È (ancora) un buon momento per investire?
Prova gratis la newsletter di DataTrek per 15 giorni (#adv). Indici ai massimi, valutazioni da dot-com bubble ed euforia sui mercati sono segnali della possibile fase finale di un ciclo di crescita. E' ancora un buon momento per investire? E cosa si può fare per preparsi al meglio a futuri scenari avversi?

254. È (ancora) un buon momento per investire?
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L'attuale euforia di mercato (AI) presenta valutazioni elevate e segnali di bolla, pur con fondamentali solidi.
Prepara il portafoglio: check-up finanziario, diversifica con oro, bond inflazione e strategie azionarie low beta/value.
Trascrizione Episodio
Bentornati a The Bull — il tuo podcast di finanza personale.
Questo podcast è nato ufficialmente nel giugno del 2023.
Venivamo dal terribile 2022, in cui l’MSCI ACWI, in dollari, era arrivato a perdere oltre il 25% dal suo picco precedente nel corso del mese di settembre.
Per noi meno perché il dollaro si era rafforzato molto in quel periodi, ma qualunque portafoglio fatto principalmente di azioni e bond praticamente era andato in rosso a doppia cifra.
Poi a Novembre è arrivato ChatGPT e da lì siamo improvvisamente entrati in un nuova era.
A gennaio del 2024 l’S&P 500 sarebbe tornato nuovamente sui massimi storici, intorno ai 4.800 punti.
Se fino ad allora avevo raccontato in lungo e in largo che il momento migliore per investire è sempre “adesso” soprattutto ancora sotto i massimi, una volta che i mercati azionari erano tornati suoi massimi feci regolarmente diversi episodi in cui in pratica dicevo: investire quando il mercato è sui massimi, quando raggiunge nuovi all time high, è generalmente una cosa buona, non cattiva.
Noi pensiamo istintivamente che una volta che si raggiunge un massimo lo scenario successivo più probabile sia un crollo.
Ma in realtà abbiamo visto una sbadilata di statistiche che fanno vedere chiaramente che i massimi tendono a raggrupparsi tra loro, tendono a fare dei cluster.
Nel breve termine, il mercato azionario ha un’autocorrelazione positiva, crea dei trend.
Quando si arriva a nuovi massimi, tende a fare massimi sempre più alti, tanto che c’è una famosa statistica che fa vedere che investire un dollaro durante un all time high dell’S&P 500 ha un rendimento medio maggiore a uno, tre e cinque anni del rendimento medio dello stesso dollaro investito in qualunque altro momento.
REGOLA GENERALE: investire quando il mercato è sui massimi, nonostante sembri contro il nostro senso comune, è generalmente una buona idea.
Perché?
Per tante ragioni:
– Il fatto appunto che si creino dei trend;
– La graduale attenuazione del rischio percepito, che abbassa il rendimento richiesto dagli investitori e quindi fa salire i prezzi;
– La tendenza degli investitori a sovrastimare i profitti futuri, creando per un po’ delle profezie che si autoavverano
– Il fatto — e questa è forse la cosa più importante — che i profitti davvero sono stati una continua sorpresa positiva negli ultimi anni.
– E poi metteteci qualunque altra spiegazione fondamentale o comportamentale che vi pare.
Sta di fatto che i nuovi massimi non sono distribuiti uniformemente nella storia.
Se ne creano centinaia durante i bull market e poi possono passare anche dieci anni senza un nuovo massimo.
Il problema è che noi stiamo ad ascoltare il nostro istinto, non è MAI un buon momento per investire:
– Quando il mercato è ai MASSIMI: no perché ormai è troppo caro, bisognava investire prima, ormai è tardi, tra poco viene giù tutto;
– Quando il mercato invece non è ai MASSIMI: no perché c’è incertezza, l’economia è in difficoltà, ci sono le guerre, bla bla bla.
Se posso dare un consiglio paradossale per la vita: penserete quasi sempre che OGGI non sia un buon momento per investire, ma preoccupatevi soprattutto quando penserete che OGGI sia un ottimo momento per investire.
Quando vi sembrerà davvero ovvio che investire in asset rischiosi sia la cosa più giusta da fare, occhio che quello è probabilmente il momento buono in cui state per commettere qualche errore madornale.
Quando la percezione del rischio viene meno, di solito quello è il segnale immediatamente precedente la tempesta.
Ma su questo ci torniamo tra poco.
Sta di fatto che da gennaio del 2024, con l’S&P a 4.800 punti, a oggi, con l’S&P che ha superato la demoniaca soglia dei 6.666 punti, in una corsa incredibile cominciata dai 666 punti del marzo 2009 — il che rende tutto anche piuttosto inquitante ora che ci faccio caso — cmq sapete che chi vi parla ha sempre detto, noioso come un orologio rotto, che OGGI è sempre un buon momento per investire.
Qualunque giorno, OGGI, sia.
Ve lo dissi con il mercato ai massimi.
Ve lo dissi durante l’agosto shock legato all carry trade giappone.
Ve lo dissi durante l’ubriacante corsa del mercato dopo l’elezione di Trump.
Ve lo dissi nei dintorni del liberation day, quando nonostante il bear market in euro continuavo a dirvi: “keep calm ragazzi”, tutto passa.
E ho continuato a battere questo tasto sino ad ora.
Ma oggi invece è (ancora) un buon momento per investire?
Beh, quando oggi qualcuno mi fa questa domanda, la mia risposta è diventata più un Sì… Ma…
Lungi da me voler sposare la causa del market timing, ci mancherebbe altro.
Però oggi vorrei fare alcune considerazioni perché, come disse John Maynard Keynes, quando i fatti cambiano, io cambio opinione, When the facts change, I change my mind.
In realtà io non posso dire di avere cambiato opinione.
Ma di avere uno sguardo leggermente diverso, beh, sì quello un po’ sì.
Vediamo perché.
Intanto qual è il quadro?
– S&P 500 vicino ai massimi storici, scambiato ad un prezzo che è 40 volte la media degli utili degli ultimi 10 anni.
– Abbiamo poi sui massimi o quasi sui massimi molti indici europei, come quello tedesco, il nostro ftse mib, il ftse 100 inglese e il nikkei giapponese.
– L’oro continua la sua corsa senza senso oltre i 3.800 dollari l’oncia.
– Bitcoin è un po’ sceso dai massimi, ma è comunque oltre i 110.000 dollari piuttosto stabilmente.
– Per non parlare poi del sottobosco della finanza: proliferazione di investimenti alternativi, IPO, SPAC, meme stock, piattaforme di trading che ormai ti fanno scommettere anche su qualunque cosa, insomma, l’euforia è nell’aria.
Ci sono però alcune cose che stanno facendo moltiplicare lo scetticismo e la preoccupazione da parte di molti investitori.
– Per esempio Michael Cembalest, l’eminentissimo Chairman of Market and Investment Strategy di JP Morgan, ha scritto la scorsa settimana che dal novembre 2022 ad oggi le azioni legate a vario titolo all’intelligenza artificiale sono state responsabili del 75% del ritorno dell’S&P 500, dell’80% della crescita degli utili e del 90% della crescita degli investimenti strutturali, soprattutto in data center. È evidente che c’è soprattutto un’unica grande narrazione che sto sostenendo da tre anni la crescita del mercato più importante del mondo. Il che si aggiunge alla preoccupazione permanente sul livello di concentrazione dell’S&P 500 che si chiamerà anche 500, ma il 40% dell’indice sono 10 azioni.
– Un’altra cosa che puzza un po’ di revival della dot-com bubble sono soprattutto le migliaia di miliardi dollari investiti in capital expenditures, costi esorbitanti per alimentare la capacità dei LLM e tutta la corsa all’intelligenza artificiale.
– A questo poi si aggiunge una dinamica che era tipica anche 25 anni fa, ossia la società A che finanzia la società B per permetterle di comprare i prodotti della società A. Nvidia che investirà 100 miliardi in OpenAI, oltre ai 5 che ha investito in Intel, ricorda le dinamiche di fine anni 90 in cui Cisco investiva in altre società perché comprassero le infrastrutture di Cisco.
– C’è poi tutto il mix di commissioni politiche ed economiche. L’economia americana sta di nuovo correndo a ritmi incredibili con il GDPnow della fed di atlanta che prevede una crescita nel terzo trimestre del 3,8%, una roba pazzesca se confrontato con il solito 0, dei paesi europei. D’altra parte la Fed ha tagliato i tassi di interesse di un quarto di punto e il mercato scommette su altri due tagli. La Fed resta sicuramente indipendente, ma c’è tutta la corrente trumpiana nel board del federal open market committee che chiaramente fa pressioni per andare nella direzione voluta da sua eccellenza ambrata.
– Se lui ha ragione, i tagli dei tassi alimenteranno una crescita sotto steroidi dell’economia;
– Se lui ha torto, l’inflazione decollerà di nuovo provocando un’ecatombe.
