Cosa è successo ad Aprile sui Mercati
Consueto appuntamento mensile dedicato al recap sull'andamento dei mercati ad Aprile.A questo giro, dopo 5 mesi di crescita incontrastata di qualunque cosa, i mercati azionari hanno fatto qualche passo indietro, gelati da prospettive meno rosee sulla lotta all'inflazione e da un tasso di crescita dell'economia Americana meno positivo del previsto. Sarà forse arrivato il momento di cambiare la strategia nel portafoglio? Ci sono forse altre opportunità da cogliere, all'infuori degli indici tradizionali?

102. Cosa è successo ad Aprile sui Mercati
Trascrizione Episodio
Bentornati a THE BULL – Il tuo podcast di finanza personale
Ma cosa mi è venuto in mente di far uscire l’episodio di recap sul mese di Aprile il 1° di Maggio’
Proprio una gran bella idea di merda visto che non avevo considerato che Wall Street avrebbe chiuso alle 22:00 ora Italiana del giorno prima e che quindi avrei dovuto aspettare l’ultima campana di Aprile al New York Stock Exchange per fare quest’episodio.
Eh piccolo errore di programmazione.
Alla fine quando uno fa ste cose nei ritagli di tempo e non in maniera professionale, prende ste cappellate.
Siccome però non potevo scrivere e registrare quest’episodio davvero nella notte tra il 30 aprile e il primo maggio, perché dato che il mio “studio di registrazione” è la cameretta di mia figlia di 8 mesi, probabilmente non sarebbe stata particolarmente d’accordo.
Quindi in realtà questo episodio l’ho scritto un po’ prima e i dati che vi darò sono stati presi grossomodo intorno alle 18:00, alla chiusura delle Borse Europee, quindi se succede qualcosa di clamoroso dopo ve ne parlerò nel prossimo episodio.
Qualunque cosa succeda, comunque, quel che doveva far notizia ad Aprile è già successo!
Dopo 5 mesi di luna di miele con i mercati, dove veramente sembrava che si stesse configurando uno scenario da sogno con la situazione quasi miracolosa di un’economia che cresce e di un’inflazione che cala, ecco che arriva la duplice doccia gelata di Aprile.
Prima è arrivato il dato di Marzo sul CPI, il Consumer Price Index negli Stati Uniti, ossia il modo tecnico in cui si misura l’inflazione, cioè tramite l’indice dei prezzi al consumo, esattamente come avviene anche qui da noi.
C’è un bel paniere di prodotti e servizi e si guarda mese dopo mese come i prezzi evolvono rispetto al mese prima e, soprattutto, rispetto allo stesso mese dell’anno prima.
Ci si aspettava un’inflazione su base annua al 3,4% e, sorpresa sorpresa, il dato è stato 3,5%.
Ora, non è che 0,1 punti percentuali sia la fine del mondo.
Il punto però è che per il terzo mese di fila l’inflazione ha ripreso a salire e ormai non si può più negare che il percorso che deve portare al fatidico target del 2% sarà molto più arduo delle aspettative.
Puntuale come un orologio svizzero, il giorno della pubblicazione di dati il mercato azionario è andato giù a capofitto e i rendimenti dei titoli di stato sono schizzati verso l’alto.
Il motivo?
Oh ragazzi il motivo è sempre quello.
Se l’inflazione non va giù, allora il mercato non crede più che la Fed taglierà tanto presto i tassi di interesse e quindi i rendimenti delle obbligazioni si riassestano su livelli più alti per scontare l’aspettativa di tassi di interesse più alti più a lungo, higher for longer come si dice da un pezzo.
Di conseguenza, come sapete benissimo ormai che siete dei maestri Jedi di Obbligazioni, quando i rendimenti salgono cosa succede ai prezzi?
Esatto! SCENDONO!
E quindi obbligazioni giù.
Perché succede questo.
Naturalmente perché aumentano le vendite sui titoli di stato (in particolare il benchmark è il Treasury a 10 anni) nell’ipotesi che in futuro i rendimenti obbligazionari saranno superiori.
Come sempre i prezzi e i rendimenti delle obbligazioni riflettono le aspettative future sui tassi di interesse e non aspettano gli effettivi interventi della Fed sui tassi per muoversi.
Fin qui, ok bad news ma fondamentalmente in linea con il contesto di un’economia, quella Americana, che continua a correre come fossimo negli anni ’90.
Poi il 25 aprile, ricorrenza della liberazione qui da noi ma giorno assolutamente normale negli Stati Uniti, arriva il secondo brusco risveglio dal sogno immacolato di una situazione macroeconomica perfetto: escono i dati sulla crescita del PIL Americano del primo trimestre.
Ci si aspettava una crescita del 2,4% su base annua e invece è arrivato un sorprendente e ben più modesto 1,6%.
Insomma: inflazione che cresce ed economia che rallenta è proprio una combinazione di ingredienti veramente nefasta, come mettere una spolverata di parmigiano su un piatto di spaghetti con l’astice.
Presi separatamente hanno il loro perché.
Ma messi insieme sono un vero schifo.
Adesso non voglio suscitare allarmismi immotivati ai primi dati negativi che arrivano dopo un anno e mezzo di sorprese positivi.
Però in economia quel mix micidiale composto di inflazione che sale ed economia che rallenta ad un certo punto prende il nome di STAGFLAZIONE, ossia Stagnazione più Inflazione, il peggio che può capitare.
Quando succede sta cosa, come per esempio era accaduto in maniera devastante negli anni ’70 a seguito degli Shock petroliferi conseguenti la guerra dello Yom Kippur, è un vero casino uscirne.
Di solito la ricetta plain vanilla per combattere l’inflazione è alzare i tassi di interesse.
Ma quando alzi i tassi rallenti l’economia perché riduci la liquidità in giro, rendi più costoso accedere al denaro, le imprese fanno meno investimenti, la gente spende meno, non si comprano case e in generale la macchina economica s’inceppa.
Come se ne esce?
Eh in realtà non c’è un consenso universale su questa cosa.
Non è che sia successo così spesso in passato, tanto che fino agli ’70 si teorizzava che la Stagflazione fosse impossibile.
Finché poi è capitata da vero.
Strano che una teoria economica si riveli completamente sbagliata e incapace di costruire un modello predittivo della realtà, non succede mai…
Cmq mentre combattere l’inflazione è una cosa che sanno fare tutti i banchieri centrali del mondo, dato che si tratta di alzare i tassi di interesse — e poi lì casomai il bravo banchiere centrale e quello che sa quando fermarsi prima di causare una recessione — quando si tratta di Stagflazione non c’è un rimedio assodato.
Quando si tratta di inflazione si agisce cercando di ridurre la domanda di beni e servizi per far rallentare la corsa dei prezzi.
Per esempio: se rendi più costoso accendere un mutuo, meno gente vorrà comprare case e quindi la crescita dei prezzi delle case rallenterà.
In teoria almeno.
Con la Stagflazione invece probabilmente si tratta di agire sul lato dell’offerta.
Se i governi riescono ad intraprendere politiche economiche che stimolano la produttività e quindi in qualche modo riducono la disoccupazione ma allo stesso tempo aumentando l’offerta di beni e servizi, allora possono sperare di rallentare la corsa dell’inflazione e allo stesso tempo di far ripartire la crescita economica.
Una roba difficilissima da fare nella pratica perché servono governi coraggiosi in grado di prendere decisioni senza garanzia di successo e i cui risultati si vedono solo nel tempo.
Comunque oggi non siamo in Stagflazione, ci mancherebbe, però sarà importante vedere i prossimi dati per capire se il corso degli eventi si inverte o se ci avviluppiamo in quella sciagurata direzione.
Questo in America.
In Europa invece il tema è un po’ diverso.
A marzo l’inflazione dell’Eurozona è stata in media al 2,4%, quindi siamo già vicini al target magico del 2%.
Come dire, sul piano dell’inflazione siamo messi meglio degli Stati Uniti, ma sul piano della crescita invece siamo praticamente fermi, con tassi di crescita asfittici nell’ordine dello zero virgola.
Quindi? Che si fa Christine?
Tagliamo finalmente i tassi in Europa così le obbligazioni vanno su e i mercati azionari festeggiano questo implicito stimolo all’economia?
Eh-eh, ti piacerebbe vero? … era in Francese perché era proprio Christine Lagarde che mi ha risposto.
Perché non è semplice adesso per la Banca Centrale Europa tagliare i tassi dato che l’inflazione è decisamente sotto controllo?
Eh qui è un problema non da poco che riguarda, colpo di scena, le valute.
Ora le valute sono cose strane e si muovono spesso secondo delle logiche non sempre comprensibili e tutt’altro che prevedibili.
Però è abbastanza facile supporre che se la BCE taglia i tassi e la FED no, l’Euro si indebolisce rispetto al Dollaro, banalmente perché tagliare i tassi significa aumentare indirettamente l’offerta di denaro sul mercato e quindi se aumenti la liquidità in una certa valuta, questa tende a svalutarsi rispetto ad un’altra che invece continua ad essere restrittiva sul piano monetario.
Quindi, per farla breve: se la BCE taglia i tassi e la Fed sta ferma, i rendimenti delle obbligazioni in Euro scendono e pure l’Euro si deprezza rispetto al dollaro.
