Investire in Materie Prime – La Guida Completa

Cosa significa investire in materie prime, futures, contango, ETC, rendimenti e asset allocation. Tutto quel che c'è da sapere per valutare le commodities per il proprio portafoglio.

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135. Investire in Materie Prime – La Guida Completa

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Risorse

Punti Chiave

L'investimento in materie prime (ETC) avviene tramite futures; il rendimento è complesso (spot, rolling yield, cash yield).

Gli ETC sono obbligazioni.

Vantaggi: diversificazione, efficace inflation hedge, correlazione negativa col dollaro.

Le previsioni future a lungo termine sono positive.

Trascrizione Episodio

Bentornati a The Bull, il tuo podcast di finanza personale.

Finalmente mi sono deciso.

Sono mesi che me lo stavate chiedendo e, come da mia abitudine, ho continuato a procrastinare quest’episodio perché sono affetto da pigrizia cronica.

Ma poi ad una certa mia moglie mi ha detto: “eh fallo sto episodio sulle materie prime!”

Ubi maior…

Certo che, dalla quantità di episodi che dedico ad azioni, obbligazioni, oro, materie prime e altre asset class, è facile capire la mia asset allocation.

E il fatto che questo sia il primo episodio su 135 dedicato alle commodities, beh la dice lunga.

Però mai dire mai, in effetti scrivere questo episodio mi ha acceso qualche lampadina e non escludo di rivedere alcune mie posizioni in futuro, per tutta una serie di motivi che saranno più chiari nel prossimo episodio.

Sì perché ve lo anticipo, mercoledì prossimo parleremo dei rendimenti attesi per tutte le principali asset class da qui al 2033 o giù di lì, visto che mi sono preso la briga di leggermi i report sui Long term capital assumptions di almeno una ventina di società tra JP Morgan, Blackrock, Vanguard, Amundi, Deutsche Bank e compagnia bella.

E secono me ci sono cose interessanti di cui parlare, soprattutto sugli asset cosiddetti “alternativi” o “real assets”, come nel caso delle materie prime.

Comunque, le previsioni a cazzo tirate sui prossimi 10 anni dalle principali istituzioni finanziarie del mondo le vedremo la prossima volta, così vi svelo il futuro su come andranno i vostri portafogli.

Oggi invece facciamo la guida definitiva sulle materie prime e su quel che c’è sapere prima di investirci.

Prima di addentrarci in questo breve e intenso viaggio nel mondo delle commodities, voglio prima parlarvi di un problema tecnico che ho risolto in questi giorni.

In pratica sono in vacanza in montagna e che fai in montagna d’estate? fai passeggiate, vai ai laghetti, ai rifugi e così via, insomma vai in posti dove la connessione non prende una fava e io smatto che non posso guardare il cellulare ogni tre minuti per vedere cose fanno i mercati, cosa che peraltro professo da 134 episodi di non fare.

Però che volete, sono un po’ come un nostro amico di famiglia che fa l’oncologo da 30 anni e da 30 anni si fuma 2 pacchetti di sigarette al giorno: l’irrazionalità fa proprio parte del nostro modo di essere.

Comunque, qua le tacchette del 4g sono piuttosto timide e quindi cosa fai, quando arrivi al rifugio ti attacchi al wi-fi prima ancora di riempire la borraccia che ti sei scolato lungo il cammino con zaino e figlia sul groppone che oltre al fisico ti ha prosciugato l’anima.

Al che mia moglie mi dice:

B: “ma sei pazzo? Ma ti attacchi al wi-fi del rifugio? Non lo sai che è pericoloso? E se qualcuno qui intorno finge di essere un turista innocente che si sta scofanando il cervo con la polenta, mentre in realtà è un hacker che ti vuole entrare nel cellulare, craccare il nostro home banking e portarsi via i nostri soldi?”

R: “ma secondo te sono così sprovveduto che mi collego al wi-fi pubblico della marmotta alpina così? Siamo in montagna? Le montagne in Italia sono a Nord? Nord e Montagna non ti fa venire in mente niente?

B: “Ah… NordVPN forse? Che con un solo account protegge fino a 10 dispositivi così la nostra connessione è al riparo da qualunque hacker di montagna?”.

R: proprio lei! Tra l’altro la connessione va che è una meraviglia e posso godermi lo spettacolo degli indici che diventano rossi e verdi davanti ai ghiacciai.

B: “E…!!!”

