuto record del mondo dei 100 piani Usain Bolt ha corso in circa 38 km/h, con il grizzly siete fottuti.
I Bear Market sono così.
Quando arrivano, non si possono evitare.
Ci si può preparare ad affrontarli.
Ma non si può evitare di averci a che fare.
Sì lo so, ci sarà sicuramente qualche bravo consulente finanziario dipendente, qualche private banker o qualche altro soggetto che ha qualche prodotto di investimento che vi dirà: “ma no ma no! Noi investiamo quando il mercato va bene, poi poco prima che va male, traaaac, usciamo, facciamo passare il bear market e poi di nuovo sbaam, che si rientra trionfali”.
Certo, per questo servizio di assicurazione contro le eventualità dei bear market devi solo cacciare fuori un 2-3% all’anno di commissioni e ci potrebbe essere una piccolissima probabilità che ti sputtano buona parte del patrimonio, ma per il resto vai sereno.
Va beh…
Ovviamente questa cosa è praticamente impossibile.
O meglio: è possibile se fai come il gestore medio italiano che da mesi continua a dire “solo bond e oro perché le azioni sono care!”.
Sì, se non investi in azioni, ti salti tutti i bear market del mondo.
Ma è come dire che se fai il terzo portiere e non giochi neanche un minuto in campionato finisci imbattuto. E grazie ar cazzo.
Mettetevi comodi perché questo episodio è dedicato a spiegare perché non è possibile sfuggire ai bear market e perché tra l’altro non sarebbe nemmeno una buona idea.
Purtroppo, assicurazioni contro i bear market davvero efficaci non esistono, ma vedremo che arrivare preparati, soprattutto mentalmente prima ancora che finanziariamente, quando la tempesta monta, beh, questa cosa si può fare.
A proposito di cose allegre, sapete qual è un’altra cosa a cui non ci si può sottrarre?
La morte.
Sì oggi solo buone notizie, mi sono svegliate così.
So di per certo che Elias, il CEO di Squarelife, sta lavorando ad una soluzione che debellerà la morte.
Anche quella costerà pochissimo e chi si abbona diventerà immortale, però per il momento non è ancora disponibile.
Gli ho fatto notare che se la gente diventa immortale poi nessuno compra più Turtleneck, l’assicurazione sulla vita di Squarelife che costa meno di Disney plus e se non muore troppo gente ogni anno ti restituiscono parte dei soldi che hai pagato, ma sapete com’è lui, gli piace fare cose utili senza guadagnarci sopra.
Infatti mi è chiedo come gli era venuto di iniziare a seguire un podcast di finanza personale, mah…
Lo ringrazio però per essere anche oggi sponsor di questo podcast e sono felice di ricordarvi che ogni tanto capita di tirare le cuoia, pertanto avere un’assicurazione sulla vita, possibilmente a bassissimo costo e senza misteriosi prodotti di investimenti che costano tanto e rendono poco, è un pilastro fondamentale della propria pianificazione finanziaria per proteggere i nostri cari dall’improvvisa dipartita da questa Terra.
Nella descrizione dell’episodio trovate il link al sito di Turtleneck dove potete trovare tutte le informazioni su come funziona l’assicurazione ed eventualmente sottoscriverla nel tempo che serve alla vostra moka per fare uscire il caffè.
Non solo, grande novità da quando ascolterete quest’episodio.
Se sottoscrivete un’assicurazione con Turtleneck riceverete un codice che potrete condividere con tutte le persone che conoscete e se qualcuno di questi sottoscrive a sua volta un’assicurazione con Turtleneck, voi vi beccate 30 € di sconto sul premio dell’anno successivo e il neoassicurato 10 €.
Inoltre potete condividere il link all’infinito e lo sconto è cumulabile e verrà applicato su tutti gli anni successivi
Niente, Elias non ce la fa a tenersi sti soldi.
Se non si inventa ogni giorno un modo per ridarli ai clienti di Turtleneck dorme male la notte.
Tra qualche settimana arriverà una nuova promozione in cui in pratica sarà Elias a pagarvi per fare l’assicurazione, vi lava la macchina, vi fa a fare tre volte la spesa e se serve si mette in fila per voi in comune se dovete andare a fare qualche pratica.
Stay tuned per maggiori dettagli.
Ricordo che Turtleneck è regolata dalla Financial Market Authority del Lichtenstein ed autorizzata da IVASS a operare in Italia, oltre ad essere disponibile in Germania, Olanda, Svizzera e appunto — come sempre mi piace dire — Lichtenstein, sai mai che un domani vi trasferite da queste parti, pure lì Turtleneck si prende la responsabilità di paravi le chiappe caso mai inciampiate indossando degli zoccoli di legno e vi spezzate l’osso del collo o vi strozziate ingurgitando un bratwurst.
Mentre la morte quando arriva non se ne va più, fortunatamente i bear market tendono ad essere passeggeri.
Poi questo non significa che il passaggio non sia una dolorosissima sberla sui denti.
Arrivarci consapevoli e preparati è pertanto fondamentale per essere pronti a vivere un’inevitabile esperienza cui ogni investitore deve passare attraverso.
Perché ne parliamo oggi?
Forse perché ho letto un articolo di una nota pubblicazione finanziaria italiana che diceva che l’hard landing, ossia un brusco rallentamento economico che porterebbe alla recessione, è quasi cosa certa?
Forse perché ho letto sul Corriere, sì sempre quello, l’ennesima intervista in cui l’ennesimo gestore ha detto che i leading indicator sono chiari e ormai il crollo dei mercati è dietro l’angolo?
Forse…
Ma più probabilmente perché oggi, nel pieno di un bull run che dura ormai da quasi due anni, è bene prepararsi alle future sventure.
Non sappiamo quando capiteranno, ma che capiteranno è pressoché cosa certa.
E alle tempeste bisogna prepararsi quando c’è il sole e il mare calmo, così come quei divertentissimi corsi sulla sicurezza e sul primo soccorso che faccio ogni anno nella mia società non è che posso farli quando un mio collega si strozza ingurgitando la sua quarta pizzetta della mattina, devo saperlo prima come disostruirlo.
Idem qua.
Quando il mercato andrà giù bisogna essere pronti e consapevoli altrimenti vi andrà ben più di una pizzetta giù di traverso.
PRIMA COSA DA SAPERE: Che cos’è un Bear Market e quanto si perde.
Per definizione, dicesi bear market un periodo storico nel quale il mercato perde almeno il 20% del suo valore.
Perché 20%?
Non lo so. Suppongo che sia una convenzione legata all’umana passione per le cifre tonde multiple di 10.
Avessimo nove dita probabilmente parleremmo di bear market ogni volta che il mercato fa -18%, ma credo anche che questo 18% avrebbe un significato diverso per via del fatto che non conteremmo le cose con un sistema metrico decimale.
Dato che però, salvo circostanza particolari, di default 10 dita abbiamo, -20% è un bear market, mentre da -10% a -20% è una correzione.
Sotto il -10%… beh… non è un cazzo, è il normale corso del mercato.
Per comodità oggi ci riferiremo sempre e solo all’S&P 500, ma sapete bene che da quanto tutti voi che mi ascoltate siete al mondo, questo è il benchmark globale di tutti i mercati azionari.
Non è sempre stato così dominante, anzi nel 1989 il mercato azionario giapponese era molto più grande di quello americano ma quell’anomala follia non ha fatto tanta strada dato che 35 anni dopo il Nikkei ha a malapena recuperato il suo valore nominale di allora, mentre l’S&P è cresciuto nel frattempo di quasi 30 volte.
Comunque, dicevo, ogni tanto l’S&P — e con esso tutti i mercati dei paesi sviluppati — viene giù di almeno il 20%.
Tra gli episodi più recenti abbiamo avuto i seguenti periodi:
– Dal 3 gennaio al 12 ottobre del 2022, con l’S&P che è sceso di oltre il 25% per effetto dell’invasione russa dell’Ucraina ma soprattutto dell’impennata dell’inflazione che ha portato al più rapido e importante rialzo dei tassi d’interesse dagli anni ’70 ad oggi;
– Quello prima era stato brevissimo e intensissimo, durante l’esplosione della pandemia di Covid in occidente, per la precisione dal 19 febbraio al 23 marzo del 2020 e qui in poco più di un mese l’S&P 500 è crollato di quasi il 34%, un’esperienza decisamente per cuori forti.