E chissene frega direte voi?
Ehhhh ce ne frega invece!
Allora nel breve evviva evviva perché il mio portafoglio va su, visto che la valuta su cui sono maggiormente esposto in questo momento, come quasi tutti del resto, è il dollaro.
Come sapete benissimo, se ho ETF che replicano sottostanti quotati in dollari, se il dollaro va su acquistano valore, se va su invece l’Euro perdono valore.
Il problema però è che né Stati Uniti, né Europa sono troppo contenti con Euro forte e dollaro debole, entrambi vorrebbero esattamente il contrario.
– Gli Stati Uniti, perché un dollaro debole è propizio per l’export e quindi le multinazionali americane che vendono in tutto il mondo si trovano dei profitti in dollari più elevati se il dollaro è debole;
– L’Europa invece vuole un dollaro debole perché importa una montagna di materie prime, che sono tutte denominate in dollari. Se invece l’Euro si indebolisce, come probabilmente accadrebbe con un taglio della BCE non in sincronia con la FED, comprare Petrolio, Gas, Rame e via dicendo diventa più costoso.
In pratica avremmo fatto tutto sto macello del rialzo dei tassi per contrastare l’inflazione e poi una volta che l’inflazione è andata giù ce la riporteremmo in casa comprando materie prime a prezzi più alti per via dell’Euro debole.
Eh no.
Nun se po’ fa.
Poi magari la BCE qualche taglietto lo fa comunque, poco poco, piano piano e sempre se gli Stati Uniti sono d’accordo.
Però non darei per scontato che i tagli dei tassi in Europa siano così imminenti come invece ho sentito dire da qualcuno.
Ancora una volta, infatti, un grande supporto per la parte comica dei miei podcast arriva dal più nobile, storico e diffuso quotidiano d’Italia: il Corriere della Sera.
Sì lo so, avevo già detto mesi fa che avrei disdetto l’abbonamento.
Giuro che alla fine l’ho fatto.
Poi però si vede che ci sono rimasti male e mi hanno proposto di riabbonarmi tipo a un euro al mese e… e ci sono ricascato.
Alla fine qualche articolo interessante c’è sempre eh, non dico di no.
In particolare consiglio a tutti la newsletter Whatever it takes di Federico Fubini, in Italiano, che è sempre veramente illuminante per capire le beghe economiche di casa nostra.
Però poi puntualmente arrivano anche i consigli di investimento del corriere, propinati dal gestore di turno.
A sto giro tocca ad un articolo sulla ricetta per investire durante la prossima imminente recessione.
Eh sì eh!
Ormai ci siamo.
I “leading indicator” come dice l’esperto intervistato dal Corriere, non sbagliano mai: se questi dicono che la recessione è in arrivo, è in arrivo.
Peccato che i “leading indicator” dicono che la recessione è in arrivo dalla fine del 2022 ma boh, avrà sbagliato strada.
È un po’ come quando il navigatore vi diche mancano 30 minuti a destinazione, poi il traffico aumenta e il tempo residuo continua ad aumentare.
Sarà successa la stessa cosa alla recessione, che tutti davano per scontata già oltre 18 mesi fa e sta qua continua a non arrivare.
Però ci siamo eh, attenzione che ormai ci siamo e quindi via al portafoglio perfetto per investire in questa fase.
Come sempre, i consigli di investimento Italiani hanno sempre lo stesso starter pack, allora:
– Titoli di Stato
– Qualche bond corporate di livello investment grade
– Niente Azioni (o poche Azioni) perché se dici Azioni e poi il mercato va giù poi tutti pensano che sei un pirla che non capisce niente
– E infine a sto giro un po’ di Oro, così, visto che va di moda.
Eh sì, la tesi di quest’intervista è che ci sono intanto delle grandi opportunità sul mercato obbligazionario, soprattutto sulle scadenze intermedie, perché QUASI CERTAMENTE la BCE dovrà tagliare i tassi prima della Fed e il mercato non ha ancora scontato questa cosa.
Cioè in pratica sta dicendo:
– Molto probabilmente la BCE taglierà i tassi prima della Fed. Molto probabilmente
– però il mercato si è dimenticato di alzare i prezzi delle obbligazioni e far scendere i rendimenti in risposta a questa cosa.
– Quindi: se voi comprate obbligazioni europee fate il botto perché la BCE molto probabilmente taglierà i tassi a breve.
Ma scusa.
Ma se MOLTO PROBABILMENTE la BCE taglierà i tassi a breve, ma possibile che il mercato non lo sconti già e che invece l’affare lo devo venire a sapere dal corriere?
Ma non è invece che le obbligazioni non scontano questa roba, perché il mercato non pensa che dopo tutto sia così tanto probabile che la BCE agirà a breve?
Mah…
Comunque così, dopo questa sottile analisi macroeconomica, sbam! Arriva il raffinato consiglio finanziario.
80% obbligazioni e 20% di oro.
Avete presente tutte quelle cose che diciamo qui, tipo che i portafogli vanno fatti su misura per ciascuno, che bisogna armonizzarli agli obiettivi, che devo avere una prospettiva di lungo termine… ?
No, niente, il portafoglio giusto per TUTTI è 80% obbligazioni (da capire quali, sembra Titoli di Stato e un po’ di corporate a piacimento, come una macinata di pepe sulla carbonara) e 20% di oro.
Adesso, va bene tutto, dell’oro abbiamo pure parlato parecchio nell’ultima puntata, ho capito che l’asset class del momento, ma anche qui dare per scontato che dopo uno dei rally più impressionanti di sempre l’oro continuerà a salire perché presto i titoli di stato renderanno meno per via dei molto probabili tagli dei tassi, boh, mi sembra un’affermazione un po’ forte.
Per non parlare poi del fatto che qualche giorno dopo sempre il corriere ha fatto uscire un altro di questi articoli di straordinaria utilità in cui veniva ventilata l’ipotesi esattamente opposta, ossia che l’oro potrebbe scendere dopo aver fatto questa corsa impetuosa.
Citazione una poltrona per due
Ragazzi l’avevamo detto nell’ultimo episodio con Nicola, ve lo ribadisco qua.
Una poltrona per due è davvero un corso accelerato di finanza come pochi altri ☺
Comunque capite perché poi in Italia come investitori mediamente siamo pessimi?
Ora io suppongo che uno che legge quell’articolo sul Corriere abbia già un minimo di propensione all’investimento e quindi abbia già un portafoglio.
Una volta che legge quest’articolo, confidando che il più grande quotidiano d’Italia gli dia dei suggerimenti pratici, immagino anche che prenderà decisioni di conseguenza.
Quindi una volta che legge, buttato lì, che il portafoglio migliore è 80% obbligazioni e 20% oro cosa fa? Vende magari tutte le azioni che aveva, compra oro e ribilancia il portafoglio?
E poi magari settimana prossima esce un altro articolo e cambia asset allocation un’altra volta?
Cioè ma come fai a dare sti consigli….
Io veramente… boh…
Va beh, mi sono fatto un po’ trasportare, comunque tutta sta manfrina era per dire occhio a fare previsioni, non ci capisce niente nessuno.
E occhio soprattutto a fare valutazioni di breve termine sul portafoglio.
Dire “in questo momento le cose sono così, quindi è meglio fare cosà” è sempre un esercizio straordinariamente complicato.
Il problema della finanza è che non basta avere ragione.
Indovinare che verranno tagliati i tassi o che le azioni scenderanno perché oggi i multipli sono molto alti non è sufficiente.
Bisogna anche indovinare le tempistiche con precisione e fare operazioni di conseguenza.
È questa la cosa davvero complicata.
E sbagliare anche di poco il tempismo delle operazioni tattiche sul portafoglio può fare davvero dei danni.
A inzio 2023 tutti davano per scontata una recessione e, con tassi alti e rendimenti degli strumenti monetari al 4-5%, triliardi di dollari sono stati riversati in investimenti a zero rischio, tutti convinti che l’azionario avrebbe sofferto.
Come noto, l’S&P 500 l’anno scorso è cresciuto di oltre il 20%.
Chi pensava di aver capito in anticipo il mercato e di essere più furbo di tutti assicurandosi un 4-5% senza rischio si è poi perso oltre 4 volte tanto non avendo investito in azioni.
Il problema dei rendimenti azionari, poi, è che non sono continui e omogenei.
Spesso ci sono momenti molto concentrati di crescita anche impetuosa, poi momenti laterali, ossia in cui il mercato va un po’ su e un po’ giù, e infine altri momenti di crollo.
Come noto, perdersi i migliori 10 giorni del mercato può avere un effetto devastante anche su 30 anni di investimento.
Certo, vale anche la cosa opposta, ossia che saltarsi i peggiori 10 giorni del mercato può dare risultati ancora migliori.
Il fatto vero però è che questa cosa è quasi impossibile da fare.
Se uno ha la pretesa di portarsi a casa determinati rendimenti solo quando è ragionevolmente sicuro di non correre rischi, beh, investa in titoli di stato e basta.
Se vuoi proteggerti da tutti i rischi, quello che ottieni è il rendimento risk-free dei titoli di stato, al netto dei costi di compravendita e tasse.
