Il nostro Portafoglio ci accompagna lungo tutta la Vita (non solo in Pensione)

Il nostro portafoglio d'investimento non ha il solo scopo di creare ricchezza tra 30 anni, ma deve supportare i nostri obiettivi lungo il corso di tutta la nostra vita. Oggi parliamo di investire per obiettivi, asset allocation dinamica e del motivo fondamentale per cui investiamo.

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Il nostro Portafoglio ci accompagna lungo tutta la Vita (non solo in Pensione)
The Bull - Il tuo podcast di finanza personale

161. Il nostro Portafoglio ci accompagna lungo tutta la Vita (non solo in Pensione)

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Punti Chiave

Investire è per tutta la vita, non solo per la pensione, per creare libertà e opzionalità.

Sfatati 4 errori comuni che sottostimano i veri guadagni reali degli investimenti.

Alloca il portafoglio in modo dinamico e goal-based, adattandolo ai tuoi obiettivi.

Trascrizione Episodio

Bentornati a The Bull — il tuo podcast di finanza personale

Più vado avanti con questo incredibile podcast — e dico incredibile perché incredibile continua a sembrarmi che in così tanti lo ascoltiate — più mi sale il sospetto che in molti di voi alberghi un fraintendimento di fondo.

Questo fraintendimento ha varie forme.

A volte ha la forma del pregiudizio che investire sia una cosa da giovani, da chi ha 30-40 anni di investimento di fronte sé.

Altre volte ha invece la forma della rassegnazione di fronte al fatto che tutti quei bei calcoli che facciamo sempre qui si dilatano sempre su 30-40 anni in avanti nel futuro, quando tutti noi ci auspichiamo di essere ancora vivi naturalmente, ma con una buona parte della nostra esistenza che nel frattempo ci saremo lasciati alle spalle.

Quindi?

Tutto qui?

Tutto sto sbattimento, e i sacrifici, e il risparmio e lo sforzo per capire tutta la manfrina dell’asset allocation e di tutto quello che due volte a settimana vi sorbite con sto podcast, solo se si è abbastanza giovani e comunque solo per poterne godere quando prima di ogni pasto ci troveremo a disporre sul tavolo i 14 medicinali diversi che ci tengono in vita?

Alt!

Fermi tutti!

Allarme rosso, non ci siamo capiti.

Ogni volta che ciascuno di voi mi dice: “ah grazie di tutto, fortissimo sto podcast, sto imparando un sacco di cose e spero a 60 anni di potermi godere il mio patrimonio e andare in pensione”, tutto giusto, per l’amor del cielo.

Ma mica lo facciamo SOLO per quando avremo 60 anni o ancor di più.

Che senso ha farsi il mazzo per una vita per poi goderne solo in una fase della vita in cui le nostre possibilità fisiche saranno gradualmente più limitate?

No no no.

Chiariamo per bene una cosa.

Non funziona così.

Il nostro portafoglio, come un diamante della nota pubblicità, è per sempre.

Deve accompagnare tutta la nostra vita e servirlo in momenti diversi.

È questo lo scopo di tutto quel che vado farneticando da un anno e mezzo, profondendo fiumi di parole distribuite tra una manciata di pillole di saggezza (non mie) e una manica di scemenze (tutte mie).

Lo scopo dell’episodio di oggi è quindi cercare di spiegare questa cosa fondamentale in linea di principio: non investiamo PER la nostra PENSIONE. Investiamo anche per quello. Ma soprattutto e principalmente investiamo PER la nostra VITA.

I nostri investimenti hanno cioè lo scopo di migliorare la nostra vita lungo tutta la nostra permanenza su questa Terra.

Come si dice: siamo nati senza niente e ce ne andremo senza niente.

Ma in mezzo, beh come dire, di cose vogliamo averne e cerchiamo di fare di tutto perché il nostro soggiorno terreno sia il più gradevole possibile.

Chiaro?

No perché se non ci eravamo capiti su questo, vediamo di correggere velocemente.

Certo, io se faccio un esempio per spiegare il rendimento composto è chiaro che lo proietto a 30 anni per farne vedere gli effetti in maniera macroscopica.

E quando faccio un backtest lo faccio su 30 anni perché su orizzonti più brevi aumenta il rischio di cherry picking di specifici momenti positivi o negativi.

Ma vi svelo un segreto — e già a molti di voi che mi hanno scritto ho risposto precisamente questa cosa.

Il nostro orizzonte temporale non è 10 anni, 20 anni, 30 anni o qualunque altro numero mettiate.

Il nostro orizzonte è tutto il tempo che ci resta ancora da vivere.

Sono i nostri obiettivi che variano all’interno di quest’arco temporale per definizione indeterminato.

Uno di voi mi ha scritto di recente: “tutto chiaro, ma poi: come finisce la storia? Cioè risparmio e investo, ma poi? Alla fine”.

Ma amico mio, non c’è una fine.

The Journey is the reward.

È il viaggio l’unica cosa che conta.

Si investe per rendere il nostro viaggio migliore, non perché così tra 30 anni, quando sarò alle soglie dei 70, forse sarò milionario.

Ma sticazzi che sarò milionario a 70 anni.

