Come aumentare il rendimento del portafoglio? Leggi più libri e solleva più pesi

Imparare a costruire un portafoglio di investimenti diversificato e coerente è fondamentale. Ma il portafoglio è solo un pilastro della nostra ricchezza futura. Gli altri due sono il nostro capitale umano e la nostra salute. Entrambi hanno un ruolo preciso e quantificabile nell'asset allocation del portafoglio.

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Come aumentare il rendimento del portafoglio? Leggi più libri e solleva più pesi
The Bull - Il tuo podcast di finanza personale

246. Come aumentare il rendimento del portafoglio? Leggi più libri e solleva più pesi

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Risorse

Punti Chiave

L'asset allocation olistica integra capitale umano (redditi futuri) e salute.

Il rischio del capitale umano (bond/equity-like) modula la quota azionaria del portafoglio.

Salute e apprendimento (più libri/pesi) aumentano capitale umano e risk-capacity.

Trascrizione Episodio

Bentornati a The Bull, il tuo podcast di finanza personale.

Mi fa un po’ strano registrare questo nuovo episodio audio, dato che da lunedì molti hanno cominciato a vedere anche i primi 10 video che ho pubblicato su YouTube, dedicati ad un recap dei concetti di base e — diciamoci la verità — anche un po’ più che base, visto che per essere un mini corso sull’ABC della finanza personale abbiamo scomodato Markowitz, Sharpe, Fama e una discreta quantità di paper accademici.

Però la verità è che mentre scrivevo episodi potenzialmente per persone non ancora iniziate a questo mondo io avevo in mente voi: l’ascoltatore medio di The Bull che ormai mangia pane e portafogli per colazione e per cui investire in un fattoriale o in un high-yield è diventato più naturale che fare la spesa.

Come vi dicevo nell’ultimo episodio questi saranno un paio di mesi di transizione.

Andremo avanti con i nostri consueti appuntamenti audio mentre pubblicheremo 20-25 episodi video on top alla normale programmazione, a blocchi di due settimane.

Da quel punto in poi — o forse un po’ prima se riesco — TUTTO diventerà video.

E un episodio come quello di oggi dovrebbe assolutamente essere video.

Ciononostante ho deciso di farlo lo stesso perché anche se il titolo sembra un po’ scemo, come il suo autore del resto, si tratta in realtà di introdurre un framework nuovo nel nostro lungo viaggio.

Parlare di finanza in senso stretto in primis era necessario — e continueremo a farlo finché avrò voce, o meglio: finché avrò ascoltatori.

Ma era necessario perché era la roba più lontana dall’esperienza quotidiana e perché c’è una svagonata di roba tecnica da spiegare per capire come si investe senza fare le cose alla cazzo.

Oggi abbiamo fatto qualche bel passo avanti su tutto questo.

Potremmo ulteriormente complicarci la vita andando più nel dettaglio su un sacco di cose — e diamine se lo faremo — ma parallelamente c’è un filone di ragionamenti che voglio introdurre oggi e che avrà poi la sua piena espressione nei prossimi mesi, quando anche la transizione finale al video sarà compiuta.

Disclaimer: questo sarà un episodio imperfetto — o meglio: più imperfetto degli altri, perché poi di perfetto non ho mai fatto una cippa di niente.

Questo è più imperfetto per due motivi:

– Primo: perché ci sono tante cose che vorrei farvi vedere, ma per questo devo aspettare un attimo. Oggi le accenno, ma non mi metto a fare troppi calcoli o ragionamenti troppo arzigogolati perché un’immagine sarà magari più efficace di mille parole — alcune cose, dunque: le lascerò sullo sfondo;

– Il secondo motivo è che sto io stesso sviluppando i dettagli di questo framework e i vostri feedback sono preziosi.
C’è già una vasta letteratura sull’argomento, ma se possibile le cose di cui andremo a parlare sono ancora più soggettive, ancora più legate ad uno specifico contesto come il nostro Paese e le nostre caratteristiche come italiani, di conseguenza tutta la bibiliografia americana che di solito è molto utile per la finanza dura e pura, qui sarà utile, ma con mille asterischi. La nostra esperienza bottom-up, invece, potrebbe essere più efficace per costruire un modello che funzioni per noi Italiani — e non per John Doe del Missouri.

“Stringi!!!”

Ci sono, ci sono, premessa finita, veniamo al dunque.

