Il miglior Portafoglio del mondo: il Golden Butterfly

Il Golden Butterfly è il miglior portafoglio che esista. E' il più prevedibile, il più stabile, il più performante in qualunque ciclo economico e il più affidabile per vivere di rendita. Ma è davvero il portafoglio definitivo?

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34 minuti
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150. Il miglior Portafoglio del mondo: il Golden Butterfly

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Punti Chiave

Analisi del Golden Butterfly (20% S&P, 20% Small Cap Value, 20% T-Bills, 20% T-Long, 20% Oro) per la sua stabilità e prevedibilità.

Introduzione di metriche avanzate come il Baseline Return e il Safe Withdrawal Rate (6%) per valutare la performance conservativa e l'indipendenza finanziaria.

Trascrizione Episodio

Bentornati a The Bull — il tuo podcast di finanza personale

Il Golden Butterfly è il miglior portafoglio che esista.

Questa è forte.

Questa è proprio forte.

Uscirsene affermando che esista, oggettivamente, il miglior portafoglio in assoluto e che questo sarebbe proprio il cosiddetto Golden Butterfly è un’affermazione che nemmeno io mi sarei mai aspettato di pronunciare.

E stupisce che arrivi proprio oggi, in questo episodio dal forte sapore simbolico, il numero 150 che è simbolico semplicemente perché le cifre tonde ci danno quel senso di ordine e armonia che in realtà non deriva da altro se non dal fatto che abbiamo 10 dita.

E tra l’altro non è sempre stato così.

Non il fatto delle dita, ne abbiamo sempre avute 10 dai tempi dell’australopiteco che io sappia.

Non è sempre stato così il fatto che le cifre tonde fossero per noi essere umani sinonimo di perfezione.

Anzi.

I greci avevano una strana paura per i numeri pari.

Per loro i numeri dispari erano perfetti, mentre quelli pari erano in qualche modo inquietanti.

Probabilmente per il fatto che per loro i numeri altro non erano che sassolini disposti in un certo modo sul suolo.

Insomma quando mettevano sti sassolini per terra, per esempio il due era fatto con un sasso di fianco all’altro.

Il tre invece aveva la forma di un triangolo equilatero.

Il quattro era come lo vedete sui dati, mentre il cinque sembrava una specie di casetta stilizzata.

E così via per tutti gli altri numeri.

Il fatto che quelli dispari in qualche modo avessero una forma “chiusa”, mentre quelli pari restassero “aperti”, rassicurava i greci, che invece con i numeri pari andavano incredibilmente in sbattimento.

Eh i greci erano strani davvero.

Non vi sto neanche a raccontare le tragedie e gli omicii innescati dal teorema di Pitagora quando venne fuori che la lunghezza della diagonale di un qualunque quadrato è un numero irrazionale, ossia un numero che non può mai essere espresso come rapporto tra due numeri interi.

Questa l’hanno capita in 5 tra gli ascoltatori, mentre gli altri 15.000 hanno già cambiato podcast e sono andati ad ascoltare passa dal Basement.

Comunque questa cosa che la misura esatta di questa riga che chiunque può disegnare con matita e righello non si può sapere ha fatto impazzire quelli della setta dei pitagorici. Capite che questi smattavano per i numeri pari, figuratevi di fronte ad un numero irrazionale!

Pare che fossero tenuti al giuramento solenne di non rivelare mai questa anomalia del teorema di pitagora, giuramente che ovviamente qualcuno puntualmente infranse e che pagò con la morte.

E perché morì?

Eh perché fu incauto.

Qualche secolo prima di cristo in effetti le informazioni potevano essere trasmesse praticamente solo a voce o tramite tavolette di cera.

È un attimo che ti sgamano.

Questi pitagorici chiacchieroni si sarebbero invece potuti salvare se al tempo fosse esistito qualche strumento che, non lo so, che criptasse le tavolette di cera e rendesse impossibile per chiunque venire a sapere di quello scambio di informazioni.

Diciamo … una specie di VPN.

Se invece oggi qualcuno di voi facesse parte di qualche curiosa setta matematica che scopre teoremi pazzeschi e, come i Pitagorici, per qualche motivo considera i fagioli demoniaci, può usare Nord VPN per navigare in maniera supersicura, al riparo dagli occhi indiscreti delle sette rivali e da pubblicità, siti fraudolenti, link di phishing e ogni altra minaccia online che potrebbe compromettere il vostro segreto matematico preferito.

Tra l’altro da oggi fino al 2 dicembre c’è l’esclusivo sconto Black Friday con 4 mesi in regalo sull’abbonamento biennale.

