Le Azioni sono l’Investimento più sicuro … nel lungo Termine!

Le azioni sono da sempre considerate un'asset class rischiosa per via della loro volatilità. Ma sia così sicuri che investire in azioni sia rischio? O forse nel lungo termine hanno sempre dimostrato la loro affidabilità? Ne parliamo in quest'episodio dedicato agli impressionanti risultati a lungo termine del mercato azionario degli ultimi 100 anni.

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76. Le Azioni sono l’Investimento più sicuro … nel lungo Termine!

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Risorse

Punti Chiave

Analisi critica di una strategia d'investimento 'prudente' (8% annuo), svelando la mancanza di diversificazione.

Importanza cruciale dell'orizzonte temporale e dell'asset allocation (azioni per il lungo, obbligazioni per la stabilità).

Trascrizione Episodio

Bentornati a THE BULL – Il tuo podcast di finanza personale

Care amiche e cari amici di questo podcast, titolo un po’ clickbait oggi giusto per attirare l’interesse di chi bazzica su Spotify alla ricerca di formule magiche per diventare ricco investendo, salvo poi lasciar deluso chi partirà da qui ad ascoltare The Bull perché invece, come chi mi segue da 75 episodi sa benissimo, formule per diventare ricchi velocemente, ahimé, non esistono, altrimenti le userei io, farei un pozzo di soldi e ci siamo visti tutti!

Sì lo so, alla fine dello scorso episodio avevo detto che oggi avrei fatto il primo recap dell’anno su come sono andati i mercati a Gennaio.

Poi però ho cambiato idea per due motivi.

UNO: mi sono ricordato che quest’episodio sarebbe uscito il 31 gennaio e dunque nei giorni precedenti alla sua scrittura sarebbero potute accadere ancora una serie di cose che mi avrebbero costretto a rifare l’episodio da capo il giorno stesso della sua pubblicazione.

Eh sì perché in pochi giorni questa settimana (ossia l’ultima settimana di Gennaio 2024, lo preciso per coloro che ascolteranno questo podcast nell’Ottobre del 2036) usciranno un sacco di dati importanti che, come sempre, potrebbero ribaltare come un calzino le sorti dei mercati.

Tranquilli, il recap lo facciamo il prossimo episodio, anzi se nel frattempo avete qualche dubbio in particolare, fatemelo sapere su instagram a thebull_finance così poi nella parte di Q&A ne parliamo.

Però capite che sta settimana abbiamo:

– Lunedì: il tesoro americano comunica il prossimo programma di emissione di titoli di stato (e sapete bene che, di questi tempi di tassi di interesse alti e tutta l’attenzione degli investitori sulle mosse della Federal Reserve, le decisioni del tesoro Americano sono fondamentali perché fanno muovere in una direzione o nell’altra i rendimenti obbligazionari di tutto il mondo e poi ciascuno tira un’interpretazione a caso delle conseguenze);

– Mercoledì invece sarà nuovamente “FED DAY!”, ossia ci sarà la riunione mensile del comitato che decide la politica monetaria degli Stati Uniti, il FOMC, e lì tutti pronti alle 14:30 ora Italiana a leggere il comunicato della Fed e soprattutto attenti nel tardo pomeriggio ad ascoltare le parole del capo della Fed Jerome Powell che cercherà di commentare la decisione in politichese con l’obiettivo di tenere tutti più calmi possibili ma, come sempre, i mercati leggeranno in ogni virgola del suo discorso tutto e il contrario di tutto.

Al 99,9% la Fed lascerà invariati i tassi a questo giro.
La questione vera per i mercati è capire se a Marzo il FOMC comincerà a tagliare sti benedetti tassi (ad oggi i futures danno circa un 50% di probabilità che ciò avvenga) oppure se i tassi continueranno a rimanere higher for longer.

L’economia americana sta spaccando di brutto, tanto che stanno cominciando a girare meme che alludono al fatto che sembra di essere tornati ai gloriosi anni ’90, quindi se l’economia tira e il mercato del lavoro continua a tenere, la Fed non taglia un bel niente.

