Il Portafoglio per vivere di Rendita
E' possibile vivere di rendita? Quanto posso prelevare annualmente dal mio portafoglio senza rischiare di esaurire il capitale? E qual è la migliore asset allocation? In questo episodio parliamo di Retirement Portfolio, FIRE e tanto altro.

169. Il Portafoglio per vivere di Rendita
Risorse
Punti Chiave
Spiegazione del decumulo del capitale e del FIRE, con la regola del 4% di Bengen.
Discussione dei 4 rischi in retirement: sequenza, inflazione, mercato e longevità.
Strategie di portafoglio (Golden Butterfly, Kitches) e di prelievo (Guardrail Strategy).
Trascrizione Episodio
Benvenuti a The Bull — Il tuo podcast di finanza personale.
Prima o poi dovevamo parlarne.
Vedete, The Bull è un podcast nato con l’intento di spiegare intanto che risparmiare e investire non è fisica nucleare ma qualcosa non solo alla portata di tutti, ma che pure tutti dovrebbero implementare tra le buone pratiche a lungo termine della propria vita.
In questo anno e mezzo in cui ci troviamo tutti insieme due volte a settimana a parlare un po’ di tutto e a trasformare il nostro rapporto con il denaro, ovviamente ci siamo focalizzati sulla cosa più importante ossia: come far crescere i nostri risparmi.
Come giustamente in molti mi avete fatto notare, quasi tutto il discorso finora si è concentrato sull’impostazione del portafoglio, sull’asset allocation, su come si comportano le principali asset class e via dicendo.
Il tutto con l’obiettivo di accumulare capitale per i prossimi 20-30-40-50 anni o quanto ancora vorrete bazzicare su questo pianeta.
Quello che mancherebbe, invece, è un episodio dedicato al decumulo, ossia a come gestire il proprio portafoglio durante il retirement, che non è semplicemente quando andremo in pensione, ma in qualsiasi momento in cui avremo deciso che potremo permetterci di non lavorare più e vivere dei frutti dei nostri investimenti.
L’episodio di oggi è quindi dedicato allo stato dell’arte della ricerca sui Retirement portfolio e soprattutto sulle strategie da implementare per evitare soprattutto di spu***re il portafoglio e ritrovarsi ad un certo punto senza soldi.
Scusate intanto per la voce peggiore del solito, niente è più natalizio di un’influenza come si deve — e ho il forte sospetto che l’untore, anzi l’untrice, frequenti l’asilo nido, cosa che per ripicca avrà pesanti ripercussioni sul suo PAC.
Cmq cerco di portare a casa l’episodio di oggi, se ad un certo punto straparlo è colpa della febbre.
Premessa: questo discorso è immenso.
Nell’episodio di oggi daremo alcune indicazioni di massima per impostare il problema e suggerire alcune soluzioni.
Ma inevitabilmente ci torneremo più e più volte nel corso del tempo, per due motivi:
– Il primo è che la ricerca continua sistematicamente a produrre nuovi paper, quindi ci saranno sempre novità sull’argomento;
– Il secondo è che dovremo affrontare la cosa da diverse angolazioni, perché sarebbe impossibile esaurire in mezzora l’episodio.
Dicevo ci sono tanti concetti in ballo quando si parla di Retirement Portfolio o, più semplicemente, di come vivere di rendita.
Ma il singolo concetto più importante di tutti è quello di Safe Withrdrawal Rate, ossia qualcosa che potremmo tradurre come il tasso di prelievo sicuro, cioè quanto possiamo prelevare annualmente dal nostro portafoglio mantenendo un’elevata probabilità di non esaurire i soldi prima della nostra dipartita.
Agli albori di questo podcast feci un episodio super introduttivo sul FIRE e sulla regola del 4%.
FIRE, come ricorderete, sta per Financial Independence Retire Early, che è quel movimento nato negli ’90 negli Stati Uniti che interpreta la finanza personale come un insieme di pratiche volte a raggiungere appunto la possibilità di andare prima possibile in Retirement e vivere felici facendo quel che a uno pare.
Attenzione che nella versione originaria, i proponenti del FIRE si immaginavano una vita estremamente frugale e minimalista, non certo lambo e dompero.
Da lì poi sono nate filosofie alternative come ad esempio il FATE FIRE, il FIRE “grasso”, che invece sposta più in là l’obiettivo, solo in una volta in cui si è diventati davvero multimilionari e ci si può quindi permettere una vita di agi.
Quindi quello di FIRE è un concetto molto soggettivo e legato agli obiettivi di vita di ciascuno.
Per chi è più minimalista basteranno relativamente pochi soldi per vivere di rendita e condurre una vita felice.
Per chi invece vuole fare la bella vita servirà un patrimonio diverso.
Ma in entrambi i casi, i principi di cui parleremo oggi valgono allo stesso modo.
Quello che cambia sarà solo il target da raggiungere come patrimonio di partenza, che naturalmente sarà anche una funzione del nostro reddito e del nostro stile di vita.
Dicevo, il Safe Withrdawal Rate, che da qui in poi chiameremo Tasso di Prelievo per comodità.
Lo studio originario a cui tutto il movimento Fire si è ispirato — e che ancora oggi resta il paradigma di riferimento — è quello di William Bengen, che nel 1994 pubblicò un articolo sul Journal of Financial Planning dal titolo “Determining Withdrawal Rates Using Historical Data” che per la prima volta introdusse la famosa regola del 4%.
Per farla breve, secondo i calcoli di Bengen un portafoglio composto grossomodo al 50% da S&P 500 e 50% da Titoli di Stato Americani dovrebbe garantire in media di poter prelevare il 4% all’anno, adeguato all’inflazione, per 30 anni senza esaurire il capitale.
Girata al contrario, quest’idea significa che il patrimonio da raggiungere per vivere di rendita è circa 25 volte la nostra spesa annua lorda — e sottolineo il lorda perché in Italia non abbiamo strumenti come il 401(k) americano, o l’ISA inglese che permettono di ritirare i propri soldi investiti esentasse una volta raggiunta la pensione.
Comunque, perché 25? Perché il 4% di qualcosa è un venticinquesimo.
Facciamo un esempio.
Diciamo che per vivere serenamente, oggi, voglio 2.500 € netti al mese.
2.500 € per 12 fa 30.000 €, che lordi diventano circa 40.000.
Probabilmente se prelevo 40.000 € dal mio portafoglio non pagherò esattamente il 26% di tasse perché se ho una quota consistente di obbligazioni governative, su cui pago il 12,5%, l’impatto sarà un po’ più basso.
Ad ogni modo più o meno siamo lì.
Quindi abbiamo detto che mi servono 40.000 € lordi all’anno.
40.000 per 25 fa un milione di euro.
Con un milione di euro, teoricamente secondo lo studio di Bengen, potrei permettermi di vivere prelevando 40.000 € all’anno, adeguato ogni anno per inflazione, e non esaurire per almeno 30 anni il valore del mio portafoglio.
Perché 30 anni mi chiederete?
Perché Bengen e tutti quelli dopo di lui che hanno studiato sta cosa hanno fatto delle simulazioni considerando tutti i vari scenari e tutte le possibili configurazioni negative, di cui parleremo tra poco, e 30 anni sarebbe il minimo garantito.
Lo scenario medio, in realtà, sarebbe che il portafoglio non si esaurisca mai, anzi che noi moriamo con più soldi di quanti ne avevamo a inizio retirement.
Però sappiamo anche della media a noi frega poco, perché abbiamo una sola chance di andare in retirement, poco ci importa che in media andrà tutto bene.
A noi interessa minimizzare il rischio di beccare la situazione sfigata in cui il nostro portafoglio muore prima di noi.
L’idea di Bengen era piuttosto semplice.
Un portafoglio 50/50 avrà reso mediamente dal 7 al 9% all’anno — negli Stati Uniti ovviamente, qua 9% ce lo sogniamo — quindi se consideriamo un’inflazione media del 3% all’anno abbiamo capienza per un 4% reale che non consuma mai il portafoglio.
Facciamo un esempio.
Ammettiamo che, applicando una regoletta cara a questo podcast, faccio un PAC da 1.000 € al mese per 30 anni che in media mi rende il 6% all’anno e arrivo dopo 30 anni a 1 milione.
Con questo milione cosa posso farci?
Diciamo che:
– Prelevo appunto il 4% il primo anno, quindi 40.000 €, e poi ogni anno successivo aumento quest’importo di un valore corrispondente all’inflazione, facciamo 2,5% di media. Questo vuol dire che dopo 10 anni preleverò circa 50.000 €, dopo 20 anni circa 62.000, dopo 30 anni circa 84.000, che hanno più o meno sempre lo stesso valore reale dei 40.000 iniziali
– E diciamo che il mio portafoglio continua a crescere del 6% all’anno.
In pratica dopo 50 anni io mi ritroverò con ancora oltre 1.200.000 € nel portafoglio.
Se invece il rendimento medio annuo fosse 5%, i soldi mi basterebbero per 40 anni esatti, perché dal 41 anno andrei in negativo.
