I 3 Fattori di Successo negli Investimenti: Risparmio, Tempo, Rendimento

Solo 3 cose fanno davvero la differenza nel successo a lungo termine dei nostri investimenti: il RISPARMIO che riusciamo ad investire, il TEMPO che diamo agli investimenti per crescere e il RENDIMENTO che puntiamo ad ottenere in base al nostro profilo di rischio. Megariassunto di tutti i concetti fondamentali di The Bull e come impostare la propria asset allocation in base ai propri obiettivi in un caso pratico.

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I 3 Fattori di Successo negli Investimenti: Risparmio, Tempo, Rendimento
The Bull - Il tuo podcast di finanza personale

89. I 3 Fattori di Successo negli Investimenti: Risparmio, Tempo, Rendimento

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Risorse

Punti Chiave

Il patrimonio dipende da Risparmio, Tempo e Rendimento: massimizza il risparmio, inizia presto per sfruttare il rendimento composto.

Allinea l'asset allocation (bilancio azioni/obbligazioni) al rischio sistemico e agli obiettivi di vita.

Diversifica e rispetta il piano.

Trascrizione Episodio

Bentornati a THE BULL – Il tuo podcast di finanza personale

Ci sono dei momenti in cui bisogna fermarsi, guardarsi indietro, dare un’occhiata al percorso fatto sinora, raccogliere quel che abbiamo imparato e da lì in poi continuare sulla nostra strada più sicuri e consapevoli di prima.

Ecco perché, dopo 88 puntate in cui abbiamo toccato veramente una montagna di temi, mi sono immaginato molti di voi che ad un certo punto avranno cominciato a pensare: ma dov’è che quello di The Bull aveva detto quella cosa sulle obbligazioni? E dov’è che invece aveva detto quell’altra sugli ETF ad accumulazione? E dov’è che aveva detto che ci sono situazioni in cui investire con il consulente della banca sotto casa può essere una buona idea?

No questa non l’ho mai detta e salvo un grave trauma cranico dubito di poterla dire in futuro…

Però so che ci sono molti tra voi che si prendono mille appunti mentre mi ascoltano — e per questo un po’ vi stimo e un po’ mi fate paura — e altri che sbroccano perché si dimenticano alcuni pezzi e non si ricordano più dove avevo parlato di quella specifica cosa che ora li sta bloccando a prendere qualche decisione.

OK, keep calm.

Oggi facciamo quest’episodio cercando di compiere il tentativo estremo di riassumere oltre 40 ore di The Bull in un unico episodio, con l’obiettivo di conseguire questi risultati:

UNO: fare il recap di tutte le idee principali di cui abbiamo parlato;

DUE: rimandare ai singoli episodi in cui ciascun tema è stato trattato, così se c’è qualcosa in particolare che uno vuole approfondire non diventa matto a riascoltarsi tutto il podcast.

TRE: consolidare i principi basilari di tutta la baracca che abbiamo messo su, così da assicurarci di avere i piedi ben saldi prima di rimetterci in marcia e intraprendere il resto del cammino.

Dunque l’episodio sarà composto da due parti.

Nella PRIMA PARTE parleremo dei principi fondamentali universali involabili

imprescindibili dell’investimento che vi dovete conficcare nella corteccia prefrontale affinché non ve li dimentichiate mai, mai, mai e poi mai.

Nella SECONDA PARTE invece costruiremo un portafoglio di investimento tramite un esempio pratico.

Vi sta bene?

Spero di sì, anche perché viceversa non cambia niente e vi beccate comunque l’episodio di oggi così come l’ho partorito.

Allora, partiamo dall’equazione fondamentale che governa tutta sta pappardella di cui parliamo da quasi un anno a questa parte.

Il patrimonio che viene generato da un portafoglio di investimento è il risultato del prodotto tra queste tre variabili:

– Il RISPARMIO, ossia quanti soldi complessivamente investo nel corso della mia vita;

– Il TEMPO, ossia quanto a lungo i soldi restano investiti; e infine

– Il RENDIMENTO, ossia quando rendono mediamente i miei investimenti.

La relazione tra queste tre variabili è indissolubile ed è incidendo su ciascuna di esse che si determina il risultato finale.

Andiamo con ordine.

Il RISPARMIO è il singolo fattore più importante di tutta la vicenda.

Si tratta davvero dell’unica cosa su cui possiamo davvero intervenire direttamente con delle azioni attive, perché invece come sapete bene il TEMPO scorre inesorabile e non possiamo recuperare quello passato, mentre il RENDIMENTO futuro è comunque qualcosa di incerto e buona parte di esso risulterà completamente casuale.

Il RISPARMIO invece è 100% nelle nostre mani.

Più soldi investiamo, con ogni probabilità maggiore sarà il patrimonio a lungo termine, a prescindere da quel che sarà stato il risultato finale.

Abbiamo fatto tanti episodi dedicati a come massimizzare il risparmio e altri ne faremo in futuro, ma per chi volesse farsi un ripasso approfondito si può riascoltare ad esempio gli episodi (15, 20, 24, 28, 55, 58 e 67).

