Il Nasdaq: Croce e Delizia dell’Indice più bello del Mondo

Il Nasdaq è il più bello e insidioso indice del mondo. Da 40 anni il top performer assoluto dei mercati globali e patria delle società più importanti degli Stati Uniti, oggi parliamo dei suoi rendimenti astronomici e dei suoi lunghi periodi sanguinosi.

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28 minuti
The Bull - No Thumb

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Punti Chiave

Nasdaq 100: rendimenti storici eccezionali (+42% 2023), ma altissima volatilità e crolli (fino a -74%).

Alta concentrazione "Magnificent Seven": potenziale di crescita, ma forti rischi di diversificazione e valutazioni elevate.

Trascrizione Episodio

Bentornati a THE BULL – Il tuo podcast di Finanza Personale.

Care amiche e cari amici di questo Podcast, primo episodio di Dicembre e puntata dopo puntata come i cioccolatini del vostro calendario dell’avvento, ci avviciniamo verso la fine di un 2023 di incredibili emozioni sui mercati, iniziato con le più nere e fosche nuvole all’orizzonte, segnato da tracolli bancari, possibili default del Debito degli Stati Uniti, una nuova terribile guerra in Medio Oriente e il più feroce innalzamento dei tassi di interessi da parte delle Banche Centrali di mezzo mondo dagli anni ’70 ad oggi.

Tutto ciò sembrerebbe il quadro ideale di una tempesta perfetta e invece …

… e invece nel momento in cui stiamo registrando chi avesse investito il primo gennaio sull’azionario globale oggi sarebbe a +15% mentre con l’S&P 500 addirittura a +17%.

Tra l’altro Novembre, dopo l’epico tracollo delle obbligazioni causato dal repentino aumento dei tassi di interesse nell’ultimo anno e mezzo, è stato per i bond il miglior mese degli ultimi 30 anni, poiché i dati molto positivi sull’inflazione e la sensazione generale di rallentamento dell’economia hanno ormai convinto più o meno tutti che le Banche Centrali hanno terminato il ciclo di rialzi dei tassi e quindi dall’anno prossimo dovrebbero esserci i primi tagli.

Nel caso qualcuno se lo fosse perso, quando le banche centrale tagliano i tassi di interesse, PEM!, tutte le obbligazioni vanno su di prezzo perché le nuove obbligazioni che verranno emesse dopo avranno rendimenti inferiori.

Comunque cosa ci insegna tutto questo, ancora per l’ennesima volta?

Ci insegna di non dar retta a nessuno strampalato youtuber clickbait supercazzolaro che propugna scenari di crisi epocali imminenti, perché tanto non sa un cazzo di niente e quindi dritti per la propria strada che noi tanto siamo contenti sia se il mercato va bene sia se il mercato va male (così possiamo comprare a prezzi più bassi).

No vi dico questa cosa perché non è che il 2024 si aprirà all’insegna di chissà quale ottimismo!
Giusto per citare alcuni piccoli problemi abbiamo:

– La guerra tra Russia e Ucraina che impantanata da mesi e non si vede una risoluzione a breve;

– La guerra tra Israele e Hamas — che però come tutti sanno è una guerra “per procura” orchestrata dall’Iran, con il bene placito della Cina per rompere un po’ il cazzo anche qui agli Stati Uniti e logorarli su più fronti, sempre con l’idea prima o poi di invadere Taiwan;

– Il debito mastodontico degli Stati Uniti che sta andando un po’ fuori controllo e che rischia di costare in soli interessi sui titoli di Stato più dell’intero gettito fiscale del paese più ricco e potente del mondo;

– Ah e poi ovviamente a novembre ci sono le elezioni in America e sinceramente non so quale sia il male minore: l’ottantaduenne democratico Joe Biden che sta dando qualche segnale di demenza senile oppure il grande ritorno del folle pistolero repubblicano Donald Trump che deve vincere a tutti i costi altrimenti rischia il gabbio per via di mille processi giudiziari in cui è coinvolto?