Cioè bello eh, però il mio obiettivo è che pure i 30 anni prima siano stati migliori grazie a tutta la pianificazione finanziaria che da 161 episodi stiamo cercando, ciascuno per gli affari propri, di mettere su.

Sennò tanto vale.

Talvolta leggo in giro il rompipalle di turno che se ne salta fuori per confutare ciò che persone come me raccontano, ossia che investire può far crescere significativamente il nostro patrimonio.

Il ragionamento del cagaca**i medio che vuole dimostrare che tutto è un’illusione ottica funziona più o meno sempre in questo modo.

Facciamo un esempio semplice, ignorate il fatto se sia l’investimento mensile sia tanto o poco, è solo per avere numeri semplici.

– Diciamo che investo 1.000 € al mese per 30 anni;

– Per la solita nostra comodità diciamo che il portafoglio rende in media il 6%

– Ammettiamo di avere un portafoglio più o meno bilanciato tra azioni e obbligazioni e che l’impatto delle tasse sul capital gain sia 20% (cioè una media ponderata tra il 26% sulla maggior parte degli strumenti finanziari e 12,5% sui titoli di stato)

– E ipotizziamo infine che l’inflazione media sia 2,5%.

Quello che di solito si dice è questo.

1.000 € al mese per 30 al 6% medio all’anno diventa un milione di euro.

Benissimo.

Sembra tanto, però, gne gne gne, devi togliere le tasse e l’inflazione.

Dunque ho investito 360.000 (1.000 al mese per 12 mesi per 30 anni).

Sono arrivato ad un milione.

Tolgo il 20% sul capital gain di 640.000 e mi trovo così complessivamente con 880.000 €.

A questo punto adeguo per inflazione, 2,5% all’anno per 30 anni fa sì che quegli 880.000 in realtà siano solo 420.000 circa.

Il fenomeno ci dice a questo punto.

Eh, hai investito complessivamente 360.000 €, te ne ritrovi 420.000, quindi alla fine il tuo guadagno reale è solo di 60.000 €.

Miseri 60.000 € per uno sbattimento atomico lungo 30 anni.

Non ne vale la pena, lasciate perdere.

Tutta fuffa.

Eh lo so.

Vista così sembra molto meno sexy di come l’abbiamo raccontata sino ad ora.

Peccato che questo ragionamento contenga quattro gravi errori:

ERRORE NUMERO 1: l’inflazione non vale solo sul valore finale del mio portafoglio, vale anche sul valore dei miei risparmi che ho investito in itinere per arrivarci.

Se avessi semplicemente risparmiato e non investito 1.000 € al mese, non è corretto dire che dopo 30 anni mi sarei ritrovato con 360.000 €, perché al netto dell’inflazione parliamo di un valore reale di circa 170.000 €.

Quindi il mio guadagno netto in termini reali non è 60.000 €, ma quasi 250.000 (cioè 420.000 — 170.000).

Cioè o confronti il rendimento nominale con il valore nominale del tuo investimento, altrimenti se aggiusti per inflazione devi aggiustare tutti e due.

ERRORE NUMERO 2: le tasse.

Non è che uno investe per 10, 20, 30, 40 anni o quello che volete e poi di botto vende tutto in un giorno solo e si mette i soldi sul conto.

Come diremo ampiamente nell’episodio che stiamo ascoltando, è molto più probabile che dal nostro portafoglio preleveremo soltanto i soldi che ci servono, su quello pagheremo le tasse e il resto continuerà a crescere tax-free.

È infatti sbagliato considerare le tasse togliendo semplicemente il 26% (o un po’ meno se abbiamo titoli di stato) al rendimento nominale.

È corretto in linea di principio, ma solo nell’improbabile scenario di una vendita di botto di tutti gli asset.
Se invece uno degli obiettivi di tutto l’ambaradan di cui stiamo parlando è anche arrivare a costruire un portafoglio per, diciamo così, vivere almeno in parte di rendita, questo discorso non regge perché ad un certo punto solo una minima parte verrà prelevata dal portafoglio, mentre il resto continuerà a crescere esentasse e il rendimento continuerà a capitalizzarsi anche sulla componente di tasse che non avremo ancora pagato.

Quindi a mio umile e irrilevante modo di vedere, il valore reale più corretto da considerare è quello pretax aggiustato per inflazione. E nel caso del nostro esempio siamo quasi a mezzo milione.

ERRORE NUMERO 3: l’inflazione è un concetto importante per comprendere il valore reale dei nostri soldi. Ma è irrilevante ai fini della valutazione finanziaria che stiamo facendo.

L’inflazione c’è a prescindere.

Sia che investiamo, sia che non investiamo.

È inutile che diciamo, tra 30 anni i soldi valgono meno.

Certo, valgono meno, ma valgono meno pure quelli che non investi.

Purtroppo è una cosa ineliminabile, non è un minus solo dei soldi investiti, ma di ogni centesimo che abbiamo tra le mani.

ERRORE NUMERO 4: si ignora spesso il fatto un discorso di natura psicologica.

