5 Lezioni che abbiamo imparato dai Mercati nel 2023
Archiviato un 2023 di grandi soddisfazioni, ci buttiamo nel 2024 forti alcune immortali lezioni che i mercati ci hanno insegnato lo scorso anno. Con la partecipazione straordinaria di un grande velocista Italiano che ci aiuterà a capire come si distribuiscono i rendimenti sui mercati azionari.

75. 5 Lezioni che abbiamo imparato dai Mercati nel 2023
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Punti Chiave
Evita il market timing: le previsioni sono inaffidabili e la maggior parte dei guadagni si concentra in brevi periodi.
Mantieni la disciplina: non farti prendere dal panico nei ribassi né dall'euforia nei momenti di crescita.
Diversifica il portafoglio per gestire il rischio, resistere alla volatilità e raggiungere i tuoi obiettivi a lungo termine.
Trascrizione Episodio
Bentornati a THE BULL – Il tuo podcast di finanza personale
La storia non si ripete mai uguale, ma molto spesso fa rima con sé stessa.
Questa citazione, attribuita al grande scrittore Mark Twain, fa un po’ schifo detta in Italiano, mentre The history doesn’t repeat itself, but it often rhymes suonerebbe decisamente meglio.
In finanza viene ripresa molto spesso questa frase, che però forse non è stata davvero detta da Mark Twain, così come anche che Einstein avrebbe definito l’interesse composto l’ottava meraviglia del mondo — e anche qui sembra che in realtà il più grande fisico di tutti tempi sta cosa non l’abbia mai detta a nessuno.
Quindi insomma, non sapendo bene a cosa attaccarsi, chi parla di finanza e vuole darsi un tono semi autorevole, tira la giacca a grandi personaggi della letteratura e della scienza e ficca loro in bocca pensieri che questi non hanno mai avuto, pur di supportare qualche tesi.
Comunque sia, è ormai entrata nel colorito linguaggio della finanza quest’idea che ciò che succede sui mercati non si ripeta mai uguale negli anni successivi ma ciononostante ci sarebbero delle ricorrenze, dei pattern, degli schemi abbastanza stabili che attraversano i vari cicli economici con una certa costanza.
Il 2023 è stato un anno decisamente particolare, in cui sono successe cose che hanno spiazzato tutti gli operatori finanziari a qualunque livello.
Un anno così particolare e dai risvolti così inaspettati non si vedeva dal … 2022.
E prima del 2022 l’ultimo anno assurdo dei mercati era stato addirittura il 2021.
Per non parlare di quanto sorprendente sia stato il 2020.
E non sto neanche a dirvi il 2019, 2018, 2017, 2016, 2015.
Si insomma ci siam capiti.
Ogni anno sembra eccezionale agli occhi di chi giorno per giorno monitora ciò che fanno azioni, obbligazioni, materie prime, valute e tutta l’allegra combriccola.
Ma in realtà la finanza è così.
Il regno della più totale incertezza nel breve termine, che però si ripete in modo abbastanza ripetitivo nel lungo termine.
Il problema è che, sapere che nel lungo termine ci saranno più o meno determinati cicli economici, è del tutto inutile per chi deve fare previsioni, dato che queste devono applicarsi nel breve e permettere a chi vuole battere il mercato di prendere decisioni tempestive.
Sapete già, carissimi miei compagni di viaggio, che questa cosa finisce sempre male.
Comunque sia, se è vero che la storia, soprattutto la storia della finanza ,non si ripete mai in modo identico ma spesso mostra delle logiche ricorrenti, diamo un’occhiata nello specchietto retrovisore e mettiamoci in tasca 5 Lezioni che abbiamo imparato dal 2023, senza la pretesa che nessuna di questa possa permetterci di fare previsioni sul futuro ma più umilmente con l’obiettivo di comprendere meglio come funzionano i mercati ed essere quindi più consapevoli nelle nostre decisioni di investimento.
Eh sì perché se siete qui, se avete digerito ben 74 episodi di un podcast di finanza personale — tra l’altro congratulazioni! Premio Nobel honoris causa per la capacità di sopportazione a lungo termine della mia voce — beh, a questo punto arrivati avrete entrambe le mani ed entrambi i piedi dentro i vostri soldi, smaniosi di costruirvi il portafoglio perfetto e arricchirvi il prima possibile per raggiungere quel paradiso chiamato fuck you money e diventare finanziariamente liberi.
Ma se questo è l’obiettivo so anche bene, grazie alle decine di messaggi ogni giorno su instagram a thebull_finance e su LinkedIn, quali sono i turbamenti che agitano i vostri sonni.
Vi vedo lì, a letto, nel cuore della notte, a rivoltarvi sotto le coperte mentre vi chiedete se non abbiate troppi ETF azionari in portafoglio, oppure troppo pochi, se la duration delle vostre obbligazioni sia troppo lunga, oppure se sia troppo corta e via, ogni altro possibile dubbio che vi attanaglia durante le ore più buie e vi preclude l’accesso all’abbraccio ristoratore di Morfeo.
(che poi quest’ultima stronzata vuol dire che avete problemi a dormire…)
E allora per tutti voi, mie buoni amici di questo podcast, mettiamo insieme le 5 cose che ci dobbiamo mettere in saccoccia di questo 2023 per provare ad essere investitori migliori nel 2024.
Piccolo disclaimer.
Come la maggior parte delle cose di questo podcast, anche quest’episodio non è un parto spontaneo della mia riflessione, ma trae ispirazione da contenuti ben più autorevoli — e questa è la vostra assicurazione sulla vita, dato che se ascoltate questo podcast in realtà non vi state affidando alle idee del tutto irrilevanti del suo autore, ma principalmente alle idee di professionisti esperti che questo autore non fa altro che sintetizzare, impacchettare e mettervi a disposizione.
Nella fattispecie quest’episodio trae spunto da un articolo uscito sull’edizione Inglese, o Americana — non ricordo, di Morningstar.
L’articolo originale era 12 lezioni che il mercato ha insegnato agli investitori nel 2023.
Francamente 12 mi sembravano un po’ troppe per l’umana sopportazione di chiunque, oltre al fatto che alcune erano leggermente ridondanti.
Quindi ho fatto un po’ di taglia e cuci ed eccoci qua, pronti con i 5 Take Away fondamentali che il 2023 ci ha consegnato in eredità.
Prima di cominciare, però, permettetemi di ricordarvi, sempre nell’ambito della rubrica “Tengofamiglia”, che il 31 gennaio 2024 termina la promozione del nostro partner Scalable Capital, che vi dà 25 € di bonus se attivate un account gratuito e 50 € se attivate uno dei piani Prime e Prime plus (o se passate dal piano gratuito ad uno di questi), a condizione di fare almeno 6 operazioni di investimento, al di fuori dei piani di accumulo, da almeno 500 € ciascuna e di tenere il paino attivo per almeno 6 mesi.
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Bene.
Allora, 5 lezioni imparate nel 2023.
LEZIONE NUMERO UNO:
Nessuno è bravo a fare previsioni.
Madddai?
La Borsa americana esiste dall’800 e abbiamo dovuto aspettare il 2023 per capire sta cosa?
Ammazza oh se sono sul pezzo quelli di Morningstar.
Ebbene sì, come avevamo già raccontato qualche settimana fa, tutte le previsioni su come sarebbe andato il mercato azionario nel 2023 si sono rivelate sbagliate di un chilometro.
Ma la cosa bella che mette in luce Mornigstar è che sono almeno 6 anni di fila che le previsioni mancano il bersaglio con la stessa costanza con cui la Juve perde le finali di Champions.
Tra l’altro il mercato sembra prendere tutti gli analisi per il culo, perché sentite un po’:
– 2023: previsione +7%, risultato +25% (quindi le previsioni hanno sottostimato il mercato di 18 punti percentuali)
– 2022: previsione +1,5%, risultato -19,4% (quindi previsione sovrastimata di 20 punti)
– 2021: previsione +1%, risultato +27% (quindi sottostimato di 26 punti)
– 2020: previsione +2,7%, risultato +16,3% (sottostimato di 14 punti per non parlare poi delle previsioni corrette al ribasso a Marzo quando è esploso il Covid);
– 2019: previsione +14%, risultato +29% (sottostimato di 15 punti);
– 2018: previsione +7,5%, risultato -6,2% (quindi previsione sovrastimata di quasi 14 punti).
Non sono andato a guardare dal 2017 in giù, ma ho il sospetto che la cantilena sia la stessa.
Insomma non solo non ci prende mai nessuno.
Ma molto spesso le previsioni sbagliano addirittura la direzione del mercato. A volte la previsione è negativa e il mercato chiude in positivo. Altre volte succede il contrario.
In pratica usare complessi algoritmi per prevedere il ritorno anno su anno dell’S&P 500 o tirare i dati ha più o meno la stessa affidabilità.