– Scenario più probabile: da qualche parte nel mezzo
Più in generale ci sono alcuni segnali abbastanza ricorrenti quando si sta formando una bolla che porta al famoso momento di Minsky, che indica il **punto di svolta improvviso da euforia a crisi** nei mercati finanziari, quando un periodo prolungato di crescita e stabilità porta a livelli di rischio e leva insostenibili — e infine al crollo.
Ve ne propongo qualcuno, attingendo da un bell’articolo di Bankrate di quale mese fa.
NUMERO UNO: c’è una unica storia dominante che guida qualunque interpretazione del mercato. Sono tre anni che si parla solo e soltanto di AI.
Non ci fosse stato ChatGPT a fine 2022, probabilmente ci saremmo sognati un bull market così impetuoso in questi tre anni, in cui il mercato americano è cresciuto di oltre il 60%.
E questa solitamente non è una cosa buona, perché il rischio è che esista un’unica tesi di investimento non falsificabile che giustifica la salita dei prezzi del mercato azionario in qualunque circostanza.
Fino ovviamente al punto in cui dovesse diventare insostenibile.
NUMERO DUE: I prezzi appunto crescono a prescindere dalle notizie.
Oh, se c’avete fatto caso, ormai i mercati azionari se ne strafregano di qualunque cosa succeda nel mondo.
Dazi? Ormai roba archiviata, e la nuova sparata dei dazi al 100% sui farmaci non ha fatto fare una piega a nessuno. Tanto meno la fee di 100.000 dollari per ottenere permessi di lavoro per stranieri, una chiara mossa di ritorsione contro l’India che finora non si è piegata alle richieste di Trump e che potrebbe rappresentare un danno enorme soprattutto per le realtà tech che vivono di informatici indiani.
Pressione mai vista sulla Fed da parte del Presidente degli US? Come se niente fosse
Guerre e prospettive di guerre ancora peggiori ovunque nel mondo? Manco ce ne siamo accorti
Il numero di nuovi assunti si è praticamente congelato da 4 mesi mentre l’inflazione è risalita? Tutto ok
Insomma, il mercato va su perché … perché va su.
Sembra un feedback loop che si autorinforza e che trova continuamente nuove buone motivazioni per archiviare notizie potenzialmente problematiche.
Il rischio, chiaramente, è che alla lunga lo scollamento tra aspettative e realtà diventi troppo grande — e solitamente il momento di Minsky viene innescato improvvisamente da cause endogene, come potrebbe essere un brutto rialzo dell’inflazione e dei tassi di interessi o un brutto dato sulla disoccupazione e così via.
NUMERO TRE: è andato su tutto.
L’abbiamo detto: azioni, oro, cripto, mercato immobiliare, private equity.
Ogni asset rischioso sembra conoscere un’unica direzione di marcia: verso l’alto.
E questo — a volte — è sospetto di una tendenza autoreferenziale del mercato, dove alla lunga posso prevalere motivazioni emotive a quelle fondamentali.
L’unico asset che resta un po’ in sofferenza sono le obbligazioni, perché invece principalmente i timori sull’espansione incontrollata dei debiti pubblici ha impennato i rendimenti sulla parte lunga della curva obbligazionaria un po’ in tutti mercati: Stati Uniti, Europa e soprattutto Giappone.
E questa è una cosa da non sottovalutare perché uno shock sul debito a lungo termine di uno stato che dovesse vedere i suoi rendimenti obbligazionari salire avrebbe come conseguenza piuttosto immediata un crollo delle valutazioni azionarie.
– Un po’ per le preoccupazioni sulla tenuta sistemica di un’economia con un debito enorme dal costo insostenibile
– Un po’ perché aumenterebbe il tasso di sconto, facendo scendere il valore presente delle azioni.
Ricordiamo sempre che il prezzo di un’azione è il valore scontato dei profitti futuri attesi.
Se le prospettive sugli utili si deteriorano perché le condizioni dell’economia peggiorano e/o il tasso di sconto aumenta perché gli investitori chiedono un maggior compenso per investire in azioni, meccanicamente il prezzo delle azioni scende.
NUMERO QUATTRO: i nuovi investitori dicono che i vecchi investitori non capiscono che “oggi è diverso”.
Potrebbe essere.
Ogni volta è diverso.
Ma il più delle volte non è così diverso quando si tratta dei principi generali: ciò che va troppo su, soprattutto se ci va per motivi insostenibili, prima o poi torna giù.
La legge della gravitazione finanziaria universale ce l’aveva spiegata molto bene il prof. Campbell, fecendo leva sui quasi 40 anni di ricerca in cui si è occupato di capire cosa muove i mercati azionari.
La sua conclusione era stata che più le valutazioni salgono e quindi più si riducono i tassi di sconto, più si creano le premesse per una regressione verso la media.
Verso quale media, beh, questo è un altro discorso che vedremo tra un secondo.
NUMERO: ovviamente le valutazioni azionarie, che sono ormai quasi al 100esimo percentile e questa cosa che sta innervosendo parecchi visto che solo un’altra volta nella storia si era arrivati a questo punto, nel 1999 — e tutti sanno cos’è successo dopo
Questo significa necessariamente che qualcosa di brutto stia per accadere?
Assolutamente no.
Però è opportuno fare qualche considerazione.
Allora, messi assieme tutti questi discorsi, lo scenario sembra disegnato ad hoc per prefigurare la tempesta perfetta e un nuovo decennio perduto alle porte.
Per onestà intellettuale però c’è qualche considerazione da fare anche di senso opposto.
PRIMA CONSIDERAZIONE: i fondamentali ci sono.
Gli utili delle società dell’S&P 500 negli ultimi 4 decenni sono sistematicamente cresciuti.
Il nostro amico Ben Carlson ha pubblicato un grafico la scorsa settimana in cui ha fatto vedere che la marginalità media negli anni ’90 era del 5,6%. Negli anni 2000 è salita al 6,3%. Negli anni 2010, dominati dall’esplosione delle Big Tech la media è stata 8,8% e la media degli anni 2020, nonostante il covid, è ad un impressionante 10,3%.
Cioè in pratica oggi le società americane oggi fanno il doppio di utili per ogni dollaro di vendite.
Quindi — come dire — è abbastanza logico assumere che una maggiore profittabilità strutturale — sperando che sia strutturale e non passeggera — giustifichi valutazioni sistematicamente più elevate.
Con l’S&P intorno a 6.700 punti e la stima degli utili medi per l’anno prossimo di 303 dollari per azione, parliamo di un rapporto prezzo utili attesi di 22: alto, ma non assurdamente alto.
SECONDA CONSIDERAZIONE: su usiamo il CAPE ratio siamo a livello da dot.com bubble. Non ci piove.
Il mio amico Nick Colas di Datatrek, però, quasi 40 anni a Wall Street e quindi uno che non si fa facilmente impressionare dai numeri che tutti hanno sott’occhio, ha fatto notare nella sua newsletter di lunedì che confrontare il prezzo dell’S&P 500 di oggi con gli utili degli scorsi 10 anni è sicuramente legittimo, ma anche arbitrario.
Si usa 10 anni per evitare le anomalie che possono capitare in singoli anni e sballare il dato, mentre su 10 anni gli utili si normalizzano.
Ma 10 è un numero come un altro. Volendo si potrebbero usare gli utili degli ultimi 5 anni — e già lo scenario sarebbe molto diverso.
Se prendiamo gli utili degli ultimi 5 anni — in cui ricordiamo abbiamo avuto: la pandemia, il 2022 funestato dal rialzo monstre dei tassi di interesse, tassi elevati fino a settembre del 2024 e le allegre goliardate di Trump con i dazi — dicevo, se prendiamo gli utili degli ultimi 5 anni il discorso cambia e questo CAPE Ratio modificato passa da 40 a 29.
Visto in quest’ottica, praticamente l’S&P 500 che fino ad un secondo fa sembrava caro come il fuoco, appare improvvisamente molto più economico di quanto sia stato negli ultimi anni.
Quest’analisi è stata ripresa anche da John Auters di Bloomberg per dire: ok abbiamo prezzi molto elevati, ma a seconda di come li guardiamo, forse dopo tutto non sono così elevati come possono sembrare.
Se persino Bloomberg riprende le analisi di Datatrek, capite quanto è autorevole quello che scrive Nick Colas. E se volete leggere anche voi queste analisi ogni singolo giorno, prima cosa che faccio io ogni mattina, Datatrek è sponsor di The Bull e in descrizione trovate un link per ricevere gratuitamente la newsletter per 2 settimane, dopodiché, se volete abbonarvi, solo per gli ascoltatori di The Bull per i primi 6 mesi avete uno sconto del 50%.
TERZA CONSIDERAZIONE: spesso si guardano le valutazioni e le si rapportano alla media storica.
Se guardiamo alla media di oltre un secolo fornita Robert Shiller, il premio Nobel inventore del CAPE Ratio insieme al nostro John Campbell, oggi siamo ad un valore che è oltre il doppio.
La media è circa 18. Oggi siamo come detto a 40.