Il discorso è un po’ questo, mettiamola così: finora ci siamo fatti mille ragionamenti su come costruire il portafoglio più adatto noi, no?

– Tolleranza al rischio

– Capacità di prendersi rischi

– Necessità di prendersi rischi e, per chi non vuole un portafoglio statico,

– Adattamento dell’asset allocation in base ai rendimenti attesi a partire dai rendimenti impliciti attuali in particolare dei mercati azionari.

Questa è l’idea no?

E questo resta il cuore.

Ora però bisogna fare zoom-out.

Ciò bisogna allargare lo sguardo e capire che ciò di cui abbiamo parlato per 245 episodi era … diciamo … solo un terzo della questione.

La cattiva notizia dunque è che tutto il discorso che abbiamo fatto sino ad ora, e che naturalmente sta in piedi anche da solo eh? Tranquilli … dicevo che tutto quel discorso comunque sarebbe meglio che si appoggiasse agli altri due “pilatri” se vogliamo chiamarli così.

La buona notizia è che gli altri due pilatri sono molto più semplici da comprendere, quindi non servirà spendere 245 episodi a testa per capirli. Probabilmente sappiamo già il grosso di quello che serve sapere.

Quello che invece dovremo fare è cercare gradualmente di capire come inserirli in un discorso olistico, in cui anche questi due elementi concorrono a comporre il modello complessivo di asset allocation che adotterà ciascuno di noi nella propria vita ed esperienza personale.

Questi due elementi — che andranno a modellare l’asset allocation del portafoglio — sono il nostro CAPITALE UMANO e la nostra SALUTE.

Di qui si capisce la cretinata del titolo: leggi più libri, solleva più pesi.

Andiamo con ordine però.

Allora, la teoria finanziaria nasce con un’idea piuttosto astratta, ossia quella di identificare il portafoglio più efficiente per un investitore in termini di rapporto tra rendimento atteso e rischio.

Sappiamo bene a che soluzioni siamo arrivati:

– La MPT introduce il concetto di Mean-Variance, ottimizzazione media-varianza: il portafoglio efficiente è quella combinazione di asset con il miglior sharpe ratio;

– Il CAPM poi arriva a dire: il miglior portafoglio in termini di rischio/rendimento è il market portfolio, quindi l’investitore dovrebbe detenere quello e poi se vuole meno rischio si tiene una parte del capitale in cash, altrimenti se vuole più rischio prende soldi in prestito e investe a leva.

Poi il problema è che il market portfolio non esiste, perché non esiste un portafoglio che contiene tutti gli asset investibili, compresi quelli non quotati e quelli intangibili.

Però ad esempio il portafoglio 60/40 è diventato molto famoso perché per 40 anni è stato una buona approssimazione di un portafoglio con uno sharpe ratio più elevato di un portafoglio fatto di sole azioni e da lì si sono sviluppate teorie sul fatto che se uno è disposto a prendersi il rischio di un portafoglio 100% azionario non dovrebbe investire 100% in azioni, ma usare la leva su un 60/40 per portarlo allo stesso livello di rischio.

L’esperienza ci insegna che in media questo avrebbe un rendimento maggiore.

Se uno non vuole la leva, invece, può considerare altri accorgimenti per alzare il rischio e il rendimento del portafoglio, mantenendo però una combinazione efficiente e usare i fattori per esempio è un’idea che va in quella direzione.

PERO’
PERO’

PERO’

Un conto è capire qual è l’asset allocation di un portafoglio astratto, centrato in un certo momento x.

Un altro conto è capire qual è l’asset allocation di un portafoglio concreto, inserito all’interno di una pianificazione finanziaria e di vita che comprende anche altre cose.

In altre parole: un conto è ottimizzare l’efficienza del portafoglio in una dimensione atemporale, l’altro è definire quale sia il portafoglio ottimale per un investitore di lungo termine che ha l’obiettivo di consumare quel portafoglio, quindi è interessato principalmente alla creazione di una ricchezza sostenibile che nel tempo che sostenga i suoi obiettivi di vit.a

Ogni tanto abbiamo accennato al fatto che il nostro portafoglio non è fatto SOLO dei nostri ETF o altri asset quotati in cui abbiamo investito.

Ma è fatto anche di tutti gli altri asset (e di tutte le nostre liabities, cioè debiti presenti e futuri) che incidono sulla nostra capacità di generare ricchezza nel tempo.