R: “E… Ah sì e nel frattempo do un occhio alla bambina certo, mica che mi gattona giù da un dirupo…”

Cmq se doveste anche voi trovarvi presso rifugi popolati da finti Reinhold Messner cyberarrampicatori dei vostri firewall, o presso magari stazioni, aeroporti, alberghi, o in qualunque altro posto in cui sarebbe bene proteggere la connessione ad internet, cliccate sul link in descrizione per attivare in pochi minuti un account su NordVPN con uno sconto talmente esorbitante che ci potete pagare tutto il pranzo al rifugio per quattro persone genepì compreso e 6 mesi di abbonamento gratis da regalare a chi volete, oppure andate direttamente sul sito www.nordvpn.com/thebull

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Torniamo alla nostra guida definitiva sull’investimento in commodities.

Cominciamo a spiegare un dettaglio tecnico.

Le materie prime sono ciò che facilmente vi viene in mente, quindi metalli industriali, metalli preziosi, petrolio, gas, rame, grano, cacao e via dicendo.

Ma quando si parla di investire in materie prime non è che si investe proprio “nelle” materie prime, bensì in contratti derivati che riflettono il prezzo futuro di una certa materia prima chiamato future.

Ora, seguitemi un attimo perché è importante capire sta cosa altrimenti di tutto il resto non si capisce una mazza.

Il prezzo odierno di una certa materia prima si chiama spot price.

Il future è invece un contratto tra due controparti che definisce il prezzo a cui una certa materia prima verrà scambiata nel futuro e quindi rifletterà lo spot price di quella commodity che il mercato si aspetta nel momento in cui il future arriverà a scadenza.

Per esempio se oggi il petrolio è scambiato, sparo, a 75, significa che il mercato si aspetta che da qui ad un mese il prezzo del petrolio arriverà a 80$ (che poi quello sarà davvero il prezzo del petrolio tra un mese, invece, è tutto un altro discorso e tipicamente i future non sono particolarmente utili per stimare il reale prezzo futuro dei sottostanti).

Questi strumenti, al di fuori dell’ambito strettamente finanziario, li usano ad esempio le società particolarmente energy intensive, come ad esempio le compagnie aeree, oppure quelle alimentari.

Per una compagnia aerea, ad esempio, è importante assicurarsi l’acquisto di carburante ad un certo prezzo prefissato nel futuro, per proteggersi dal rischio che un’impennata del prezzo del petrolio comporti un esorbitante aumento dei costi per viaggiare, oppure Nestlé o Lindt o Ferrero potrebbero voler fare la stessa cosa per bloccare il prezzo del cacao e così via.

Chi investe in materie prime, invece, non è che compra i future per farsi poi mandare a casa barili di petrolio o sacchi di bacche di cacao, ma vuole solo avere un’esposizione ad una certa materia prima o, più tipicamente, ad un basket di materie prime diversificate.

E come si fa questa cosa?

Man mano che un future si avvicina alla scadenza, l’investitore lo vende e ne compra un altro che scade per esempio il mese successivo e così via.

Questa cosa si chiama roll.

Ora, se il mercato si aspetta che la commodity si apprezzi nel futuro, allora il prezzo del future sarà superiore allo spot price attuale — e in questo caso si dice che la curva dei prezzi è in CONTANGO.

Se invece l’aspettativa è che il prezzo scenda, allora il prezzo del future sarà inferiore allo spot price attuale — e qui si parla invece di BACKWARDATION.

In generale in finanza si parla di backwardation quando i rendimenti a lunga scadenza di un certo asset sono inferiori a quelli di breve scadenza.

E’ più o meno la stessa cosa di quel che sta accadendo da due anni con le obbligazioni, con la curva dei rendimenti invertiti, tali per cui i bond a breve scadenza rendono di più di quelli a lunga scadenza.

In generale, se lo spot price alla scadenza risulterà più alto del prezzo del future, allora il possessore del future ci avrà guadagnato. Viceversa, avrà perso soldi. E qui sta la componente di rischio dell’investimento in futures sulle materie prime.

Il rendimento complessivo derivante dall’investimento in commodity dipende quindi da più elementi:

– Un elemento è il movimento dello spot price;

– Il secondo elemento è il cosiddetto rolling yield, che è il rendimento legato al roll di cui dicevamo prima, ossia dal fatto che ogni volta che sta per scadere il future viene venduto e ne viene comprato un altro che scade più avanti. E il questo yield sarà positivo o negativo a secondo del prezzo del future vecchio e di quello nuovo.

Ora non stiamo qua a spiegare nel dettaglio il rapporto tra spot price e rolling yield, comunque basti sapere che quando si investe in materie prime non si investe SOLO nel prezzo di una certa materia prima, ma la questione è un po’ più complessa perché ci sono in ballo sia il prezzo corrente della materia prima, sia l’effetto, positivo o negativo, del rolli dei contratti future.