Se invece alziamo la stima dell’inflazione al 3% — tenendo sempre 5% all’anno di rendimento, finirei i soldi dopo 35 anni.
Se così stanno le cose la stima di Bengen è iper-mega-conservativa.
Negli ultimi 30 anni, un portafoglio 50% US Stocks e 50% US Treasuries ha reso l’8% all’anno, con un’inflazione leggermente superiore al 2 e mezzo percento.
Se anche in futuro andasse così, non solo il portafoglio non si esaurirebbe mai, ma usando un tasso di prelievo del 4% mi ritroverei dopo 50 anni con oltre 14 milioni!
Potrei pertanto permettermi di prelevare fino al 6% all’anno e probabilmente i soldi mi basterebbero per un altro mezzo secolo.
Quindi ricapitoliamo.
Prendo la stima della mia spesa annua lorda (ricordatevi che poco meno di un quarto va in tasse).
Moltiplico per 25.
Quello è grossomodo il target che mi serve per vivere di rendita per almeno 30 anni con un rendimento del portafoglio del 5% medio annuo.
Se il rendimento fosse dal 6% in su, praticamente il mio portafoglio non si esaurirebbe mai.
E qui abbiamo una buona notizia e una serie di cattive notizie.
Mai na gioia.
La buona notizia è che quello descritto è uno scenario in cui praticamente non guadagniamo mai più un solo euro per tutta la vita.
Va bene essere in Fire, ma come scenario è abbastanza improbabile.
Anche perché cosa fai tutto il giorno?
Essere in FIRE vuol dire che fai quello che ti pare, ma mentre fai quello che ti pare due soldi li tiri su.
Magari trasformi qualche tua passione in un lavoretto.
Fai qualche consulenza.
Scrivi un blog.
Fai l’animatore in un villaggio, che ne so.
Andare in FIRE è il mio sogno e ho un bel file excel che ha tracciato la strada.
Ma non mi immagino che il giorno che ci arriverò smetterò di fare qualunque cosa nella mia vita.
Mi immagino che avrò del reddito aggiuntivo a quello che prelevo dal mio portafoglio.
E poi ad un certo punto andrò in pensione.
E lì, soprattutto se ho versato per tutta la vita in un fondo pensione, avrò la mia bella rendita annuale che, tanta o poca che sia, andrà certamente ad integrare quella miseria che mi darà l’INPS più quello che preleverò dal portafoglio.
Quindi, da una parte possiamo dire: pur con tutte le limitazioni che vedremo tra poco, la regola del 25 è ragionevolmente valida.
Una volta che si raggiunge il nostro target lordo di spesa annua per 25, più o meno siamo a posto.
Veniamo però alle cattive notizie.
Le cattive notizie sono quattro.
O meglio: ci sono 4 potenziali rischi che rendono il modello di Bengen del 4% bellissimo nella teoria ma con un po’ di PERO’ nella pratica.
Prima di vedere questi 4 rischi è con gioia che vi comunico che c’è un nuovo compagno di viaggio di The Bull che si unisce a partire da oggi alla nostra missione universale per mandarvi tutti in FIRE.
Come sa chi mi segue da tanto, io investo i miei soldi tramite due broker e sono felice che entrambi sono partner di questo podcast.
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Perché ne uso due mi chiederete?
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Certo, sempre con i vostri soldi eh, non è che ce li mettono loro…
E poi lo so che ci sono tanti tra voi che non lo ammettono apertamente, ma in cuor loro non possono fare a meno di comprare qualche BTP, a cui siete più affezionati della maglia azzurra.
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Questo è un contenuto sponsorizzato, quindi tenetene conto nelle vostre valutazioni e prendete sempre decisioni indipendenti.
Allo stesso tempo, però, sono felice di avere l’opportunità di promuovere gli stessi strumenti che utilizzo anche io per primo come investitore e nei quali ho, come si dice, skin in the game.
Che poi sono i miei soldi.
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Torniamo a noi.
PRIMO PROBLEMA: rischio di sequenza.
Tutti voi che mi seguite da quasi 170 episodi, sapete bene quanto tenga a questo concetto.
Spesso sottovalutato, ma di straordinaria importanza per la comprensione di quel che succede quando si passa dalla teoria alla pratica in finanza.
Per chi ci ha raggiunto oggi per la prima volta, cos’è il rischio di sequenza?
Il rischio di sequenza è il rischio che deriva dall’ordine in cui si susseguono le performance del mio portafoglio nel tempo.
Se io oggi investo 100.000 € e poi non tocco mai più i miei soldi, il rischio di sequenza è irrilevante.
Il mercato può fare su e giù come gli pare e nell’ordine che gli pare, ma il mio risultato finale sarà lo stesso.
Se invece aggiungo progressivamente soldi nella fase di accumulo o tolgo soldi nella fase di decumulo, ecco, qua le cose possono cambiare di molto.
Ed è proprio sul rischio di sequenza che abbiamo il primo grande problema quando si parla di FIRE e di vivere di rendita.
Come abbiamo detto tante volte, lo scenario ideale è quello in cui, durante la fase di accumulo, ho prima anni negativi e poi anni positivi.
Al contrario, durante la fase di decumulo, voglio esattamente l’opposto: ossia anni buoni subito e anni negativi in seguito.
Facciamo un paio di esempi.
Il ventennio dal 1990 al 2009 è stato caratterizzato fondamentalmente da 10 anni molto buoni prima e 10 anni molto negativi dopo.
Il ventennio 2000-2019 invece è l’esatto opposto.
I rendimenti non sono esattamente gli stessi, ma guardate cosa succede nei due casi, a secondo che sia nella fase di accumulo o di decumulo.
Diciamo che parto con 10.000 al mese, facciamo tutto in S&P 500, così si capisce meglio quello che voglio dire e uso i dati in dollari perché non ho tool che mi fanno questi calcoli in euro.
Allora, accumulo primo ventennio 1990-2009.
Complessivamente avrò investito 130.000 investiti, ma risultato finale che arriva addirittura a quasi 400.000 ogni anno.
Dovrei adattare la cosa all’inflazione, ma per semplicità non la consideriamo, sennò abbiamo troppe variabili.
Alla fine del primo ventennio, 1990-2009, nonostante avessi ritirato 40.000 dollari l’anno, il mio portafoglio sarebbe comunque cresciuto fino ad arrivare a oltre 3 milioni di dollari.
Stessa cosa fatta invece nel ventennio 2000-2019 comporta che il mio portafoglio addirittura scenda sotto il milione.
Questa cosa è di importanza capitale perché cosa ci dice?
Ci dice che se mi gira bene e ho un decennio positivo e poi anche un disastroso decennio perduto, il mio portafoglio potrebbe continuare a crescere più velocemente rispetto a quanti soldi gli porto via ogni anno e quindi non si esaurirà mai.
Al contrario, se per sfiga mi becco subito un decennio perduto appena vado in FIRE, anche se poi il portafoglio recupera, comunque, come in questo caso, il mio portafoglio inesorabilmente si esaurirà.
Hai voglia a fare tutte le simulazioni con Excel.
Il problema vero è che il RENDIMENTO MEDIO del nostro portafoglio è perfettamente inutile.
Sì, ci dà una stima di massima.
Ma quello che conta davvero è la sequenza dei rendimenti.
E questa è una delle minacce più grandi da tenere in considerazione.
Adesso vediamo prima i rischi, poi vediamo le possibili soluzioni.
SECONDO RISCHIO: il rischio inflazione.
Anche questo è un rischio non prevedibile che può fare danni atroci al nostro progetto di vita di sollazzi senza più pensieri.
Quali sono gli impatti principali dell’inflazione in questo discorso.
– Il primo riguarda il tasso di prelievo. Io posso anche aver impostato il 4% e tutto fila liscio. Se però poi l’inflazione galoppa cambia tutto, perché per poter mantenere lo stesso stile di vita dovrò prelevare dal portafoglio più soldi e quindi rischio di esaurire il capitale mentre sono ancora in vita.
– Il secondo riguarda l’asset allocation. Riprendo questo discorso tra poco, ma qui anticipo solo che l’inflazione è un rischio tanto più grande, quanto più il nostro portafoglio contiene obbligazioni. L’inflazione fa male sia ad azioni che obbligazioni, ma sappiamo che le azioni sanno reagire bene dopo i primi shock, fosse anche solo perché le aziende possono aumentare i prezzi, scaricare l’inflazione sui consumatori finali e aumentare gli utili, entro certi limiti. Ad ogni modo è noto che, se guardiamo i dati storici, le azioni sono senza dubbio il più formidabile hedge contro l’inflazione.
Per le obbligazioni è un disastro invece.
Un anno come il 2022, in cui super sicuri treasury a 10 anni hanno lasciato per strada il 15% del loro valore, hai voglia a recuperare.
Se poi anno dopo anno prelevi soldi perché sei in Fire, un’impennata di inflazione se hai un portafoglio prevalentemente obbligazionario rischia di diventare una condanna a morte.
L’S&P 500 ha fatto -18% nel 2022, ma poi +25% e forse +30% nei due anni successivi.
