I Bias cognitivi che condizionano le nostre decisioni finanziarie

Parliamo ancora di Bias Cognitivi. Tutte le deformazioni innate del nostro ragionamento che ci portano a prendere decisioni non esattamente ben ponderate. Smonteremo il mito sullo sport più completo per definizione, capiremo cosa c'entra il codice fiscale degli Americani con il numero di Stati Africani membri dell'ONU e diremo per l'ennesima volta che tutto il mondo finanzario è composto da professionsti con incredibili competenze e capacità ma che, ciononostante, il caso domina sovrano sul loro destino. PS: chiedo scusa per alcuni rumori di fondo nella parte centrale dell'episodio ma il mio gatto Sheldon stava facendo di tutto per tirare giù la porta della camera in cui stavo registrando.

Difficoltà
24 minuti
The Bull - No Thumb

Risorse

Punti Chiave

Non è possibile prevedere il futuro in finanza; il successo è spesso casuale, non solo competenza.

I bias cognitivi (es.sopravvissuto, conferma, avversione alle perdite) influenzano le decisioni finanziarie: è cruciale conoscerli.

Trascrizione Episodio

Bentornati a The Bull – Il tuo podcast di finanza personale

Care amiche e cari amici di questo podcast che racconta in modo semiserio cose assolutamente serie sulla finanza personale, mi raccomando, tenete d’occhio sia la produzione di Burro in Bangladesh che la lunghezza media delle gonne prevista nella prossima stagione autunno-inverno perché, come suggerito da qualcuno nei decenni passati, entrambi sono stati considerati degli efficaci predittori dell’andamento dell’S&P 500.

Pare infatti che tra il 1983 e il 1993 la produzione di burro in quell’angolo di mondo e l’andamento dei colossi di Wall Street andasse incredibilmente a braccetto, tanto da far pensare a qualcuno che ci fosse davvero un qualche legame astrale tra i due corsi.

Allo stesso modo è celeberrimo il cosiddetto Hemline Index, ossia la correlazione tra la lunghezza medie delle gonne in certe stagioni della moda e l’andamento della borsa di New York (a quanto pare gonne corte e mercati rialzisti andrebbero d’accordo e viceversa).

Nell’incessante lotta della finanza a scovare pattern che possano predire il futuro, inesauribile e mai doma, anche cazzate come questa sono state prese, più o meno seriamente, come guide per orientare la destinazione di miliardi di dollari di investimenti.

(A onor del vero, pare che anche il vincitore del Superbowl sia un indicatore piuttosto affidabile sull’andamento dell’S&P 500 di ciascun anno…).

Come abbiamo invece detto nella scorsa puntata, e in tante altre per la verità, che ci piaccia o no in Finanza non è assolutamente possibile prevedere il futuro, con qualsivoglia livello di precisione.

Sarà banale questa considerazione, lo sanno tutti e quindi ho scoperto l’acqua calda, eppure tutta la finanza è impostata sull’idea che qualcuno possa realisticamente indovinare il futuro con qualche probabilità di successo che vada al di là di una mera distribuzione casuale.

Ogni giorno verso l’ora di pranzo mi arriva una newsletter di Morningstar e puntualmente c’è qualche articolo tipo “the best dividend stocks to invest in”, “the best undervalued stocks to buy” o altre robe del genere.

Oh intendiamoci, non stiamo dicendo che i report di Morningstar siano una fuffa.

Le analisi sono perfette, i calcoli sono giusti, le argomentazioni sono accurate e perfettamente robuste.

Il problema è che al mercato non importa un tubo delle previsioni degli analisti e Mr Market, come lo chiamava il padre spirituale di Warren Buffet Benjamin Graham, ha un comportamento del tutto imprevedibile e piuttosto sembra a volte fare apposta ad andare al contrario rispetto a quello che il consesus di analisi e investitori si aspetterebbe.

Nello scorso episodio abbiamo quindi introdotto due concetti molto importanti che sono il Bias del Sopravvissuto e la regressione verso la media.

In pratica dicevamo: occhio a tirare conclusioni sulla base delle informazioni disponibili, in particolare informazioni passate, perché noi vediamo solo l’esito del processo che ha portato ad un determinato scenario e non il processo stesso, quindi vediamo solo gli esiti “sopravvissuti” e non tutti gli altri che non si sono verificati lungo la strada, ma che ciononostante sarebbero stati altrettanto significativi per una comprensione generale di quel fenomeno.