Tra l’altro attenzione che questi numeri sono la combinazione vincente + il jolly della prossima estrazione del superenalotto, approfittatene e dopo che avete vinto ricordatevi di The Bull vostro grazie.

Come dovreste sapere bene, la massimizzazione del risparmio si ottiene in due modi.

Il PRIMO è l’ottimizzazione delle SPESE.

Molte volte abbiamo spiegato il metodo del reverse budgeting per realizzarla.

In breve, il reverse budgeting funziona in questo modo:

– Step uno: prendi tutte le tue spese fisse, la stragrande maggioranza delle quali saranno:

– Il tuo mutuo o l’affitto + le spese accessorie legate all’abitazione come luce, gas, wifi, spese di condominio, ecc.;

– L’automobile e tutti i costi di trasporto in generale, come benzina, bollo, assicurazione, manutenzione, abbonamento ai mezzi pubblici, ai parcheggi e così via; infine

– Le spese alimentari, ossia l’importo medio che ogni mese mediamente cacci fuori nel tuo supermercato di fiducia.

Altre possibili spese fisse possono essere: la retta dell’asilo, della scuola e delle varie attività dei figli, l’abbonamento della palestra, piattaforme di streaming, insomma tutte le cose dove sai già che c’è un importo fisso mensile da pagare cascasse il mondo.

– Step due: Sottrai al tuo reddito medio netto mensile tutte le spese fisse e ineliminabili e da quel che rimane assegna la quota massima possibile che sei disposto a destinare al RISPARMIO (e quindi all’investimento);

– Step tre: usa tutto ciò che resta per le spese variabili, gli hobby, il divertimento, le uscite serali, l’abbigliamento, i prodotti di elettronica, insomma spendi senza pensieri tutta questa quota.

Facciamo un esempio piuttosto tipico di una famiglia con due portatori di reddito e due figli che ogni mese hanno introiti totali netti per 3.500 €.

Diciamo che pagano 800 € per la casa, 400 € per muoversi, 600 € per il cibo e altri 600 € per le varie spese fisse, così abbiamo 2.400 € che se ne vanno ogni mese.

3.500 MENO 2.400 fa 1.100.

Da questi 1.100 € assegniamo per esempio 400 € al mese al risparmio da investire.

Restano 700 € al mese da spendere per tutto il resto.

A questo punto sta a te lavorare su tutte le spese per capire dove puoi tagliare il superfluo (o ciò che ha un costo ma non porta grande valore alla tua vita) con l’obiettivo di aumentare il più possibile la quota di risparmio.

Il SECONDO MODO, complementare a questo, è naturalmente l’incremento del REDDITO, che può essere conseguito:

– Negoziando un aumento di stipendio o un percorso di promozione se sei dipendente;

– Cambiando lavoro per uno meglio retribuito;

– Dedicandoti ad un’attività secondaria, possibilmente trasformando una tua competenza o una tua passione in una seconda fonte di reddito.

Non troverete mai un investimento così redditizio da superare gli effetti sul risparmio di un aumento del vostro reddito.

Piuttosto che stare ore a sforzarvi di ottimizzare al massimo i vostri investimenti — o peggio ancora piuttosto che lanciarvi in qualche sconsiderata avventura speculativa — concentrate le vostre energie per aumentare del 10-20% il vostro introito mensile e questo aumento farà tutta la differenza del mondo a lungo termine.

Perché parliamo sempre di questa cosa che non sembra direttamente legata al tema degli investimenti?

Eh perché amici belli questa è la chiave di tutto.

È inutile concentrarsi sulle le performance del vostro portafoglio — ammesso che questo sforzo sia davvero di qualche utilità — quando poi trascurate la quantità di soldi che ci mettete dentro.

Il 95% dello sforzo deve essere dedicato proprio alla massimizzazione del risparmio.

Con il restante 5% vi dedicate a fare i piccoli Warren Buffett, ma il 95% del vostro risultato finanziario finale dipenderà proprio da quanto risparmiate, mentre solo una piccolissima parte da quanto raffinata sarà la gestione del vostro portafoglio.

Esempio numerico come ci piace tanto:

– 1.000 € al mese investiti per 30 anni con rendimento medio del 6% fanno alla fine un 1 milione di euro;

– Per ottenere lo stesso risultato con 500 € al mese investiti sempre per 30 anni avrei bisogno addirittura di un rendimento medio del 9,4%! Che vorrebbe dire investire tutta la vita solo in azioni, farmi il segno della croce e sperare che tutto vada per il meglio.

Dato che però il rendimento futuro non dipende da voi, incidere anche per poche centinaia di euro ogni mese sul vostro risparmio, diavolo se fa una differenza devastante sul risultato finale!

Veniamo alla seconda variabile: il TEMPO.

Fin dagli albori di questo podcast abbiamo ribadito ad ogni pié sospinto quanto pesante possa essere l’impatto del TEMPO sulla crescita dei nostri soldi, per via della crescita esponenziale del rendimento composto, quella simpatica controintuitiva caratteristica matematica dei nostri investimenti, per cui tipicamente questi crescono piano piano piano all’inizio e poi da un certo punto in poi sempre più velocemente.