I Treasury negli ultimi due anni hanno fatto +3 e mezzo e + 1 e mezzo, sono lontani anni luce dal recupero.
E per recuperare il loro valore reale del 2021 chissà quanto ci vorrà.
È vero che anche la formula di The Bull suggerisce di ridurre gradualmente l’esposizione azionaria in base all’età, però, come approfondirò tra poco, bisogna considerare due cose:
– In primis quella è una formula che funziona bene fino alle soglie del retirement, cioè è pensata per la fase di accumulo; sulla fase di decumulo, ammesso che uno voglia ad un certo punto andare in FIRE e decumulare, bisognerebbe fare dei discorsi ad hoc.
– In secondo luogo quella formula richiede anche un adattamento progressivo in base alle effettive esigenze di spesa. Se ad un certo punto ho 60 anni, non ho mutuo, i miei figli lavorano, e non ho particolari spese a cui far fronte nei prossimi anni, quella stessa formula suggerisce di aumentare la componente azionaria. Quindi in pratica è una formula che, nei fatti, segue l’idea formulata dal Michael Kitches di cui parlerò tra poco.
Teniamo a mente il discorso dell’inflazione e andiamo al
TERZO RISCHIO: il rischio di mercato.
Detto in un altro modo: non sappiamo quanto renderanno in futuro i nostri investimenti.
Per esempio, ogni anno Morningstar pubblica un aggiornamento sul Safe Withdrawal Rate, sul tasso di prelievo SICURO stimato per gli anni a venire in base ad una serie di considerazioni.
Morningstar si rifà sicuramente al modello di Bengen, anche se illustra degli aggiustamenti alternativi come vedremo tra poco.
Secondo il loro studio, ad oggi il portafoglio che ha almeno il 90% di probabilità di sopravvivenza per trent’anni ha una quota di azioni compresa tra il 30 e il 50% (loro sono Americani, quando dicono azioni intendono US Stocks), dicevo 30-50% al massimo di azioni e un tasso di prelievo massimo del 3,7%, quindi meno del 4% di Bengen.
Con un 60/40 siamo sempre lì, scendiamo ad un tasso di prelievo del 3,6.
Se voglio sopravvivere per 40 anni, invece, non dovrei prelevare più del 3%.
Curiosamente i due casi peggiori sono quelli agli estremi, ossia 100% azioni o 100% bond.
Per entrambi la sopravvivenza a 40 anni impone un prelievo massimo del 2,7%.
Qual è il motivo?
Un mix di fattori.
In queste stime vengono fatte delle simulazioni che tengono conto delle diverse variabili, come il rischio di sequenza, il rischio inflazione e così via.
Un portafoglio solo azionario, avendo molta volatilità, avrà un elevato rischio di sequenza, quindi potrei trovarmi senza soldi negli ultimi anni della mia vita, così come morire da ultramilionario.
Un portafoglio solo bond, invece, ha il rischio di inflazione che abbiamo detto sopra.
Statisticamente, quindi, la probabilità di sopravvivenza maggiore ce l’avrebbe un portafoglio diversificato (ma dai…, chi l’avrebbe detto).
Perché però Morningstar ha abbassato la stima di Bengen?
Perché appunto si aspetta rendimenti di lungo termine inferiori al passato.
Nell’articolo Morningstar stima un rendimento medio, attenzione, ARITMETICO, di circa l’8% all’anno per l’azionario americano e poco più di 4% per i Titoli di Stato.
Però, appunto media ARITMETICA.
Quello che poi noi ci portiamo a casa è il rendimento composto, la media GEOMETRICA.
Veloce ripasso.
Se il mio bell’ETF un anno fa più 20% e l’anno dopo -6%, la media aritmetica è 20-6 diviso due che fa 7%.
La media geometrica però fa 6,2%.
Infatti se fate i conti, 10.000 euro che crescono del 20% diventano 12.000, se poi fa -6% diventano 11.280, che esattamente una crescita media annua del 6,2%.
Il motivo è che la volatilità si mangia via i rendimenti, perché le percentuali negative pesano di più di quelle positive.
Quindi se Mornigstar prevede che l’azionario americano renderà 8%, media aritmetica, per convertirla in media geometrica bisogna fare: media aritmetica MENO deviazione standard al quadrato diviso 2, quindi metà della varianza.
L’S&P 500 ha una deviazione standard storica intorno al 15%.
Vi salto i calcoli intermedi, fidatevi e basta, il rendimento geometrico, quindi il rendimento composto annualizzato previsto da Morningstar è un po’ meno di 7%.
I titoli di stato sono meno ballerini, quindi la differenza tra media geometrica e aritmetica non è così significativa.
Di conseguenza abbiamo circa 7% azioni e 4% obbligazioni.
Con un portafoglio 50/50 dovremmo aspettarci un rendimento medio intorno al 5,5-6%.
Ricordiamo che dovrebbe essere un po’ di più della media ponderata secca perché ribilanciando il portafoglio guadagniamo qualcosina.
Se non vi ricordate perché, riascoltatevi l’episodio 152 sul demone di Shannon.
Bengen stimava rendimenti mediamente superiori.
Il paper è uscito nel 1994.
Dal 94 ad oggi l’S&P 500 ha reso oltre il 10% all’anno, mentre i Treasury 4,5%.
È vero, anche l’inflazione è stata più alta, ma non abbastanza da compensare.
Quindi con rendimenti futuri attesi inferiori, anche il tasso di prelievo si riduce.
Tutto questo per dire che possiamo fare tutti gli excel che vogliamo, ma è sempre meglio essere molto conservativi e adattare il tiro lungo la strada, perché i rendimenti del passato potrebbero essere diversi da quelli futuri.
Perché oggi mornigstar vede rendimenti futuri più bassi?
Solito motivo: valutazioni molto elevate delle azioni americane.
C’è un bel po’ di speculazione in questa cosa.
Boh, sarà davvero così.
Non è dato saperlo…
Veniamo al
QUARTO PROBLEMA: rischio di longevità.
Vi sembrerà strano, ma la finanza personale è uno di quei pochi ambiti della nostra esperienza nella quale l’ipotesi di vivere a lungo E’ un problema.
Come dire: se viviamo troppo a lungo, ciò potrebbe mandarci in rovina perché potremmo “outlive”, come dicono gli americani, cioè sopravvivere più a lungo del nostro portafoglio.
Il modello di Bengen è settato sui 30 anni.
Paradossalmente se vivi troppo, o soprattutto se vivi troppo e negli ultimi anni della tua vita aumentano le spese, soprattutto di natura sanitaria e assistenziale, ecco che il tuo portafoglio potrebbe esaurirsi prima del tempo.
Oppure potrebbe succedere che magari volevi lasciare un’eredità ai tuoi ingrati nipotini che non ti vengono mai a trovare e non aspettano altri che schiatti per sganciare la grana, e se vivi troppo finisci per consumare pure il tuo lascito (e gli sta bene, così imparano).
So che chi è scaramantico non vedrà bene questa cosa.
Però quanto si fanno le stime per gestire bene il decumulo del capitale, conviene ipotizzare di essere particolarmente longevi.
Ora, alla luce di tutti i quattro rischi di cui abbiamo parlato, dovrebbe essere abbastanza chiaro che, rispetto alla fase di accumulo in cui probabilmente conviene cercare di essere più aggressivi possibili quando si ha un orizzonte piuttosto lungo e soprattutto un reddito costante tramite cui si può sempre integrare il portafoglio, una volta che si parla di Retirement il discorso cambia.
Statisticamente il portafoglio con il maggior rendimento atteso e quindi quello che mi dovrebbe permettere di avere il tasso di prelievo più elevato è chiaramente 100% stocks.
Però, questo è IN MEDIA quello che mi farà vivere la pensione più ricca del mondo.
Ma io non posso permettermi IN MEDIA di avere un portafoglio che spacca.
Ho solo un retirement a disposizione.
Posso andare in FIRE una sola volta.
Di conseguenza la cosa più importante è minimizzare il worst scenario, non massimizzare il best scenario.
Abbiamo anche detto però che l’alternativa opposta, solo obbligazioni, per quanto sembrino sicure, è forse ancora più rischiosa, perché un’impennata di inflazione potrebbe creare danni incalcolabili.
Certo, potrei provare a creare un bond ladder, cioè una scalinata di obbligazioni singole che scadono ogni anno e che mi pagano esattamente ciò di cui ho bisogno eliminando il rischio tassi.
Però ci sono diversi problemi di implementazione:
– Intanto non è detto che le obbligazioni rendano a sufficienza per permettere al mio portafoglio di sopravvivere insieme a me;
– Inoltre questa è una soluzione che non prevede particolari adattamenti nel tasso di prelievo; se per qualche motivo ho una spesa straordinaria e devo prelevare più soldi è un casino, rischio di dover svendere bond in perdita;
– Infine viene un po’ meno il beneficio del ribilanciamento con le azioni.
Non dico che non si possa fare, anzi probabilmente in quella fase una certa quota di obbligazioni singole ci può anche stare, ma avere un portafoglio fatto prevalentemente di obbligazioni singole non sembra in alcun caso la scelta migliore.