Infine c’è un terzo elemento che determina il rendimento complessivo, in particolare con gli ETC (che come ricorderete sono quella specie di ETF sulle materie prime).

I futures sono contratti a leva, ossia viene impiegata poca liquidità per avere una certa esposizione ad un determinato sottostante.

Il fondo che emette l’ETC, quindi, usa una piccola parte della liquidità per comprare i futures che gli servono per avere l’esposizione alle commodity che vuole replicare e utilizza il resto della liquidità per investire in strumenti a breve termine e basso rischio, tipicamente titoli di Stato a Breve.

Capite che in un momento in cui i treasury bills a 1 mese rendono il 5% e passa annualizzato, questo rendimento cash, come si chiama, ha un impatto rilevante sul rendimento complessivo dell’ETC.

Uuuhhhfff…

Che pizza sta roba.

Però era fondamentale da dire, altrimenti non si capirebbero due cose.

– La prima cosa è che l’andamento di un investimento in materie prime non riguarda solo l’andamento dei prezzi di quelle materie prime, ma come abbiamo capito è legato anche a come si muove la curva dei prezzi (se è in contango o in backwardation) e dai tassi di interesse.

– La seconda cosa, che è quella più importante, riguarda il tema se l’investimento in materie prime abbia un risk premium sistematico (come nel caso delle azioni) oppure no.

A guardare l’andamento dei prezzi delle principali materie prime non sembrerebbe esserci un premio al rischio sistematico, ma che l’investimento in materie prime sia solo una questione speculativa. Se investi quando vanno su guadagni, se investi quando vanno giù ci perdi. Ma nel lungo termine non sembrerebbe esserci un vero e proprio premio.

In realtà, se non c’è un premio al rischio nell’investimento IN materie prime, sembra ormai dimostrato da numerosi studi che esiste un premio al rischio nell’investimento in futures sulle materie prime.

Questo premio al rischio dell’investimento in futures sulle materie prime deriverebbe principalmente dal premio che i destinatari finali del bene del future, come appunto le compagnie aree, i produttori alimentari, società particolarmente energivore ecc., sono disposti a pagare per proteggersi dal rischio che i prezzi salgano troppo velocemente.

Per farla breve: se noi oggi investiamo in ETC sulle materie prime, in pratica abbiamo un guadagno dal fatto di essere degli assicuratori che percepiscono dei premi da parte di chi compra i futures per difendersi dall’aumento dei prezzi delle materie prime che gli servono per esistere.

Quindi se in generale l’andamento medio del prezzo spot delle materie prime si muove più o meno insieme all’inflazione, il rendimento dei futures ha storicamente sovraperformato l’inflazione generando così un rendimento reale di lungo termine positivo.

Capita tutta sta roba?

E avrete anche capito perché ho aspettato 135 episodi prima di parlarvene.

Spiegare come funziona un ETF azionario è una minchiata.

Spiegare come funziona un ETF obbligazionario già è stata una sfida più complicata come ricorderete e ha richiesto 4 o 5 episodi dedicati.

Spiegare come funziona un ETC è ancora più complicato.

Prima di finire l’episodio spero di ricordarmi di spiegare le differenze tra un ETF e un ETC, che sono tutt’altro che teoriche e hanno un impatto pratico rilevante.

Intanto, fissiamo i punti che abbiamo chiarito sino ad ora.

O almeno spero che le abbiamo chiarite.

Altrimenti scrivetemi così nel caso integro le cose non chiare.

Allora:

– UNO: noi non investiamo in materie prime ma principalmente in futures sulle materie prime;

– DUE: il rendimento dell’investimento in materie prime è dato da: movimento del prezzo, rendimento rolling e rendimento della liquidità non investita nei futures.

Detto questo, quali sono i fattori che in generale fanno salire il prezzo delle materie prime? E una volta che spieghiamo quali sono le cose che fanno salire i prezzi, automaticamente sarà chiaro anche cosa li fa andare giù.

Allora:

– PRIMO FATTORE: l’inflazione, perché in un contesto di relativamente alta inflazione, il prezzo delle materie prime tende ad aumentare;

– Il SECONDO FATTORE è l’incremento nella domanda di materie prime che deriva, per esempio, da un boom nello sviluppo infrastrutturale in determinati mercati o in generale quando c’è un’alta richiesta di determinate materie prime necessarie per sostenere una forte domanda del mercato, come successo subito dopo il Covid.