Se invece prendiamo la media degli ultimi 30 anni, questa sale a 28.
40 è sempre tanto di più, ma non così tanto di più.
Se il mercato azionario, così come quello obbligazionario, quello immobiliare e altri mercati finanziari ha quella simpatica caratteristica che più va su, più, presto o tardi deve tornare giù, quella roba che chiamiamo sempre regressione verso la media, bisognerebbe anche chiedersi: “ok, ma quale media?”.
Probabilmente non si tornerà mai ad un rapporto tra prezzi e utili di 18.
E 40 forse è comunque un valore elevato sotto ogni punto di vista.
Ma magari 30 si consoliderà come nuova normalità.
Perché i prezzi delle azioni americane sembrano destinati ad essere strutturalmente più alti?
– In primis perché non solo la capacità di generare utili, ma anche il ritorno del capitale delle società dell’S&P 500 è incredibilmente più alto che in passato e sistematicamente superiore a quello delle società negli altri mercati sviluppati.
– Oltre a questo ci sono altri fatti:
– Le tasse sulle imprese sono sempre più basse e con il discusso Big Beautiful Bill di Trump lo saranno ancora meno, intorno al 10-13% – e ovviamente questa cosa alza meccanicamente gli utili;
– Contemporaneamente le società più grandi dell’S&P hanno business altamente scalabili, a basso costo e alta marginalità (certo, finché le spese per lo sviluppo dell’AI non dovessero andare definitivamente fuori controllo); in un’economia sempre più orientata a servizi e tecnologia e sempre meno a manifattura con elevati costi operativi, è legittimo aspettarsi una profittabilità mediamente superiore al passato.
– Infine c’è un discorso che facciamo spesso: investire oggi costa meno, è più facile ed è percepito come meno rischioso che in passato. Questo può contribuire ad alzare le valutazioni e a ridurre i rendimenti richiesti dagli investitori. Se sono disposto a pagare di più per lo stesso dollaro di utile futuro, automaticamente i prezzi salgono e i rendimenti futuri scendono.
Detto tutto questo, in che situazione ci troviamo?
Vedete ci sono sicuramente buone motivazioni per ritenere che siamo in una fase potenzialmente terminale di un ciclo di mercato.
Terminale, però, nessuno sa cosa vuol dire.
Il periodo 95-99 è stata la fase terminale di quel ciclo, ma è stata una fase leggendaria con ritorni che non si sarebbero mai più rivisti.
E magari questo fine ciclo durerà ancora diversi anni.
Magari il 2025 è il nuovo 1995, non il nuovo 1999.
Who knows?
Però capisco il nervosismo e capisco la preoccupazione di chiunque, oggi, mi chieda: “ma è ancora un buon momento per investire con tutti gli indici vicini ai massimi, l’oro ai massimi, btc quasi ai massimi e via dicendo?”.
Personalmente non ho la più pallida idea se una correzione significativa sia da mettere in agenda presto.
Sono molto più convinto che probabilmente i rendimenti futuri saranno inferiori che nel recente passato.
Ma non so cosa accadrà.
Anzi, se proprio devo spararne una, sarei quasi portato a dire che il mercato americano toccherà un nuovo record assoluto di CAPE ratio prima che qualcosa di brutto accada.
Allora il picco fu 44.
C’è ancora un po’ di strada.
Detto questo, però, e senza voler dare qualunque consiglio finanziario — anzi partite dal presupposto che io dica solo cazzate, come sempre — ci sono un po’ di cose che effettivamente si potrebbero fare per — diciamo così — prepararsi ad un’eventuale correzione dei mercati, preso atto che, comunque, è sicuramente più probabile una correzione quando i prezzi sono molto elevati, che non quando sono molto bassi.
PRIMO CONSIGLIO: fare un checkup della nostra situazione finanziaria complessiva
– A quanto ammontano i miei debiti?
– Ho delle esigenze di liquidità nel breve termine?
– Dove sono collocati gli obiettivi finanziari più significativi nel tempo?
La cosa più importante da fare quando si teme una crisi in arrivo — per buoni motivi o perché ci stiamo tutti facendo un film senza senso — è mettere in sicurezza le proprie finanze di breve termine.
Andiamo a controllare fondo di emergenza e gli investimenti a basso rischio e capiamo se sono sufficienti a coprire tutte le mie possibili esigenze di breve-medio termine.
Io per esempio in questo momento ho più del 30% del portafoglio investito in obbligazioni e oro.
Inoltre ho del cash da parte in un ETF monetario perché ho una mezza idea di cambiare casa che sono stufo di occupare abusivamente la cameretta di mia figlia, però non sono obbligato a farlo in un momento preciso.
E poi ho il fondo di emergenza.
Quindi la parte che davvero soffrirebbe davvero in caso di uno scenario da dot-com bubble è poco più di metà del mio patrimonio liquido — quello investito in azioni.
Mettiamo in conto anche un 50% di crollo, una cosa che non si vede dal 2009, cosa succederebbe?
– Beh intanto mi incazzerei come una iena
– Però al di là di questo avrei un drawdown del 50% sul 50% del patrimonio che poi magari viene parzialmente compensato dalla parte obbligazionaria e dall’oro
– Insomma, non è fuori luogo pensare che l’impatto netto varrà circa il 20% del patrimonio, forse il 30% del solo capitale investito.
Tantissimo, ma non mi cambierebbe di una virgola la vita.
Solo l’umore.
Se fate anche voi questo ragionamento e invece salta fuori un impatto con conseguenze negative sulla qualità della vostra vita, ecco allora un derisking del portafoglio andrebbe messo in agenda.
Quindi prima di capire come agghindare al meglio il nostro portafoglio, facciamo un passo indietro e preoccupiamoci dell’eventuale impatto sulla vita reale.
Poi alla fine pensiamo anche all’asset allocation.
SECONDO CONSIGLIO: ricordiamoci sempre che il nostro patrimonio è fatto dal nostro capitale investito liquido e dal valore presente del nostro capitale umano.
Devo chiedermi: da dove deriva il mio reddito?
Quanto ha una correlazione ciclica con il mercato?
Quanto sono a rischio le fonti di reddito della mia famiglia?
Se ho un lavoro stabile, in un contesto solido, in un business non particolarmente ciclico e se non ho impegni finanziari nel breve, sticazzi, può arrivare anche un’altra crisi con la C maiuscola tipo inizio 2000 e al di là dell’aspetto emotivo posso stare tranquillo.
Se invece ho un lavoro instabile, poco tutelato, altamente ciclico e condizionato dallo stato generale dell’economia, qui cambia tutto, perché dovrei mettere in conto non solo un drawdown del portafoglio, ma anche un ridimensionamento del mio reddito.
Vorrei dire che esiste il portafoglio migliore per tutti in questi casi, ma in realtà — come diciamo spesso — le decisioni d’investimento più importanti partono da considerazioni che riguardano aspetti non strettamente finanziari della nostra vita.
TERZO CONSIGLIO e qui veniamo a qualche considerazione sul portafoglio.
Il modo migliore per proteggersi dalle code sinistre degli scenari di crisi è sempre è comunque la diversificazione, al di là di azioni e titoli di Stato, che do per scontato che sia il core del portafoglio di molti di voi.
– In primis l’oro è senza dubbio la prima scelta come asset rifugio. È vero, oggi il prezzo sembra folle, oltre 3.800 dollari l’oncia e il 2025 è il secondo anno migliore di sempre per il prezzo dell’oro, da quando non è più legato al dollaro. Solo nel 1979 crebbe di più — e poi da lì andò giù in verticale per 20 anni.
Ma bisogna riconoscere che allora si era trattato soprattutto di una reazione ad un forte shock inflazionistico, mentre oggi ciò che guida è principalmente la domanda da parte di Banche centrali e di tutti i soggetti istituzionali che vogliono diversificare le riserve rispetto al dollaro e controllo politico americano.
Il nostro amico Ed Yardeni per esempio ha fissato il target per il prezzo dell’oro nel 2026 a 5.000 dollari.
Ovviamente non ha la sfera di cristallo nemmeno lui, ma in caso di shock sul mercato azionario, solitamente l’oro tende a muoversi in modo diverso, offrendo generalmente un’opportunità di diversificazione.
– Bond indicizzati all’inflazione possono essere un’altra idea da considerare, soprattutto se si teme che il fattore che possa invertire il corso dei mercati sia una recrudescenza dell’inflazione, che porterebbe la fed a fare marcia indietro nel percorso di alleggerimento dei tassi di interesse.
– Come terza cosa vi direi anche Managed Futures, che probabilmente sono davvero uno strumento completamente decorrelato dal resto. Però in Europa abbiamo di fatto un solo ETF, DBMF, molto piccolo e quotato da pochi mesi. Quindi su questo, senza prendere posizione alcuna, lascio a ciascuno di voi ogni singola considerazione. Fate le vostre ricerche su DBMF e traete le vostre conclusioni — io ho troppi pochi elementi per farlo ad oggi.