Potete quindi andare su www.nordvpn.com/thebull oppure sul link nella descrizione dell’episodio, dove troverete un prezzo per attivare l’abbonamento a NordVPN talmente conveniente che avrebbe fatto dire Eureka ad Archimede stesso.

E pure i greci li abbiamo scomodati per fare sti due soldi…

Veniamo a noi.

Dicevo il Golden Butterfly sembra il miglior portafoglio che esista.

Dovevo aspettare il 150° episodio per essere certo che un’affermazione del genere non venisse scambiata per una raccomandazione di investimento.

Sapete perfettamente che niente in questo podcast lo è.

E peraltro il Golden Butterfly non è niente di lontanamente vicino a come è composto il mio portafoglio.

Ma da un punto di vista oggettivo, dati alla mano, come in questa ventina di minuti vi racconterò, c’è poco da fare.

Faccio fatica ad ammetterlo con me stesso, innamorato come sono delle azioni, ma a voler essere onesti bisogna riconoscere che il Golden Butterfly sembra davvero non avere rivali quando si va a scandagliare per bene le sue caratteristiche, le sue performance passate, la sua volatilità e soprattutto una cosa molto importante di cui parleremo oggi che è il cosiddetto Baseline Return.

Andiamo con ordine.

Secondo me la sanno anche i muri di casa vostra, ma ricordiamo come è composto il Golden Butterfly, questo portafoglio creato da Tyler, la persona che sta dietro il meraviglioso sito Portfolio charts, roba da nerd veri, con grafici praticamente su ogni portafoglio possibile e immaginabile dal 1970 ad oggi.

Come noto il Golden Butterfly è un’evoluzione del Permanent Portfolio di Harry Brown, con un titl azionario verso le small caps.

La sua composizione, nella versione classica, è la seguente:

– 20% S&P 500

– 20% Small Cap Value

– 20% Treasury Bills

– 20% Treasury a lunga scadenza (oltre i 10 anni) e infine

– 20% di oro

L’idea che ci sta dietro è piuttosto evidente.

Le azioni portano il massimo del rendimento nelle fasi di crescita economica.

L’oro funziona bene nelle fasi ad alta inflazione.

I treasury bills acquistano valore nei momenti in cui i tassi di interesse sono più elevati.

I Treasury a lunga scadenza si apprezzano nelle fasi di recessione quando i tassi scendono e infine

Le Small cap value tendono a performare bene nelle fasi iniziali di una ripresa economica e in generale, secondo la teoria di Fama e French, si portano dietro un premio supplementare rispetto all’S&P 500 per via del maggior rischio sistematico che implica il fatto di investire in piccole società con basso prezzo rispetto al valore contabile.

Si capisce intuitivamente che si tratta di un portafoglio fatto per comprimere la volatilità complessiva e cercare di produrre un rendimento quanto più stabile possibile nei vari cicli economici.

Confrontiamolo con la performance assoluta del solito portafoglio benchmark che tanto ci piace: il 60/40 americano: S&P 500 e Treasury a 10 anni.

Dal 1978 ad oggi, cioè da quando portfolio visualizer mi fa andare indietro nel tempo, il 60/40 ha un performance superiore: 10,21% di rendimento medio annuo composto contro 9,68% del Golden.

Un portafoglio solo azionario, invece, avrebbe fatto 11,9%.

E allora perché diciamo che il Golden sarebbe il miglior portafoglio del mondo?

Ci arriviamo, perché prima si tratta di definire alcuni concetti di cui parleremo nel corso dell’episodio.

E non sono pippe mentali animate dal mio discutibile gusto per il tecnicismo, ma sono tutte cose che hanno un impatto concreto su quel che può succedere ai nostri soldi e a noi con essi.

Per questioni di coerenza, però, non prendiamo il Golden Butterfly classico, bensì una sua versione Europeizzata, perché nessuno di noi che volesse di investire in questa tipologia di portafoglio andrebbe a mettere il 100% dei propri risparmi esclusivamente in asset americani.

Cioè non che non si possa fare, ma se diversificare è un principio di asset allocation inviolabile, non vedo perché in questo caso debba fare eccezione.

Tutte le considerazioni che farò si baseranno quindi sulla seguente versione del Golden:

– L’s&p lo sostituiamo con un 20% Msci All Country World

– Per il 20% di Small Cap Value è più difficile perché non mi pare esista un ETF World. Si può però fare 14% di US Small Cap Value (14% perché è il 70% del 20%) e il restante 6% di Small Cap Value Europe, così più o meno abbiamo creato la versione World. Non mi farei troppe menate cercando di mettere dentro un’anticchia di Small Caps dei paesi emergenti e ce ne faremo una ragione per quelle giapponesi.