– Per ritrovare un bear market prima del Covid bisogna tornare indietro addirittura di 11 anni, quando nello scenario post apocalittico della Great Financial Crisis, dal 6 gennaio al 9 marzo del 2009 l’indice ha perso oltre il 27%.
– E questo non sarebbe niente, se confrontato con il peggior bear market di tutti i tempi capitato solo l’anno prima, dal 9 ottobre 2007 al 20 novembre del 2008, quando lungo quest’anno drammatico segnato dalla crisi immobiliare americana l’S&P avrebbe perso il 52% del proprio valore.
E prima ancora ci sono stati durante le dot.com bubble, nei dintorni del black Monday dell’87, nei terribili anni dell’iperinflazione degli anni ’70 via via fino allo storico crollo della borsa del 1929.
Tipicamente in un bear market chi è investito nell’S&P 500 perde in media circa il 35%.
Questa è una lezione molto importante secondo me.
Avviso a tutti voi là fuori che investite in azioni armati di coraggio e spregiudicatezza.
Fate questo esercizio.
Aprite il conto titoli del vostro broker, guardate la quota azionaria e immaginate di veder scomparire il 35% del suo valore.
Guardate ora il valore complessivo del portafoglio.
Come vi fa sentire?
Se la risposta va da: “una merda” a “disperazione” allora forse la componente azionaria è troppo elevata.
Se invece ritenete che tutto sommato sia un’esperienza negativa ma accettabile, allora tutto ok, potete continuare così.
Però mettete in conto questa cosa, non come fosse una sfortunata eventualità che in circostanze estreme potrà capitare.
NO NO
Lo scenario base sarà proprio quello in cui da qui ai prossimi anni, forse 1, forse 15, il valore della quota azionaria del vostro portafoglio si ridurrà in media del 35%.
Buona fortuna.
C’è però una buona notizia.
Se i Bear Market in media costano circa il 35% del valore del portafoglio azionario, c’è da dire che il mercato è più Bull che Bear e in media durante un Bull market l’S&P 500 cresce di circa il 111%.
Il problema caso mai sono le diverse durate e quindi il diverso impatto psicologico che Bull e Bear Market hanno sull’investitore — e questo ci porta alla
SECONDA COSA DA SAPERE: quanto durano i Bear Market e ogni quanto capitano.
In media un Bear Market dura 289 giorni, circa 10 mesi.
Tanto, ma non tantissimo in effetti.
E di solito abbiamo delle giornate nere particolarmente concentrate nei bear market, soprattutto in quelli di natura recessiva, meno magari in quelli legati a contesti inflazionistici.
Dal punto di vista psicologico abbiamo due problemi:
– Il primo è che dobbiamo sopportare pesanti perdite, tendenzialmente concentrate in alcuni nerissimi giorni del mercato, e portarci dietro il fardello di un portafoglio che continua a perdere valore in media per 10 mesi.
– Il secondo è che quando il bear market finisce, l’eventuale bull market successivo tende a durare in media quasi 1.000 giorni. Si tratta quindi tipicamente di un lungo e lento processo di recupero del mercato, che raramente compensa giornate di pensanti perdite con altrettante giornate di grandi guadagni.
Come dire, i giorni negativi tendono ad essere meno dei giorni positivi, ma quelli più negativi sono decisamente più negativi di quanto siano positivi quelli più positivi.
Il 19 ottobre del 1987 abbiamo visto il mercato perdere oltre il 20% in un giorno. O meglio io non ho visto niente perché avevo un anno e mezzo e allora non mi interessavo ancora di finanza, ero più alle prese con l’ideazione di strategie di controllo dei sistemi fluidodinamici (ossia a come non farmela addosso senza pannolino).
Chi era più grande di me allora, però, vide appunto un -20% dalle 9:30 del mattino alle 4 del pomeriggio ora di New York.
Difficilmente vedremo un singolo giorno di borsa in cui l’S&P fa +20% in un colpo solo.
Quindi, insomma, tanta sofferenza lungo violenti lampi e un lento recupero in cui è importante non perdere la fede.
Questa cosa, comunque, non è che succeda proprio di rado.
Dal 1928 ad oggi ci sono stati ben 27 bear market, uno ogni 3,5 anni.
In realtà quando cito la statistica sulla frequenza dei bear market sono un po’ più ottimista, perché in effetti erano molto più frequenti negli anni prima della Seconda guerra mondiale di quanto non lo siano diventati negli ultimi 79 anni successivi alla resa del Giappone sotto i colpi delle due bombe atomiche a Hiroshima e Nagasaki, atto finale della più grande follia globale dell’umanità — per ora.
Dal 1945 ad oggi, infatti, ci sono stati solo 15 dei 27 bear market totali, mentre ben 12 si sono susseguiti in meno di 20 anni.
In pratica allora si trattava di vivere un bear market ogni anno e mezzo — e ci voleva davvero un gran cuore per credere nell’investimento azionario allora.
Nell’era postbellica invece i bear market si presentano ogni 5,2 anni.
Curiosamente, però, negli anni 2000 abbiamo avuto 6 bear market, uno ogni 3,6 anni.
Non è che il terzo millennio sia stato proprio una passeggiata per l’investitore in azioni.
Quando sarà quindi il prossimo?
Beh potrebbe essere alla fine dell’anno prossimo se teniamo questa media.
Oppure all’inizio del 2027 se ci basiamo su quella di un bear market ogni 5,2 anni.
Se invece prendiamo il primo trentennio di questo millennio, ossia dal 2000 al 2029, e teniamo buona la media di 5,2 allora fino al 2030 siamo a posto.
E infatti dico sempre che l’S&P deve fare quasi il 12% all’anno fino al 2029 compreso solo per pareggiare il peggior trentennio di sempre.
In effetti le statistiche sembrano ben armonizzate tra loro.
Ma dico anche sempre di non ascoltare quello che dico perché il più delle volte sono stronzate.
Comunque sia, mettete in conto che nella vostra vita da investitori che durerà in media una cinquantina d’anni, forse un po’ di più, aspettatevi di vivere da 10 a 15 Bear Market.
Aspettatevi, quindi, di vivere da 8 a 11 anni della vostra vita da investitori delle gravi crisi del mercato.
Ora pianificare le attività sul proprio portafoglio cercando di indovinare quando capiterà il prossimo bear market è un po’ una roba da Nostradamus della finanza.
È vero che ho letto sul Wall Street Journal che c’è un crescente ricorso all’astrologia per prendere decisioni finanziarie, soprattutto in Cina per la verità, il grosso delle persone sane di mente non si mette a fare elucubrazioni astrali con il proprio portafoglio.
È molto più probabile però che a qualcuno possa venire in mente di provare a fare un timing tattico, aspettare i bear market e poi rientrare nel mercato quando passa la tempesta.
Come ho già spiegato innumerevoli volte questa cosa è molto più semplice in teoria che in pratica, ma qui aggiungo un altro pezzo.
E’ vero che ho detto che il mercato tende a crollare in maniera più brusca di quanto non salga, ma ciò non toglie che quel 10% di rendimento medio annuo che l’S&P 500 restituisce generosamente ai suoi investitori da un secolo a questa parte non è il frutto di un processo continuo e graduale, ma il risultato di una sequenza fatta di tantissimi giorni in cui non succede praticamente niente e pochi giorni in cui il mercato fa dei bei balzetti in avanti.
Perdersi una manciata di buoni giorni dei mercati può avere un impatto negativo devastante sulla crescita dei nostri investimenti.
E il problema di chi vuole fare timing è il seguente: il 42% dei migliori giorni dell’S&P 500 degli ultimi 20 anni sono capitati durante un bear market e un altro 36% nei primi due anni di un bull market, ossia molto prima che ci si potesse rendere conto di essere davvero dentro un bull market.