– Detto questo, anche nello stesso ambito azionario è possibile diversificare il portafoglio:
– Per esempio un tilt fattoriale su società a basso beta come quelle replicate da un ETF sul MSCI World Minimum Volatilty può essere un’idea.
Durante la dot-com bubble e per tutto il decennio perduto aveva retto molto meglio dell’MSCI World standard, riportando un rendimento leggermente positivo contro l’oltre -3,5% all’anno che per 10 anni l’MSCI World ha lasciato per strada a inizio 2000.
– Discorso per certi versi analogo è un indice equal weighted — e per esempio c’è un ETF di Invesco che fa questa cosa.
L’MSCI World equal weighted durante il decennio perduto avrebbe addirittura guadagnato circa l’1,5% all’anno, nonostante il collasso dell’azionario globale. Il motivo è che un indice equal weight ha un tilt naturale verso società value, mentre invece gli indici pesati per capitalizzazione hanno un bias strutturale verso le società growth.
Questo di per sé spiega perché nelle fasi di correzione funzionano meglio le prime e in quelle di crescita le seconde.
Personalmente non sono un grande fan delle strategie equal weighted, ma preferisco andare direttamente su Value. Che tra l’altro l’MSCI Value mi sta regalando un anno di soddisfazioni, perché è su del 13% contro l’MSCI World che in euro non arriva a +4% da inizio anno.
Però è bene sapere che questa possibilità esiste ed è facilmente implementabile.
QUARTO CONSIGLIO: ricordiamoci l’importanza del ribilanciamento e di alcuni possibili accorgimenti tecnici.
– Durante un brusco calo solitamente non conviene ribilanciare subito, perché si getta benzina sul fuoco;
– Lasciare però correre i pesi all’interno del portafoglio di un 10-20% può essere un’idea per ottimizzare il beneficio del ribilanciamento.
Se il mercato va giù, male, però è un’opportunità per accorciare i tempi di recovery con il ribilanciamento.
Segnarsi solo da qualche parte di non farlo immediatamente ma di tenere dei margini di tolleranza per catturare meglio la risalita successiva.
QUINTO CONSIGLIO — e forse questo è il più importante di tutti: ricordatevi perché avete cominciato ad investire e perché stavate continuando a farlo.
– Se state facendo un piano di accumulo con una significativa parte di azioni, ok, vuol dire che avevate messo in conto almeno 10-15 anni di tempo prima di toccare i vostri soldi, quindi non è così importante.
Anzi pregate ogni giorno perché la peggior crisi di sempre arrivi il prima possibile, il rischio di sequenza giocherà per voi.
– Se non avete ancora cominciato ad investire e avete un significativo capitale valgono le stesse regole di sempre:
– Generalmente investire tutto subito ha un rendimento atteso maggiore;
– Ma se entrare un po’ per volta vi fa stare più tranquilli allora fatelo a tranche e lasciata la parte non investita in un ETF monetario, così intanto un minimo di rendimento se lo porta a casa.
– Se infine avete già una parte importante del vostro patrimonio investita, come il sottoscritto, probabilmente il vostro portafoglio è già impostato come deve in vista di una possibile crisi, se avete già messo in campo quanto abbiamo detto nei consigli uno, due e tre e tenendo a mente il quattro.
Io personalmente ho costruito il mio portafoglio, come racconto spesso, in base a questi principi:
– La quantità di azioni dipende dai rendimenti attesi: più le valutazioni salgono più, molto lentamente e gradualmente, la mia allocazione azionaria scende; trasversalmente sovrappeso l’europa e sottopeso gli stati uniti, anche per ridurre l’impatto del rischio valutario verso il dollaro.
– In secondo luogo adatto la quota azionaria in base a come varia il mio profilo di rischio:
– La tolleranza psicologica resta generalmente quella;
– Ma la capacità e la necessità di prendermi rischi cambia in base a come cambiano i miei obiettivi di vita. Quindi più che adattare il portafoglio in base a previsioni sul mercato, lo adatto in base a come evolvono i piani della mia famiglia.
– In terzo luogo ho una diversificazione a più livelli:
– Ho una componente fattoriale sulla parte azionaria;
– Ho una quota di bond a lunga scadenza su quella obbligazionaria;
– Ho una significativa quantità di oro, che tra l’altro con l’ultimo rally è ormai vicina al 10% del totale del portafoglio.
Non esiste una diversificazione perfetta in senso assoluto.
Ma l’ho costruito cercando di capire come hanno interagito i vari asset nel passato e immaginandomi come mi sarei trovato allora in quella situazione:
– Dal 2000 ad oggi avrebbe reso più di un 100% azionario con due terzi della volatiltià;
– Durante il decennio perduto avrebbe avuto un rendimento positivo;
– Durante gli ultimi 10 anni avrebbe avuto uno Sharpe ratio, un rendimento aggiustato per il rischio, migliore di un 100% azionario.
Il massimo che posso fare è assicurare le esigenze di breve, fare un check sulla coerenza del portafoglio con gli obiettivi di lungo termine, diversificare a vari livelli e guardare al passato non tanto per prevedere il futuro, quanto per capire come avrei vissuto determinati scenari estremi e cercare di mettermi in quelle condizioni.
Oltre questo, posso solo ricordarmi che andare incontro, prima poi, a drawdown anche importanti è semplicemente parte del gioco.
no pain no gain.
Qualcuno vi dirà che le crisi si possono facilmente evitare monitorando notizi e mercati, ma quel qualcuno dice solo stronzate.
Chi dice che si è saltato il covid, il 2022 e così via, solitamente non vi dice quando e se è mai più rientrato, quale rendimento si è davvero portato a casa e soprattutto non vi dice tutte le altre volte che è uscito trionfante prima di una crisi che non si è mai verificata.
Bene amici miei, grazie per avermi ascoltato anche oggi, è sempre un piacere parlare di possibili crisi con voi, ma alla fine — diciamoci la verità — sono due anni e mezzo che parlo di finanza con un ottimismo a volte un po’ scemo e bisogna dire che finora ha portato bene.
Quindi avanti così.
Grazie a tutti per l’accoglienza che avete riservato al mio nuovo libro INVESTIRE SENZA DUBBI, che spero che aiuterà ciascuno di voi a fissare alcune idee, a capirne meglio altre e a scoprirne di nuove.
Presenteremo il libro a Milano il 14 ottobre alle 18:30 alla libreria Rizzoli in Galleria Vittorio Emanuele assieme ad una straordinaria host che è già passata da questo podcast, ma che vi svelerò a breve.
Sarò invece a Bologna il 16 ottobre alle 18:00 alla libreria Ambasciatori e a Roma il 22 sempre alle 18:00 al Libraccio di via Nazionale.
Comunque poi tranquilli che sotto data vi do tutte le informazioni precise qui, su instagram, su linkedin ecc., così chi vuole venire sa tutto.
Su YouTube invece sono usciti lunedì altri 5 video dedicati a
– come investirei oggi se partissi da zero
– mutuo vs affitto
– fondo pensione vs etf
– come investire per i figli e
– come gestire la liquidità.
Vi ringrazio di cuore se anche lì vorrete iscrivervi al canale, mettere like ai video e attivare le notifiche per supportarci e permetterci di continuare a produrre contenuti che vi raccontano le crisi che potrebbero arrivare ma anche no e come prepararci che non si sa mai, sempre nuovi.
Per questo episodio invece è davvero tutto e noi ci rivediamo domenica prossima con un nuovo appuntamento di altissimo livello e finalmente con un professore Italiano!
Sarà infatti con noi Nicola Gennaioli, professore di finanza comportamentale alla Bocconi, dottorato ad Harvard e autore insieme ad Andrei Shleifer e ad altri pesi massimi di alcune delle ricerche più discusse degli ultimi anni sulla prevedibile irrazionalità dei mercati e di come ci formiamo le nostre aspettative future — temi quanto mai attuali in questo momento.
Non perdetevela perché Gennaioli ha la straordinaria capacità di spiegare temi complessi legate alle più profonde dinamiche dei mercati con una semplicità e chiarezza disarmante.
Per questo episodio invece è davvero tutto e noi ci rivediamo domenica prossima con Nicola Gennaioli e la prevedibile irrazionalità dei mercati, sempre qui naturalmente con The Bull il tuo podcast di finanza personale
Bentornati a The Bull — il tuo podcast di finanza personale.
Questo podcast è nato ufficialmente nel giugno del 2023.
Venivamo dal terribile 2022, in cui l’MSCI ACWI, in dollari, era arrivato a perdere oltre il 25% dal suo picco precedente nel corso del mese di settembre.
Per noi meno perché il dollaro si era rafforzato molto in quel periodi, ma qualunque portafoglio fatto principalmente di azioni e bond praticamente era andato in rosso a doppia cifra.
Poi a Novembre è arrivato ChatGPT e da lì siamo improvvisamente entrati in un nuova era.
A gennaio del 2024 l’S&P 500 sarebbe tornato nuovamente sui massimi storici, intorno ai 4.800 punti.