Quali sono i portafogli migliori per andare in Fire?
Non c’è una risposta giusta, naturalmente, e per ogni proposta si potrebbe fare un episodio a parte.
Visto che il tempo stringe abbozzo tre idee a cui aggiungerò una strategia di ottimizzazione del tasso di prelievo e poi ci salutiamo.
La prima idea è quella di usare un portafoglio diversificato tra asset non correlati.
Il 60/40, il golden butterfly, il permanent portfolio o l’all weather sono tutte soluzioni che hanno perfettamente senso.
Difficile dire quale sia la migliore, anche perché ci sono periodi storici in cui funziona meglio l’uno o l’altro.
Negli ultimi 15 anni il 60/40 avrebbe fatto meglio di tutti, nei 10 anni prima sarebbe stato il peggiore.
Il vantaggio del 60/40 è che mantiene una buona componente azionaria che sostiene i rendimenti e in qualche modo protegge dall’inflazione, mentre quella obbligazionaria fa da contrappeso durante le recessioni.
Non è invece immune da anni come il 2022 in cui l’inflazione impenna di botto, anche se c’è da dire che quello che è successo nel 2022 è successo solo nel 2% degli anni nell’ultimo secolo.
Gli altri tre portafogli hanno invece meno azioni, ma avendo oro e obbligazioni a breve funzionano meglio durante le fasi inflattive.
Secondo il sito Portfolio Charts, che vi invito a consultare perché ha un tool fatto apposta per misurare per ogni portafoglio che gli mettete dentro il tasso di prelievo, il portafoglio migliore per il retirement con il più alto tasso di prelievo ammesso è il Golden Butterfly.
Non è quello con il rendimento atteso maggiore.
Ma quello con il base line return migliore, cioè quello che ottimizza lo scenario peggiore e che riduce nettamente la variabilità dei risultati.
Con un 60/40 probabilmente le cose potrebbero andare o molto meglio o un po’ peggio.
La seconda idea è quella introdotta da Michael Kitches, noto consulente finanziario americano e specializzato su questi temi.
Già nel 2013 aveva scritto un paper in cui aveva introdotto il concetto di V shaped glidepath, cioè di un’asset allocation dinamica che in prossimità del momento della pensione prende la forma a V.
Cosa significa.
In sostanza l’idea sarebbe: grossomodo tra i 10 e i 5 anni prima della pensione, o del FIRE o di quando insomma volete cominciare a vivere di rendita, conviene ridurre gradualmente l’esposizione azionaria per limitare l’impatto di una sequenza di rendimenti avversi nella fase peggiore e al contrario di riaumentare la quota azionaria tra 5 e 10 anni dopo che si è in Fire, per il motivo uguale e contrario.
Cioè lui dice: se il rischio di sequenza può provocare i danni peggiori nella parte finale dell’accumulo e nella parte iniziale del decumulo, allora conviene ridurre le azioni man mano che ci si avvicina alla pensione e aumentarle di nuovo man mano che il tempo passa, perché appunto più sono avanti nel decumulo, minore sarà l’impatto di un bear market, di una recessione e così via.
Allo stesso modo, andare ad aumentare la componente azionaria man mano che si va avanti con il decumulo permette di limitare l’impatto del rischio inflazione.
Ovvio che una soluzione perfetta in senso assoluto non esiste, ma quella di Kitches sembra una delle idee statisticamente più solide.
La terza idea è quella della formula di The Bull.
Riprendiamo la formula, giusto per dire una cosa originale.
La percentuale di azioni è uguale a 125 meno i propri anni meno il risk free rate per 5.
Una volta dicevo “i tassi della Fed o della BCE”, probabilmente parlare di risk free rate ha più senso.
Se oggi uno ha, boh, 55 anni e vuole andare in fire, la formula cosa suggerirebbe.
125 — 55 fa 70.
70-20 (che è più o meno il risk free rate medio tra Europa e Stati uniti per 5), fa 50%.
Quindi 50% azioni e 50% obbligazioni.
Che ci starebbe benissimo, come vorrebbero Bengen o Morningstar.
Però poi tra 15 anni non è detto che la percentuale debba scendere a 35.
Anzi, per i motivi che spiegavamo sopra, se non ci sono esigenze di spesa particolari, ha perfettamente senso alzare la componente azionaria, così da fare esattamente quello che Kitches suggerisce, ossia di ridurre sì le azioni verso la fine della fase di accumulo, ma anche di aumentarle in seguito per evitare di avere troppe poche azioni.
Un ultimo concetto, la cosiddetta Guardrail Strategy, la strategia dei — boh come si dicono in italiano: paracarri? Forse anche qua in effetti li chiamiamo Guardrail pure noi.
Comunque quest’idea è stata introdotta nel 2006 da Guyton e Klinger e consiste nell’adattamento del tasso di prelievo fissando appunto dei Guardrail, dei valori soglia.
La strategia, detta brutalmente, consiste nell’aumentare al massimo del 20% il tasso di prelievo se durante gli anni buoni il portafoglio sale e di ridurlo al massimo del 20% quando questo scende.
Per esempio, se parto con un milione e prelevo 40 mila, il 4%, magari un certo punto il portafoglio vale 1 milione e mezzo e io sto prelevando, boh 50.000, perché corrisponde ai 40 mila iniziali adeguati all’inflazione. Ma 50.000, rispetto a un milione è mezzo è meno del 4%, è il 3,3%.
Gli autori suggeriscono in questo caso di aumentare il tasso di prelievo fino al 4,8%, ossia il 20% in più del 4% di partenza.
Al contrario, se ad un certo punto mi ritrovo con un milione e 60.000 € da prelevare, qui conviene fare il contrario. Tirare la cinghia e ridurre il prelievo fino al 3,2%, ossia il 20% in meno di 4%.
In questo modo, adattando anno dopo anno il prelievo in base all’andamento del portafoglio, secondo gli autori viene minimizzato il rischio di esaurire il capitale che non tenendo 4% fisso ogni anno.
Il discorso è ampio e complesso e mi rendo conto che la trattazione di oggi sia stata solo alla superficie.
Abbiamo detto moltissime cose, ma ciascuna merita una serie di approfondimenti.
Aspettatevi quindi in futuro nuovi episodi in cui riprenderemo l’argomento da diverse prospettive, così da arrivare tutti preparati al nostro FIRE e tanti saluti a tutti ci si vede alle Canarie.
Intanto chi volesse farsi un deep dive sull’argomento, un maestro jedi in Italia su questa tema è il mio caro amico Nicola Protasoni, che nel suo blog The Italian Lether Sofa ha dedicato numerosi articoli del suo blog al Retirement Portfolio.
Nella descrizione dell’episodio vi metto il link anche al blog di Kitches e allo studio di Morningstar.
Purtroppo, non conosco roba in Italiano di livello sull’argomento.
Sicuramente ci sarà, anzi se la conoscete fatemi sapere.
Grazie intanto a ciascuno di voi per essere arrivato sino a qui e per essere stato ancora una volta con me per la 169esima volta, contribuendo al record di oltre 5 milioni di episodi ascoltati, agli oltre 300.000 ascoltatori totali e ai più di 100.000 follower tra Spotify ed Apple Podcast.
Come sempre vi invito a mettere seguie e attivare le notifiche su Spotify, Apple Pocast o dove ci ascoltate e a lasciare una recensione a 5 stelle per supportarci e permetterci di continuare a produrre contenuti che vogliono mandare in Fire ciascuno di voi felici e contenti per almeno 30 anni se la sequenza e l’inflazione non ci si mettono di mezzo sempre nuovi.
Per questo episodio invece è davvero tutto e noi ci risentiamo domenica prossima con un nuovo appuntamento insieme a parlare di quanto è costoso essere pessimisti, sempre qui naturalmente con The Bull il tuo podcast di finanza personale.
Benvenuti a The Bull — Il tuo podcast di finanza personale.
Prima o poi dovevamo parlarne.
Vedete, The Bull è un podcast nato con l’intento di spiegare intanto che risparmiare e investire non è fisica nucleare ma qualcosa non solo alla portata di tutti, ma che pure tutti dovrebbero implementare tra le buone pratiche a lungo termine della propria vita.
In questo anno e mezzo in cui ci troviamo tutti insieme due volte a settimana a parlare un po’ di tutto e a trasformare il nostro rapporto con il denaro, ovviamente ci siamo focalizzati sulla cosa più importante ossia: come far crescere i nostri risparmi.
Come giustamente in molti mi avete fatto notare, quasi tutto il discorso finora si è concentrato sull’impostazione del portafoglio, sull’asset allocation, su come si comportano le principali asset class e via dicendo.
Il tutto con l’obiettivo di accumulare capitale per i prossimi 20-30-40-50 anni o quanto ancora vorrete bazzicare su questo pianeta.
Quello che mancherebbe, invece, è un episodio dedicato al decumulo, ossia a come gestire il proprio portafoglio durante il retirement, che non è semplicemente quando andremo in pensione, ma in qualsiasi momento in cui avremo deciso che potremo permetterci di non lavorare più e vivere dei frutti dei nostri investimenti.
