I Numeri Magici degli Investimenti – Un po’ di Matematica per i tuoi Soldi
Risparmio, Investimenti e Finanza si basano sui NUMERI. In questo episodio vediamo i concetti matematici fondamentali - e soprattutto un paio di scorciatoie per non stare a fare troppi calcoli - per gestire al meglio i nostri soldi e prendere decisioni migliori per il nostro patrimonio. Comportamenti strani delle percentuali, formule magiche fatte in casa per fare in un secondo calcoli a trent'anni e perché il nostro cervello crasha quando si tratta dei numeri della finanza. Questo e molto altro (no in realtà non molto altro ma suona meglio così), in questo episodio che non vi farà diventare più bravi in matematica ma forse giusto un po' bravi a capire come gestire i vostri soldi.

Risorse
Punti Chiave
Padroneggia l'interesse composto e calcola la crescita dei tuoi investimenti con formule o strumenti come Excel.
Usa la Regola del 72 e la Regola del 1000 per stime rapide; ricorda che le perdite richiedono maggiore recupero.
Trascrizione Episodio
Bentornati a The Bull – Il tuo podcast di finanza personale.
Mie care amiche e miei cari amici che ormai in migliaia seguite questo podcast, ben ritrovati a questo trentanovesimo appuntamento insieme per sviscerare la finanza personale fin nei suoi più reconditi meandri.
Molti amici e anche tante persone che non so manco chi siano ogni due per tre mi chiedono “ma quanti episodi! ma di che diavolo avrai da parlare ancora?” “ma non hai già spiegato tutto quello che c’è da sapere”.
La mia risposta di default di solito è: tutto quello che c’è da sapere sulla finanza personale è
GUADAGNA IL PIù POSSIBILE
SPENDI IL MENO POSSIBILE
INVESTI IL PIù POSSIBILE e IL PIù A LUNGO POSSIBILE
Fatto.
Finito il podcast, guinness dei primati per il podcast più conciso – e probabilmente meno seguito – di tutti i tempi.
Che la finanza personale fondamentalmente sia tutta qui, poco da dire, in effetti non è che serva aggiungere troppo.
Il vero problema però è che nei dettagli si insinuano un’infinità di sottigliezze che possono fare tutta la differenza tra il successo e il fallimento della vostra strategia finanziaria – sempre ammesso che ne abbiate una.
Come diciamo tante volte, l’Italia non primeggia nelle classifiche dell’OCSE sul livello di alfabetizzazione finanziaria – e per non primeggia intendo che facciamo proprio cagare e che pure paesi dalla dubbia tradizione di studi economici come lo Zimbabwe ci prendono per il culo tanto siamo ignoranti – ecco non solo abbiamo questo piccolo problema diffuso che non capiamo una mazza di come vanno gestiti i soldi ma abbiamo pure un altro problema cronico: siamo tra i peggiori in Europa quanto a competenze matematiche.
Siamo pessimi in matematica, ma roba che se chiedi a 100 persone a caso laureate di risolvere come si calcola l’area di un cerchio, 90 non sanno neanche di cosa stai parlando.
Ora, oggi non è che voglio mettere mano a questo problema, sono certo che ci saranno altri fantastici podcast che si occupano di divulgazione matematica – tra l’altro bellissimo, divulgazione matematica solo via audio, quindi già non ci capisci una mazza in più devi anche immaginarti numeri e simboli, un successo annunciato – dicevo niente matematica, piuttosto voglio parlarvi di alcune cose, come sempre, con l’obiettivo di darvi spunti pratici utili nella gestione della vostra vita finanziaria.
Partiamo da questo punto: la finanza personale è facilissima. Sì ok è piena di dettagli, ma in sè e per sè è sono quattro cose in croce.
Il problema però è che siccome si tratta di soldi, essa si basa sui numeri.
Se non capiamo come funzionano i numeri fondamentali della finanza personale e di tutte quelle robe di cui parliamo sempre sul risparmio, gli investimenti e compagnia bella, eh ragazzi non capiamo una bella cippa di niente e non siamo in grado di prendere decisioni ponderate.
Quindi, il patto del giorno è il seguente.
Alla fine di questo episodio le vostre competenze matematiche resteranno pressoché le stesse, voglio rassicurare tutti coloro che stavano già per cambiare podcast al timore che mi sarei messo qui a spiegare l’algebra e i logaritmi. Tranquilli: niente di tutto ciò. Se eravate matematicamente ignoranti prima, matematicamente ignoranti resterete pure dopo.
Vi porterete però a casa 3 o 4 cose cose facili facili che vi aiuteranno a maneggiare meglio i numeri per quel tanto che serve per farvi ottenere risultati soddisfacenti con i vostri investimenti.
Alcune cose saranno nuove, altre le avete già sentite citare en passant in altri episodi del podcast, ma le riprendiamo qui in maniera dedicata per ficcarvele bene in testa così non ve le scordate più, perché tanto sono certo che già ora non ve le ricordate.
Allora, partiamo.
Da cosa potevamo cominciare se non dalla matematica dell’ottava meraviglia del mondo: ossia come funziona l’INTERESSE COMPOSTO, in particolare nel suo matrimonio con il rendimento dei mercati finanziari.
Eh sì perché senza INTERESSE COMPOSTO non si creerebbe quella magia che nel lungo termine fa lievitare il valore dei vostri soldi e, cosa più importante di tutte, senza interesse composto non esisterebbe The Bull, che è il peccato più grande.
Vi immaginate The Bull senza interesse composto?
“Allora ragazzi vi spiego come investire, mettete 10.000 € nel mercato azionario e tra vent’anni state messi come eravate prima…”
Faccio una puntata e ci siamo già salutati tutti.
Interesse composto e rendimento dei mercati finanziari sono invece il mix micidiale che può salvarci il culo rispetto a quella prospettiva, soprattutto nella nostra Italica Penisola, di vedere la nostra ricchezza falcidiata da quel simpatico mix di debito pubblico, inflazione, pensioni ridicole e salari stagnanti.
Tutte ste cose però le sappiamo già, oggi invece cerchiamo di afferrare per bene l’aspetto numerico della faccenda, perché senza numeri resta tutto una supercazzola sul niente.
Intanto partiamo dal rendimento dell’asset class più importante di tutti: le azioni.
Come sapete il mercato azionario produce un rendimento per i suoi investitori che è costituito dalla somma tra la crescita di valore differenziale di ciascuna singola azione e i suoi dividendi.
E voi mi direte? Ma che vuol dire crescita di valore differenziale?
Questa è una splendida domanda.
Grazie per averla posta.
Allora quando commettete quel gravissimo errore di guardare una di quelle curiose forme di intrattenimento che prendono il nome di telegiornale e alle fine parlano di come è andata la giornata di borsa, sentirete sempre parlare di percentuali, no?
Il conduttore o la conduttrice dirà oggi il Ftse Mib di Milano ha chiuso a -0,83%, il Dow Jones a +0,23% e via dicendo.
La performance di un indice è non è altro che la media ponderata delle performance delle azioni quotate sotto quell’indice.
Questo non è sempre vero, tipo il Dow Jones non funziona così, ma prendetelo per buono.
Sottigliezze inutili a parte, il punto è che quando si parla della performance di un’azione o di un intero indice si parla di percentuali.
Le percentuali sono una cosa un po’ strana da maneggiare – e più avanti nell’episodio vi racconterò perché.
Ad ogni modo quando si dice +1% o -1% si intende sempre la differenza tra il valore di un asset alla chiusura della borsa nel giorno prima e il valore di quell’asset alla chiusura odierna.
Per questa ragione parliamo, anche se in modo un po’ improprio, di crescita differenziale.
