Hendrik Bessembinder: perché è così difficile investire in azioni

Perché investire in azioni è così difficile? Cosa rende il mercato azionario un gioco in cui pochissime aziende generano quasi tutta la ricchezza? In questa puntata ospitiamo Hendrik Bessembinder, l’autore del paper che ha cambiato per sempre il modo di leggere i rendimenti azionari.

Parliamo di skewness, compounding, perché la maggior parte delle singole azioni sotto-performa i Treasury, del ruolo della diversificazione, del mito del “prossimo Amazon” e di cosa questo significa per gli investitori comuni. Un episodio fondamentale per chi investe, o vuole farlo, con più consapevolezza.

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Hendrik Bessembinder: perché è così difficile investire in azioni
The Bull - Il tuo podcast di finanza personale

Hendrik Bessembinder: perché è così difficile investire in azioni

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Trascrizione Episodio

RICCARDO SPADA (RS) Bentornati a The Bull il tuo podcast di finanza personale

In molti dei 269 episodi prima di questo, nei miei due libri e in un’innumerevole quantità di conversazioni su finanza e investimenti mi è capitato di citare il lavoro straordinario di un professore dell’Arizona State University: Hendrik Bessembinder.

Nel 2018 e nel 2023, Bessembinder ha scritto due dei paper in assoluto più citati al mondo, in cui ha messo in luce un fatto tanto semplice quanto fondamentale da conoscere per qualunque investitore: una misera manciata di società, tra il 2 e il 4% del totale, è ciò che porta il 100% del ritorno azionario del mercato.

IN pratica su 64.000 azioni globali prese in esame dal 1990 al 2022, appena 1.600 di esse hanno portato l’extra rendimento del mercato azionario oltre il tasso di interesse senza rischio.

Tutte le altre società si dividono tra quelle che rendono più o meno quanto un fondo monetario e quelle che hanno rendimenti addirittura inferiori o negativi.

Questa scoperta apparentemente assurda e controintuitiva rappresenta una pietra miliare nella comprensione dell’investimento azionario e delle sue dinamiche più profonde e costituisce un pilastro fondamentale per ciascun investitore affinché possa prendere decisioni di buon senso nel corso della sua vita.

È per questo e per tante altre ragioni che sono felice di avere portato qui a The Bull Hendrik Bessembinder e di aver parlato con lui dei paper finanziari più famosi, citati e discussi dell’ultimo decennio.

Questa straordinaria intervista, è offerta da Edenred, sponsor dell’episodio di oggi, che ci teneva a dire una cosa sull’argomento.
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Senza ulteriore indugio vi lasco allora alla mia chiacchierata con HB. Buon ascolto!

RS Caro Prof. Bessembinder,
benvenuto nel mio podcast the bull!
È un onore inestimabile averti qui.
Dico sempre a chiunque sia interessato alla finanza: se nella vita dovessi leggere un solo paper, che sia uno di Hendrik Bessembinder. Sono lavori straordinari, illuminanti e in grado di cambiare il modo in cui comprendiamo cosa significa investire in azioni.
Perciò, grazie mille per questo privilegio.

HB Grazie, grazie. Grazie per avermi invitato.
Beh, davvero apprezzo quello che hai detto. Grazie.

RS So che nell’ultimo anno hai partecipato a moltissimi podcast, interviste e così via, perché i tuoi ultimi lavori hanno ricevuto un’enorme attenzione. Tutti volevano saperne di più.

HB Sì, sono stato un po’ impegnato per un po’ di tempo. Ma credo, credo che sia una cosa positiva. È bello avere persone interessate.

RS Hai sicuramente fatto bene a non menzionare la parola “skewness” nei titoli dei paper.

HB Ah, immagino che tu abbia visto alcuni dei miei precedenti podcast e la mia discussione sulla scelta strategica del titolo per quel primo articolo. Sì.

RS Già. Scelta saggia col senno di poi.
Ci diresti perché i tuoi lavori sono diventati così popolari e così ampiamente citati? Hai scoperto qualcosa di sorprendente riguardo la skewness dei rendimenti azionari di lungo periodo, soprattutto quando si parla di singoli titoli, perché è molto diverso investire nell’intero mercato rispetto a singole azioni. E ci sono molti miti che crollano una volta letti i tuoi lavori.

HB Insomma, penso che l’articolo abbia attirato molta attenzione perché ho documentato qualcosa che è presente nei mercati, ma che non era ampiamente conosciuto. Ma per essere corretti, alcune persone ne avevano già un’idea, forse.
Sì. Loro, sai, avevano un’intuizione sul fatto che i risultati a lungo termine sarebbero stati sbilanciati. Dobbiamo usare questa parola, perché in fin dei conti questi articoli parlano in gran parte di asimmetria, di “skewness” nei risultati. Quindi, sì, alcune persone ne avevano un’intuizione, ma non credo che nessuno l’avesse documentata in maniera sistematica prima. Perciò, molte persone sono rimaste sorprese.
E penso che possa cambiare la visione del mondo — molti di noi avevano in mente l’idea che sì, sappiamo che investire è rischioso, ma è più o meno simmetrico. È un po’ cinquanta e cinquanta. Potresti ottenere di più del previsto, potresti ottenere di meno del previsto. Ma in modo, appunto, simmetrico.
Quello che scopriamo, quando effettivamente andiamo a guardare i rendimenti composti, sai, penso che le proprietà del compounding quando interagiscono con la casualità non siano affatto intuitive per molte persone.
Ma quando ci pensiamo davvero o lo osserviamo nei dati, vediamo l’asimmetria. E questo significa che non è cinquanta e cinquanta; le probabilità, sai… possiamo parlare del risultato medio. Ma la maggior parte dei risultati possibili è inferiore alla media.
Quindi penso che questo sia importante. E, sai, prima non era ampiamente compreso.