Nel 1992, Robert Merton, William Samuelson e Zvi Bodie pubblicarono un paper seminale dal titolo *Labor Supply Flexibility and Portfolio Choice in a Life-Cycle Model* in cui in pratica espressero l’intuizione che il capitale umano — cioè il valore attuale di tutti i redditi futuri da lavoro — è un asset a tutti gli effetti che deve rientrare nei ragionamenti di asset allocation.

Cosa significa? Significa che quando si tratta di decidere qual è il portafoglio ottimale per te, il valore presente del flusso di redditi futuri che deriva dal tuo capitale umano è una variabile estremamente rilevante con un impatto sull’asset allocation.

Però deve farlo in una maniera del tutto particolare perché si tratta di qualcosa che ovviamente non puoi vendere né lo puoi scambiare, ma senza ombra di dubbio è determinato dagli stessi due fattori che contraddistinguono ogni altro asset investibile: rischio e rendimento.

Cosa vuol dire che il capitale umano è il valore attuale dei redditi futuri?

Allora questa è proprio una di quelle cose che si capirà meglio quando la faremo vedere, però adesso restiamo solo a livello intuitivo, che tanto basta per un episodio introduttivo.

Abbiamo detto un miliardo di volte che il valore presente di un asset, almeno per la finanza tradizionale, e il valore scontato dei flussi di cassa futuri.

Quindi:

– Se io posso prevedere i flussi di cassa futuri (in questo caso: i miei redditi da lavoro) e

– Se posso stimare un tasso di sconto adeguato

Allora ho il valore presente del mio capitale umano, cioè quanto vale oggi il flusso di redditi che percepirò da qui al momento X, che tendenzialmente sarà quando vado in pensione.

E chi frega di fare sta roba mi chiederete?

Adesso ci arrivo, datemi un secondo.

Con i bond lo sappiamo come funziona no?

Il tasso di sconto dei bond è lo YTM, cioè il tasso senza rischio più il rischio specifico per il tipo di bond: duration, credit spread e via dicendo.

Se compro un BTP decennale a 100 che rende 3,5% o quel che l’è, 3,5% è il tasso a cui sconto i flussi di cassi dei prossimi 10 anni, quindi cedole e rimborso finale. La somma dei valori scontati di quei flussi di cassa farà il prezzo di acquisto del bond oggi, 100 in questo caso.

Con le azioni il concetto è lo stesso ma è un po’ più complicato perché utili, dividendi e buyback futuri sono difficili da prevedere e perché come sappiamo il tasso di sconto, cioè il rendimento atteso dagli investitori, varia nelle diverse fasi dei cicli economici e in base a quanto FOMO o loss aversion hanno gli investitori stessi.

Il rendimento atteso di lungo termine dell’MSCI ACWI è intorno all’8%. L’S&P 500 intorno a 10%.

Però questo numero come sappiamo è un medione dei medioni.

Proprio lunedì il Wall Street Journal ha pubblicato un editoriale dal titolo: “le azioni sono ora più care (pricier) che durante la dot-com bubble”.

In realtà sono più care se guardi il rapporto tra prezzo e fatturato, il price to sales ratio, che oggi è sopra 3 volte e passa, un numero effettivamente abnorme.

Ma è anche vero che oggi gli utili sono molto più elevati.

E infatti il rapporto prezzo utili non è al record.

Comunque poco ci manca.

Quando si è in fasi di mercato così euforiche, con prezzi così alti e dividendi così bassi, i rendimenti attesi futuri sono inferiori, quindi il tasso di sconto OGGI non può ragionevolmente essere quello medio.

Un’ipotesi realistica è che un portafoglio 50% Stati Uniti e 50% resto del mondo abbia un rendimento atteso nominale intorno al 7%.

Questo già sarebbe un tasso di sconto più sensato.

Come assunzione semplificativa possiamo dire che il tasso di sconto del nostro capitale umano si muoverà in un range compreso tra quello di un titolo di Stato senza rischio e quello di un portafoglio azionario globalmente diversificato.

Diciamo tra 3% e 7%.

Però qui sta lo snodo fondamentale del ragionamento.

La domanda che bisogna porsi è: il mio capitale umano, cioè la mia capacità di generare reddito nel tempo, è più BOND-LIKE o EQUITY-LIKE?

Cioè, detta in un altro modo: il mio capitale umano è:

– Stabile e prevedibile, ma senza particolari aspettative di crescita esponenziale, oppure

– Instabile e imprevedibile, ma con un payoff potenzialmente illimitato?