Una cosa invece che credo abbia un valore predittivo nettamente più affidabile è la statistica.
Da anni sono ormai convinto che la statistica sia la cosa migliore che abbiamo per prevedere il futuro.
È vero, non ci dice mai niente con certezza e quindi non è che possiamo avvantaggiarcene più di quel tanto.
Però sui grandi numeri e sul lungo termine la statistica è una potente chiaroveggente.
Prevedere è assolutamente impossibile, ma vi ricordo quello che ho detto nella prima puntata di questo 2024, ossia che secondo me l’S&P 500 quest’anno chiuderà in positivo di circa il 9%.
Che valore ha questa previsione? Non più dell’oroscopo di Paolo Fox, ma se non altro si basa su dati statistici che hanno oltre 100 anni di storia alle spalle.
In pratica, come spiegato dal mio punto di riferimento assoluto quando si tratta di finanza e dati, ossia Nick Maggiulli e il suo blog ofdollarsanddata, il ritorno medio dell’S&P 500 nell’anno successivo ad un anno di rimbalzo (come è stato il 2023 che ha recuperato e superato le perdite del 22) è di circa l’11%.
E io dico 9% così, sempre a caso, ma giusto per essere un po’ più conservativi.
(vi ricordo inoltre che la stima più favorevole sul 2024 è quella di Goldman Sachs, che vede un po’ più del 7%, ho quindi fatto una via di mezzo).
Potere predittivo di sta cosa zero ma in assenza di altre alternative, piuttosto che stare a impelagarci con valutazioni sui Price Earning ratio, sull’andamento del dollaro, sulla crescita dell’economia, sull’evoluzione delle guerre nel mondo ecc., nel lungo termine forse ha più senso basarsi sull’idea che dati fondamentalmente casuali tendono sempre a regredire verso il loro valori medi.
Ho preso Portfolio Visualizer, il migliore amico di chi vuole fare i backtest dal punto di vista di un investitore americano, e ho provato a misurare il rendimento medio dell’S&P 500 su periodi di 30 anni consecutivi dal 1972 ad oggi (solo perché più indietro non mi faceva andare, ma stiamo comunque parlando di mezzo secolo di dati).
Anche a prendere i periodi peggiori, ossia quelli che hanno come anno terminale momenti terribili come il 2002, il 2008 o il 2022, cmq tutti i risultati medi lungo questi 30 anni convergono tra il 9% e l’11% di rendimento medio annuo.
Poi nei singoli anni può succedere naturalmente di tutto, ma dovendo tirare a indovinare, se la media storica è 10% e la media su blocchi di 30 anni è circa tra 9 e 11, la nostra chance migliore di prenderci è puntare su un rendimento più o meno da quelle parti e sticazzi se tutte le banche d’investimento di mezzo mondo vedono soprattutto nero nel 2024 e suggeriscono di riempirsi di bond perché la recessione prima o poi arriva e l’azionario Americano, che per altro ha raggiunto dei prezzi eccessivamente alti, andrà giù per forza.
Ecco quindi che servita su un piatto d’argento arriva la
LEZIONE NUMERO DUE: non usare il rapporto tra prezzi delle azioni e utili per prendere decisioni con l’obiettivo di battere il mercato (facendo market timing, come si dice).
Il modo più nobile e accreditato a Wall Street per fare previsioni sull’andamento dei mercati azionari è usare il CAPE ratio inventato dal premio Nobel Robert Shiller, ossia il Cyclically Adjusted Price Earning Ratio, che come già accennato in passato è fondamentalmente il rapporto tra il prezzo dell’azione e la media degli utili deli ultimi 10 anni aggiustati per inflazione.
La media storica del CAPE ratio del mercato americano è di circa 17.
In pratica quando il CAPE medio sale troppo sopra la media, i rendimenti dei 10 anni successivi tendono ad essere inferiori.
Viceversa quando il CAPE scende, i rendimenti dei 10 anni successivi tendono ad essere superiori.
Anche qui, regressione verso la media e poco altro, dopo tutto.
Da qui però a usare il CAPE ratio per decidere come investire i nostri soldi nel portafoglio ce ne passa.
A inizio 2021 il CAPE era addirittura a 34 e molti avevano predetto un pessimo anno per l’S&P 500.
Chi avesse dato retta a quel suggerimento si sarebbe perso il +27% di quell’anno.
Questo super risultato ha portato il CAPE ratio addirittura a 38 e in effetti il 2022 è stato un anno negativo (anche se il motivo vero è tutto da ricondurre all’impennata dell’inflazione e alla campagna aggressiva di rialzo dei tassi da parte della Federal Reserve).
Ciononostante, a inizio 2023 abbiamo aperto l’anno con un CAPE ratio di 28, comunque altissimo rispetto alla media — e sappiamo però come è andata.
Al momento siamo intorno a 32, un valore nettamente al di sopra di qualunque media storica.
Questo vuol dire che i prossimi anni saranno meno positivi rispetto all’ultimo astronomico quindicennio del mercato americano? BOH…
Più o meno tutti sono convinti di sì.
Detto questo, la cosa più stupida che uno potrebbe fare in questo momento sarebbe chiudere completamente i propri investimenti sull’S&P 500 e puntare tutto su Europa e Paesi Emergenti, che avendo invece valutazioni molto basse sembrerebbero invece meglio posizionati per dare buoni rendimenti nei prossimi anni.
Sulla carta funziona benissimo, nella realtà è tutto da dimostrare.
Diciamo che, al di là dell’effettiva esposizione geografica, molto farà anche la vostra asset allocation, che in qualche modo tenderà ad adattarsi al contesto storico.
Quando raccontiamo infatti che una regoletta a spanne potrebbe essere “investire in azioni una percentuale del portafoglio uguale a 125 — i miei anni — i tassi della Fed per 5”, l’idea è appunto quella di non sovraesporre il portafoglio al mercato azionario in un momento caratterizzato da tassi alti e viceversa.
Negli ultimi 15 anni le azioni hanno corso alla grande grazie ai tassi bassissimi della Fed, della BCE, della Bank of Japan e così via.
Ma se allora venivamo dal crollo del 2008 e avevamo zero rendimento sul fronte obbligazionario, era assolutamente legittimo sovraesporsi sull’azionario che in effetti ha fatto una straordinaria cavalcata dal baratro della grande crisi finanziaria ai massimi di tutti i tempi appena raggiunti.
Oggi abbiamo invece obbligazioni a lungo termine che rendono facilmente anche il 4-5% e valutazioni azionarie molto alte, almeno in America, quindi avere un po’ meno azioni e un po’ più obbligazioni avrebbe la sua logica.
In breve quindi:
Ok le valutazioni.
Ok il CAPE ratio.
Ok tutto.
Ma tanto investiamo da qui a 20-30-40 anni.
Al netto di un minimo di adattamento in base al contesto dei tassi di interesse, direi che qualunque altra considerazione ulteriore che dovrebbe portarci a prendere decisioni tattiche sul nostro portafoglio, rischia di fare più danni che altro.
Quindi una volta che avete deciso la vostra esposizione azionaria, in realtà non avete maggiori garanzie di rendimento né continuando a puntare sugli Stati uniti né al contrario sovrappesando Europa e Mercati Emergenti.
È vero che il CAPE ratio farebbe pensare a rendimenti futuri inferiori per gli Stati Uniti, ma la correlazione tra questo valore e il rendimento azionario dei 10 anni successivi è 0.4.
Che tradotto significa: non esattamente del tutto a cazzo, ma neanche così tanto precisa.
E qui veniamo, come conseguenza naturale, alla
LEZIONE NUMERO TRE: serve disciplina per mantenere la rotta.
Qual è il punto?
Il punto è che nella misura in cui uno decide di investire in cose diverse da obbligazioni governative con rating tripla A, bisogna mettere in conto che bisognerà sopportare periodi di sottoperformance, se non addirittura fortemente negativi.
Nella storia abbiamo avuto almeno tre periodi durati oltre un decennio in cui l’S&P 500 avrebbe fatto peggio di un banalissimo investimento in titoli di Stato Americani a breve termine (per la precisione tra il 1929 e il 43, tra il 1966 e l’82 e dal 2000 al 2012).
Sopportare 10-12 anni di fila in cui investiamo in azioni, perdiamo soldi e vediamo i titoli di stato a breve termine che ci asfaltano con i loro pur miseri, ma positivi, rendimenti, non è roba per cuori deboli.
Ora, senza arrivare a prendere un investimento 100% azionario, anche un nettamente più conservativo 60/40 per esempio durante il primo decennio di questo millennio avrebbe a malapena tenuto il passo dei bond governativi a breve scadenza, nonostante il maggiore rischio implicito.