RS Dato che siamo in Italia, mi riferisco soprattutto al tuo paper del 2023 sui rendimenti di lungo periodo per gli azionisti. Lì il dataset è globale, non solo focalizzato sul mercato statunitense, quindi è più rilevante per noi investitori. L’idea che solo il 2,4% dei titoli migliori spieghi tutti i rendimenti generati dagli azionisti in quell’arco temporale, dal 1990 a oggi, è incredibile e difficile da accettare. Quando racconto queste statistiche, spesso la gente mi risponde che non è possibile. Che non è pensabile che un pugno di società generi così tanti rendimenti e che metà del totale siano investimenti mediocri che rendono meno di un Treasury bill o di un fondo monetario.

HB Sì. Quindi molte persone sono rimaste sorprese. E, sai, soprattutto all’inizio penso che un buon numero di persone abbia avuto la reazione del tipo: “Deve aver fatto qualcosa di sbagliato. Deve aver calcolato qualcosa nel modo sbagliato.”
Ma, sai, ormai sono passati, credo, quasi dieci anni — nove anni o giù di lì, otto anni — da quando ho diffuso per la prima volta l’articolo. E molte persone hanno esaminato i dati e replicato i risultati. E quei risultati ci sono, definitivamente.
Quindi, forse, impariamo di più proprio dalle cose che ci sorprendono.
Una cosa che dovrei però chiarire è che, in questa serie di articoli, ho valutato i risultati in due modi diversi. Uno è il rendimento buy-and-hold, quindi per qualcuno che ipoteticamente compra un titolo — o un gruppo di titoli — e semplicemente lo tiene, reinvestendo però i dividendi. Questo è uno dei metodi che ho utilizzato.
L’altro modo in cui ho misurato i risultati è quello che ho chiamato creazione di ricchezza. E parte del motivo per cui ho analizzato anche la creazione di ricchezza è che il buy-and-hold con dividendi reinvestiti, anche se è una strategia semplice e interessante, non rappresenta l’intero mercato azionario. Non riflette l’esperienza complessiva degli investitori. Con la differenza fondamentale che, collettivamente, noi non reinvestiamo i dividendi. Qualcuno ogni tanto sì… certo. Ma sarebbe impossibile farlo collettivamente.

RS Sarebbe impossibile.

HB Ogni tanto vedo qualcuno dire: “Beh, qualcuno ha sbagliato, hai ipotizzato l’assenza di reinvestimento dei dividendi.”
Ecco, prima di tutto: in una delle misure l’ho fatto. Ma l’altra misura tiene conto del fatto — come hai detto correttamente — che è impossibile per noi reinvestire collettivamente i dividendi.
Quindi l’altra misura serve proprio per catturare l’esperienza collettiva.
Ma collettivamente viviamo in un mondo ponderato: le grandi aziende contano più delle piccole, almeno dal punto di vista aggregato. Quindi, la seconda misura, oltre ai dettagli tecnici come il fatto che non presuppone il reinvestimento dei dividendi — almeno non nel mercato azionario nel suo insieme — si basa sugli importi in dollari.
Quindi è in parte influenzata dal fatto che abbiamo aziende grandi e aziende piccole. È una combinazione tra l’asimmetria nei rendimenti e le differenze nelle dimensioni delle aziende, e questi due fattori agiscono insieme per produrre risultati come: solo il due, tre o quattro percento — dipende dal campione esatto e dal periodo considerato — delle aziende spiegano tutto il premio rispetto agli investimenti privi di rischio, espressi in dollari.

RS I tuoi lavori sono tipicamente quelli che persone diverse interpretano per sostenere posizioni completamente diverse. Diventano in un certo senso la base definitiva per provare qualunque tesi. Ci sono, secondo te, errori di interpretazione ricorrenti riguardo ciò che emerge dalle tue ricerche?

HB Beh, in un certo senso, la tua osservazione secondo cui le persone traggono ciò che vogliono trarre è corretta. E, sai, non credo che le persone necessariamente lo interpretino in modo sbagliato: qui ci sono più di una possibile lezione.
Per quanto riguarda le cose che invece, davvero, le persone sembrano interpretare erroneamente, c’è quel numero a cui hai accennato un minuto fa nello studio globale — diciamo il tre percento, per semplificare — secondo cui tutto il valore creato, al di sopra di ciò che si otterrebbe da titoli come i Treasury Bill, è spiegato da circa il tre percento delle azioni.
Alcune persone dicono: “Beh, questo implica che il novantasette percento delle azioni sottoperforma.”
Ma questo non è corretto.
Più precisamente — parlando in modo approssimativo — circa il 58% delle azioni effettivamente sottoperforma. Poi circa il 38–39% delle azioni crea valore, ma solo abbastanza da compensare le perdite del 58%.
Quindi, quando mettiamo insieme questi due gruppi, circa il 96 o 97 percento delle azioni nel complesso ottiene lo stesso risultato di investimenti a basso rischio, come i Treasury.
E poi l’intero guadagno restante — la vera creazione di ricchezza del mercato — proviene da quel famoso 3 percento.
Quindi probabilmente questa è la cosa che viene ripetuta nel modo meno corretto.
Ma tornando alle interpretazioni: non penso che tutti debbano avere la stessa reazione. E chiaramente non tutti ce l’hanno.
Alcune persone dicono: “Questo rafforza l’argomento a favore della diversificazione.”
E io rispondo: “Hai ragione. Per molte persone, forse per la maggior parte.”
Altre persone invece dicono: “Questo ci dimostra che tutto dipende da poche azioni, quindi la cosa importante è identificarle.”
E a questo direi: “Sì, penso che tu abbia ragione… se sei tra le persone che hanno davvero un vantaggio competitivo.”
E la grande domanda diventa: chi ha davvero un vantaggio competitivo?