– Poi 20% di Obbligazioni governative a breve termine, e anche qui si può fare metà Treasury e metà obbligazioni governative Europee;

– Stesso discorso per quelle a lungo termine, metà Treasury oltre i 10 anni e metà titoli di Stato Europei a lunga scadenza;

– Infine il 20% di oro con un ETC a replica fisica.

Ok?

Abbiamo il Golden in versione Europeizzata.

Questo è quello che ho usato io per fare i conti.

Se poi uno volesse usare solo obbligazioni governative europee per semplificarsi la vita non credo che la differenza sarebbe clamorosa.

Per analogia, il portafoglio benchmark sarà composto da:

– 60% MSCI All Country World

– 20% Obbligazioni governative europee a Scadenza intermedia

– 20% Treasury a scadenza intermedia

Quello che adesso faremo sarà confrontare questi due portafogli, ma per una volta faremo una cosa molto più evoluta.

Ossia non andremo a guardare semplicemente il rendimento medio annuo composto dei due portafogli in diversi periodi di tempo, ma andremo molto più in profondità per cogliere degli aspetti che altrimenti verrebbero mascherati da quel concetto un po’ ambiguo che è quello di media.

Attraversare un fiume profondo IN MEDIA un metro e mezzo potrebbe non essere così sicuro come sembra.

Diamo qualche definizione.

Oggi ci soffermeremo su queste metriche.

– La prima è il rendimento annuo reale aritmetico, ossia non quello composto, ma il rendimento, al netto dell’inflazione, di ciascun singolo anno.

– Poi naturalmente considereremo il Compounded Annual Growth Rate, per gli amici CAGR, che è quello che noi comunemente chiamiamo rendimento composto o rendimento medio geometrico. E qui ci concentreremo sul cosiddetto “rolling return”, ossia guarderemo i rendimenti a 10, 20 e 30 anni considerando diversi anni di partenza tra il 1970 e il 2014, che è l’ultimo anno che ci permette di vedere il ritorno a 10 anni, altrimenti poi sconfiniamo nel futuro.

– Ovviamente guarderemo i drawdown, ossia di quanto sprofonda un portafoglio e quanto ci mette a ritornare in pari.

– Ci soffermeremo poi su una cosa di cui non parlo spesso, ma su cui comincerò a mettere più attenzione visto che me lo chiedete in tanti, che è il Safe Withdrawal Rate, ossia il tasso di prelievo sicuro, quando ogni anno posso prelevare dal mio portafoglio se voglio vivere di rendita senza correre il rischio di finire i soldi.

– Infine parleremo di un concetto nuovo, più o meno inventato dal tizio di Portfolio Charts, che è il Baseline Return.

Quest’ultimo merito un minimo di spiegazione.

Per baseline return si intende il quindicesimo percentile del tasso di rendimento annuo composto reale, cioè aggiustato per inflazione.

Lo so… avete appena fatto una faccia tipo: “Eh? Cos’è sta roba”.

La ridico piano: è il quindicesimo percentile del tasso di rendimento annuo composto reale, cioè aggiustato per inflazione.

Traduco.

Prendiamo il rendimento di un portafoglio di ogni singolo anno nell’orizzonte considerato.

Mettiamoli in fila dal più basso al più alto.

Quello centrale si chiamerà valore mediano.

Metà degli anni saranno andati peggio di quel valore, l’altra metà meglio.

Il 15° percentile è fatto dal 15% dei valori peggiori.

Ammettiamo che consideriamo un periodo di 50 anni.

il 15° percentile è quello composto dal rendimento dei peggiori 7,5 anni, che è appunto il 15% di 50.

Al contrario l’85° percentile è l’inverso, ossia quello fatto dal 15% degli anni migliori.

Il baseline return è quindi il rendimento medio annuo composto reale che si ottiene non prendendo tutti i possibili rendimenti di un portafoglio in tutti i possibili orizzonti temporali, ma prendendo quelli che si posizionano sul 15° percentile peggiore.

La dico in un altro modo.

Come sapete bene, se prendo un portafoglio azionario e guardo la sua performance per 10 anni c’è una bella differenza se questi 10 anni sono il 2014-2023 o il 2000-2009.

Stessa asset class, rendimenti medi annui composti diversissimi.

9% medio annuo di rendimento reale nel primo caso contro -3% nel secondo.

Un abisso.

Quindi cosa faccio.

Prendo tutti i rendimenti medi su 10 anni di un certo portafoglio è vado a vedere qual è la media dei rendimenti che cascano sul 15° percentile.

Cioè prendo tutti quei valori che sono meglio dei peggiori 14 ma peggio degli altri 85.