Una strategia di lungo termine finalizzata alla massimizzazione del proprio patrimonio tendenzialmente rappresenterà per noi un incentivo a:

– Ottimizzare al massimo il nostro risparmio;

– Incrementare il più possibile il nostro reddito;

– E infine stimolare una sistematica propensione ad una corretta pianificazione delle risorse in vista dei nostri obiettivi.

L’alternativa non è più negativa solo perché viene meno l’effetto del rendimento composto.

L’alternativa è che i soldi te li spendi senza neanche rendertene conto.

Quindi il confronto che bisogna fare non è il mezzo milione reale che abbiamo guadagnato e i 360.000 € di risparmio che ci abbiamo messo di tasca nostra.

Il confronto più probabile è tra mezzo milione e zero.

Gli zero risparmi, o poco più di zero, che avremo messo da parte senza un’oculata pianificazione a lungo termine delle nostre finanze.

Detto questo e messo a tacere lo scassaballe di turno, veniamo al discorso: il portafoglio è per sempre e non solo per il la pensione.

L’obiettivo principale, infatti, non è tanto quello di avere un certo patrimonio X nel futuro per vivere di rendita. Questo è UN obiettivo e del cosiddetto “retirement portfolio”, cioè del portafoglio che dovrà alimentare dei flussi di cassa periodici per il resto della nostra vita, parleremo in un prossimo episodio e faremo tutti conti e le varie valutazioni.

Volevo farlo oggi a dire il vero, ma mi premeva innanzitutto allineare il mindset di tutti su questa cosa di cui stiamo parlando, onde evitare che passasse il messaggio che qui si stia parlando solo di che fare per la pensione.

Dicevo, l’obiettivo principale è innanzitutto un altro.

È creare opzionalità e libertà nella nostra vita.

È creare — diciamo così — un backup finanziario che ci permetta di prendere decisioni libere e per quanto possibile incondizionate su aspetti decisivi della nostra esistenza:

– Cambiare lavoro

– Scegliere con maggiore libertà dove vivere

– Avere accesso ad una migliore istruzione per i propri figli

– Realizzare specifici progetti a cui teniamo senza la pressa che il nostro stipendio mensile sia tutto ciò che separa il sostentamento dall’indigenza.

– E in generale vivere con maggiore serenità sapendo che soprattutto la sfiga più nera che ci possa capitare sarà magari solo grigia perché avremo sempre dei jolly da giocarci grazie al nostro patrimonio di backup.

Cose così.

Se io ho un patrimonio che cresce dietro le mie spalle — oddio: che cresce il più delle volte, poi sappiamo anche che ogni tanto decresce, ma dopo 160 episodi credo che il concetto vi sia chiaro — dicevo: se ho un patrimonio che cresce, la mia vita diventa progressivamente più libera e incondizionata.

Il punto da cui partire, però, è il duplice concetto di Goal Based Investing, cioè di investire in base agli obiettivi che uno ha, e Dynamic Asset Allocation, ossia mantenere un’allocazione dinamica del portafoglio.

Il vantaggio di una strategia basata su questi due concetti è che fondamentalmente non richiede di curarsi granché di quel che accade sul mercato.

La formula nota in questo podcast — per chi non la ricordasse: % di asset azionari = 125 meno i mei anni — il risk free rate per 5 — tiene sì conto dei tassi di interesse, ma più che altro per una questione di risk management e per evitare allocazioni oggettivamente senza senso sul lato obbligazionario.

Oltre a questo, tuttavia, è piuttosto indifferente a quel che succede sul mercato.

Cioè, mi spiego.

Che le valutazioni siano alte, che le previsioni siano fosche, che il dollaro sia forte o debole e così via, sono tutte considerazioni interessanti ma che per noi, che di lavoro non facciamo gli hedge fund manager, ci riguardano il giusto.

Le due chiavi sono invece:

– Adattare il portafoglio agli obiettivi e

– Mantenere un’allocazione dinamica.

Due facce della stessa medaglia.

Andiamo con ordine.

Ipotizziamo una situazione intermedia piuttosto standard.

La stragrande maggioranza di chi ascolta questo podcast ha tra i 28 e i 50 anni, con una forte concentrazione centrale, diciamo 35-45.

Non è che Spotify mi dia dati estremamente precisi, però gli istogrammi demografici dicono più o meno questo.

Quello è il blocco in cui molte persone iniziano ad avere un certo percorso professionale alle spalle, un qualche risparmio e più o meno complessità nella propria vita a seconda della composizione del nucleo famigliare e delle variabili che ne derivano.

Prendiamo un caso con un reddito famigliare medio complessivo da 4.000 € al mese.

Lo stipendio medio netto in Italia è intorno ai 1.700-1.800 €, quindi siamo leggermente sopra la media.

In termini di patrimonio netto, invece, secondo ISTAT e Banca d’Italia siamo sui 350.000 €, anche se questo dato va ampiamente contestualizzato.

Intanto quel valore è più o meno equamente suddiviso tra patrimonio immobiliare a patrimonio finanziario, quindi diciamo che il valore liquido medio è intorno ai 175.000 €.

Se guardo però lo UBS Global Wealth Report, che comunque riporta risultati diversi, la ricchezza media pro capite dell’Italia è circa il doppio di quella mediana, ossia c’è un’asimmetria positiva nella distribuzione della ricchezza.