Se ho l’obiettivo di avere un 1 milione di euro a 65 anni, immaginando di investire in un portafoglio piuttosto conservativo che dia un rendimento annuo medio lordo del 6%, mi serviranno:

– 1500 € al mese se inizio a 40 anni;

– 1000 € al mese se inizio a 35;

– 700 € al mese se inizio a 30;

– 500 € al mese se inizio a 25.

Ma la cosa affascinante del meccanismo della capitalizzazione composta non riguarda solo la differenza nel contributo mensile, ma anche nell’importo totale che uno si trova ad investire.

Chi parte a 40 anni in totale dovrà mettere nel portafoglio la bellezza di 450.000 € di suo risparmio.

Chi parte a 25, invece, in totale avrà investito solo 240.000 € per arrivare allo stesso risultato.

Certo, la differenza si riduce se si considera il valore reale di questi soldi perché è chiaro che i soldi investiti prima dal più giovane valevano di più di quelli investiti dal quarantenne, a parità di valore nominale, ma ciò non toglie quanto benefico sia l’impatto del tempo più a lungo l’investimento si dispiega.

Quindi, casomai non vi fosse ancora chiaro, dateve na mossa!

Che il tempo sia denaro, in questo caso, non è affatto un modo di difere.

Nota a margine per i più esperti che almeno una volta al giorno mi scrivono chiedendomi “ma è meglio investire tutto subito o investire un po’ per volta?”.

Eh, capite che, se ci astraiamo dalla situazione reale del mercato in cui può succedere di tutto e consideriamo una situazione media, investire prima è statisticamente la decisione migliore.

Metti che ho 50.000 € da parte e che devo decidere se investirli subito e poi aggiungere 500 € al mese per 20 anni, oppure spalmarli e quindi investire 708 € al mese per 20 anni, che è appunto la stessa cosa ma con i 50.000 iniziali distribuiti mensilmente.

Sempre ipotizzando un 6% di rendimento medio, nel primo caso totalizzerò quasi 400.000 €, mentre nel secondo solo 328.000.

Stessi soldi investiti, ma risultato finale nettamente diverso.

Attenzione!

Questa cosa è vera sulla cara.

Poi ricordatevi sempre che c’è il rischio di SEQUENZA.

Rischio di Sequenza significa che se contribuisci periodicamente al tuo investimento, l’ordine in cui si susseguono le performance del mercato conta.

Se investo un tot al mese e i primi anni sono negativi mentre quelli successivi sono positivi ottengo un risultato maggiore che non se avviene l’opposto, ossia primi anni positivi e quelli dopo negativi.

Purtroppo questa cosa non ce la possiamo scegliere, non possiamo decidere in quale decennio trovarci, ma ci possiamo solo prendere i rendimenti del mercato per come arrivano.

Amen.

Nel dubbio investiamo il più possibile il prima possibile e sul lungo termine il rendimento composto e la regressione verso la media storica dei rendimenti probabilmente giocheranno in nostro favore.

Nel medio termine invece aspettiamoci un po’ di tutto senza troppi patemi.

Ora, detto del Risparmio e del Tempo, veniamo al Rendimento.

Il rendimento chiaramente non lo possiamo decidere a priori, ma possiamo comunque impostare il nostro portafoglio in funzione di un certo rendimento atteso che in qualche modo sarà collegato al livello di rischio che siamo disposti ad accollarci.

Fin dal quarto episodio di questo allegro podcast abbiamo parlato della relazione tra RISCHIO e RENDIMENTO.

E da qua non si scappa amici miei.

Quando arriverà il prossimo consulente di qualche banca, assicurazione o fondo di investimento a dirvi che lui o lei ha degli investimenti che vi fanno rischiare poco e guadagnare tanto ricordatevi che si tratta di un fenomeno noto come PPC, che è un acronimo molto usato in finanza quantitativa che sta per Presa Per il Culo.

Non esiste — ripeto per chi è seduto nelle ultime file — NON ESISTE un investimento che rischia poco e rende tanto.

Il mercato è generalmente efficiente e comunque le micro inefficienze che potrebbero permettervi di ottenere questa situazione magica di poco rischio e tanto rendimento non sarà il vostro consulente della banca sotto casa a scovarvele.

Ok?

Bene.

Quindi, se voglio puntare a rendimenti maggiori, devo assumermi rischi maggiori.

No way, impossibile aggirare questa regola.

Però cos’è il rischio?

In termini pratici, uno può pensare che esso corrisponda al rischio di perdere i propri soldi.

In finanza però il rischio è definito più che altro come la deviazione standard di un certo rendimento rispetto al rendimento medio atteso.

Tradotto: se un certo asset rende in media il, che ne so, 10% all’anno e se due anni su tre riporta dei rendimenti che vanno dal +25% al — 5%, allora si dice che avrà una deviazione standard del 15%. Maggiore è il valore della deviazione standard dal rendimento medio, più rischioso è considerato un investimento.