Quindi tutti sti consigli lasciano veramente il tempo che trova.
Oggi le valutazioni delle azioni sono alte mentre le obbligazioni rischiano poco e rendono bene?
Eh grazie al cazzo, non serve Warren Buffett per accorgersene.
Il punto però qual è?
Il punto è che anche sapere che le valutazioni sono alte e che “prima o poi” il mercato verrà giù non ci dice QUANDO e con che intensità questa cosa capiterà.
Quindi se oggi liquido tutta la mia parte azionaria, pago le tasse sul capital gain e reinvesto il profitto netto in obbligazioni, poi cosa succede?
Magari il mercato va su ancora 3 anni prima di crollare.
E quando crolla non è neanche detto che crolli al di sotto del valore attuale.
Quindi boh.
Se uno vuol star sereno le azioni non le dovrebbe neanche guardare.
Se invece vuole provare a prendersi il rendimento azionario, purtroppo non è che si possano fare troppe operazioni tattiche.
Bastasse guardare i multipli per prendersi solo gli up e mai i down del mercato, sarebbero bravi tutti e il più stupido degli hedge fund farebbe il 20% all’anno di media.
Invece guardare i multipli e prendere decisioni di conseguenza è estremamente complesso perché in mezzo c’è la variabile del tempo.
O imbrocchi perfettamente il timing per uscire e rientrare.
Oppure stai dentro e quando le cose vanno male te ne fai una ragione, chiudi l’app del tuo broker e vai a leggerti un libro.
Per superare un intero bear market consiglio la trilogia di Nassim Taleb, Giocati dal Caso + Il Cigno Nero + Antifragile.
Tre bei mattonazzi da quasi 1.000 pagine in totale, dovrebbero bastarvi per tenervi distratti finché il mercato non si riprende.
Molto bene, finito il delirio di imprecazioni verso i consiglieri di raccomandazioni di investimento non richieste e di dubbia utilità, veniamo a come sono andati i vari mercati ad Aprile.
Come sempre, prendo i dati degli ETF in Euro che replicano i vari indici, quindi la performance dal nostro punto di vista può essere diversa dalla performance di ciascun indice sottostante.
Peraltro nel mese di Aprile sicuramente è stato così perché la doccia gelata sull’inflazione ha allontanato ulteriormente le prospettive di tagli della Fed e quindi il dollaro si è rafforzato sull’euro, cosa che come sapete per noi ha un effetto positivo sulle valutazioni.
Dunque
– S&P 500 = -2,5% circa ad Aprile, + 10,5% da inizio anno
– MSCI World = -2% ad Aprile, +9% da gennaio
– Stoxx 600 = -1,5% questo mese, +7% circa da inizio anno
– Euro Stoxx 50 = -2% ad Aprile ma ancora + 11% per tutto il 2024, quindi Europa in Euro batte Stati Uniti per il momento e neanche di così poco perché se leviamo l’effetto cambio, lo Stoxx 50 è davanti di 4 punti percentuali sul super indice dei campioni americani
– E attenzione, ancora il nostro FTSE MIB continua a confermarsi l’indice più performante del mondo, almeno tra i grandi mercati, praticamente in pari ad Aprile e con un bel +14% da inizio anno.
Fa ancora più rumore se pensiamo che gli amici tedeschi e i cugini Francesi hanno i rispettivi indici fermi intorno all’8% da inizio anno.
Ah quanto è bello mettere dietro Germania e Francia… e quanti ricordi! come in quella calda estate del 2006 quando quell’improbabile eroe di nome Fabio Grosso fece fuori i tedeschi ai supplementari e la Francia all’ultimo rigore consegnandoci la più grande gioia sportiva nazionale dal 1982.
– Fuori dall’Europa, andiamo invece in Giappone, che ha un po’ rallentato la sua corsa dopo il raggiungimento dei massimi storici che erano attesi da ben 36 anni, ad Aprile ha perso oltre il 3,5% e da inizio anno è su ancora di circa il 7%.
– È stato invece un buon mese per i mercati Emergenti, trainati anche dalla Cina che ha sorpresa ha riportato una crescita del pil di circa il 5% nel primo trimestre su base annua, che hanno fatto complessivamente, in Euro, circa un +1,6% e da inizio anno sono su di oltre il 6%.
Quindi insomma azioni quasi tutte giù.
Soprattutto Stati Uniti e Giappone si sono presi le sberle più dure, anche se in realtà l’S&P aveva perso anche di più ad un certo punto, sprofondando sotto i 5.000 punti, per poi riposizionarsi intorno ai 5.100, in particolare dopo i dati molto positivi di Microsoft e Google, in attesa che nei prossimi giorni pubblichino i loro dati gli altri pesi massimi Amazon, Apple e soprattutto Nvidia.
Però diciamo che questa Healthy Correction, come l’hanno chiamata Ben Carlson e Michael Batnick nel loro podcast Animal Spirits, ci stava.
Il mercato ha corso tantissimo da ottobre a oggi, facendo circa +25% praticamente senza sosta, e ad un certo punto ci sta che si prenda una pausa, tiri il fiato, qualche investitore si porti a casa qualche profitto, in attesa poi di capire che direzione prendere.
Come sempre, finché il mercato va su tutto bene, ma anche se ogni tanto va giù e offre qualche occasione per comprare a prezzi migliori non è male.
Sarò onesto.
Ero più contento quando l’S&P era sceso sotto i 5.000 sperando che andasse giù ancora per un po’, perché queste valutazioni così alte ovviamente possono essere un tema di medio termine se le società realizzeranno meno utili di quanto è atteso e presupposto nei prezzi attuali.
Però non è stato questo il mese.
Per ora il mercato azionario scende ma tiene e vediamo come proseguirà in seguito.
Poi arriva Maggio e come sapete c’è il vecchio detto “Sell in May and go away”.
Ma sappiamo anche che da anni sta cosa ha smesso di essere una regola universalmente valida.
Se vi ricordate l’anno scorso uno dei periodi migliori dell’anno è stato proprio da maggio a luglio.
Ora, rapido sguardo ad altre asset class e poi vediamo cosa ci aspetta il mese di Maggio.
– I Treasury Americani a 10 anni, come prevedibile, nell’ultimo mese hanno lasciato per strada circa un 2% ovviamente perché i dati più alti sull’inflazione hanno allontanato la prospettiva di taglio dei tassi;
– I bond governativi Europei, invece, sempre su scadenze intermedie, hanno perso ad Aprile circa un punto percentuale e sono in media sotto dell’1,6% da inizio anno.
L’asset class regina del 2024, però, è ancora l’oro: nell’ultima settimana si è leggermente sgonfiato, perché probabilmente la prospettiva di taglio dei tassi più in là e quindi rendimenti obbligazionari più alti sui titoli di stato ha rallentato la sua corsa, che era arrivata oltre il +20% da inizio anno attestandosi ora comunque intorno al +16%.
Davvero una crescita impressionante del metallo giallo come non si vedeva da una vita.
La cause?
non sono chiarissime a nessuno.
Forse la Cina e altri paesi Emergenti stanno aumentando le riserve auree per avere un’alternativa di riserva al dollaro?
Forse molti investitori pensavano che i rendimenti obbligazionari sarebbero scesi e quindi hanno preferito virare sulla riserva di valore per eccellenza?
Forse un mix di queste cose?
Boh, sta di fatto che nel 2024 l’oro è l’asset class quotata che più è cresciuta ed è sicuramente una notizia.
Giusto una nota su Bitcoin invece, che ha lasciato per strada quasi il 13% ad Aprile, che è stato anche il mese dell’Halving come sapete, restando comunque solidamente su di oltre il 40% da inizio anno.
Però sapete anche che Bitcoin è un asset in cui non investo e di cui non mi frega nulla, quindi lascio a voi ulteriori approfondimenti sull’argomento.
Invece veniamo alle cose croccanti che ci aspettano nel mese di maggio.
Eh si perché nuovo giro, nuova corsa.
Il 30 aprile finisce il mese, come ogni 30 aprile del resto, e subito dopo si parte con il botto!
Già il 1° maggio, giorno in cui uscirà quest’episodio, ci sarà il Federal Open Market Committee, per gli amici FOMC, che è il comitato della Federal Reserve che in pratica decide i tassi di interesse.
Al 99% i tassi resteranno invariati, ma come sempre la cosa interessante sarà interpretare la posizione delle sopracciglia di Jerome Powell durante la conferenza stampa per cercare di intuire qual è l’aria che tira nelle segrete stanze delle Fed rispetto a sta cosa che l’inflazione non va giù ma che se tieni i tassi troppo alti troppo a lungo dopo un po’ l’economia si rompe.
Poi giovedì 2 maggio esce la trimestrale di Apple, da cui ci si attende un fatturato in contrazione e qualche difficoltà dello smartphone più amato di sempre a tenere il ritmo degli anni passati, soprattutto perché in Cina l’iPhone è stato praticamente messo fuorilegge per chiunque abbia una carica pubblica.
Il dato dei dati però arriva come sempre il primo venerdì del mese: non-farm payroll, quindi il numero di posti di lavoro non agricoli creati negli Stati Uniti nel mese di Aprile, che è uno di quei dati che qualunque sarà manderà in sbattimento i mercati.