Detto altrimenti: il 78% dei migliori giorni dell’S&P 500 capitano esattamente durante quei periodi in cui l’investitore che si crede più furbo degli altri se ne sta fuori dal mercato in attesa che la tempesta passi e che sia di nuovo il “momento” buono per investire.
Beh, sappia che insieme a giorni drammatici, questo investitore si sarà perso anche il 78% dei giorni di exploit del mercato che saranno quelli che avranno il peso più determinante sulla crescita finale del portafoglio.
Ci sono tanti motivi per cui questa cosa, apparentemente controintuitiva, accade.
Una è di natura semplicemente tecnica: dopo dei crolli fragorosi, spesso il mercato ha dei rimbalzi fisiologici, noti anche come rimbalzo del gatto morto, una metafora che non richiede particolari spiegazioni.
Sheldon, tzu tzu, vieni qui un attimo che devo provare una cosa…
No è scappato.
Dicevo uno dei motivi è quello.
Un altro motivo è invece legato alle mosse delle banche centrali o alla comunicazione di dati macroeconomici in controtendenza che portano i mercati a provare ad anticipare una futura ripresa anche se ancora è lontana dal concretizzarsi.
Un altro motivo ancora ha infine a che fare con la natura fondamentalmente causale dell’andamento dei mercati, che il più delle volte risulta scollegato dall’economia reale.
E qui viene la
QUARTA COSA DA SAPERE: non tutti i bear market comportano una recessione.
Spesso accade che il mercato sconti una possibile recessione è ciò inneschi una discesa del mercato che può portare ad un bear market.
Ma non è detto che anche dal punto di vista economico una recessione effettivamente si verifichi.
Per recessione si intende il rilevamento di una crescita negativa del prodotto interno lordo di un Paese per almeno due trimestri consecutivi.
Se tra sette mesi da oggi verrà pubblicato un dato che dice che nei 6 mesi precedenti la crescita del PIL è stata negativa, allora sapremo che siamo in recessione.
Questa è una delle tante situazioni in cui la finanza e l’economia divergono.
Benché l’economia reale sia in ultima istanza ciò a cui la finanza fa riferimento, soprattutto nel breve termine le due vanno ciascuna per la propria strada.
Il motivo principale è che la finanza è forward-looking, ossia guarda in avanti e cerca di anticipare gli eventi futuri attraverso il movimento dei prezzi sui mercati.
L’economia invece è backward-looking, ossia guarda indietro a dati reali che si sono già verificati.
Il PIL, la disoccupazione, i posti di lavoro creati, l’inflazione, l’indice manifatturiero e tutti gli altri dati macroeconomici che la finanza guarda ogni mese con estrema attenzione fanno tutti riferimento al passato.
Mettiamola così: la finanza è come un automobilista che cerca di condurre al meglio la propria vettura potendo solo guardare nello specchietto retrovisore e cercando di intuire da lì come possa essere la strada davanti.
Mi ha fatto spaccare l’altro giorno un tizio di una società di asset management americana che in un podcast ha detto che loro ogni quarter producono una previsione a dieci sul rendimento atteso delle principali asset class e il motivo che ha addotto è che questa cosa è necessaria perché le loro previsioni possano incorporare le variazioni negli scenari macro.
Ma scusa ma come?
Fai le previsioni a 10 anni e ogni tre mesi le aggiusti?
Ammazza utile avere una visione decennale ma sapere che ogni tre mesi può essere stravolto tutto.
Che poi ovviamente la colpa non è di questo qui che non sa fare le previsioni.
Il problema è intrinseco alla natura delle cose.
Semplicemente non puoi prevedere cosa succederà da qui a 10 anni.
È sacrosanto il fatto che, concettualmente, i prezzi delle azioni oggi possono far supporre che i rendimenti futuri saranno alti o bassi in base a quanto economico o costoso è oggi il mercato.
Ma poi bastano singoli eventi per definizione imprevedibili a modificare completamente lo scenario.
Più volte ultimamente sono andato a guardarmi le previsioni a 10 anni del 2014.
C’era chi aveva previsto un 1,4% di crescita all’anno per l’S&P 500. Chi il 3%. Chi con coraggio si era addirittura spinto a prevedere ben il 6-7%.
Non ho trovato nessuno che avesse anche solo ipotizzato la possibilità che dal 2014 al 2023 l’S&P 500 facesse quasi il 12% all’anno in media per 10 anni.
Se allora si pensava che il mercato fosse lì lì per dare rendimenti miseri nei 10 anni successivi, a maggior ragione oggi dovrebbe essere così, viste le valutazioni esorbitanti delle azioni americane.
Ma ancora una volta boh.
L’economia crescerà meno che in passato? Probabilmente sì.
L’inflazione sarà più alta del recente passato? Probabilmente sì.
Aumenteranno le tensioni geopolitiche nel mondo? Probabilmente sì.
Queste informazioni sono di una qualche utilità per prevedere il rendimento futuro dei mercati? Probabilmente no.
Veniamo infine all’ultimo punto, ossia
QUINTA COSA DA SAPERE: i bear market sono dolorosi, non c’è dubbio. Ma mettiamola così. Il dolore è una parte sistematica della vita. Tendiamo ad accorgercene semplicemente per la nostra situazione di default è che mediamente va tutto bene. Il dolore è inevitabile, ma di norma è più l’eccezione che la regola.
E lo stesso avviene con il mercato.
Negli ultimi 100 anni il mercato si è trovato in un bear market il 22% delle volte.
Che poi in pratica significa che il 78% delle volte è stato in positivo.
E questa, se ci pensate, è una notizia piuttosto confortante.
Lo so, quando accadrà sarà una brutta esperienza, non è che ci si può far molto.
Ma quando quel giorno arriverà ricordatevi che il più di tre anni su quattro della vostra vita da investitori la passerete con il mercato in ascesa.
This too shall pass, vecchio detto dei marinai durante le tempeste.
Anche questa, passerà.
Ora, nonostante vi abbia raccontato tutto questo e fondamentalmente vi abbia detto che i bear market sono fondamentalmente degli inciampi lungo la corsa verso l’alto dei mercati, lo so che voi volete sapere come fare a non perdere MAI soldi, neanche durante un bear market.
Beh, la prima opzione per non correre alcun rischio è … udite udite … rullo di tamburi … investire in asset senza rischio.
E grazie ar cazzo mi direte.
Eh lo so, però lo abbiamo detto un milione di volte.
L’investimento azionario è il quello che il rendimento atteso più alto perché ha il risk premium; togli risk e ti perdi pure il premium.
A quel punto l’unica cosa che ti resta è investire in Bund, nei titoli di stato tedeschi, neanche in Treasury che poi siete esposti al dollaro.
Vi comprate i Bund a diverse scadenze, vi prendete il 2-3% all’anno e tanti saluti.
Zero rischio.
Ma pure un rendimento reale, al netto dell’inflazione, prossimo allo zero.
La seconda opzione è quella di diversificare il portafoglio per cercare di ridurre al minimo la volatilità e affidarsi di volta in volta agli asset più performanti durante ciascuna fase dei cicli di mercato.
Durante le fasi recessive e reflattive: sono i bond a media-lunga durata a fare il loro, perché i tassi scendono e quindi i prezzi salgono per scontano uno scenario futuro a tassi inferiori.
Durante le fasi inflattive invece, come noto tengono botta tipicamente le obbligazioni a brevissimo termine o i fondi monetari, l’oro e in certi casi materie prime e azioni di società nel settore utilities, in particolare quando l’inflazione è legata ad un aumento dei prezzi delle materie prime.
Per ridurre poi in generale il rischio di concentrazione, diversificare la componente azionaria su più mercati ha ovviamente la sua logica.
Però nonostante qualcuno abbia fatto dire a Harry Markowitz che la diversificazione è l’unico pasto gratis in finanza, beh, non lo è per niente, perlomeno se parliamo di diversificazione tra asset class.
Sembra che Markowitz non abbia mai detto questa cosa, così come Einstein non avrebbe mai detto che l’interesse composto è l’ottava meraviglia del mondo, così come Mark Twain non avrebbe mai detto che la storia non si ripete mai uguale se stessa ma a volte fa rima, così come Maria Antonietta non avrebbe mai detto di dare i croissant al popolo affamato, così come Nicolò Machiavelli non avrebbe mai detto che il fine giustifica i mezzi e così via.