Ne avevamo già parlato nell’episodio 84, se non vi è chiaro comunque non è importante.

Il concetto che conta è che si definisce “rischioso”, in finanza almeno, un investimento che ha un’alta volatilità, ossia voi ci mettete i soldi e questo va su e giù come un pazzo in maniera schizofrenica.

Poi magari nel lungo termine in media farà pure il 10%, ma in mezzo sarete passati da anni a +30% e da anni a -50%.

Per la cronaca, questo è esattamente il comportamento del mercato azionario.

Un investimento in obbligazioni, invece, tipicamente rende meno perché le obbligazioni sono relativamente più sicure e, tranne quando l’emittente fallisce, il capitale investito e le cedole sono garantite.

Ricordiamoci però anche un’altra cosa.

Come abbondantemente discusso sempre nell’episodio 84 esistono due tipi di rischio: il RISCHIO SISTEMICO e il RISCHIO IDIOSINCRATICO (detto anche rischio specifico).

Il rischio sistemico è quello proprio di una certa asset class per esempio.

Investire in azioni è più rischioso che investire in obbligazioni.

Fine, non si può violare questa regola.

Il rischio specifico invece è quello proprio di un singolo investimento.

Investire in Tesla è più rischioso che non investire in tutto il mercato americano.

La differenza tra i due tipi di rischio è che il secondo può essere neutralizzato attraverso la diversificazione.

Se io diversifico tra diversi investimenti, allora elimino il rischio specifico e mi accollo solo il rischio sistemico.

Che è un po’ il principio per cui sono nati gli ETF.

Invece che prendermi il rischio di investire in specifiche aziende, sapendo che ciascuna di esse può andare molto bene o anche fallire, investo in un vasto paniere di società, così che il fallimento di una sarà probabilmente compensato dal successo di un’altra.

Se negli anni ’90 avessi investito solo in AT&T, IBM, Walmart e Procter and Gamble, allora tra le prime 10 società del mercato americano, oggi avrei molti meno soldi che se non avessi investito nell’intero S&P 500, che nel frattempo ha visto questi colossi del passato lasciare per strada un po’ della loro antica gloria, a favore dei nuovi dominatori assoluti chiamati Apple, Microsoft, Google, Amazon e via dicendo.

Il rischio specifico può essere appunto livellato dalla diversificazione.

E questa è esattamente la ragione per la quale il mercato non remunera l’assunzione di rischio specifico.

In termini di rendimento atteso, infatti, il mercato non mi promette (tra virgolette) un rendimento maggiore se investo in una singola azione piuttosto che in un vasto portafoglio di azioni.

Poi è vero che se sono stato bravo — riformulo: se ho avuto una botta di culo — magari 20 anni fa mi sognavo di investire 1000 dollari nelle azioni della società che fa la bevanda energetica Monster e oggi quei 1000 dollari sarebbero diventati mezzo milione.

Se però lo stesso giorno avessi comprato anche le azioni di General Electric, il simbolo assoluto del capitalismo industriale americano, oggi sarei ancora in negativo.

Quindi fissatevi questo concetto: in termini di rendimento medio ATTESO, il mercato non remunera il rischio specifico.

Volete investire in una singola azione?

Benissimo, potreste fare il botto ma anche fallire miseramente.

In termini di rendimento medio atteso, però, il mercato non vi paga nessun premio ulteriore per questa scelta.

Il mercato remunera invece il rischio sistemico.

Investire solo in azioni ha un rendimento atteso maggiore che investire ad esempio in obbligazioni (così come investire in obbligazioni a lungo termine presuppone un rendimento maggiore che non in quelle a breve termine — e così via).

Al livello successivo, quindi, sappiamo che un portafoglio composto sia da azioni che obbligazioni è certamente diversificato ma la diversificazione in questo caso ha due effetti:

– Da un lato riduce il rischio (ossia la volatilità del portafoglio);

– Dall’altro riduce però anche il rendimento.

Chiaro tutto il giochino?

Se vuoi prenderti rischi specifici, scommettendo su singoli titoli, convinto che sei più smart degli altri e che batterai il mercato, benissimo.

Altrimenti concentrati sul rischio sistemico e imposta il tuo portafoglio in base al livello generale di rischio che sei disposto ad assumerti rispetto agli obiettivi che vuoi conseguire.

Fatto tutto sto pippozzo, facciamo un breve recap, prendiamo fiato e poi passiamo alla parte pratica dell’episodio.

Abbiamo detto:

– La formula magica che determina le sorti a lungo termine del tuo patrimonio dice che quando investi sei legato a tre variabili: il Risparmio, il Tempo e il Rendimento.