RS Già. Se vieni da Omaha, Nebraska. Sarebbe una buona idea.

HB Warren Buffett è un caso studio interessante. Ma una cosa che ho già detto, e che vale la pena ricordare, è questa: ci sono molte più persone che credono o dicono di essere come Warren Buffett… di quante effettivamente lo siano.

RS Sì. Questo è un mito piuttosto diffuso sul concetto di “diversification”: cioè l’idea che investire in un ampio paniere di titoli sia inutile, perché bastano, diciamo, venti titoli per essere diversificati e ottenere una buona porzione del rendimento del mercato. Cosa pensi di questa idea dura a morire, che ricompare periodicamente?

HB Quindi molte delle conclusioni che la gente trae sono parzialmente vere — ma questo non significa che dobbiamo adottare automaticamente ogni cosa che viene presentata come implicazione logica dei dati.
La diversificazione rimane molto efficace. Ed è vero che avere anche solo venti titoli fornisce già una buona parte del beneficio della diversificazione. Ma è altrettanto vero che si continua ad ottenere beneficio anche oltre i venti.
E sai, quelle regole generali del tipo: “venti titoli bastano per diversificare”, “trenta titoli sono sufficienti”…
Erano basati su ricerche fatte decenni fa. E si concentravano su orizzonti di rendimento brevi, come i rendimenti mensili, per esempio.
Ho scritto alcuni articoli successivi e, se qualcuno fosse interessato, li può trovare sul sito Social Science Research Network, ssrn.com. Tutti i miei articoli sono lì.
Tra i follow-up, uno l’ho intitolato “Estendere la teoria del portafoglio ai rendimenti composti”. In pratica ho preso il framework di Markowitz e ho detto: “E se guardassimo ai rendimenti composti su più periodi?”
Comunque, il motivo per cui ne parlo è questo: per i rendimenti composti, la riduzione del rischio non è rapida come lo è, ad esempio, per i rendimenti mensili.
Quindi, una regola empirica del tipo “servono venti o trenta titoli per essere ben diversificati” non è così semplice quando si considerano orizzonti temporali più lunghi.
Ma il punto rimane: ottieni comunque molto beneficio dalla diversificazione, anche su orizzonti più lunghi, già con venti, trenta o quaranta titoli.
Sì, è vero. D’altra parte, non c’è nessun grande svantaggio nel diversificare ulteriormente, purché si possa fare a basso costo. Finché ci sono fondi a basso costo disponibili per farlo, va bene.
Alcune persone dicono che diversificare ampiamente garantisce la mediocrità. Sì, si potrebbe anche chiamarlo così: in un certo senso ottieni la media.
Ma, sai, potresti fare molto peggio della media. E per molti investitori che non hanno particolari abilità nel selezionare titoli — magari sono intelligenti, ma sono occupati, hanno altre cose da fare — per molte persone semplicemente diversificare ha molto senso.
Non per tutti, certo. Alcune persone, forse, hanno un vantaggio competitivo, oppure alcune hanno quella che talvolta chiamiamo preferenza per l’asimmetria.
Se sei un po’ meno indulgente, la chiami preferenza per il gioco d’azzardo. Se hai queste preferenze, allora non vorrai davvero diversificare completamente. La diversificazione riduce l’asimmetria.
Quindi, se hai… sai, non ho mai pensato che fosse mio compito dire alle persone quali dovrebbero essere le loro preferenze. Se hai una preferenza per l’asimmetria, devi continuare a tenere vivo il sogno. Mi piace chiamarlo il sogno della grande ricchezza.
Se hai queste preferenze per l’asimmetria, non ti dirò che non dovresti averle. Voglio solo che tu sia informato.
E l’asimmetria significa che, a meno che tu non abbia qualche abilità extra, le probabilità sono contro di te. Se non diversifichi, è peggio di cinquanta e cinquanta: hai più probabilità di sottoperformare rispetto a chi ha diversificato.

RS Certo. È un vecchio tema: capire se si ha una vera abilità, semplice fortuna o solo un’esposizione ibrida a vari premi fattoriali. È difficile stabilirlo in anticipo.

HB Sì, sì. Probabilmente conosci già i lavori di Fama e French, e penso di altri autori, su quanta mole di dati servirebbe affinché i dati da soli possano dirti se sei abile o solo fortunato.

RS Stavo barando perché, come puoi vedere, qui ho la collezione completa dei lavori di Fama, che tra l’altro è stato ospite del podcast. Detto ciò, ho la sensazione che, quando l’investitore medio pensa ai rendimenti medi, confonda spesso media aritmetica e mediana. Credo che la skewness dei rendimenti che hai messo brillantemente in evidenza dica qualcosa di fondamentale su ciò che ci si aspetta di ottenere — la media aritmetica — e ciò che è più probabile ottenere — la mediana — che non è la stessa cosa. Potresti approfondire questo punto?