Scommetto quello che volete che a Marzo la Fed non taglierà i tassi e che cmq alla fine dell’anno saranno più alti di quel che il mercato ha già scontato nei suoi prezzi.
Ma staremo a vedere.

– Venerdì poi avremo i dati sui posti d lavoro creati a Gennaio negli Stati Uniti e anche qui può succedere di tutto.
Troppi nuovi posti di lavoro: bene! L’economia cresce! Anzi no male! Risale l’inflazione.
Troppo pochi nuovi posti di lavoro: bene! La Fed taglierà i tassi! Anzi male, andiamo in recessione.

Alla fine non sai mai cosa sperare che accada…

– In tutto ciò in settimana abbiamo anche due o tre insignificanti aziendine che pubblicano i dati sugli utili del 4° trimestre del 2023, società di nessuna importanza tipo Amazon, Apple, Meta e Microsoft.

Robetta.
Queste 4 società hanno un market cap complessivo di 8,5 triliardi di dollari e da sole fanno quasi l’8% di tutto il valore di mercato dell’azionario globale.

Insomma forse aspetterei un attimo prima di fare il recap di Gennaio, sai mai che arriva qualche dato strano e scoppia un macello.

L’altro motivo invece che mi ha spinto a cambiare idea sull’episodio riguarda il fatto che Domenica sera stavo scorrendo il sito del Corriere della Sera — tra l’altro l’unico motivo per cui sono ancora abbonato è il fatto che per disdire devo telefonare in orario lavorativo, roba che non si fa più da almeno 15 anni, ma in effetti è un forte deterrente e mi dimentico sempre di farlo — cmq dicevo leggevo il corriere e dopo aver dribblato i primi 64 articoli tutti dedicati alla straordinaria impresa di Sinner agli Australian Open — grande Jannick, ti stimiamo tutti un sacco, solo post e storie su di te su Instagram anche se il 95% degli Italiani non ha mai visto un intero match di tennis in TV, ma si sa che noi Italiani siamo patriottici a chiamata in queste occasioni — e ad un certo punto c’è prima sto articolo sull’imminente uscita, a fine febbraio, della nuova tranche del BTP valore powered by Giorgia e poi un articoletto dal titolo

Attenzione bene

Azioni o bond? Una strategia prudente che può rendere fino all’8% all’anno.

WHAAAAATT?

Subito mi sono destato dal mio torpore serale e mi sono fiondato a leggere questa roba, che se non fosse sul corriere mi sembrava l’articolo più SCAM che potresti trovare tra la peggio robaccia su Instagram o Tik Tok.

No scusa… in che senso?

Una strategia prudente che ti dà l’8%?

Ammazza e se era una strategia rischiosa quando rendeva? Il 48% all’anno!

Fammela leggere subito perché se mi sono perso una strategia prudente che rende l’8%, io pirla che sono 7 mesi che vi parlo dei rischi e della volatilità dell’investimento azionario.

Vado a leggere l’articolo e già partiamo malissimo: una bella tabella con fondi comuni d’investimento bilanciati e i loro rendimenti annualizzati degli ultimi 3 anni.

(Sospiro)

Cosa dovrei dire alla giornalista?

– Che il rendimento a tre anni di una manciata di fondi comuni che hanno fatto discretamente bene non significa un cazzo di niente?

– Che questi fondi nella migliore delle ipotesi costano l’1-2% all’anno di commissioni?

– Che dire “ecco come realizzare un’idea semplice con gli ETF, mentre per chi preferisce cercare tra fondi comuni già impostati con una ricetta simile può trovare una selezione dei migliori fondi bilanciati prudenti” è una stronzata galattica.

Poi uno si chiede perché persino nello Zimbabwe (era un po’ che non lo citavo) ne capiscono più dell’italiano medio in fatto di finanza.