– Il RISPARMIO è la singola cosa su cui puoi incidere maggiormente; più risparmi, più hai soldi di investire, maggiore sarà il risultato a lungo termine, qualunque sia la performance assoluta del tuo investimento;

– Il TEMPO è il tuo alleato più prezioso: prima inizi e più a lungo stai investito, meglio funziona il principio del rendimento composto, che mannaggia a lui è esponenziale e quindi cresce poco all’inizio e sempre di più man mano che vai avanti;

– Il RENDIMENTO non è in tuo controllo, perché… beh perché il mercato fa il cazzo che gli pare e se ne sbatte delle tue idee. Quello che puoi fare è però decidere qual è il livello di rischio sistemico che sei disposto ad assumerti e, teoricamente, più rischio ti prendi (ossia più sei disposto ad accettare che il tuo portafoglio andrà su e giù in maniera importante) maggiori saranno i rendimenti attesi a lungo termine.

Chiaro?

Oh se vi è ben chiara in testa sta roba, tutto il resto sono dettagli, ma il cuore della finanza personale è tutta qua.

Risparmia più che puoi, il prima possibile, il più a lungo possibile e punta ad un rendimento atteso in base al livello di rischio che puoi assumerti.

Ora come fai a capire qual è davvero il livello di rischio che puoi assumerti e quindi qual è il rendimento medio atteso a cui dovresti puntare?

Oh, grazie per l’interessantissima domanda!

La risposta, caro mio, è duplice: una è — diciamo — PRAGMATICA, mentre l’altra è PSICOLOGICA.

Partiamo da quella PRAGAMATICA.

Intanto diamo qualche dato storico, così da avere un’idea di quali sono i rendimenti che possiamo aspettarci.

Dunque:

– Rendimento medio annuo storico dell’S&P 500, lo sa ormai anche il mio gatto Sheldon, è del 10% all’anno;

– Quello del mercato azionario dei paesi sviluppati è di circa l’8,5%;

– Quello europeo, circa 8%;

– Quello delle obbligazioni governative globali a scadenza intermedia circa il 4%;

– Quello delle obbligazioni corporate globali, circa il 5%;

– Un portafoglio con 60% azioni e 40% obbligazioni ha riportato un rendimento storico medio del 7-7,5%.

Ora lasciamo un attimo da parte tutto ciò che non sono semplici azioni e obbligazioni, come oro, materie prime, immobili, cripto, ecc., che sennò facciamo casino.

Ragioniamo invece su come bilanciare il rischio rispetto agli obiettivi della mia vita.

Premessa: prima di investire un euro, l’abbiamo detto fino alla nausea, assicuratevi di avere da 6 a 12 mesi di spese future belle al sicuro nel vostro fondo di emergenza, comodamente custodito in un conto deposito svincolabile oppure in un fondo monetario o in una delle altre opzioni in cui abbiamo parlato nell’episodio 82.

Fatta questa premessa, molto bene, possiamo investire i soldi.

Allora, da cosa cominciamo?

Chi segue The Bull da tempo sa che sono affezionato ad una formuletta empirica che, priva di qualunque validità scientifica, aiuta però ad avere una bussola di buon senso quando si tratta di mettere insieme la propria asset allocation.

La regoletta, introdotta a partire dall’episodio 25, recita: investi in azioni una percentuale uguale a 125 meno i tuoi anni meno i tassi di interesse correnti moltiplicati per 5.

Di solito quelli della Federal Reserve e della Banca Centrale Europea sono abbastanza allineati, quindi prendete quello che vi pare o fate una media, tanto è una regola a spanne per impostare un portafoglio, non la funzione d’onda di Schrodinger, quello del famoso gatto fatto morire (o forse no) nella scatola con il veleno.

Saluto intanto i 15 nerd all’ascolto che hanno capito il riferimento.

Comunque perché ho suggerito questo “tassi di interesse per 5”?

Fondamentalmente perché con tassi di interesse più alti le obbligazioni rendono di più mentre le azioni tendono un po’ a soffrire (almeno in teoria), mentre con tassi molto bassi le obbligazioni, oltre a rendere poco, rischiano di crollare al primo rialzo dei tassi e quindi (sempre in teoria) sovrappesare le azioni quando i tassi sono bassi ha la sua logica.

Prendiamo una persona di 38 anni, in maniera del tutto casuale e indipendente dalla reale età di chi vi sta parlando; quindi sta regola direbbe:

125 meno 38 meno 5 per 5 venticinque uguale 62% in azioni e 38% in obbligazioni.

Molto bene, diciamo che, al netto del fondo di emergenza, mi restano da parte — boh -30.000 € e quindi cominciamo così:

– Circa 19.000 € in ETF azionari (che è appunto il 62% di 30 mila) e

– Circa 11.000 € in ETF obbligazionari.

Poi dopo capiamo quali ETF, per ora stiamo generici sull’asset class.

A sto punto mi chiedo: quanto risparmio posso investire ogni mese?

Facciamo che posso permettermi 1.000 €, perfetto!

Ammettiamo di mantenere le stesse proporzioni anche nel nostro piano di accumulo e quindi avremo:

– Circa 600 € al mese in azioni e

– Circa 400 € al mese in obbligazioni.

Ok?

Fin qui tutto facile.

Ora arriva la controprova.

Abbiamo detto che le azioni, almeno finché parliamo di azionario globale, grosso modo hanno un rendimento atteso dell’8 e mezzo % all’anno. Facciamo 8% per semplificare.