In altre parole è una stima iperconservativa del rendimento a 10 anni di un certo portafoglio.

Ovviamente la stessa cosa si può fare su 15 anni, 20 anni o quel che volete.

Lui la fa al massimo fino a 15 anni perché su orizzonti più lunghi poi restano pochi blocchi da analizzare.

Già su 20 anni non si potrebbe andare oltre il 2004.

Su 30 anni non si potrebbe andare oltre il 1994.

E così via.

Chiaro?

Questo concetto di baseline return sarà particolarmente importante in quest’episodio.

Abbiamo detto che oggi non parliamo del classico “questo portafoglio ha fatto x% in tot anni, quell’altro y%”, andiamo a vedere il comportamento del Golden e del nostro benchmark da diverse angolature.

Partiamo dal rendimento medio annuo reale.

I valori qui sono piuttosto simili: 6,3% per il Golden e 5,9% per il 60/40.

Questo non è il rendimento medio annuo composto.

È il rendimento medio reale preso ciascun singolo anno dal 1970 al 2023.

Da qui iniziano le differenze.

La prima è la volatilità: il 60/40 è decisamente più volatile, la sua deviazione standard è di 13,2 contro 10,3 del Golden.

Questa cosa ha comprensibilmente un impatto sull’ampiezza dei rendimenti attesi.

Cosa significa?

Significa che un portafoglio più volatile ampia lo spettro delle possibilità, cioè fa sì che a parità di rendimento medio possa ottenere un rendimento effettivo molto positivo o decisamente negativo, rispetto ad un portafoglio meno volatile che produrrà dei rendimenti più vicini tra loro anche in diversi momenti.

Vediamo questa cosa su 10, 20 e 30 anni.

Chiaramente, per via dell’onnipotente e universale principio della regressione verso la media, il range dei rendimenti di lungo termine si stringe per entrambi i portafogli maggiore è l’orizzonte temporale.

E questa cosa la diciamo praticamente dall’episodio 7 di questo podcast.

La tua asset allocation deve armonizzarsi in primis all’orizzonte temporale dei tuoi obiettivi.

Allora, partiamo dai 10 anni.

Su periodi di 10 anni consecutivi dal 1970 ad oggi andiamo da un massimo del 15% composto medio all’anno, al netto dell’inflazione, nel periodo 1991-2000, ad un minimo addirittura negativo del -2%, sempre al netto dell’inflazione. Questa sciagura sarebbe capitata dal 1970 al 1979, ma non dovrebbe stupire che negativo sia stato anche il rendimento decennale subito successivo al decennio record, ossia dal 2000 al 2009.

Regressione verso la media.

Un decennio stellare e un decennio disastroso uno attaccato all’altro.

Per il golden invece la cosa è molto diversa.

Già sui 10 anni il rendimento si compatta.

Andiamo da un minimo di 2%, sempre reale, after inflation, ad un massimo dell’11%.

In pratica il Golden non ha mai riportato un risultato reale negativo su orizzonti di 10 anni.

Passiamo ai 20 anni.

Per il 60/40, minimo 2%, massimo 11%

Per il Golden, minimo 4%, massimo 7%.

Chiudiamo con l’orizzonte tipico dell’investitore medio, 30 anni.

Per il 60/40 il risultato minimo è stato del 5% all’anno, mentre quello massimo dell’8%.

Per il Golden, invece, il range si stringe ulteriormente. Minimo 5%, massimo 7%.

E tra l’altro la cosa interessante è che se non fosse stato per il 2022, il Golden non avrebbe mai reso meno del 6% reale medio composto su un qualunque trentennio dal 1970 in poi.

Il 2022, un anno estremamente eccezionale per via del contemporaneo collasso di stocks e bonds come ben sapete, una combinazione di fattori che storicamente capita in meno del 2% dei casi, è stato in effetti il peggior anno di sempre per il Golden.

Comunque già da questo si inizia a capire qual è il grande vantaggio di un portafoglio come il Golden.

Rispetto alla consueta imprevedibilità degli investimenti finanziari, al fatto che “le performance passate non sono indicative di quelle future”, beh in realtà con il Golden il rendimento atteso è abbastanza preciso con una bassissima probabilità di avere brutte sorprese.

Certo, neanche belle…

Però per chi vuole essere sicuro di un certo risultato minimo, il Golden su questo sembra a prova di bomba.

Ma veniamo alle cose più interessanti.

E sono tre.

La prima sono i DRAWDOWN, cioè quanto crolla il portafoglio, quando crolla per davvero.

Il 60/40, lo sappiamo, è un grande portafoglio ma non è immune da tracolli epici.