Curioso che spesso personaggi celebri e brillanti, con tutte le cose geniali che possono aver detto, vengono associati ad aforismi mai pronunciati.
Comunque, dicevamo, la diversificazione non è un pasto gratis proprio per un cazzo, ma costa come mangiare da Canavacciuolo a Villa Crespi.
Se vuoi eliminarti tutti i rischi dal portafoglio, quello che otterrai sarà il rendimento risk-free, quello dei titoli di stato più infallibili della tua area geografica.
Bund per noi europei.
Certamente non BTP.
Prima di diventare matti a cercare di capire qual è il portafoglio ideale e arrovellarvi la vita tra strategie risk parity, long short, tail hedging o qualche altra roba complicata e tipicamente costosa propongo un approccio un po’ più pragmatico.
– STEP UNO: assicurati che le tue riserve di Cash siano più che adeguate a gestire soprattutto lo stress emotivo che può derivare da un bear market. Di solito diciamo di mettere 6 mesi di spese future in un conto deposito o in un fondo monetario. Se pensi che il prossimo bear market potrebbe farti prendere un attacco di cuore, raddoppia le tue riserve in cash, soprattutto oggi che gli investimenti risk free hanno ancora delle buone remunerazioni.
– STEP DUE: fai l’esercizio con la parte core del tuo portafoglio di cui parliamo spesso. Proietta il rendimento a 2, 5, 7, 10 anni della parte azionaria e della parte obbligazionaria del portafoglio, ipotizzando un 7-8% all’anno per le azioni e 3% per le obbligazioni, e valuta se in base a quando sono posizionati i vari obiettivi della tua vita la componente obbligazionaria ti dà sufficienti garanzie di serenità, qualora l’azionario tracolli per i consueti 289 giorni di bear market.
Se così è, a posto così.
Viceversa, riduci la parte azionaria.
– STEP TRE: fai un checkup della tua situazione finanziaria. Se oggi hai un buon reddito, ma allo stesso tempo tante spese e uno stile di vita costoso, considera la possibilità di modificare qualcosa, perché magari quello stesso reddito durante un momento di recessione potrebbe non essere garantito.
Se hai uno stile di vita sotto controllo, un debito contenuto e la possibilità di ridurre velocemente il costo medio della tua vita in generale, allora anche un bear market farà meno paura.
In generale quindi il discorso non è “provare a prevedere quando un bear market ci sarà” ma farsi trovare preparati quando arriva, quel tanto che basta per attraversare indenni quel quarto della vostra vita in cui mercati vanno giù e poi godervi il viaggio negli altri tre quarti mentre vanno su.
Vedrete, ogni giorno che passerà da qui in poi saranno sempre di più quelli che vi paventeranno imminenti scenari di tracolli finanziari.
L’ultimo che ho letto stamattina in un post su linkedin diceva che il rendimento atteso dei prossimi 10 anni, in base allo shiller cape ratio, sarà intorno a zero, perché il valore odierno intorno a 34 è nel 97esimo percentile, ossia solo il 3% del tempo è stato così alto da quando questo valore viene misurato.
Tutto verissimo.
Però se nei prossimi 10 anni il mercato azionario americano fa davvero zero, allora vuol dire che il trentennio 2004-2034 avrà avuto complessivamente un rendimento medio inferiore al 6%, cosa che ne farebbe di gran lunga il peggior trentennio di tutti i tempi, posizionando così questo risultato nel 99esimo percentile tra tutti i possibili blocchi di 30 anni consecutivi della storia del mercato azionario dell’ultimo secolo e fischia.
Una delle due non torna.
Poi magari sarà proprio così e amen, ce ne faremo una ragione.
Continuando a fare dollar cost averiging investendo un tot ogni mese, alla fine anche durante le lunghe discese dei mercati coglieremo delle opportunità per i nostri portafogli e per un po’ saremo contenti così.
In attesa che il bear market arrivi, vi ricordo che prima o poi anche uno sfortunato viaggio nell’aldilà potrebbe toccarvi e mentre fate tutti i debiti scongiuri del caso, con la mano che resta libera vi invito ad andare nella descrizione di quest’episodio dove trovate il link al sito di Turtleneck e valutare se la sua assicurazione sulla vita possa essere una soluzione adatta alle vostre esigenze.
Se così è poi fatela fare a tutti quelli che conoscete così Elias vi verrà a portare personalmente 30 € ogni volta.
Con quest’ultima scemenza e ringraziando Squarelife per essere stato sponsor di quest’episodio, ringrazio soprattutto voi, straordinario popolo di The Bull e dico straordinario davvero perché se straordinari non stareste ascoltando un podcast scritto, diretto e interpretato da un cazzaro qualunque che però passe le giornate, e soprattutto le nottate, a prendere contenuti intelligenti in giro e impacchettarveli qui per voi, per i vostri soldi e in generale per il vostro percorso di crescita e consapevolezza finanziaria.
Grazie a ciascuno straordinario ascoltatore che ha deciso di prendere in mano un aspetto importante della propria vita e ribaltarlo da cima a piedi.
Vi ringrazio inoltre se per cortesia mettete seguie e attivate le notifiche su spotify, Apple podcast o dove ci ascoltate e se lasciate una recensione a 5 stelle per supportarci e permetterci di continuare a produrre contenuti che tra tori e orsi vi raccontano i numeri della vostra futura vita da investitori, spaventandovi a morte con la prospettiva di dimezzare i vostri patrimoni o di venir inseguiti da un grizzly famelico ma allo stesso tempo ricordandovi che il 78% delle volte andrà tutto bene — almeno sui mercati; col grizzly siete spacciati il 100% delle volte — sempre nuovi.
Per questo episodio invece è davvero tutto e noi ci rivediamo domenica prossima se finalmente mi deciderò su cosa fare l’episodio che ho due idee in mente ma ancora non ne sono venuto a capo sempre qui naturalmente con The Bull il tuo podcast di finanza personale.
Bentornati a The Bull — Il tuo podcast di finanza personale.
Centoventesimo episodio amici miei, il primo del mese di luglio di questo 2024 che inaugura così la seconda parte dell’anno.
E dopo un primo semestre spettacolare con il più banale dei portafogli 60/40 su di quasi il 9%, l’azionario globale di quasi il 16% e l’S&P 500 del 20%, perlomeno per noi investitori europei, perché in dollari il suo Total Return sarebbe intorno al 16%, cosa c’è di meglio e di più beneaugurante per questo secondo semestre che inizia se non parlare dei Bear Market.
Come avrete notato questo podcast si chiama The Bull e tra l’altro ringrazio Fabio, Founder e CEO di un’agenzia di digital marketing che un anno e mezzo fa, quando gli chiesi un parere sul titolo da dare a questo podcast e gli feci delle proposte che per pudore non vi riporto mi rispose: “Man ma sei serio? Questi titoli fanno veramente cagare”.
Al che arrivò The Bull e lui mi disse: già meglio.
Per me tanto bastava.
Però appunto The Bull perché i Bull market sono ciò in cui tutti noi riponiamo le nostre neanche tanto segrete ambizioni di ricchezza. Quando il mercato cresce consecutivamente di almeno un 20% inizia un Bull Market e di solito, come vedremo anche oggi, tende a durare parecchio, facendo molto felici tutti gli investitori che se lo sono goduti sin dall’inizio.
Ma non c’è Bull senza Bear.
Ogni tanto i Bear Market si presentano.
E quando si presentano non sono Black Bear, ossia quegli orsacchiotti neri bonaccioni e grassocci alla Winnie The Poo, ma sono Brown Bear, dei voracissimi Grizzlies feroci come una tigre incazzata che si è svegliata con la luna storta e da cui è meglio scappare più veloce che si può, perché come ho imparato dal blog Banker on Wheels, questi sanno nuotare, si arrampicano sugli alberi e corrono a fino a 60 km/h.
Se pensate che quando ha fissato il tutt’ora imbattuto record del mondo dei 100 piani Usain Bolt ha corso in circa 38 km/h, con il grizzly siete fottuti.