Le obbligazioni in media hanno reso il 4%, qui stiamo un po’ più conservativi per motivi che adesso saranno immediatamente chiari e diciamo 3% di rendimento medio annuo, che è grossomodo il rendimento attuale di un indice di obbligazioni governative europee con scadenze intorno agli 8-10 anni.

Adesso seguitemi un attimo.

Scomponiamo le due parti del portafoglio.

Prendiamo un file excel e stimiamo come cresceranno la parte azionaria e la parte obbligazionaria nei prossimi 2, 5, 8 e 10 anni, tenendo in media un rendimento dell’8% per la parte azionaria e del 3% di quella obbligazionaria.

Usiamo la formula bella pronta in Excel del valore futuro che in pratica vi chiede di inserire, nell’ordine:

– Il rendimento atteso diviso 12 (visto che versiamo mensilmente)

– Il numero di mesi

– Il contributo mensile

– Il patrimonio di partenza

– E poi mettete 1 che significa che l’investimento lo fate a inizio mese, 0 se lo fate alla fine, ma cambia poco.

A sto punto considerando solo la parte obbligazionaria dovremmo avere:

– Tra 2 anni: circa 21.500 €

– Tra 5 anni: circa 27.000 €

– Tra 8 anni: circa 57.000 € e infine

– Tra 10 anni: circa 70.000 €.

Ripeto, stiamo parlando della sola parte obbligazionaria.

Il portafoglio totale, invece, tra 10 anni dovrebbe essere intorno ai 220.000 €.

Il punto qual è?

Il punto è che il rendimento a 10 anni della mia parte azionaria è poco più di un tiro di dadi.

Non ho nessuna certezza che effettivamente tra 10 anni le mie azioni avranno reso l’8% all’anno.

Ci sono stati decenni in cui hanno avuto addirittura rendimento negativo, come la lost decade 2000-2009, oppure decenni con rendimenti astronomici, come gli ultimi 10 per esempio, addirittura 11,5% all’anno di media.

Già su 20 anni è più attendibile e su 30 anni ancora meglio.

Su 10 invece, beh, dio solo sa che succederà.

Ma questo deve interessarci il giusto.

Ciò che ci interessa è la parte stabile del portafoglio che deve essere sempre lì a disposizione per qualunque cosa ci capiti nella vita.

Il ragionamento che devo fare è quindi il seguente:

– Quali spese posso aspettarmi di avere tra due anni: circa 21.000 € mi basteranno eventualmente a coprirle (oltre a ciò che deriva dal mio reddito ed eventualmente al fondo di emergenza)?

– Quali spese posso aspettarmi invece tra 5 anni: circa 27.000 € mi lasciano sereno?

– Magari tra 7-8 anni invece affronterò spese corpose come cambiare macchina, iscrivere un figlio all’università, cambiare la cucina o ristrutturare il tetto? Ecco, sappiamo che probabilmente avrò circa 57.000 € a disposizione.

E così via.

Ricordiamoci comunque sempre dell’inflazione e che nei prossimi 5-8 anni i nostri soldi varranno circa un 15-20% in meno in valore reale.

A questo punto comunque sta a me ponderare la mia asset allocation in base al rischio che mi voglio assumere.

Se penso che tutto sommato questi importi possano rispondere bene a sostenere i miei piani futuri, a posto così.

Se penso invece che tutto sommato non avrò particolari spese che il mio normale reddito non sia in grado di coprire, allora posso anche decidere di aumentare la parte azionaria e ridurre quella obbligazionaria.

Se penso infine il contrario, ossia che potrei affrontare tante incertezze nel futuro e che quindi avere un portafoglio più stabile mi faccia stare meglio, benissimo, meno azioni e più obbligazioni.

È un ragionamento un po’ spicciolo quello che stiamo facendo — eh sono d’accordo — ma è la cosa più immediata a cui sono arrivato per fare un doublecheck pratico della bontà della mia asset allocation rispetto agli obiettivi della mia vita.

Perché da un lato potrei essere convinto di essere capitan coraggio e dire: “ma sì, chissene se i miei investimenti vanno su è giù come sul raptor a Gardaland — per la cronaca, la mia giostra preferita di sempre — giù tutto in azionario e ci rivediamo tra 20 anni”.

Sulla carta sembra facile, però poi la vita va vissuta ogni singolo giorno con tutte le sue incognite.

Quindi farsi questa controprova e capire se la parte relativamente “sicura” (sempre tra qualche virgoletta) sarà adatta a soddisfare i nostri obiettivi mi è sembrato un metodo no-brainer, una prova del nove molto diretta per allineare le nostre convinzioni alle reali sfide economiche che la vita ci presenterà.

Perché guardiamo solo le obbligazioni?

Ovviamente perché l’azionario è troppo incerto sul medio termine per poterci fare affidamento.

In teoria, se stiamo nel nostro esempio, tra 8 anni potrei avere oltre 100.000 € in azioni.

Ma chi può dire se davvero saranno 100.000?

Potranno benissimo essere 50.000 come anche 200.000.