– E poi c’è la nostra vecchia cara Europa, che ormai non conta più una cippa nello scacchiere geopolitico internazionale e che pare non aver compreso che i singoli staterelli che la compongono da soli sono dei moscerini a confronto di giganti globali che vedono, oltre a Stati Uniti e Cina, l’impetuosa avanzata dell’India (oltre un miliardo e mezzo di abitanti) e di altri Paesi emergenti sempre più influenti come l’Arabia Saudita, il Brasile, la stessa Russia che in realtà è diventata un pericoloso feudo della Cina e via dicendo.

Chissà se invece che fare a gara a chi mette su il governo più populista e isolazionista non sia la volta buona che si crei un’Europa unita in grado di far pesare la sua voce a livello internazionale e restituirci un ruolo di primo piano nelle sorti del mondo.

Comunque, insomma, mai una gioia, quindi anche qui tutto farebbe pensare che le cose non saranno uno spasso neanche l’anno prossimo.

Vedrete che fioccheranno video e contenuti vari di gente strampalata, sedicente esperta di chiromanzia finanziaria, che vi racconterà che sta arrivando la peggior crisi di tutti i tempi e che quindi iscrivendovi al loro canale riceverete tutte le istruzioni per fare milioni di euro mentre il resto del mondo, non iscritto a quel canale, perderà ogni centesimo.

Ma di tutto questo, magari ne parliamo la prossima settimana, con una bella fotografia di quel che è successo nel 2023 e apriremo una finestra su quel che potrà succedere nel 2024, pur consapevoli che ogni ipotesi sul 2024 sarà fuffa al cubo perché nemmeno gli amministratori delegati di JP Morgan e Goldman Sachs ne hanno la più pallida idea.

In attesa però di provare a delineare qualche possibile scenario senza la pretesa di fare la benché minima previsione, giusto per non farci trovare proprio con le brache calate in caso di eventi estremi, oggi stiamo un po’ nel presente perché voglio dedicare l’episodio all’indice più bello di mondo, di cui alla fine non parlo mai.

Eh sì, perché in questo 2023 di grandi sorprese il super vincitore assoluto — come già successo in tanti altri anni segnati dallo stradominio delle società tecnologiche — è stato l’indice più affascinante del mondo: il Nasdaq.

Il Nasdaq è un po’ l’elefante nella stanza come si dice, il grandissimo protagonista di tutte le chiacchierate che abbiamo fatto lungo questi 59 episodi ma che mai abbiamo preso in mano a pieno titolo.

Perché non ne abbiamo mai parlato troppo? Beh perché è l’indice più bello ma anche il più dannatamente pericoloso, quindi da maneggiare con estrema cura.

Dopo 59 episodi, però, sono certo che abbiamo ormai gli strumenti per prendere decisioni ponderate e valutare ogni cosa con un adeguato livello di giudizio.

Per quei pochi che non lo sapessero il National Association of Securities Dealers Automated Quotations Stock Exchange, per gli amici appunto Nasdaq altrimenti non se lo cagava nessuno, è stato il primo mercato borsistico elettronico della storia, fondato in un’epoca in cui le compravendite di titoli si faceva manin manella incontrandosi tutti di persona in borsa urlandosi a dosso e registrando fisicamente ogni singolo ordine su registri cartacei.

Con i suoi 20 triliardi di dollari di capitalizzazione, il Nasdaq è il secondo mercato borsistico del mondo, alle spalle del Re indiscusso il New York Stock Exchange, con 25 triliardi di valore, e davanti anni luce al terzo mercato più grande che è quello di Shangai, con appena, si fa per dire, 6,6 triliardi.

Per la cronaca, così capite ancora una volta perché gli Stati Uniti hanno un peso così preponderante nello scenario finanziario globale, le due principali borse Americane valgono insieme 45 triliardi di dollari, poco più della somma del valore complessivo delle borse di Cina, Giappone, Canada, Regno Unito, Germania, Francia, Olanda, Italia, Svizzera, Arabia Saudita e Australia messe assieme.