L’episodio di oggi è quindi dedicato allo stato dell’arte della ricerca sui Retirement portfolio e soprattutto sulle strategie da implementare per evitare soprattutto di spu***re il portafoglio e ritrovarsi ad un certo punto senza soldi.
Scusate intanto per la voce peggiore del solito, niente è più natalizio di un’influenza come si deve — e ho il forte sospetto che l’untore, anzi l’untrice, frequenti l’asilo nido, cosa che per ripicca avrà pesanti ripercussioni sul suo PAC.
Cmq cerco di portare a casa l’episodio di oggi, se ad un certo punto straparlo è colpa della febbre.
Premessa: questo discorso è immenso.
Nell’episodio di oggi daremo alcune indicazioni di massima per impostare il problema e suggerire alcune soluzioni.
Ma inevitabilmente ci torneremo più e più volte nel corso del tempo, per due motivi:
– Il primo è che la ricerca continua sistematicamente a produrre nuovi paper, quindi ci saranno sempre novità sull’argomento;
– Il secondo è che dovremo affrontare la cosa da diverse angolazioni, perché sarebbe impossibile esaurire in mezzora l’episodio.
Dicevo ci sono tanti concetti in ballo quando si parla di Retirement Portfolio o, più semplicemente, di come vivere di rendita.
Ma il singolo concetto più importante di tutti è quello di Safe Withrdrawal Rate, ossia qualcosa che potremmo tradurre come il tasso di prelievo sicuro, cioè quanto possiamo prelevare annualmente dal nostro portafoglio mantenendo un’elevata probabilità di non esaurire i soldi prima della nostra dipartita.
Agli albori di questo podcast feci un episodio super introduttivo sul FIRE e sulla regola del 4%.
FIRE, come ricorderete, sta per Financial Independence Retire Early, che è quel movimento nato negli ’90 negli Stati Uniti che interpreta la finanza personale come un insieme di pratiche volte a raggiungere appunto la possibilità di andare prima possibile in Retirement e vivere felici facendo quel che a uno pare.
Attenzione che nella versione originaria, i proponenti del FIRE si immaginavano una vita estremamente frugale e minimalista, non certo lambo e dompero.
Da lì poi sono nate filosofie alternative come ad esempio il FATE FIRE, il FIRE “grasso”, che invece sposta più in là l’obiettivo, solo in una volta in cui si è diventati davvero multimilionari e ci si può quindi permettere una vita di agi.
Quindi quello di FIRE è un concetto molto soggettivo e legato agli obiettivi di vita di ciascuno.
Per chi è più minimalista basteranno relativamente pochi soldi per vivere di rendita e condurre una vita felice.
Per chi invece vuole fare la bella vita servirà un patrimonio diverso.
Ma in entrambi i casi, i principi di cui parleremo oggi valgono allo stesso modo.
Quello che cambia sarà solo il target da raggiungere come patrimonio di partenza, che naturalmente sarà anche una funzione del nostro reddito e del nostro stile di vita.
Dicevo, il Safe Withrdawal Rate, che da qui in poi chiameremo Tasso di Prelievo per comodità.
Lo studio originario a cui tutto il movimento Fire si è ispirato — e che ancora oggi resta il paradigma di riferimento — è quello di William Bengen, che nel 1994 pubblicò un articolo sul Journal of Financial Planning dal titolo “Determining Withdrawal Rates Using Historical Data” che per la prima volta introdusse la famosa regola del 4%.
Per farla breve, secondo i calcoli di Bengen un portafoglio composto grossomodo al 50% da S&P 500 e 50% da Titoli di Stato Americani dovrebbe garantire in media di poter prelevare il 4% all’anno, adeguato all’inflazione, per 30 anni senza esaurire il capitale.
Girata al contrario, quest’idea significa che il patrimonio da raggiungere per vivere di rendita è circa 25 volte la nostra spesa annua lorda — e sottolineo il lorda perché in Italia non abbiamo strumenti come il 401(k) americano, o l’ISA inglese che permettono di ritirare i propri soldi investiti esentasse una volta raggiunta la pensione.
Comunque, perché 25? Perché il 4% di qualcosa è un venticinquesimo.
Facciamo un esempio.
Diciamo che per vivere serenamente, oggi, voglio 2.500 € netti al mese.
2.500 € per 12 fa 30.000 €, che lordi diventano circa 40.000.
Probabilmente se prelevo 40.000 € dal mio portafoglio non pagherò esattamente il 26% di tasse perché se ho una quota consistente di obbligazioni governative, su cui pago il 12,5%, l’impatto sarà un po’ più basso.
Ad ogni modo più o meno siamo lì.
Quindi abbiamo detto che mi servono 40.000 € lordi all’anno.
40.000 per 25 fa un milione di euro.
Con un milione di euro, teoricamente secondo lo studio di Bengen, potrei permettermi di vivere prelevando 40.000 € all’anno, adeguato ogni anno per inflazione, e non esaurire per almeno 30 anni il valore del mio portafoglio.
Perché 30 anni mi chiederete?
Perché Bengen e tutti quelli dopo di lui che hanno studiato sta cosa hanno fatto delle simulazioni considerando tutti i vari scenari e tutte le possibili configurazioni negative, di cui parleremo tra poco, e 30 anni sarebbe il minimo garantito.
Lo scenario medio, in realtà, sarebbe che il portafoglio non si esaurisca mai, anzi che noi moriamo con più soldi di quanti ne avevamo a inizio retirement.
Però sappiamo anche della media a noi frega poco, perché abbiamo una sola chance di andare in retirement, poco ci importa che in media andrà tutto bene.
A noi interessa minimizzare il rischio di beccare la situazione sfigata in cui il nostro portafoglio muore prima di noi.
L’idea di Bengen era piuttosto semplice.
Un portafoglio 50/50 avrà reso mediamente dal 7 al 9% all’anno — negli Stati Uniti ovviamente, qua 9% ce lo sogniamo — quindi se consideriamo un’inflazione media del 3% all’anno abbiamo capienza per un 4% reale che non consuma mai il portafoglio.
Facciamo un esempio.
Ammettiamo che, applicando una regoletta cara a questo podcast, faccio un PAC da 1.000 € al mese per 30 anni che in media mi rende il 6% all’anno e arrivo dopo 30 anni a 1 milione.
Con questo milione cosa posso farci?
Diciamo che:
– Prelevo appunto il 4% il primo anno, quindi 40.000 €, e poi ogni anno successivo aumento quest’importo di un valore corrispondente all’inflazione, facciamo 2,5% di media. Questo vuol dire che dopo 10 anni preleverò circa 50.000 €, dopo 20 anni circa 62.000, dopo 30 anni circa 84.000, che hanno più o meno sempre lo stesso valore reale dei 40.000 iniziali
– E diciamo che il mio portafoglio continua a crescere del 6% all’anno.
In pratica dopo 50 anni io mi ritroverò con ancora oltre 1.200.000 € nel portafoglio.
Se invece il rendimento medio annuo fosse 5%, i soldi mi basterebbero per 40 anni esatti, perché dal 41 anno andrei in negativo.
Se invece alziamo la stima dell’inflazione al 3% — tenendo sempre 5% all’anno di rendimento, finirei i soldi dopo 35 anni.
Se così stanno le cose la stima di Bengen è iper-mega-conservativa.
Negli ultimi 30 anni, un portafoglio 50% US Stocks e 50% US Treasuries ha reso l’8% all’anno, con un’inflazione leggermente superiore al 2 e mezzo percento.
Se anche in futuro andasse così, non solo il portafoglio non si esaurirebbe mai, ma usando un tasso di prelievo del 4% mi ritroverei dopo 50 anni con oltre 14 milioni!
Potrei pertanto permettermi di prelevare fino al 6% all’anno e probabilmente i soldi mi basterebbero per un altro mezzo secolo.
Quindi ricapitoliamo.
Prendo la stima della mia spesa annua lorda (ricordatevi che poco meno di un quarto va in tasse).
Moltiplico per 25.
Quello è grossomodo il target che mi serve per vivere di rendita per almeno 30 anni con un rendimento del portafoglio del 5% medio annuo.
Se il rendimento fosse dal 6% in su, praticamente il mio portafoglio non si esaurirebbe mai.
E qui abbiamo una buona notizia e una serie di cattive notizie.
Mai na gioia.
La buona notizia è che quello descritto è uno scenario in cui praticamente non guadagniamo mai più un solo euro per tutta la vita.
Va bene essere in Fire, ma come scenario è abbastanza improbabile.
Anche perché cosa fai tutto il giorno?
Essere in FIRE vuol dire che fai quello che ti pare, ma mentre fai quello che ti pare due soldi li tiri su.
Magari trasformi qualche tua passione in un lavoretto.
Fai qualche consulenza.
Scrivi un blog.
Fai l’animatore in un villaggio, che ne so.
Andare in FIRE è il mio sogno e ho un bel file excel che ha tracciato la strada.
Ma non mi immagino che il giorno che ci arriverò smetterò di fare qualunque cosa nella mia vita.
Mi immagino che avrò del reddito aggiuntivo a quello che prelevo dal mio portafoglio.