La dico in modo più semplice perché mentre dicevo sta frase mi sono perso pure io.

Se dico: le azioni A, B e C hanno avuto successo PERCHé condividono certe caratteristiche comuni e QUINDI investirò nelle azioni della società D PERCHé anch’essa avrebbe le medesime caratteristiche, rischio di commettere un errore madornale, dato che potrebbero esistere società X, Y e Z che a loro volta potrebbero avere le stesse caratteristiche vincenti ma per qualche imperscrutabile motivo non hanno avuto successo e quindi non sono rientrate nel mio campione di analisi.

No, non sono ancora soddisfatto, la ridico in modo ancora più semplice usando il paradosso del nuotatore.

Tra l’altro attenzione: sto per darvi un’informazione sconcertante che farà vacillare tutte le vostre convinzioni.

Avete presente quando si dice che “il nuoto è uno sport completo” e che nuotare fa venire un fisico come quello di Michael Phelps, 0 grasso, spalle giganti, dorsali grossi come pneumatici e tanti addominali che ci si potrebbe giocare a scacchi sopra?

Benissimo, mi spiace dare una notizia a qualche genitore che avrà pensato di mandare i figli a nuoto nella speranza di fargli venir fuori un corpo statuario.

Il nuoto NON fa venire questo tipo di fisico.

Il motivo per cui voi associate questo fisico al nuoto è dovuto al fatto che SOLO quei ragazzi che avevano un corpo geneticamente predisposto a sviluppare una certa prestanza fisica sono, per così dire, sopravvissuti e sono riusciti a raggiungere il livello agonistico, per gareggiare nel quale è necessario avere un fisico fuori dal comune.

Quindi non è che il nuoto, benché faccia benissimo e sicuramente aiuti a migliorare la propria condizione fisica, fa diventare chi lo pratica degli armadi a due ante ma, al contrario, noi confondiamo la correlazione tra ragazzi fisicati e nuoto agonistico con un rapporto di causa effetto del tipo: fare nuoto FA venire un fisico della madonna.

Invece la conclusione più corretta sarebbe: se non sei predisposto a sviluppare caratteristiche fisiche fuori dal comune, col nuoto non farai tanta strada e con ogni probabilità non ti vedremo mai alle olimpiadi.

Chiaro?

Tra l’altro se vi piace questo genere di aneddoti simpatici dedicati a spiegare i bias cognitivi c’è un bel libro di Rolph Dobelli che si intitola “The Art of Thinking Clearly”, da cui per altro ho preso questo esempio del paradosso del nuotatore.

Purtroppo non esiste in Italiano ma è pieno di disegni, quindi dovreste farcela a capire il grosso.

Benefici del cloro a parte, dicevamo inoltre che il cugino di questa cosa è la regressione verso la media.

Prendiamo una distribuzione statistica casuale sufficientemente ampia e avremo sempre una concentrazione intorno ai valori medi e alcuni outlier con valori eccezionali, in positivo e in negativo, rispetto alla media. Nel lungo termine, però, i valori di questi outlier tenderanno a regredire verso la media.

Quindi, quando volessi mettermi a scegliere, per fare un esempio assolutamente a caso, determinati fondi comuni di investimento gestiti in maniera attiva scegliendo tra i top performer che hanno battuto il mercato nel passato convinto che il motivo della loro performance sia una questione di competenze, attenzione perché:

UNO) sono dentro al bias del sopravvissuto e quindi sto vedendo solo un pezzo minuscolo di tutta la storia e

DUE) per via della regressione verso la media, performance eccezionali tenderanno nel tempo a regredire.

Ora, prima che qualche ascoltatore si incazzi dicendo che non capisco niente di economia perché non è vero che è tutto casuale, chiariamoci un attimo.

Sempre per restare nell’esempio dei fondi attivi, ma lo stesso si potrebbe applicare al trading o in generale a tutte le attività finanziarie che si basino su qualche forma di “scommessa” sul futuro, dire che chi ottiene performance superiori alla media deve questa performance a fattori casuali NON vuol dire che le cose vengono fatte senza criterio.

C’è un errore logico in quest’obiezione.