Certo, molto difficilmente saranno zero.

Neanche quando nel 1932 il mercato americano è arrivato a polverizzare l’80% del valore che aveva nel 1929 i capitali si sono azzerati, purché adeguatamente diversificati.

Quindi con ogni probabilità ci saranno sempre disponibilità anche sulla parte azionaria da cui attingere.

Ma vendere le azioni mentre queste sono in un periodo negativo è una zappa sui piedi lungo il percorso della capitalizzazione composta.

Se si può evitare di toccarle e le si lascia correre per la loro strada, molto meglio.

Comunque come detto tante volte in passato, la probabilità di vivere un intero decennio con rendimenti negativi è di circa il 5%, mentre quella di vivere un intero ventennio in negativo, almeno ad oggi, è virtualmente ZERO.

Ok, ora quali ETF azionari e quali ETF obbligazionari?

Ehhhh, ti piacerebbe che te lo dicessi vero?

Guarda, semplifichiamoci la vita.

Non lo so, ma investendo in ETF che danno una grossa esposizione globale, francamente è difficile immaginare che le differenze nel lungo termine possano essere così sostanziali.

Le due scelte di default di cui parliamo sempre per la parte azionaria sono:

SCELTA UNO: segui la capitalizzazione di mercato, quindi circa 60% Stati Uniti, 30% tra Europa e altri paesi sviluppati come Giappone, Canada e Australia e circa 10% Cina e altri mercati emergenti.

Questa configurazione la puoi ottenere sia con un singolo ETF sull’azionario globale che comprando singolarmente ETF regionali per farti la composizione che più ti piace.

Altrimenti

SCELTA DUE: applichi una distribuzione più uniforme, tipo 40% Stati Uniti, 30% Europa, 20% Emergenti e quel che resta magari sugli altri paesi sviluppati che restano fuori (oppure fai 40, 30, 30 e gli altri amen).

Qui un ETF solo fatto in questo modo non esiste, ne servono almeno 3 o 4.

Attenzione, notizia fresca fresca, Xtrackers ha lanciato in Europa il primo ETF Globale ex-US, ossia un ETF che ha dentro tutti i paesi sviluppati tranne gli Stati Uniti, che se volete è un modo per bilanciare più facilmente il portafoglio sulla parte extra americana.

Molto interessante, ne riparleremo nei prossimi episodi.

Sulla parte obbligazionaria invece le opzioni sono varie, a partire dalla più semplice di utilizzare obbligazioni governative europee, a soluzioni più articolate che comprendono anche obbligazioni globali e obbligazioni societarie, come spiegato per esempio nell’episodio 79.

Sulla scelta dei prodotti, in tutta onestà, potremmo davvero fare un podcast a parte e discuterne all’inverosimile.

Ma sarebbero discussioni di lana caprina, con lo stesso valore di quando negli anni prima del VAR discutevamo per mesi interi se quello di Iuliano su Ronaldo nel match scudetto del ’98 fosse fallo da rigore o meno.

Ah bei tempi, fuorigioco sì o fuorigioco no, palla oltre la linea o per un millimetro ancora sulla linea.

Quante notti insonni a guardare Contrcampo ma quanta gioia.

E almeno allora quando qualcuno segnava era subito gol e potevi esultare come un pazzo, non come oggi che devi aspettare 5 minuti che gli arbitri decidano se sia regolare o meno, che una volta che decidono la voglia di festeggiare già ti è passata.

Chiusa l’amarcord sulla mia adolescenza calcistica, chiudiamo con alcune regole universali da stamparsi nel cervello e non dimenticarsi mai:

REGOLA NUMERO UNO: una volta fatto il piano, attenersi a quello qualunque cosa succeda.
Il rischio di FOMO, di Fear of missing out, ossia di farsi prendere dalla paura che non stiamo rischiando abbastanza mentre vediamo quelli intorno a noi arricchirsi, così come il suo contrario, il PANIC SELLING, sono sempre dietro l’angolo.

Ricordatevi sempre che quello che succede nei singoli giorni, mesi o anni sul mercato è completamente irrilevante.

Quindi, seguire scrupolosamente l’impostazione che abbiamo dato al portafoglio in base alla nostra situazione finanziaria generale e non fare altre cazzate.

REGOLA NUMERO DUE:

Tenere i soldi da parte nell’attesa che il mercato crolli per essere più furbi di tutti e approfittare dei prezzi scontati è un’idea del cazzo.

Sic et simpliciter.

Quando divento volgare dico una cosa in latino così compenso.

Questa strategia, chiamata buy the dip, sembra che funzioni, ma chiunque sappia mettere insieme due numeri e fare una simulazione confermerà che statisticamente la probabilità che con questo metodo facciate più soldi che non stando SEMPRE investiti dentro al mercato è bassissima.

Quindi non pensate di essere più smart degli altri — SPOILER: non lo siete! — è limitatevi a seguire il mercato per quello che è.

Punto.

REGOLA NUMERO TRE:

Tenetevi un margine di sicurezza.