Io per 14 anni della mia vita ho avuto un tipo di lavoro praticamente bond-like, in particolare negli ultimi 8, quando lavoravo per Michael Page.

Ero un dipendente a tempo indeterminato, la società è una cassaforte, il lavoro era sì molto impegnativo ma il rischio di perderlo è sempre stato piuttosto basso.

Avevo il mio stipendio fisso, bonus, macchina e un percorso di carriera con regole oggettive per accedere alle varie promozioni, come spesso accade nelle società di consulenza.

Un bond corporate investment grade, praticamente, con i suoi bei flussi di cassa mensili piuttosto prevedibili.

Oggi… beh… oggi faccio il podcaster, che vi devo dire.

Assolutamente EQUITY-LIKE.

Poi va beh, ho lasciato che il podcast era già diventato piuttosto seguito; quindi, non è che proprio mi sono dato all’avventura, però ovviamente un’esperienza imprenditoriale è diversa da una da dipendente e ha dei rischi in un ordine di grandezza completamente diverso.

Quindi la prima cosa da fare è capire se il mio lavoro, la mia fonte di reddito presente e futura, è più un bond o un’azione.

La seconda cosa è capire che correlazione ha con il mercato azionario in cui investo e soprattutto con l’economia di cui faccio parte.

Cioè devo chiedermi: se l’economia va a pu**ane e i mercati crollano, il mio lavoro come la vive?

E qui è sottile, perché paradossalmente se prendo il mio caso personale direi che il ragionamento si inverte.

Nel mio lavoro precedente facevo l’head hunter, no, quindi mi occupavo di selezionare manager o professionisti di alto profilo per delle società –in particolare seguivo società nel mondo media e digital.

In generale il settore della ricerca e selezione del personale è ciclico, perché ovviamente è correlato alla crescita dell’economia e quindi alle assunzioni. È difficile che le assunzioni crescano mentre l’economia va a rotoli.

Non dimenticherò mai il boom incredibile che abbiamo vissuto nel 2021-inizio 2022, quando dopo il covid tutti si sono messi ad assumere come se non ci fosse un domani.

Allo stesso modo ricordo altrettanto bene la paralisi nella prima metà del 2020, durante il covid, o in altri periodi negativi come il 2012 o il 2015.

Il mio lavoro da dipendente era sì bond-like, ma con due limiti:

– Era perfettamente correlato al ciclo economico e questo aveva due svantaggi:

– Se il mercato andava male la parte variabile del mio stipendio diventava zero e

– Se il mercato andava molto male, allora qui sì che potevo addirittura rischiare il posto, perché la cassa di una società non è infinita — anche se neache durante il Covid eravamo andati vicino a quella situazione;

– L’altro limite è che non era scalabile e diversificabile. Se il mercato del lavoro della Lombardia, quello che seguivo, andava in crisi non è che potevo seguire il mercato norvegese o quello australiano. Esattamente come un BTP, il mio era un lavoro sicuro tranne che nella possibilità che l’economia italiana crollasse male male e in maniera permanente. Inoltre aveva un upside limitato. Certo, il mio stipendio era buono, anche in rapporto alla media di Milano. C’era una componente variabile potenzialmente illimitata. Ma come tutti i lavori da dipendenti aveva dei limiti.

Anche qui, come sempre, rischio e rendimento. Il costo della sicurezza relativa di un lavoro solido è come in un ETF con il buffer: il tuo guadagno massimo ha un cap, non puoi ambire ad un guadagno infinito.

un imprenditore invece, in linea teorica almeno, si prende invece un rischio molto elevato per un guadagno potenzialmente infinito.

Al contrario il mio lavoro attuale è sì equity-like, ma ha dei vantaggi:

– Non è necessariamente collegato al ciclo economico. Ok se i miei ascoltatori lavorano, guadagnano e prosperano siamo tutti felici e arrivano più sponsor che investono in pubblicità. Ma non è detto che se c’è una crisi la gente smette di ascoltare i podcast di finanza. È un business solo parzialmente ciclico.

– Poi è un business snello. Non ho costi fissi particolari, come ce li ha un’azienda di decine di migliaia di dipendenti. È più facilmente adattabile.

– Infine è un business intellettuale. L’asset principale del mio attuare lavoro è racchiuso dentro il mio cranio. Non è tassabile. Non è espropriabile. È potenzialmente illimitato.