Non è quindi un caso se quando comprante un indice sull’azionario globale, gli Stati Uniti pesano di solito dal 55 a quasi il 70% dell’indice.

Cosa c’è dentro il Nasdaq?

Tanto per cambiare, le prime 10 società del Nasdaq 100, ossia delle 100 società non finanziarie più grandi dell’indice, che da sole fanno quasi il 50% del peso totale, sono:

– Apple

– Microsoft

– Google

– Amazon

– Nvidia

– Meta

– Tesla

– Broadcom

– Adobe e

– Costco

Costco è una gigantesca catena di ipermercati, quindi il Nasdaq non incorpora solo azioni tech in senso stretto (anche se la fanno chiaramente da padrone), perché nello stesso indice troviamo anche quotati Pepsi, Starbucks, Warner Bros, AstraZeneca e così via.

Comunque Nasdaq 100 si fa per dire, perché come avete capito investire qui significa che metà dell’investimento va in sole 10 aziende, con la regina Apple che da sola vale un decimo di tutto l’intero indice.

Perché dico che è il big winner del 2023?

Beh, che volete che vi dica, se il primo gennaio aveste investito 10.000 euro in un ETF che replica il Nasdaq 100, oggi ne avreste in tasca più di 14.000!

42% di crescita dall’inizio dell’anno e non stiamo parlando neanche di una cosa così eccezionale se consideriamo il +41, +35 e +37% del 2019, 20 e 21.

Insomma, quando il Nasdaq spinge, spinge di brutto.

L’S&P 500 è l’indice supremo del mondo intero, però negli anni buoni, è da un pezzo che contro il Nasdaq non c’è partita.

Sono riuscito a trovare i dati dal 1985.

Se volessimo fare un confronto alla buona, 1 dollaro investito in entrambi gli indici il primo gennaio del 1985 si sarebbe trasformato in:

– 24 dollari con l’S&P 500; e, udite udite,

– 144 dollari con il Nasdaq 100.

Vogliamo stare più vicini nel tempo e andare ai giorni nostri, ossia da quando esistono ETF che traccano questi due indici? Così riusciamo ad avere proprio il “total return” ossia comprensivo anche dei dividenti.

Benissimo, al massimo riesco ad andare indietro fino al gennaio 2010 perché non ho trovato ETF creati prima di questa data, se qualcuno ne è a conoscenza mi faccia sapere.

Investiamo 10.000 euro in entrambi, quanto ci saremmo ritrovati oggi?

– Circa 67.000 € con l’S&P 500 e

– Circa 110.000 € con il Nasdaq.

Un confronto decisamente impietoso.

E allora a questo punto mi potreste dire.

Ma scusa, eh sono 58 episodi che ci fai du palle così con l’S&P 500, l’azionario globale, le obbligazioni, l’Europa i mercati emergenti, ce la meni con il fatto di metterci in testa una ragionevole aspettativa di rendimento del 6-7% all’anno in media, e poi salta fuori che il Nasdaq da quasi 40 anni rende più del 15% all’anno!

Mannaggia a te, stupido The Bull, a saperlo facevo all in nel Nasdaq e tra 10 anni ero milionario.

Allora, sulla carte, caro impavido amico mio, c’hai ragione.

Se qualcuno avesse messo 1.500 € al mese dal primo gennaio 2010 ad oggi tutti su un ETF sul Nasdaq 100 oggi avrebbe in tasca un milione tondo tondo, contro i miseri 700 mila euro dell’S&P 500 o gli ancora più miseri 400 mila di un portafoglio 60/40.

Però ragazzi, con il senno di poi, tutti fenomeni eh!