I gestori dei fondi attivi hanno competenze di primissimo livello che io e voi ce le sognamo, l’ho già detto più volte.

Le loro decisioni non sono casuali ma si basano su un’analisi approfondita dei valori fondamentali degli asset che mettono in portafoglio supportata dalle più sofisticate tecnologie che utilizzano avanzati modelli matematici predittivi.

Quindi, gestori che facessero le cose “a caso e senza criterio”, probabilmente farebbero danni da miliardi di euro.

Quello che invece bisogna comprendere è che, tra migliaia e migliaia di SGR, Hedge Fund, Banche di investimento e compagnia bella con altrettante migliaia e migliaia di gestori con i controcazzi e cintura nera di matematica finanziaria, semplicemente, qualcuno ci prende, qualcuno no.

Fine. E’ casuale il risultato finale, non quello che fanno gli asset manager.

Se sono tutti competenti all’ennesima potenza ma solo qualcuno riesce ad ottenere performance sopra la media, come dobbiamo chiamare questa cosa se non CASUALITA’?

Il mercato si muove secondo così tante variabili di cui non abbiamo la benché minima cognizione, se non a posteriori, ed è unicamente il fatto di trovarsi esposti ad una serie di circostanze favorevoli o sfavorevoli a determinare il risultato finale, non le competenze.

Le competenze servono per non fare cose a cazzo di cane.

Ma al netto delle competenze necessarie per fare questo tipo di lavoro, mediamente molto alte, il risultato finale è soggetto all’ineluttabile legge del CASO.

E’ poi la nostra deformazione mentale intrinseca, caratterizzata da bias cognitivi, che ci fa interpretare delle mere correlazioni con rapporti di causa-effetto, così come il burro in Bangladesh e l’S&P 500, o il famoso esempio di Davide Hume che ironizzava sul fatto che il rintocco delle campane alle 5 del pomeriggio CAUSASSE l’uscita degli operai dalle fabbriche.

Chiaro?

Quindi parlare di asset manager migliori di altri o dire che i veri professionisti sanno quali sono i fondi che performano meglio, è più che altro la conseguenza di un fenomeno noto come “Effetto Alone”, per cui, per restare nell’esempio, la reputazione o la performance di un gestore o di un fondo influenzerebbe le nostra valutazione appunto per l’effetto dell’alone che le performance passate o il livello di competenza ed esperienza di determinati professionisti getterebbero sulla nostra aspettativa rispetto ai rendimenti futuri.

Anche su questo, altro consiglio bibliografico: vi suggerisco caldamente il bellissimo libro di Phil Rosenzweig, The Halo Effect.

Anche questo, solo in Inglese.

Qui niente disegni purtroppo ed è pure un po’ ostico, però potete chiedere a Chat GPT di farvi il riassunto e sarebbe già tanta roba.

Quindi non se la prenda nessuno, tutto ciò è semplicemente nella natura delle cose.

Ora, i bias cognitivi condizionano molte delle nostre decisioni in generale e, soprattutto quando si tratta di soldi, è importante conoscerli per evitare di cadere vittima di decisioni finanziarie sconsiderate.

Su ciascuno di essi si potrebbe scrivere un libro di 300 pagine infarcito di esperimenti famosi e migliaia di dati ma siccome l’obiettivo di questo podcast non è frantumarvi gli attributi, ve ne elenco 9 in maniera molto rapida, così con il bias del sopravvissuto saremo a 10 e abbiamo fatto cifra tonda.

Man mano che li scorriamo vi consiglio è di provare a chiedervi se nelle vostre decisioni o nelle vostre convinzioni non vi sia capitato di cadere vittima di qualcuno tra essi.

Tra l’altro, breve DISCLAIMER: non mi stupirebbe se qualcuno mi facesse notare che pure io sono inciampato in qualcuno di questi bias nei vari ragionamenti fatti in questo podcast.

Per il bene della verità, se fosse successo fatemelo sapere che correggiamo subito.

Allora

NUMERO UNO: il Bias di Conferma.

Secondo questo Bias le persone tendono a cercare informazioni che confermano le proprie convinzioni pregresse, ignorando o minimizzando le quelle che invece potrebbero contraddirle.

Cari amici fan del trading o delle strategie di investimento attive, non è che per caso cercate le vostre conferme in giro per supportare le vostre idee e tendete a minimizzare le evidenze contrarie?