HB Quindi questo è, in realtà, un buon modo per capire quali sono le intuizioni che derivano dal mio lavoro: la media e la mediana sono diverse.
E, in gran parte di ciò di cui discutiamo, soprattutto nella finanza accademica, ma anche nella gestione degli investimenti, gran parte della discussione si concentra sulle medie. Quando parliamo del rendimento atteso o del premio per il rischio azionario, stiamo facendo affermazioni sulla media.
E, sai, c’è molto dibattito su quale sia effettivamente la media. Quale premio per il rischio azionario dovremmo aspettarci in futuro?
Per spiegare meglio, facciamolo con un esempio di pianificazione finanziaria: stai pianificando la tua pensione, oppure lavori in un fondo pensione e devi gestire questi aspetti con attenzione. Una delle domande chiave è: qual è il premio per il rischio nell’investire in un asset rischioso come il mercato azionario?
Bene, diciamo, per semplificare, che siamo riusciti a determinarlo. Sappiamo qual è il premio per il rischio: ok, diciamo il sei percento all’anno, o qualunque sia il valore su cui concordiamo.
Ottimo. La buona notizia è che ora abbiamo stabilito il rendimento atteso di sei percento all’anno. Quindi possiamo fare i nostri calcoli di compounding e dire: ok, ci aspettiamo di avere questa somma tra venti o venticinque anni.
Ma, ancora una volta, “ci aspettiamo” si riferisce alla media della distribuzione. Dobbiamo ricordare che il rischio è ancora presente.
Ora, un’altra cosa da considerare è che, quando la distribuzione è asimmetrica, la mediana sarà inferiore alla media. E se c’è molta asimmetria, la mediana sarà molto inferiore alla media.
Come hai detto, la mediana indica che metà dei risultati è migliore, metà è peggiore.
Mettiamo tutto insieme: quando c’è asimmetria, anche se fissiamo il premio atteso, la maggior parte dei risultati possibili sarà peggiore di quanto ci aspetteremmo basandoci sul compounding del rendimento atteso. Il compounding del rendimento atteso probabilmente deluderà.

RS Sì. Quindi la tua ricchezza finale potrebbe essere deludente.

I miei articoli riguardavano azioni individuali, ma il punto fondamentale — che quando si compongono rendimenti casuali si ottiene asimmetria positiva — si applica anche ai portafogli. Solo che in misura minore rispetto alle singole azioni.

RS Certo. Hai citato prima l’equity premium, che è un enigma fin dal paper del 1985 di Mehra e Prescott. Secondo qualunque modello economico, le azioni non dovrebbero offrire un premio così alto. O almeno, lo hanno fatto in passato; sul futuro non si sa. Comunque sia, un 5–6% medio sopra i titoli obbligazionari è difficile da conciliare con la nostra avversione al rischio, la reale rischiosità delle azioni, la variazione dei fondamentali e così via.
Questa skewness estrema che hai scoperto potrebbe aiutare a spiegare l’equity premium puzzle?
Qualcosa del tipo: investire in azioni è così remunerativo proprio perché la dispersione dei rendimenti è talmente estrema che, in aggregato, gli investitori richiedono una compensazione elevata.

HB Non è del tutto chiaro, quindi non lo escludo. Ma non è neanche ovvio che valga sempre.
Quindi, anche se in passato la gente non aveva evidenziato molto l’asimmetria nei rendimenti composti, quando persone più esperte di me, matematici migliori di me, realizzano modelli di investimento su più periodi — modelli, per esempio, che suggeriscono di massimizzare l’utilità attesa di un flusso di consumo per tutta la vita — beh, tutta roba matematica complessa — il punto è che, quando mettono insieme questi modelli, l’asimmetria è implicita.
Anche se nessuno aveva realmente messo sotto i riflettori questo fenomeno.
Quindi penso che, anche nei modelli che implicano l’asimmetria, questa venga comunque vista come un puzzle.
D’altra parte, penso che ci sia un punto a favore dell’idea che questo possa aiutare a spiegare il puzzle del premio per il rischio azionario.
I modelli standard prevedono investitori diversificati. Sai, i modelli matematici di cui parlavo prima, quelli complessi che richiedono abilità matematiche che io non ho, presumono comunque che tutti siano diversificati.
Ma sappiamo che molte persone, in realtà, non sono ampiamente diversificate. Molti hanno portafogli molto ristretti. Anzi, ci sono prove che alcune persone fanno di tutto per avere portafogli volatili e altamente asimmetrici.
Pensa a chi fa trading di opzioni a scadenza giornaliera o a chi scambia ETF a leva o short. In un certo senso, questi sono modi per far emergere prima la coda lunga, cioè far mostrare prima l’asimmetria.
In ogni caso, molte persone non sono ampiamente diversificate. E, usando un po’ di gergo economico, se l’investitore marginale — quello i cui ordini effettivamente determinano i prezzi — non è ben diversificato, allora sta assumendo più rischio di quanto dicano i modelli. Quindi, forse, c’è una strada lì da esplorare.

RS Interessante.
Nel complesso, ci sono due forze attive nel mercato azionario — e non solo nelle azioni: è simile anche per obbligazioni, materie prime e valute, ma restiamo sulle azioni. Nel breve o medio periodo, il mercato tende ad essere autocorrelato, a creare momentum e trend. D’altra parte, ogni tanto ritorna verso la media.
Ovviamente è molto difficile sapere in anticipo quando il mercato ha concluso la sua corsa ed è pronto a scendere, e viceversa.
Secondo ciò che emerge dai tuoi lavori, come dovrebbe comportarsi un investitore quando deve decidere se lasciare che il portafoglio si discosti dall’allocazione iniziale o ribilanciarlo, cercando di intercettare il prossimo ritorno alla media, qualunque essa sia?