– Il TERZO FATTORE invece è molto attuale, ossia il focus sulla sostenibilità che determina la crescita nella domanda di specifiche materie prime e allo stesso tempo pone delle sfide alla capacità di soddisfarla.

In linea di principio, comunque, l’incremento di prezzo delle materie prime è in qualche modo correlato alla crescita economica, però, come dirò tra poco, nonostante anche le azioni siano legate alla crescita economica di un mercato, commodity e azioni si comportano in maniera piuttosto indipendente l’una dall’altra.

Ora, detto tutto questo, quanto rende investire in materie prima e quali sono i vantaggi per il portafoglio, se ce ne sono?

Mentre sappiamo benissimo e con una certa precisione quanto hanno reso storicamente i singoli mercati azionari, S&P 500 in primis, e abbiamo dati piuttosto antichi sugli indici globali come l’MSCI World, con le commodities è un po’ diverso perché gli indici sono molto diversi tra loro, hanno una composizione arbitraria e poi come detto un conto è l’andamento dei prezzi di un basket di materie prime, un altro è l’andamento dei futures.

I backtest sulle materie prime possono avere risultati molto diversi tra loro a seconda della metodologia utilizzata e infatti pochi tool hanno dati che vanno molto indietro nel tempo.

Ad ogni modo il più antico indice sulle materie prime è lo Standard and Poor’s Goldman Sachs Commodity Index, mentre oggi l’indice benchmark di riferimento, che esiste se non sbaglio dalla fine degli anni ’80, è il Bloomberg Commodity Index, al quale fanno riferimento la maggior parte degli ETC.

Se guardiamo ai dati del Bloomberg Commodity Index, praticamente è flat da quando esiste. Ha avuto una crescita vertiginosa fino al picco del giugno 2008, quando un mix di fattori legati all’imminente esplosione della grande crisi finanziaria aveva surriscaldato il mercato delle materie prime, e poi da allora è stato fondamentalmente un inesorabile declino fino al picco minimo del marzo 2020, per ovvi motivi legati al Covid.

La guerra in Ucraina e l’inflazione del 2022 hanno fatto salire nuovamente l’indice fino al giugno del 2022 e poi da allora una nuova discesa.

Credo di non sbagliare affermando che chiunque avesse investito in materie prime dopo il 2008, con l’eccezione di chi ha avuto l’intuizione di farlo durante il lockdown del 2020, avrebbe spesso perso soldi sino ad ora.

In realtà ci sono molti studi che hanno ricostruito l’andamento di un paniere di materie prime andando molto più indietro nel tempo, o utilizzando un indice equal weight di commodities, o retrodatando i dati del Bloomberg Commodity index.

I dati dei vari studi variano parecchio tra di loro, ma tutti sembrano mostrare tre cose:

– La prima è che veniamo da una lunga fase discendente che sporca un po’ i risultati, iniziata nel 2008 e probabilmente condizionata dalla forte impennata che c’è stata nei primi anni 2000, innescata dal boom della Cina e di altri paesi emergenti, che durante quella che per noi è stata la lost decade, per loro è stato un decennio d’oro.

– La seconda è che la performance storica di un indice di commodites è positiva. In termini reali, ossia al netto dell’inflazione, parliamo di rendimenti medi tra il 2 e il 4% all’anno.

– La terza è che infine il rendimento dipende dall’indice preso in considerazione. L’S&P Goldman Sachs Commodites Index, ad esempio, dal 2001 al 2021 ha avuto un rendimento negativo di circa il 3% all’anno, mentre un indice come l’Optimized Roll Commodities Index, che sfrutta altri criteri per beneficiare del ritorno del roll dei futures sottostanti, ha reso addirittura il 6,3% all’anno nello stesso periodo.

Il problema, ancor di più di quello che avevamo detto per l’oro un paio di episodi fa, è che questo rendimento è fortemente condizionato da fasi di crescita annua a doppia cifra, come negli anni ’70, e appunto lunghe fasi di tracollo come dal 2008 al 2020.

Ora qua nessuno prevede il futuro naturalmente.

Però in effetti dopo questa lunga fase di declino, la maggiore inflazione tornata dopo il 15ennio di tassi a zero, la reindustrializzazione dell’occidente, la deglobabilizzazione e il focus sulle risorse sostenibili sono tutti fattori che potrebbero far pensare ad una nuova fase secolare di crescita dei prezzi delle materie prime.

Come spiegheremo nel prossimo episodio, non è un caso che molte istituzioni finanziarie stimino un long-term return del Bloomberg Commodites Index dei prossimi 10 anni nettamente positivo e in molti casi superiori all’azionario americano.