Nel marzo del 2003, infatti, è precipitato di oltre il 33% rispetto al picco di 3 anni prima e ci sono voluti 11 anni complessivamente, da inizio 2000 a fine 2010 per tornare in pari.

Il Golden invece ha perso al massimo il 19% in valore reale e questa cosa è accaduta proprio nel 2022.
Circa 12% di perdita nominale a cui bisogna aggiungere un circa 7% di inflazione media di quell’anno.

Eh sì.

I danni del 2022 sono stati molto più gravi di quanto la performance nominale del portafoglio racconta.

In un anno in cui l’inflazione in Italia ha sfondato il 10%, il valore dell’inflazione andrà detratto da qualunque risultato già di per sé negativo che azioni e obbligazioni hanno fatto in quei 12 sciagurati mesi.

Dicevo, il Golden ha perso al massimo il 19% reale e sempre in termini reali non è ancora tornato ai suoi massimi, anche se siamo abbastanza vicini.

Il più lungo drawdown invece c’è stato all’inizio degli anni 90 ed è durato circa 6 anni, comunque poco più di metà del più lungo drawdown del 60/40.

È interessante notare come il Golden sia passato praticamente indenne attraverso il decennio perduto, con un rendimento reale positivo dal 2000 al 2009 del 2% all’anno.

Nello stesso periodo il 60/40 avrebbe perso circa l’1% reale all’anno.

La seconda cosa interessante — e forse la più interessante di tutto quest’episodio — è il Base Line return.

Abbiamo detto che il baseline return è il rendimento annuo composto reale al 15° percentile, ossia una stima conservativa del rendimento atteso, visto che c’è solo un 15% di casi in cui le cose andrebbero peggio e un 85% in cui andrebbero meglio.

Portfolio charts utilizza questo concetto proprio per evitare di incappare nelle trappole del ragionamento fatto sulle medie, dato che le medie sono buone per la statistica, ma spesso non dicono la verità di quel che succede davvero ai nostri investimenti.

Il suo ragionamento è che più il basline return è vicino al rendimento mediano del portafoglio, minore sarà la sua volatilità e maggiormente prevedibile, “prevedibile” tra molte virgolette, sarà la sua performance a lungo termine.

Non solo, in teoria anche la sua performance a medio termine sarà abbastanza prevedibile.

Vediamo in che senso.

Io ho preso il Baseline return a 15 anni, cioè si prendono tutti i blocchi di 15 anni consecutivi dal 1970 al 2009 (ovviamente non si va oltre al 2009 perché oggi siamo nel 2024) e si prende il rendimento reale che si colloca appunto sul 15° percentile.

Questa cosa del “percentile” tra l’altro la conoscono bene i neogenitori perché ginecologi e pediatri, quando misurano il bambino, dicono in che percentile si trova rispetto alla media degli altri bambini.

Se la sua altezza, per esempio, è nel 50° percentile significa che metà dei bambini sono più alti, metà più bassi.

Se è nel 15° percentile vorrebbe dire che è più corto dell’85% degli altri bambini.

Se invece è nell’85% percentile vuol dire che forse un domani potrà ambire a giocare nell’NBA.

Torniamo a noi.

Baseline return del 60/40 a 15 anni è 3,3%. Sempre in valore reale.

Baseline return del Golden a 15 anni è 5,1%. Tantissimo. Soprattutto se consideriamo che la performance media di un qualunque anno del Golden è 6,3%.

Cosa significa questa cosa?

Significa che praticamente lo scenario iperconservativo, in cui le cose vanno maluccio, non si allontana di molto dallo scenario medio.

Visto in questi termini, la performance del Golden sembra prevedibile quasi come quella di un’obbligazione portata a scadenza.

Tu investi nel Golden è sai che nell’85% dei casi non fari meno del 5,1% di rendimento reale al netto dell’inflazione.

Con un’inflazione al 2-2,5% parliamo di 7,1-7,7% all’anno nominale praticamente garantito.

Garantito non c’è niente in finanza eh.

Si fa per dire.

Con il 60/40, che pur ha un rendimento medio che spesso casca in quel range, il suo basline return è invece nettamente inferiore, tra il 5,3 e il 5,8% nominale.

Questa cosa non ha rilevanza esclusivamente statistica ma ha una serie di conseguenze pratiche, così ci spostiamo alla terza cosa interessante del discorso.

Tra i suoi tanti grafici fichissimi Portfoglio charts ne ha uno che si chiama Target Accuracy, che fondamentalmente ci dice con quale probabilità raggiungeremo un certo target di patrimonio in base a quanto abbiamo investito, su un orizzonte tra zero e 15 anni.