Tradotto: pochi molto ricchi alzano la media, mentre la ricchezza reale dell’italiano medio è più verosimilmente quella mediana.

Diciamo che siamo quindi sugli 80-90.000 €.

È sempre difficile dare numeri in cui ci si possa ritrovare, perché le situazioni possono variare in maniera estremamente significativa.

Però prendiamo per buono il dato, correggiamolo verso il basso per escludere la distorsione della fascia più senior della popolazione, che chiaramente ha accumulato una quota di risparmio mediamente superiore e diciamo che il patrimonio finanziario netto disponibile per la famiglia tipica italiana è 50-60.000 €.

Abbiamo quindi un reddito di 4.000 e un patrimonio e facciamo 60.000 di reddito netto.

Solito reverse budgeting, togliamo i big 3, le tre spese fisse principali: abitazione, spesa alimentare e trasporto.

Secondo una stima di Facile.it, con cui abbiamo collaborato alla realizzazione di quest’episodio, il costo medio mensile per l’abitazione è nell’ordine dei 950 €, comprensivo di mutuo o affitto, bollette e tasse varie.

In media, circa 450-500 euro vengono invece spesi in generi alimentari (e questo dato è un po’ una media tra diverse fonti che ho trovato, a partire da quella dell’ISTAT che è nell’ordine dei 460 €).

Infine, abbiamo i trasporti, che tra tutto arrivano in media a 300 € a famiglia.

Qui abbiamo dentro un po’ di tutto, perché in alcuni casi c’è la rata di un’auto da pagare, in altri casi le automobili sono di proprietà, i consumi di carburante sono estremamente variabili e quindi ciascuna famiglia ha la propria contabilità.

Ciò che però hanno sicuramente tutti coloro che hanno un mezzo di trasporto sono i costi assicurativi, che negli ultimi 2 anni tra l’altro sono saliti anche del 20%, con un costo medio annuo per l’RC auto ad Ottobre 2024 che sempre Facile.it ha calcolato nell’ordine di 650 €.

Se la cattiva notizia è che il solo costo dell’assicurazione auto può costarci mediamente 50 € al mese, la buona notizia è che sempre a ottobre 2024, chi ha comparato le varie offerte su Facile.it ha trovato delle soluzioni più economiche per l’RC Auto con un risparmio fino a quasi il 65% rispetto all’assicurazione che già aveva e magari ha trovato pure offerte con delle garanzie aggiuntive.

Per esempio lo sapevi che se fai un incidente e la colpa è tua, la tua assicurazione non copre i tuoi danni fisici se non hai una copertura specifica per il conducente?

Eh io un pensiero ce lo farei…

La tipica obiezione che ricevo quando parlo a qualcuno di tutta sta roba qua della finanza personale è “oh ma figurati, ma chi ce li ha i soldi, ‘n c’ho manco gli occhi per piangere”.

Ecco, non voglio mettere in discussione questo grave problema oftalmico da cui sei affetto amico mio, però intanto fatti aiutare da chi i bulbi oculari ce li ha ancora, dai un’occhiata alle tariffe per l’RC auto su Facile.it, che magari cominciamo a dimezzare il costo della tua assicurazione auto e due spicci da investire li tiriamo fuori.

pubblicità a facile.it fatta; mandare fattura; comparare premio mia RC auto che mi sa che la mia assicurazione mi sta in****ndo

Ok, fatti tutti gli efficientamenti del caso, ci restano circa 2.300 € al mese.

Facciamo che abbiamo anche altri costi fissi legati ai nostri figli, poi internet, streaming, telefonia ecc., l’abbonamento annuale in palestra anche se non ci andiamo mai, togliamo altri 600 €.

Ce ne restano 1.700 €.

700 € li allochiamo alla voce risparmio e investimento e gli altri 1.000 vanno nelle spese variabili del mese.

Ricordarsi sempre: spendere dopo aver risparmiato, non risparmiare dopo aver speso.

Abbiamo quindi 700 € al mese disponibili per l’investimento oltre ai 60.000 € di risparmio liquido.

Alt!

Fondo di emergenza.

Abbiamo detto che tra spese fisse e variabili questa famiglia tipo spende poco più di 3.000 € al mese? Bene, allora 6 mesi di spese future vanno nel fondo di emergenza per stare tranquilli.

6 per 3 18, 18.000 € dove li mettiamo?

Un anno fa vi avrei detto conto deposito svincolabile, io a dicembre 2023 avevo beccato un’occasione con interesse al 5%.

Oggi i migliori conti svincolabili pagano circa il 3,5%. Dato che però la tassazione è al 26% e il rendimento non è composto, forse un ETF monetario è ancora più conveniente anche se chiaramente con il conto deposito blocchi l’interesse fino alla scadenza, mentre con l’ETF monetario segui l’andamento dei tassi della BCE.

Partiamo.

Abbiamo 42.000 € da investire de botto più 700 € al mese per il nostro piano di accumulo.

Ecco che arriva la solita domanda: il mercato è ai massimi storici assoluti, che faccio? Entro lo stesso anche se il rischio di un bla bla bla che noia questa domanda.