Quindi, rendimento è intanto quanto cresce il valore di un asset nel tempo.
In più con le azioni abbiamo i dividendi, cioè quella parte di utili che il consiglio di amministrazione di una società quotata decide di distribuire ai suoi azionisti (andatevi a riascoltare l’episodio 32 sulle Entrate Passive per un approfondimento su questa cosa).
Ora, attenzione un attimo.
La performance totale di un’azione o, soprattutto per quel che interessa a noi, di un indice è quindi la somma di questi due elementi.
Se per esempio l’S&P 500 in un dato anno è passato da 4000 a 4400 punti significa che è cresciuto del 10%, ma il suo TOTAL RETURN, come lo chiamano gli Yankees, è fatto da questo 10% + il valore dei dividendi che sono stati distribuiti.
Tenete conto che quando un’azienda distribuisce dividendi, tipicamente il suo valore azionario si riduce perché lo stacco di un dividendo equivale ad una vendita parziale di azioni, di conseguenza: vendita di azioni UGUALE il prezzo scende.
Quando noi consideriamo il rendimento del mercato, soprattutto se investiamo in ETF ad accumulazione, che cioè reinvestono i dividendi nell’acquisto di ulteriori quote dell’ETF stesso, il controvalore del nostro ETF rifletterà il Total Return dell’indice, quindi sia la crescita differenziale di valore dell’indice che il valore dei dividendi distribuiti che per noi invece vengono reinvestiti.
Ora, perché quello tra Interesse composto e rendimento del mercato azionario è un felicissimo matrimonio?
Perché è soprattutto questo meccanismo in cui tutti i rendimenti sono accumulati uno sopra all’altro nel tempo che fa esplodere il valore di un investimento.
Vediamo al volo la formula dell’interesse composto per capire perché funziona così.
Prendiamo l’ETF di Ishares ad accumulazione che replica l’S&P 500, contraddistinto dal ticker CSSPX.
Negli ultimi 10 anni, dall’agosto 2013 all’agosto 2023, il suo rendimento medio annuo è stato un fantascientifico 15,11%!
Una roba pazzesca.
Adesso non fiondatevi a fare all in su questo perché secondo me un rendimento del genere nei prossimi anni ce lo sognamo.
[MA SCUSA, MA TU NON ERI QUELLO CHE DICEVA CHE NON SI POSSONO FARE PREVISIONI E MO TI METTI A PREVEDERE QUANTO FARA’ L’S&P 500 NEI PROSSIMI ANNI? E-E-E-E COLTO IN FALLO!]
No, non è che prevedo come andrà, cazzo ne so come andrà, però oltre a ribadire che non si possono fare previsioni sono anche quello che vi ha parlato più volte della regressione verso la media.
All’interno di una distribuzione statistica, i valori a lungo termine tendono ad aggregarsi attorno al loro risultato medio.
Se l’S&P 500 ha reso mediamente il 10% all’anno dalla notte dei tempi e per dieci anni ha fatto 15% (anche grazie ad un cambio euro/dollaro favorevole per noi europei, per gli Americani ha fatto meno) è lecito aspettarsi un riallineamento verso valori inferiori, soprattutto in questo scenario che si sta delineando fatto da tassi di interessi molto alti e probabilmente per lungo tempo – ma tutta sta cosa ve la spiego nell’episodio di mercoledì prossimo, così vi fate un’idea un po’ più chiara di che diavolo sta succedendo nel mondo e perché il nostro onorevole governo della Repubblica Italiana se la sta facendo nei pantaloni ad ogni aumento dei tassi da parte della BCE.
Stay tuned, mercoledì ci divertiamo.
Torniamo a noi, dicevamo, il nostro bell’etf, avessimo avuto il culo di comprarlo nel 2013, avrebbe fatto 15,11% all’anno.
Ammettiamo di aver investito all’inizio 10.000 €, che calcolo devo fare per capire quanto vale oggi?
Facilissimo, prendi un bel foglio excel e scrivi, seguitemi eh:
UGUALE 10.000 PER aperta parentesi 1 + 0,1511 – che è appunto 15,11% – chiusa parentesi poi dovete usare quel simbolino che di solito sulle tastiere sta sopra alla I con l’accento e che ha la forma di un trinagolo senza il lato orizzontale, una specie di piccolo tetto insomma, che è il simbolo per elevare a potenza in excel. Quindi dopo quel simbolo mettete il numero di anni, cioè 10.
Capito?
Valore iniziale PER 1+rendimento medio annuo percentuale elevato al numero di anni.
Tanto per gradire, in 10 anni avreste visto il vostro capitale quadruplicare, ossia passare da 10.000 a circa 40.000 €.
Se invece aveste voluto investire 1.000 € all’anno, che calcolo avreste dovuto fare?
Anche qui molto semplice, solo leggermente più articolato.
Usate in excel la formula Val.Fut. (cioè valore futuro) e non dovete fare altro che compilare i vari campi che excel vi chiede di compilare, nell’ordine:
– rendimento annuo (0,1511 nel nostro caso), poi
– numero di periodi (nel nostro caso 10, perché sono 10 anni);
– importo di ogni versamento (-1000, dovete metterlo negativo perché sono soldi che vi escono);
– valore iniziale (mettete 0 se partite senza capitale) e infine
– dovete mettere 0 o 1 a seconda che il vostro versamento periodico venga fatto all’inizio o alla fine di ciascun anno.
Chiaro?
Cmq più difficile da spiegare che da fare, appena inserite la formula Val. Fut. in excel vi dice lui cosa fare e se fate errori il problema non è né la matematica, né la finanza, ma la comprensione della vostra lingua madre.
In questo secondo caso, però, è importante che voi sappiate che il risultato finale sarà inferiore, perché investendo progressivamente il rendimento si diluisce nel tempo – e pure di tanto.
Se inseriamo i valori correttamente in Excel scopriamo che a parità di investimento – perché alla fine sempre 10.000 € avrò messo dentro – il mio risultato finale sarà circa 20.000 invece che 40.000!
L’abbiamo detto tante volte.
Se facciamo dollar cost averaging, ossia investiamo gradualmente, ci proteggiamo dal rischio di un tracollo di mercato ma chiaramente nei momenti di bull market, ossia quando il mercato cresce, i rendimenti maggiori si hanno sempre mettendo più soldi all’inizio.
Quindi cosa è meglio fare?
E che ne so?
Per rispondervi dovrei sapere cosa farà il mercato nei prossimi anni e, mi spiace, non so cosa farà neanche nei prossimi 5 minuti.
Nel dubbio, come detto in svariati passaggi del podcast, il buon senso e tante letture che ho fatto sull’argomento suggeriscono così:
– se ho del capitale contenuto, dentro tutto e poi continuo ad investire progressivamente;
– se ho del capitale importante, valuto magari un ingresso diluito nel corso di 6-12 mesi nel mercato, facendo ben attenzione all’asset allocation e a quanto voglio essere aggressivo sulla parte azionaria;
– se non ho capitale, dollar cost averaging dal giorno uno.
Statisticamente il mercato cresce 7-8 anni su 10, quindi in teoria conviene sempre mettere più soldi possibile in qualunque momento.
Vero è che se entrate sul mercato e beccate proprio uno di quei 2-3 anni in cui invece vi dice male, come se foste entrati nel 2022, eh lì vi gira il culo se mettete tutti i vostri soldi e dopo un po’ siete sotto del 20%.
Quindi avere una certa progressività nell’investimento vi farà magari perdere un po’ di rendimento, però dato che l’uomo soffre molto di più le perdite di quanto non sia felice per i guadagni, ha perfettamente senso fare dollar cost averaging come forma di protezione rispetto ai capitomboli che ogni tanto il mercato fa.