Se sarà sotto le attese, da un lato si potrebbe pensare che l’economia si stia raffreddando, ma d’altra parte potrebbe suscitare paura verso le prime avvisaglie di quel fenomeno chiamato stagflazione di cui dicevamo prima, ossia inflazione che sale ed economia che ristagna.
Se invece sarà sopra le attese, il rischio è che l’economia continui ad essere troppo calda e che quindi la corsa dei prezzi, soprattutto dei servizi, non si rallenti.
Come la girate la girate, alla fine ciascuno legge in questi dati quel che vuole.
E se invece sarà esattamente come la attese?
Mah non lo considero neanche perché non c’è un mese in cui le stime centrano il target…
Insomma, Maggio parte con il botto e vedremo subito che direzione prenderanno i mercati, dopodiché, beh io probabilmente continuerò a non fare niente di molto diverso.
Anche se in realtà, come vi ho detto anche nell’ultimo episodio, mi sto facendo qualche domanda ultimamente.
Certo, non ho intenzione di stravolgere l’impostazione del portafoglio, però sto leggendo e sentendo cose interessanti che mi danno da pensare.
La scorsa volta vi ho parlato dei portafogli con poche azioni e in particolare del No Regret Portfolio, ricordate? 50% azionario globale, 12,5% obbligazioni a medio termine, 12,5% a lungo termine e 25% di oro, che ha stuzzicato la mia immaginazione perché in effetti sembra aver avuto in passato solide performance soprattutto nei momenti più bui.
Sempre di recente invece, nel podcast di Meb Faber, ho sentito un’interessante intervista con un gestore di GMO, un’importante società americana di Asset Management famosa per il suo approccio “contrarian”, che cerca cioè di individuare opportunità sottovalutate dal mercato per generare valore nel lungo termine.
Va beh, sulla carta bellissimo, poi come sempre bisogna capire quanto questo approccio, al netto delle fee, sia davvero in grado di generare “alpha”, ossia un extra rendimento rispetto al mercato di riferimento.
Comunque la persona intervistata da Meb Faber raccontava con entusiasmo di questa “once in a generation opportunity”, un’opportunità di investimento come non si era mai vista che potrebbe restituire risultati interessanti nei prossimi anni (il loro orizzonte di riferimento è circa 7 anni).
In pratica, dopo oltre mezz’ora di analisi, in sintesi estrema il consiglio di GMO è stato fondamentalmente “investire in qualunque cosa all’infuori dell’S&P 500”.
Booom!
In che senso mi direte?
Eh in pratica GMO ha fatto questo studio in cui, per dirla in quattro parole, vede male male male le large cap americane per i prossimi anni (un po’ come tutti, ma loro sono ancora più negativi), mentre invece vedono benissimo:
– Le società Value e soprattutto quelle che loro chiamano Deep Value, ossia società che oggi sono estremamente sottovalutate, con dei rapporti prezzi utili inferiori a 10 in alcuni casi;
– Poi sono molto fiduciosi sulle opportunità che possono esserci sui mercati sviluppati extra US, quindi Europa, UK e Giappone e questo, bisogna precisarlo, soprattutto perché GMO, come altri, vedono un dollaro molto forte che potrebbe in futuro indebolirsi, quindi per un investitore americano potrebbe esserci un extra rendimento derivato dal rafforzamento della valuta estera delle robe in cui investe;
– Infine, sempre nella logica di investimenti contrarian, GMO vede delle opportunità interessanti sull’obbligazionario dei paesi emergenti.
Ora, sulle obbligazioni in valuta locale di paesi emergenti non so se mi imbarcherei, perché andrei veramente fuori un chilometro dal mio circle of competence, però le altre due cose sono interessanti.
Sicuramente il discorso delle valutazioni a buon mercato delle società Europee e Giapponesi l’abbiamo toccato più volte.
Da una parte è anche vero che se costano poco un motivo ci sarà, quindi non è detto che siano destinate a sovraperformare nei prossimi anni.
Dall’altra però non è un ragionamento campato per aria che Large Cap di qualità e con valutazioni inferiori a quelle americane potrebbero avere un senso nel portafoglio.
Sul discorso Value, invece, il ragionamento di GMO è che in questo momento c’è un gap a livelli record tra i prezzi delle società americane value e quelle growth.
Siccome storicamente le società value hanno sovraperformato quelle growth nel lungo termine, anche solo per un principio di regressione verso la media un piedino sul mondo value potrebbe aver senso averlo.
Chiaramente non sono consigli di investimento, nel senso che non ho la più pallida idea se sia un’opportunità da cogliere oppure no.
Però vi metto il link all’analisi di GMO e se la cosa vi convince un modo comodo per fare un investimento globale su aziende value potrebbe essere investire in un ETF sul MSCI World Value Factor, l’indice che racchiude quasi 400 società definite Value (con un price earning ratio medio inferiore a 12), distribuite in maniera piuttosto diversificata su tutto il mondo sviluppato.
38% Stati Uniti, 24% Giappone, 10% Regno Unito, 7% Francia, 5% Germania, 3% Italia e così via.
Tra l’altro una statistica interessante alla base di questo ragionamento sulle società value o deep value è che storicamente se uno avesse sempre investito nell’S&P 500 ma escludendo le 10 società più grandi, quindi se avesse investito sempre nell’S&P 490, avrebbe sovraperformato l’S&P 500.
Questa cosa da una parte lascia un po’ così, poi se ci pensate ha senso.
Le società più grandi tendono ad essere quelle più sopravvalutate e quindi ad avere rendimenti futuri inferiori.
Il problema è che tutto ciò ha funzionato benissimo fino a che le più grandi dell’S&P 500 sono diventate le Magnifiche 7 più qualcun altro.
Da ormai un decennio sono loro che trainano la gigantesca carretta dell’S&P 500, quindi questo trend storico negli ultimi anni non si sarebbe più verificato perché in effetti stiamo da tempo assistendo alla tendenza di società grandi che diventano sempre più grandi e dominanti e le altre che restano indietro.
Ora la domanda è: arrivati dove siamo, sta per avvicinarsi il momento in cui finalmente le magnifiche 7, o parte di esse, si levano un po’ dalle palle e lasciano brillare altre società oggi sottovalutate, come è sempre stato in passato, oppure siamo definitivamente entrati in una nuova era, dove pochi mega colossi continueranno a dominare incontrastati il mercato e quindi il ritorno delle società value farà la fine del Godot di Samuel Beckett, il personaggio protagonista dell’omonimo dramma atteso per tutta l’opera e che mai arriva?
Fate le vostre scommesse signori e che il fato vi assista!
Bene, care amiche e cari amici di questo podcast, anche per questo mese abbiamo visto gli highlights dei 30 giorni alle nostre spalle.
Da quando faccio questi recap, è il primo mese in cui parliamo di dati negativi, sarà quindi interessante vedere nei prossimi quale sarà il trend che prenderà il mercato.
La mia scommessa di inizio anno sulla chiusura dellS&P 500 il 31 dicembre, dotata di zero valore sotto ogni punto di vista, resta sempre intorno ai 5.200 punti.
Erano già stati superati a Marzo, adesso siamo scesi sotto i 5.100, me la sto ancora giocando contro tutte le altre grandi banche di Wall Street.
E vediamo chi la spunterà alla fine ☺
Grazie invece a tutti voi che siete ancora qui e che spero lo sarete anche a fine anno quando vedremo insieme se c’avrò preso o come spesso accade se avrò detto una minchiata.
Ormai più di 50.000 persone hanno ascoltato almeno una volta le scemenze che mi passano per la testa ogni tre giorni, quindi ci restano solo 58 milioni 890 mila Italiani da raggiungere.
Per fare questo, vi invito come sempre a mettere segui e attivare le notifiche su Spotify, Apple Podcast, o dove ci ascoltate e a lasciare una recensione a 5 stelle per supportarci e permetterci di continuare a produrre contenuti che si abbonano e poi disdicono e poi si riabbonano a prestigiosi quotidiani nazionali solo per leggere i più strampalati consigli di investimento e condividerli qui con voi sempre nuovi.
Per questo episodio invece è davvero tutto e noi ci rivediamo domenica prossima a parlare di un aspetto molto importante della nostra pianificazione finanziaria, del senso della vita e della morte, di elfi, orchi e calcolo differenziale ma giuro che la cosa sarà molto più pratica di quel che sembra, sempre qui naturalmente con The Bull il tuo podcast di finanza personale.
Bentornati a THE BULL – Il tuo podcast di finanza personale
Ma cosa mi è venuto in mente di far uscire l’episodio di recap sul mese di Aprile il 1° di Maggio’
Proprio una gran bella idea di merda visto che non avevo considerato che Wall Street avrebbe chiuso alle 22:00 ora Italiana del giorno prima e che quindi avrei dovuto aspettare l’ultima campana di Aprile al New York Stock Exchange per fare quest’episodio.
Eh piccolo errore di programmazione.
Alla fine quando uno fa ste cose nei ritagli di tempo e non in maniera professionale, prende ste cappellate.