Certo, se il più importante e illustre quotidiano della Storia di questo paese scrive ste cose, eh beh ragazzi non c’è speranza.

Non so se dell’ultima frase mi faccia più incazzare il fatto di dire “mah, se vuoi ci sono gli ETF, altrimenti ci sono i fondi comuni”, come dire “se ti va c’è il branzino con le patate altrimenti abbiamo una tagliata al rosmarino”, come se una cosa vale l’altra, in base ai tuoi gusti, oppure la pretesa di aver selezionato i MIGLIORI fondi bilanciati.

No in realtà lo so, mi fa incazzare più questa seconda cosa, perché mette in luce una totale fallacia logica e incomprensione dei più elementari principi statistici.

Ma che vuol dire i MIGLIORI fondi bilanciati?

Ma migliori de che?

Migliori perché sono quelli che negli ultimi 3 anni hanno fatto un po’ meglio degli altri?

E quindi?

La probabilità che questi nel 2024 facciamo bene perché nei tre anni passati hanno fatto discretamente bene è completamente casuale.

Le performance passate — a tre anni poi — sono assolutamente irrilevanti rispetto alle performance future.

Quindi dire che quei fondi sono i migliori perché sono 3 anni che fanno benino è come dire che siccome sono 3 giorni che c’è il sole è più probabile che nei prossimi 3 ci sarà ancora il sole.

Mah…

Veniamo ora però a questa semplice idea fatta con i “CLONI”, come la giornalista chiama gli ETF, e vediamo un po’ cosa ha partorito per dare ai suoi fortunati lettori un rendimento dell’8% all’anno con un portafoglio prudente.

Non avevo ancora iniziato ad inoltrarmi nell’articolo che già sentivo odore di matematica creativa.

Allora, il portafoglio prudente che può dare l’8% all’anno sarebbe fatto così, rullo di tamburi:

– 70% di iBond (ossia gli ETF obbligazionari a scadenza di iShares) con scadenza 2028, che avrebbero un rendimento medio a scadenza del 3,6% (non è vero, attualmente è 3,2%) mentre il

– 30%, cito, va impiegato in un ETF azionario Europa con una limitata esposizione al rischio cambio.

Madonna santa, non so da che parte cominciare.

Intanto:

1) UNO: Ma non era illegale dare raccomandazioni di investimento? Cioè un conto sono io che faccio mille esempi in un podcast di finanza personale. Un conto è scrivere SUL CORRIERE DELLA SERA fai 70% etf obbligazionari a scadenza e 30% ETF azionario europeo. Se non è raccomandazione di investimento questa… boh…

2) DUE: Diversificazione? No? Cioè 70% dentro un solo prodotto che tra l’altro è quotato in Italia da pochi mesi? Per essere un portafoglio prudente, fare all in un unico prodotto, peraltro piuttosto recente, concettualmente non mi sembra la scelta migliore.

3) TRE: Perché 30% in un ETF azionario Europa? Anche qui: viviamo in Europa, guadagniamo in Euro, il valore della nostra casa è in Euro, le nostre sorti sono nelle mani di una governance europea incapace di prendere decisioni coraggiose sul nostro destino a lungo termine (per colpa soprattutto dei singoli governi nazionali che non hanno ancora capito che da soli non contiamo un cazzo e che se non creiamo un’Europa forte e unita presto saremo cancellati dal mondo che conta) e mi punti tutto sull’Europa?
Ma perché?
Ma perché?
Ma la parola diversificazione ti dice qualcosa?

Mi immagino la risposta: “eh ma per cautelarci dal rischio valutario”.

Ma amica mia, l’indice MSCI Europe è composto da: 21% Regno Unito, 16% Svizzera, 4% Svezia e la società più grande dell’indice è Novo Nordisk, oltre il 3%, che è danese.

Abbiamo quasi il 45% dell’azionario Europeo che NON è quotato in Euro.
Mi stai quindi dicendo che è meglio avere un’esposizione a Sterlina (con quelli lì che sono impazziti dalla brexit in poi), Franco svizzero, Corona Svedese e Corona Danese rispetto al Dollaro?