Ovvio invece che se guardiamo dal 2000 al 2023, alla fine il 60/40 avrebbe fatto oltre il 6% all’anno di media, contro il 2 e mezzo dei titoli di stato.
(6% ovviamente è un risultato al di sotto della media storica del 60/40 semplicemente perché abbiamo fatto partire il backtest nel 2000, all’apice della bolla delle dot.com subito prima del crollo dei mercati, altrimenti se prendiamo un arco di trent’anni, come dal 94 ad oggi, siamo addirittura sull’8% di media).
Ciò che ci ha insegnato il 2023, ancora una volta, è che mantenere la barra dritta, anche dopo un 2022 devastante, statisticamente rappresenta la decisione migliore che uno possa prendere.
Questo anche perché i mercati hanno, come dire, dei meccanismi di auto-guarigione, tali per cui le crisi sono sempre state seguite, almeno sino ad oggi, da periodi di grande crescita, fosse anche solo perché fa parte della nostra natura innata e dello spirito competitivo dell’uomo, perlomeno dell’uomo occidentale, di ricercare continuamente la crescita, il miglioramento, l’innovazione e, non ultimo, sempre maggiori guadagni.
L’avidità è ciò che crea le bolle e porta alle crisi.
Ma è anche ciò che spinge l’economia tutta a rimettersi in moto e a riprendere il suo naturale corso di crescita.
Di qui dobbiamo capire due cose:
UNO: nella maggior parte dei casi è meglio evitare decisioni “tattiche” basate su valutazioni del momento e ricordiamoci il corso di lungo termine dei mercati, che di solito vede lunghi e sostenuti periodi di crescita in particolare dopo dei tonfi importanti. Quindi è soprattutto quando si attraversano periodi difficili, per quanto interminabili, che non ci si deve far prendere dal panico, perdere la testa e disinvestire.
DUE: vale anche la cosa inversa. Quando le cose vanno particolarmente bene, attenzione perché è un attimo che subentra la tentazione di cedere all’overconfidence e aumentare in maniera eccessiva il livello di rischio del nostro portafoglio.
Oggi siamo ai massimi di tutti i tempi.
L’S&P ha sfondato i 4.900 punti.
Il Nasdaq 100 è già su del 5,5% da inizio anno, dopo aver fatto quasi il +50% l’anno scorso.
L’Europa è su (la borsa di Parigi venerdì scorso è crescita in un solo giorno di oltre il 3% grazie ai dati positivi di LVMH) e pure il Giappone sta continuando la sua corsa come un pazzo.
La tentazione qui è di metterci tutti in modalità “risk-on” e spingere sull’acceleratore del rischio, convinti che sia il momento di cavalcare l’onda e ottenere rendimenti maggiori più velocemente.
Magari sì, ma ricordatevi che il buon Warrenn Buffett ha sempre suggerito di essere avidi quando gli altri hanno paura e timorosi quando gli altri sono avidi.
Quindi la disciplina che serve quando si investe è duplice.
Bisogna avere coraggio e mantenere calma e lucidità quando le cose vanno male e allo stesso tempo bisogna avere prudenza e resistere alle tentazioni di assumersi troppo rischio quando le cose vanno bene.
Eh vi vedo tutti quanti lì che state rimpolpando i vostri portafogli comprando Nasdaq a manetta o ETF sulle società Growth, sull’intelligenza artificiale, su Information Technology e così via.
Per non parlare poi di qualcuno che mi ha chiesto cosa ne pensi dell’idea di prendere soldi in prestito per investire.
Spoiler alert: ne penso tutto il male possibile e immaginabile.
Tra l’altro faremo presto un episodio dedicato al tema della leva, ma se in questo momento in cui tutto sta andando su vi stesse per caso venendo quest’idea brillante, ecco, qui mi sento di poter dare una precisa raccomandazione di investimento: LASCIATE PERDERE.
Leva a parte, il discorso comunque è: attenzione a non farvi prendere la mano nei momenti di grande euforia sui mercati.
C’è un detto a Wall Street secondo il quale noi scopriamo veramente che tipo di investitore siamo solo durante i bear market, ossia durante le fasi negative dei mercati.
E i bear market sono il posto peggiore del mondo per fare questa scoperta.
Se ve lo chiedessi oggi, tutti voi mi direste “ma sì, io sono tollerante al rischio, se il portafoglio fa -30% chissene, continuo a comprare”.
Ecco quando poi succede davvero, sappiate che potreste scoprire di essere meno zen di quel che pensate.
Soprattutto perché a volte questi periodi durano anni e tenere botta per anni mentre tutti quelli intorno a voi vi prendono per il culo perché sanno che state perdendo soldi (o comunque perdendo virtualmente, dato che finché non liquidate non avete perso niente), ecco scoprire lì che non avete il sangue freddo per sopportare sta roba non è il massimo.
Quindi, no panic nei momenti difficili, ma pure non trasformatevi in piccoli Wolf of Wall Street in momenti come questo, perché questi momenti sono proprio quelli in cui ci si fa del male esagerando nell’assunzione di rischio.
Sta cosa comunque del non farsi prendere dal panico, ma anche più semplicemente di non cercare di fare operazioni a breve termine nel tentativo di anticipare il mercato, ci porta direttamente alla
QUARTA LEZIONE del 2023, ossia: La maggior parte dei guadagni arriva durante periodi molto brevi.
Provare a anticipare un cambio di direzione del mercato.
Prendere decisioni sulla base di eventi che stanno accadendo nel mondo.
Modificare la struttura del proprio portafoglio convinti di ottenere così risultati migliori.
Beh
Queste sono alcune delle cose che di solito avranno ripercussioni negative sui vostri rendimenti.
Il motivo principale?
Eh, il motivo è che la corsa dei mercati non è una maratona, né una marcia costante e lineare.
E’ piuttosto come i 100 metri.
Il clamoroso oro olimpico nei 100 metri piani del nostro Marcel Jacobs nel 2021 non è stata una progressiva corsa verso il traguardo.
Jacobs è arrivato con calma allo stadio a Tokyo. Lentamente si è posizionato ai blocchi. È rimasto fermo e impassibile mentre c’è stata la prima falsa partenza.
È scattato quando ha sentito lo sparo.
E pochi istanti che sembravano durare un vita è letteralmente esploso facendo questo:
In questi 9 secondi e 80 centesimi, Jacobs ha concretizzato la preparazione sportiva e psicologica di una vita intera e ha consegnato il suo nome all’imperitura leggenda delle medaglie d’oro olimpiche nella disciplina più importante di tutta l’atletica leggera.
Aver fallito quei 9 secondi e ottanta avrebbe reso tutto il resto della sua vita agonistica fondamentalmente irrilevante.
I mercati funzionano un po’ così.
Dal 1927 al 2023, ossia lungo un periodo di 1164 mesi, l’S&P 500 ha reso circa il 10% all’anno di media.
Ma sapete quanto avrebbe reso l’S&P 500 se da questi 97 anni togliessimo i 97 mesi con i ritorni maggiori?
Lo 0,01% in media ogni anno.
Tradotto: NIENTE!
Perdersi appena l’8% dei mesi più performanti dell’S&P 500 avrebbe pregiudicato tutto il restante 92% della sua gloriosa storia.
Come se Marcel Jacobs si fosse perso quei 9 secondi e 80 centesimi che hanno cambiato per sempre la sua vita e l’intera storia dell’atletica leggera italiana.
E il 2023 ci ha insegnato ancora una volta questa cosa.
Vi ricordate come è andata?
Arrivati a ottobre l’S&P 500 aveva realizzato, da inizio anno, il 10,6% di crescita.
Negli ultimi due mesi avrebbe poi fatto oltre il 14%.
In pratica più di metà del risultato dell’anno scorso è stato realizzato negli ultimi 2 mesi.
Chi dopo il picco di Luglio ha visto precipitare i mercati da Agosto a fine Ottobre e si è convinto che sarebbe stato meglio liquidare la parte azionaria del portafoglio per virare su quella obbligazionaria, che come ricorderete a ottobre aveva toccato il suo picco con i rendimenti dei Treasury decennali americani oltre il 5% – beh — si sarebbe perso oltre metà della super performance che l’S&P 500 ci ha regalato l’anno scorso.
E non è stata un’anomalia.
È sempre andata così.
Perdersi i pochi giorni buoni che ogni anno il mercato regala, significa bruciarsi il grosso del rendimento.
Certo, è vero anche il contrario.
Se riuscissi a dribblare i pochi giorni catastrofici in cui le borse crollano a picco, potrei battere il mercato con una distanza spettacolare.
Il problema è che l’unico modo per essere sicuri di saltarsi i giorni peggiori è non investire in azioni…
Sarebbe bello ma, too bad, non è possibile, mi spiace.
Se volete i rendimenti del mercato azionario vi dovete beccare pure gli schiaffi.