HB Quindi deluderò i tuoi ascoltatori non dando una risposta chiara e definitiva qui.
Il momentum è un’anomalia. Penso che sia stato Gene Fama a chiamarla, più o meno, “il nonno delle anomalie”, o parole simili. Non comprendiamo davvero perché ci sia momentum nei rendimenti azionari su orizzonti medi.
È invece un po’ più facile capire perché ci possano essere reversal su orizzonti più lunghi, se questo rendimento atteso di cui parlavamo varia nel tempo. Se il tasso di sconto varia, questo dovrebbe effettivamente generare una certa reversione alla media, se gli diamo abbastanza tempo.
Quindi questo è più facile da capire.
Ma per quanto riguarda il mio lavoro, non serve davvero il momentum per ottenere i risultati che sto documentando. La pura matematica del compounding di rendimenti casuali è già sufficiente per generare l’asimmetria che osserviamo.
Ho fatto un po’ di lavoro su questo in un altro dei miei articoli di follow-up. Credo che il titolo sia qualcosa come “Probabilità di grandi guadagni”, o qualcosa del genere, se qualcuno volesse cercarlo.
In pratica, ho guardato azioni che avevano raggiunto certi multipli rispetto al loro minimo precedente, tipo 5 per, 25 per, 125 per, 625 per, aumentando progressivamente la sequenza. Ho creato portafogli di azioni che avevano raggiunto questi multipli e poi ho analizzato i loro rendimenti dopo aver raggiunto il benchmark.
E, fondamentalmente, non c’era alcun trend, corretto per il beta del mercato. Quindi non sembra davvero che sia qualcosa di semplice come il momentum a guidare i risultati.
Detto questo, penso che ci siano anche domande profonde, quasi filosofiche, sullo sfondo.
Da un lato, se consideriamo solo un rendimento medio positivo, la casualità nei risultati e il compounding moltiplicativo, questo è già sufficiente per generare molta asimmetria.
Ma penso che questo possa semplificare troppo la realtà.
Ho usato questa analogia prima; magari l’avete già sentita, ma forse i vostri ascoltatori no.
Prendiamo, per esempio, Amazon.
Non ho mai parlato con Jeff Bezos, ma se fosse qui e parlassimo con lui e gli dicessimo: “Bessembinder ha detto che il risultato degli investimenti in Amazon potrebbe essere tutto casuale”, la mia sensazione è che si offenderebbe.
E probabilmente direbbe qualcosa del tipo: “Guardate, avevo una strategia brillante fin dall’inizio. Col tempo, il mercato ha scoperto quanto fosse brillante la mia strategia e quanto funzionasse bene. Questo non è casuale.”
Ma, sai, se non sapessimo quanto fosse brillante, se dovessimo apprendere quanto fosse brillante, questo potrebbe apparirci come casualità.
Insomma, quello che voglio dire è che potrebbe esserci davvero una certa struttura, potrebbe esserci del momentum, ma non del tipo che si può sfruttare facilmente semplicemente guardando i rendimenti recenti.

RS Sì. Sì. Grazie. Eh, la risposta mi delude un po’ perché volevo lasciare fuori il mio hedge fund, ma va bene così.

HB A volte scherzo dicendo che alcune persone cercano consigli che garantiscano di diventare ricchi entro il prossimo venerdì. E io continuo a deludere queste persone.

RS Nei tuoi lavori emergono alcuni titoli ultra-performanti, con Nvidia e Apple tra i pochi mega-vincitori. Queste società straordinarie condividono caratteristiche comuni, almeno col senno di poi?

HB Sì, lo fanno. Anche se, come hai sottolineato, si tratta di un’analisi ex post.
Probabilmente nei tuoi precedenti podcast hai discusso di efficienza dei mercati e di quanto siano efficienti. È una domanda enorme, ovviamente.
Non so esattamente quanto siano efficienti i mercati.
Quello che so è che, se stai cercando un modo per ottenere rendimenti anomali affidabili, devi considerare che ci sono molti concorrenti intelligenti che cercano di fare la stessa cosa.
Non basta essere intelligenti. Devi essere più intelligente di quegli altri concorrenti intelligenti.
Quindi, sai, il mercato è davvero competitivo.
Penso che questa sia una cosa su cui possiamo contare.
Naturalmente, è molto difficile trovare variabili osservabili — come qualsiasi dato contabile o storico del mercato azionario, la volatilità dei rendimenti o cose simili — che possano prevedere in modo affidabile chi finirà nella coda destra della distribuzione dei rendimenti.
Ma, come hai detto tu, ex post possiamo guardare le aziende e chiedere: “Cosa avevano in comune?”
E forse questo ci può dare qualche indicazione.
In termini generali, le aziende che finiscono nella coda destra tendono ad essere azioni “growth”.
Devo però fare una precisazione: non è il modo in cui alcune persone definiscono le azioni growth, ad esempio come azioni con un rapporto alto tra valore di mercato e valore contabile.
Infatti, ho scoperto che, nel cercare di prevedere chi finisce nella coda destra, il rapporto mercato/valore contabile all’inizio del periodo non spiegava nulla.
Queste aziende hanno invece una crescita rapida dei fondamentali: gli asset crescono, il saldo di cassa cresce, il flusso di cassa cresce, l’utile netto cresce rapidamente.
Quindi la crescita fondamentale sembra essere una caratteristica delle aziende che finiscono nella coda destra.
Ora la sfida diventa prevedere chi avrà quella crescita fondamentale rapida.

RS Quindi il consiglio non è quello di shortare i titoli value e andare long sui growth.

HB No, no. Non è affatto così semplice.
Molte delle aziende che finiscono nella coda destra, almeno col beneficio del senno di poi, assomigliano a delle azioni growth. Ma prevedere chi ci finirà è molto più difficile.

RS Una grande scoperta degli ultimi trent’anni è che diversi fattori contribuiscono a rischio e rendimento oltre al beta di mercato, il fattore originario del CAPM. Oggi il factor investing è diventato un pilastro del mondo quant. In un certo senso, il factor investing è un modo per individuare i vincitori ex ante.
Pensi che questi fattori saranno ancora affidabili in futuro? O erano solo fenomeni del passato, che crediamo continueranno ma forse non lo faranno? Se sovrappeso titoli quality o value, posso aspettarmi di ottenere rendimenti migliori? La tua ricerca aiuta a fare chiarezza su questo?