Ah ultima cosa, prima di andare oltre.
Se volete fare il calcolo di prima, ma con versamenti mensili e non annuali, come fate?
Semplicissimo anche qui.
Nel campo del rendimento, scriverete 0,1511 diviso 12 (12 come i mesi); nella parte dei versamenti metterete l’importo mensile e nel campo destinato ai periodi, invece che 10 metterete 120, ossia il numero di mesi contenuti in 10 anni.
Per la cronaca, con i versamenti mensili ci sarebbe andata leggermente meglio, 23.000 invece che 20.000 come risultato finale.
Tutto chiaro?
Se non vi siete addormentati per strada, vediamo ora due scorciatoie per fare i conti in fretta e capire subito a lungo termine cosa succederà ai vostri soldi.
La prima scorciatoia è famosissima ed è la già citata regola del 72, l’altra invece me la sono inventata io.
Partiamo dalla regola del 72.
Dividete 72 per il rendimento di un investimento e saprete ogni quanti anni il suo valore raddoppia.
Facciamo qualche esempio, immaginando di investire sempre 10.000 € e di lasciarli investiti per 30 anni.
– con un rendimento del 7,2% (simile a quello storico di un portafoglio 60% azioni e 40% obbligazioni), 72 diviso 7,2 fa 10, quindi ogni 10 anni il mio capitale raddoppia pertanto dopo 30 anni avrò ben 80.000 € (20.000 dopo i primi 10, 40.000 dopo i primi 20, 80.000 dopo 30).
– con un rendimento del 5% il mio capitale raddoppia ogni 14 anni e un pezzettino, quindi dopo 30 anni sarà raddoppiato circa due volte e sarò nell’ordine dei 40.000 (43.000 per la precisione);
– con un rendimento del 10% (che è circa il rendimento storico totale dell’S&P 500), il mio capitale raddoppia ogni circa 7 anni, pertanto in 30 anni raddoppierà più di 4 volte e i miei 10.000 diventeranno oltre 160.000 (174.000 per essere più precisi).
Ora vi faccio notare una cosa.
Vi ricordate che soprattutto nelle prime puntate vi ho smartellato a più non posso sul discorso dei fondi comuni di investimento venduti dalle banche che vi costano il 2% all’anno per la cortesia di avere un gestore che cerca di fare meglio del mercato ma non ce la fa quasi mai?
E voi lì avrete pensato – si va beh, 2%, e che sarà mai!!!
Ecco, no giusto per farvi capire che non stiamo parlando di sottigliezze, se avete ascoltato con attenzione gli esempi di poco fa vi sarete resi conto che la differenza tra un rendimento del 5% e uno del 7,2%, che potrebbe benissimo essere la differenza di rendimento tra un fondo comune d’investimento bilanciato al 60% azioni e 40% obbligazioni e un portafoglio di ETF con la stessa asset allocation ma senza gestori e banche da remunerare, DICEVO, questo misero 2,2% di differenziale di rendimento vi costa in 30 anni esattamente metà dei vostri soldi!!!!
portafoglio di etf fa 80.000 €
fondo comune di investimento fa, forse, 43.000 € (ammesso che il gestore riesca a pareggiare il benchmark e dai dati di Standard & Poors, Morningstar e così via, a 30 anni non ci riesce praticamente nessuno).
E su 40 anni manco ve lo sto a dire, perché quel 2,2% vi costerebbe alla fine quasi 100.000 €.
Le percentuali sono delle cose strane, il nostro cervello fa una fatica fottutissima a ragionarci sopra.
Il nostro cervello fa inoltre un casino fotonico quando in ballo ci sono le crescite esponenziali.
Ora, dato che quando si tratta di investimenti si tratta di comprendere crescite esponenziali di valori percentuali, beh non stupitevi se non ci capite una mazza e se non cogliete istintivamente che un amabile consulente che vi chiede il 2% di commissioni all’anno, in realtà vi sta chiedendo di regalargli metà dei vostri soldi mentre le chiappe che vengono rischiate sono solo le vostre.
Oh poi ragazzi, come sempre, meglio avere i soldi in un fondo comune d’investimento che lasciarli a fare la muffa sul conto o, peggio, spenderli.
Però una volta che avete ascoltato 39 episodi di The Bull, se ciononostante non volete fare comunque nulla, a quel punto vi piace buttare via i soldi che vi devo dire…
Tutto chiaro?
Oh veniamo invece all’altra scorciatoia, quella di mia personalissima invenzione.
Già citata en passant in un altro episodio, la riprendiamo per bene qui.
Allora ammettiamo che non volete usare excel, che anche la calcolatrice dell’iPhone vi fa salire il nervoso, che fare i conti è in generale una cosa che vi fa uscire il sangue dal naso, no panic, statemi a sentire.
Questo trucchetto è utile sia per proiettare il rendimento dei vostri investimenti nel futuro, sia per capire quanto vi sta costando quell’iqos di me**a che po**a pu***ana poi uno non si deve inc***are che avete in bocca mentre mi ascoltate.
Dunque, diciamo che per semplicità immaginiamo sempre di avere i nostri investimenti in un portafoglio 60/40 che, come detto fino al vomito, negli ultimi 40 anni ha reso poco più del 7% all’anno.
Per stare più conservativi, ipotizziamo che in futuro le cose andranno meno bene e usiamo il 6% come rendimento medio.
Come orizzonte temporale, invece usiamo 30 anni.
La età mediana di chi mi ascolta, almeno a giudicare da chi di voi mi scrive, orbita attorno ai 30 anni, quindi grosso modo altri trent’anni di investimento è un numero che va bene per tutti.
Ci siamo?
Quindi 30 anni di investimento e rendimento atteso del 6%.
Se questo è lo scenario base di qualunque nostro investimento, allora sappiate che, pronti?
Qualunque cifra investiate mensilmente, dopo 30 anni sarà esattamente 1.000 volte più grande.
[SIM SAL MIN]
Qualche esempio:
– volete investire 100 € al mese per 30 anni? alla fine saranno 100.000;
– volete rinunciare ai 30 € al mese che spendete per il caffé delle 10:30 al bar e investirli mensilmente per 30 anni? alla fine saranno 30.000 €;
– ottimizziamo le nostre spese e le nostre abitudini e riusciamo a mettere 500 € al mese nel nostro portafoglio di investimenti? tra 30 anni saranno 500.000 €;
– ora che ho capito sta cosa mi spacco la testa in due per riuscire a investire 1000 € al mese al costo di smettere di bere, fumare, mangiare fuori a pranzo, guardare netflix, disney+ sky e via dicendo? tra trent’anni saranno 1.000.000 e voi felicemente già pensionati a fare quello che cazzo vi pare.
Oh sia chiaro: tutto sto calcolo si basa sui rendimenti passati (benché aggiustati al ribasso).
Nel futuro che ne so quali saranno i rendimenti.
Certamente 6% all’anno non è un rendimento astronomico, quindi può rappresentare una stima sensata, almeno su base storica.
Poi se così non sarà, eh sapete… magari storicamente avete buone probabilità di non strozzarvi mangiando i pop corn mentre invece il prossimo potrebbe esservi fatale! Questa però non è una buona ragione per non mangiare i pop corn no?
Chi può dire cosa ci riserverà il futuro, un po’ di rischio bisogna però prenderselo altrimenti tanto vale proprio stare al mondo.
Ok, allora capita tutta sta roba qua una volta per tutte, prima dicevamo: attenzione alle percentuali che sono una roba con cui il nostro cervello va in confusione.