Così, chiedo per un amico…

No perché nelle scorse settimane alcune persone mi hanno detto “ma no, guarda che ti sbagli, ci sono alcuni fondi che fanno meglio degli ETF e che battono il mercato e ci sono alcuni trader che sono professionisti pazzeschi e hanno performance da record, quindi non è puro gioco d’azzardo”.

Ragazzi, intendiamoci, dire che c’è una MINORANZA di fondi che batte il mercato o che c’è un ristrettissimo numero di trader che ha performance eccezionali in che modo dovrebbe confutare la tesi che raccontiamo qui ad ogni piè sospinto, secondo la quale la MAGGIOR parte dei fondi attivi sottoperforma rispetto al mercato e che la maggioranza dei trader perde soldi?

Se io dico che la maggior parte non ce la fa e voi mi dite che non è vero perché una minoranza ce la fa, capite che stiamo dicendo la stessa cosa?

Poi tra l’altro non dico che per voi sia impossibile fare soldi con il trading o beccare uno di quei fondi che riesce a fare +20% all’anno, ma se le probabilità non sono in vostro favore, soprattutto se non siete dei professionisti, ma perché vi dovete complicare la vita?

Boh…

Comunque a questo punto mi potreste ribattere: “eh ma allora anche tu sei vittima del bias di conferma quando parli degli ETF, perché sei convinto che questi prodotti siano migliori di altri e porti solo conferme a supporto della tua tesi”.

Risposta: NO, intanto perché i miei primi investimenti ERANO in fondi attivi venduti dalle banche. Ne avevo ben 7!

Poi a me che voi investiate in ETF o meno, credetemi, non me ne può fregare di meno, non è che ci guadagno qualcosa o che Blackrock o Vanguard mi diano 2 euro se li promuovo.

Il mio ragionamento personale, a suo tempo, è stato: avevo dei fondi attivi, mi sono reso conto di quanto costavano, ho calcolato l’impatto del 2-3% di commissioni all’anno per 20 anni, poi ho letto i primi dieci libri sull’argomento (tra cui qualcuno di quelli citati nell’episodio 11) e mi sono reso conto che il 100% di loro diceva, in pratica: investimenti attivi, lascia perdere! investimenti passivi OK.

Infine ho scoperto i soliti report che conoscono tutti sulle performance inferiori dei fondi attivi rispetto ai benchmark e ho tirato le conclusioni.

Quindi liquidato tutto, smendandoci anche qualcosa ovviamente, però gli errori si pagano, e ho ricostruito il mio portafoglio quasi solo con ETF.

Questo vuol dire che sicuramente sarà stata la decisione migliore? E chi lo sa…
Non ne ho idea ma il processo che ha portato a questa decisione è andato nella direzione opposta di quello tipico del bias di conferma, proprio perché ho dovuto mettere in discussione esattamente lo status quo in cui mi trovavo.

Quindi ragazzi, siate “open minded”, abbiate un approccio critico e non prendete niente di quello che vi viene detto per buono a priori, neanche le cose che sentite qui a THE BULL.

NUMERO DUE: Il bias di ancoraggio.

Questo bias si verifica quando gli individui si affidano eccessivamente a un primo elemento di informazione (detta appunto ‘”ancora”) nel formulare giudizi o decisioni successive, anche se l’ancora è irrilevante o arbitraria.

Un grande classico è quando ci si fissa su certi prezzi di un indice o di un’azione, ad esempio nell’analisi tecnica parlando di resistenze o supporti, e si prendono decisioni sovrastimando l’importanza di quel prezzo rispetto alla bontà della strategia d’investimento in generale.

C’è un celeberrimo esperimento di Daniel Kahneman, ripetuto decine di volte sempre con gli stessi risultati, in cui lui chiedeva al suo pubblico, tipicamente platee di studenti di MBA, di scrivere su un foglio bianco in alto le ultime due cifre del loro codice fiscale. Subito dopo chiedeva di fare una stima del numero di stati africani membri dell’ONU e di scrivere la cifra sul foglio, sotto alle due cifre del codice fiscale.