Ora che il povero Charlie Munger ci ha lasciato, alla tenera età di 99 anni, è rimasto un posto di libero di fianco a Warren Buffett per il ruolo di secondo miglior investitore vivente, se volete candidarvi…

Tra l’altro, mannaggia a me, avevo dedicato l’episodio 34 a Charlie Munger e alla sua teoria sul perché i primi 100.000 dollari fossero fondamentali per la costruzione della ricchezza esordendo all’inizio della puntata con

“Charlie Munger! 99 anni e non sentirli!”.

Cazzo 2 mesi dopo è morto.

Stavo preparando una puntata su Ray Dalio, ma sto avendo dei dubbi…

Comunque, dicevamo, Nasdaq indice più figo del mondo, spacca tutto dagli anni ’80, chi investe qui fa soldi a palate.

Benissimo.

Facciamo un altro esempio però.

Diciamo che in piena euforia per le mirabolanti performance del Nasdaq vi foste svegliati il primo gennaio del 2000, vedendo che il Nasdaq faceva soldi a palate per tutti, e aveste investito qua 10.000 €.

Sapete come sarebbe andata?

Beh per 14 anni sareste stati in perdita secca.

Un po’ meglio invece sarebbe andata se aveste investito tipo 1.000 euro al mese, in tal caso avreste avuto un po’ di altalene ma comunque solo a partire dal 2009 la vostra cavalcata trionfale sarebbe cominciata.

Ora, a guardare indietro con i backtest è una passeggiata.

La domanda che vi faccio è: sareste in davvero in grado di fare un investimento del genere e sopportare magari un decennio di negativo per poi conquistare una gloria imperitura (forse) negli anni a venire?

Il Nasdaq è probabilmente l’indice più complesso e insidioso del mondo, secondo me, oltre che naturalmente quello con il maggior potenziale di guadagno.

E’ il più incredibilmente performante, ma allo stesso tempo sbagliare il momento di ingresso sul mercato può portare qui a situazioni veramente sanguinose.

Nei primi 3 anni del nuovo millennio, questo straordinario indice ha finito per perdere il 74% del proprio valore e sfido chiunque di voi a dirmi che con in mano un investimento che in tre anni è sprofondato del 74% sarebbe ancora disposto a continuare ad investirci, non sapendo chiaramente cosa il futuro avrebbe riservato.

E non è che sia stato molto meglio nel 2008, quando in un solo anno avrebbe perso oltre il 40% del suo valore.

Così come sono certo che molti, ubriacati dall’euforia post covid di fine 2021 si sono buttati a pesce sul Nasdaq quando era al picco per poi ritrovarsi alla fine dell’anno scorso con un bel -30%.

Poi quest’anno ha praticamente recuperato, ma ci vuole uno stomaco di ferro a sopportare queste montagne russe finanziarie.

Ah ricordatevi sempre che quando un asset perde il 30% del suo valore, non basta che faccia + 30% per tornare in pari, ma deve fare circa il +43%.

Purtroppo la fregatura degli investimenti è che sono sempre legati a percentuali, che una roba con il quale non cervello non va proprio d’accordo.

Uno vede l’indice che fa -30, poi vede che fa +30 ed è contento, invece na bella cippa, in realtà è ancora in negativo di brutto.

Pensate che quando nel 2003 il Nasdaq ha toccato il fondo, crollando del 74% dal suo apice di inizio millennio, ha poi dovuto fare ben il +285% solo per tornare in pari.

In quest’ultima frase avete capito in cosa consiste tutto il potenziale problema nell’investire in un ambito che ha quest’altissima volatilità.

Può darvi straordinari rendimenti, ma quando va giù va giù pesantemente e poi per tornar su può servire davvero un’infinità di tempo.

Ora, in questo momento ha senso investire nel Nasdaq?

La più brillante risposta che mi viene in mente è: Sì, NO, BOH.

Ragioni per il Sì:

– UNO: È dominato dalle magnifiche sette, che da sole stanno determinando praticamente la maggior parte del rendimento di tutto l’azionario globale, quindi dato che non si intravede un buon motivo per cui Apple, Microsoft, Google, Amazon, Nvidia, Meta e Tesla debbano improvvisamente rallentare la loro corsa, la loro concentrazione nel Nasdaq potrebbe ancora farlo rendere meglio degli altri indici globali.