Se un’azienda produce macchinari per il packaging non è che il mese dopo può mettersi a fare consulenza IT o servizi di ristorazione. Può migliorare i prodotti e cercare nuovi mercati, ma nel breve termine l’adattabilità è limitata.

Il mio lavoro ha certamente dei rischi ma anche qualche margine di flessibilità che permette di adattare abbastanza velocemente il business model.

Resta comunque più rischioso, però oggi, se devo dirla tutta, non vedo il mio lavoro come EQUITY LIKE ma più — passatemi il termine — HIGH YIELD LIKE, una via di mezzo tra obbligazioni e azioni, anche perché poi non sono da solo, c’è anche mia moglie, che invece ha un lavoro a tempo indeterminato rock-solid.

Quanto rendono oggi le obbligazioni high-yield, 5%? Benissimo, sia 5% il tasso a cui sconto il reddito futuro derivante dal mio capitale umano.

E ciascuno può e deve fare questo ragionamento in proprio.

Se un nucleo famigliare ha un capitale umano stabile e solido lo consideri una sorta di asset obbligazionario, invece se uno è monoreddito e ha appena lanciato una start-up, equity like tutta la vita e tra l’altro ancora più rischiosa di un investimento nell’azionario globale.

Ora spieghiamo bene l’aspetto pratico facendo un piccolo esempio numerico.

Prendiamo la solita famiglia del mulino bianco che ogni tanto tiriamo in ballo.

Una coppia di adulti con un paio di figli che ha un reddito netto complessivo di circa 4.000 € al mese.

Come sempre, non ditemi è tanto è poco, è solo un esempio.

Facciamo che in un anno, compresa la tredicesima, fa 50.000 € netti, giusto per fare i conti facili.

Quanto valgono questi 50.000 € netti?

Diciamo che hanno la mia età, 40 anni, e che quindi lavoreranno per almeno altri 25 — in realtà di più, ma ascoltano The Bull e quindi andranno in retirement anticipato.

Inoltre diciamo che le spese fisse come mutuo, cibo, auto e rette varie pesano per il — boh — 60% del reddito complessivo.

Il reddito disponibile corrisponde quindi a circa 20.000 € all’anno.

Infine assumiamo che questo reddito cresca del 3% all’anno, poco più dell’inflazione.

È un’aspettativa piuttosto rosea, ma poi la commento dopo.

Allora per calcolare il valore presente usiamo una cosa simile al Gordon Growth model che si usa per le azioni, cioè noi diciamo che i nostri redditi sono i dividendi di quell’asset che è il nostro capitale professionale.

La formula del modello di Gordon è semplice: si prende il valore del dividendo moltiplicato per un certo tasso di crescita g e si divide per il tasso di sconto meno g. Questo è il valore presente dell’azione.

Il GGM suppone però che ci sia una crescita perpetua dei dividendi, mentre noi lo blocchiamo a 25 anni.

Che valore presente ha il capitale umano di questa coppia di lavoratori?

Prendete i risultati per buoni, dirvi la formula a voce non si capirebbe una cippa.

Ci interessa solo il risultato finale, ossia il valore presente del capitale umano.

Dicevo cambia a seconda che il loro redditi siano bond-like, oppure equity-like.

Immaginiamo tassi di sconto che vanno dal 4%, nel caso in cui abbiano lavori super mega sicuri e stabili, a 6-7% se invece sono magari due liberi professionisti in settori più volatili.

Il valore presente di questi 20.000 € all’anno corrisponde a circa:

– 450.000 € se hanno professioni bond like oppure

– Circa 300.000 € se hanno professioni equity like.

Facciamo una via di mezzo che tende al bond-like, 400.000 €

Che me ne faccio?

E qui che arriva il discorso più importante.

Questi 400.000 €, che ripeto sono il valore presente del capitale umano di questa famiglia, li confronto al valore attuale del capitale investibile.

Mettiamo che questa famiglia aveva 100.000 € pronti da investire, al netto di fondo di emergenza e altre robe extra portafoglio.

La ricchezza finanziaria complessiva di questa famiglia, quindi, non è più 100.000 € ma 100.000 € più i 400.000 € di capitale umano.

La quota che investiranno in azioni di questi 100.000 € dovrebbe quindi tenere conto anche dell’altro pezzo, ossia di quanto capitale umano hanno disposizione e se è più bond like o equity like.