No pain, no gain come si dice.
Tra l’altro fate un favore a voi stessi.
Meno guardate quello che fanno i mercati, meglio vivete.
Io per ovvi motivi li guardo tutti giorni, ma dato che monitorarli non mi dà alcun vantaggio competitivo visto che poi continuo a investire più o meno allo stesso modo, è decisamente più la sofferenza psicologica che altro.
QUINTA E ULTIMA LEZIONE DEL 2023: La diversificazione funziona sempre!
Vi ricordate quando nell’episodio 66 dicevamo che il miglior portafoglio non è il miglior portafoglio?
Per chi se lo fosse perso, allora raccontavamo che il portafoglio ideale, quello che dovrebbe garantire i migliori rendimenti in assoluto, in realtà non è mai il portafoglio migliore per noi, ossia quello che massimizza il ritorno atteso a fronte di un certo livello di rischio che siamo disposti ad accollarci.
La diversificazione ha un prezzo.
Il prezzo è che ci sarà sempre qualche pezzo del portafoglio, che è li a fare da contrappeso quando qualcosa va nella direzione sbagliata, che avrà performance mediocri o negative.
Investiamo in Obbligazioni che rendono poco perché sappiamo che ogni tanto le azioni crollano.
Investiamo nel mercato globale e non solo nel Nasdaq 100 perché pochi hanno la capacità di sopportare un tracollo dell’81%, come è davvero successo tra il 2000 e il 2002.
Investiamo per quanto possibile in asset decorrelati perché la cosa più importante per noi investitori non è massimizzare il rendimento in senso assoluto, bensì arrivare vivi (e possibilmente un po’ più ricchi) alla fine del percorso.
Ma questo significa che qualunque portafoglio abbiate, probabilmente nel lungo termine farà peggio di un investimento secco nell’S&P 500.
È vero che anno dopo anno vi mangerete le mani per la parte non investita in azioni che renderà di meno.
Ma la diversificazione è esattamente ciò che vi tiene vivi.
È ciò che non vi porta a dover sopportare una volatilità così estrema che potreste non essere in grado di gestirla, emotivamente in primis.
È ciò che vi permette di rimanere investitori tutta la vita.
Se prendiamo la prospettiva dell’investitore americano — sempre perché ho più dati — investire 10.000 $ nel 1972 nell’S&P 500 o in un portafoglio 60/40 avrebbe prodotto circa 2 punti percentuali di differenza di rendimento medio all’anno.
(10,62% contro 8,62%).
Non è poca cosa, perché lungo questi 52 anni, il risultato finale è uno il doppio dell’altro (oltre 400.000 dollari contro 200.000)
Vista così, nessuno avrebbe dubbi su quale opzione scegliere.
Ma il costo di ottenere quel rendimento astronomico è una volatilità da montagne russe affrontate senza le cinture allacciate.
Il peggior drawdown sarebbe stato di oltre il 50% contro il 30%.
L’anno peggiore avrebbe fatto quasi -40% contro -20%.
E tra l’altro nel marzo del 2009, al punto più basso della grande crisi finanziaria, i due portafogli sarebbero stati più o meno allo stesso punto.
Solo il bull market dei 15 anni successivi avrebbe fatto tutta la differenza.
Hai voglia a sopportare colpi di cuore per decenni, senza che nessuno ti dia mai la garanzia del risultato finale.
L’S&P 500 quest’anno ha fatto, per noi Europei, oltre il 21%.
Il mio portafoglio, che fondamentalmente segue i principi di cui parliamo qui e dunque è fatto soprattutto di ETF azionari e obbligazionari, si è portato a casa un +15%.
(in realtà è stato un po’ meno perché nel corso dell’anno ho continuato ad aggiungere soldi, quindi il rendimento è stato un po’ diluito, però diciamo che se considerassi la performance nominale del mio portafoglio dal 1 gennaio al 31 dicembre 2023 avrebbe fatto circa +15%).
Avrei potuto ottenere di più?
Certo, potevo fare all in sugli Stati Uniti e avrei fatto +21%.
Potevo fare all in sul Nasdaq e avrei fatto il +45%.
Potevo fare all in su un ETF sull’intelligenza artificiale e avrei fatto ancora meglio.
Ma
UNO: e chi cazzo lo sapeva come sarebbe andato il mercato lo scorso gennaio?
DUE: il costo psicologico di avere un portafoglio che in un singolo anno può crollare anche del 50% è difficilmente compensabile dal rendimento a lungo termine.
Oh, non che un portafoglio fatto di azioni e obbligazioni non possa fare -50%.
Ad oggi non mi risulta che sia mai accaduto, ma il fatto che non sia mai accaduto non significa che non potrà mai accadere (bias del sopravvissuto, Vi ricordate?).
Questa cosa della diversificazione non ce l’ha insegnata esattamente il 2023.
Ce l’ha insegnato il corso della storia dei mercati che ha trovato le sue ennesime conferme nel 2023.
Molto meglio quindi un portafoglio diversificato che mi porta un rendimento soddisfacente e mi aiuta a raggiungere gli obbiettivi della mia vita, che un portafoglio concentrato che può darmi sì un maggiore rendimento, ma forse anche delle sberle talmente forti che non sarei in grado di sopportare.
Sì lo so, Warren Buffett dice che la diversificazione è una protezione contro l’ignoranza, perché invece se sai cosa stai facendo non devi diversificare.
Se però stai ascoltando questo podcast e sei convinto di essere come Warren Buffett, temo di doverti dire questa cosa:
“AMICO MIO, FIDATI, NON SEI COME LUI”
E se invece di diversificare provi a concentrare per ottenere rendimenti maggiori e in minor tempo, sicuro che presto o tardi farai qualche cagata di cui ti pentirai per la vita.
Sta sereno.
Non correre e guida con prudenza.
Bene cari amici e care amiche di questo podcast, fine dell’episodio sulle 5 lezioni che il 2023 ci ha consegnato a futura memoria.
Prima di chiudere, lasciatemi ricordare che il 31 gennaio termina la promozione del nostro partner Scalable Capital che regala 25 € a cui sottoscrive un account FREE e 50 € a chi fa invece un piano PRIME o PRIME PLUS o se passa da Free ad uno di questi, a condizione di fare almeno 6 operazioni di investimento da almeno 500 € ciascuna, PAC esclusi, e di mantenere l’account attivo per almeno 6 mesi.
Il link per attivare l’account si trova nella descrizione di questo episodio.
Se non volete invece che io percepisca commissioni da questa sponsorizzazione, non usate il link, andate sul sito di Scalable e il risultato per voi sarà assolutamente identico.
Grazie come sempre invece a tutti voi che mi seguite, mi scrivete su Instagram a Thebull_finace e su LinkedIn e per tutti i commenti che mettete su Spotify e su Apple Podcast. Come sapete abbiamo sempre Elisa True Crime da andare ad acchiappare, quindi vi rinnovo l’invito a mettere segui e attivare le notifiche su Spotify o dove ascoltate il podcast e di lasciare una recensione a 5 stelle per supportarci e permetterci di continuare a produrre contenuti che vi rincoglioniscono parlandovi di risparmio, finanza, investimenti e mercati per 30 minuti ad episodio ma dei quali le cose davvero importanti sono racchiuse in 9 secondi e 80 e se vi perdete questi siete spacciati sempre nuovi.
Per questo episodio invece, è davvero tutto e noi ci rivediamo mercoledì prossimo con il primo recap dell’anno di quel che è successo sui mercati il mese passato, per vedere insieme che aria tira e quali sono le prospettive per questo 2024 anche se naturalmente poi investiremo sbattendocene altamente di tutto sempre qui, naturalmente con The Bull — il tuo podcast di finanza personale.
Bentornati a THE BULL – Il tuo podcast di finanza personale
La storia non si ripete mai uguale, ma molto spesso fa rima con sé stessa.
Questa citazione, attribuita al grande scrittore Mark Twain, fa un po’ schifo detta in Italiano, mentre The history doesn’t repeat itself, but it often rhymes suonerebbe decisamente meglio.
In finanza viene ripresa molto spesso questa frase, che però forse non è stata davvero detta da Mark Twain, così come anche che Einstein avrebbe definito l’interesse composto l’ottava meraviglia del mondo — e anche qui sembra che in realtà il più grande fisico di tutti tempi sta cosa non l’abbia mai detta a nessuno.
Quindi insomma, non sapendo bene a cosa attaccarsi, chi parla di finanza e vuole darsi un tono semi autorevole, tira la giacca a grandi personaggi della letteratura e della scienza e ficca loro in bocca pensieri che questi non hanno mai avuto, pur di supportare qualche tesi.
Comunque sia, è ormai entrata nel colorito linguaggio della finanza quest’idea che ciò che succede sui mercati non si ripeta mai uguale negli anni successivi ma ciononostante ci sarebbero delle ricorrenze, dei pattern, degli schemi abbastanza stabili che attraversano i vari cicli economici con una certa costanza.