Non prevede la possibilità di inserire un PAC, che invece si trova in un altro grafico di cui parliamo tra poco.

Anche qui vengono forniti il valore mediano e il baseline return.

Per i motivi spiegati prima, il baseline return è il più interessante.

Su 15 anni, 10.000 € investiti nel 60/40 danno target, basato sul rendimento del 15° percentile, di 16.310 euro in valore reale.

Per il golden, invece, ben 21.208.

Questo, ancora una volta, non significa che il rendimento atteso di lungo termine del Golden sia maggiore di quello del 60/40.

Significa che, nell’ambito degli scenari più pessimistici, il Golden ha una probabilità nettamente superiore di produrre i risultati attesi.

Se prendiamo il rendimento storico assoluto, il 60/40 ha un rendimento mediamente superiore — così come negli ultimi 15 anni, in cui la componente azionaria ha dominato mentre quella obbligazionaria ha maggiormente sofferto, soprattutto sulle lunghe scadenze.

Ma perché è importante il primato del Golden negli scenari negativi?

Beh chiaramente perché, in quanto singolo investitore, me ne sbatto di quanto in media fanno quelli che investono come me.

A me interessa come va il mio portafoglio.

E soprattutto mi interessa avere il risultato minimo — diciamo così — migliore possibile.

Certo, il costo di avere un risultato minimo maggiore è ridursi la possibilità di un exploit del proprio portafoglio, visto che il risultato massimo del Golden non è lontanissimo da quello minimo, mentre con altri portafogli c’è maggiore variabilità.

Qui però entra in gioco un tema più psicologico, ossia se per me pesi di più cautelarmi nello scenario più negativo o prendermi più rischio e puntare a realizzare quello più positivo.

L’obiettivo dichiarato di questo podcast sin dagli albori della sua venuta al mondo è parlare di tutto ciò che serve per raggiungere l’indipendenza finanziaria.

Ne abbiamo parlato tanto soprattutto all’inizio e presto torneremo con un nuovo episodio dedicato al tema, maggiormente approfondito.

In generale comunque l’indipendenza finanziaria è quel livello, assolutamente soggettivo, in cui ciascuno raggiunge un certo patrimonio che gli consente di essere “libero”.

Libero, poi, può voler dire tante cose.

Può voler dire: essere sereno, liberato dalla pressione delle difficoltà economiche.

Oppure può voler dire: smettere di lavorare e vivere dalla rendita del mio portafoglio.

E chiaro che l’una o l’altra dipendono da tanti fattori, dalle disponibilità di risparmio, dal costo medio del proprio stile di vita e così via.

Portfolio Charts ha un altro strumento interessante che si chiama Financial Independence.

Lui dice: dammi il tuo saving rate, cioè quanto del tuo reddito puoi risparmiare ogni anno e io ti dico, in base al portafoglio che hai, tra quanti anni avrai un certo patrimonio che ti consentirà di raggiungere lo stesso stille di vita che il tuo reddito ti garantisce solo con il tuo portafoglio.

Anche qui, il Golden vince.

Secondo i suoi calcoli, se uno riesce a risparmiare e investire il 30% all’anno di quel che guadagna, raggiungerà l’indipendenza finanziaria con la massima probabilità tra 21 e 27 anni.

Con il 60/40, come prevedibile, può andarti bene e te la cavi con 19 anni. Oppure male e te ne serviranno 30.

L’ultima conseguenza di questa cosa è il cosiddetto Safe Withdrawal Rate, ciò quanto posso prelevare ogni anno dal mio portafoglio senza rischiare di finire senza soldi prima che schiatto.

Solitamente in queste simulazioni si utilizza un orizzonte di trent’anni, immaginando una persona che va in Retirement a 65 anni e poi per 30 vive con il suo portafoglio.

In realtà il tool permette di mettere fino a 45 anni.

Su trent’anni comunque, per i motivi che ormai avrete capito molto bene, il Golden, essendo meno volatile, comporta un minor rischio di sequenza, che è un tema molto caro a questo podcast.

Perché è importante il rischio di sequenza?

Perché quando si tratta di investire una certa cifra una tantum e lasciarla correre, la sequenza dei rendimenti è irrilevante.

Quando invece faccio un PAC oppure, come in questo caso, comincio a prelevare soldi dal mio portafoglio per vivere di rendita, allora la sequenza dei rendimenti conta eccome e funziona in modo inverso alla fase di accumulo.

Mentre accumulo voglio che gli anni negativi arrivino subito e che poi seguano anni positivi.

Durante il retirement, quando voglio vivere di rendita, spero che succeda il contrario. Anni positivi subito e anni negativi dopo, quando eventuali bear market impatteranno su una quota minore del mio portafoglio.