HB L’investimento basato sui fattori ha una certa plausibilità. Sappiamo che, in media, diversi di questi fattori — possiamo parlare di fattori specifici — hanno funzionato nel passato.
Sappiamo anche che possono deludere per periodi prolungati, dieci o quindici anni. Ma, storicamente, hanno avuto efficacia.
Una debolezza è che, per la maggior parte, i fattori non derivano dalla teoria. Sono stati osservati nei dati, il che apre la possibilità che qualcuno li chiami data mining o ricerche di specificazione.
La verità è che ci sono molte persone che cercano qualunque pattern interessante. Quindi c’è il rischio che vengano documentate cose che sono realmente casuali nei dati.
Detto questo, secondo me, le evidenze collettive indicano che i fattori hanno un certo potere esplicativo. Ma, come ho detto, possono deludere per lunghi periodi.
Per chi di noi non pensa di avere un vantaggio comparativo nell’individuare la prossima Amazon o la prossima Nvidia, l’argomento della diversificazione è forte.
E la risposta è il portafoglio tradizionale ponderato per valore di mercato, che cerca di replicare ciò che il Capital Asset Pricing Model chiama il portafoglio di mercato, con pesi basati sulla capitalizzazione… In realtà, questo dovrebbe riguardare la mia ricerca, non i miei investimenti personali, ma, per rispondere in parte alla tua domanda, personalmente io stesso non ho tutti i miei soldi nel tradizionale portafoglio di mercato ponderato per capitalizzazione.
Ho invece dato un leggero “tilt” verso value e quality. Certo, non c’è alcuna garanzia, ma questa alternativa per diversificare mi è sembrata ragionevole.
Per chiarire, negli Stati Uniti in particolare, i portafogli ponderati per capitalizzazione sono diventati molto concentrati. Non è che pensi di poter “battere” il mercato, ma credo di poter avere un portafoglio meglio diversificato rispetto al portafoglio ponderato per valore di mercato.

RS Sei preoccupato per l’attuale livello di concentrazione del mercato?

HB Per “concentrazione” intendo l’elevata percentuale della capitalizzazione di mercato rappresentata dalle sette o dieci aziende più grandi. È esattamente a questo che pensavo quando dicevo che si può ottenere una migliore diversificazione rispetto a un portafoglio tradizionale ponderato per capitalizzazione.

RS Cerco di collegare due cose. Molti sostengono che sia tempo di allontanarsi dai portafogli ponderati per capitalizzazione e passare, per esempio, a portafogli equal weight, con l’idea di aumentare l’esposizione alle aziende più piccole. Dalle tue ricerche emerge chiaramente che la skewness è maggiore tra le società più piccole. Questo rende più forte o più debole il caso per sovrappesare i titoli small?

HB Certo, in parte è un po’ soggettivo, dipende da chi guarda. È legato alla questione dell’asimmetria, alla preferenza per l’asimmetria, ma anche alla domanda su qual è il modo più efficace di diversificare.
Come dicevo, mantenere un portafoglio ponderato per capitalizzazione non è l’unico modo per diversificare. Una prima alternativa che viene in mente potrebbe essere un portafoglio equal weight, ma ci sono molti altri modi per costruire portafogli diversificati.
Per quanto riguarda le aziende piccole, negli anni c’è stato un premio per le small cap, cioè un rendimento medio più alto per le aziende più piccole, anche se questo non è sempre così affidabile.
A volte scompare per un decennio o due. Ma questo suggerirebbe che si potrebbe considerare di inclinarsi verso le small cap.
Sono anche più asimmetriche, come ho mostrato, e quindi devi decidere se ti piace avere molta asimmetria o no. L’asimmetria ti dà una probabilità migliore, forse, di trovare la prossima Amazon tra le small cap.
Ma, di nuovo, una volta che consideri l’asimmetria, le probabilità sono contro di te. Le probabilità sono che sottoperformeranno. Il tasso di fallimento è più alto tra le aziende piccole.

RS Già. Devi essere consapevole che il percorso non sarà lineare.

HB Questo vale anche per le azioni che finiscono nella coda destra.
Tra i vari articoli di follow-up che ho scritto, ce n’è uno in cui ho documentato l’entità dei drawdown — e sto andando a memoria perché non ho rivisto il paper recentemente — ma anche azioni come Apple e Amazon, che finiscono in cima alle classifiche, hanno avuto drawdown molto grandi in alcuni momenti della loro storia.
Quindi, anche se riesci a identificare i grandi vincitori, non dovresti aspettarti un percorso lineare.

RS Penso che il drawdown mediano atteso per qualunque singolo titolo sia vicino all’80% su un orizzonte sufficientemente lungo. Quindi, investendo in singole azioni, bisogna essere preparati a risultati estremi.

HB Infatti, anche quelli che hanno successo hanno grandi drawdown.
E per inserire un altro termine statistico, la moda, cioè il risultato più frequente per le azioni individuali, è perdere tutto: -100% nel lungo periodo.

RS Sì. Non potrei sottolinearlo abbastanza!
Dato che questo podcast riguarda principalmente gli indici e l’investimento sistematico — e non promuove stock picking, market timing o attività attive in generale — è comunque difficile convincere le persone che queste attività sono più difficili di quanto pensino, perché vedono sempre risultati che ora sembrano ovvi, e quindi replicabili.
Ora è ovvio che avresti dovuto investire in Apple quindici anni fa. Ora è ovvio che avresti dovuto investire in Nvidia quando è stato lanciato ChatGPT nel 2022. È sempre ovvio ex post.
I prezzi sono sempre sbagliati col senno di poi, anche Fama lo riconosce. Ma guardando avanti è un’altra storia. Anche se pensi di essere prudente, saggio e ponderato nel selezionare titoli, il risultato più probabile sarà deludente.