Dato che abbiamo detto che il loro capitale umano è bond-like, allora a parità di altre condizioni dovrebbero investire in più azioni.

Una regoletta di massima:

– 400.000 diviso 100.000 fa 4, quindi il grosso della ricchezza di questa famiglia è fuori dal portafoglio — è quattro volte il loro capitale finanziario;

– Questi 400.000 sono più un bond che un’azione, abbiamo detto,

– Allora questa famiglia potrebbe considerare di AUMENTARE la quota azionaria che aveva messo in conto.

– Viceversa se si trattasse di un capitale umano prevalentemente equity-like dovrebbe considerare di DIMINUIRE la quota azionaria.

Di quanto però?

Avrei sfornato una formuletta, ma ve la faccio vedere un’altra volta.

Diciamo che a seconda del rapporto tra il valore del capitale umano e quello del portafoglio e il fatto che questo sia BOND-LIKE o EQUITY-LIKE, la formula suggerisce di alzare o abbassare la quota di azioni, in un ordine di grandezza che va dal 10 al 30%.

Senza però fare troppi ragionamenti matematici che ci perdiamo via, il tutto si può semplificare così.

Ammettiamo che abbiamo scelto quella che pensiamo che sia la nostra asset allocation, con un portafoglio lazy, con la regola di The Bull, o con la regola di Merton, non è importante.

Per semplicità, diciamo che il portafoglio che esce sia — viva l’originalità — 60/40.

A questo punto faccio il rapporto tra il valore presente del mio capitale umano e quello del mio portafoglio.

– Se il valore è inferiore a 2, aumenterò o ridurrò del 10% la quota di azioni a seconda che sia bond like o equity like, quindi 70% o 50% in azioni.

– Se il valore è tra 3 e 6, adatterò del 15-20%, quindi fino a 80% o fino a 40% in azioni

– Se il valore è superiore a 7, 25-30%, quindi sarò tra 90% e 10% in azioni.

7 è un valore estremo, oppure tipico di chi ha appena iniziato a lavorare.

Una ragazza laureata in ingegneria che ha cominciato a lavorare da pochi anni, il valore presente del suo capitale umano da qui ai prossimi 40 anni magari sarà di 500.000 € e oggi magari il suo capitale investibile è meno di 50.000 €. Ad oggi la sua ricchezza complessiva dipende dal suo capitale umano 10 volte di più che da quello finanziario. Se il suo lavoro è piuttosto stabile e sicuro è ovvio che potrà investire soprattutto in asset rischiosi, perché il suo vero rischio non è un bear market, dato che il grosso della sua ricchezza futura dipende dal lavoro.

Un 55enne al culmine della carriera e che investe da 25 anni, invece, magari si trova ad avere la sua ricchezza sbilanciata più sul patrimonio finanziario che non sul capitale umano residuo.

In tal caso il suo rischio E’ un bear market, per questo ha senso che la sua quota azionaria sia più contenuta rispetto all’allocazione base.

Ora, se vi siete persi tra i numeri non importa, quello che contano sono i due principi di base:

– PRINICPIO UNO – QUALITIVO: se il mio capitale umano è bond like, devo considerare di aumentare la mia risk-capacity — e quindi la mia esposizione ad asset rischiosi. Se il mio capitale umano è equity like, allora devo considerare di ridurre la mia risk-capacity — e quindi fondamentalmente meno azioni.

– PRINCIPIO NUMERO DUE — QUANTITATIVO: se la quota del mio capitale umano è significativamente più grande del mio portafoglio devo considerare di alzare o abbassare significativamente la quota di azioni a seconda di quanto il mio capitale umano sia stabile; e viceversa, se capitale umano e portafogli hanno valori simili, la correzione sarà inferiore.

Insomma, la procedura è:

– Capire se il capitale umano è bond-like o equity-like

– Attribuire di conseguenza un tasso di sconto, considerando anche la flessibilità e la correlazione con il ciclo economico

– Calcolare il valore futuro

– Rapportarlo al capitale investibile

– Aumentare o abbassare la quota di azioni di conseguenza.

Un paio di caveat prima di chiudere.

Numero UNO

Oggi ho fatto molte semplificazioni, giusto per introdurre il tema principale, ossia l’importanza di coordinare il valore attuale del capitale umano con la nostra capacità finanziaria.

Però il ragionamento che ho fatto oggi è bidimensionale: si prende il mio reddito di oggi, una stima approssimativa di crescita e lo si estende fino alla pensione.