L’incredibile risultato, rilevato in ogni singola sessione dell’esperimento, era che chi come cifre finali del codice fiscale aveva un numero più alto tendeva a “sovrastimare” il numero di stati africani nell’ONU e viceversa, proprio perché il primo numero “ancorava” al rialzo o al ribasso il ragionamento.

Tra l’altro se qualcuno di voi dovesse mai trovarsi a fare una negoziazione, si ricordi che il primo numero che viene detto nella negoziazione ancorerà i parametri di riferimento della vostra controparte, quindi giocatevelo con astuzia.

Altro suggerimento bibliografico: se volete leggere il miglior libro di sempre sulla negoziazione consiglio Never Split The Difference di Chris Voss, ex capo negoziatore della polizia di New York. Il libro è disponibile anche in Italiano con l’infelice traduzione “Volere troppo e ottenerlo”.

NUMERO TRE: Il bias di Overconfidence, ossia di sovrastima delle proprie capacità.

Qui parliamo della tendenza che porta le persone a sovrastimare le proprie capacità o l’accuratezza delle proprie previsioni, spesso risultando in assunzione di rischi eccessivi o nella mancata valutazione adeguata dei rischi potenziali, a maggior ragione quando si ha dietro di sé un track record positivo e sulla base di questo ci si convince di avere un qualche dono di infallibilità.

In Giocati dal Caso di Nassim Taleb (Fooled By Randomness il titolo originale) ci sono svariati esempi di trader capaci di guadagnare negli anni milioni di dollari assumendosi via via rischi maggiori per poi perdere tutto – e molto di più – in pochi mesi per non aver tenuto in considerazione la probabilità che qualche evento inatteso, benché improbabile, potesse capitare.

Ricordatevi l’effetto Dunning Kruger.

La maggior parte delle persone si considera un esperto in qualcosa, soprattutto quando da poco ha iniziato ad acquisire competenze in una certa materia.

Di solito il risultato è che la realtà molto velocemente ci mette di fronte alla nostra reale ignoranza e indirizza i più umili sulla lunga e faticosa strada verso la vera acquisizione di una solida competenza, mentre disintegra i meno umili che ancora non sono venuti a capo del motivo per cui la loro presunta competenza non era poi così ben fondata.

Ma veniamo ora al

NUMERO QUATTRO: il bias di Disponibilità.

Per effetto di questo bias tendiamo a formulare giudizi o prendere decisioni sulla base della facilità con cui vengono ricordati esempi o situazioni. Le persone sono infatti propense a sovrastimare la probabilità di eventi che possono facilmente richiamare alla memoria o che si sono verificati di recente.

Esempio superclassico, non attinto dal mondo della finanza.

Dopo l’11 Settemebre è stato fatto questo esperimento negli Stati Uniti che ha dimostrato come fosse più facile vendere una polizza assicurativa specifica contro il rischio di un attacco terroristico che non una polizza generica (che quindi comprendeva anche la copertura del rischio terrorismo), semplicemente perché le terribili scene delle Torri Gemelle che crollavano erano talmente vive nell’immaginario degli Americani da essere “più disponibili” e quindi distorcere il ragionamento e portando a sovrastimare il rischio di rimanere vittima di terrorismo.

Se parlando di trend su cui puntare la prima cosa che vi viene in mente è l’Intelligenza Artificiale, ecco magari avete ragione, magari è semplicemente dovuto al fatto che si tratta dell’informazione più immediatamente disponibile che avete.

Ora

NUMERO CINQUE: Il bias dell’avversione alle perdite:

Questo bias descrive l’umana tendenza a preferire fortemente di evitare una perdita rispetto che ad ottenere guadagni equivalenti. E’ stato dimostrato, sempre da Kahneman e dagli altri del gruppetto dell’Economia Comportamentale, che la nostra sofferenza a fronte della perdita di, che ne so, 1.000 .

Per effetto di questa asimmetria, tendiamo a prendere decisioni sciagurate guidate dall’impulso emozionale di ridurre la sofferenza di una perdita, nonostante magari ci siano prospettive di futuri guadagni ben più importanti.

Un grande classico è il panic selling che avviene nei momenti di crisi dei mercati.

Come abbiamo detto tante volte, ogni tanto i mercati vanno giù, in certe fasi crollano in maniera verticale.

E’ ancora fresca l’esperienza del Marzo 2020 quando in un mese il mercato azionario ha fatto -30%.