HB Sì, penso che ci siano alcune cose che si combinano qui e che rendono particolarmente difficile per gli investitori individuali decidere la propria strategia.
Io vedo i miei articoli come uno strumento per educare le persone, così che possano fare scelte migliori. Ma ci sono alcuni fattori che si combinano.
Uno è l’effetto di selezione. Probabilmente contribuisco a questo anche io, quando nei miei articoli includo liste delle aziende con le migliori performance, mettendo in risalto quelle che si rivelano vincenti.
Tuttavia, se guardi i miei articoli, puoi anche trovare un link a un foglio di calcolo con i risultati di tutte le aziende dello studio. Quindi, se vuoi concentrarti su quelle che hanno fatto peggio, puoi trovarle altrettanto facilmente.
Comunque, c’è una tendenza naturale a dare risalto ai vincitori. Se sei in un bulletin board o in una discussione pubblica, si parlerà dei vincitori, non dei perdenti. E anche se ci sono stati molti perdenti, la narrativa si concentra sui vincenti.
A questo si aggiunge il fatto che molti di noi tendono a essere eccessivamente fiduciosi, e così il problema si complica ulteriormente.

RS Il tuo paper del 2018 Do stocks outperform treasury bills? era focalizzato sul mercato statunitense, mentre Long-Term Shareholder Returns del 2023 analizzava il mercato globale. Hai trovato differenze rilevanti tra USA ed ex-USA?

HB A livello generale, il quadro complessivo è lo stesso: c’è molta asimmetria nei rendimenti composti.
Anzi, questo fenomeno è stato un po’ più marcato al di fuori degli Stati Uniti rispetto agli Stati Uniti.
Quando ho fatto quello studio, ero abbastanza sicuro di quello che avremmo trovato.
Non sapevo con certezza se l’asimmetria sarebbe stata leggermente più marcata fuori dagli Stati Uniti rispetto agli Stati Uniti, ma ero convinto del quadro generale.
All’inizio, quando ho documentato questi risultati, ero sorpreso, ma poi sono arrivato a pensare: “Non avremmo dovuto sorprenderci”.
È intrinseco nella matematica del compounding dei tassi di crescita casuali.
Ed ero arrivato a questa conclusione prima ancora di analizzare i dati internazionali, quindi non sono stato affatto sorpreso di trovare risultati simili fuori dagli Stati Uniti come negli Stati Uniti.
Per approfondire un po’ di più, nel mio articolo originale avevo fatto alcune simulazioni, ma ci sono un paio di econometrici di talento in Svezia, Adam Farago ed Erik Karlsson, con capacità matematiche migliori delle mie, che hanno fatto un follow-up molto accurato sulla matematica del compounding e dell’asimmetria.
Hanno dimostrato in modo rigoroso che la cosa principale che determina quanta asimmetria positiva si ottiene nei rendimenti composti è la volatilità dei rendimenti su orizzonti brevi.
E credo sia vero che, in media, i mercati fuori dagli Stati Uniti sono un po’ più volatili rispetto agli Stati Uniti — non in modo drastico, ma leggermente più volatili.
Quindi, mettendo tutto insieme, non sorprende trovare un po’ più di asimmetria fuori dagli Stati Uniti rispetto agli Stati Uniti.

RS Capisco. Se proviamo a guardare al futuro — cosa molto difficile, ma ci proviamo — sembra che qualcosa sia cambiato nella struttura del mercato. Rispetto al passato, oggi abbiamo cose nuove come l’uso massiccio degli indici, una partecipazione più ampia al mercato, il trading algoritmico, un grande rumore proveniente dai social media, e un contesto “winner takes all”, con pochissimi grandi vincitori nell’economia e mega-colossi che non sono mai esistiti prima su questa scala.
Ti aspetti che la skewness aumenti in futuro?

HB Non sono certo… prevedere il futuro è sempre rischioso.
Ma una cosa di cui sono sicuro è che ci sarà asimmetria anche in futuro.
Ci sarà una creazione di ricchezza relativamente concentrata, e questo perché sono arrivato alla conclusione che è fondamentale, è intrinseco nella matematica del compounding di tassi di crescita casuali.
Quindi mi sento sicuro nel dire che ci sarà asimmetria anche in futuro.
Nei miei altri studi di follow-up ho documentato che, negli ultimi vent’anni circa, il grado di asimmetria è aumentato.
Ora, se questa tendenza continuerà, non ne sono così sicuro, perché molte cose possono cambiare.
Da un lato, si può sostenere che Internet negli ultimi vent’anni abbia favorito risultati “winner take all”, e questo è un argomento plausibile.
Ma cosa farà l’AI? Non lo so.
L’AI renderà questa tendenza dei “winner take all” più forte, oppure faciliterà il lancio di nuove aziende e l’identificazione di nicchie di mercato che singole aziende possono servire meglio, riducendo così la concentrazione?
Penso che sia una domanda aperta.

RS Non c’è una risposta semplice su cosa dovrebbe fare un investitore da qui in avanti. A parte investire con un portafoglio diversificato.

HB Sì, sai, non voglio esagerare: credo davvero che la diversificazione sia la migliore strategia per la maggior parte degli investitori.
Ma credo anche che nel mondo ci siano alcuni Warren Buffett. Certo, c’è il pericolo dell’eccessiva fiducia di chi pensa di essere Warren Buffett quando non lo è.
Ma qualcuno che ha davvero le intuizioni giuste dovrebbe avere un portafoglio ristretto.
Infatti, il mercato ha bisogno di persone disposte a investire con convinzione. Ne abbiamo bisogno per la scoperta dei prezzi e per l’allocazione efficiente del capitale.
Quindi sì, la maggior parte delle persone dovrebbe diversificare.
Alcune persone non dovrebbero diversificare, almeno tra coloro che hanno il vantaggio competitivo giusto o pensano di averne una ragionevole possibilità. È difficile esserne sicuri, ma tra chi ha un vantaggio competitivo, queste persone dovrebbero riflettere attentamente su queste domande e chiedersi dove siano le opportunità di profitto in un mercato asimmetrico.
Per esempio, gli investitori di venture capital lo hanno capito prima di altri che questo non è solo un fenomeno del venture capital. Da tempo sanno che si tratta di identificare i pochi vincenti.