– DUE: Il Nasdaq è costellato, per definizione, di società Growth, ossia società con un alto tasso potenziale di crescita, tipico delle realtà tech, e queste società generalmente prosperano se all’orizzonte inizia ad intravedersi un taglio dei tassi di interesse perché ciò significa che costerà loro meno investire capitali per innovazione, ricerca e sviluppo e così via, con un effetto positivo sulla loro crescita e i loro profitti (tutto sulla carta naturalmente, non è che c’è una legge fisica che dice che sia così).

Comunque anche se nel 2023 è cresciuto molto ed è praticamente sui massimi, se l’anno prossimo la Fed comincerà a tagliare i tassi le prime società a beneficiarne potrebbero essere quelle Growth (assieme alle Small cap, ossia alle società a bassa capitalizzazione che vanno meglio quando il costo del denaro è basso).

– Infine ricordiamoci la teoria dell’Extremistan di Nassim Taleb. E’ vero che qui c’è una concentrazione potenzialmente pericolosa in poche aziende ma è anche vero che, come correttamente diagnosticato da Taleb, viviamo oggi in un’epoca in cui “the winner takes all”, ossia in cui la globalizzazione e la trasmissione immediata dell’informazione hanno fatto sì che si potessero creare delle straordinarie concentrazioni di potere economico.

Oggi nel mondo occidentale Apple è il vincitore assoluto del mercato degli smartphone. Globalmente Samsung ne vende di più, ma grazie al modello di business di Apple, trainato sì dagli iPhone ma poi fondato su formidabile ecosistema di prodotti e servizi premium, il suo fatturato è una volta è mezza quello di Samsung.

Microsoft è il dominatore assoluto da vent’anni dei sistemi operativi e dei programmi di posta elettronica, scrittura, calcolo e presentazioni, oltre al fatto che ha un ruolo dominante nel settore del Cloud ed è all’avanguardia sul tema dell’intelligenza artificiale.

Google è il motore di ricerca. In Cina e in Russia usano altra robaccia, ma il dominio assoluto di Google come motore di ricerca — che poi significa 250 miliardi di dollari nel 2022 in pubblicità online — è ad oggi indiscutibile.

Amazon? Volgiamo parlarne? Il dominatore assoluto del mercato e-commerce, che sta avendo una crescita incredibile anche come provider di pubblicità online, oltre alla sua iper profittevole offerta di Cloud. C’è qualcuno tra voi che quando deve comprare qualcosa non va su Amazon in prima battuta?

E lo stesso si può dire per Meta per quanto riguarda i Social, Nvidia per i chip per l’intelligenza artificiale e Tesla per le auto elettriche.

Fatto non trascurabile, poi, queste società sono sedute su un pozzo senza fondo di riserve liquide.
Apple ha più di 60 miliardi cash. Microsoft oltre 100 miliardi.
Con i tassi di interessi così alti che ci sono stati quest’anno, queste società hanno aggiunto miliardi di dollari al loro profitto semplicemente lasciando la loro liquidità investita in buoni del tesoro americani a breve termine che rendono il 5% in un solo anno.

Queste società sono dei vincitori assoluti nel rispettivo ambito e hanno creato quello che Warren Buffett chiama un “large Moat”, ossia un fossato praticamente invalicabile tra sé e ogni potenziale competitor.

Quindi Sì, sono poche aziende e concentrare è sempre un rischio, d’altra parte non si vede all’orizzonte la benché minima minaccia alla loro posizione dominante.

Ok, quindi queste le motivazioni per cui direi, sì du spicci nel Nasdaq ce li metterei.