Finora abbiamo sempre parlato di scenari in cui i rendimenti sono positivi e, perlomeno negli ultimi 200 anni, azioni e obbligazioni hanno sempre avuto rendimenti positivi nel lungo termine.
Però in determinati momenti sapete anche che il mercato si innervosisce quando troppa gente sta facendo soldi e fa crollare giù tutto per riassestarsi.
Ora, sul discorso delle percentuali, è importante che capiate bene questo.
Purtroppo, le percentuali negative sono molto più pesanti delle percentuali positive, il che vuol dire che ogni volta che il vostro portafoglio fa -X%, non basta che poi faccia +X% per recuperare, ma dovrà fare di più.
Vediamo qualche esempio:
– se il mio portafoglio registra ad un certo punto un -5%, devo poi aspettare che esso faccia +5,26% per tornare al punto di partenza;
– se fa -10%, avrò poi bisogno del +11,11%
– se fa -20%, mi servirà il +25% e ora attenzione
– se fa -50%, mi servirài l +100% per tornare in pari.
Durante la crisi dei mutui subprime del 2007-2009, tra il picco massimo di ottobre 2007 e il picco minimo di febbraio 2009 l’S&P 500 ha perso oltre il 50% del valore.
Sono poi serviti esattamente 4 anni per fare +100% e, nel marzo 2013, tornare al livello pre crisi.
Questo per dire cosa.
Occhio al concetto di Drawdown, che significa, tradotto in Italiano, “quando il tuo portafoglio va giù di brutto e scopri di conoscere imprecazioni e volgarità che mai ti saresti immaginato”, però in effetti Drawdown è più conciso.
Nella valutazione di un investimento, è importante considerare il fatto che le aspettative di rendimento sono spesso accompagnate da altrettante aspettative di correzione negativa.
Detto altrimenti: se pensate di investire in qualche prodotto che promette grandi rendimenti, ecco sappiate che ciò significa che probabilmente vi state espandendo ad un’alta volatilità, non pensate di essere dei geni e di aver trovato la gallina dalle uova d’oro che non conosce nessuno.
Un investimento in un’azione growth, tipo Tesla per esempio, può darvi grandissimi ritorni ma può anche esporvi a crolli altrettanto fragorosi.
Stesso discorso, amplificato se vogliamo, nel trading: se state facendo bei soldi, sappiate che più soldi fate più state accumulando un’esposizione verso drawdown potenzialmente maggiori.
Ricordatevi quindi che se vi fosse venuto facile fare +10%, probabilmente sarà altrettanto facile fare -10%, con la differenza però che il -10% peserà di più del +10%.
Allo stesso modo, nella valutazione della vostra asset allocation tenete a mente tutte le cose di cui parliamo sempre, quindi orizzonte temporale, propensione al rischio, obiettivi e tutto il resto, ma considerate anche l’impatto dei drawdown all’interno della vostra pianificazione.
Se è vero, per assurdo, che avere un portafoglio 100% azionario dovrebbe darvi più rendimenti che un portafoglio, ad esempio, 60/40, allo stesso tempo sappiate che un drawdown in un portafoglio fatto solo di azioni sarà probabilmente più pesante che in uno misto.
Sul lunghissimo termine chissene, il mercato azionario sono 200 anni che continua a sfondare nuovi massimi.
Ma se per esempio vi beccate un -40%, dovete poi attendere che il vostro portafoglio faccia + 67% per tornare in pari.
Se avete di fronte ancora 30 anni di investimenti, non sarà affatto un problema.
Quando invece inizierete ad avere un capitale rilevante e magari il vostro orizzonte temporale comincerà a restringersi 10-15 anni, ecco allora che conviene puntare a rendimenti inferiori con portafogli più conservativi, onde evitare appunto tracolli troppo pesanti che poi richiederebbero troppi anni per recuperare.
Allora, cari amichetti di questo viaggio insieme, ci stiamo avvicinando alla fine dell’episodio.
Visto?
Mezz’oretta scarsa a parlare di numeri e matematica e manco ve ne siete accorti.
Facile e indolore, però adesso avete qualche strumento in più per ragionare bene, numeri alla mano, su quello che diavolo fate con i soldi.
Riassuntone, abbiamo imparato:
– come si calcola l’interesse composto;
– che 2% di commissioni sui vostri investimenti sono un crimine contro l’umanità;
– un paio di scorciatoie per capire ogni quanto gli investimenti raddoppiano (con la regola del 72) e quanto valgono a trent’anni da oggi i miei investimenti mensili (con la regola del 1000 made in The Bull);
– abbiamo infine capito che le percentuali sono birichine e che 1 meno 1 non fa zero e quindi che dobbiamo fare attenzione a non esporci a drawdown eccessivi altrimenti torniamo in positivo alle calende greche.
Questa è quasi tutta la matematica che dovete sapere per capire la finanza personale.
Per il resto la finanza è piena di matematica sotto steroidi per dire cose semplici in modo difficilissimo.
Per esempio la famosa formula Black-Scholes per determinare il prezzo ottimale delle opzioni è complicata quasi quanto la formula di Einstein della relatività generale, con la differenza che la seconda ci ha permesso di calcolare con precisione assoluta di quanto curva lo spazio-tempo in presenza di una massa determinando così ciò che noi percepiamo come gravità, mentre la prima, che è sempre un elegante equazione differenziale alle derivate parziali, serve a far fallire gli hedge fund gestiti dagli inventori premi nobel della formula stessa (vi ricordo la più volte citata storiella di Long Term Capital Management).
Ragazzi ma quale podcast vi parla sia di come risparmiare e investire smettendo di fumare e del significato della più famosa scoperta della fisica di tutti i tempi?
Comunque ridendo e scherzando, tra una cazzata e l’altra come da nostre stile, passando attraverso un po’ di numeri e aneddoti del tutto inutili ma che esteticamente ci stavano bene lì dove li ho messi, siamo giunti alla fine di quest’episodio, che spero abbiate trovato utile per semplificare la vostra comprensione numerica di quel che accade ai vostri soldi.
Come sempre, vi ringrazio perché siete ancora qui a seguirmi e incredibilmente questo podcast, per la sua 17ma settimana di fila continua a crescere e quando stamattina mi sono svegliato The Bull era PRIMO – ripeto: PRIMO – nella categoria “carriere” di spotify.
Quindi, grazie di cuore.
Continuate allora a spargere la voce su questo podcast, sai mai che tra un po’ di finanza e un po’ di fisica insidiamo Geopop.
Vi invito come sempre a mettere segui al podcast, attivare le notifiche e lasciare una recensione a 5 stelle per supportarci e permetterci di continuare a produrre contenuti [questo è il momento in cui dico qualche cazzata e poi finisco con sempre nuovi, eh che di stronzate ne ho già dette parecchie oggi, boh, mah guarda a sto giro quasi quasi la lascio così] sempre nuovi.
Per questo episodio invece è davvero tutto e noi ci ritroviamo qui mercoledì prossimo per capire insieme un po’ che diavolo sta succedendo nel mondo tra tassi di interesse, inflazione e buone notizie che in realtà sono brutte notizie, sempre con The Bull – Il tuo podcast di finanza personale.
Bentornati a The Bull – Il tuo podcast di finanza personale.
Mie care amiche e miei cari amici che ormai in migliaia seguite questo podcast, ben ritrovati a questo trentanovesimo appuntamento insieme per sviscerare la finanza personale fin nei suoi più reconditi meandri.
Molti amici e anche tante persone che non so manco chi siano ogni due per tre mi chiedono “ma quanti episodi! ma di che diavolo avrai da parlare ancora?” “ma non hai già spiegato tutto quello che c’è da sapere”.