E poi ad un certo punto andrò in pensione.
E lì, soprattutto se ho versato per tutta la vita in un fondo pensione, avrò la mia bella rendita annuale che, tanta o poca che sia, andrà certamente ad integrare quella miseria che mi darà l’INPS più quello che preleverò dal portafoglio.
Quindi, da una parte possiamo dire: pur con tutte le limitazioni che vedremo tra poco, la regola del 25 è ragionevolmente valida.
Una volta che si raggiunge il nostro target lordo di spesa annua per 25, più o meno siamo a posto.
Veniamo però alle cattive notizie.
Le cattive notizie sono quattro.
O meglio: ci sono 4 potenziali rischi che rendono il modello di Bengen del 4% bellissimo nella teoria ma con un po’ di PERO’ nella pratica.
Prima di vedere questi 4 rischi è con gioia che vi comunico che c’è un nuovo compagno di viaggio di The Bull che si unisce a partire da oggi alla nostra missione universale per mandarvi tutti in FIRE.
Come sa chi mi segue da tanto, io investo i miei soldi tramite due broker e sono felice che entrambi sono partner di questo podcast.
Il broker con cui tutto il mio percorso è iniziato e tramite cui investo ormai da diversi anni è Fineco.
Perché ne uso due mi chiederete?
Per un motivo molto semplice: ossia per sfruttare i punti di forza di ciascuno, sempre con l’obiettivo di massimizzare l’efficienza del processo di investimento e ottimizzare i costi.
Da oggi anche Fineco è sponsor di The Bull e per chi volesse aprire un conto trading dedicato esclusivamente ai propri investimenti o il conto completo anche di tutti i servizi bancari, c’è un link nella descrizione di quest’episodio che vi regala le prime 60 operazioni da effettuare nei primi 3 mesi.
Quindi: per i primi 60 trade effettuati nei 3 mesi successivi all’apertura del conto, zero commissioni.
Chi volesse utilizzare Fineco per i propri investimenti troverà, tra le sue numerosi funzionalità:
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Certo, sempre con i vostri soldi eh, non è che ce li mettono loro…
E poi lo so che ci sono tanti tra voi che non lo ammettono apertamente, ma in cuor loro non possono fare a meno di comprare qualche BTP, a cui siete più affezionati della maglia azzurra.
Ecco, con Fineco avete accesso per esempio al MOT, il mercato obbligazionario telematico di Borsa Italia, e vi comprate i BTP o tutte le obbligazioni che vi pare, ce ne sono più di 4.000 con commissioni competitive.
Questo è un contenuto sponsorizzato, quindi tenetene conto nelle vostre valutazioni e prendete sempre decisioni indipendenti.
Allo stesso tempo, però, sono felice di avere l’opportunità di promuovere gli stessi strumenti che utilizzo anche io per primo come investitore e nei quali ho, come si dice, skin in the game.
Che poi sono i miei soldi.
Descrizione dell’episodio, link per aprire il conto e avere i 60 trade gratuiti e buoni investimenti!
Torniamo a noi.
PRIMO PROBLEMA: rischio di sequenza.
Tutti voi che mi seguite da quasi 170 episodi, sapete bene quanto tenga a questo concetto.
Spesso sottovalutato, ma di straordinaria importanza per la comprensione di quel che succede quando si passa dalla teoria alla pratica in finanza.
Per chi ci ha raggiunto oggi per la prima volta, cos’è il rischio di sequenza?
Il rischio di sequenza è il rischio che deriva dall’ordine in cui si susseguono le performance del mio portafoglio nel tempo.
Se io oggi investo 100.000 € e poi non tocco mai più i miei soldi, il rischio di sequenza è irrilevante.
Il mercato può fare su e giù come gli pare e nell’ordine che gli pare, ma il mio risultato finale sarà lo stesso.
Se invece aggiungo progressivamente soldi nella fase di accumulo o tolgo soldi nella fase di decumulo, ecco, qua le cose possono cambiare di molto.
Ed è proprio sul rischio di sequenza che abbiamo il primo grande problema quando si parla di FIRE e di vivere di rendita.
Come abbiamo detto tante volte, lo scenario ideale è quello in cui, durante la fase di accumulo, ho prima anni negativi e poi anni positivi.
Al contrario, durante la fase di decumulo, voglio esattamente l’opposto: ossia anni buoni subito e anni negativi in seguito.
Facciamo un paio di esempi.
Il ventennio dal 1990 al 2009 è stato caratterizzato fondamentalmente da 10 anni molto buoni prima e 10 anni molto negativi dopo.
Il ventennio 2000-2019 invece è l’esatto opposto.
I rendimenti non sono esattamente gli stessi, ma guardate cosa succede nei due casi, a secondo che sia nella fase di accumulo o di decumulo.
Diciamo che parto con 10.000 al mese, facciamo tutto in S&P 500, così si capisce meglio quello che voglio dire e uso i dati in dollari perché non ho tool che mi fanno questi calcoli in euro.
Allora, accumulo primo ventennio 1990-2009.
Complessivamente avrò investito 130.000 investiti, ma risultato finale che arriva addirittura a quasi 400.000 ogni anno.
Dovrei adattare la cosa all’inflazione, ma per semplicità non la consideriamo, sennò abbiamo troppe variabili.
Alla fine del primo ventennio, 1990-2009, nonostante avessi ritirato 40.000 dollari l’anno, il mio portafoglio sarebbe comunque cresciuto fino ad arrivare a oltre 3 milioni di dollari.
Stessa cosa fatta invece nel ventennio 2000-2019 comporta che il mio portafoglio addirittura scenda sotto il milione.
Questa cosa è di importanza capitale perché cosa ci dice?
Ci dice che se mi gira bene e ho un decennio positivo e poi anche un disastroso decennio perduto, il mio portafoglio potrebbe continuare a crescere più velocemente rispetto a quanti soldi gli porto via ogni anno e quindi non si esaurirà mai.
Al contrario, se per sfiga mi becco subito un decennio perduto appena vado in FIRE, anche se poi il portafoglio recupera, comunque, come in questo caso, il mio portafoglio inesorabilmente si esaurirà.
Hai voglia a fare tutte le simulazioni con Excel.
Il problema vero è che il RENDIMENTO MEDIO del nostro portafoglio è perfettamente inutile.
Sì, ci dà una stima di massima.
Ma quello che conta davvero è la sequenza dei rendimenti.
E questa è una delle minacce più grandi da tenere in considerazione.
Adesso vediamo prima i rischi, poi vediamo le possibili soluzioni.
SECONDO RISCHIO: il rischio inflazione.
Anche questo è un rischio non prevedibile che può fare danni atroci al nostro progetto di vita di sollazzi senza più pensieri.
Quali sono gli impatti principali dell’inflazione in questo discorso.
– Il primo riguarda il tasso di prelievo. Io posso anche aver impostato il 4% e tutto fila liscio. Se però poi l’inflazione galoppa cambia tutto, perché per poter mantenere lo stesso stile di vita dovrò prelevare dal portafoglio più soldi e quindi rischio di esaurire il capitale mentre sono ancora in vita.
– Il secondo riguarda l’asset allocation. Riprendo questo discorso tra poco, ma qui anticipo solo che l’inflazione è un rischio tanto più grande, quanto più il nostro portafoglio contiene obbligazioni. L’inflazione fa male sia ad azioni che obbligazioni, ma sappiamo che le azioni sanno reagire bene dopo i primi shock, fosse anche solo perché le aziende possono aumentare i prezzi, scaricare l’inflazione sui consumatori finali e aumentare gli utili, entro certi limiti. Ad ogni modo è noto che, se guardiamo i dati storici, le azioni sono senza dubbio il più formidabile hedge contro l’inflazione.
Per le obbligazioni è un disastro invece.
Un anno come il 2022, in cui super sicuri treasury a 10 anni hanno lasciato per strada il 15% del loro valore, hai voglia a recuperare.
Se poi anno dopo anno prelevi soldi perché sei in Fire, un’impennata di inflazione se hai un portafoglio prevalentemente obbligazionario rischia di diventare una condanna a morte.
L’S&P 500 ha fatto -18% nel 2022, ma poi +25% e forse +30% nei due anni successivi.
I Treasury negli ultimi due anni hanno fatto +3 e mezzo e + 1 e mezzo, sono lontani anni luce dal recupero.
E per recuperare il loro valore reale del 2021 chissà quanto ci vorrà.
È vero che anche la formula di The Bull suggerisce di ridurre gradualmente l’esposizione azionaria in base all’età, però, come approfondirò tra poco, bisogna considerare due cose:
– In primis quella è una formula che funziona bene fino alle soglie del retirement, cioè è pensata per la fase di accumulo; sulla fase di decumulo, ammesso che uno voglia ad un certo punto andare in FIRE e decumulare, bisognerebbe fare dei discorsi ad hoc.
– In secondo luogo quella formula richiede anche un adattamento progressivo in base alle effettive esigenze di spesa. Se ad un certo punto ho 60 anni, non ho mutuo, i miei figli lavorano, e non ho particolari spese a cui far fronte nei prossimi anni, quella stessa formula suggerisce di aumentare la componente azionaria. Quindi in pratica è una formula che, nei fatti, segue l’idea formulata dal Michael Kitches di cui parlerò tra poco.