Ragioni per il NO:

– UNO: è praticamente sui massimi storici, quindi è impossibile sapere se siamo solo all’inizio di un’ulteriore crescita nei prossimi anni o se le Magnificent Seven hanno raggiunto valutazioni eccessive che non verranno supportate da adeguati profitti del futuro.
Ricordatevi sempre che la principale metrica in base alla quale gli investitori valutano se comprare o meno un’azione è il rapporto tra prezzo e utili attesi. Il cosiddetto price/earning ratio storico delle società dell’S&P 500 è intorno a 15, con le magnifiche sette siamo ben oltre il 20 (e con Nvidia e Tesla siamo a numeri ben più alti).
Quindi se nei prossimi anni queste società smettono di crescere, gli investitori non saranno più disposti a continuare a investirci e potrebbero spostare i loro soldi in società con maggior potenziale di crescita, facendo scendere i prezzi delle azioni.

– DUE: è vero che forse l’anno prossimo la Fed taglierà i tassi, ma a me Jerome Powell non ha mai confermato questa cosa, non so a voi. Quindi in teoria sì, in pratica boh.
Inoltre se ci dovesse essere una recessione economia importante, i tassi verranno sì tagliati probabilmente, ma anche i profitti delle magnifiche sette potrebbero avere delle ripercussioni negative.

– TRE: così come Nassim Taleb ci ha insegnato che siamo nell’epoca dell’Extremistan, dove pochi dominano e la maggior parte non conta una mazza, ci ha anche insegnato che esistono i Cigni Neri.
Pertanto, il fatto che le magnifiche sette abbiano oggi una posizione di dominio assoluto non esclude che un qualche evento straordinario, di cui oggi non abbiamo alcun sentore, possa abbattersi su una o più di esse trascinando giù tutto l’indice.

– QUATTRO: è più di un decennio che le società Growth sovraperformano pesantemente le società Value (ossia società stabili, consolidate, con un rapporto tra prezzi delle azioni e utili molto più bassi e un lungo track record di profitti alle spalle, tipo Walmart, McDonald, Coca Cola, Procter and Gamble o le europee Novartis, Siemens, Bayer, Mercedes, Shell e così via).

Se vi ricordate il principio della regressione verso la media, il fatto che queste società dai fondamentali ultrasolidi stiano facendo peggio in borsa da una sacco di tempo rispetto alle società Growth, può indurre a pensa che ad un certo punto possa avvenire un’inversione, soprattutto se le società Growth dovessero apparire agli investitori troppo costose e rischiose e quindi portarli a preferire più solide, sicure ed economiche società value.

Quindi, da una parte sarei tentato di aumentare l’esposizione qui per godere di maggior guadagni a lungo termine, anche a costo di prendermi qualche tracollo ogni tanto.

Dall’altro la concentrazione in così poche società Americane è concettualmente in antitesi con l’idea alla base di un buon portafoglio che è la diversificazione.

Se ho un terzo del mio portafoglio sul Nasdaq posso sì aspettarmi magari dei rendimenti astronomici, dall’altra devo mettere in conto potenziali tracolli pesanti anche per lunghissimi periodi di tempo.

Come si fa a investire nel Nasdaq?

Beh niente di più semplice.
Esistono dei giganteschi ETF che replicano l’andamento del Nasdaq 100, il più grande dei quali quotato a Milano è l’Ishares Nasdaq 100 (ticker CSNDX) che è a replica fisica, ad accumulazione e costa lo 0,33% all’anno del patrimonio investito.

Come sarebbe andato un portafoglio 60/40 dal 2007 ad oggi se invece dell’azionario globale per la parte azionaria avessi usato il Nasdaq?

Parto dal 2007 perché non ho dati di ETF sul Nasdaq in Europa che partono prima.

Allora, con l’azionario dei Paesi sviluppati (il solito MSCI World), avrei ottenuto il 5,5% di rendimento annuo medio.

Se vi sembra strano questo 5,5%, dato che dico sempre che il 60/40 ha reso mediamente il 7% all’anno dovete tenere i considerazione che iniziare ad investire nel 2007 non è stata una coincidenza fortunata, dato che il mercato era già piuttosto alto e di lì a poco sarebbe esplosa la più grave crisi finanziaria del dopoguerra.