Se fino ad allora avevo raccontato in lungo e in largo che il momento migliore per investire è sempre “adesso” soprattutto ancora sotto i massimi, una volta che i mercati azionari erano tornati suoi massimi feci regolarmente diversi episodi in cui in pratica dicevo: investire quando il mercato è sui massimi, quando raggiunge nuovi all time high, è generalmente una cosa buona, non cattiva.
Noi pensiamo istintivamente che una volta che si raggiunge un massimo lo scenario successivo più probabile sia un crollo.
Ma in realtà abbiamo visto una sbadilata di statistiche che fanno vedere chiaramente che i massimi tendono a raggrupparsi tra loro, tendono a fare dei cluster.
Nel breve termine, il mercato azionario ha un’autocorrelazione positiva, crea dei trend.
Quando si arriva a nuovi massimi, tende a fare massimi sempre più alti, tanto che c’è una famosa statistica che fa vedere che investire un dollaro durante un all time high dell’S&P 500 ha un rendimento medio maggiore a uno, tre e cinque anni del rendimento medio dello stesso dollaro investito in qualunque altro momento.
REGOLA GENERALE: investire quando il mercato è sui massimi, nonostante sembri contro il nostro senso comune, è generalmente una buona idea.
Perché?
Per tante ragioni:
– Il fatto appunto che si creino dei trend;
– La graduale attenuazione del rischio percepito, che abbassa il rendimento richiesto dagli investitori e quindi fa salire i prezzi;
– La tendenza degli investitori a sovrastimare i profitti futuri, creando per un po’ delle profezie che si autoavverano
– Il fatto — e questa è forse la cosa più importante — che i profitti davvero sono stati una continua sorpresa positiva negli ultimi anni.
– E poi metteteci qualunque altra spiegazione fondamentale o comportamentale che vi pare.
Sta di fatto che i nuovi massimi non sono distribuiti uniformemente nella storia.
Se ne creano centinaia durante i bull market e poi possono passare anche dieci anni senza un nuovo massimo.
Il problema è che noi stiamo ad ascoltare il nostro istinto, non è MAI un buon momento per investire:
– Quando il mercato è ai MASSIMI: no perché ormai è troppo caro, bisognava investire prima, ormai è tardi, tra poco viene giù tutto;
– Quando il mercato invece non è ai MASSIMI: no perché c’è incertezza, l’economia è in difficoltà, ci sono le guerre, bla bla bla.
Se posso dare un consiglio paradossale per la vita: penserete quasi sempre che OGGI non sia un buon momento per investire, ma preoccupatevi soprattutto quando penserete che OGGI sia un ottimo momento per investire.
Quando vi sembrerà davvero ovvio che investire in asset rischiosi sia la cosa più giusta da fare, occhio che quello è probabilmente il momento buono in cui state per commettere qualche errore madornale.
Quando la percezione del rischio viene meno, di solito quello è il segnale immediatamente precedente la tempesta.
Ma su questo ci torniamo tra poco.
Sta di fatto che da gennaio del 2024, con l’S&P a 4.800 punti, a oggi, con l’S&P che ha superato la demoniaca soglia dei 6.666 punti, in una corsa incredibile cominciata dai 666 punti del marzo 2009 — il che rende tutto anche piuttosto inquitante ora che ci faccio caso — cmq sapete che chi vi parla ha sempre detto, noioso come un orologio rotto, che OGGI è sempre un buon momento per investire.
Qualunque giorno, OGGI, sia.
Ve lo dissi con il mercato ai massimi.
Ve lo dissi durante l’agosto shock legato all carry trade giappone.
Ve lo dissi durante l’ubriacante corsa del mercato dopo l’elezione di Trump.
Ve lo dissi nei dintorni del liberation day, quando nonostante il bear market in euro continuavo a dirvi: “keep calm ragazzi”, tutto passa.
E ho continuato a battere questo tasto sino ad ora.
Ma oggi invece è (ancora) un buon momento per investire?
Beh, quando oggi qualcuno mi fa questa domanda, la mia risposta è diventata più un Sì… Ma…
Lungi da me voler sposare la causa del market timing, ci mancherebbe altro.
Però oggi vorrei fare alcune considerazioni perché, come disse John Maynard Keynes, quando i fatti cambiano, io cambio opinione, When the facts change, I change my mind.
In realtà io non posso dire di avere cambiato opinione.
Ma di avere uno sguardo leggermente diverso, beh, sì quello un po’ sì.
Vediamo perché.
Intanto qual è il quadro?
– S&P 500 vicino ai massimi storici, scambiato ad un prezzo che è 40 volte la media degli utili degli ultimi 10 anni.
– Abbiamo poi sui massimi o quasi sui massimi molti indici europei, come quello tedesco, il nostro ftse mib, il ftse 100 inglese e il nikkei giapponese.
– L’oro continua la sua corsa senza senso oltre i 3.800 dollari l’oncia.
– Bitcoin è un po’ sceso dai massimi, ma è comunque oltre i 110.000 dollari piuttosto stabilmente.
– Per non parlare poi del sottobosco della finanza: proliferazione di investimenti alternativi, IPO, SPAC, meme stock, piattaforme di trading che ormai ti fanno scommettere anche su qualunque cosa, insomma, l’euforia è nell’aria.
Ci sono però alcune cose che stanno facendo moltiplicare lo scetticismo e la preoccupazione da parte di molti investitori.
– Per esempio Michael Cembalest, l’eminentissimo Chairman of Market and Investment Strategy di JP Morgan, ha scritto la scorsa settimana che dal novembre 2022 ad oggi le azioni legate a vario titolo all’intelligenza artificiale sono state responsabili del 75% del ritorno dell’S&P 500, dell’80% della crescita degli utili e del 90% della crescita degli investimenti strutturali, soprattutto in data center. È evidente che c’è soprattutto un’unica grande narrazione che sto sostenendo da tre anni la crescita del mercato più importante del mondo. Il che si aggiunge alla preoccupazione permanente sul livello di concentrazione dell’S&P 500 che si chiamerà anche 500, ma il 40% dell’indice sono 10 azioni.
– Un’altra cosa che puzza un po’ di revival della dot-com bubble sono soprattutto le migliaia di miliardi dollari investiti in capital expenditures, costi esorbitanti per alimentare la capacità dei LLM e tutta la corsa all’intelligenza artificiale.
– A questo poi si aggiunge una dinamica che era tipica anche 25 anni fa, ossia la società A che finanzia la società B per permetterle di comprare i prodotti della società A. Nvidia che investirà 100 miliardi in OpenAI, oltre ai 5 che ha investito in Intel, ricorda le dinamiche di fine anni 90 in cui Cisco investiva in altre società perché comprassero le infrastrutture di Cisco.
– C’è poi tutto il mix di commissioni politiche ed economiche. L’economia americana sta di nuovo correndo a ritmi incredibili con il GDPnow della fed di atlanta che prevede una crescita nel terzo trimestre del 3,8%, una roba pazzesca se confrontato con il solito 0, dei paesi europei. D’altra parte la Fed ha tagliato i tassi di interesse di un quarto di punto e il mercato scommette su altri due tagli. La Fed resta sicuramente indipendente, ma c’è tutta la corrente trumpiana nel board del federal open market committee che chiaramente fa pressioni per andare nella direzione voluta da sua eccellenza ambrata.
– Se lui ha ragione, i tagli dei tassi alimenteranno una crescita sotto steroidi dell’economia;
– Se lui ha torto, l’inflazione decollerà di nuovo provocando un’ecatombe.
– Scenario più probabile: da qualche parte nel mezzo
Più in generale ci sono alcuni segnali abbastanza ricorrenti quando si sta formando una bolla che porta al famoso momento di Minsky, che indica il **punto di svolta improvviso da euforia a crisi** nei mercati finanziari, quando un periodo prolungato di crescita e stabilità porta a livelli di rischio e leva insostenibili — e infine al crollo.
Ve ne propongo qualcuno, attingendo da un bell’articolo di Bankrate di quale mese fa.
NUMERO UNO: c’è una unica storia dominante che guida qualunque interpretazione del mercato. Sono tre anni che si parla solo e soltanto di AI.
Non ci fosse stato ChatGPT a fine 2022, probabilmente ci saremmo sognati un bull market così impetuoso in questi tre anni, in cui il mercato americano è cresciuto di oltre il 60%.
E questa solitamente non è una cosa buona, perché il rischio è che esista un’unica tesi di investimento non falsificabile che giustifica la salita dei prezzi del mercato azionario in qualunque circostanza.
Fino ovviamente al punto in cui dovesse diventare insostenibile.
NUMERO DUE: I prezzi appunto crescono a prescindere dalle notizie.
Oh, se c’avete fatto caso, ormai i mercati azionari se ne strafregano di qualunque cosa succeda nel mondo.
Dazi? Ormai roba archiviata, e la nuova sparata dei dazi al 100% sui farmaci non ha fatto fare una piega a nessuno. Tanto meno la fee di 100.000 dollari per ottenere permessi di lavoro per stranieri, una chiara mossa di ritorsione contro l’India che finora non si è piegata alle richieste di Trump e che potrebbe rappresentare un danno enorme soprattutto per le realtà tech che vivono di informatici indiani.