Teniamo a mente il discorso dell’inflazione e andiamo al
TERZO RISCHIO: il rischio di mercato.
Detto in un altro modo: non sappiamo quanto renderanno in futuro i nostri investimenti.
Per esempio, ogni anno Morningstar pubblica un aggiornamento sul Safe Withdrawal Rate, sul tasso di prelievo SICURO stimato per gli anni a venire in base ad una serie di considerazioni.
Morningstar si rifà sicuramente al modello di Bengen, anche se illustra degli aggiustamenti alternativi come vedremo tra poco.
Secondo il loro studio, ad oggi il portafoglio che ha almeno il 90% di probabilità di sopravvivenza per trent’anni ha una quota di azioni compresa tra il 30 e il 50% (loro sono Americani, quando dicono azioni intendono US Stocks), dicevo 30-50% al massimo di azioni e un tasso di prelievo massimo del 3,7%, quindi meno del 4% di Bengen.
Con un 60/40 siamo sempre lì, scendiamo ad un tasso di prelievo del 3,6.
Se voglio sopravvivere per 40 anni, invece, non dovrei prelevare più del 3%.
Curiosamente i due casi peggiori sono quelli agli estremi, ossia 100% azioni o 100% bond.
Per entrambi la sopravvivenza a 40 anni impone un prelievo massimo del 2,7%.
Qual è il motivo?
Un mix di fattori.
In queste stime vengono fatte delle simulazioni che tengono conto delle diverse variabili, come il rischio di sequenza, il rischio inflazione e così via.
Un portafoglio solo azionario, avendo molta volatilità, avrà un elevato rischio di sequenza, quindi potrei trovarmi senza soldi negli ultimi anni della mia vita, così come morire da ultramilionario.
Un portafoglio solo bond, invece, ha il rischio di inflazione che abbiamo detto sopra.
Statisticamente, quindi, la probabilità di sopravvivenza maggiore ce l’avrebbe un portafoglio diversificato (ma dai…, chi l’avrebbe detto).
Perché però Morningstar ha abbassato la stima di Bengen?
Perché appunto si aspetta rendimenti di lungo termine inferiori al passato.
Nell’articolo Morningstar stima un rendimento medio, attenzione, ARITMETICO, di circa l’8% all’anno per l’azionario americano e poco più di 4% per i Titoli di Stato.
Però, appunto media ARITMETICA.
Quello che poi noi ci portiamo a casa è il rendimento composto, la media GEOMETRICA.
Veloce ripasso.
Se il mio bell’ETF un anno fa più 20% e l’anno dopo -6%, la media aritmetica è 20-6 diviso due che fa 7%.
La media geometrica però fa 6,2%.
Infatti se fate i conti, 10.000 euro che crescono del 20% diventano 12.000, se poi fa -6% diventano 11.280, che esattamente una crescita media annua del 6,2%.
Il motivo è che la volatilità si mangia via i rendimenti, perché le percentuali negative pesano di più di quelle positive.
Quindi se Mornigstar prevede che l’azionario americano renderà 8%, media aritmetica, per convertirla in media geometrica bisogna fare: media aritmetica MENO deviazione standard al quadrato diviso 2, quindi metà della varianza.
L’S&P 500 ha una deviazione standard storica intorno al 15%.
Vi salto i calcoli intermedi, fidatevi e basta, il rendimento geometrico, quindi il rendimento composto annualizzato previsto da Morningstar è un po’ meno di 7%.
I titoli di stato sono meno ballerini, quindi la differenza tra media geometrica e aritmetica non è così significativa.
Di conseguenza abbiamo circa 7% azioni e 4% obbligazioni.
Con un portafoglio 50/50 dovremmo aspettarci un rendimento medio intorno al 5,5-6%.
Ricordiamo che dovrebbe essere un po’ di più della media ponderata secca perché ribilanciando il portafoglio guadagniamo qualcosina.
Se non vi ricordate perché, riascoltatevi l’episodio 152 sul demone di Shannon.
Bengen stimava rendimenti mediamente superiori.
Il paper è uscito nel 1994.
Dal 94 ad oggi l’S&P 500 ha reso oltre il 10% all’anno, mentre i Treasury 4,5%.
È vero, anche l’inflazione è stata più alta, ma non abbastanza da compensare.
Quindi con rendimenti futuri attesi inferiori, anche il tasso di prelievo si riduce.
Tutto questo per dire che possiamo fare tutti gli excel che vogliamo, ma è sempre meglio essere molto conservativi e adattare il tiro lungo la strada, perché i rendimenti del passato potrebbero essere diversi da quelli futuri.
Perché oggi mornigstar vede rendimenti futuri più bassi?
Solito motivo: valutazioni molto elevate delle azioni americane.
C’è un bel po’ di speculazione in questa cosa.
Boh, sarà davvero così.
Non è dato saperlo…
Veniamo al
QUARTO PROBLEMA: rischio di longevità.
Vi sembrerà strano, ma la finanza personale è uno di quei pochi ambiti della nostra esperienza nella quale l’ipotesi di vivere a lungo E’ un problema.
Come dire: se viviamo troppo a lungo, ciò potrebbe mandarci in rovina perché potremmo “outlive”, come dicono gli americani, cioè sopravvivere più a lungo del nostro portafoglio.
Il modello di Bengen è settato sui 30 anni.
Paradossalmente se vivi troppo, o soprattutto se vivi troppo e negli ultimi anni della tua vita aumentano le spese, soprattutto di natura sanitaria e assistenziale, ecco che il tuo portafoglio potrebbe esaurirsi prima del tempo.
Oppure potrebbe succedere che magari volevi lasciare un’eredità ai tuoi ingrati nipotini che non ti vengono mai a trovare e non aspettano altri che schiatti per sganciare la grana, e se vivi troppo finisci per consumare pure il tuo lascito (e gli sta bene, così imparano).
So che chi è scaramantico non vedrà bene questa cosa.
Però quanto si fanno le stime per gestire bene il decumulo del capitale, conviene ipotizzare di essere particolarmente longevi.
Ora, alla luce di tutti i quattro rischi di cui abbiamo parlato, dovrebbe essere abbastanza chiaro che, rispetto alla fase di accumulo in cui probabilmente conviene cercare di essere più aggressivi possibili quando si ha un orizzonte piuttosto lungo e soprattutto un reddito costante tramite cui si può sempre integrare il portafoglio, una volta che si parla di Retirement il discorso cambia.
Statisticamente il portafoglio con il maggior rendimento atteso e quindi quello che mi dovrebbe permettere di avere il tasso di prelievo più elevato è chiaramente 100% stocks.
Però, questo è IN MEDIA quello che mi farà vivere la pensione più ricca del mondo.
Ma io non posso permettermi IN MEDIA di avere un portafoglio che spacca.
Ho solo un retirement a disposizione.
Posso andare in FIRE una sola volta.
Di conseguenza la cosa più importante è minimizzare il worst scenario, non massimizzare il best scenario.
Abbiamo anche detto però che l’alternativa opposta, solo obbligazioni, per quanto sembrino sicure, è forse ancora più rischiosa, perché un’impennata di inflazione potrebbe creare danni incalcolabili.
Certo, potrei provare a creare un bond ladder, cioè una scalinata di obbligazioni singole che scadono ogni anno e che mi pagano esattamente ciò di cui ho bisogno eliminando il rischio tassi.
Però ci sono diversi problemi di implementazione:
– Intanto non è detto che le obbligazioni rendano a sufficienza per permettere al mio portafoglio di sopravvivere insieme a me;
– Inoltre questa è una soluzione che non prevede particolari adattamenti nel tasso di prelievo; se per qualche motivo ho una spesa straordinaria e devo prelevare più soldi è un casino, rischio di dover svendere bond in perdita;
– Infine viene un po’ meno il beneficio del ribilanciamento con le azioni.
Non dico che non si possa fare, anzi probabilmente in quella fase una certa quota di obbligazioni singole ci può anche stare, ma avere un portafoglio fatto prevalentemente di obbligazioni singole non sembra in alcun caso la scelta migliore.
Quali sono i portafogli migliori per andare in Fire?
Non c’è una risposta giusta, naturalmente, e per ogni proposta si potrebbe fare un episodio a parte.
Visto che il tempo stringe abbozzo tre idee a cui aggiungerò una strategia di ottimizzazione del tasso di prelievo e poi ci salutiamo.
La prima idea è quella di usare un portafoglio diversificato tra asset non correlati.
Il 60/40, il golden butterfly, il permanent portfolio o l’all weather sono tutte soluzioni che hanno perfettamente senso.
Difficile dire quale sia la migliore, anche perché ci sono periodi storici in cui funziona meglio l’uno o l’altro.
Negli ultimi 15 anni il 60/40 avrebbe fatto meglio di tutti, nei 10 anni prima sarebbe stato il peggiore.