Siccome però non potevo scrivere e registrare quest’episodio davvero nella notte tra il 30 aprile e il primo maggio, perché dato che il mio “studio di registrazione” è la cameretta di mia figlia di 8 mesi, probabilmente non sarebbe stata particolarmente d’accordo.
Quindi in realtà questo episodio l’ho scritto un po’ prima e i dati che vi darò sono stati presi grossomodo intorno alle 18:00, alla chiusura delle Borse Europee, quindi se succede qualcosa di clamoroso dopo ve ne parlerò nel prossimo episodio.
Qualunque cosa succeda, comunque, quel che doveva far notizia ad Aprile è già successo!
Dopo 5 mesi di luna di miele con i mercati, dove veramente sembrava che si stesse configurando uno scenario da sogno con la situazione quasi miracolosa di un’economia che cresce e di un’inflazione che cala, ecco che arriva la duplice doccia gelata di Aprile.
Prima è arrivato il dato di Marzo sul CPI, il Consumer Price Index negli Stati Uniti, ossia il modo tecnico in cui si misura l’inflazione, cioè tramite l’indice dei prezzi al consumo, esattamente come avviene anche qui da noi.
C’è un bel paniere di prodotti e servizi e si guarda mese dopo mese come i prezzi evolvono rispetto al mese prima e, soprattutto, rispetto allo stesso mese dell’anno prima.
Ci si aspettava un’inflazione su base annua al 3,4% e, sorpresa sorpresa, il dato è stato 3,5%.
Ora, non è che 0,1 punti percentuali sia la fine del mondo.
Il punto però è che per il terzo mese di fila l’inflazione ha ripreso a salire e ormai non si può più negare che il percorso che deve portare al fatidico target del 2% sarà molto più arduo delle aspettative.
Puntuale come un orologio svizzero, il giorno della pubblicazione di dati il mercato azionario è andato giù a capofitto e i rendimenti dei titoli di stato sono schizzati verso l’alto.
Il motivo?
Oh ragazzi il motivo è sempre quello.
Se l’inflazione non va giù, allora il mercato non crede più che la Fed taglierà tanto presto i tassi di interesse e quindi i rendimenti delle obbligazioni si riassestano su livelli più alti per scontare l’aspettativa di tassi di interesse più alti più a lungo, higher for longer come si dice da un pezzo.
Di conseguenza, come sapete benissimo ormai che siete dei maestri Jedi di Obbligazioni, quando i rendimenti salgono cosa succede ai prezzi?
Esatto! SCENDONO!
E quindi obbligazioni giù.
Perché succede questo.
Naturalmente perché aumentano le vendite sui titoli di stato (in particolare il benchmark è il Treasury a 10 anni) nell’ipotesi che in futuro i rendimenti obbligazionari saranno superiori.
Come sempre i prezzi e i rendimenti delle obbligazioni riflettono le aspettative future sui tassi di interesse e non aspettano gli effettivi interventi della Fed sui tassi per muoversi.
Fin qui, ok bad news ma fondamentalmente in linea con il contesto di un’economia, quella Americana, che continua a correre come fossimo negli anni ’90.
Poi il 25 aprile, ricorrenza della liberazione qui da noi ma giorno assolutamente normale negli Stati Uniti, arriva il secondo brusco risveglio dal sogno immacolato di una situazione macroeconomica perfetto: escono i dati sulla crescita del PIL Americano del primo trimestre.
Ci si aspettava una crescita del 2,4% su base annua e invece è arrivato un sorprendente e ben più modesto 1,6%.
Insomma: inflazione che cresce ed economia che rallenta è proprio una combinazione di ingredienti veramente nefasta, come mettere una spolverata di parmigiano su un piatto di spaghetti con l’astice.
Presi separatamente hanno il loro perché.
Ma messi insieme sono un vero schifo.
Adesso non voglio suscitare allarmismi immotivati ai primi dati negativi che arrivano dopo un anno e mezzo di sorprese positivi.
Però in economia quel mix micidiale composto di inflazione che sale ed economia che rallenta ad un certo punto prende il nome di STAGFLAZIONE, ossia Stagnazione più Inflazione, il peggio che può capitare.
Quando succede sta cosa, come per esempio era accaduto in maniera devastante negli anni ’70 a seguito degli Shock petroliferi conseguenti la guerra dello Yom Kippur, è un vero casino uscirne.
Di solito la ricetta plain vanilla per combattere l’inflazione è alzare i tassi di interesse.
Ma quando alzi i tassi rallenti l’economia perché riduci la liquidità in giro, rendi più costoso accedere al denaro, le imprese fanno meno investimenti, la gente spende meno, non si comprano case e in generale la macchina economica s’inceppa.
Come se ne esce?
Eh in realtà non c’è un consenso universale su questa cosa.
Non è che sia successo così spesso in passato, tanto che fino agli ’70 si teorizzava che la Stagflazione fosse impossibile.
Finché poi è capitata da vero.
Strano che una teoria economica si riveli completamente sbagliata e incapace di costruire un modello predittivo della realtà, non succede mai…
Cmq mentre combattere l’inflazione è una cosa che sanno fare tutti i banchieri centrali del mondo, dato che si tratta di alzare i tassi di interesse — e poi lì casomai il bravo banchiere centrale e quello che sa quando fermarsi prima di causare una recessione — quando si tratta di Stagflazione non c’è un rimedio assodato.
Quando si tratta di inflazione si agisce cercando di ridurre la domanda di beni e servizi per far rallentare la corsa dei prezzi.
Per esempio: se rendi più costoso accendere un mutuo, meno gente vorrà comprare case e quindi la crescita dei prezzi delle case rallenterà.
In teoria almeno.
Con la Stagflazione invece probabilmente si tratta di agire sul lato dell’offerta.
Se i governi riescono ad intraprendere politiche economiche che stimolano la produttività e quindi in qualche modo riducono la disoccupazione ma allo stesso tempo aumentando l’offerta di beni e servizi, allora possono sperare di rallentare la corsa dell’inflazione e allo stesso tempo di far ripartire la crescita economica.
Una roba difficilissima da fare nella pratica perché servono governi coraggiosi in grado di prendere decisioni senza garanzia di successo e i cui risultati si vedono solo nel tempo.
Comunque oggi non siamo in Stagflazione, ci mancherebbe, però sarà importante vedere i prossimi dati per capire se il corso degli eventi si inverte o se ci avviluppiamo in quella sciagurata direzione.
Questo in America.
In Europa invece il tema è un po’ diverso.
A marzo l’inflazione dell’Eurozona è stata in media al 2,4%, quindi siamo già vicini al target magico del 2%.
Come dire, sul piano dell’inflazione siamo messi meglio degli Stati Uniti, ma sul piano della crescita invece siamo praticamente fermi, con tassi di crescita asfittici nell’ordine dello zero virgola.
Quindi? Che si fa Christine?
Tagliamo finalmente i tassi in Europa così le obbligazioni vanno su e i mercati azionari festeggiano questo implicito stimolo all’economia?
Eh-eh, ti piacerebbe vero? … era in Francese perché era proprio Christine Lagarde che mi ha risposto.
Perché non è semplice adesso per la Banca Centrale Europa tagliare i tassi dato che l’inflazione è decisamente sotto controllo?
Eh qui è un problema non da poco che riguarda, colpo di scena, le valute.
Ora le valute sono cose strane e si muovono spesso secondo delle logiche non sempre comprensibili e tutt’altro che prevedibili.
Però è abbastanza facile supporre che se la BCE taglia i tassi e la FED no, l’Euro si indebolisce rispetto al Dollaro, banalmente perché tagliare i tassi significa aumentare indirettamente l’offerta di denaro sul mercato e quindi se aumenti la liquidità in una certa valuta, questa tende a svalutarsi rispetto ad un’altra che invece continua ad essere restrittiva sul piano monetario.
Quindi, per farla breve: se la BCE taglia i tassi e la Fed sta ferma, i rendimenti delle obbligazioni in Euro scendono e pure l’Euro si deprezza rispetto al dollaro.
E chissene frega direte voi?
Ehhhh ce ne frega invece!
Allora nel breve evviva evviva perché il mio portafoglio va su, visto che la valuta su cui sono maggiormente esposto in questo momento, come quasi tutti del resto, è il dollaro.
Come sapete benissimo, se ho ETF che replicano sottostanti quotati in dollari, se il dollaro va su acquistano valore, se va su invece l’Euro perdono valore.
Il problema però è che né Stati Uniti, né Europa sono troppo contenti con Euro forte e dollaro debole, entrambi vorrebbero esattamente il contrario.
– Gli Stati Uniti, perché un dollaro debole è propizio per l’export e quindi le multinazionali americane che vendono in tutto il mondo si trovano dei profitti in dollari più elevati se il dollaro è debole;
– L’Europa invece vuole un dollaro debole perché importa una montagna di materie prime, che sono tutte denominate in dollari. Se invece l’Euro si indebolisce, come probabilmente accadrebbe con un taglio della BCE non in sincronia con la FED, comprare Petrolio, Gas, Rame e via dicendo diventa più costoso.
In pratica avremmo fatto tutto sto macello del rialzo dei tassi per contrastare l’inflazione e poi una volta che l’inflazione è andata giù ce la riporteremmo in casa comprando materie prime a prezzi più alti per via dell’Euro debole.