La mia risposta di default di solito è: tutto quello che c’è da sapere sulla finanza personale è
GUADAGNA IL PIù POSSIBILE
SPENDI IL MENO POSSIBILE
INVESTI IL PIù POSSIBILE e IL PIù A LUNGO POSSIBILE
Fatto.
Finito il podcast, guinness dei primati per il podcast più conciso – e probabilmente meno seguito – di tutti i tempi.
Che la finanza personale fondamentalmente sia tutta qui, poco da dire, in effetti non è che serva aggiungere troppo.
Il vero problema però è che nei dettagli si insinuano un’infinità di sottigliezze che possono fare tutta la differenza tra il successo e il fallimento della vostra strategia finanziaria – sempre ammesso che ne abbiate una.
Come diciamo tante volte, l’Italia non primeggia nelle classifiche dell’OCSE sul livello di alfabetizzazione finanziaria – e per non primeggia intendo che facciamo proprio cagare e che pure paesi dalla dubbia tradizione di studi economici come lo Zimbabwe ci prendono per il culo tanto siamo ignoranti – ecco non solo abbiamo questo piccolo problema diffuso che non capiamo una mazza di come vanno gestiti i soldi ma abbiamo pure un altro problema cronico: siamo tra i peggiori in Europa quanto a competenze matematiche.
Siamo pessimi in matematica, ma roba che se chiedi a 100 persone a caso laureate di risolvere come si calcola l’area di un cerchio, 90 non sanno neanche di cosa stai parlando.
Ora, oggi non è che voglio mettere mano a questo problema, sono certo che ci saranno altri fantastici podcast che si occupano di divulgazione matematica – tra l’altro bellissimo, divulgazione matematica solo via audio, quindi già non ci capisci una mazza in più devi anche immaginarti numeri e simboli, un successo annunciato – dicevo niente matematica, piuttosto voglio parlarvi di alcune cose, come sempre, con l’obiettivo di darvi spunti pratici utili nella gestione della vostra vita finanziaria.
Partiamo da questo punto: la finanza personale è facilissima. Sì ok è piena di dettagli, ma in sè e per sè è sono quattro cose in croce.
Il problema però è che siccome si tratta di soldi, essa si basa sui numeri.
Se non capiamo come funzionano i numeri fondamentali della finanza personale e di tutte quelle robe di cui parliamo sempre sul risparmio, gli investimenti e compagnia bella, eh ragazzi non capiamo una bella cippa di niente e non siamo in grado di prendere decisioni ponderate.
Quindi, il patto del giorno è il seguente.
Alla fine di questo episodio le vostre competenze matematiche resteranno pressoché le stesse, voglio rassicurare tutti coloro che stavano già per cambiare podcast al timore che mi sarei messo qui a spiegare l’algebra e i logaritmi. Tranquilli: niente di tutto ciò. Se eravate matematicamente ignoranti prima, matematicamente ignoranti resterete pure dopo.
Vi porterete però a casa 3 o 4 cose cose facili facili che vi aiuteranno a maneggiare meglio i numeri per quel tanto che serve per farvi ottenere risultati soddisfacenti con i vostri investimenti.
Alcune cose saranno nuove, altre le avete già sentite citare en passant in altri episodi del podcast, ma le riprendiamo qui in maniera dedicata per ficcarvele bene in testa così non ve le scordate più, perché tanto sono certo che già ora non ve le ricordate.
Allora, partiamo.
Da cosa potevamo cominciare se non dalla matematica dell’ottava meraviglia del mondo: ossia come funziona l’INTERESSE COMPOSTO, in particolare nel suo matrimonio con il rendimento dei mercati finanziari.
Eh sì perché senza INTERESSE COMPOSTO non si creerebbe quella magia che nel lungo termine fa lievitare il valore dei vostri soldi e, cosa più importante di tutte, senza interesse composto non esisterebbe The Bull, che è il peccato più grande.
Vi immaginate The Bull senza interesse composto?
“Allora ragazzi vi spiego come investire, mettete 10.000 € nel mercato azionario e tra vent’anni state messi come eravate prima…”
Faccio una puntata e ci siamo già salutati tutti.
Interesse composto e rendimento dei mercati finanziari sono invece il mix micidiale che può salvarci il culo rispetto a quella prospettiva, soprattutto nella nostra Italica Penisola, di vedere la nostra ricchezza falcidiata da quel simpatico mix di debito pubblico, inflazione, pensioni ridicole e salari stagnanti.
Tutte ste cose però le sappiamo già, oggi invece cerchiamo di afferrare per bene l’aspetto numerico della faccenda, perché senza numeri resta tutto una supercazzola sul niente.
Intanto partiamo dal rendimento dell’asset class più importante di tutti: le azioni.
Come sapete il mercato azionario produce un rendimento per i suoi investitori che è costituito dalla somma tra la crescita di valore differenziale di ciascuna singola azione e i suoi dividendi.
E voi mi direte? Ma che vuol dire crescita di valore differenziale?
Questa è una splendida domanda.
Grazie per averla posta.
Allora quando commettete quel gravissimo errore di guardare una di quelle curiose forme di intrattenimento che prendono il nome di telegiornale e alle fine parlano di come è andata la giornata di borsa, sentirete sempre parlare di percentuali, no?
Il conduttore o la conduttrice dirà oggi il Ftse Mib di Milano ha chiuso a -0,83%, il Dow Jones a +0,23% e via dicendo.
La performance di un indice è non è altro che la media ponderata delle performance delle azioni quotate sotto quell’indice.
Questo non è sempre vero, tipo il Dow Jones non funziona così, ma prendetelo per buono.
Sottigliezze inutili a parte, il punto è che quando si parla della performance di un’azione o di un intero indice si parla di percentuali.
Le percentuali sono una cosa un po’ strana da maneggiare – e più avanti nell’episodio vi racconterò perché.
Ad ogni modo quando si dice +1% o -1% si intende sempre la differenza tra il valore di un asset alla chiusura della borsa nel giorno prima e il valore di quell’asset alla chiusura odierna.
Per questa ragione parliamo, anche se in modo un po’ improprio, di crescita differenziale.
Quindi, rendimento è intanto quanto cresce il valore di un asset nel tempo.
In più con le azioni abbiamo i dividendi, cioè quella parte di utili che il consiglio di amministrazione di una società quotata decide di distribuire ai suoi azionisti (andatevi a riascoltare l’episodio 32 sulle Entrate Passive per un approfondimento su questa cosa).
Ora, attenzione un attimo.
La performance totale di un’azione o, soprattutto per quel che interessa a noi, di un indice è quindi la somma di questi due elementi.
Se per esempio l’S&P 500 in un dato anno è passato da 4000 a 4400 punti significa che è cresciuto del 10%, ma il suo TOTAL RETURN, come lo chiamano gli Yankees, è fatto da questo 10% + il valore dei dividendi che sono stati distribuiti.
Tenete conto che quando un’azienda distribuisce dividendi, tipicamente il suo valore azionario si riduce perché lo stacco di un dividendo equivale ad una vendita parziale di azioni, di conseguenza: vendita di azioni UGUALE il prezzo scende.
Quando noi consideriamo il rendimento del mercato, soprattutto se investiamo in ETF ad accumulazione, che cioè reinvestono i dividendi nell’acquisto di ulteriori quote dell’ETF stesso, il controvalore del nostro ETF rifletterà il Total Return dell’indice, quindi sia la crescita differenziale di valore dell’indice che il valore dei dividendi distribuiti che per noi invece vengono reinvestiti.
Ora, perché quello tra Interesse composto e rendimento del mercato azionario è un felicissimo matrimonio?