Per chi nel marzo 2020 stava investendo da una vita intera, magari in pochi giorni ha visto il suo portafoglio crollare di qualche centinaio di migliaia di euro.

Roba da far tremare i polsi a chiunque.

La reazione di default del nostro cervello, in questi casi, è: “vendi tutto prima che sia troppo tardi”.

Sappiamo invece che quando ci sono le crisi, soprattutto se ho fatto una buona pianificazione finanziaria, devo starmene tranquillo, se possibile anzi aumentare gli investimenti perché in quei momenti le azioni costano meno e semplicemente rimanere pazientemente in attesa che il mercato risalga come ha sempre fatto per oltre un secolo.

Easier said than done, sono d’accordo.

Chiaramente tra il dire e il fare passano di mezzo i devastanti moti delle nostre emozioni.

Però alla prossima crisi – e ci sarà una prossima crisi, statene certi – prima di vendere tutto e disintegrare il vostro portafoglio, ricordatevi del bias dell’avversione alle perdite e prendetevi qualche settimana di riflessione prima di fare qualsiasi cosa.

E mentre sto dicendo a voi questa cosa, la sto dicendo anche a me stesso che predicare bene è facile ma poi il rischio di razzolare male è dietro l’angolo…

Siamo allora giunti al

NUMERO SEI: il Bias del Gregge.

A causa di questo Bias, le persone hanno spesso la tendenza a seguire le azioni o le decisioni di un gruppo più ampio, anche se ciò va contro il loro giudizio indipendente. Ciò è tipicamente la causa di “bolle speculative” o in generale di comportamenti irrazionali sul mercato.

Abbiamo già detto dell’Intelligenza Artificiale?

Oh, non che sia una figata pazzesca e che nel futuro non sarà la tecnologia dominante…

Ricordatevi solo, prima di fiondarvi a fare all in su Nvidia e tutto il resto, che nel ‘600 il bulbo di un tulipano era arrivato a costare più di un veliero…

Trend is friend si dice a Wall Street.

Vero, però è più facile ricordarsi dei trend che hanno avuto successo mentre ci si dimentica velocemente di altri trend che sono stati dei flop e che per le sanguinose conseguenze finanziarie che hanno avuto la maggior parte delle persone ha poi cercato di dimenticarsene in fretta.

NUMERO SETTE: l’effetto Dote (più efficace in Ingelse, the Endowment Effect)

In pratica l’idea qui è che tendiamo ad attribuire un valore più elevato a ciò che possediamo, portandoci a richiedere un prezzo maggiore per rinunciarvi rispetto a quanto saremmo disposti a pagare per acquisirlo.

Questo fenomeno si verifica tipicamente nell’ambito immobiliare, quando cerchiamo di vendere un’abitazione in cui abbiamo vissuto e alla quale tendiamo ad attribuire un valore superiore perché oltre al fair value di mercato saremo propensi a tenere in considerazione gli sforzi che abbiamo fatto per comprarlo, i lavori che ci abbiamo fatto dentro, le aspettative di rivalutazione che avevamo quando l’abbiamo comprato ma anche le stesse esperienze di vita che hanno accompagnato la nostra permanenza in quella casa.

Veniamo ora al

NUMERO OTTO: L’effetto Framing.

Questo bias, che potremmo chiamare effetto “contestualizzazione”, si riferisce al modo in cui le scelte vengono presentate o, appunto, contestualizzate. Le nostre decisioni possono infatti essere influenzate dal modo in cui le informazioni vengono presentate, ad esempio enfatizzando i potenziali guadagni o le potenziali perdite, anche dove i valori fondamentali sottostanti sono gli stessi.

In pratica, dunque, ricordatevi sempre che il MODO in cui vengono presentati determinati fatti oggettivi ha un impatto reale sull’impressione che essi ci suscitano e sulle decisioni che prendiamo di conseguenza.

Infine

NUMERO NOVE: il bias di Prossimità.

Questo bias descrive la tendenza a sovrappesare la rilevanza di eventi o informazioni recenti a discapito di tendenze a lungo termine o dati storici.

Occhio quindi prima di prendere qualche decisione finanziaria a cercare di considerare l’orizzonte temporale più ampio possibile e a non basarsi su poche informazioni recenti disponibili, rischiando di sovrastimare il valore di queste informazioni e portarvi a compiere scelte avventate.