I Bear Market sono così.
Quando arrivano, non si possono evitare.
Ci si può preparare ad affrontarli.
Ma non si può evitare di averci a che fare.
Sì lo so, ci sarà sicuramente qualche bravo consulente finanziario dipendente, qualche private banker o qualche altro soggetto che ha qualche prodotto di investimento che vi dirà: “ma no ma no! Noi investiamo quando il mercato va bene, poi poco prima che va male, traaaac, usciamo, facciamo passare il bear market e poi di nuovo sbaam, che si rientra trionfali”.
Certo, per questo servizio di assicurazione contro le eventualità dei bear market devi solo cacciare fuori un 2-3% all’anno di commissioni e ci potrebbe essere una piccolissima probabilità che ti sputtano buona parte del patrimonio, ma per il resto vai sereno.
Va beh…
Ovviamente questa cosa è praticamente impossibile.
O meglio: è possibile se fai come il gestore medio italiano che da mesi continua a dire “solo bond e oro perché le azioni sono care!”.
Sì, se non investi in azioni, ti salti tutti i bear market del mondo.
Ma è come dire che se fai il terzo portiere e non giochi neanche un minuto in campionato finisci imbattuto. E grazie ar cazzo.
Mettetevi comodi perché questo episodio è dedicato a spiegare perché non è possibile sfuggire ai bear market e perché tra l’altro non sarebbe nemmeno una buona idea.
Purtroppo, assicurazioni contro i bear market davvero efficaci non esistono, ma vedremo che arrivare preparati, soprattutto mentalmente prima ancora che finanziariamente, quando la tempesta monta, beh, questa cosa si può fare.
A proposito di cose allegre, sapete qual è un’altra cosa a cui non ci si può sottrarre?
La morte.
Sì oggi solo buone notizie, mi sono svegliate così.
So di per certo che Elias, il CEO di Squarelife, sta lavorando ad una soluzione che debellerà la morte.
Anche quella costerà pochissimo e chi si abbona diventerà immortale, però per il momento non è ancora disponibile.
Gli ho fatto notare che se la gente diventa immortale poi nessuno compra più Turtleneck, l’assicurazione sulla vita di Squarelife che costa meno di Disney plus e se non muore troppo gente ogni anno ti restituiscono parte dei soldi che hai pagato, ma sapete com’è lui, gli piace fare cose utili senza guadagnarci sopra.
Infatti mi è chiedo come gli era venuto di iniziare a seguire un podcast di finanza personale, mah…
Lo ringrazio però per essere anche oggi sponsor di questo podcast e sono felice di ricordarvi che ogni tanto capita di tirare le cuoia, pertanto avere un’assicurazione sulla vita, possibilmente a bassissimo costo e senza misteriosi prodotti di investimenti che costano tanto e rendono poco, è un pilastro fondamentale della propria pianificazione finanziaria per proteggere i nostri cari dall’improvvisa dipartita da questa Terra.
Nella descrizione dell’episodio trovate il link al sito di Turtleneck dove potete trovare tutte le informazioni su come funziona l’assicurazione ed eventualmente sottoscriverla nel tempo che serve alla vostra moka per fare uscire il caffè.
Non solo, grande novità da quando ascolterete quest’episodio.
Se sottoscrivete un’assicurazione con Turtleneck riceverete un codice che potrete condividere con tutte le persone che conoscete e se qualcuno di questi sottoscrive a sua volta un’assicurazione con Turtleneck, voi vi beccate 30 € di sconto sul premio dell’anno successivo e il neoassicurato 10 €.
Inoltre potete condividere il link all’infinito e lo sconto è cumulabile e verrà applicato su tutti gli anni successivi
Niente, Elias non ce la fa a tenersi sti soldi.
Se non si inventa ogni giorno un modo per ridarli ai clienti di Turtleneck dorme male la notte.
Tra qualche settimana arriverà una nuova promozione in cui in pratica sarà Elias a pagarvi per fare l’assicurazione, vi lava la macchina, vi fa a fare tre volte la spesa e se serve si mette in fila per voi in comune se dovete andare a fare qualche pratica.
Stay tuned per maggiori dettagli.
Ricordo che Turtleneck è regolata dalla Financial Market Authority del Lichtenstein ed autorizzata da IVASS a operare in Italia, oltre ad essere disponibile in Germania, Olanda, Svizzera e appunto — come sempre mi piace dire — Lichtenstein, sai mai che un domani vi trasferite da queste parti, pure lì Turtleneck si prende la responsabilità di paravi le chiappe caso mai inciampiate indossando degli zoccoli di legno e vi spezzate l’osso del collo o vi strozziate ingurgitando un bratwurst.
Mentre la morte quando arriva non se ne va più, fortunatamente i bear market tendono ad essere passeggeri.
Poi questo non significa che il passaggio non sia una dolorosissima sberla sui denti.
Arrivarci consapevoli e preparati è pertanto fondamentale per essere pronti a vivere un’inevitabile esperienza cui ogni investitore deve passare attraverso.
Perché ne parliamo oggi?
Forse perché ho letto un articolo di una nota pubblicazione finanziaria italiana che diceva che l’hard landing, ossia un brusco rallentamento economico che porterebbe alla recessione, è quasi cosa certa?
Forse perché ho letto sul Corriere, sì sempre quello, l’ennesima intervista in cui l’ennesimo gestore ha detto che i leading indicator sono chiari e ormai il crollo dei mercati è dietro l’angolo?
Forse…
Ma più probabilmente perché oggi, nel pieno di un bull run che dura ormai da quasi due anni, è bene prepararsi alle future sventure.
Non sappiamo quando capiteranno, ma che capiteranno è pressoché cosa certa.
E alle tempeste bisogna prepararsi quando c’è il sole e il mare calmo, così come quei divertentissimi corsi sulla sicurezza e sul primo soccorso che faccio ogni anno nella mia società non è che posso farli quando un mio collega si strozza ingurgitando la sua quarta pizzetta della mattina, devo saperlo prima come disostruirlo.
Idem qua.
Quando il mercato andrà giù bisogna essere pronti e consapevoli altrimenti vi andrà ben più di una pizzetta giù di traverso.
PRIMA COSA DA SAPERE: Che cos’è un Bear Market e quanto si perde.
Per definizione, dicesi bear market un periodo storico nel quale il mercato perde almeno il 20% del suo valore.
Perché 20%?
Non lo so. Suppongo che sia una convenzione legata all’umana passione per le cifre tonde multiple di 10.
Avessimo nove dita probabilmente parleremmo di bear market ogni volta che il mercato fa -18%, ma credo anche che questo 18% avrebbe un significato diverso per via del fatto che non conteremmo le cose con un sistema metrico decimale.
Dato che però, salvo circostanza particolari, di default 10 dita abbiamo, -20% è un bear market, mentre da -10% a -20% è una correzione.
Sotto il -10%… beh… non è un cazzo, è il normale corso del mercato.
Per comodità oggi ci riferiremo sempre e solo all’S&P 500, ma sapete bene che da quanto tutti voi che mi ascoltate siete al mondo, questo è il benchmark globale di tutti i mercati azionari.
Non è sempre stato così dominante, anzi nel 1989 il mercato azionario giapponese era molto più grande di quello americano ma quell’anomala follia non ha fatto tanta strada dato che 35 anni dopo il Nikkei ha a malapena recuperato il suo valore nominale di allora, mentre l’S&P è cresciuto nel frattempo di quasi 30 volte.
Comunque, dicevo, ogni tanto l’S&P — e con esso tutti i mercati dei paesi sviluppati — viene giù di almeno il 20%.
Tra gli episodi più recenti abbiamo avuto i seguenti periodi:
– Dal 3 gennaio al 12 ottobre del 2022, con l’S&P che è sceso di oltre il 25% per effetto dell’invasione russa dell’Ucraina ma soprattutto dell’impennata dell’inflazione che ha portato al più rapido e importante rialzo dei tassi d’interesse dagli anni ’70 ad oggi;
– Quello prima era stato brevissimo e intensissimo, durante l’esplosione della pandemia di Covid in occidente, per la precisione dal 19 febbraio al 23 marzo del 2020 e qui in poco più di un mese l’S&P 500 è crollato di quasi il 34%, un’esperienza decisamente per cuori forti.