Eh no.
Nun se po’ fa.
Poi magari la BCE qualche taglietto lo fa comunque, poco poco, piano piano e sempre se gli Stati Uniti sono d’accordo.
Però non darei per scontato che i tagli dei tassi in Europa siano così imminenti come invece ho sentito dire da qualcuno.
Ancora una volta, infatti, un grande supporto per la parte comica dei miei podcast arriva dal più nobile, storico e diffuso quotidiano d’Italia: il Corriere della Sera.
Sì lo so, avevo già detto mesi fa che avrei disdetto l’abbonamento.
Giuro che alla fine l’ho fatto.
Poi però si vede che ci sono rimasti male e mi hanno proposto di riabbonarmi tipo a un euro al mese e… e ci sono ricascato.
Alla fine qualche articolo interessante c’è sempre eh, non dico di no.
In particolare consiglio a tutti la newsletter Whatever it takes di Federico Fubini, in Italiano, che è sempre veramente illuminante per capire le beghe economiche di casa nostra.
Però poi puntualmente arrivano anche i consigli di investimento del corriere, propinati dal gestore di turno.
A sto giro tocca ad un articolo sulla ricetta per investire durante la prossima imminente recessione.
Eh sì eh!
Ormai ci siamo.
I “leading indicator” come dice l’esperto intervistato dal Corriere, non sbagliano mai: se questi dicono che la recessione è in arrivo, è in arrivo.
Peccato che i “leading indicator” dicono che la recessione è in arrivo dalla fine del 2022 ma boh, avrà sbagliato strada.
È un po’ come quando il navigatore vi diche mancano 30 minuti a destinazione, poi il traffico aumenta e il tempo residuo continua ad aumentare.
Sarà successa la stessa cosa alla recessione, che tutti davano per scontata già oltre 18 mesi fa e sta qua continua a non arrivare.
Però ci siamo eh, attenzione che ormai ci siamo e quindi via al portafoglio perfetto per investire in questa fase.
Come sempre, i consigli di investimento Italiani hanno sempre lo stesso starter pack, allora:
– Titoli di Stato
– Qualche bond corporate di livello investment grade
– Niente Azioni (o poche Azioni) perché se dici Azioni e poi il mercato va giù poi tutti pensano che sei un pirla che non capisce niente
– E infine a sto giro un po’ di Oro, così, visto che va di moda.
Eh sì, la tesi di quest’intervista è che ci sono intanto delle grandi opportunità sul mercato obbligazionario, soprattutto sulle scadenze intermedie, perché QUASI CERTAMENTE la BCE dovrà tagliare i tassi prima della Fed e il mercato non ha ancora scontato questa cosa.
Cioè in pratica sta dicendo:
– Molto probabilmente la BCE taglierà i tassi prima della Fed. Molto probabilmente
– però il mercato si è dimenticato di alzare i prezzi delle obbligazioni e far scendere i rendimenti in risposta a questa cosa.
– Quindi: se voi comprate obbligazioni europee fate il botto perché la BCE molto probabilmente taglierà i tassi a breve.
Ma scusa.
Ma se MOLTO PROBABILMENTE la BCE taglierà i tassi a breve, ma possibile che il mercato non lo sconti già e che invece l’affare lo devo venire a sapere dal corriere?
Ma non è invece che le obbligazioni non scontano questa roba, perché il mercato non pensa che dopo tutto sia così tanto probabile che la BCE agirà a breve?
Mah…
Comunque così, dopo questa sottile analisi macroeconomica, sbam! Arriva il raffinato consiglio finanziario.
80% obbligazioni e 20% di oro.
Avete presente tutte quelle cose che diciamo qui, tipo che i portafogli vanno fatti su misura per ciascuno, che bisogna armonizzarli agli obiettivi, che devo avere una prospettiva di lungo termine… ?
No, niente, il portafoglio giusto per TUTTI è 80% obbligazioni (da capire quali, sembra Titoli di Stato e un po’ di corporate a piacimento, come una macinata di pepe sulla carbonara) e 20% di oro.
Adesso, va bene tutto, dell’oro abbiamo pure parlato parecchio nell’ultima puntata, ho capito che l’asset class del momento, ma anche qui dare per scontato che dopo uno dei rally più impressionanti di sempre l’oro continuerà a salire perché presto i titoli di stato renderanno meno per via dei molto probabili tagli dei tassi, boh, mi sembra un’affermazione un po’ forte.
Per non parlare poi del fatto che qualche giorno dopo sempre il corriere ha fatto uscire un altro di questi articoli di straordinaria utilità in cui veniva ventilata l’ipotesi esattamente opposta, ossia che l’oro potrebbe scendere dopo aver fatto questa corsa impetuosa.
Citazione una poltrona per due
Ragazzi l’avevamo detto nell’ultimo episodio con Nicola, ve lo ribadisco qua.
Una poltrona per due è davvero un corso accelerato di finanza come pochi altri ☺
Comunque capite perché poi in Italia come investitori mediamente siamo pessimi?
Ora io suppongo che uno che legge quell’articolo sul Corriere abbia già un minimo di propensione all’investimento e quindi abbia già un portafoglio.
Una volta che legge quest’articolo, confidando che il più grande quotidiano d’Italia gli dia dei suggerimenti pratici, immagino anche che prenderà decisioni di conseguenza.
Quindi una volta che legge, buttato lì, che il portafoglio migliore è 80% obbligazioni e 20% oro cosa fa? Vende magari tutte le azioni che aveva, compra oro e ribilancia il portafoglio?
E poi magari settimana prossima esce un altro articolo e cambia asset allocation un’altra volta?
Cioè ma come fai a dare sti consigli….
Io veramente… boh…
Va beh, mi sono fatto un po’ trasportare, comunque tutta sta manfrina era per dire occhio a fare previsioni, non ci capisce niente nessuno.
E occhio soprattutto a fare valutazioni di breve termine sul portafoglio.
Dire “in questo momento le cose sono così, quindi è meglio fare cosà” è sempre un esercizio straordinariamente complicato.
Il problema della finanza è che non basta avere ragione.
Indovinare che verranno tagliati i tassi o che le azioni scenderanno perché oggi i multipli sono molto alti non è sufficiente.
Bisogna anche indovinare le tempistiche con precisione e fare operazioni di conseguenza.
È questa la cosa davvero complicata.
E sbagliare anche di poco il tempismo delle operazioni tattiche sul portafoglio può fare davvero dei danni.
A inzio 2023 tutti davano per scontata una recessione e, con tassi alti e rendimenti degli strumenti monetari al 4-5%, triliardi di dollari sono stati riversati in investimenti a zero rischio, tutti convinti che l’azionario avrebbe sofferto.
Come noto, l’S&P 500 l’anno scorso è cresciuto di oltre il 20%.
Chi pensava di aver capito in anticipo il mercato e di essere più furbo di tutti assicurandosi un 4-5% senza rischio si è poi perso oltre 4 volte tanto non avendo investito in azioni.
Il problema dei rendimenti azionari, poi, è che non sono continui e omogenei.
Spesso ci sono momenti molto concentrati di crescita anche impetuosa, poi momenti laterali, ossia in cui il mercato va un po’ su e un po’ giù, e infine altri momenti di crollo.
Come noto, perdersi i migliori 10 giorni del mercato può avere un effetto devastante anche su 30 anni di investimento.
Certo, vale anche la cosa opposta, ossia che saltarsi i peggiori 10 giorni del mercato può dare risultati ancora migliori.
Il fatto vero però è che questa cosa è quasi impossibile da fare.
Se uno ha la pretesa di portarsi a casa determinati rendimenti solo quando è ragionevolmente sicuro di non correre rischi, beh, investa in titoli di stato e basta.
Se vuoi proteggerti da tutti i rischi, quello che ottieni è il rendimento risk-free dei titoli di stato, al netto dei costi di compravendita e tasse.
Quindi tutti sti consigli lasciano veramente il tempo che trova.
Oggi le valutazioni delle azioni sono alte mentre le obbligazioni rischiano poco e rendono bene?
Eh grazie al cazzo, non serve Warren Buffett per accorgersene.
Il punto però qual è?
Il punto è che anche sapere che le valutazioni sono alte e che “prima o poi” il mercato verrà giù non ci dice QUANDO e con che intensità questa cosa capiterà.
Quindi se oggi liquido tutta la mia parte azionaria, pago le tasse sul capital gain e reinvesto il profitto netto in obbligazioni, poi cosa succede?
Magari il mercato va su ancora 3 anni prima di crollare.
E quando crolla non è neanche detto che crolli al di sotto del valore attuale.
Quindi boh.
Se uno vuol star sereno le azioni non le dovrebbe neanche guardare.
Se invece vuole provare a prendersi il rendimento azionario, purtroppo non è che si possano fare troppe operazioni tattiche.
Bastasse guardare i multipli per prendersi solo gli up e mai i down del mercato, sarebbero bravi tutti e il più stupido degli hedge fund farebbe il 20% all’anno di media.
Invece guardare i multipli e prendere decisioni di conseguenza è estremamente complesso perché in mezzo c’è la variabile del tempo.
O imbrocchi perfettamente il timing per uscire e rientrare.