Il golden ha un minor rischio di sequenza del 60/40. Rispetto ad un 100% azionario non stiamo neanche a parlarne.

Su 30 anni il Safe Withdrawl Rate del Golden è addirittura 5,6% all’anno, quindi posso ritirare ogni anno il 5,6% senza il rischio di esaurire il mio patrimonio.

Con il 60/40 scendiamo al 4,3%, vicino al classico 4% della nota regola del Fire resa celebre da William Bengen e da libri come Your Money, Your Life di Vicki Robin.

La regola classica, come ricorderete, è:

– Raggiungi un patrimonio equivalente a 25 volte il tuo costo della vita annuo;

– Investi in un portafoglio 50% azioni e 50% obbligazioni;

– Preleva il 4% all’anno per 30 anni senza il rischio di finire senza soldi.

Questa regola è tutt’altro che universalmente condivisa, ma concettualmente è coerente con quel che stiamo dicendo oggi.

In pratica, a parità di patrimonio, chi investe in un Golden Portfolio può permettersi, tra virgolette, uno stile di vita più agiato perché corre meno rischi che il suo patrimonio abbia dei tracolli di valore.

Ovviamente, tutto quello che abbiamo detto sinora vale anche nei confronti di altri modelli di portafoglio.

Sul sito di portfolio charts potete confrontarne una ventina e vedrete che il Golden maniene questo primato virtuoso nei confronti di qualunque altro portafoglio, sia esso il 100% azionario, lo Swensen portfolio, l’all Weather, il permanent e così via.

C’è ne sarebbe solo uno che farebbe sistematicamente meglio del Golden che è un’altra invenzione di Tyler, chiamato Weird Portfolio, ma ne parlaremo un’altra volta.

Ora.

Tutto bellissimo.

Ma allora perché fin dall’inizio non abbiamo detto: “ragà: golden tutta la vita, ma senza neanche pensarci!”.

Perché Tyler è un ingegnere.

E gli ingegneri sono dei maestri Jedi a maneggiare i numeri.

Sul piano quantitativo, numeri alla mano, c’è poco da dire.

Il Golden è il portafoglio dei portafogli.

Ma bisogna dire che è un portafoglio costruito ex post, desumendo, in base ai dati, che negli ultimi 54 anni avrebbe garantito queste eccezionali performance.

Quali sono le cose che, in quanto portafoglio reale, mi lasciano dei margini di dubbio?

Sono quattro.

PRIMO DUBBIO: è un portafoglio che dipende al 20% dall’oro.

È vero che il Golden ha fatto bene anche negli anni 80 e 90 quando l’oro per 15 anni ha perso valore.

Ma affidare da qui ai prossimi 30-40-50 anni un quinto del mio patrimonio ad una sola asset class, puramente speculativa, che non genera cashflow e che un domani potrebbe benissimo smettere di ricoprire il ruolo che ha oggi (improbabile, ma non impossibile), è una cosa che non mi lascia sereno.

In termini di diversificazione, il 20% su unica cosa mi sembra una scommessa tutt’altro che priva di rischi.

SECONDO DUBBIO: Il Golden per il 20% è fatto di bond a lunga scadenza. Dal 1981 al 2021 abbiamo avuto un impressionante Rally dei bond, mai visto prima nella storia, tanto che i Treasury a lunga scadenza hanno reso più del 9% all’anno lungo tutto questo periodo.

Vi ricordate?

Nel 1981 i tassi della Fed erano al 19% e da lì sono scesi fino allo 0 nel 2009 e nuovamente a 0 nel post covid.

Dal 2022 a oggi, gli stessi asset hanno fatto un poco invidiabile -10% all’anno e infatti il 2022 è stato il peggior anno di sempre per il Golden.

La mia domanda è: quanto sarebbe stata differente la performance a lungo termine del golden senza il contributo di un bond rally durato ininterrottamente per 40 anni?

TERZO DUBBIO: metà della componente azionaria è fatta di Small Cap Value.

L’idea chiaramente è di beneficiare del factor premium, previso da Fama e French, derivante dall’investimento in società a bassa capitalizzazione.

Sappiamo però anche che Small Caps e soprattutto Value non stanno vivendo il loro periodo migliore.

In passato i fattori hanno portato extra rendimento sistematico.

Anche in futuro investire in small caps e value continuerà a portare questo extra rendimento, oppure ad un certo punto, che so, cambiamenti nell’assetto dell’economia, che è sempre più dominata da pochi grandi colossi, o il peso crescete di ETF e fondi indicizzati, o un’altra causa ancora non nota potrebbero far venir meno il vantaggio di investire in quei due fattori?