La cosa peggiore che è mai successa in passato non è detto che non possa essere superata da qualcosa di ancora peggiore in futuro.

Se mai il mercato ha perso più del 50% in un singolo anno, nulla vieta che domani possa perdere anche di più.

Quindi nella vostra pianificazione non arrivate al limite del vostro livello di rischio, ma tenetevi un margine per far fronte al Cigno Nero, all’evento inaspettato e imprevedibile che scassa tutto e che manda tutti i vostri piani all’aria, come raccontato nell’episodio 43 su Nassim Taleb.

Per quanto possiate prepararvi, purtroppo i Cigni Neri, quegli eventi assolutamente eccezionali che non erano mai capitati prima, accadono in continuazione.

In bocca al lupo per quando capiterà il prossimo.

Ok.

Abbiamo detto tutto no?

Recap universale di tutto The Bull, con questo episodio abbiamo cementato per bene tutti i pilastri fondamentali della nostra pianificazione finanziaria.

Nulla di nuovo, ma tornare indietro ogni tanto, back to basic, e assicurarci che stiamo procedendo su base fondate è sempre una buona idea per evitare di farsi prendere la mano e cominciare a fare cazzate con i propri sudati quattrini.

Forse era solo un’esigenza mia per assicurarmi che nessuno di voi, dopo quasi 90 episodi, si scordasse del basi, cominciasse ad agire preso da overconfidence e commettesse qualche errore di cui pentirsi.

Mi spiacerebbe molto, quindi nel dubbio con questo episodio abbiamo rifocalizzato le leggi involabili dell’investimento di buon senso.

Detto questo, care amiche e cari amici di The Bull, grazie mille come sempre per essere stati ancora qui con me e per essere sempre di più nel nostro meraviglioso viaggio assieme.

Cioè, per me è meraviglioso grazie a tutti voi che mi fate compagnia, spero che in minima parte lo sia anche per ciascun ascoltatore di questo sregolato podcast.

Affinché questo viaggio continui il più a lungo possibile, vi invito come sempre a mettere segui e ad attivare le notifiche su Spotify, Apple Podcast o dove volete e a lasciare una recensione a 5 stelle per supportarci e permetterci di continuare a produrre contenuti che mentre fanno il recap universale in mezzora di oltre 40 ore di podcast vi ricordano ancora una volta che le discussioni sulla finanza sono scientifiche tanto quanto quelle tra Caressa e Piccinini sempre nuove.

Per questo episodio invece è davvero tutto e noi ci ritroviamo mercoledì prossimo, con un ospite specialissimo, Amedeo Giurazza, Amminsitratore Delegato di Vertis e investitore da sempre, che ci spiegherà tutto il mondo delle start-up e degli investimenti alternativi e ci dispenserà tanta saggezza finanziaria, sempre qui, naturalmente, con The Bull, il tuo podcast di finanza personale.

Recensioni

Quando capisci come funziona la finanza… ti viene voglia di raccontarla!

Podcast che dà sempre spunti interessanti che personalmente mi ha fatto appassionare alla finanza personale spingendomi ad approfondire in prima persona.

Lorenzo, 13 Mar 2025

La mia ignoranza in materia mi ha sempre creato dei dubbi, ma grazie a un amico ho iniziato ad ascoltare il podcast. Per fortuna che ho 24 anni e un po' di tempo e soldi da dedicarmi a imparare le varie nozioni per me stesso. Grazie mille!

Luca G. 10 Ott 2025

Veramente veramente raccomandato! la finanza personale riassunta alla perfezione! e spiegata partendo dall'ABC! Ottimo anche da ascoltare a velocita 1,5x!

Giorgia R., 23 Gen 2025

Dovrebbero ascoltarlo buona parte degli italiani e io avrei dovuto scoprirlo con qualche anno in anticipo ma meglio tardi che mai

Matteo C., 3 Set 2025

Ho acquistato e letto il suo libro e l' ho trovato. Esprime i concetti economici in modo semplice e chiaro. Sentirlo parlare conferma che è un professionista del settore.

Giulia N., 11 Ago 2025

Podcast piacevole, scorre veloce ma in modo estremamente chiaro, spiega i concetti chiave per gestire le proprie finanze, fornendo la classica cassetta degli attrezzi. Complimenti, davvero ben fatto!

Massimiliano, 29 Mag 2024

Da quando l'ho scoperto in 15 gg mi sono ascoltato 150 puntate senza fermarmi, ho annullato gli altri podcast per portarmi alla pari ed ascoltare tutte le precedenti puntate, ben fatto, esattamente il livello di informazione che mi serviva

Gianluca G., 11 Set 2025

Veramente interessante, chiaro e conciso. Cambia la vita finanziaria di chiunque.. da ascoltare assolutamente anche per chi di finanza non vuole occuparsi mai

Francesca B., 6 Apr 2024

Non sono solito a mettere recensioni e specialmente non ascolto podcast, ma da quando ho iniziato questo, faccio fatica a staccarmi, e quasi non posso più fare a meno di ascoltare e arricchirmi culturalmente.

Andrea V., 22 Set 2025
Facile.it
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