Vanguard ad esempio stima per i prossimi 10 anni 4,2% per l’azionario americano e addirittura 7% per le materie prime.

JP Morgan è più bullish sulle azioni americane e vede un 7% sull’azionario e comunque un quasi 4% sulle materie prime.

Invesco, stima a sua volta 7% per l’azionario americano e invece più del 5% sulle commodities.

Abbiamo detto fino alla nausea che le previsioni valgono come il due di picche a briscola.

Però bisogna anche dire che, mentre le previsioni a breve termine valgono tanto quanto il mio parere su come effettuare un trapianto di cuore, quelle a lungo termine tendono ad essere leggermente meno campate per aria e se non altro a delineare un trend.

E in questo caso, non ho trovato una sola istituzione finanziaria che abbia una visione negativa sull’andamento delle materie prime dei prossimi anni.

Quindi, ammesso e non concesso che nel nostro prossimo trentennio da investitori le materie prime generino una crescita di valore positiva al netto dell’inflazione, quali sono in generale i vantaggi del mettermi un indice come il Bloomberg Commodity nel portafoglio?

Secondo un report di Wisdomtree da cui ho attinto a piene mani per questo episodio e che vi linko negli shownote, sono 4:

Il PRIMO VANTAGGIO sarebbe che, appunto sempre ammesso e non concesso che ci sia un risk premium positivo, investire in materie prime contribuisce alla performance di lungo termine del portafoglio.

Il SECONDO VANTAGGIO è che forniscono un’effettiva diversificazione rispetto alle azioni. Le materie prime tendono infatti a tenere nelle fasi iniziali di una recessione, mentre soffrono di più nelle fasi finali, quando invece bond prima e azioni dopo riprendono a salire. Nelle fasi di espansione, invece, performano meglio nella seconda parte. Questo è piuttosto logico: nelle fasi iniziali di un’espansione economica sono le azioni a dominare, mentre nelle fasi finali, con l’inflazione che comincia a salire e la prospettiva di aumenti dei tassi di interesse e future recessioni, lì gli investitori valorizzano più le commodities.

Le commodites hanno quindi una ciclicità come le azioni, solo che questa ciclicità è sfasata e si alterna alle fasi in cui le azioni vanno male.

Detto in altri termini, le materie prime offrono una significativa forma di diversificazione della componente di rischio sistematico del portafoglio.

Il TERZO VANTAGGIO è che ovviamente sono un inflation hedge, una protezione dall’inflazione, perché sono l’unica tra le grandi asset class con una correlazione positiva all’inflazione nel lungo termine.

Cioè quando l’inflazione sale, come sappiamo, azioni e obbligazioni vanno giù, mentre le materie prime tendono ad apprezzarsi.

Ed è un po’ un circolo virtuoso (o vizioso, a seconda se ce le abbiamo in portafoglio oppure no) perché l’inflazione è spesso innescata da shock sulle materie prime, che a sua volta sostiene la crescita di prezzo delle materie prime.

Quindi questo beta, cioè questa correlazione positiva, si ha sia quando c’è un’inflazione attesa, strutturale, tipica delle fasi finali di un’espansione economica, sia durante quella diciamo inattesa, determinata da improvvise impennate soprattutto di materie prime energetiche.

Il QUARTO VANTAGGIO è più un vantaggio per gli Americani che per noi, ma anche per noi in certi casi può aver senso, ed è il fatto che le materie prime hanno una correlazione negativa con il dollaro.

Cioè quando il dollaro si indebolisce, è vero che le materie prime sono prezzate in dollari, ma ciò le rende più attrattive per tutto il resto del mondo, perché favorisce la domanda e quindi salgono i prezzi. Molti produttori non americani, poi, approfittano del dollaro debole per acquistare stock di materie prime a costi più bassi per poi rivenderli a prezzi più alti nelle proprie valute locali.

Questa correlazione negativa è quindi praticamente una cosa meccanica, tanto che dal 1963 al 2021, la correlazione tra il Bloomberg Commodity e lo US dollar Index è stata -28%.

Tradotto: quando uno va da una parte, l’altro va dall’altra.

Questa cosa non è necessariamente un bene per un Europeo, perché parte di questo effetto per lui sarebbe eroso dall’indebolimento del dollaro rispetto all’Euro.

Sempre secondo Wisdomtree, nella maggior parte dei casi un investimento con copertura valutaria conserva la correlazione negativa al dollaro (al prezzo di circa un 1% di rendimento per via dei costi di copertura), mentre un investimento unhedged, con cambio aperto, diventerebbe positivamente correlato al dollaro.