– Per ritrovare un bear market prima del Covid bisogna tornare indietro addirittura di 11 anni, quando nello scenario post apocalittico della Great Financial Crisis, dal 6 gennaio al 9 marzo del 2009 l’indice ha perso oltre il 27%.
– E questo non sarebbe niente, se confrontato con il peggior bear market di tutti i tempi capitato solo l’anno prima, dal 9 ottobre 2007 al 20 novembre del 2008, quando lungo quest’anno drammatico segnato dalla crisi immobiliare americana l’S&P avrebbe perso il 52% del proprio valore.
E prima ancora ci sono stati durante le dot.com bubble, nei dintorni del black Monday dell’87, nei terribili anni dell’iperinflazione degli anni ’70 via via fino allo storico crollo della borsa del 1929.
Tipicamente in un bear market chi è investito nell’S&P 500 perde in media circa il 35%.
Questa è una lezione molto importante secondo me.
Avviso a tutti voi là fuori che investite in azioni armati di coraggio e spregiudicatezza.
Fate questo esercizio.
Aprite il conto titoli del vostro broker, guardate la quota azionaria e immaginate di veder scomparire il 35% del suo valore.
Guardate ora il valore complessivo del portafoglio.
Come vi fa sentire?
Se la risposta va da: “una merda” a “disperazione” allora forse la componente azionaria è troppo elevata.
Se invece ritenete che tutto sommato sia un’esperienza negativa ma accettabile, allora tutto ok, potete continuare così.
Però mettete in conto questa cosa, non come fosse una sfortunata eventualità che in circostanze estreme potrà capitare.
NO NO
Lo scenario base sarà proprio quello in cui da qui ai prossimi anni, forse 1, forse 15, il valore della quota azionaria del vostro portafoglio si ridurrà in media del 35%.
Buona fortuna.
C’è però una buona notizia.
Se i Bear Market in media costano circa il 35% del valore del portafoglio azionario, c’è da dire che il mercato è più Bull che Bear e in media durante un Bull market l’S&P 500 cresce di circa il 111%.
Il problema caso mai sono le diverse durate e quindi il diverso impatto psicologico che Bull e Bear Market hanno sull’investitore — e questo ci porta alla
SECONDA COSA DA SAPERE: quanto durano i Bear Market e ogni quanto capitano.
In media un Bear Market dura 289 giorni, circa 10 mesi.
Tanto, ma non tantissimo in effetti.
E di solito abbiamo delle giornate nere particolarmente concentrate nei bear market, soprattutto in quelli di natura recessiva, meno magari in quelli legati a contesti inflazionistici.
Dal punto di vista psicologico abbiamo due problemi:
– Il primo è che dobbiamo sopportare pesanti perdite, tendenzialmente concentrate in alcuni nerissimi giorni del mercato, e portarci dietro il fardello di un portafoglio che continua a perdere valore in media per 10 mesi.
– Il secondo è che quando il bear market finisce, l’eventuale bull market successivo tende a durare in media quasi 1.000 giorni. Si tratta quindi tipicamente di un lungo e lento processo di recupero del mercato, che raramente compensa giornate di pensanti perdite con altrettante giornate di grandi guadagni.
Come dire, i giorni negativi tendono ad essere meno dei giorni positivi, ma quelli più negativi sono decisamente più negativi di quanto siano positivi quelli più positivi.
Il 19 ottobre del 1987 abbiamo visto il mercato perdere oltre il 20% in un giorno. O meglio io non ho visto niente perché avevo un anno e mezzo e allora non mi interessavo ancora di finanza, ero più alle prese con l’ideazione di strategie di controllo dei sistemi fluidodinamici (ossia a come non farmela addosso senza pannolino).
Chi era più grande di me allora, però, vide appunto un -20% dalle 9:30 del mattino alle 4 del pomeriggio ora di New York.
Difficilmente vedremo un singolo giorno di borsa in cui l’S&P fa +20% in un colpo solo.
Quindi, insomma, tanta sofferenza lungo violenti lampi e un lento recupero in cui è importante non perdere la fede.
Questa cosa, comunque, non è che succeda proprio di rado.
Dal 1928 ad oggi ci sono stati ben 27 bear market, uno ogni 3,5 anni.
In realtà quando cito la statistica sulla frequenza dei bear market sono un po’ più ottimista, perché in effetti erano molto più frequenti negli anni prima della Seconda guerra mondiale di quanto non lo siano diventati negli ultimi 79 anni successivi alla resa del Giappone sotto i colpi delle due bombe atomiche a Hiroshima e Nagasaki, atto finale della più grande follia globale dell’umanità — per ora.
Dal 1945 ad oggi, infatti, ci sono stati solo 15 dei 27 bear market totali, mentre ben 12 si sono susseguiti in meno di 20 anni.
In pratica allora si trattava di vivere un bear market ogni anno e mezzo — e ci voleva davvero un gran cuore per credere nell’investimento azionario allora.
Nell’era postbellica invece i bear market si presentano ogni 5,2 anni.
Curiosamente, però, negli anni 2000 abbiamo avuto 6 bear market, uno ogni 3,6 anni.
Non è che il terzo millennio sia stato proprio una passeggiata per l’investitore in azioni.
Quando sarà quindi il prossimo?
Beh potrebbe essere alla fine dell’anno prossimo se teniamo questa media.
Oppure all’inizio del 2027 se ci basiamo su quella di un bear market ogni 5,2 anni.
Se invece prendiamo il primo trentennio di questo millennio, ossia dal 2000 al 2029, e teniamo buona la media di 5,2 allora fino al 2030 siamo a posto.
E infatti dico sempre che l’S&P deve fare quasi il 12% all’anno fino al 2029 compreso solo per pareggiare il peggior trentennio di sempre.
In effetti le statistiche sembrano ben armonizzate tra loro.
Ma dico anche sempre di non ascoltare quello che dico perché il più delle volte sono stronzate.
Comunque sia, mettete in conto che nella vostra vita da investitori che durerà in media una cinquantina d’anni, forse un po’ di più, aspettatevi di vivere da 10 a 15 Bear Market.
Aspettatevi, quindi, di vivere da 8 a 11 anni della vostra vita da investitori delle gravi crisi del mercato.
Ora pianificare le attività sul proprio portafoglio cercando di indovinare quando capiterà il prossimo bear market è un po’ una roba da Nostradamus della finanza.
È vero che ho letto sul Wall Street Journal che c’è un crescente ricorso all’astrologia per prendere decisioni finanziarie, soprattutto in Cina per la verità, il grosso delle persone sane di mente non si mette a fare elucubrazioni astrali con il proprio portafoglio.
È molto più probabile però che a qualcuno possa venire in mente di provare a fare un timing tattico, aspettare i bear market e poi rientrare nel mercato quando passa la tempesta.
Come ho già spiegato innumerevoli volte questa cosa è molto più semplice in teoria che in pratica, ma qui aggiungo un altro pezzo.
E’ vero che ho detto che il mercato tende a crollare in maniera più brusca di quanto non salga, ma ciò non toglie che quel 10% di rendimento medio annuo che l’S&P 500 restituisce generosamente ai suoi investitori da un secolo a questa parte non è il frutto di un processo continuo e graduale, ma il risultato di una sequenza fatta di tantissimi giorni in cui non succede praticamente niente e pochi giorni in cui il mercato fa dei bei balzetti in avanti.
Perdersi una manciata di buoni giorni dei mercati può avere un impatto negativo devastante sulla crescita dei nostri investimenti.
E il problema di chi vuole fare timing è il seguente: il 42% dei migliori giorni dell’S&P 500 degli ultimi 20 anni sono capitati durante un bear market e un altro 36% nei primi due anni di un bull market, ossia molto prima che ci si potesse rendere conto di essere davvero dentro un bull market.
Detto altrimenti: il 78% dei migliori giorni dell’S&P 500 capitano esattamente durante quei periodi in cui l’investitore che si crede più furbo degli altri se ne sta fuori dal mercato in attesa che la tempesta passi e che sia di nuovo il “momento” buono per investire.