Se lo dici tu…

4) QUATTRO: io non sono Ray Dalio, ma così a naso, senza fare i conti, ti dico già che questo portafoglio per fare l’8% all’anno per 3-5 anni ehhh si devono allineare tutti i pianeti della Via Lattea.

Allora vado a vedere il resto dell’articolo e vediamo come viene motivato questo astronomico rendimento.

In pratica la giornalista fa tre scenari:

– Scenario BASE: rendimento medio annuo, dal 2024 al 2027 del 4,9%, prendendo come riferimento il rendimento azionario Europa dal 2014 al 2017, forse pensando che ci sia una qualche connessione astrale tra i vari rendimenti azionari ogni 10 anni.

– Scenario NEGATIVO: rendimento medio annuo dell’1,2%, prendendo i dati dal giugno 2007 al giugno 2011, quindi con la Grande Crisi in mezzo (voi chiederete perché da Giugno 2007 a giugno 2011? Ah… saperlo…). Infine

– Scenario POSITIVO: rendimento medio annuo del portafoglio dell’8,1% a condizione che l’azionario Europeo faccia il 16,4% all’anno.

Ecco da dove arriva questo 8%!
Praticamente questo portafoglio superprudente è in grado di fare una performance di tutto rispetto, basta solo che l’azionario Europeo, che dall’87 a oggi ha un ritorno medio di circa l’8,11%, faccia per quattro anni di fila il doppio del suo ritorno medio storico.

E che ci vuole.

L’anno scorso in effetti l’azionario Europeo ha avuto una performance di questo tipo.

Ma sappiamo tutti che replicare per altri 4 anni di fila una roba del genere non è che sia proprio un’eventualità così probabile, sempre che la regressione verso la media non abbia smesso di essere una legge universale della statistica.

Comunque, l’argomentazione della giornalista è che l’Europa potrebbe benissimo fare il 16,4% all’anno perché in effetti ha avuto questo rendimento dal 30 novembre del 2003 al 30 novembre del 2007.
Anche qui, dati presi del tutto a caso.

Anzi non a caso.

Presi un po’ in maniera furba.

OK che dal 2003 al 2007 l’Europa ha fatto 16% all’anno.
Ma ricordiamo anche che nei 2 anni e mezzo precedenti aveva bruciato oltre il 50% del suo valore nell’ambito della crisi della internet bubble.

Quindi rendimenti eccezionali ok.

Ma venivamo anche da un tracollo con pochi precedenti.

Non mi risulta che oggi siamo nel baratro alla fine di un tracollo azionario, anzi, in Europa siamo ai massimi storici.
Benissimo se farà 16% all’anno, ma è più wishful thinking che una previsione fondata.

Va beh, sono andato un po’ lungo su sta roba.

Non meritava tutta sta attenzione, è solo che quando su un quotidiano così importante ho letto una cosa del genere mi sono preso male e non ce l’ho fatta a lasciarla lì.

Cosa non va, a mio modesto modo di vedere, un ragionamento come quello proposto dal Corriere?

Diciamo che intanto c’è un mismatch tra l’orizzonte temporale e l’impostazione del portafoglio.

Se questi scenari prendono in considerazione un orizzonte temporale di 4 anni, allora siamo nel breve-medio termine (più breve che medio per la verità).

Quindi suppongo che l’investitore interessato a questi portafogli voglia essere certo di avere i propri soldi, rivalutati, all’inizio del 2028.

Ma allora anche mettere solo il 30% di azioni (peraltro concentrate tutte in Europa) non è affatto una garanzia se appunto l’orizzonte sono 4 anni.

Per quattro anni uno si prende le sue belle obbligazioni governative (o magari un mix di governative e sto ETF a scadenza di Ishares), si porta a casa tra il 3 e il 4% all’anno ed è felice.