RS Anche in un mercato pubblico, almeno secondo il paradigma Grossman–Stiglitz, dovrebbe sempre esistere un piccolo spazio per gli investitori attivi per sovraperformare il mercato.

HB In equilibrio, ci dovrebbero essere opportunità per chi ha il giusto vantaggio competitivo, e questo ragionamento economico mi sembra molto solido.

RS È difficile sapere se si ha un vantaggio competitivo.

HB La parte difficile è: io il vantaggio? Hai tu il vantaggio? Posso capire chi ce l’ha? Queste sono le domande difficili.

RS Se dovessi consigliare qualcosa a un investitore trentenne, qual è l’unico consiglio più importante che le daresti? Io ho un’idea, ma lascio rispondere te.

HB Per un investitore trentenne, hai ancora molto tempo. E il vecchio adagio sul tempo nel mercato è ancora molto importante: per accumulare ricchezza in Borsa, bisogna dare tempo al tempo, il che implica assumersi rischi. Quindi, il tempo nel mercato è cruciale, e questo non è un consiglio nuovo.
L’altro punto centrale è la domanda sul vantaggio competitivo: qual è il tuo vantaggio competitivo?
Per la maggior parte delle persone, scegliere azioni non è il loro vantaggio competitivo.
Prima di tutto, per via della forte concorrenza intelligente.
In secondo luogo, perché forse hai altre priorità nella vita: la tua professione, la famiglia, ecc.
Quindi, per la maggior parte degli investitori, cercare di trovare la prossima Amazon probabilmente non è il loro vantaggio competitivo.
Per pochi investitori, invece, potrebbe esserlo. È un’analogia che ho già fatto, e penso che valga la pena rifletterci su.
Se hai il giusto vantaggio competitivo, se hai le abilità giuste per essere un giocatore di football professionista, il ritorno può essere enorme.
Ma quale percentuale della popolazione ha quel vantaggio competitivo?
Non diciamo certo a tutti i ragazzi: “Concentratevi solo sulla scuola e non perdete tempo con lo sport”. Ma per molti ragazzi, questo è un buon consiglio.

RS In Italia, molti genitori pensano che i propri figli siano il prossimo Cristiano Ronaldo. Nel mondo degli investimenti è la stessa cosa. La maggior parte pensa di avere un vantaggio competitivo, anche quando non ce l’ha.

HB Esattamente. Sai, un’altra cosa da considerare è che, anche se sei realistico sul vantaggio competitivo, forse hai una preferenza per l’asimmetria. Ci sono molte indicazioni che molti investitori hanno una preferenza per l’asimmetria.
Vedo un parallelo con il gioco d’azzardo: in un certo senso, potresti essere meglio sfruttando l’interesse per il rischio nel mercato azionario piuttosto che in un casinò, dove sappiamo che in media i clienti perdono, mentre nel mercato azionario, in media i clienti vincono.
Quindi, forse è meglio inseguire il tuo interesse per l’asimmetria o la preferenza per il rischio nel mercato azionario.
E se lo vedi semplicemente come una forma di intrattenimento, va bene, ma cerca di prendere decisioni con tutte le informazioni disponibili, inclusa la consapevolezza che le probabilità sono contro di te.

RS È un ottimo consiglio, professore. È stata un’opportunità straordinaria averti qui. Grazie mille.

HB È stato un piacere, Riccardo. Grazie. Ciao.

RS Arrivederci.

HB Arrivederci.

Recensioni

Quando capisci come funziona la finanza… ti viene voglia di raccontarla!

Veramente veramente raccomandato! la finanza personale riassunta alla perfezione! e spiegata partendo dall'ABC! Ottimo anche da ascoltare a velocita 1,5x!

Giorgia R., 23 Gen 2025

Riccardo mi ha letteralmente cambiato la vita e fatto scoprire che amo la finanza, ho ascoltato il podcast già due volte e non mi stufo mai di ascoltarlo, parla in modo semplice e chiaro

Massimo D., 23 Set 2025

Podcast piacevole, scorre veloce ma in modo estremamente chiaro, spiega i concetti chiave per gestire le proprie finanze, fornendo la classica cassetta degli attrezzi. Complimenti, davvero ben fatto!

Massimiliano, 29 Mag 2024

Dovrebbero ascoltarlo buona parte degli italiani e io avrei dovuto scoprirlo con qualche anno in anticipo ma meglio tardi che mai

Matteo C., 3 Set 2025

La mia ignoranza in materia mi ha sempre creato dei dubbi, ma grazie a un amico ho iniziato ad ascoltare il podcast. Per fortuna che ho 24 anni e un po' di tempo e soldi da dedicarmi a imparare le varie nozioni per me stesso. Grazie mille!

Luca G. 10 Ott 2025

Podcast che dà sempre spunti interessanti che personalmente mi ha fatto appassionare alla finanza personale spingendomi ad approfondire in prima persona.

Lorenzo, 13 Mar 2025

Veramente interessante, chiaro e conciso. Cambia la vita finanziaria di chiunque.. da ascoltare assolutamente anche per chi di finanza non vuole occuparsi mai

Francesca B., 6 Apr 2024

Ho acquistato e letto il suo libro e l' ho trovato. Esprime i concetti economici in modo semplice e chiaro. Sentirlo parlare conferma che è un professionista del settore.

Giulia N., 11 Ago 2025

Da quando l'ho scoperto in 15 gg mi sono ascoltato 150 puntate senza fermarmi, ho annullato gli altri podcast per portarmi alla pari ed ascoltare tutte le precedenti puntate, ben fatto, esattamente il livello di informazione che mi serviva

Gianluca G., 11 Set 2025
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