Già solo se avessi iniziato ad investire a metà 2009 il mio rendimento medio annuo fino ad oggi sarebbe salito al 7,7%.

Comunque dicevo, 60/40 classico, 5,5%.

60/40 con dentro il Nasdaq, udite udite, 10,5%.

10.000 € investiti all’inizio sarebbero diventati 23.500 circa nel primo caso e ben 49.500 nel secondo.

E con un PAC?

Con un pac da, diciamo, 500 € al mese avremmo realizzato alla fine 150.00 € nel primo caso e quasi 250.000 € nel secondo.

Quindi, long story short, tutti a fare all in sul Nasdaq come se non ci fosse un domani perché così diventiamo tutti più ricchi subito?

Avrete certamente capito che la risposta non può essere netta, ma probabilmente è più no che sì.

Dipende chiaramente da voi, dalla vostra predisposizione verso il rischio e le forti oscillazioni del mercato e in ultima istanza anche dagli obiettivi del vostro portafoglio.

In generale, però, mi sentirei di dire che:

UNO: con patrimoni contenuti (o quando si è all’inizio del percorso), un investimento specifico sul Nasdaq non è fondamentale, dato che le sue aziende più grandi sono già ben rappresentate anche negli indici globali.

DUE: con patrimoni più rilevanti, direi almeno oltre i 50.000 €, allora volendo si può scegliere di affiancare ad un indice globale una piccola quota sul Nasdaq per crearsi una sovraesposizione sul mercato americano specifica su quel tipo di aziende.

TRE: la presenza di un indice molto spinto come il Nasdaq nel nostro portafoglio va tenuta presente nella scelta della nostra asset allocation.

Credo sia assolutamente evidente il motivo per cui, in termini di rischio e volatilità, un portafoglio 60/40 in cui la parte azionaria è rappresentata da un ETF celeberrimo come VWCE, ossia il Vanguard FTSE All World, che racchiude migliaia di aziende globali e in cui gli Stati Uniti pesano poco meno del 60%, sia ben diverso da un 60/40 fatto con il Nasdaq.

Quindi se la vostra esposizione azionaria complessiva ritenete debba essere il 60% del portafoglio, ecco tenete conto del fatto che se in quel 60% c’è tanto Nasdaq è come se in qualche modo steste aumentando l’esposizione azionaria dato che così facendo state includendo nel vostro portafoglio più rischio e volatilità di quanto accadrebbe con la stessa quota azionaria ma distribuita su indici più diversificati.

E allora, eccoci qua, care amiche e cari amici di questo podcast.

Siamo dunque giunti verso la fine di quest’episodio e spero che il tema del giorno l’abbiate trovato utile per approfondire ulteriormente il vostro livello di conoscenza in merito a come comporre i vostri portafogli.

Sentivo l’esigenza di parlare di Nasdaq perché da un po’ molti tra voi mi hanno scritto evidentemente ingolositi dalle performance esorbitanti di questo indice bello e dannato, quindi prima di lasciare che vi lanciaste in spericolate acrobazie finanziarie, mi sembrava giusto mettere giù qualche punto fermo.

Spero l’abbiate trovato utile, così non fosse scrivetemi come sempre su Instagram a thebull_finance o se preferite, come qualcuno fa già per che Instagram non ce l’ha, su LinkedIn.

Prima di lasciarci, vi ricordo che nonostante sia terminata la promozione per il Black Friday, il nostro partner Scalable continua a offrire il 4% di interessi per 4 mesi sulla liquidità depositata se viene attivato l’abbonamento premium PRIME PLUS, che costa 4,99 € al mese e che vi dà piani in ETF gratuiti e zero costi d’ordine su tutti gli acquisti di ETF di almeno 250 €, oltre alla possibilità di utilizzo illimitato della funzione di analisi del portafoglio di Scalable Insights.