Il vantaggio del 60/40 è che mantiene una buona componente azionaria che sostiene i rendimenti e in qualche modo protegge dall’inflazione, mentre quella obbligazionaria fa da contrappeso durante le recessioni.
Non è invece immune da anni come il 2022 in cui l’inflazione impenna di botto, anche se c’è da dire che quello che è successo nel 2022 è successo solo nel 2% degli anni nell’ultimo secolo.
Gli altri tre portafogli hanno invece meno azioni, ma avendo oro e obbligazioni a breve funzionano meglio durante le fasi inflattive.
Secondo il sito Portfolio Charts, che vi invito a consultare perché ha un tool fatto apposta per misurare per ogni portafoglio che gli mettete dentro il tasso di prelievo, il portafoglio migliore per il retirement con il più alto tasso di prelievo ammesso è il Golden Butterfly.
Non è quello con il rendimento atteso maggiore.
Ma quello con il base line return migliore, cioè quello che ottimizza lo scenario peggiore e che riduce nettamente la variabilità dei risultati.
Con un 60/40 probabilmente le cose potrebbero andare o molto meglio o un po’ peggio.
La seconda idea è quella introdotta da Michael Kitches, noto consulente finanziario americano e specializzato su questi temi.
Già nel 2013 aveva scritto un paper in cui aveva introdotto il concetto di V shaped glidepath, cioè di un’asset allocation dinamica che in prossimità del momento della pensione prende la forma a V.
Cosa significa.
In sostanza l’idea sarebbe: grossomodo tra i 10 e i 5 anni prima della pensione, o del FIRE o di quando insomma volete cominciare a vivere di rendita, conviene ridurre gradualmente l’esposizione azionaria per limitare l’impatto di una sequenza di rendimenti avversi nella fase peggiore e al contrario di riaumentare la quota azionaria tra 5 e 10 anni dopo che si è in Fire, per il motivo uguale e contrario.
Cioè lui dice: se il rischio di sequenza può provocare i danni peggiori nella parte finale dell’accumulo e nella parte iniziale del decumulo, allora conviene ridurre le azioni man mano che ci si avvicina alla pensione e aumentarle di nuovo man mano che il tempo passa, perché appunto più sono avanti nel decumulo, minore sarà l’impatto di un bear market, di una recessione e così via.
Allo stesso modo, andare ad aumentare la componente azionaria man mano che si va avanti con il decumulo permette di limitare l’impatto del rischio inflazione.
Ovvio che una soluzione perfetta in senso assoluto non esiste, ma quella di Kitches sembra una delle idee statisticamente più solide.
La terza idea è quella della formula di The Bull.
Riprendiamo la formula, giusto per dire una cosa originale.
La percentuale di azioni è uguale a 125 meno i propri anni meno il risk free rate per 5.
Una volta dicevo “i tassi della Fed o della BCE”, probabilmente parlare di risk free rate ha più senso.
Se oggi uno ha, boh, 55 anni e vuole andare in fire, la formula cosa suggerirebbe.
125 — 55 fa 70.
70-20 (che è più o meno il risk free rate medio tra Europa e Stati uniti per 5), fa 50%.
Quindi 50% azioni e 50% obbligazioni.
Che ci starebbe benissimo, come vorrebbero Bengen o Morningstar.
Però poi tra 15 anni non è detto che la percentuale debba scendere a 35.
Anzi, per i motivi che spiegavamo sopra, se non ci sono esigenze di spesa particolari, ha perfettamente senso alzare la componente azionaria, così da fare esattamente quello che Kitches suggerisce, ossia di ridurre sì le azioni verso la fine della fase di accumulo, ma anche di aumentarle in seguito per evitare di avere troppe poche azioni.
Un ultimo concetto, la cosiddetta Guardrail Strategy, la strategia dei — boh come si dicono in italiano: paracarri? Forse anche qua in effetti li chiamiamo Guardrail pure noi.
Comunque quest’idea è stata introdotta nel 2006 da Guyton e Klinger e consiste nell’adattamento del tasso di prelievo fissando appunto dei Guardrail, dei valori soglia.
La strategia, detta brutalmente, consiste nell’aumentare al massimo del 20% il tasso di prelievo se durante gli anni buoni il portafoglio sale e di ridurlo al massimo del 20% quando questo scende.
Per esempio, se parto con un milione e prelevo 40 mila, il 4%, magari un certo punto il portafoglio vale 1 milione e mezzo e io sto prelevando, boh 50.000, perché corrisponde ai 40 mila iniziali adeguati all’inflazione. Ma 50.000, rispetto a un milione è mezzo è meno del 4%, è il 3,3%.
Gli autori suggeriscono in questo caso di aumentare il tasso di prelievo fino al 4,8%, ossia il 20% in più del 4% di partenza.
Al contrario, se ad un certo punto mi ritrovo con un milione e 60.000 € da prelevare, qui conviene fare il contrario. Tirare la cinghia e ridurre il prelievo fino al 3,2%, ossia il 20% in meno di 4%.
In questo modo, adattando anno dopo anno il prelievo in base all’andamento del portafoglio, secondo gli autori viene minimizzato il rischio di esaurire il capitale che non tenendo 4% fisso ogni anno.
Il discorso è ampio e complesso e mi rendo conto che la trattazione di oggi sia stata solo alla superficie.
Abbiamo detto moltissime cose, ma ciascuna merita una serie di approfondimenti.
Aspettatevi quindi in futuro nuovi episodi in cui riprenderemo l’argomento da diverse prospettive, così da arrivare tutti preparati al nostro FIRE e tanti saluti a tutti ci si vede alle Canarie.
Intanto chi volesse farsi un deep dive sull’argomento, un maestro jedi in Italia su questa tema è il mio caro amico Nicola Protasoni, che nel suo blog The Italian Lether Sofa ha dedicato numerosi articoli del suo blog al Retirement Portfolio.
Nella descrizione dell’episodio vi metto il link anche al blog di Kitches e allo studio di Morningstar.
Purtroppo, non conosco roba in Italiano di livello sull’argomento.
Sicuramente ci sarà, anzi se la conoscete fatemi sapere.
Grazie intanto a ciascuno di voi per essere arrivato sino a qui e per essere stato ancora una volta con me per la 169esima volta, contribuendo al record di oltre 5 milioni di episodi ascoltati, agli oltre 300.000 ascoltatori totali e ai più di 100.000 follower tra Spotify ed Apple Podcast.
Come sempre vi invito a mettere seguie e attivare le notifiche su Spotify, Apple Pocast o dove ci ascoltate e a lasciare una recensione a 5 stelle per supportarci e permetterci di continuare a produrre contenuti che vogliono mandare in Fire ciascuno di voi felici e contenti per almeno 30 anni se la sequenza e l’inflazione non ci si mettono di mezzo sempre nuovi.
Per questo episodio invece è davvero tutto e noi ci risentiamo domenica prossima con un nuovo appuntamento insieme a parlare di quanto è costoso essere pessimisti, sempre qui naturalmente con The Bull il tuo podcast di finanza personale.
Recensioni
Quando capisci come funziona la finanza… ti viene voglia di raccontarla!
Ho seguito tutte le puntate! Grazie veramente
Amalia A., 17 Set 2025Veramente veramente raccomandato! la finanza personale riassunta alla perfezione! e spiegata partendo dall'ABC! Ottimo anche da ascoltare a velocita 1,5x!
Giorgia R., 23 Gen 2025Riccardo mi ha letteralmente cambiato la vita e fatto scoprire che amo la finanza, ho ascoltato il podcast già due volte e non mi stufo mai di ascoltarlo, parla in modo semplice e chiaro
Massimo D., 23 Set 2025Ho acquistato e letto il suo libro e l' ho trovato. Esprime i concetti economici in modo semplice e chiaro. Sentirlo parlare conferma che è un professionista del settore.
Giulia N., 11 Ago 2025Podcast piacevole, scorre veloce ma in modo estremamente chiaro, spiega i concetti chiave per gestire le proprie finanze, fornendo la classica cassetta degli attrezzi. Complimenti, davvero ben fatto!
Massimiliano, 29 Mag 2024Non sono solito a mettere recensioni e specialmente non ascolto podcast, ma da quando ho iniziato questo, faccio fatica a staccarmi, e quasi non posso più fare a meno di ascoltare e arricchirmi culturalmente.
Andrea V., 22 Set 2025La mia ignoranza in materia mi ha sempre creato dei dubbi, ma grazie a un amico ho iniziato ad ascoltare il podcast. Per fortuna che ho 24 anni e un po' di tempo e soldi da dedicarmi a imparare le varie nozioni per me stesso. Grazie mille!
Luca G. 10 Ott 2025Da quando l'ho scoperto in 15 gg mi sono ascoltato 150 puntate senza fermarmi, ho annullato gli altri podcast per portarmi alla pari ed ascoltare tutte le precedenti puntate, ben fatto, esattamente il livello di informazione che mi serviva
Gianluca G., 11 Set 2025Veramente interessante, chiaro e conciso. Cambia la vita finanziaria di chiunque.. da ascoltare assolutamente anche per chi di finanza non vuole occuparsi mai
Francesca B., 6 Apr 2024