Beh, sappia che insieme a giorni drammatici, questo investitore si sarà perso anche il 78% dei giorni di exploit del mercato che saranno quelli che avranno il peso più determinante sulla crescita finale del portafoglio.
Ci sono tanti motivi per cui questa cosa, apparentemente controintuitiva, accade.
Una è di natura semplicemente tecnica: dopo dei crolli fragorosi, spesso il mercato ha dei rimbalzi fisiologici, noti anche come rimbalzo del gatto morto, una metafora che non richiede particolari spiegazioni.
Sheldon, tzu tzu, vieni qui un attimo che devo provare una cosa…
No è scappato.
Dicevo uno dei motivi è quello.
Un altro motivo è invece legato alle mosse delle banche centrali o alla comunicazione di dati macroeconomici in controtendenza che portano i mercati a provare ad anticipare una futura ripresa anche se ancora è lontana dal concretizzarsi.
Un altro motivo ancora ha infine a che fare con la natura fondamentalmente causale dell’andamento dei mercati, che il più delle volte risulta scollegato dall’economia reale.
E qui viene la
QUARTA COSA DA SAPERE: non tutti i bear market comportano una recessione.
Spesso accade che il mercato sconti una possibile recessione è ciò inneschi una discesa del mercato che può portare ad un bear market.
Ma non è detto che anche dal punto di vista economico una recessione effettivamente si verifichi.
Per recessione si intende il rilevamento di una crescita negativa del prodotto interno lordo di un Paese per almeno due trimestri consecutivi.
Se tra sette mesi da oggi verrà pubblicato un dato che dice che nei 6 mesi precedenti la crescita del PIL è stata negativa, allora sapremo che siamo in recessione.
Questa è una delle tante situazioni in cui la finanza e l’economia divergono.
Benché l’economia reale sia in ultima istanza ciò a cui la finanza fa riferimento, soprattutto nel breve termine le due vanno ciascuna per la propria strada.
Il motivo principale è che la finanza è forward-looking, ossia guarda in avanti e cerca di anticipare gli eventi futuri attraverso il movimento dei prezzi sui mercati.
L’economia invece è backward-looking, ossia guarda indietro a dati reali che si sono già verificati.
Il PIL, la disoccupazione, i posti di lavoro creati, l’inflazione, l’indice manifatturiero e tutti gli altri dati macroeconomici che la finanza guarda ogni mese con estrema attenzione fanno tutti riferimento al passato.
Mettiamola così: la finanza è come un automobilista che cerca di condurre al meglio la propria vettura potendo solo guardare nello specchietto retrovisore e cercando di intuire da lì come possa essere la strada davanti.
Mi ha fatto spaccare l’altro giorno un tizio di una società di asset management americana che in un podcast ha detto che loro ogni quarter producono una previsione a dieci sul rendimento atteso delle principali asset class e il motivo che ha addotto è che questa cosa è necessaria perché le loro previsioni possano incorporare le variazioni negli scenari macro.
Ma scusa ma come?
Fai le previsioni a 10 anni e ogni tre mesi le aggiusti?
Ammazza utile avere una visione decennale ma sapere che ogni tre mesi può essere stravolto tutto.
Che poi ovviamente la colpa non è di questo qui che non sa fare le previsioni.
Il problema è intrinseco alla natura delle cose.
Semplicemente non puoi prevedere cosa succederà da qui a 10 anni.
È sacrosanto il fatto che, concettualmente, i prezzi delle azioni oggi possono far supporre che i rendimenti futuri saranno alti o bassi in base a quanto economico o costoso è oggi il mercato.
Ma poi bastano singoli eventi per definizione imprevedibili a modificare completamente lo scenario.
Più volte ultimamente sono andato a guardarmi le previsioni a 10 anni del 2014.
C’era chi aveva previsto un 1,4% di crescita all’anno per l’S&P 500. Chi il 3%. Chi con coraggio si era addirittura spinto a prevedere ben il 6-7%.
Non ho trovato nessuno che avesse anche solo ipotizzato la possibilità che dal 2014 al 2023 l’S&P 500 facesse quasi il 12% all’anno in media per 10 anni.
Se allora si pensava che il mercato fosse lì lì per dare rendimenti miseri nei 10 anni successivi, a maggior ragione oggi dovrebbe essere così, viste le valutazioni esorbitanti delle azioni americane.
Ma ancora una volta boh.
L’economia crescerà meno che in passato? Probabilmente sì.
L’inflazione sarà più alta del recente passato? Probabilmente sì.
Aumenteranno le tensioni geopolitiche nel mondo? Probabilmente sì.
Queste informazioni sono di una qualche utilità per prevedere il rendimento futuro dei mercati? Probabilmente no.
Veniamo infine all’ultimo punto, ossia
QUINTA COSA DA SAPERE: i bear market sono dolorosi, non c’è dubbio. Ma mettiamola così. Il dolore è una parte sistematica della vita. Tendiamo ad accorgercene semplicemente per la nostra situazione di default è che mediamente va tutto bene. Il dolore è inevitabile, ma di norma è più l’eccezione che la regola.
E lo stesso avviene con il mercato.
Negli ultimi 100 anni il mercato si è trovato in un bear market il 22% delle volte.
Che poi in pratica significa che il 78% delle volte è stato in positivo.
E questa, se ci pensate, è una notizia piuttosto confortante.
Lo so, quando accadrà sarà una brutta esperienza, non è che ci si può far molto.
Ma quando quel giorno arriverà ricordatevi che il più di tre anni su quattro della vostra vita da investitori la passerete con il mercato in ascesa.
This too shall pass, vecchio detto dei marinai durante le tempeste.
Anche questa, passerà.
Ora, nonostante vi abbia raccontato tutto questo e fondamentalmente vi abbia detto che i bear market sono fondamentalmente degli inciampi lungo la corsa verso l’alto dei mercati, lo so che voi volete sapere come fare a non perdere MAI soldi, neanche durante un bear market.
Beh, la prima opzione per non correre alcun rischio è … udite udite … rullo di tamburi … investire in asset senza rischio.
E grazie ar cazzo mi direte.
Eh lo so, però lo abbiamo detto un milione di volte.
L’investimento azionario è il quello che il rendimento atteso più alto perché ha il risk premium; togli risk e ti perdi pure il premium.
A quel punto l’unica cosa che ti resta è investire in Bund, nei titoli di stato tedeschi, neanche in Treasury che poi siete esposti al dollaro.
Vi comprate i Bund a diverse scadenze, vi prendete il 2-3% all’anno e tanti saluti.
Zero rischio.
Ma pure un rendimento reale, al netto dell’inflazione, prossimo allo zero.
La seconda opzione è quella di diversificare il portafoglio per cercare di ridurre al minimo la volatilità e affidarsi di volta in volta agli asset più performanti durante ciascuna fase dei cicli di mercato.
Durante le fasi recessive e reflattive: sono i bond a media-lunga durata a fare il loro, perché i tassi scendono e quindi i prezzi salgono per scontano uno scenario futuro a tassi inferiori.
Durante le fasi inflattive invece, come noto tengono botta tipicamente le obbligazioni a brevissimo termine o i fondi monetari, l’oro e in certi casi materie prime e azioni di società nel settore utilities, in particolare quando l’inflazione è legata ad un aumento dei prezzi delle materie prime.
Per ridurre poi in generale il rischio di concentrazione, diversificare la componente azionaria su più mercati ha ovviamente la sua logica.
Però nonostante qualcuno abbia fatto dire a Harry Markowitz che la diversificazione è l’unico pasto gratis in finanza, beh, non lo è per niente, perlomeno se parliamo di diversificazione tra asset class.
Sembra che Markowitz non abbia mai detto questa cosa, così come Einstein non avrebbe mai detto che l’interesse composto è l’ottava meraviglia del mondo, così come Mark Twain non avrebbe mai detto che la storia non si ripete mai uguale se stessa ma a volte fa rima, così come Maria Antonietta non avrebbe mai detto di dare i croissant al popolo affamato, così come Nicolò Machiavelli non avrebbe mai detto che il fine giustifica i mezzi e così via.