E naturalmente lo si fa in maniera dinamica: se il lavoro cambia e cambiano anche le prospettive sul valore futuro dei miei flussi di reddito da lavoro, nel bene o nel male, anche il mio portafoglio dovrebbe tenerne conto.

Ma quello che non abbiamo considerato è il potenziale intrinseco del capitale umano, su cui andrebbe costruito un framework a parte.

Eh sì perché — e qui parlo da ex head hunter più che da cantastorie della finanza — il reddito di oggi non definisce completamente il capitale umano.

È chiaro che per avere un numero oggettivo, l’unica cosa è partire dal reddito vero che mi porto a casa, quello su cui posso contare nel futuro prevedibile.

Però andrebbero fatte considerazioni ad hoc tenendo conto di almeno altri tre fattori:

– Il primo è il settore professionale: chiaramente se sono un ingegnere, un medico, un informatico, se ho una laurea in chimica industriale, in statistica, o in qualche altro ambito caratterizzato da elevata domanda e scarsità di offerta, dovrei ipotizzare una crescita del mio capitale umano nel tempo più significativa rispetto a chi ha un potenziale professionale più standard;

– Il secondo è la flessibilità e scalabilità della competenza: se la mia competenza è estremamente verticale ma rischia di diventare obsoleta per n motivazioni (perché l’economia locale si indebolisce, perché altre tecnologie subentrano e rendono la mia competenza irrilevante e così via) allora vale meno di una competenza che invece è meno legata a contesti e dinamiche economiche e che può essere trasferita in diversi settori.

– Il terzo fattore è il più intangibile di tutti, ma probabilmente il più importante: è la mia capacità di apprendere nuove competenze, dove capacità è un mix di capacità cognitive, disponibilità economiche e attitudine.
Una persona che vive con un approccio di continous learning, a maggior ragione oggi che l’AI ha un potenziale dirompente verso qualunque competenza tecnica, ha intrinsecamente un potenziale umano maggiore — a parità di altre condizioni — di chi invece è meno predisposto ad apprendere nuove competenze.

In altri termini: leggete più libri. O articoli. O ascoltate podcast e guardate video intelligenti.
Volete avere più azioni in portafoglio e avere un rendimento più elevato? Acquisite più competenze.
Un domani torneranno utili.

Io lessi Il Cigno Nero nel 2012 e lì mi innamorai per sempre della finanza.
Mi ci vollero 11 anni per capire a cosa mi sarebbe servito quell’amore.
Tempo al tempo

Numero DUE: il capitale umano è legato anche alla nostra salute, soprattutto se dipende da competenze di natura intellettiva.
Parola di uno che dorme 6 ore a notte da 2 anni e mezzo e che decisamente abusa di carne e affettati, mangia poca verdura e beve 3 o 4 caffè al giorno.

Ogni volta che sul corriere c’è qualche intervista ad un nutrizionista vorrei spararmi in testa.

Praticamente sbaglio quasi tutto, però, oh a vivere di kefir, ceci e farro non ce la faccio.

C’è di buono che mi alleno con i pesi, che è molto utile per tanti motivi, probabilmente molto più che andare a correre.

Non bevo alcol, non fumo e a casa non abbiamo lo zucchero, tanto che quando offriamo un caffè a qualcuno è sempre un problema.

Però cazzate a parte, il discorso è finanziariamente molto rilevante.

Ci sono tanti paper che hanno cercato di determinare l’impatto delle aspettative sulla propria salute sull’asset allocation.

Per esempio in un paper del 2004 su Journal of Financial Economics, Rosen e Wu avevano rilevato come lo stato di salute predica in maniera significativa sia della probabilità di possedere diverse tipologie di asset sia della quota di risparmio detenuta in ciascuna asset class. Infatti le famiglie in cattive condizioni di salute hanno meno probabilità di investire in azioni. L’impatto negativo della salute è quindi duplice.

– Diretto perché richiede generalmente di sostenere più costi

– Indiretto perché limita la capacità di investire in asset a maggior rendimento.

Di conseguenza qui si apre un discorso molto ampio che faremo un’altra volta, legato all’opportunità di assicurare il proprio capitale umano, per esempio attraverso assicurazioni su invalidità permanente o su altre forme di copertura sanitaria integrativa.