La solita risposta è: il mercato azionario storicamente è cresciuto ¾ del tempo. Il bull market medio dura più di 1.000 giorni. Il bear market medio meno di 300.

Nello scorso episodio abbiamo ribadito a chiare lettere che più alte sono le valutazioni di partenza, minore è il rendimento atteso.

Ma dato che non sappiamo mai quando una correzione si presenta, in termini probabilistici il rendimento atteso maggiore ce l’hai investendo subito tutto.

Se la cosa ti mette però a disagio, fair enough, diluisci l’ingresso sul mercato, ma non prima di avere considerato tutte le cose che diremo adesso.

Come allochiamo sti 42.000 €?

Prendiamo l’età media di chi ascolta The bull, 39 anni.

Inserendo i dati nella solita nostra formuletta abbiamo un portafoglio di partenza composto grossomodo al 65% da azioni e il 35% da obbligazioni.

Se il conto non vi torna è perché fatto un po’ una media tra il risk free rate americano e quello europeo.

Già che siamo qui, così rispondo ad una domanda che mi fate spesso.

Se volete mettere l’oro, la scelta più di senso potrebbe essere quella di seguire questa procedura:

– Scegliere quanto vogliamo avere in oro; che so 10%, quindi se partiamo con il nostro capitale di 42.000 euro, sono circa 4.000 €.

– Ce ne restano 38.000, su questi 38.000 applichiamo la nostra nota formula.

L’oro è un asset a sé stante, decorrelato da azioni e obbligazioni.

Mentre c’è una logica nel bilanciamento tra azioni e obbligazioni, l’oro da un lato è un asset rischioso come le azioni, ma dall’altro è legato ai rendimenti reali come le obbligazioni.

Non vedo un buon motivo per inserirlo al posto dell’uno o dell’altro.

Comunque lasciamo l’oro da parte per il momento così non ci complichiamo la vita.

65 per 42, fa circa 27, quindi 27.000 in asset azionari e 15.000 in asset obbligazionari.

Rendimento atteso?

Se ci basiamo sulle stime a 10 anni delle principali istituzioni finanziarie, più o meno abbiamo:

– 4-5% sull’equity Stati Uniti;

– 5-7% sull’equity mercati sviluppati;

– 6-8% sull’equity mercati emergenti;

– 2-3% sui bond governativi;

– 3-4% tra credito corporate e high yield.

Ovviamente non consideriamo gli asset nei cosiddetti “private markets”, come direct lending, private equity, private infrastracture e così via, che sono più appannaggio di investitori istituzionali.

Facciamo una media ponderata, ipotizzate di investire in maniera super easy, market cap weighted, con un ETF sull’Equity globale e uno su Global Aggregate Bonds.

Lato equity abbiamo un 6% scarso.

Lato bond, grossomodo 3%, forse qualcosa in più se il ciclo monetario mantiene una linea discendente e l’inflazione non risale.

Il rendimento medio ponderato è quindi circa 5%.

5% non sembra granché, però consideriamo che:

– Intanto le stime per definizione sono conservative (le cose possono anche andare peggio, ma di solito le banche tendono ad essere caute);

– Inoltre come avevamo spiegato nel famigerato episodio sul demone di Shannon, il ribilanciamento del portafoglio tende in media a produrre un rendimento maggiore rispetto alla pura media ponderata

– Aggiungiamo il fatto che negli ultimi 30 anni un portafoglio fatto in questo modo avrebbe reso il 7%, pur includendo un intero decennio, 2000-2009, in cui il suo rendimento medio annuo composto è stato 0.

– Dal 1990 al 1999 ha fatto addirittura il 13% all’anno;

– 0 appunto dal 2000 al 2009;

– Dal 2010 ad oggi invece ha fatto un notevole 8,5% all’anno.

Attenzione che la grossa differenza tra quel pazzesco 13% degli anni 90 e l’8,5% degli ultimi 14 anni è dovuto a due fattori:

– Il primo è stato il più grande bull market di tutti i tempi degli ann’90, con gli ultimi 5 anni del millennio scorso che hanno costituito il quinquennio più esuberante di sempre;

– Il secondo è stato il rendimento praticamente nullo della componente obbligazionaria negli ultimi 14 anni di tassi a zero e di tracollo nel 2022. Negli anni ’90, invece, un portafoglio di bond globali poteva rendere anche il 10% all’anno, almeno in termini nominali (l’inflazione naturalmente era anche molto più alta).

Dicevo questo, comunque, solo perché se la media di lungo termine di un 60/40 globale si è aggirata intorno al 7%, magari al 7% non ci arriviamo più, però 6% rimane una stima di lungo termine verosimile.

E qui dobbiamo cominciare a capire se questa allocazione va bene per noi.

Usiamo due criteri:

– Il primo è psicologico, quanta volatilità siamo disposti a tollerare. La regola di Bernstein dice di moltiplicare la perdita massima sopportabile per 2,5 e quella sarà la massima componente di azioni da avere. Larry Swedroe, per esempio, è più conservativo, è il suo coefficiente è più sul 2. Per esempio se al massimo sono disposto a vedere il valore del mio portafoglio scendere del 20%, non potrò avere più del 40-50% in azioni.
Se invece mi sta bene perdere anche il 30%, allora tra il 60 e il 75% in azioni dovrebbe andare.