Veniamo quindi alle due domande pratiche dell’episodio, ossia quante materie prime avrebbe senso mettere in portafoglio e come si fa ad investirci.

Risposta alla prima domanda.

Eh… chi lo sa…

Diciamo che da una parte le materie prime sono un’asset class un po’ bistrattata, pure da me, per due motivi.

– Il primo motivo è che negli ultimi 20 anni hanno fatto mediamente cagare, quindi pochi scommettono sulle materie prime nei propri portafogli, almeno di recente.

– Il secondo motivo è che la teoria dominante nella costruzione del portafoglio è quella del Portafoglio Efficiente di Harry Markowitz che citiamo spesso. Questa si basa sull’idea della Mean Variance Optimisation, ossia dell’ottimizzazione della varianza media, che in pratica significa prendere, per ogni asset class, il rendimento storico, la volatilità storica e la loro correlazione. Mescola tutto assieme e vengono fuori portafogli bilanciati come il 60/40. Le commodites invece in questo modello fanno fatica ad entrare perché hanno una volatilità paragonabile all’azionario ma un rendimento che è poco più o poco meno di quello dei bond.
Altri modelli, che invece della Mean Variance Optimisation usano ad esempio l’approccio Risk Parity, ragionano in modo diverso.
Adesso faccio incazzare Nick Protasoni dicendo questa cosa, però il portafoglio All Weather di Ray Dalio, che in qualche modo è una forma di portafoglio Risk Parity, incorpora a buon diritto anche le materie prime nella sua. asset allocation.

Comunque ho letto diversi paper recenti che vedono un’allocazione ottimale tra il 5 e il 20% del portafoglio.

E voi dite “eh grazie a sta cippa!”, tra 5 e 20% passa un mondo!

Eh lo so che vi devo dire, non sono mica l’oracolo di Delfi che ho tutte le risposte.

Sempre nel paper di Wisodomtree, comunque, è stata fatta una simulazione secondo la quale la collocazione ideale in un portafoglio 60/40 per ottimizzare lo sharpe ratio, quindi il rapporto tra rischio e rendimento, sarebbe: 48% MSCI All Country World, 33% obbligazioni aggregate (e nello studio è stato usato il Bloomberg US aggregate bonds) e 19% Bloomberg Commodities. Per un europeo questa cosa funzionerebbe meglio usando uno strumento con cambio coperto.

Un altro paper, dal titolo “Commodities for the long run”, scritto da David Blanchett di PGIM, nota società di wealth management e pubblicato sul sito del CFA institute, arriva a conclusioni simili.

In pratica anche lui dice: se parliamo di mean variance optimisation dura e pura, non c’è spazio per le commodities.

Però il modello della modern portfolio theory considera i rendimenti nominali delle varie asset class, non quelli reali, ossia al netto dell’inflazione.

Come abbiamo visto, le commodities sono particolarmente efficaci proprio durante le fasi inflattive.

Inoltre vengono sempre usati dati storici, non i rendimenti attesi.

Il rendimento storico delle azioni americane, ad esempio, è come noto del 10% all’anno.

Quello atteso per i prossimi 10 anni, invece, difficilmente sarà così alto e per l’azionario globale viene stimato circa un 7% all’anno.

Se quindi ci basiamo sui rendimenti attesi e parliamo di rendimenti reali, sembrerebbe che l’allocazione ideale di materie prime in un portafoglio con il 45% di azioni sia intorno al 20%, lasciando quindi il restante 35% a obbligazioni e cash, a condizione che l’orizzonte di investimento sia almeno di 10 anni.

Difficile dire quale sia la cosa migliore da fare.

Anche qui, come detto in altre circostanze, dipende da qual è l’obiettivo del portafoglio.

Se l’obiettivo è massimizzare il rendimento assoluto a lungo termine, probabilmente come la giri la giri, le azioni restano sempre l’asset class con il rendimento atteso maggiore, perlomeno se consideriamo quelle quotate.

Se l’obiettivo è invece ottimizzare il rapporto tra rischio e rendimento e ridurre la volatilità, soprattutto a cavallo tra il secondo e il terzo quadrante dei cicli economici, quindi tra tarda espansione e inizio recessione, allora ci sta mettere materie prime, a maggior ragione se credete al fatto che nei prossimi anni le commodities avranno un’altra storia da raccontare rispetto a quel che è stato nei primi infelici 24 anni del terzo millennio.

Quando parliamo di commodities, ovviamente dentro c’è anche l’oro, benché forse pesi un 10% dell’indice Bloomberg nel momento in cui sto parlando.