Cioè quello che voglio dire è: questo equilibrio magico tra grandi società, piccole società value, bond lunghi, cash e oro è destinato a ripetersi anche in futuro oppure è solo il meraviglioso risultato artificioso di un enorme backtest?

Questi dubbi mi restano, più o meno in quest’ordine di priorità.

Ovviamente i miei dubbi sono del tutto inutili e irrilevanti e le mie opinioni degne della Bobo TV — che tra l’altro penso non facciano più da un pezzo — comunque dicevo, chissene dei miei dubbi.

Questi sono i dati, fate le vostre valutazioni.

Il mio ragionamento finale era solo per dire: attenzione che, per quanto estremamente profondi, anche i dati possono essere misleading e nonostante l’incredibile confidenza di Tyler verso il suo super portafoglio, non si può garantire che quel che è successo in passato si ripeta perfettamente in futuro.

The Story never repeats itself; it often rhymes.

Ma due parole che rimano, sembrano simili, ma di solito hanno significati ben diversi.

E così si conclude anche quest’ennesimo capitolo del nostro viaggio in cui sembra che vi voglio dire una cosa e poi alla fine cambio tutte le carte in tavola.

In descrizione vi lascio il link a Portfolio Charts, se non avete di meglio da fare e non avete una vita divertitevi a giocare con tutti i tool gratuiti che generosamente tyler ha messo a disposizione.

Invece vi aspetto tutti, o chiunque chi potrà anche perché tutti non ci staremmo, il 5 novembre alle 18 alla libreria Hoepli in centro a Milano per la presentazione del mio libro.

Stiamo preparando un po’ di cose, ma soprattutto ci sarà un ospite che… va beh come dire … vi piacerebbe che ci fosse?!!!

Non dico altro.

Nel frattempo vi invito a mettere segui e attivare le notifiche su Spotify Apple podcast o dove ci ascoltate e a lasciare una recensione a 5 stelle per supportarci e permetterci di continuare a produrre contenuti che vi ubriacano di numeri per farvi scoprire il miglior portafoglio del mondo salvo poi mettervi il dubbio che forse il portafoglio migliore non esiste esattamente come il segreto per diventare guerriero dragone di KungFu panda sempre nuovi.

Per questo episodio invece è davvero tutto e noi ci risentiamo domenica prossima per un nuovo appuntamento insieme lungo il nostro cammino verso la cintura nera del kung fu finanziario, sempre qui naturalmente con The Bull il tuo podcast di finanza personale.

Recensioni

Quando capisci come funziona la finanza… ti viene voglia di raccontarla!

Riccardo mi ha letteralmente cambiato la vita e fatto scoprire che amo la finanza, ho ascoltato il podcast già due volte e non mi stufo mai di ascoltarlo, parla in modo semplice e chiaro

Massimo D., 23 Set 2025

Veramente veramente raccomandato! la finanza personale riassunta alla perfezione! e spiegata partendo dall'ABC! Ottimo anche da ascoltare a velocita 1,5x!

Giorgia R., 23 Gen 2025

Podcast piacevole, scorre veloce ma in modo estremamente chiaro, spiega i concetti chiave per gestire le proprie finanze, fornendo la classica cassetta degli attrezzi. Complimenti, davvero ben fatto!

Massimiliano, 29 Mag 2024

Da quando l'ho scoperto in 15 gg mi sono ascoltato 150 puntate senza fermarmi, ho annullato gli altri podcast per portarmi alla pari ed ascoltare tutte le precedenti puntate, ben fatto, esattamente il livello di informazione che mi serviva

Gianluca G., 11 Set 2025

Ho seguito tutte le puntate! Grazie veramente

Amalia A., 17 Set 2025

Dovrebbero ascoltarlo buona parte degli italiani e io avrei dovuto scoprirlo con qualche anno in anticipo ma meglio tardi che mai

Matteo C., 3 Set 2025

Veramente interessante, chiaro e conciso. Cambia la vita finanziaria di chiunque.. da ascoltare assolutamente anche per chi di finanza non vuole occuparsi mai

Francesca B., 6 Apr 2024

Ho acquistato e letto il suo libro e l' ho trovato. Esprime i concetti economici in modo semplice e chiaro. Sentirlo parlare conferma che è un professionista del settore.

Giulia N., 11 Ago 2025

La mia ignoranza in materia mi ha sempre creato dei dubbi, ma grazie a un amico ho iniziato ad ascoltare il podcast. Per fortuna che ho 24 anni e un po' di tempo e soldi da dedicarmi a imparare le varie nozioni per me stesso. Grazie mille!

Luca G. 10 Ott 2025
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