Eravamo partiti da 42.000 € giusto.

Con un portafoglio 65-35, lasciare per strada ad un certo punto un terzo del suo valore è probabile.

Se è troppo, scendete.

Se avete anche più stomaco, salite.

– Il secondo criterio invece è proprio goal based, cioè quali obiettivi ho e come intendo stratificare il mio portafoglio di conseguenza in funzione della loro realizzazione.

Abbiamo detto che in media aggiungerò 700 € al mese al portafoglio di partenza.

Se non ribilancio mai mi ritroverò in media:

– 185.000 tra 10 anni

– 430.000 tra 20 anni

– Quasi 900.000 tra 30 anni

Come vi avevo detto in passato, la parte azionaria è molto volatile.

Quella obbligazionaria è più affidabile.

Per misurare la coerenza del nostro portafoglio con i nostri obiettivi, consideriamo solo quel 30-35% del portafoglio in obbligazioni, che probabilmente sarà un valore più attendibile.

Nel 2034, per esempio, ammettiamo che è andato tutto secondo i piani è il portafoglio è 185.000 €, tra l’altro ignorando il fatto che probabilmente il reddito aumenterà da qui ai prossimi 10 anni e auspicabilmente anche la mia capacità di risparmio, a meno che l’inflazione non cresca ad un ritmo superiore rispetto al mio reddito.

Dicevo 185.000 €.

E qui posso ragionare in due modi:

MODO 1: se ho circa un terzo in obbligazioni, più o meno posso aspettarmi di avere 60.000 € facilmente liquidabili e non in perdita.

Quei 60.000 € mi lasciano sereno rispetto alle spese che posso aspettarmi di dover sostenere in quella fase della vita?

Che ne so? Mandare i figli all’università, pagare l’acconto per una nuova casa, comprare un’auto nuova e così via.

Se sì benissimo, altrimenti se è troppo si può aumentare la parte azionaria, se è troppo poco si aumenta quella obbligazionaria.

MODO 2: abbiamo detto che la perdita massima, almeno su base storica, poi il futuro vai sapere…, dicevo la perdita massima per un portafoglio di azioni e obbligazioni è più o meno — regola a spanne — la tua quota di azioni diviso 2-2,5, a seconda se ti senti più Larry Swedroe o William Bernstein.

Quando hai 185.000 € di patrimonio, in ogni momento aspettati di ritrovarti con 45-60.000 euro in meno.

Storicamente, il massimo drawdown di un portafoglio fatto in questo modo negli ultimi 40 anni non è stato, come ci si potrebbe aspettare, nel 2009, ma nel 2003, più che altro perché allora aveva maggiormente pesato l’effetto del cambio euro dollaro.

Il picco negativo del 2003 avrebbe visto una perdita del portafoglio del 37%.

Nel febbraio 2009, al fondo della crisi finanziaria un portafoglio fatto così avrebbe per il 32%.

Dividere la percentuale di azioni per 2-2,5 dà un’idea abbastanza realistica di quanto il portafoglio potrà andare già nel worst scenario.

Oddio … worst scenario…

Worst scenario potrebbe essere anche nettamente più grave.

Però se escludiamo eventi apocalittici che senza precedenti nella storia, più o meno questo è quel che potrebbe succedere stando dentro un range di probabilità che non supera la terza deviazione standard, quini nel 99% dei casi.

Teoricamente c’è un 1% di probabilità che le cose possano andare estremamente peggio — o estremamente meglio — di così.

Capito?

Comunque la girate, ragionate in termini di worst scenario realistico, se il portafoglio è coerente con gli obiettivi ci siamo.

Se è disallineato, facciamo altri ragionamenti.

Per esempio potremmo voler considerare di cambiare casa tra circa 10 anni.

Supponiamo che mi serviranno circa 150.000 € tra acconto, spese varie e tutto il resto.

Se io stimo di avere un portafoglio di 185.000 €, in teoria il portafoglio è capiente, a quel punto, per realizzare quell’obiettivo, ammesso che sia di fondamentale importanza per me.

Però abbiamo visto che c’è una non trascurabile possibilità che magari proprio in quel momento il mercato si becca una bella crisi e invece che 185.000 il portafoglio va a 120.000.

Chiaramente, se per me è imprescindibile tra 10 anni avere 150.000 € a disposizione avrò due strade.

STRADA 1: abbasso il rischio del portafoglio.

Con un 35/65 infatti arriverei tra 10 anni a poco più di 170.000 €, ma il mio worst scenario, sempre con tutte le premesse di cui sopra, sarebbe di ritrovarmi con 135.000 €.

Non sono ancora perfettamente al sicuro, ma il margine è molto più vicino e quindi si abbassa nettamente la probabilità di beccare il punto di minimo esattamente il giorno prima del rogito.

STRADA 2: quella più semplice. Aumento il risparmio.

Ottimizzo le spese, cerco di avere una crescita professionale, negozio uno stipendio più alto, migliori condizioni con i miei clienti e fornitori e via dicendo.

Come si dice, le strade sono diverse.

La cosa più difficile è metterci la testa, la pazienza e l’abnegazione.