Pressione mai vista sulla Fed da parte del Presidente degli US? Come se niente fosse
Guerre e prospettive di guerre ancora peggiori ovunque nel mondo? Manco ce ne siamo accorti
Il numero di nuovi assunti si è praticamente congelato da 4 mesi mentre l’inflazione è risalita? Tutto ok
Insomma, il mercato va su perché … perché va su.
Sembra un feedback loop che si autorinforza e che trova continuamente nuove buone motivazioni per archiviare notizie potenzialmente problematiche.
Il rischio, chiaramente, è che alla lunga lo scollamento tra aspettative e realtà diventi troppo grande — e solitamente il momento di Minsky viene innescato improvvisamente da cause endogene, come potrebbe essere un brutto rialzo dell’inflazione e dei tassi di interessi o un brutto dato sulla disoccupazione e così via.
NUMERO TRE: è andato su tutto.
L’abbiamo detto: azioni, oro, cripto, mercato immobiliare, private equity.
Ogni asset rischioso sembra conoscere un’unica direzione di marcia: verso l’alto.
E questo — a volte — è sospetto di una tendenza autoreferenziale del mercato, dove alla lunga posso prevalere motivazioni emotive a quelle fondamentali.
L’unico asset che resta un po’ in sofferenza sono le obbligazioni, perché invece principalmente i timori sull’espansione incontrollata dei debiti pubblici ha impennato i rendimenti sulla parte lunga della curva obbligazionaria un po’ in tutti mercati: Stati Uniti, Europa e soprattutto Giappone.
E questa è una cosa da non sottovalutare perché uno shock sul debito a lungo termine di uno stato che dovesse vedere i suoi rendimenti obbligazionari salire avrebbe come conseguenza piuttosto immediata un crollo delle valutazioni azionarie.
– Un po’ per le preoccupazioni sulla tenuta sistemica di un’economia con un debito enorme dal costo insostenibile
– Un po’ perché aumenterebbe il tasso di sconto, facendo scendere il valore presente delle azioni.
Ricordiamo sempre che il prezzo di un’azione è il valore scontato dei profitti futuri attesi.
Se le prospettive sugli utili si deteriorano perché le condizioni dell’economia peggiorano e/o il tasso di sconto aumenta perché gli investitori chiedono un maggior compenso per investire in azioni, meccanicamente il prezzo delle azioni scende.
NUMERO QUATTRO: i nuovi investitori dicono che i vecchi investitori non capiscono che “oggi è diverso”.
Potrebbe essere.
Ogni volta è diverso.
Ma il più delle volte non è così diverso quando si tratta dei principi generali: ciò che va troppo su, soprattutto se ci va per motivi insostenibili, prima o poi torna giù.
La legge della gravitazione finanziaria universale ce l’aveva spiegata molto bene il prof. Campbell, fecendo leva sui quasi 40 anni di ricerca in cui si è occupato di capire cosa muove i mercati azionari.
La sua conclusione era stata che più le valutazioni salgono e quindi più si riducono i tassi di sconto, più si creano le premesse per una regressione verso la media.
Verso quale media, beh, questo è un altro discorso che vedremo tra un secondo.
NUMERO: ovviamente le valutazioni azionarie, che sono ormai quasi al 100esimo percentile e questa cosa che sta innervosendo parecchi visto che solo un’altra volta nella storia si era arrivati a questo punto, nel 1999 — e tutti sanno cos’è successo dopo
Questo significa necessariamente che qualcosa di brutto stia per accadere?
Assolutamente no.
Però è opportuno fare qualche considerazione.
Allora, messi assieme tutti questi discorsi, lo scenario sembra disegnato ad hoc per prefigurare la tempesta perfetta e un nuovo decennio perduto alle porte.
Per onestà intellettuale però c’è qualche considerazione da fare anche di senso opposto.
PRIMA CONSIDERAZIONE: i fondamentali ci sono.
Gli utili delle società dell’S&P 500 negli ultimi 4 decenni sono sistematicamente cresciuti.
Il nostro amico Ben Carlson ha pubblicato un grafico la scorsa settimana in cui ha fatto vedere che la marginalità media negli anni ’90 era del 5,6%. Negli anni 2000 è salita al 6,3%. Negli anni 2010, dominati dall’esplosione delle Big Tech la media è stata 8,8% e la media degli anni 2020, nonostante il covid, è ad un impressionante 10,3%.
Cioè in pratica oggi le società americane oggi fanno il doppio di utili per ogni dollaro di vendite.
Quindi — come dire — è abbastanza logico assumere che una maggiore profittabilità strutturale — sperando che sia strutturale e non passeggera — giustifichi valutazioni sistematicamente più elevate.
Con l’S&P intorno a 6.700 punti e la stima degli utili medi per l’anno prossimo di 303 dollari per azione, parliamo di un rapporto prezzo utili attesi di 22: alto, ma non assurdamente alto.
SECONDA CONSIDERAZIONE: su usiamo il CAPE ratio siamo a livello da dot.com bubble. Non ci piove.
Il mio amico Nick Colas di Datatrek, però, quasi 40 anni a Wall Street e quindi uno che non si fa facilmente impressionare dai numeri che tutti hanno sott’occhio, ha fatto notare nella sua newsletter di lunedì che confrontare il prezzo dell’S&P 500 di oggi con gli utili degli scorsi 10 anni è sicuramente legittimo, ma anche arbitrario.
Si usa 10 anni per evitare le anomalie che possono capitare in singoli anni e sballare il dato, mentre su 10 anni gli utili si normalizzano.
Ma 10 è un numero come un altro. Volendo si potrebbero usare gli utili degli ultimi 5 anni — e già lo scenario sarebbe molto diverso.
Se prendiamo gli utili degli ultimi 5 anni — in cui ricordiamo abbiamo avuto: la pandemia, il 2022 funestato dal rialzo monstre dei tassi di interesse, tassi elevati fino a settembre del 2024 e le allegre goliardate di Trump con i dazi — dicevo, se prendiamo gli utili degli ultimi 5 anni il discorso cambia e questo CAPE Ratio modificato passa da 40 a 29.
Visto in quest’ottica, praticamente l’S&P 500 che fino ad un secondo fa sembrava caro come il fuoco, appare improvvisamente molto più economico di quanto sia stato negli ultimi anni.
Quest’analisi è stata ripresa anche da John Auters di Bloomberg per dire: ok abbiamo prezzi molto elevati, ma a seconda di come li guardiamo, forse dopo tutto non sono così elevati come possono sembrare.
Se persino Bloomberg riprende le analisi di Datatrek, capite quanto è autorevole quello che scrive Nick Colas. E se volete leggere anche voi queste analisi ogni singolo giorno, prima cosa che faccio io ogni mattina, Datatrek è sponsor di The Bull e in descrizione trovate un link per ricevere gratuitamente la newsletter per 2 settimane, dopodiché, se volete abbonarvi, solo per gli ascoltatori di The Bull per i primi 6 mesi avete uno sconto del 50%.
TERZA CONSIDERAZIONE: spesso si guardano le valutazioni e le si rapportano alla media storica.
Se guardiamo alla media di oltre un secolo fornita Robert Shiller, il premio Nobel inventore del CAPE Ratio insieme al nostro John Campbell, oggi siamo ad un valore che è oltre il doppio.
La media è circa 18. Oggi siamo come detto a 40.
Se invece prendiamo la media degli ultimi 30 anni, questa sale a 28.
40 è sempre tanto di più, ma non così tanto di più.
Se il mercato azionario, così come quello obbligazionario, quello immobiliare e altri mercati finanziari ha quella simpatica caratteristica che più va su, più, presto o tardi deve tornare giù, quella roba che chiamiamo sempre regressione verso la media, bisognerebbe anche chiedersi: “ok, ma quale media?”.
Probabilmente non si tornerà mai ad un rapporto tra prezzi e utili di 18.
E 40 forse è comunque un valore elevato sotto ogni punto di vista.
Ma magari 30 si consoliderà come nuova normalità.
Perché i prezzi delle azioni americane sembrano destinati ad essere strutturalmente più alti?
– In primis perché non solo la capacità di generare utili, ma anche il ritorno del capitale delle società dell’S&P 500 è incredibilmente più alto che in passato e sistematicamente superiore a quello delle società negli altri mercati sviluppati.
– Oltre a questo ci sono altri fatti:
– Le tasse sulle imprese sono sempre più basse e con il discusso Big Beautiful Bill di Trump lo saranno ancora meno, intorno al 10-13% – e ovviamente questa cosa alza meccanicamente gli utili;
– Contemporaneamente le società più grandi dell’S&P hanno business altamente scalabili, a basso costo e alta marginalità (certo, finché le spese per lo sviluppo dell’AI non dovessero andare definitivamente fuori controllo); in un’economia sempre più orientata a servizi e tecnologia e sempre meno a manifattura con elevati costi operativi, è legittimo aspettarsi una profittabilità mediamente superiore al passato.