Curioso che spesso personaggi celebri e brillanti, con tutte le cose geniali che possono aver detto, vengono associati ad aforismi mai pronunciati.
Comunque, dicevamo, la diversificazione non è un pasto gratis proprio per un cazzo, ma costa come mangiare da Canavacciuolo a Villa Crespi.
Se vuoi eliminarti tutti i rischi dal portafoglio, quello che otterrai sarà il rendimento risk-free, quello dei titoli di stato più infallibili della tua area geografica.
Bund per noi europei.
Certamente non BTP.
Prima di diventare matti a cercare di capire qual è il portafoglio ideale e arrovellarvi la vita tra strategie risk parity, long short, tail hedging o qualche altra roba complicata e tipicamente costosa propongo un approccio un po’ più pragmatico.
– STEP UNO: assicurati che le tue riserve di Cash siano più che adeguate a gestire soprattutto lo stress emotivo che può derivare da un bear market. Di solito diciamo di mettere 6 mesi di spese future in un conto deposito o in un fondo monetario. Se pensi che il prossimo bear market potrebbe farti prendere un attacco di cuore, raddoppia le tue riserve in cash, soprattutto oggi che gli investimenti risk free hanno ancora delle buone remunerazioni.
– STEP DUE: fai l’esercizio con la parte core del tuo portafoglio di cui parliamo spesso. Proietta il rendimento a 2, 5, 7, 10 anni della parte azionaria e della parte obbligazionaria del portafoglio, ipotizzando un 7-8% all’anno per le azioni e 3% per le obbligazioni, e valuta se in base a quando sono posizionati i vari obiettivi della tua vita la componente obbligazionaria ti dà sufficienti garanzie di serenità, qualora l’azionario tracolli per i consueti 289 giorni di bear market.
Se così è, a posto così.
Viceversa, riduci la parte azionaria.
– STEP TRE: fai un checkup della tua situazione finanziaria. Se oggi hai un buon reddito, ma allo stesso tempo tante spese e uno stile di vita costoso, considera la possibilità di modificare qualcosa, perché magari quello stesso reddito durante un momento di recessione potrebbe non essere garantito.
Se hai uno stile di vita sotto controllo, un debito contenuto e la possibilità di ridurre velocemente il costo medio della tua vita in generale, allora anche un bear market farà meno paura.
In generale quindi il discorso non è “provare a prevedere quando un bear market ci sarà” ma farsi trovare preparati quando arriva, quel tanto che basta per attraversare indenni quel quarto della vostra vita in cui mercati vanno giù e poi godervi il viaggio negli altri tre quarti mentre vanno su.
Vedrete, ogni giorno che passerà da qui in poi saranno sempre di più quelli che vi paventeranno imminenti scenari di tracolli finanziari.
L’ultimo che ho letto stamattina in un post su linkedin diceva che il rendimento atteso dei prossimi 10 anni, in base allo shiller cape ratio, sarà intorno a zero, perché il valore odierno intorno a 34 è nel 97esimo percentile, ossia solo il 3% del tempo è stato così alto da quando questo valore viene misurato.
Tutto verissimo.
Però se nei prossimi 10 anni il mercato azionario americano fa davvero zero, allora vuol dire che il trentennio 2004-2034 avrà avuto complessivamente un rendimento medio inferiore al 6%, cosa che ne farebbe di gran lunga il peggior trentennio di tutti i tempi, posizionando così questo risultato nel 99esimo percentile tra tutti i possibili blocchi di 30 anni consecutivi della storia del mercato azionario dell’ultimo secolo e fischia.
Una delle due non torna.
Poi magari sarà proprio così e amen, ce ne faremo una ragione.
Continuando a fare dollar cost averiging investendo un tot ogni mese, alla fine anche durante le lunghe discese dei mercati coglieremo delle opportunità per i nostri portafogli e per un po’ saremo contenti così.
In attesa che il bear market arrivi, vi ricordo che prima o poi anche uno sfortunato viaggio nell’aldilà potrebbe toccarvi e mentre fate tutti i debiti scongiuri del caso, con la mano che resta libera vi invito ad andare nella descrizione di quest’episodio dove trovate il link al sito di Turtleneck e valutare se la sua assicurazione sulla vita possa essere una soluzione adatta alle vostre esigenze.
Se così è poi fatela fare a tutti quelli che conoscete così Elias vi verrà a portare personalmente 30 € ogni volta.
Con quest’ultima scemenza e ringraziando Squarelife per essere stato sponsor di quest’episodio, ringrazio soprattutto voi, straordinario popolo di The Bull e dico straordinario davvero perché se straordinari non stareste ascoltando un podcast scritto, diretto e interpretato da un cazzaro qualunque che però passe le giornate, e soprattutto le nottate, a prendere contenuti intelligenti in giro e impacchettarveli qui per voi, per i vostri soldi e in generale per il vostro percorso di crescita e consapevolezza finanziaria.
Grazie a ciascuno straordinario ascoltatore che ha deciso di prendere in mano un aspetto importante della propria vita e ribaltarlo da cima a piedi.
Vi ringrazio inoltre se per cortesia mettete seguie e attivate le notifiche su spotify, Apple podcast o dove ci ascoltate e se lasciate una recensione a 5 stelle per supportarci e permetterci di continuare a produrre contenuti che tra tori e orsi vi raccontano i numeri della vostra futura vita da investitori, spaventandovi a morte con la prospettiva di dimezzare i vostri patrimoni o di venir inseguiti da un grizzly famelico ma allo stesso tempo ricordandovi che il 78% delle volte andrà tutto bene — almeno sui mercati; col grizzly siete spacciati il 100% delle volte — sempre nuovi.
Per questo episodio invece è davvero tutto e noi ci rivediamo domenica prossima se finalmente mi deciderò su cosa fare l’episodio che ho due idee in mente ma ancora non ne sono venuto a capo sempre qui naturalmente con The Bull il tuo podcast di finanza personale.
Recensioni
Quando capisci come funziona la finanza… ti viene voglia di raccontarla!
Veramente interessante, chiaro e conciso. Cambia la vita finanziaria di chiunque.. da ascoltare assolutamente anche per chi di finanza non vuole occuparsi mai
Francesca B., 6 Apr 2024Non sono solito a mettere recensioni e specialmente non ascolto podcast, ma da quando ho iniziato questo, faccio fatica a staccarmi, e quasi non posso più fare a meno di ascoltare e arricchirmi culturalmente.
Andrea V., 22 Set 2025Dovrebbero ascoltarlo buona parte degli italiani e io avrei dovuto scoprirlo con qualche anno in anticipo ma meglio tardi che mai
Matteo C., 3 Set 2025Veramente veramente raccomandato! la finanza personale riassunta alla perfezione! e spiegata partendo dall'ABC! Ottimo anche da ascoltare a velocita 1,5x!
Giorgia R., 23 Gen 2025Podcast piacevole, scorre veloce ma in modo estremamente chiaro, spiega i concetti chiave per gestire le proprie finanze, fornendo la classica cassetta degli attrezzi. Complimenti, davvero ben fatto!
Massimiliano, 29 Mag 2024Da quando l'ho scoperto in 15 gg mi sono ascoltato 150 puntate senza fermarmi, ho annullato gli altri podcast per portarmi alla pari ed ascoltare tutte le precedenti puntate, ben fatto, esattamente il livello di informazione che mi serviva
Gianluca G., 11 Set 2025Ho seguito tutte le puntate! Grazie veramente
Amalia A., 17 Set 2025La mia ignoranza in materia mi ha sempre creato dei dubbi, ma grazie a un amico ho iniziato ad ascoltare il podcast. Per fortuna che ho 24 anni e un po' di tempo e soldi da dedicarmi a imparare le varie nozioni per me stesso. Grazie mille!
Luca G. 10 Ott 2025Riccardo mi ha letteralmente cambiato la vita e fatto scoprire che amo la finanza, ho ascoltato il podcast già due volte e non mi stufo mai di ascoltarlo, parla in modo semplice e chiaro
Massimo D., 23 Set 2025