Se riuscissi a portare il risparmio da 700 a 1000 euro al mese, potrei supporre di avere 230.000 euro tra 10 anni, con un worst scenario di 150.000.

Attenzione ora ad una serie di considerazioni.

PRIMA CONSIDERAZIONE:

Se voglio massimizzare il worst scenario, probabilmente dovrò avere meno azioni possibile.

Torniamo al caso di partenza, portafoglio 65/35 e 700 € al mese.

La stima di base è di arrivare tra 10 anni con 185.000 e worst scenario 120.000.

Con un 100% obbligazionario, invece, potrei supporre di arrivare a 160.000, senza un particolare worst scenario dato che non avrei drawdown azionari.

Ma ci sono due grandissimi MA:

– Il primo “ma” è che le obbligazioni sono abbastanza stabili, tranne quando si presenta un picco di iperinflazione, come nel 2022. In quel caso, il rischio mortale è di avere un crollo del valore del portafoglio che farà molta fatica a recuperare, perché diversamente dalle azioni, le obbligazioni sono un pessimo hedge nei confronti dell’inflazione e quando vanno giù tanto ci mettono una vita a recuperare.

– Il secondo “ma” è che una pianificazione eccessivamente conservativa, ci protegge sì nel caso peggiore, ma c’è un’elevata probabilità di perderci il rendimento vero, quello azionario, nella maggior parte degli scenari.
Tra trent’anni, un 100% obbligazionario ci porterebbe a circa mezzo milione, circa la metà in valore reale. Fondamentalmente avremmo solo protetto il valore reale del nostro risparmio, senza aggiungerci nulla di più.
Con un 65/35, il risultato finale potrebbe essere intorno ai 900.000, quasi il doppio del caso precedente in valore reale.
Ed è in questo secondo caso che si è generata della vera ricchezza, tanta o poca che sia. Nel primo ho protetto un obiettivo specifico, ma mi sono perso il beneficio a lungo termine.

Non c’è una scelta giusta o sbagliata in senso assoluto.

La chiave è trovare il trade off giusto tra gli obiettivi che vogliamo realizzare, l’elasticità che possiamo permetterci quanto al momento in cui realizzarli e il livello di volatilità che siamo disposti a sopportare.

SECONDA CONSIDERAZIONE: il portafoglio basato sulla regola di The Bull segue grosso modo il modello mean-variance optimization del classico modern portfolio theory, cioè l’idea di ottimizzare il rapporto rischio rendimento combinando 2 asset, azioni e obbligazioni, con diversi rendimenti attesi, diversi livelli di volatilità e una correlazione relativamente bassa.

Modelli basati sul risk-parity, invece, cercano di assegnare a ciascuna asset class lo stesso contributo, in termini di rischio, al portafoglio.

All weather, permanent portfolio, golden butterfly sposano tutti quest’idea, ossia: sacrificare i picchi di rendimento dell’azionario per mantenere un livello di volatilità quanto più contenuto possibile.

Il vantaggio non è solo psicologico.

La volatilità è una mannaia per i rendimenti.

Se il mio portafoglio ha dei risultati annuali piuttosto vicini tra loro, il suo rendimento medio aritmetico è simile a quello geometrico, che è quello che importa e noi quando parliamo di rendimento composto.

Se invece oscilla molto, il rendimento geometrico si assottiglia, perché il suo valore equivale alla media aritmetica — metà della varianza.

Del golden butterfly, in particolare, avevamo parlato in passato.

Questo sembra avere le caratteristiche ottimali per semplificare il processo di pianificazione finanziaria; con un portafoglio 100% azionario massimizzerò il best scenario; con il golden, o simili, massimizzerò il worst scenario, che per molti può rappresentare una scelta preferibile.

TERZA CONSIDERAZIONE: non possiamo farci granché, perché va un po’ a fortuna, ma c’è anche il discorso del rischio di sequenza.

Se investo un tot al mese, l’ordine in cui si susseguono i rendimenti.

– Mentre sto accumulando ricchezza, spero di avere PRIMA un momento di mercato particolarmente negativo e POI un lungo bull market;

– Quando invece arrivo alle soglie di quel momento in cui voglio, diciamo così, vivere di rendita, spero che succeda proprio il contrario; bull market subito e poi fase negativa.

Questo è lo scenario che massimizza i rendimenti.

Quando metto soldi voglio i momenti positivi alla fine.

Quando prelevo soldi voglio i momenti positivi all’inizio.

Se però nella fase di accumulazione posso permettermi maggiore volatilità e sono più forte rispetto al rischio di sequenza, banalmente perché posso ancora incidere sul mio reddito ed eventualmente, quando arrivo alle soglie della pensione diventa più complicato.

In quella fase, probabilmente, un portafoglio meno volatile risponde meglio al rischio di sequenza perché questo è tanto più marcato, quanto è maggiore la volatilità dei rendimenti.

QUARTA e ULTIMA CONSIDERAZIONE: ossia il concetto di stratificazione del portafoglio e di orizzonte temporale.

Molto spesso mi scrivete, io ho un orizzonte di 20, 30, 40 anni o quel che volete, quindi la mia asset allocation è XY.