– Infine c’è un discorso che facciamo spesso: investire oggi costa meno, è più facile ed è percepito come meno rischioso che in passato. Questo può contribuire ad alzare le valutazioni e a ridurre i rendimenti richiesti dagli investitori. Se sono disposto a pagare di più per lo stesso dollaro di utile futuro, automaticamente i prezzi salgono e i rendimenti futuri scendono.
Detto tutto questo, in che situazione ci troviamo?
Vedete ci sono sicuramente buone motivazioni per ritenere che siamo in una fase potenzialmente terminale di un ciclo di mercato.
Terminale, però, nessuno sa cosa vuol dire.
Il periodo 95-99 è stata la fase terminale di quel ciclo, ma è stata una fase leggendaria con ritorni che non si sarebbero mai più rivisti.
E magari questo fine ciclo durerà ancora diversi anni.
Magari il 2025 è il nuovo 1995, non il nuovo 1999.
Who knows?
Però capisco il nervosismo e capisco la preoccupazione di chiunque, oggi, mi chieda: “ma è ancora un buon momento per investire con tutti gli indici vicini ai massimi, l’oro ai massimi, btc quasi ai massimi e via dicendo?”.
Personalmente non ho la più pallida idea se una correzione significativa sia da mettere in agenda presto.
Sono molto più convinto che probabilmente i rendimenti futuri saranno inferiori che nel recente passato.
Ma non so cosa accadrà.
Anzi, se proprio devo spararne una, sarei quasi portato a dire che il mercato americano toccherà un nuovo record assoluto di CAPE ratio prima che qualcosa di brutto accada.
Allora il picco fu 44.
C’è ancora un po’ di strada.
Detto questo, però, e senza voler dare qualunque consiglio finanziario — anzi partite dal presupposto che io dica solo cazzate, come sempre — ci sono un po’ di cose che effettivamente si potrebbero fare per — diciamo così — prepararsi ad un’eventuale correzione dei mercati, preso atto che, comunque, è sicuramente più probabile una correzione quando i prezzi sono molto elevati, che non quando sono molto bassi.
PRIMO CONSIGLIO: fare un checkup della nostra situazione finanziaria complessiva
– A quanto ammontano i miei debiti?
– Ho delle esigenze di liquidità nel breve termine?
– Dove sono collocati gli obiettivi finanziari più significativi nel tempo?
La cosa più importante da fare quando si teme una crisi in arrivo — per buoni motivi o perché ci stiamo tutti facendo un film senza senso — è mettere in sicurezza le proprie finanze di breve termine.
Andiamo a controllare fondo di emergenza e gli investimenti a basso rischio e capiamo se sono sufficienti a coprire tutte le mie possibili esigenze di breve-medio termine.
Io per esempio in questo momento ho più del 30% del portafoglio investito in obbligazioni e oro.
Inoltre ho del cash da parte in un ETF monetario perché ho una mezza idea di cambiare casa che sono stufo di occupare abusivamente la cameretta di mia figlia, però non sono obbligato a farlo in un momento preciso.
E poi ho il fondo di emergenza.
Quindi la parte che davvero soffrirebbe davvero in caso di uno scenario da dot-com bubble è poco più di metà del mio patrimonio liquido — quello investito in azioni.
Mettiamo in conto anche un 50% di crollo, una cosa che non si vede dal 2009, cosa succederebbe?
– Beh intanto mi incazzerei come una iena
– Però al di là di questo avrei un drawdown del 50% sul 50% del patrimonio che poi magari viene parzialmente compensato dalla parte obbligazionaria e dall’oro
– Insomma, non è fuori luogo pensare che l’impatto netto varrà circa il 20% del patrimonio, forse il 30% del solo capitale investito.
Tantissimo, ma non mi cambierebbe di una virgola la vita.
Solo l’umore.
Se fate anche voi questo ragionamento e invece salta fuori un impatto con conseguenze negative sulla qualità della vostra vita, ecco allora un derisking del portafoglio andrebbe messo in agenda.
Quindi prima di capire come agghindare al meglio il nostro portafoglio, facciamo un passo indietro e preoccupiamoci dell’eventuale impatto sulla vita reale.
Poi alla fine pensiamo anche all’asset allocation.
SECONDO CONSIGLIO: ricordiamoci sempre che il nostro patrimonio è fatto dal nostro capitale investito liquido e dal valore presente del nostro capitale umano.
Devo chiedermi: da dove deriva il mio reddito?
Quanto ha una correlazione ciclica con il mercato?
Quanto sono a rischio le fonti di reddito della mia famiglia?
Se ho un lavoro stabile, in un contesto solido, in un business non particolarmente ciclico e se non ho impegni finanziari nel breve, sticazzi, può arrivare anche un’altra crisi con la C maiuscola tipo inizio 2000 e al di là dell’aspetto emotivo posso stare tranquillo.
Se invece ho un lavoro instabile, poco tutelato, altamente ciclico e condizionato dallo stato generale dell’economia, qui cambia tutto, perché dovrei mettere in conto non solo un drawdown del portafoglio, ma anche un ridimensionamento del mio reddito.
Vorrei dire che esiste il portafoglio migliore per tutti in questi casi, ma in realtà — come diciamo spesso — le decisioni d’investimento più importanti partono da considerazioni che riguardano aspetti non strettamente finanziari della nostra vita.
TERZO CONSIGLIO e qui veniamo a qualche considerazione sul portafoglio.
Il modo migliore per proteggersi dalle code sinistre degli scenari di crisi è sempre è comunque la diversificazione, al di là di azioni e titoli di Stato, che do per scontato che sia il core del portafoglio di molti di voi.
– In primis l’oro è senza dubbio la prima scelta come asset rifugio. È vero, oggi il prezzo sembra folle, oltre 3.800 dollari l’oncia e il 2025 è il secondo anno migliore di sempre per il prezzo dell’oro, da quando non è più legato al dollaro. Solo nel 1979 crebbe di più — e poi da lì andò giù in verticale per 20 anni.
Ma bisogna riconoscere che allora si era trattato soprattutto di una reazione ad un forte shock inflazionistico, mentre oggi ciò che guida è principalmente la domanda da parte di Banche centrali e di tutti i soggetti istituzionali che vogliono diversificare le riserve rispetto al dollaro e controllo politico americano.
Il nostro amico Ed Yardeni per esempio ha fissato il target per il prezzo dell’oro nel 2026 a 5.000 dollari.
Ovviamente non ha la sfera di cristallo nemmeno lui, ma in caso di shock sul mercato azionario, solitamente l’oro tende a muoversi in modo diverso, offrendo generalmente un’opportunità di diversificazione.
– Bond indicizzati all’inflazione possono essere un’altra idea da considerare, soprattutto se si teme che il fattore che possa invertire il corso dei mercati sia una recrudescenza dell’inflazione, che porterebbe la fed a fare marcia indietro nel percorso di alleggerimento dei tassi di interesse.
– Come terza cosa vi direi anche Managed Futures, che probabilmente sono davvero uno strumento completamente decorrelato dal resto. Però in Europa abbiamo di fatto un solo ETF, DBMF, molto piccolo e quotato da pochi mesi. Quindi su questo, senza prendere posizione alcuna, lascio a ciascuno di voi ogni singola considerazione. Fate le vostre ricerche su DBMF e traete le vostre conclusioni — io ho troppi pochi elementi per farlo ad oggi.
– Detto questo, anche nello stesso ambito azionario è possibile diversificare il portafoglio:
– Per esempio un tilt fattoriale su società a basso beta come quelle replicate da un ETF sul MSCI World Minimum Volatilty può essere un’idea.
Durante la dot-com bubble e per tutto il decennio perduto aveva retto molto meglio dell’MSCI World standard, riportando un rendimento leggermente positivo contro l’oltre -3,5% all’anno che per 10 anni l’MSCI World ha lasciato per strada a inizio 2000.
– Discorso per certi versi analogo è un indice equal weighted — e per esempio c’è un ETF di Invesco che fa questa cosa.
L’MSCI World equal weighted durante il decennio perduto avrebbe addirittura guadagnato circa l’1,5% all’anno, nonostante il collasso dell’azionario globale. Il motivo è che un indice equal weight ha un tilt naturale verso società value, mentre invece gli indici pesati per capitalizzazione hanno un bias strutturale verso le società growth.
Questo di per sé spiega perché nelle fasi di correzione funzionano meglio le prime e in quelle di crescita le seconde.
Personalmente non sono un grande fan delle strategie equal weighted, ma preferisco andare direttamente su Value. Che tra l’altro l’MSCI Value mi sta regalando un anno di soddisfazioni, perché è su del 13% contro l’MSCI World che in euro non arriva a +4% da inizio anno.
Però è bene sapere che questa possibilità esiste ed è facilmente implementabile.
QUARTO CONSIGLIO: ricordiamoci l’importanza del ribilanciamento e di alcuni possibili accorgimenti tecnici.