Perché è soprattutto questo meccanismo in cui tutti i rendimenti sono accumulati uno sopra all’altro nel tempo che fa esplodere il valore di un investimento.
Vediamo al volo la formula dell’interesse composto per capire perché funziona così.
Prendiamo l’ETF di Ishares ad accumulazione che replica l’S&P 500, contraddistinto dal ticker CSSPX.
Negli ultimi 10 anni, dall’agosto 2013 all’agosto 2023, il suo rendimento medio annuo è stato un fantascientifico 15,11%!
Una roba pazzesca.
Adesso non fiondatevi a fare all in su questo perché secondo me un rendimento del genere nei prossimi anni ce lo sognamo.
[MA SCUSA, MA TU NON ERI QUELLO CHE DICEVA CHE NON SI POSSONO FARE PREVISIONI E MO TI METTI A PREVEDERE QUANTO FARA’ L’S&P 500 NEI PROSSIMI ANNI? E-E-E-E COLTO IN FALLO!]
No, non è che prevedo come andrà, cazzo ne so come andrà, però oltre a ribadire che non si possono fare previsioni sono anche quello che vi ha parlato più volte della regressione verso la media.
All’interno di una distribuzione statistica, i valori a lungo termine tendono ad aggregarsi attorno al loro risultato medio.
Se l’S&P 500 ha reso mediamente il 10% all’anno dalla notte dei tempi e per dieci anni ha fatto 15% (anche grazie ad un cambio euro/dollaro favorevole per noi europei, per gli Americani ha fatto meno) è lecito aspettarsi un riallineamento verso valori inferiori, soprattutto in questo scenario che si sta delineando fatto da tassi di interessi molto alti e probabilmente per lungo tempo – ma tutta sta cosa ve la spiego nell’episodio di mercoledì prossimo, così vi fate un’idea un po’ più chiara di che diavolo sta succedendo nel mondo e perché il nostro onorevole governo della Repubblica Italiana se la sta facendo nei pantaloni ad ogni aumento dei tassi da parte della BCE.
Stay tuned, mercoledì ci divertiamo.
Torniamo a noi, dicevamo, il nostro bell’etf, avessimo avuto il culo di comprarlo nel 2013, avrebbe fatto 15,11% all’anno.
Ammettiamo di aver investito all’inizio 10.000 €, che calcolo devo fare per capire quanto vale oggi?
Facilissimo, prendi un bel foglio excel e scrivi, seguitemi eh:
UGUALE 10.000 PER aperta parentesi 1 + 0,1511 – che è appunto 15,11% – chiusa parentesi poi dovete usare quel simbolino che di solito sulle tastiere sta sopra alla I con l’accento e che ha la forma di un trinagolo senza il lato orizzontale, una specie di piccolo tetto insomma, che è il simbolo per elevare a potenza in excel. Quindi dopo quel simbolo mettete il numero di anni, cioè 10.
Capito?
Valore iniziale PER 1+rendimento medio annuo percentuale elevato al numero di anni.
Tanto per gradire, in 10 anni avreste visto il vostro capitale quadruplicare, ossia passare da 10.000 a circa 40.000 €.
Se invece aveste voluto investire 1.000 € all’anno, che calcolo avreste dovuto fare?
Anche qui molto semplice, solo leggermente più articolato.
Usate in excel la formula Val.Fut. (cioè valore futuro) e non dovete fare altro che compilare i vari campi che excel vi chiede di compilare, nell’ordine:
– rendimento annuo (0,1511 nel nostro caso), poi
– numero di periodi (nel nostro caso 10, perché sono 10 anni);
– importo di ogni versamento (-1000, dovete metterlo negativo perché sono soldi che vi escono);
– valore iniziale (mettete 0 se partite senza capitale) e infine
– dovete mettere 0 o 1 a seconda che il vostro versamento periodico venga fatto all’inizio o alla fine di ciascun anno.
Chiaro?
Cmq più difficile da spiegare che da fare, appena inserite la formula Val. Fut. in excel vi dice lui cosa fare e se fate errori il problema non è né la matematica, né la finanza, ma la comprensione della vostra lingua madre.
In questo secondo caso, però, è importante che voi sappiate che il risultato finale sarà inferiore, perché investendo progressivamente il rendimento si diluisce nel tempo – e pure di tanto.
Se inseriamo i valori correttamente in Excel scopriamo che a parità di investimento – perché alla fine sempre 10.000 € avrò messo dentro – il mio risultato finale sarà circa 20.000 invece che 40.000!
L’abbiamo detto tante volte.
Se facciamo dollar cost averaging, ossia investiamo gradualmente, ci proteggiamo dal rischio di un tracollo di mercato ma chiaramente nei momenti di bull market, ossia quando il mercato cresce, i rendimenti maggiori si hanno sempre mettendo più soldi all’inizio.
Quindi cosa è meglio fare?
E che ne so?
Per rispondervi dovrei sapere cosa farà il mercato nei prossimi anni e, mi spiace, non so cosa farà neanche nei prossimi 5 minuti.
Nel dubbio, come detto in svariati passaggi del podcast, il buon senso e tante letture che ho fatto sull’argomento suggeriscono così:
– se ho del capitale contenuto, dentro tutto e poi continuo ad investire progressivamente;
– se ho del capitale importante, valuto magari un ingresso diluito nel corso di 6-12 mesi nel mercato, facendo ben attenzione all’asset allocation e a quanto voglio essere aggressivo sulla parte azionaria;
– se non ho capitale, dollar cost averaging dal giorno uno.
Statisticamente il mercato cresce 7-8 anni su 10, quindi in teoria conviene sempre mettere più soldi possibile in qualunque momento.
Vero è che se entrate sul mercato e beccate proprio uno di quei 2-3 anni in cui invece vi dice male, come se foste entrati nel 2022, eh lì vi gira il culo se mettete tutti i vostri soldi e dopo un po’ siete sotto del 20%.
Quindi avere una certa progressività nell’investimento vi farà magari perdere un po’ di rendimento, però dato che l’uomo soffre molto di più le perdite di quanto non sia felice per i guadagni, ha perfettamente senso fare dollar cost averaging come forma di protezione rispetto ai capitomboli che ogni tanto il mercato fa.
Ah ultima cosa, prima di andare oltre.
Se volete fare il calcolo di prima, ma con versamenti mensili e non annuali, come fate?
Semplicissimo anche qui.
Nel campo del rendimento, scriverete 0,1511 diviso 12 (12 come i mesi); nella parte dei versamenti metterete l’importo mensile e nel campo destinato ai periodi, invece che 10 metterete 120, ossia il numero di mesi contenuti in 10 anni.
Per la cronaca, con i versamenti mensili ci sarebbe andata leggermente meglio, 23.000 invece che 20.000 come risultato finale.
Tutto chiaro?
Se non vi siete addormentati per strada, vediamo ora due scorciatoie per fare i conti in fretta e capire subito a lungo termine cosa succederà ai vostri soldi.
La prima scorciatoia è famosissima ed è la già citata regola del 72, l’altra invece me la sono inventata io.
Partiamo dalla regola del 72.
Dividete 72 per il rendimento di un investimento e saprete ogni quanti anni il suo valore raddoppia.
Facciamo qualche esempio, immaginando di investire sempre 10.000 € e di lasciarli investiti per 30 anni.
– con un rendimento del 7,2% (simile a quello storico di un portafoglio 60% azioni e 40% obbligazioni), 72 diviso 7,2 fa 10, quindi ogni 10 anni il mio capitale raddoppia pertanto dopo 30 anni avrò ben 80.000 € (20.000 dopo i primi 10, 40.000 dopo i primi 20, 80.000 dopo 30).