Il 2023 è stato un anno decisamente particolare, in cui sono successe cose che hanno spiazzato tutti gli operatori finanziari a qualunque livello.
Un anno così particolare e dai risvolti così inaspettati non si vedeva dal … 2022.
E prima del 2022 l’ultimo anno assurdo dei mercati era stato addirittura il 2021.
Per non parlare di quanto sorprendente sia stato il 2020.
E non sto neanche a dirvi il 2019, 2018, 2017, 2016, 2015.
Si insomma ci siam capiti.
Ogni anno sembra eccezionale agli occhi di chi giorno per giorno monitora ciò che fanno azioni, obbligazioni, materie prime, valute e tutta l’allegra combriccola.
Ma in realtà la finanza è così.
Il regno della più totale incertezza nel breve termine, che però si ripete in modo abbastanza ripetitivo nel lungo termine.
Il problema è che, sapere che nel lungo termine ci saranno più o meno determinati cicli economici, è del tutto inutile per chi deve fare previsioni, dato che queste devono applicarsi nel breve e permettere a chi vuole battere il mercato di prendere decisioni tempestive.
Sapete già, carissimi miei compagni di viaggio, che questa cosa finisce sempre male.
Comunque sia, se è vero che la storia, soprattutto la storia della finanza ,non si ripete mai in modo identico ma spesso mostra delle logiche ricorrenti, diamo un’occhiata nello specchietto retrovisore e mettiamoci in tasca 5 Lezioni che abbiamo imparato dal 2023, senza la pretesa che nessuna di questa possa permetterci di fare previsioni sul futuro ma più umilmente con l’obiettivo di comprendere meglio come funzionano i mercati ed essere quindi più consapevoli nelle nostre decisioni di investimento.
Eh sì perché se siete qui, se avete digerito ben 74 episodi di un podcast di finanza personale — tra l’altro congratulazioni! Premio Nobel honoris causa per la capacità di sopportazione a lungo termine della mia voce — beh, a questo punto arrivati avrete entrambe le mani ed entrambi i piedi dentro i vostri soldi, smaniosi di costruirvi il portafoglio perfetto e arricchirvi il prima possibile per raggiungere quel paradiso chiamato fuck you money e diventare finanziariamente liberi.
Ma se questo è l’obiettivo so anche bene, grazie alle decine di messaggi ogni giorno su instagram a thebull_finance e su LinkedIn, quali sono i turbamenti che agitano i vostri sonni.
Vi vedo lì, a letto, nel cuore della notte, a rivoltarvi sotto le coperte mentre vi chiedete se non abbiate troppi ETF azionari in portafoglio, oppure troppo pochi, se la duration delle vostre obbligazioni sia troppo lunga, oppure se sia troppo corta e via, ogni altro possibile dubbio che vi attanaglia durante le ore più buie e vi preclude l’accesso all’abbraccio ristoratore di Morfeo.
(che poi quest’ultima stronzata vuol dire che avete problemi a dormire…)
E allora per tutti voi, mie buoni amici di questo podcast, mettiamo insieme le 5 cose che ci dobbiamo mettere in saccoccia di questo 2023 per provare ad essere investitori migliori nel 2024.
Piccolo disclaimer.
Come la maggior parte delle cose di questo podcast, anche quest’episodio non è un parto spontaneo della mia riflessione, ma trae ispirazione da contenuti ben più autorevoli — e questa è la vostra assicurazione sulla vita, dato che se ascoltate questo podcast in realtà non vi state affidando alle idee del tutto irrilevanti del suo autore, ma principalmente alle idee di professionisti esperti che questo autore non fa altro che sintetizzare, impacchettare e mettervi a disposizione.
Nella fattispecie quest’episodio trae spunto da un articolo uscito sull’edizione Inglese, o Americana — non ricordo, di Morningstar.
L’articolo originale era 12 lezioni che il mercato ha insegnato agli investitori nel 2023.
Francamente 12 mi sembravano un po’ troppe per l’umana sopportazione di chiunque, oltre al fatto che alcune erano leggermente ridondanti.
Quindi ho fatto un po’ di taglia e cuci ed eccoci qua, pronti con i 5 Take Away fondamentali che il 2023 ci ha consegnato in eredità.
Prima di cominciare, però, permettetemi di ricordarvi, sempre nell’ambito della rubrica “Tengofamiglia”, che il 31 gennaio 2024 termina la promozione del nostro partner Scalable Capital, che vi dà 25 € di bonus se attivate un account gratuito e 50 € se attivate uno dei piani Prime e Prime plus (o se passate dal piano gratuito ad uno di questi), a condizione di fare almeno 6 operazioni di investimento, al di fuori dei piani di accumulo, da almeno 500 € ciascuna e di tenere il paino attivo per almeno 6 mesi.
Vi rammento che con Scalable potete avere piani di accumulo gratuiti e zero costi d’ordine sull’acquisto di ETF di Ishares, Invesco e Xtrackers per importi di almeno 250 € con il piano Free Broker e su tutti gli altri ETF invece con i piani Prime.
Con prime plus avete inoltre il 4% di interessi sulla liquidità depositata sul broker e non investita, senza vincoli e disponibile quando volete.
Vi lascio il link nella descrizione di quest’episodio se volete aprire un account su Scalable e come sempre preciso che usando il link a voi non cambia una cippa ma gli amici di Scalable andranno sul loro bell’home banking, digiteranno il mio IBAN e mi faranno un bonifico con Causale “Verdammt! wir müssen dich auch für die vier Blödsinnigkeiten bezahlen, die du erzha:lst”.
Che in pratica vuol dire che sono contenti di avere voi come clienti ma non di pagare me.
Sennò andate sul sito di Scalable, fate tutto da lì, i vantaggi per voi sono gli stessi ma invece del bonifico Scalable mi manda un vocale su Whatsapp con una pernacchia in tedesco.
Bene.
Allora, 5 lezioni imparate nel 2023.
LEZIONE NUMERO UNO:
Nessuno è bravo a fare previsioni.
Madddai?
La Borsa americana esiste dall’800 e abbiamo dovuto aspettare il 2023 per capire sta cosa?
Ammazza oh se sono sul pezzo quelli di Morningstar.
Ebbene sì, come avevamo già raccontato qualche settimana fa, tutte le previsioni su come sarebbe andato il mercato azionario nel 2023 si sono rivelate sbagliate di un chilometro.
Ma la cosa bella che mette in luce Mornigstar è che sono almeno 6 anni di fila che le previsioni mancano il bersaglio con la stessa costanza con cui la Juve perde le finali di Champions.
Tra l’altro il mercato sembra prendere tutti gli analisi per il culo, perché sentite un po’:
– 2023: previsione +7%, risultato +25% (quindi le previsioni hanno sottostimato il mercato di 18 punti percentuali)
– 2022: previsione +1,5%, risultato -19,4% (quindi previsione sovrastimata di 20 punti)
– 2021: previsione +1%, risultato +27% (quindi sottostimato di 26 punti)
– 2020: previsione +2,7%, risultato +16,3% (sottostimato di 14 punti per non parlare poi delle previsioni corrette al ribasso a Marzo quando è esploso il Covid);
– 2019: previsione +14%, risultato +29% (sottostimato di 15 punti);
– 2018: previsione +7,5%, risultato -6,2% (quindi previsione sovrastimata di quasi 14 punti).
Non sono andato a guardare dal 2017 in giù, ma ho il sospetto che la cantilena sia la stessa.
Insomma non solo non ci prende mai nessuno.
Ma molto spesso le previsioni sbagliano addirittura la direzione del mercato. A volte la previsione è negativa e il mercato chiude in positivo. Altre volte succede il contrario.
In pratica usare complessi algoritmi per prevedere il ritorno anno su anno dell’S&P 500 o tirare i dati ha più o meno la stessa affidabilità.
Una cosa invece che credo abbia un valore predittivo nettamente più affidabile è la statistica.
Da anni sono ormai convinto che la statistica sia la cosa migliore che abbiamo per prevedere il futuro.
È vero, non ci dice mai niente con certezza e quindi non è che possiamo avvantaggiarcene più di quel tanto.
Però sui grandi numeri e sul lungo termine la statistica è una potente chiaroveggente.
Prevedere è assolutamente impossibile, ma vi ricordo quello che ho detto nella prima puntata di questo 2024, ossia che secondo me l’S&P 500 quest’anno chiuderà in positivo di circa il 9%.
Che valore ha questa previsione? Non più dell’oroscopo di Paolo Fox, ma se non altro si basa su dati statistici che hanno oltre 100 anni di storia alle spalle.