L’oro però di solito viene considerato come un’asset class a parte, spesso visto più come valuta che non come materia prima.

Sempre per fare riferimento al grande Ray Dalio, non è un caso che lui assegni un 7,5% all’oro e un 7,5% al resto delle materie prime nel suo famoso portafoglio, perché in effetti hanno comportamenti differenti.
Sul comportamento dell’oro, comunque, vi rimando all’episodio 133.

C’è anche un altro fatto tecnico.

Mentre la maggior parte delle materie prime sono investibili tramite futures, con tutto l’ambaradan che abbiamo detto sul rolling, il contango eccetera, con l’oro di solito l’investimento è direttamente nel bene fisico.

La società che emette l’ETC, per esempio, come Invesco, Ishares, Wisdomtree o chi per esse, compra l’oro che garantisce il valore dell’ETC. Nel caso delle altre materie prime invece, il fondo compra futures.

E ciò ci porta all’altra domanda e poi chiudiamo quest’episodio denso di concetto che sicuramente vi avrà rovinato l’ultimo giorno di ferie.

Come si investe in materie prime?

La risposta semplice è: tramite Exchange Traded Commodities, per gli amici ETC appunto. (o tramite ETF che replicano un indice di futures sulle materie prime, oppure tramite un ETC, in particolare quando si tratta di replicare la singola materia prima)

Gli ETC sono cugini degli ETF e in termini di operatività cambia poco.

Hanno il loro TER, il loro volume, sono quotati in borsa, replicano dei sottostanti, tutto uguale agli ETF.

La grossa differenza è che l’ETF è un fondo comune di investimento, quotato, e in quanto tale chi vi investe è proprietario delle quote dei sottostanti. Se fallisce Vanguard o Ishares, sarà dal punto di vista amministrativo un casino, per non parlare delle ripercussioni sui mercati, però in teoria le azioni delle società in cui stavo investendo tramite loro e che si trovano depositate presso una banca terza restano mie.

Gli ETC invece ti permettono di investire in materie prime tramite l’emissione di un’obbligazione, il cui valore è garantito o dal possesso fisico della materia prima (come nel caso dell’oro) oppure dai futures sulle altre materie prime.

Quindi ricordatevi che quando investite in un ETF in pratica state comprando un’azione, mentre quando investite in un ETC o in un ETN state comprando un’obbligazione.

Il valore del vostro investimento, poi, dipende anche dal rischio di credito dell’emittente.

Se fallisce Invesco tramite cui avete comprato il Bloomberg Commodities Index, il vostro ETC potrebbe non valere più una cippa. (Se fallisce Wisdomtree con cui avete comprato un ETC sul Rame, l’ETC potrebbe non valere più una cippa).

Certo, eventualità più che remota, ma da ricordare.

Il vantaggio, però, è che non essendo fondi comuni di investimento gli ETC permettono di compensare le minusvalenze.

Se avete quindi venduto fondi o azioni in perdita, questa minus può essere compensata come detrazione fiscale sulla vendita di un ETC in profitto, su cui come sempre c’è il 26% di tasse da pagare.

Tra l’altro anche i costi di transazione per la compravendita di titoli con il vostro broker sono considerate minusvalenze e possono essere compensate.

Parlando di singoli strumenti, non voglio ovviamente raccomandare alcun prodotto di investimento, tanto le regole per scegliere un ETC sono le stesse che per gli ETF.

Giusto però per citare qualche esempio, a scopo puramente descrittivo, l’Invesco Bloomberg Commodity è il più grande ETC Ucits sulle materie prime, oltre 2 miliardi di asset under management, e 0,33% di TER. Su JustETF è riportato 0,19%, ma se guardare il KID il costo reale è 0,33% perché oltre ai costi di gestione c’è uno 0,14% di costi di transazione, dovuti al roll dei futures.

Un altro esempio è l’Ishares Bloomberg Roll Select Commodity Swap, 1 miliardo e cento di capitalizzazione e 0,28% di TER.

Non è esattamente la stessa cosa del precedente, perché replica una versione dell’indice creata da Bloomberg che cerca di ridurre gli effetti negativi del Contango, cioè il fatto che quando un futures ha un prezzo superiore allo spot price attuale il roll return è negativo, visto che ogni volta che il future va a scadenza e va rinnovato, quello successivo avrà un prezzo più alto determinando una perdita (che tuttavia può essere mitigata o addirittura compensata a seconda del movimento dello spot price).