Quindi: Volete avere più azioni in portafoglio e avere un rendimento più elevato? Sollevate più pesi. Camminate di più. La corsa è sopravvalutata. A meno che vi piaccia correre, in tal caso ok. Mangiate meno carne. Meno sale. Meno zucchero. Non fumate. Bevete meno alcol. Dormite meglio. Spegnete il cellulare almeno un’ora prima di andare a letto, a meno che non lo stavate usando per ascoltare o vedere The Bull, quello è l’unico caso in cui la luce blu dei cellulari non fa male.

Non fatelo per vivere meglio, no quella sarebbe una motivazione effimera.

Fatelo per poter investire di più in azioni!

È un discorso ampio e complesso, ma estremamente importante e affascinante.

Ora che abbiamo capito molte cose su come costruire un portafoglio, adesso vale la pena cominciare a considerare di fare qualche passo in più e cercare di includere nella composizione del nostro portafoglio di investimento anche altri fondamentali fattori con un impatto massivo sulla qualità della nostra vita.

Bene amici miei, fine dell’episodio di oggi.

Come dicevo all’inizio, lo scopo era introdurre questo tema e iniziare ad espandere lo scope del nostro podcast, allargando lo sguardo dalla dimensione strettamente finanziaria dei nostri investimenti a quella più ampia di tutta la nostra vita in generale.

Ci torneremo e soprattutto sarà divertente tornarci quando potremo vedere un po’ di cose assieme e qualche modello pratico per mettere a terra tutto questo ampio discorso nel contesto specifico delle nostre vite.

Quel momento arriverà molto presto come preannunciato, mentre intanto grazie per l’accoglienza che avete riservato ai primi 10 video pubblicati su Youtube.

Lo so che è un po’ da boomer pubblicare 10 episodi in un colpo solo, ma sticazzi, almeno ciascuno si ascolta quel che vuole.

In attesa che tutto The Bull diventi video sia su spotify che su YouTube, vi ringrazio di cuore se vorrete iscrivervi al canale youtube, così da supportarci e permetterci di continuare a produrre contenuti che vi spiegano che tra uno share ratio e una correlazione, alla fine quello che conta è leggere di più e sollevare più pesi sempre nuovi.

Per questo episodio invece è davvero tutto e noi ci risentiamo domenica prossima con un nuovo appuntamento assieme, sempre qui naturalmente con The Bull il tuo podcast di finanza personale.

Recensioni

Quando capisci come funziona la finanza… ti viene voglia di raccontarla!

Non sono solito a mettere recensioni e specialmente non ascolto podcast, ma da quando ho iniziato questo, faccio fatica a staccarmi, e quasi non posso più fare a meno di ascoltare e arricchirmi culturalmente.

Andrea V., 22 Set 2025

Podcast che dà sempre spunti interessanti che personalmente mi ha fatto appassionare alla finanza personale spingendomi ad approfondire in prima persona.

Lorenzo, 13 Mar 2025

Dovrebbero ascoltarlo buona parte degli italiani e io avrei dovuto scoprirlo con qualche anno in anticipo ma meglio tardi che mai

Matteo C., 3 Set 2025

Ho seguito tutte le puntate! Grazie veramente

Amalia A., 17 Set 2025

Veramente interessante, chiaro e conciso. Cambia la vita finanziaria di chiunque.. da ascoltare assolutamente anche per chi di finanza non vuole occuparsi mai

Francesca B., 6 Apr 2024

Da quando l'ho scoperto in 15 gg mi sono ascoltato 150 puntate senza fermarmi, ho annullato gli altri podcast per portarmi alla pari ed ascoltare tutte le precedenti puntate, ben fatto, esattamente il livello di informazione che mi serviva

Gianluca G., 11 Set 2025

Veramente veramente raccomandato! la finanza personale riassunta alla perfezione! e spiegata partendo dall'ABC! Ottimo anche da ascoltare a velocita 1,5x!

Giorgia R., 23 Gen 2025

Ho acquistato e letto il suo libro e l' ho trovato. Esprime i concetti economici in modo semplice e chiaro. Sentirlo parlare conferma che è un professionista del settore.

Giulia N., 11 Ago 2025

La mia ignoranza in materia mi ha sempre creato dei dubbi, ma grazie a un amico ho iniziato ad ascoltare il podcast. Per fortuna che ho 24 anni e un po' di tempo e soldi da dedicarmi a imparare le varie nozioni per me stesso. Grazie mille!

Luca G. 10 Ott 2025
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