In pratica, come spiegato dal mio punto di riferimento assoluto quando si tratta di finanza e dati, ossia Nick Maggiulli e il suo blog ofdollarsanddata, il ritorno medio dell’S&P 500 nell’anno successivo ad un anno di rimbalzo (come è stato il 2023 che ha recuperato e superato le perdite del 22) è di circa l’11%.
E io dico 9% così, sempre a caso, ma giusto per essere un po’ più conservativi.
(vi ricordo inoltre che la stima più favorevole sul 2024 è quella di Goldman Sachs, che vede un po’ più del 7%, ho quindi fatto una via di mezzo).
Potere predittivo di sta cosa zero ma in assenza di altre alternative, piuttosto che stare a impelagarci con valutazioni sui Price Earning ratio, sull’andamento del dollaro, sulla crescita dell’economia, sull’evoluzione delle guerre nel mondo ecc., nel lungo termine forse ha più senso basarsi sull’idea che dati fondamentalmente casuali tendono sempre a regredire verso il loro valori medi.
Ho preso Portfolio Visualizer, il migliore amico di chi vuole fare i backtest dal punto di vista di un investitore americano, e ho provato a misurare il rendimento medio dell’S&P 500 su periodi di 30 anni consecutivi dal 1972 ad oggi (solo perché più indietro non mi faceva andare, ma stiamo comunque parlando di mezzo secolo di dati).
Anche a prendere i periodi peggiori, ossia quelli che hanno come anno terminale momenti terribili come il 2002, il 2008 o il 2022, cmq tutti i risultati medi lungo questi 30 anni convergono tra il 9% e l’11% di rendimento medio annuo.
Poi nei singoli anni può succedere naturalmente di tutto, ma dovendo tirare a indovinare, se la media storica è 10% e la media su blocchi di 30 anni è circa tra 9 e 11, la nostra chance migliore di prenderci è puntare su un rendimento più o meno da quelle parti e sticazzi se tutte le banche d’investimento di mezzo mondo vedono soprattutto nero nel 2024 e suggeriscono di riempirsi di bond perché la recessione prima o poi arriva e l’azionario Americano, che per altro ha raggiunto dei prezzi eccessivamente alti, andrà giù per forza.
Ecco quindi che servita su un piatto d’argento arriva la
LEZIONE NUMERO DUE: non usare il rapporto tra prezzi delle azioni e utili per prendere decisioni con l’obiettivo di battere il mercato (facendo market timing, come si dice).
Il modo più nobile e accreditato a Wall Street per fare previsioni sull’andamento dei mercati azionari è usare il CAPE ratio inventato dal premio Nobel Robert Shiller, ossia il Cyclically Adjusted Price Earning Ratio, che come già accennato in passato è fondamentalmente il rapporto tra il prezzo dell’azione e la media degli utili deli ultimi 10 anni aggiustati per inflazione.
La media storica del CAPE ratio del mercato americano è di circa 17.
In pratica quando il CAPE medio sale troppo sopra la media, i rendimenti dei 10 anni successivi tendono ad essere inferiori.
Viceversa quando il CAPE scende, i rendimenti dei 10 anni successivi tendono ad essere superiori.
Anche qui, regressione verso la media e poco altro, dopo tutto.
Da qui però a usare il CAPE ratio per decidere come investire i nostri soldi nel portafoglio ce ne passa.
A inizio 2021 il CAPE era addirittura a 34 e molti avevano predetto un pessimo anno per l’S&P 500.
Chi avesse dato retta a quel suggerimento si sarebbe perso il +27% di quell’anno.
Questo super risultato ha portato il CAPE ratio addirittura a 38 e in effetti il 2022 è stato un anno negativo (anche se il motivo vero è tutto da ricondurre all’impennata dell’inflazione e alla campagna aggressiva di rialzo dei tassi da parte della Federal Reserve).
Ciononostante, a inizio 2023 abbiamo aperto l’anno con un CAPE ratio di 28, comunque altissimo rispetto alla media — e sappiamo però come è andata.
Al momento siamo intorno a 32, un valore nettamente al di sopra di qualunque media storica.
Questo vuol dire che i prossimi anni saranno meno positivi rispetto all’ultimo astronomico quindicennio del mercato americano? BOH…
Più o meno tutti sono convinti di sì.
Detto questo, la cosa più stupida che uno potrebbe fare in questo momento sarebbe chiudere completamente i propri investimenti sull’S&P 500 e puntare tutto su Europa e Paesi Emergenti, che avendo invece valutazioni molto basse sembrerebbero invece meglio posizionati per dare buoni rendimenti nei prossimi anni.
Sulla carta funziona benissimo, nella realtà è tutto da dimostrare.
Diciamo che, al di là dell’effettiva esposizione geografica, molto farà anche la vostra asset allocation, che in qualche modo tenderà ad adattarsi al contesto storico.
Quando raccontiamo infatti che una regoletta a spanne potrebbe essere “investire in azioni una percentuale del portafoglio uguale a 125 — i miei anni — i tassi della Fed per 5”, l’idea è appunto quella di non sovraesporre il portafoglio al mercato azionario in un momento caratterizzato da tassi alti e viceversa.
Negli ultimi 15 anni le azioni hanno corso alla grande grazie ai tassi bassissimi della Fed, della BCE, della Bank of Japan e così via.
Ma se allora venivamo dal crollo del 2008 e avevamo zero rendimento sul fronte obbligazionario, era assolutamente legittimo sovraesporsi sull’azionario che in effetti ha fatto una straordinaria cavalcata dal baratro della grande crisi finanziaria ai massimi di tutti i tempi appena raggiunti.
Oggi abbiamo invece obbligazioni a lungo termine che rendono facilmente anche il 4-5% e valutazioni azionarie molto alte, almeno in America, quindi avere un po’ meno azioni e un po’ più obbligazioni avrebbe la sua logica.
In breve quindi:
Ok le valutazioni.
Ok il CAPE ratio.
Ok tutto.
Ma tanto investiamo da qui a 20-30-40 anni.
Al netto di un minimo di adattamento in base al contesto dei tassi di interesse, direi che qualunque altra considerazione ulteriore che dovrebbe portarci a prendere decisioni tattiche sul nostro portafoglio, rischia di fare più danni che altro.
Quindi una volta che avete deciso la vostra esposizione azionaria, in realtà non avete maggiori garanzie di rendimento né continuando a puntare sugli Stati uniti né al contrario sovrappesando Europa e Mercati Emergenti.
È vero che il CAPE ratio farebbe pensare a rendimenti futuri inferiori per gli Stati Uniti, ma la correlazione tra questo valore e il rendimento azionario dei 10 anni successivi è 0.4.
Che tradotto significa: non esattamente del tutto a cazzo, ma neanche così tanto precisa.
E qui veniamo, come conseguenza naturale, alla
LEZIONE NUMERO TRE: serve disciplina per mantenere la rotta.
Qual è il punto?
Il punto è che nella misura in cui uno decide di investire in cose diverse da obbligazioni governative con rating tripla A, bisogna mettere in conto che bisognerà sopportare periodi di sottoperformance, se non addirittura fortemente negativi.
Nella storia abbiamo avuto almeno tre periodi durati oltre un decennio in cui l’S&P 500 avrebbe fatto peggio di un banalissimo investimento in titoli di Stato Americani a breve termine (per la precisione tra il 1929 e il 43, tra il 1966 e l’82 e dal 2000 al 2012).
Sopportare 10-12 anni di fila in cui investiamo in azioni, perdiamo soldi e vediamo i titoli di stato a breve termine che ci asfaltano con i loro pur miseri, ma positivi, rendimenti, non è roba per cuori deboli.
Ora, senza arrivare a prendere un investimento 100% azionario, anche un nettamente più conservativo 60/40 per esempio durante il primo decennio di questo millennio avrebbe a malapena tenuto il passo dei bond governativi a breve scadenza, nonostante il maggiore rischio implicito.
Ovvio invece che se guardiamo dal 2000 al 2023, alla fine il 60/40 avrebbe fatto oltre il 6% all’anno di media, contro il 2 e mezzo dei titoli di stato.
(6% ovviamente è un risultato al di sotto della media storica del 60/40 semplicemente perché abbiamo fatto partire il backtest nel 2000, all’apice della bolla delle dot.com subito prima del crollo dei mercati, altrimenti se prendiamo un arco di trent’anni, come dal 94 ad oggi, siamo addirittura sull’8% di media).
Ciò che ci ha insegnato il 2023, ancora una volta, è che mantenere la barra dritta, anche dopo un 2022 devastante, statisticamente rappresenta la decisione migliore che uno possa prendere.
Questo anche perché i mercati hanno, come dire, dei meccanismi di auto-guarigione, tali per cui le crisi sono sempre state seguite, almeno sino ad oggi, da periodi di grande crescita, fosse anche solo perché fa parte della nostra natura innata e dello spirito competitivo dell’uomo, perlomeno dell’uomo occidentale, di ricercare continuamente la crescita, il miglioramento, l’innovazione e, non ultimo, sempre maggiori guadagni.