Ad ogni modo, quest’indice è composto in maniera diversa e con una diversa metodologia, basato sull’acquisto di future con il minimo contango possibile, ed effettivamente il ritorno degli ultimi 10 anni è stato superiore a quello dell’indice classico.

Come sempre questo non significa che sarà sempre superiore, però può essere una scelta interessante da considerare.

Un terzo ETF che replica ancora un altro indice è il Wisdomtree Enhanced Commodity, che replica l’indice Optimized Roll Commodity di cui parlavamo prima, che storicamente ha fatto meglio del Bloomberg classico.

Qui parliamo però di un ETF piccolino da 150 milioni, con 0,35% di TER.

Non state a diventare matti a vedere su JustETF come sono andati questi fondi, tanto avranno fatto tutti piuttosto male nell’ultimo decennio, ammesso che esistano da così tanto dato che molti sono stati creati solo negli ultimi anni.

Abbiamo detto tutto no?

Insomma, adesso siete abili e arruolabili per cominciare ad incasinare il vostro portafoglio anche con le materie prime.

Oggi abbiamo visto tutta la teoria e una serie di implicazioni di asset allocation, mentre mercoledì prossimo parleremo dei rendimenti attesi dei prossimi 10 anni e tutto ciò secondo me darà qualche punto di vista interessante per decidere se sta cosa delle materie prime ha senso o no.

Se ci basiamo sui dati storici dell’ultimo ventennio, direi di no.

Se parliamo di rendimenti attesi, invece, beh… vedremo…

Grazie come sempre per avermi ascoltato e se siete arrivati vivi fino a questo punto avete tutta la mia incommensurabile stima.

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Oppure link in descrizione, già che andate lì a vedere i link dei paper citati, lo trovate bello pronto.

Come sempre, vi invito a mettere segui e attivare le notifiche su spotify, apple podcast o dove ci ascoltate e a lasciare una recensione a 5 stelle per supportarci e permetterci di continuare a produrre contenuti che vi fanno realizzare che pensavate di avere già abbastanza problemi per i fatti vostri e moh c’avete pure da pensare al contango sempre nuovi.

Per questo episodio invece è davvero tutto e noi ci risentiamo mercoledì prossimo con un nuovo appuntamento dedicato a tirare a indovinare come andranno tutte le asset class nei prossimi 10 anni, sempre qui, naturalmente, con The Bull il tuo podcast di finanza personale.

Recensioni

Quando capisci come funziona la finanza… ti viene voglia di raccontarla!

Da quando l'ho scoperto in 15 gg mi sono ascoltato 150 puntate senza fermarmi, ho annullato gli altri podcast per portarmi alla pari ed ascoltare tutte le precedenti puntate, ben fatto, esattamente il livello di informazione che mi serviva

Gianluca G., 11 Set 2025

Ho acquistato e letto il suo libro e l' ho trovato. Esprime i concetti economici in modo semplice e chiaro. Sentirlo parlare conferma che è un professionista del settore.

Giulia N., 11 Ago 2025

La mia ignoranza in materia mi ha sempre creato dei dubbi, ma grazie a un amico ho iniziato ad ascoltare il podcast. Per fortuna che ho 24 anni e un po' di tempo e soldi da dedicarmi a imparare le varie nozioni per me stesso. Grazie mille!

Luca G. 10 Ott 2025

Riccardo mi ha letteralmente cambiato la vita e fatto scoprire che amo la finanza, ho ascoltato il podcast già due volte e non mi stufo mai di ascoltarlo, parla in modo semplice e chiaro

Massimo D., 23 Set 2025

Dovrebbero ascoltarlo buona parte degli italiani e io avrei dovuto scoprirlo con qualche anno in anticipo ma meglio tardi che mai

Matteo C., 3 Set 2025

Podcast piacevole, scorre veloce ma in modo estremamente chiaro, spiega i concetti chiave per gestire le proprie finanze, fornendo la classica cassetta degli attrezzi. Complimenti, davvero ben fatto!

Massimiliano, 29 Mag 2024

Veramente veramente raccomandato! la finanza personale riassunta alla perfezione! e spiegata partendo dall'ABC! Ottimo anche da ascoltare a velocita 1,5x!

Giorgia R., 23 Gen 2025

Non sono solito a mettere recensioni e specialmente non ascolto podcast, ma da quando ho iniziato questo, faccio fatica a staccarmi, e quasi non posso più fare a meno di ascoltare e arricchirmi culturalmente.

Andrea V., 22 Set 2025

Podcast che dà sempre spunti interessanti che personalmente mi ha fatto appassionare alla finanza personale spingendomi ad approfondire in prima persona.

Lorenzo, 13 Mar 2025
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