Il nostro orizzonte temporale, come dicevamo prima, è indeterminato, mentre i singoli obiettivi hanno orizzonti temporali molto più delineati.

Ora, non è che si possono costruire 1.000 portafogli, il portafoglio è uno, il denaro è fungibile e quel che abbiamo è unicamente il controvalore del nostro portafoglio, non è che siamo vincolati a usare i nostri soldi in un modo invece che in un altro.

Man mano che la sensibilità di ciascun investitore si raffina, la gestione del portafoglio deve basarsi sull’idea di avere diversi layer al suo interno che più o meno destineremo ai vari scopi.

Questa cosa fa il paio con il concetto di allocation dinamica.

– Da una parte il portafoglio in generale seguirà la nostra età, la nostra propensione al rischio e volendo i tassi di interesse;

– Dall’altro potremo sempre considerare di adattarlo man mano che cambiano le principali variabili della nostra vita. Ad esempio:

– Se aumenta il mio reddito potrò considerare sia di ridurre il rischio complessivo del portafoglio per arrivare allo stesso risultato, sia al contrario di aumentare il rischio perché con più reddito sarò meno sensibile agli effetti dei drawdown;

– Se invece cambia improvvisamente la mia configurazione famigliare, oppure voglio dare una svolta imprevista alla mia carriera professionale, allora di conseguenza l’asset allocation del portafoglio si adatterà di conseguenza per rispondere meglio a queste esigenze.

In generale, posso sempre pensare al mio portafoglio come ad un insieme di strati che tra loro collaborano a creare il bilanciamento complessivo, ma nel quale ciascuno è più meno destinato a specifici obiettivi.

Il portafoglio è per sempre ed evolve insieme a noi.

Ci accompagna nella nostra vita.

E ci supporta affinché possiamo progettarla e realizzarla come più ci rende felici.

Bene care amiche e cari amici di questo podcast, grazie per avermi seguito anche in questo 161esimo appuntamento bisettimanale e spero che questa serie di riflessioni molto pratiche che abbiamo fatto oggi possa esservi di aiuto per meglio inquadrare lo scopo di tutto quel che stiamo facendo, ciascuno con i propri soldi e le proprie idee, in vista degli obiettivi della propria vita.

Sul tema, che in America cade sotto il macro cappello di LifeCycle investing, ci sarbbe molto altro da da dire ci torneremo preso, ma per il momento ci fermiamo qui e vi invito come sempre a mettere segui e attivare le notifiche su spotify, apple podcast o dove ci ascoltate e a lasciare una recensione a 5 stelle per supportarci e permetterci di continuare a produrre contenuti che vi spiegano che il vostro portafoglio è come una lasagna, in cui il bilanciamento di ciascuno strato concorre a creare lo straordinario risultato finale sempre nuovi.

Per questo episodio invece è davvero tutto e noi ci risentiamo mercoledì prossimo con un nuova tappa del nostro pellegrinaggio verso la terra promessa della libertà finanziaria sempre qui, naturalmente, con The Bull, il tuo podcast di finanza personale.

Recensioni

Quando capisci come funziona la finanza… ti viene voglia di raccontarla!

Veramente interessante, chiaro e conciso. Cambia la vita finanziaria di chiunque.. da ascoltare assolutamente anche per chi di finanza non vuole occuparsi mai

Francesca B., 6 Apr 2024

Da quando l'ho scoperto in 15 gg mi sono ascoltato 150 puntate senza fermarmi, ho annullato gli altri podcast per portarmi alla pari ed ascoltare tutte le precedenti puntate, ben fatto, esattamente il livello di informazione che mi serviva

Gianluca G., 11 Set 2025

Non sono solito a mettere recensioni e specialmente non ascolto podcast, ma da quando ho iniziato questo, faccio fatica a staccarmi, e quasi non posso più fare a meno di ascoltare e arricchirmi culturalmente.

Andrea V., 22 Set 2025

Ho seguito tutte le puntate! Grazie veramente

Amalia A., 17 Set 2025

Ho acquistato e letto il suo libro e l' ho trovato. Esprime i concetti economici in modo semplice e chiaro. Sentirlo parlare conferma che è un professionista del settore.

Giulia N., 11 Ago 2025

La mia ignoranza in materia mi ha sempre creato dei dubbi, ma grazie a un amico ho iniziato ad ascoltare il podcast. Per fortuna che ho 24 anni e un po' di tempo e soldi da dedicarmi a imparare le varie nozioni per me stesso. Grazie mille!

Luca G. 10 Ott 2025

Podcast piacevole, scorre veloce ma in modo estremamente chiaro, spiega i concetti chiave per gestire le proprie finanze, fornendo la classica cassetta degli attrezzi. Complimenti, davvero ben fatto!

Massimiliano, 29 Mag 2024

Riccardo mi ha letteralmente cambiato la vita e fatto scoprire che amo la finanza, ho ascoltato il podcast già due volte e non mi stufo mai di ascoltarlo, parla in modo semplice e chiaro

Massimo D., 23 Set 2025

Podcast che dà sempre spunti interessanti che personalmente mi ha fatto appassionare alla finanza personale spingendomi ad approfondire in prima persona.

Lorenzo, 13 Mar 2025
Facile.it
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