L’avidità è ciò che crea le bolle e porta alle crisi.
Ma è anche ciò che spinge l’economia tutta a rimettersi in moto e a riprendere il suo naturale corso di crescita.
Di qui dobbiamo capire due cose:
UNO: nella maggior parte dei casi è meglio evitare decisioni “tattiche” basate su valutazioni del momento e ricordiamoci il corso di lungo termine dei mercati, che di solito vede lunghi e sostenuti periodi di crescita in particolare dopo dei tonfi importanti. Quindi è soprattutto quando si attraversano periodi difficili, per quanto interminabili, che non ci si deve far prendere dal panico, perdere la testa e disinvestire.
DUE: vale anche la cosa inversa. Quando le cose vanno particolarmente bene, attenzione perché è un attimo che subentra la tentazione di cedere all’overconfidence e aumentare in maniera eccessiva il livello di rischio del nostro portafoglio.
Oggi siamo ai massimi di tutti i tempi.
L’S&P ha sfondato i 4.900 punti.
Il Nasdaq 100 è già su del 5,5% da inizio anno, dopo aver fatto quasi il +50% l’anno scorso.
L’Europa è su (la borsa di Parigi venerdì scorso è crescita in un solo giorno di oltre il 3% grazie ai dati positivi di LVMH) e pure il Giappone sta continuando la sua corsa come un pazzo.
La tentazione qui è di metterci tutti in modalità “risk-on” e spingere sull’acceleratore del rischio, convinti che sia il momento di cavalcare l’onda e ottenere rendimenti maggiori più velocemente.
Magari sì, ma ricordatevi che il buon Warrenn Buffett ha sempre suggerito di essere avidi quando gli altri hanno paura e timorosi quando gli altri sono avidi.
Quindi la disciplina che serve quando si investe è duplice.
Bisogna avere coraggio e mantenere calma e lucidità quando le cose vanno male e allo stesso tempo bisogna avere prudenza e resistere alle tentazioni di assumersi troppo rischio quando le cose vanno bene.
Eh vi vedo tutti quanti lì che state rimpolpando i vostri portafogli comprando Nasdaq a manetta o ETF sulle società Growth, sull’intelligenza artificiale, su Information Technology e così via.
Per non parlare poi di qualcuno che mi ha chiesto cosa ne pensi dell’idea di prendere soldi in prestito per investire.
Spoiler alert: ne penso tutto il male possibile e immaginabile.
Tra l’altro faremo presto un episodio dedicato al tema della leva, ma se in questo momento in cui tutto sta andando su vi stesse per caso venendo quest’idea brillante, ecco, qui mi sento di poter dare una precisa raccomandazione di investimento: LASCIATE PERDERE.
Leva a parte, il discorso comunque è: attenzione a non farvi prendere la mano nei momenti di grande euforia sui mercati.
C’è un detto a Wall Street secondo il quale noi scopriamo veramente che tipo di investitore siamo solo durante i bear market, ossia durante le fasi negative dei mercati.
E i bear market sono il posto peggiore del mondo per fare questa scoperta.
Se ve lo chiedessi oggi, tutti voi mi direste “ma sì, io sono tollerante al rischio, se il portafoglio fa -30% chissene, continuo a comprare”.
Ecco quando poi succede davvero, sappiate che potreste scoprire di essere meno zen di quel che pensate.
Soprattutto perché a volte questi periodi durano anni e tenere botta per anni mentre tutti quelli intorno a voi vi prendono per il culo perché sanno che state perdendo soldi (o comunque perdendo virtualmente, dato che finché non liquidate non avete perso niente), ecco scoprire lì che non avete il sangue freddo per sopportare sta roba non è il massimo.
Quindi, no panic nei momenti difficili, ma pure non trasformatevi in piccoli Wolf of Wall Street in momenti come questo, perché questi momenti sono proprio quelli in cui ci si fa del male esagerando nell’assunzione di rischio.
Sta cosa comunque del non farsi prendere dal panico, ma anche più semplicemente di non cercare di fare operazioni a breve termine nel tentativo di anticipare il mercato, ci porta direttamente alla
QUARTA LEZIONE del 2023, ossia: La maggior parte dei guadagni arriva durante periodi molto brevi.
Provare a anticipare un cambio di direzione del mercato.
Prendere decisioni sulla base di eventi che stanno accadendo nel mondo.
Modificare la struttura del proprio portafoglio convinti di ottenere così risultati migliori.
Beh
Queste sono alcune delle cose che di solito avranno ripercussioni negative sui vostri rendimenti.
Il motivo principale?
Eh, il motivo è che la corsa dei mercati non è una maratona, né una marcia costante e lineare.
E’ piuttosto come i 100 metri.
Il clamoroso oro olimpico nei 100 metri piani del nostro Marcel Jacobs nel 2021 non è stata una progressiva corsa verso il traguardo.
Jacobs è arrivato con calma allo stadio a Tokyo. Lentamente si è posizionato ai blocchi. È rimasto fermo e impassibile mentre c’è stata la prima falsa partenza.
È scattato quando ha sentito lo sparo.
E pochi istanti che sembravano durare un vita è letteralmente esploso facendo questo:
In questi 9 secondi e 80 centesimi, Jacobs ha concretizzato la preparazione sportiva e psicologica di una vita intera e ha consegnato il suo nome all’imperitura leggenda delle medaglie d’oro olimpiche nella disciplina più importante di tutta l’atletica leggera.
Aver fallito quei 9 secondi e ottanta avrebbe reso tutto il resto della sua vita agonistica fondamentalmente irrilevante.
I mercati funzionano un po’ così.
Dal 1927 al 2023, ossia lungo un periodo di 1164 mesi, l’S&P 500 ha reso circa il 10% all’anno di media.
Ma sapete quanto avrebbe reso l’S&P 500 se da questi 97 anni togliessimo i 97 mesi con i ritorni maggiori?
Lo 0,01% in media ogni anno.
Tradotto: NIENTE!
Perdersi appena l’8% dei mesi più performanti dell’S&P 500 avrebbe pregiudicato tutto il restante 92% della sua gloriosa storia.
Come se Marcel Jacobs si fosse perso quei 9 secondi e 80 centesimi che hanno cambiato per sempre la sua vita e l’intera storia dell’atletica leggera italiana.
E il 2023 ci ha insegnato ancora una volta questa cosa.
Vi ricordate come è andata?
Arrivati a ottobre l’S&P 500 aveva realizzato, da inizio anno, il 10,6% di crescita.
Negli ultimi due mesi avrebbe poi fatto oltre il 14%.
In pratica più di metà del risultato dell’anno scorso è stato realizzato negli ultimi 2 mesi.
Chi dopo il picco di Luglio ha visto precipitare i mercati da Agosto a fine Ottobre e si è convinto che sarebbe stato meglio liquidare la parte azionaria del portafoglio per virare su quella obbligazionaria, che come ricorderete a ottobre aveva toccato il suo picco con i rendimenti dei Treasury decennali americani oltre il 5% – beh — si sarebbe perso oltre metà della super performance che l’S&P 500 ci ha regalato l’anno scorso.
E non è stata un’anomalia.
È sempre andata così.
Perdersi i pochi giorni buoni che ogni anno il mercato regala, significa bruciarsi il grosso del rendimento.
Certo, è vero anche il contrario.
Se riuscissi a dribblare i pochi giorni catastrofici in cui le borse crollano a picco, potrei battere il mercato con una distanza spettacolare.
Il problema è che l’unico modo per essere sicuri di saltarsi i giorni peggiori è non investire in azioni…
Sarebbe bello ma, too bad, non è possibile, mi spiace.
Se volete i rendimenti del mercato azionario vi dovete beccare pure gli schiaffi.
No pain, no gain come si dice.
Tra l’altro fate un favore a voi stessi.
Meno guardate quello che fanno i mercati, meglio vivete.
Io per ovvi motivi li guardo tutti giorni, ma dato che monitorarli non mi dà alcun vantaggio competitivo visto che poi continuo a investire più o meno allo stesso modo, è decisamente più la sofferenza psicologica che altro.
QUINTA E ULTIMA LEZIONE DEL 2023: La diversificazione funziona sempre!
Vi ricordate quando nell’episodio 66 dicevamo che il miglior portafoglio non è il miglior portafoglio?
Per chi se lo fosse perso, allora raccontavamo che il portafoglio ideale, quello che dovrebbe garantire i migliori rendimenti in assoluto, in realtà non è mai il portafoglio migliore per noi, ossia quello che massimizza il ritorno atteso a fronte di un certo livello di rischio che siamo disposti ad accollarci.