Oppure stai dentro e quando le cose vanno male te ne fai una ragione, chiudi l’app del tuo broker e vai a leggerti un libro.
Per superare un intero bear market consiglio la trilogia di Nassim Taleb, Giocati dal Caso + Il Cigno Nero + Antifragile.
Tre bei mattonazzi da quasi 1.000 pagine in totale, dovrebbero bastarvi per tenervi distratti finché il mercato non si riprende.
Molto bene, finito il delirio di imprecazioni verso i consiglieri di raccomandazioni di investimento non richieste e di dubbia utilità, veniamo a come sono andati i vari mercati ad Aprile.
Come sempre, prendo i dati degli ETF in Euro che replicano i vari indici, quindi la performance dal nostro punto di vista può essere diversa dalla performance di ciascun indice sottostante.
Peraltro nel mese di Aprile sicuramente è stato così perché la doccia gelata sull’inflazione ha allontanato ulteriormente le prospettive di tagli della Fed e quindi il dollaro si è rafforzato sull’euro, cosa che come sapete per noi ha un effetto positivo sulle valutazioni.
Dunque
– S&P 500 = -2,5% circa ad Aprile, + 10,5% da inizio anno
– MSCI World = -2% ad Aprile, +9% da gennaio
– Stoxx 600 = -1,5% questo mese, +7% circa da inizio anno
– Euro Stoxx 50 = -2% ad Aprile ma ancora + 11% per tutto il 2024, quindi Europa in Euro batte Stati Uniti per il momento e neanche di così poco perché se leviamo l’effetto cambio, lo Stoxx 50 è davanti di 4 punti percentuali sul super indice dei campioni americani
– E attenzione, ancora il nostro FTSE MIB continua a confermarsi l’indice più performante del mondo, almeno tra i grandi mercati, praticamente in pari ad Aprile e con un bel +14% da inizio anno.
Fa ancora più rumore se pensiamo che gli amici tedeschi e i cugini Francesi hanno i rispettivi indici fermi intorno all’8% da inizio anno.
Ah quanto è bello mettere dietro Germania e Francia… e quanti ricordi! come in quella calda estate del 2006 quando quell’improbabile eroe di nome Fabio Grosso fece fuori i tedeschi ai supplementari e la Francia all’ultimo rigore consegnandoci la più grande gioia sportiva nazionale dal 1982.
– Fuori dall’Europa, andiamo invece in Giappone, che ha un po’ rallentato la sua corsa dopo il raggiungimento dei massimi storici che erano attesi da ben 36 anni, ad Aprile ha perso oltre il 3,5% e da inizio anno è su ancora di circa il 7%.
– È stato invece un buon mese per i mercati Emergenti, trainati anche dalla Cina che ha sorpresa ha riportato una crescita del pil di circa il 5% nel primo trimestre su base annua, che hanno fatto complessivamente, in Euro, circa un +1,6% e da inizio anno sono su di oltre il 6%.
Quindi insomma azioni quasi tutte giù.
Soprattutto Stati Uniti e Giappone si sono presi le sberle più dure, anche se in realtà l’S&P aveva perso anche di più ad un certo punto, sprofondando sotto i 5.000 punti, per poi riposizionarsi intorno ai 5.100, in particolare dopo i dati molto positivi di Microsoft e Google, in attesa che nei prossimi giorni pubblichino i loro dati gli altri pesi massimi Amazon, Apple e soprattutto Nvidia.
Però diciamo che questa Healthy Correction, come l’hanno chiamata Ben Carlson e Michael Batnick nel loro podcast Animal Spirits, ci stava.
Il mercato ha corso tantissimo da ottobre a oggi, facendo circa +25% praticamente senza sosta, e ad un certo punto ci sta che si prenda una pausa, tiri il fiato, qualche investitore si porti a casa qualche profitto, in attesa poi di capire che direzione prendere.
Come sempre, finché il mercato va su tutto bene, ma anche se ogni tanto va giù e offre qualche occasione per comprare a prezzi migliori non è male.
Sarò onesto.
Ero più contento quando l’S&P era sceso sotto i 5.000 sperando che andasse giù ancora per un po’, perché queste valutazioni così alte ovviamente possono essere un tema di medio termine se le società realizzeranno meno utili di quanto è atteso e presupposto nei prezzi attuali.
Però non è stato questo il mese.
Per ora il mercato azionario scende ma tiene e vediamo come proseguirà in seguito.
Poi arriva Maggio e come sapete c’è il vecchio detto “Sell in May and go away”.
Ma sappiamo anche che da anni sta cosa ha smesso di essere una regola universalmente valida.
Se vi ricordate l’anno scorso uno dei periodi migliori dell’anno è stato proprio da maggio a luglio.
Ora, rapido sguardo ad altre asset class e poi vediamo cosa ci aspetta il mese di Maggio.
– I Treasury Americani a 10 anni, come prevedibile, nell’ultimo mese hanno lasciato per strada circa un 2% ovviamente perché i dati più alti sull’inflazione hanno allontanato la prospettiva di taglio dei tassi;
– I bond governativi Europei, invece, sempre su scadenze intermedie, hanno perso ad Aprile circa un punto percentuale e sono in media sotto dell’1,6% da inizio anno.
L’asset class regina del 2024, però, è ancora l’oro: nell’ultima settimana si è leggermente sgonfiato, perché probabilmente la prospettiva di taglio dei tassi più in là e quindi rendimenti obbligazionari più alti sui titoli di stato ha rallentato la sua corsa, che era arrivata oltre il +20% da inizio anno attestandosi ora comunque intorno al +16%.
Davvero una crescita impressionante del metallo giallo come non si vedeva da una vita.
La cause?
non sono chiarissime a nessuno.
Forse la Cina e altri paesi Emergenti stanno aumentando le riserve auree per avere un’alternativa di riserva al dollaro?
Forse molti investitori pensavano che i rendimenti obbligazionari sarebbero scesi e quindi hanno preferito virare sulla riserva di valore per eccellenza?
Forse un mix di queste cose?
Boh, sta di fatto che nel 2024 l’oro è l’asset class quotata che più è cresciuta ed è sicuramente una notizia.
Giusto una nota su Bitcoin invece, che ha lasciato per strada quasi il 13% ad Aprile, che è stato anche il mese dell’Halving come sapete, restando comunque solidamente su di oltre il 40% da inizio anno.
Però sapete anche che Bitcoin è un asset in cui non investo e di cui non mi frega nulla, quindi lascio a voi ulteriori approfondimenti sull’argomento.
Invece veniamo alle cose croccanti che ci aspettano nel mese di maggio.
Eh si perché nuovo giro, nuova corsa.
Il 30 aprile finisce il mese, come ogni 30 aprile del resto, e subito dopo si parte con il botto!
Già il 1° maggio, giorno in cui uscirà quest’episodio, ci sarà il Federal Open Market Committee, per gli amici FOMC, che è il comitato della Federal Reserve che in pratica decide i tassi di interesse.
Al 99% i tassi resteranno invariati, ma come sempre la cosa interessante sarà interpretare la posizione delle sopracciglia di Jerome Powell durante la conferenza stampa per cercare di intuire qual è l’aria che tira nelle segrete stanze delle Fed rispetto a sta cosa che l’inflazione non va giù ma che se tieni i tassi troppo alti troppo a lungo dopo un po’ l’economia si rompe.
Poi giovedì 2 maggio esce la trimestrale di Apple, da cui ci si attende un fatturato in contrazione e qualche difficoltà dello smartphone più amato di sempre a tenere il ritmo degli anni passati, soprattutto perché in Cina l’iPhone è stato praticamente messo fuorilegge per chiunque abbia una carica pubblica.
Il dato dei dati però arriva come sempre il primo venerdì del mese: non-farm payroll, quindi il numero di posti di lavoro non agricoli creati negli Stati Uniti nel mese di Aprile, che è uno di quei dati che qualunque sarà manderà in sbattimento i mercati.
Se sarà sotto le attese, da un lato si potrebbe pensare che l’economia si stia raffreddando, ma d’altra parte potrebbe suscitare paura verso le prime avvisaglie di quel fenomeno chiamato stagflazione di cui dicevamo prima, ossia inflazione che sale ed economia che ristagna.
Se invece sarà sopra le attese, il rischio è che l’economia continui ad essere troppo calda e che quindi la corsa dei prezzi, soprattutto dei servizi, non si rallenti.
Come la girate la girate, alla fine ciascuno legge in questi dati quel che vuole.
E se invece sarà esattamente come la attese?
Mah non lo considero neanche perché non c’è un mese in cui le stime centrano il target…
Insomma, Maggio parte con il botto e vedremo subito che direzione prenderanno i mercati, dopodiché, beh io probabilmente continuerò a non fare niente di molto diverso.
Anche se in realtà, come vi ho detto anche nell’ultimo episodio, mi sto facendo qualche domanda ultimamente.
Certo, non ho intenzione di stravolgere l’impostazione del portafoglio, però sto leggendo e sentendo cose interessanti che mi danno da pensare.
La scorsa volta vi ho parlato dei portafogli con poche azioni e in particolare del No Regret Portfolio, ricordate? 50% azionario globale, 12,5% obbligazioni a medio termine, 12,5% a lungo termine e 25% di oro, che ha stuzzicato la mia immaginazione perché in effetti sembra aver avuto in passato solide performance soprattutto nei momenti più bui.