– Durante un brusco calo solitamente non conviene ribilanciare subito, perché si getta benzina sul fuoco;
– Lasciare però correre i pesi all’interno del portafoglio di un 10-20% può essere un’idea per ottimizzare il beneficio del ribilanciamento.
Se il mercato va giù, male, però è un’opportunità per accorciare i tempi di recovery con il ribilanciamento.
Segnarsi solo da qualche parte di non farlo immediatamente ma di tenere dei margini di tolleranza per catturare meglio la risalita successiva.
QUINTO CONSIGLIO — e forse questo è il più importante di tutti: ricordatevi perché avete cominciato ad investire e perché stavate continuando a farlo.
– Se state facendo un piano di accumulo con una significativa parte di azioni, ok, vuol dire che avevate messo in conto almeno 10-15 anni di tempo prima di toccare i vostri soldi, quindi non è così importante.
Anzi pregate ogni giorno perché la peggior crisi di sempre arrivi il prima possibile, il rischio di sequenza giocherà per voi.
– Se non avete ancora cominciato ad investire e avete un significativo capitale valgono le stesse regole di sempre:
– Generalmente investire tutto subito ha un rendimento atteso maggiore;
– Ma se entrare un po’ per volta vi fa stare più tranquilli allora fatelo a tranche e lasciata la parte non investita in un ETF monetario, così intanto un minimo di rendimento se lo porta a casa.
– Se infine avete già una parte importante del vostro patrimonio investita, come il sottoscritto, probabilmente il vostro portafoglio è già impostato come deve in vista di una possibile crisi, se avete già messo in campo quanto abbiamo detto nei consigli uno, due e tre e tenendo a mente il quattro.
Io personalmente ho costruito il mio portafoglio, come racconto spesso, in base a questi principi:
– La quantità di azioni dipende dai rendimenti attesi: più le valutazioni salgono più, molto lentamente e gradualmente, la mia allocazione azionaria scende; trasversalmente sovrappeso l’europa e sottopeso gli stati uniti, anche per ridurre l’impatto del rischio valutario verso il dollaro.
– In secondo luogo adatto la quota azionaria in base a come varia il mio profilo di rischio:
– La tolleranza psicologica resta generalmente quella;
– Ma la capacità e la necessità di prendermi rischi cambia in base a come cambiano i miei obiettivi di vita. Quindi più che adattare il portafoglio in base a previsioni sul mercato, lo adatto in base a come evolvono i piani della mia famiglia.
– In terzo luogo ho una diversificazione a più livelli:
– Ho una componente fattoriale sulla parte azionaria;
– Ho una quota di bond a lunga scadenza su quella obbligazionaria;
– Ho una significativa quantità di oro, che tra l’altro con l’ultimo rally è ormai vicina al 10% del totale del portafoglio.
Non esiste una diversificazione perfetta in senso assoluto.
Ma l’ho costruito cercando di capire come hanno interagito i vari asset nel passato e immaginandomi come mi sarei trovato allora in quella situazione:
– Dal 2000 ad oggi avrebbe reso più di un 100% azionario con due terzi della volatiltià;
– Durante il decennio perduto avrebbe avuto un rendimento positivo;
– Durante gli ultimi 10 anni avrebbe avuto uno Sharpe ratio, un rendimento aggiustato per il rischio, migliore di un 100% azionario.
Il massimo che posso fare è assicurare le esigenze di breve, fare un check sulla coerenza del portafoglio con gli obiettivi di lungo termine, diversificare a vari livelli e guardare al passato non tanto per prevedere il futuro, quanto per capire come avrei vissuto determinati scenari estremi e cercare di mettermi in quelle condizioni.
Oltre questo, posso solo ricordarmi che andare incontro, prima poi, a drawdown anche importanti è semplicemente parte del gioco.
no pain no gain.
Qualcuno vi dirà che le crisi si possono facilmente evitare monitorando notizi e mercati, ma quel qualcuno dice solo stronzate.
Chi dice che si è saltato il covid, il 2022 e così via, solitamente non vi dice quando e se è mai più rientrato, quale rendimento si è davvero portato a casa e soprattutto non vi dice tutte le altre volte che è uscito trionfante prima di una crisi che non si è mai verificata.
Bene amici miei, grazie per avermi ascoltato anche oggi, è sempre un piacere parlare di possibili crisi con voi, ma alla fine — diciamoci la verità — sono due anni e mezzo che parlo di finanza con un ottimismo a volte un po’ scemo e bisogna dire che finora ha portato bene.
Quindi avanti così.
Grazie a tutti per l’accoglienza che avete riservato al mio nuovo libro INVESTIRE SENZA DUBBI, che spero che aiuterà ciascuno di voi a fissare alcune idee, a capirne meglio altre e a scoprirne di nuove.
Presenteremo il libro a Milano il 14 ottobre alle 18:30 alla libreria Rizzoli in Galleria Vittorio Emanuele assieme ad una straordinaria host che è già passata da questo podcast, ma che vi svelerò a breve.
Sarò invece a Bologna il 16 ottobre alle 18:00 alla libreria Ambasciatori e a Roma il 22 sempre alle 18:00 al Libraccio di via Nazionale.
Comunque poi tranquilli che sotto data vi do tutte le informazioni precise qui, su instagram, su linkedin ecc., così chi vuole venire sa tutto.
Su YouTube invece sono usciti lunedì altri 5 video dedicati a
– come investirei oggi se partissi da zero
– mutuo vs affitto
– fondo pensione vs etf
– come investire per i figli e
– come gestire la liquidità.
Vi ringrazio di cuore se anche lì vorrete iscrivervi al canale, mettere like ai video e attivare le notifiche per supportarci e permetterci di continuare a produrre contenuti che vi raccontano le crisi che potrebbero arrivare ma anche no e come prepararci che non si sa mai, sempre nuovi.
Per questo episodio invece è davvero tutto e noi ci rivediamo domenica prossima con un nuovo appuntamento di altissimo livello e finalmente con un professore Italiano!
Sarà infatti con noi Nicola Gennaioli, professore di finanza comportamentale alla Bocconi, dottorato ad Harvard e autore insieme ad Andrei Shleifer e ad altri pesi massimi di alcune delle ricerche più discusse degli ultimi anni sulla prevedibile irrazionalità dei mercati e di come ci formiamo le nostre aspettative future — temi quanto mai attuali in questo momento.
Non perdetevela perché Gennaioli ha la straordinaria capacità di spiegare temi complessi legate alle più profonde dinamiche dei mercati con una semplicità e chiarezza disarmante.
Per questo episodio invece è davvero tutto e noi ci rivediamo domenica prossima con Nicola Gennaioli e la prevedibile irrazionalità dei mercati, sempre qui naturalmente con The Bull il tuo podcast di finanza personale
Recensioni
Quando capisci come funziona la finanza… ti viene voglia di raccontarla!
Dovrebbero ascoltarlo buona parte degli italiani e io avrei dovuto scoprirlo con qualche anno in anticipo ma meglio tardi che mai
Matteo C., 3 Set 2025Veramente interessante, chiaro e conciso. Cambia la vita finanziaria di chiunque.. da ascoltare assolutamente anche per chi di finanza non vuole occuparsi mai
Francesca B., 6 Apr 2024Ho acquistato e letto il suo libro e l' ho trovato. Esprime i concetti economici in modo semplice e chiaro. Sentirlo parlare conferma che è un professionista del settore.
Giulia N., 11 Ago 2025Non sono solito a mettere recensioni e specialmente non ascolto podcast, ma da quando ho iniziato questo, faccio fatica a staccarmi, e quasi non posso più fare a meno di ascoltare e arricchirmi culturalmente.
Andrea V., 22 Set 2025Podcast che dà sempre spunti interessanti che personalmente mi ha fatto appassionare alla finanza personale spingendomi ad approfondire in prima persona.
Lorenzo, 13 Mar 2025Podcast piacevole, scorre veloce ma in modo estremamente chiaro, spiega i concetti chiave per gestire le proprie finanze, fornendo la classica cassetta degli attrezzi. Complimenti, davvero ben fatto!
Massimiliano, 29 Mag 2024Da quando l'ho scoperto in 15 gg mi sono ascoltato 150 puntate senza fermarmi, ho annullato gli altri podcast per portarmi alla pari ed ascoltare tutte le precedenti puntate, ben fatto, esattamente il livello di informazione che mi serviva
Gianluca G., 11 Set 2025Veramente veramente raccomandato! la finanza personale riassunta alla perfezione! e spiegata partendo dall'ABC! Ottimo anche da ascoltare a velocita 1,5x!
Giorgia R., 23 Gen 2025La mia ignoranza in materia mi ha sempre creato dei dubbi, ma grazie a un amico ho iniziato ad ascoltare il podcast. Per fortuna che ho 24 anni e un po' di tempo e soldi da dedicarmi a imparare le varie nozioni per me stesso. Grazie mille!
Luca G. 10 Ott 2025