Allora, cari ascoltatori di questo Podcast che doveva parlare solo di finanza e investimenti e tra un po’ ci metteremo a parlare del senso dell’essere in generale.

Spero che questo episodio vi sia piaciuto, non è proprio finanza in senso stretto ma credo che sia valsa la pena parlare di strumenti concettuali utili per permettervi di prendere le migliori decisioni finanziarie per la vostra vita.

Se invece non vi è piaciuto, beh, tutto sommato credo che vivrò bene lo stesso ma almeno vi siete portati a casa qualcosa che vi aiuterà a prendere decisioni più consapevoli con i vostri soldi e magari per la vostra vita in generale.

Come sapete, l’obiettivo di THE BULL non è quello di dirvi “cosa dovete fare” per diventare ricchi bensì è mettervi a disposizione il maggior numero di contenuti possibile, nel modo più semplice possibile e possibilmente nella forma meno noiosa possibile per permettere poi a VOI e soltanto a VOI di prendere ogni decisione personale sul vostro futuro finanziario.

Quindi non prendete per oro colato NEANCHE quello che vi dico io ma prendete da questo podcast quanto ritenete sia utile per voi, dopodiché sottoponete ogni singola considerazione di questo podcast al giudizio del vostro pensiero critico e agite quindi di conseguenza ascoltando la parola ultima che sarà il vostro cervello – e lui soltanto – a fornirvi.

Prima di fare tutto ciò, ricordatevi però di mettere segui e attivare le notifiche su qualunque piattaforma stiate ascoltando il podcast e lasciate una recensione a cinque stelle per supportarci e permetterci di produrre contenuti che non dovete prendere per verità insindacabili ma che tutto sommato conoscerli non vi fa male sempre nuovi.

Cari amici, care amiche e cari anche tutti gli altri che non vogliono essere troppo amici di questo podcast ma che ciò nonostante lo ascoltano lo stesso, anche per questo episodio è davvero tutto e noi ci ritroviamo presto con THE BULL, il tuo podcast di finanza personale.

Recensioni

Quando capisci come funziona la finanza… ti viene voglia di raccontarla!

Podcast piacevole, scorre veloce ma in modo estremamente chiaro, spiega i concetti chiave per gestire le proprie finanze, fornendo la classica cassetta degli attrezzi. Complimenti, davvero ben fatto!

Massimiliano, 29 Mag 2024

Veramente veramente raccomandato! la finanza personale riassunta alla perfezione! e spiegata partendo dall'ABC! Ottimo anche da ascoltare a velocita 1,5x!

Giorgia R., 23 Gen 2025

Podcast che dà sempre spunti interessanti che personalmente mi ha fatto appassionare alla finanza personale spingendomi ad approfondire in prima persona.

Lorenzo, 13 Mar 2025

Veramente interessante, chiaro e conciso. Cambia la vita finanziaria di chiunque.. da ascoltare assolutamente anche per chi di finanza non vuole occuparsi mai

Francesca B., 6 Apr 2024

Dovrebbero ascoltarlo buona parte degli italiani e io avrei dovuto scoprirlo con qualche anno in anticipo ma meglio tardi che mai

Matteo C., 3 Set 2025

Da quando l'ho scoperto in 15 gg mi sono ascoltato 150 puntate senza fermarmi, ho annullato gli altri podcast per portarmi alla pari ed ascoltare tutte le precedenti puntate, ben fatto, esattamente il livello di informazione che mi serviva

Gianluca G., 11 Set 2025

Ho seguito tutte le puntate! Grazie veramente

Amalia A., 17 Set 2025

Ho acquistato e letto il suo libro e l' ho trovato. Esprime i concetti economici in modo semplice e chiaro. Sentirlo parlare conferma che è un professionista del settore.

Giulia N., 11 Ago 2025

Riccardo mi ha letteralmente cambiato la vita e fatto scoprire che amo la finanza, ho ascoltato il podcast già due volte e non mi stufo mai di ascoltarlo, parla in modo semplice e chiaro

Massimo D., 23 Set 2025
Facile.it
logo-scalable
logo-nordvpn
logo-fineco
logo-4books
logo-turtleneck
logo-datatrek
logo-ticketrestaurant