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Ancora una volta grazie invece a tutti voi — e non terminerò mai un episodio senza ribadirlo — che in tantissimi state sostenendo questo podcast ascoltandolo 2 volte a settimana come fosse un lunghissimo ciclo di fisioterapia alle vostre finanze.

Grazie inoltre per il fiume di messaggi che mi mandate, la mia opinione conta come il due di picche a briscola ma se vi interessa scrivetemi quello che vi pare, quando vi pare e come vi pare e soprattutto scrivetemi quello che di questo podcast proprio non vi piace, cosa vorreste migliorare e come renderlo il vostro posto preferito definitivo in cui ritrovarci per parlare di soldi, risparmio, investimenti, pensioni, libri e un gigantesco mix di cazzate che mi vengono in mente forse perché preparo gli episodi soprattutto intorno alle 5 del mattino e quindi l’ossigeno nel cervello a quell’ora ancora scarseggia.

Come sempre, invito chi non l’avesse ancora fatto a mettere segui e attivare le notifiche su Spotify o su qualunque altra piattaforma che usa per seguirci e a lasciare una recensione a 5 stelle per supportarci e permetterci di continuare a produrre contenuti che vi fanno ingolosire all’idea di investire nell’indice più performante del mondo e poi alla fine vi consigliano di non farlo sempre nuovi.

Per questo episodio, invece, è davvero tutto e noi ci ritroviamo qui mercoledì prossimo, puntuali come i cesti di Natale che fanno cagare a tutti ma continuiamo comunque a riceverli da chi in realtà non voleva regalarci niente ma presentarsi a mani vuote gli sembrava brutto e quindi un cesto meglio che niente, sempre qui, ancora una volta, naturalmente, con The Bull — Il tuo podcast di finanza personale.

Recensioni

Quando capisci come funziona la finanza… ti viene voglia di raccontarla!

Da quando l'ho scoperto in 15 gg mi sono ascoltato 150 puntate senza fermarmi, ho annullato gli altri podcast per portarmi alla pari ed ascoltare tutte le precedenti puntate, ben fatto, esattamente il livello di informazione che mi serviva

Gianluca G., 11 Set 2025

Ho seguito tutte le puntate! Grazie veramente

Amalia A., 17 Set 2025

Riccardo mi ha letteralmente cambiato la vita e fatto scoprire che amo la finanza, ho ascoltato il podcast già due volte e non mi stufo mai di ascoltarlo, parla in modo semplice e chiaro

Massimo D., 23 Set 2025

Podcast che dà sempre spunti interessanti che personalmente mi ha fatto appassionare alla finanza personale spingendomi ad approfondire in prima persona.

Lorenzo, 13 Mar 2025

La mia ignoranza in materia mi ha sempre creato dei dubbi, ma grazie a un amico ho iniziato ad ascoltare il podcast. Per fortuna che ho 24 anni e un po' di tempo e soldi da dedicarmi a imparare le varie nozioni per me stesso. Grazie mille!

Luca G. 10 Ott 2025

Non sono solito a mettere recensioni e specialmente non ascolto podcast, ma da quando ho iniziato questo, faccio fatica a staccarmi, e quasi non posso più fare a meno di ascoltare e arricchirmi culturalmente.

Andrea V., 22 Set 2025

Veramente veramente raccomandato! la finanza personale riassunta alla perfezione! e spiegata partendo dall'ABC! Ottimo anche da ascoltare a velocita 1,5x!

Giorgia R., 23 Gen 2025

Podcast piacevole, scorre veloce ma in modo estremamente chiaro, spiega i concetti chiave per gestire le proprie finanze, fornendo la classica cassetta degli attrezzi. Complimenti, davvero ben fatto!

Massimiliano, 29 Mag 2024

Ho acquistato e letto il suo libro e l' ho trovato. Esprime i concetti economici in modo semplice e chiaro. Sentirlo parlare conferma che è un professionista del settore.

Giulia N., 11 Ago 2025
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