– con un rendimento del 5% il mio capitale raddoppia ogni 14 anni e un pezzettino, quindi dopo 30 anni sarà raddoppiato circa due volte e sarò nell’ordine dei 40.000 (43.000 per la precisione);
– con un rendimento del 10% (che è circa il rendimento storico totale dell’S&P 500), il mio capitale raddoppia ogni circa 7 anni, pertanto in 30 anni raddoppierà più di 4 volte e i miei 10.000 diventeranno oltre 160.000 (174.000 per essere più precisi).
Ora vi faccio notare una cosa.
Vi ricordate che soprattutto nelle prime puntate vi ho smartellato a più non posso sul discorso dei fondi comuni di investimento venduti dalle banche che vi costano il 2% all’anno per la cortesia di avere un gestore che cerca di fare meglio del mercato ma non ce la fa quasi mai?
E voi lì avrete pensato – si va beh, 2%, e che sarà mai!!!
Ecco, no giusto per farvi capire che non stiamo parlando di sottigliezze, se avete ascoltato con attenzione gli esempi di poco fa vi sarete resi conto che la differenza tra un rendimento del 5% e uno del 7,2%, che potrebbe benissimo essere la differenza di rendimento tra un fondo comune d’investimento bilanciato al 60% azioni e 40% obbligazioni e un portafoglio di ETF con la stessa asset allocation ma senza gestori e banche da remunerare, DICEVO, questo misero 2,2% di differenziale di rendimento vi costa in 30 anni esattamente metà dei vostri soldi!!!!
portafoglio di etf fa 80.000 €
fondo comune di investimento fa, forse, 43.000 € (ammesso che il gestore riesca a pareggiare il benchmark e dai dati di Standard & Poors, Morningstar e così via, a 30 anni non ci riesce praticamente nessuno).
E su 40 anni manco ve lo sto a dire, perché quel 2,2% vi costerebbe alla fine quasi 100.000 €.
Le percentuali sono delle cose strane, il nostro cervello fa una fatica fottutissima a ragionarci sopra.
Il nostro cervello fa inoltre un casino fotonico quando in ballo ci sono le crescite esponenziali.
Ora, dato che quando si tratta di investimenti si tratta di comprendere crescite esponenziali di valori percentuali, beh non stupitevi se non ci capite una mazza e se non cogliete istintivamente che un amabile consulente che vi chiede il 2% di commissioni all’anno, in realtà vi sta chiedendo di regalargli metà dei vostri soldi mentre le chiappe che vengono rischiate sono solo le vostre.
Oh poi ragazzi, come sempre, meglio avere i soldi in un fondo comune d’investimento che lasciarli a fare la muffa sul conto o, peggio, spenderli.
Però una volta che avete ascoltato 39 episodi di The Bull, se ciononostante non volete fare comunque nulla, a quel punto vi piace buttare via i soldi che vi devo dire…
Tutto chiaro?
Oh veniamo invece all’altra scorciatoia, quella di mia personalissima invenzione.
Già citata en passant in un altro episodio, la riprendiamo per bene qui.
Allora ammettiamo che non volete usare excel, che anche la calcolatrice dell’iPhone vi fa salire il nervoso, che fare i conti è in generale una cosa che vi fa uscire il sangue dal naso, no panic, statemi a sentire.
Questo trucchetto è utile sia per proiettare il rendimento dei vostri investimenti nel futuro, sia per capire quanto vi sta costando quell’iqos di me**a che po**a pu***ana poi uno non si deve inc***are che avete in bocca mentre mi ascoltate.
Dunque, diciamo che per semplicità immaginiamo sempre di avere i nostri investimenti in un portafoglio 60/40 che, come detto fino al vomito, negli ultimi 40 anni ha reso poco più del 7% all’anno.
Per stare più conservativi, ipotizziamo che in futuro le cose andranno meno bene e usiamo il 6% come rendimento medio.
Come orizzonte temporale, invece usiamo 30 anni.
La età mediana di chi mi ascolta, almeno a giudicare da chi di voi mi scrive, orbita attorno ai 30 anni, quindi grosso modo altri trent’anni di investimento è un numero che va bene per tutti.
Ci siamo?
Quindi 30 anni di investimento e rendimento atteso del 6%.
Se questo è lo scenario base di qualunque nostro investimento, allora sappiate che, pronti?
Qualunque cifra investiate mensilmente, dopo 30 anni sarà esattamente 1.000 volte più grande.
[SIM SAL MIN]
Qualche esempio:
– volete investire 100 € al mese per 30 anni? alla fine saranno 100.000;
– volete rinunciare ai 30 € al mese che spendete per il caffé delle 10:30 al bar e investirli mensilmente per 30 anni? alla fine saranno 30.000 €;
– ottimizziamo le nostre spese e le nostre abitudini e riusciamo a mettere 500 € al mese nel nostro portafoglio di investimenti? tra 30 anni saranno 500.000 €;
– ora che ho capito sta cosa mi spacco la testa in due per riuscire a investire 1000 € al mese al costo di smettere di bere, fumare, mangiare fuori a pranzo, guardare netflix, disney+ sky e via dicendo? tra trent’anni saranno 1.000.000 e voi felicemente già pensionati a fare quello che cazzo vi pare.
Oh sia chiaro: tutto sto calcolo si basa sui rendimenti passati (benché aggiustati al ribasso).
Nel futuro che ne so quali saranno i rendimenti.
Certamente 6% all’anno non è un rendimento astronomico, quindi può rappresentare una stima sensata, almeno su base storica.
Poi se così non sarà, eh sapete… magari storicamente avete buone probabilità di non strozzarvi mangiando i pop corn mentre invece il prossimo potrebbe esservi fatale! Questa però non è una buona ragione per non mangiare i pop corn no?
Chi può dire cosa ci riserverà il futuro, un po’ di rischio bisogna però prenderselo altrimenti tanto vale proprio stare al mondo.
Ok, allora capita tutta sta roba qua una volta per tutte, prima dicevamo: attenzione alle percentuali che sono una roba con cui il nostro cervello va in confusione.
Finora abbiamo sempre parlato di scenari in cui i rendimenti sono positivi e, perlomeno negli ultimi 200 anni, azioni e obbligazioni hanno sempre avuto rendimenti positivi nel lungo termine.
Però in determinati momenti sapete anche che il mercato si innervosisce quando troppa gente sta facendo soldi e fa crollare giù tutto per riassestarsi.
Ora, sul discorso delle percentuali, è importante che capiate bene questo.
Purtroppo, le percentuali negative sono molto più pesanti delle percentuali positive, il che vuol dire che ogni volta che il vostro portafoglio fa -X%, non basta che poi faccia +X% per recuperare, ma dovrà fare di più.
Vediamo qualche esempio:
– se il mio portafoglio registra ad un certo punto un -5%, devo poi aspettare che esso faccia +5,26% per tornare al punto di partenza;
– se fa -10%, avrò poi bisogno del +11,11%
– se fa -20%, mi servirà il +25% e ora attenzione
– se fa -50%, mi servirài l +100% per tornare in pari.
Durante la crisi dei mutui subprime del 2007-2009, tra il picco massimo di ottobre 2007 e il picco minimo di febbraio 2009 l’S&P 500 ha perso oltre il 50% del valore.
Sono poi serviti esattamente 4 anni per fare +100% e, nel marzo 2013, tornare al livello pre crisi.
Questo per dire cosa.
Occhio al concetto di Drawdown, che significa, tradotto in Italiano, “quando il tuo portafoglio va giù di brutto e scopri di conoscere imprecazioni e volgarità che mai ti saresti immaginato”, però in effetti Drawdown è più conciso.