Sempre di recente invece, nel podcast di Meb Faber, ho sentito un’interessante intervista con un gestore di GMO, un’importante società americana di Asset Management famosa per il suo approccio “contrarian”, che cerca cioè di individuare opportunità sottovalutate dal mercato per generare valore nel lungo termine.
Va beh, sulla carta bellissimo, poi come sempre bisogna capire quanto questo approccio, al netto delle fee, sia davvero in grado di generare “alpha”, ossia un extra rendimento rispetto al mercato di riferimento.
Comunque la persona intervistata da Meb Faber raccontava con entusiasmo di questa “once in a generation opportunity”, un’opportunità di investimento come non si era mai vista che potrebbe restituire risultati interessanti nei prossimi anni (il loro orizzonte di riferimento è circa 7 anni).
In pratica, dopo oltre mezz’ora di analisi, in sintesi estrema il consiglio di GMO è stato fondamentalmente “investire in qualunque cosa all’infuori dell’S&P 500”.
Booom!
In che senso mi direte?
Eh in pratica GMO ha fatto questo studio in cui, per dirla in quattro parole, vede male male male le large cap americane per i prossimi anni (un po’ come tutti, ma loro sono ancora più negativi), mentre invece vedono benissimo:
– Le società Value e soprattutto quelle che loro chiamano Deep Value, ossia società che oggi sono estremamente sottovalutate, con dei rapporti prezzi utili inferiori a 10 in alcuni casi;
– Poi sono molto fiduciosi sulle opportunità che possono esserci sui mercati sviluppati extra US, quindi Europa, UK e Giappone e questo, bisogna precisarlo, soprattutto perché GMO, come altri, vedono un dollaro molto forte che potrebbe in futuro indebolirsi, quindi per un investitore americano potrebbe esserci un extra rendimento derivato dal rafforzamento della valuta estera delle robe in cui investe;
– Infine, sempre nella logica di investimenti contrarian, GMO vede delle opportunità interessanti sull’obbligazionario dei paesi emergenti.
Ora, sulle obbligazioni in valuta locale di paesi emergenti non so se mi imbarcherei, perché andrei veramente fuori un chilometro dal mio circle of competence, però le altre due cose sono interessanti.
Sicuramente il discorso delle valutazioni a buon mercato delle società Europee e Giapponesi l’abbiamo toccato più volte.
Da una parte è anche vero che se costano poco un motivo ci sarà, quindi non è detto che siano destinate a sovraperformare nei prossimi anni.
Dall’altra però non è un ragionamento campato per aria che Large Cap di qualità e con valutazioni inferiori a quelle americane potrebbero avere un senso nel portafoglio.
Sul discorso Value, invece, il ragionamento di GMO è che in questo momento c’è un gap a livelli record tra i prezzi delle società americane value e quelle growth.
Siccome storicamente le società value hanno sovraperformato quelle growth nel lungo termine, anche solo per un principio di regressione verso la media un piedino sul mondo value potrebbe aver senso averlo.
Chiaramente non sono consigli di investimento, nel senso che non ho la più pallida idea se sia un’opportunità da cogliere oppure no.
Però vi metto il link all’analisi di GMO e se la cosa vi convince un modo comodo per fare un investimento globale su aziende value potrebbe essere investire in un ETF sul MSCI World Value Factor, l’indice che racchiude quasi 400 società definite Value (con un price earning ratio medio inferiore a 12), distribuite in maniera piuttosto diversificata su tutto il mondo sviluppato.
38% Stati Uniti, 24% Giappone, 10% Regno Unito, 7% Francia, 5% Germania, 3% Italia e così via.
Tra l’altro una statistica interessante alla base di questo ragionamento sulle società value o deep value è che storicamente se uno avesse sempre investito nell’S&P 500 ma escludendo le 10 società più grandi, quindi se avesse investito sempre nell’S&P 490, avrebbe sovraperformato l’S&P 500.
Questa cosa da una parte lascia un po’ così, poi se ci pensate ha senso.
Le società più grandi tendono ad essere quelle più sopravvalutate e quindi ad avere rendimenti futuri inferiori.
Il problema è che tutto ciò ha funzionato benissimo fino a che le più grandi dell’S&P 500 sono diventate le Magnifiche 7 più qualcun altro.
Da ormai un decennio sono loro che trainano la gigantesca carretta dell’S&P 500, quindi questo trend storico negli ultimi anni non si sarebbe più verificato perché in effetti stiamo da tempo assistendo alla tendenza di società grandi che diventano sempre più grandi e dominanti e le altre che restano indietro.
Ora la domanda è: arrivati dove siamo, sta per avvicinarsi il momento in cui finalmente le magnifiche 7, o parte di esse, si levano un po’ dalle palle e lasciano brillare altre società oggi sottovalutate, come è sempre stato in passato, oppure siamo definitivamente entrati in una nuova era, dove pochi mega colossi continueranno a dominare incontrastati il mercato e quindi il ritorno delle società value farà la fine del Godot di Samuel Beckett, il personaggio protagonista dell’omonimo dramma atteso per tutta l’opera e che mai arriva?
Fate le vostre scommesse signori e che il fato vi assista!
Bene, care amiche e cari amici di questo podcast, anche per questo mese abbiamo visto gli highlights dei 30 giorni alle nostre spalle.
Da quando faccio questi recap, è il primo mese in cui parliamo di dati negativi, sarà quindi interessante vedere nei prossimi quale sarà il trend che prenderà il mercato.
La mia scommessa di inizio anno sulla chiusura dellS&P 500 il 31 dicembre, dotata di zero valore sotto ogni punto di vista, resta sempre intorno ai 5.200 punti.
Erano già stati superati a Marzo, adesso siamo scesi sotto i 5.100, me la sto ancora giocando contro tutte le altre grandi banche di Wall Street.
E vediamo chi la spunterà alla fine ☺
Grazie invece a tutti voi che siete ancora qui e che spero lo sarete anche a fine anno quando vedremo insieme se c’avrò preso o come spesso accade se avrò detto una minchiata.
Ormai più di 50.000 persone hanno ascoltato almeno una volta le scemenze che mi passano per la testa ogni tre giorni, quindi ci restano solo 58 milioni 890 mila Italiani da raggiungere.
Per fare questo, vi invito come sempre a mettere segui e attivare le notifiche su Spotify, Apple Podcast, o dove ci ascoltate e a lasciare una recensione a 5 stelle per supportarci e permetterci di continuare a produrre contenuti che si abbonano e poi disdicono e poi si riabbonano a prestigiosi quotidiani nazionali solo per leggere i più strampalati consigli di investimento e condividerli qui con voi sempre nuovi.
Per questo episodio invece è davvero tutto e noi ci rivediamo domenica prossima a parlare di un aspetto molto importante della nostra pianificazione finanziaria, del senso della vita e della morte, di elfi, orchi e calcolo differenziale ma giuro che la cosa sarà molto più pratica di quel che sembra, sempre qui naturalmente con The Bull il tuo podcast di finanza personale.
Recensioni
Quando capisci come funziona la finanza… ti viene voglia di raccontarla!
Ho seguito tutte le puntate! Grazie veramente
Amalia A., 17 Set 2025Da quando l'ho scoperto in 15 gg mi sono ascoltato 150 puntate senza fermarmi, ho annullato gli altri podcast per portarmi alla pari ed ascoltare tutte le precedenti puntate, ben fatto, esattamente il livello di informazione che mi serviva
Gianluca G., 11 Set 2025Ho acquistato e letto il suo libro e l' ho trovato. Esprime i concetti economici in modo semplice e chiaro. Sentirlo parlare conferma che è un professionista del settore.
Giulia N., 11 Ago 2025Non sono solito a mettere recensioni e specialmente non ascolto podcast, ma da quando ho iniziato questo, faccio fatica a staccarmi, e quasi non posso più fare a meno di ascoltare e arricchirmi culturalmente.
Andrea V., 22 Set 2025Veramente veramente raccomandato! la finanza personale riassunta alla perfezione! e spiegata partendo dall'ABC! Ottimo anche da ascoltare a velocita 1,5x!
Giorgia R., 23 Gen 2025La mia ignoranza in materia mi ha sempre creato dei dubbi, ma grazie a un amico ho iniziato ad ascoltare il podcast. Per fortuna che ho 24 anni e un po' di tempo e soldi da dedicarmi a imparare le varie nozioni per me stesso. Grazie mille!
Luca G. 10 Ott 2025Riccardo mi ha letteralmente cambiato la vita e fatto scoprire che amo la finanza, ho ascoltato il podcast già due volte e non mi stufo mai di ascoltarlo, parla in modo semplice e chiaro
Massimo D., 23 Set 2025Podcast che dà sempre spunti interessanti che personalmente mi ha fatto appassionare alla finanza personale spingendomi ad approfondire in prima persona.
Lorenzo, 13 Mar 2025Dovrebbero ascoltarlo buona parte degli italiani e io avrei dovuto scoprirlo con qualche anno in anticipo ma meglio tardi che mai
Matteo C., 3 Set 2025