La diversificazione ha un prezzo.
Il prezzo è che ci sarà sempre qualche pezzo del portafoglio, che è li a fare da contrappeso quando qualcosa va nella direzione sbagliata, che avrà performance mediocri o negative.
Investiamo in Obbligazioni che rendono poco perché sappiamo che ogni tanto le azioni crollano.
Investiamo nel mercato globale e non solo nel Nasdaq 100 perché pochi hanno la capacità di sopportare un tracollo dell’81%, come è davvero successo tra il 2000 e il 2002.
Investiamo per quanto possibile in asset decorrelati perché la cosa più importante per noi investitori non è massimizzare il rendimento in senso assoluto, bensì arrivare vivi (e possibilmente un po’ più ricchi) alla fine del percorso.
Ma questo significa che qualunque portafoglio abbiate, probabilmente nel lungo termine farà peggio di un investimento secco nell’S&P 500.
È vero che anno dopo anno vi mangerete le mani per la parte non investita in azioni che renderà di meno.
Ma la diversificazione è esattamente ciò che vi tiene vivi.
È ciò che non vi porta a dover sopportare una volatilità così estrema che potreste non essere in grado di gestirla, emotivamente in primis.
È ciò che vi permette di rimanere investitori tutta la vita.
Se prendiamo la prospettiva dell’investitore americano — sempre perché ho più dati — investire 10.000 $ nel 1972 nell’S&P 500 o in un portafoglio 60/40 avrebbe prodotto circa 2 punti percentuali di differenza di rendimento medio all’anno.
(10,62% contro 8,62%).
Non è poca cosa, perché lungo questi 52 anni, il risultato finale è uno il doppio dell’altro (oltre 400.000 dollari contro 200.000)
Vista così, nessuno avrebbe dubbi su quale opzione scegliere.
Ma il costo di ottenere quel rendimento astronomico è una volatilità da montagne russe affrontate senza le cinture allacciate.
Il peggior drawdown sarebbe stato di oltre il 50% contro il 30%.
L’anno peggiore avrebbe fatto quasi -40% contro -20%.
E tra l’altro nel marzo del 2009, al punto più basso della grande crisi finanziaria, i due portafogli sarebbero stati più o meno allo stesso punto.
Solo il bull market dei 15 anni successivi avrebbe fatto tutta la differenza.
Hai voglia a sopportare colpi di cuore per decenni, senza che nessuno ti dia mai la garanzia del risultato finale.
L’S&P 500 quest’anno ha fatto, per noi Europei, oltre il 21%.
Il mio portafoglio, che fondamentalmente segue i principi di cui parliamo qui e dunque è fatto soprattutto di ETF azionari e obbligazionari, si è portato a casa un +15%.
(in realtà è stato un po’ meno perché nel corso dell’anno ho continuato ad aggiungere soldi, quindi il rendimento è stato un po’ diluito, però diciamo che se considerassi la performance nominale del mio portafoglio dal 1 gennaio al 31 dicembre 2023 avrebbe fatto circa +15%).
Avrei potuto ottenere di più?
Certo, potevo fare all in sugli Stati Uniti e avrei fatto +21%.
Potevo fare all in sul Nasdaq e avrei fatto il +45%.
Potevo fare all in su un ETF sull’intelligenza artificiale e avrei fatto ancora meglio.
Ma
UNO: e chi cazzo lo sapeva come sarebbe andato il mercato lo scorso gennaio?
DUE: il costo psicologico di avere un portafoglio che in un singolo anno può crollare anche del 50% è difficilmente compensabile dal rendimento a lungo termine.
Oh, non che un portafoglio fatto di azioni e obbligazioni non possa fare -50%.
Ad oggi non mi risulta che sia mai accaduto, ma il fatto che non sia mai accaduto non significa che non potrà mai accadere (bias del sopravvissuto, Vi ricordate?).
Questa cosa della diversificazione non ce l’ha insegnata esattamente il 2023.
Ce l’ha insegnato il corso della storia dei mercati che ha trovato le sue ennesime conferme nel 2023.
Molto meglio quindi un portafoglio diversificato che mi porta un rendimento soddisfacente e mi aiuta a raggiungere gli obbiettivi della mia vita, che un portafoglio concentrato che può darmi sì un maggiore rendimento, ma forse anche delle sberle talmente forti che non sarei in grado di sopportare.
Sì lo so, Warren Buffett dice che la diversificazione è una protezione contro l’ignoranza, perché invece se sai cosa stai facendo non devi diversificare.
Se però stai ascoltando questo podcast e sei convinto di essere come Warren Buffett, temo di doverti dire questa cosa:
“AMICO MIO, FIDATI, NON SEI COME LUI”
E se invece di diversificare provi a concentrare per ottenere rendimenti maggiori e in minor tempo, sicuro che presto o tardi farai qualche cagata di cui ti pentirai per la vita.
Sta sereno.
Non correre e guida con prudenza.
Bene cari amici e care amiche di questo podcast, fine dell’episodio sulle 5 lezioni che il 2023 ci ha consegnato a futura memoria.
Prima di chiudere, lasciatemi ricordare che il 31 gennaio termina la promozione del nostro partner Scalable Capital che regala 25 € a cui sottoscrive un account FREE e 50 € a chi fa invece un piano PRIME o PRIME PLUS o se passa da Free ad uno di questi, a condizione di fare almeno 6 operazioni di investimento da almeno 500 € ciascuna, PAC esclusi, e di mantenere l’account attivo per almeno 6 mesi.
Il link per attivare l’account si trova nella descrizione di questo episodio.
Se non volete invece che io percepisca commissioni da questa sponsorizzazione, non usate il link, andate sul sito di Scalable e il risultato per voi sarà assolutamente identico.
Grazie come sempre invece a tutti voi che mi seguite, mi scrivete su Instagram a Thebull_finace e su LinkedIn e per tutti i commenti che mettete su Spotify e su Apple Podcast. Come sapete abbiamo sempre Elisa True Crime da andare ad acchiappare, quindi vi rinnovo l’invito a mettere segui e attivare le notifiche su Spotify o dove ascoltate il podcast e di lasciare una recensione a 5 stelle per supportarci e permetterci di continuare a produrre contenuti che vi rincoglioniscono parlandovi di risparmio, finanza, investimenti e mercati per 30 minuti ad episodio ma dei quali le cose davvero importanti sono racchiuse in 9 secondi e 80 e se vi perdete questi siete spacciati sempre nuovi.
Per questo episodio invece, è davvero tutto e noi ci rivediamo mercoledì prossimo con il primo recap dell’anno di quel che è successo sui mercati il mese passato, per vedere insieme che aria tira e quali sono le prospettive per questo 2024 anche se naturalmente poi investiremo sbattendocene altamente di tutto sempre qui, naturalmente con The Bull — il tuo podcast di finanza personale.
Recensioni
Quando capisci come funziona la finanza… ti viene voglia di raccontarla!
Da quando l'ho scoperto in 15 gg mi sono ascoltato 150 puntate senza fermarmi, ho annullato gli altri podcast per portarmi alla pari ed ascoltare tutte le precedenti puntate, ben fatto, esattamente il livello di informazione che mi serviva
Gianluca G., 11 Set 2025Veramente interessante, chiaro e conciso. Cambia la vita finanziaria di chiunque.. da ascoltare assolutamente anche per chi di finanza non vuole occuparsi mai
Francesca B., 6 Apr 2024Podcast piacevole, scorre veloce ma in modo estremamente chiaro, spiega i concetti chiave per gestire le proprie finanze, fornendo la classica cassetta degli attrezzi. Complimenti, davvero ben fatto!
Massimiliano, 29 Mag 2024Riccardo mi ha letteralmente cambiato la vita e fatto scoprire che amo la finanza, ho ascoltato il podcast già due volte e non mi stufo mai di ascoltarlo, parla in modo semplice e chiaro
Massimo D., 23 Set 2025Dovrebbero ascoltarlo buona parte degli italiani e io avrei dovuto scoprirlo con qualche anno in anticipo ma meglio tardi che mai
Matteo C., 3 Set 2025Non sono solito a mettere recensioni e specialmente non ascolto podcast, ma da quando ho iniziato questo, faccio fatica a staccarmi, e quasi non posso più fare a meno di ascoltare e arricchirmi culturalmente.
Andrea V., 22 Set 2025Podcast che dà sempre spunti interessanti che personalmente mi ha fatto appassionare alla finanza personale spingendomi ad approfondire in prima persona.
Lorenzo, 13 Mar 2025Veramente veramente raccomandato! la finanza personale riassunta alla perfezione! e spiegata partendo dall'ABC! Ottimo anche da ascoltare a velocita 1,5x!
Giorgia R., 23 Gen 2025Ho seguito tutte le puntate! Grazie veramente
Amalia A., 17 Set 2025