Nella valutazione di un investimento, è importante considerare il fatto che le aspettative di rendimento sono spesso accompagnate da altrettante aspettative di correzione negativa.
Detto altrimenti: se pensate di investire in qualche prodotto che promette grandi rendimenti, ecco sappiate che ciò significa che probabilmente vi state espandendo ad un’alta volatilità, non pensate di essere dei geni e di aver trovato la gallina dalle uova d’oro che non conosce nessuno.
Un investimento in un’azione growth, tipo Tesla per esempio, può darvi grandissimi ritorni ma può anche esporvi a crolli altrettanto fragorosi.
Stesso discorso, amplificato se vogliamo, nel trading: se state facendo bei soldi, sappiate che più soldi fate più state accumulando un’esposizione verso drawdown potenzialmente maggiori.
Ricordatevi quindi che se vi fosse venuto facile fare +10%, probabilmente sarà altrettanto facile fare -10%, con la differenza però che il -10% peserà di più del +10%.
Allo stesso modo, nella valutazione della vostra asset allocation tenete a mente tutte le cose di cui parliamo sempre, quindi orizzonte temporale, propensione al rischio, obiettivi e tutto il resto, ma considerate anche l’impatto dei drawdown all’interno della vostra pianificazione.
Se è vero, per assurdo, che avere un portafoglio 100% azionario dovrebbe darvi più rendimenti che un portafoglio, ad esempio, 60/40, allo stesso tempo sappiate che un drawdown in un portafoglio fatto solo di azioni sarà probabilmente più pesante che in uno misto.
Sul lunghissimo termine chissene, il mercato azionario sono 200 anni che continua a sfondare nuovi massimi.
Ma se per esempio vi beccate un -40%, dovete poi attendere che il vostro portafoglio faccia + 67% per tornare in pari.
Se avete di fronte ancora 30 anni di investimenti, non sarà affatto un problema.
Quando invece inizierete ad avere un capitale rilevante e magari il vostro orizzonte temporale comincerà a restringersi 10-15 anni, ecco allora che conviene puntare a rendimenti inferiori con portafogli più conservativi, onde evitare appunto tracolli troppo pesanti che poi richiederebbero troppi anni per recuperare.
Allora, cari amichetti di questo viaggio insieme, ci stiamo avvicinando alla fine dell’episodio.
Visto?
Mezz’oretta scarsa a parlare di numeri e matematica e manco ve ne siete accorti.
Facile e indolore, però adesso avete qualche strumento in più per ragionare bene, numeri alla mano, su quello che diavolo fate con i soldi.
Riassuntone, abbiamo imparato:
– come si calcola l’interesse composto;
– che 2% di commissioni sui vostri investimenti sono un crimine contro l’umanità;
– un paio di scorciatoie per capire ogni quanto gli investimenti raddoppiano (con la regola del 72) e quanto valgono a trent’anni da oggi i miei investimenti mensili (con la regola del 1000 made in The Bull);
– abbiamo infine capito che le percentuali sono birichine e che 1 meno 1 non fa zero e quindi che dobbiamo fare attenzione a non esporci a drawdown eccessivi altrimenti torniamo in positivo alle calende greche.
Questa è quasi tutta la matematica che dovete sapere per capire la finanza personale.
Per il resto la finanza è piena di matematica sotto steroidi per dire cose semplici in modo difficilissimo.
Per esempio la famosa formula Black-Scholes per determinare il prezzo ottimale delle opzioni è complicata quasi quanto la formula di Einstein della relatività generale, con la differenza che la seconda ci ha permesso di calcolare con precisione assoluta di quanto curva lo spazio-tempo in presenza di una massa determinando così ciò che noi percepiamo come gravità, mentre la prima, che è sempre un elegante equazione differenziale alle derivate parziali, serve a far fallire gli hedge fund gestiti dagli inventori premi nobel della formula stessa (vi ricordo la più volte citata storiella di Long Term Capital Management).
Ragazzi ma quale podcast vi parla sia di come risparmiare e investire smettendo di fumare e del significato della più famosa scoperta della fisica di tutti i tempi?
Comunque ridendo e scherzando, tra una cazzata e l’altra come da nostre stile, passando attraverso un po’ di numeri e aneddoti del tutto inutili ma che esteticamente ci stavano bene lì dove li ho messi, siamo giunti alla fine di quest’episodio, che spero abbiate trovato utile per semplificare la vostra comprensione numerica di quel che accade ai vostri soldi.
Come sempre, vi ringrazio perché siete ancora qui a seguirmi e incredibilmente questo podcast, per la sua 17ma settimana di fila continua a crescere e quando stamattina mi sono svegliato The Bull era PRIMO – ripeto: PRIMO – nella categoria “carriere” di spotify.
Quindi, grazie di cuore.
Continuate allora a spargere la voce su questo podcast, sai mai che tra un po’ di finanza e un po’ di fisica insidiamo Geopop.
Vi invito come sempre a mettere segui al podcast, attivare le notifiche e lasciare una recensione a 5 stelle per supportarci e permetterci di continuare a produrre contenuti [questo è il momento in cui dico qualche cazzata e poi finisco con sempre nuovi, eh che di stronzate ne ho già dette parecchie oggi, boh, mah guarda a sto giro quasi quasi la lascio così] sempre nuovi.
Per questo episodio invece è davvero tutto e noi ci ritroviamo qui mercoledì prossimo per capire insieme un po’ che diavolo sta succedendo nel mondo tra tassi di interesse, inflazione e buone notizie che in realtà sono brutte notizie, sempre con The Bull – Il tuo podcast di finanza personale.
Recensioni
Quando capisci come funziona la finanza… ti viene voglia di raccontarla!
Non sono solito a mettere recensioni e specialmente non ascolto podcast, ma da quando ho iniziato questo, faccio fatica a staccarmi, e quasi non posso più fare a meno di ascoltare e arricchirmi culturalmente.
Andrea V., 22 Set 2025Ho seguito tutte le puntate! Grazie veramente
Amalia A., 17 Set 2025Dovrebbero ascoltarlo buona parte degli italiani e io avrei dovuto scoprirlo con qualche anno in anticipo ma meglio tardi che mai
Matteo C., 3 Set 2025Veramente veramente raccomandato! la finanza personale riassunta alla perfezione! e spiegata partendo dall'ABC! Ottimo anche da ascoltare a velocita 1,5x!
Giorgia R., 23 Gen 2025Riccardo mi ha letteralmente cambiato la vita e fatto scoprire che amo la finanza, ho ascoltato il podcast già due volte e non mi stufo mai di ascoltarlo, parla in modo semplice e chiaro
Massimo D., 23 Set 2025Da quando l'ho scoperto in 15 gg mi sono ascoltato 150 puntate senza fermarmi, ho annullato gli altri podcast per portarmi alla pari ed ascoltare tutte le precedenti puntate, ben fatto, esattamente il livello di informazione che mi serviva
Gianluca G., 11 Set 2025Podcast che dà sempre spunti interessanti che personalmente mi ha fatto appassionare alla finanza personale spingendomi ad approfondire in prima persona.
Lorenzo, 13 Mar 2025La mia ignoranza in materia mi ha sempre creato dei dubbi, ma grazie a un amico ho iniziato ad ascoltare il podcast. Per fortuna che ho 24 anni e un po' di tempo e soldi da dedicarmi a imparare le varie nozioni per me stesso. Grazie mille!
Luca G. 10 Ott 2025Podcast piacevole, scorre veloce ma in modo estremamente chiaro, spiega i concetti chiave per gestire le proprie finanze, fornendo la classica cassetta degli attrezzi. Complimenti, davvero ben fatto!
Massimiliano, 29 Mag 2024