Non rischi il 30% del patrimonio per avere, nello scenario base, 1 punto — 1 punto e mezzo percentuale di rendimento all’anno in più.

Poi naturalmente uno fa quello che vuole con i propri soldi, però sinceramente non capisco il senso di avere una componente azionaria del portafoglio del 30% per un investimento a breve termine.

L’avrei capito fino al 2021, con i tassi a zero e lì non è che c’erano molte alternative.

Oggi, con le obbligazioni investment grade al 3-4 decisamente no sense.

L’altra cosa che non va in un portafoglio così composto è la mancanza di una diversificazione sensata, con una forte concentrazione sul mercato azionario Europeo, cosa che, a parità di rendimento, peggiora il cosiddetto “risk-adjusted return”.

Vi ricordate?

Ne avevamo parlato nell’episodio sul miglior portafoglio che non è il miglior portafoglio.

Se prendiamo i principi della Teoria Moderna del Portafoglio di Harry Markowitz, esiste sempre, teoricamente, un’asset allocation in grado di abbassare il profilo di rischio, a parità di rendimento atteso, oppure di aumentare il rendimento, a parità di rischio.

Cioè, la dico male.

Se prendiamo due portafogli che fanno mediamente il 5% all’anno, chiaramente io vorrò avere quello che mi dà questo rendimento con il minor rischio possibile.

In finanza si dice che esistono due tipologie di rischio:

– Il RISCHIO REMUNERATO = ossia quel rischio che io mi assumo a fronte della possibilità di ottenere maggiori rendimenti; e il

– RISCHIO NON REMUNERATO = che è il rischio che deriva in pratica dalla concentrazione dell’investimento.

Io quindi sono disposto a prendermi dei rischi — ad esempio: investendo in azioni invece che in obbligazioni — a fronte della ricompensa di un rendimento maggiore.

Se sono sano di mente invece non voglio assumermi un rischio che il mercato non remunera, come ad esempio il fatto di voler investire solo nel mercato Europeo e non sull’azionario internazionale o globale.

Per quel che vale, dato che sempre di finanza parliamo e non di una vera scienza, a parità di rendimento atteso tra due portafogli quello migliore è quello che ha l’indice di Sharpe più alto.

Ora sta cosa è un po’ tecnica, ma poi nella sostanza è il solito modo complicato e matematicamente iperattivo che la finanza usa per parlare di cose di buon senso.

Seguitemi un attimo.

– Qual è l’investimento considerato più sicuro sulla Terra? Quello in obbligazioni governative (non quelle Italiane eh? Quelle di Stati seri). Di solito si usano i Treasury Americani a breve termine, che è l’equivalente americano dei nostri BOT.

– Ok questi BOT Americani hanno un certo rendimento che viene chiamato “Risk-free rate” ossia interesse senza rischio.

– Bene, se io voglio investire in altro, tipo in azioni, voglio che abbia un rendimento superiore al “risk-free rate”, altrimenti sarei folle a voler investire in una cosa più rischiosa per ottenere lo stesso di una cosa meno rischiosa.

– Infine, se vi ricordate, in finanza il rischio viene espresso come radice quadrata della varianza di un asset rispetto al suo rendimento medio, detta deviazione standard, ossia — la dico in gergo tecnico — quanto il prezzo di quell’asset va sulle montagne russe (obbligazioni poco, bassa deviazione standard, bitcoin tantissimo, altissima deviazione standard).

Chiaro fin qui?

Ok.

Cosa dice l’indice di Sharpe?

Dice.

Prendi il rendimento che ti aspetti di ottenere dal tuo asset più rischioso, sottraigli il rendimento senza rischio e dividi il tutto per la deviazione standard.

Cosa succede? Succede che se confronto due portafogli con lo stesso rendimento atteso, quello più rischioso avrà un denominatore più grande e quindi un indice di Sharpe inferiore.

Ho fatto un breve backtest su Portfolio Visualizer, che ha più dati ma anche su Curvo viene più o meno la stessa roba, e cosa salta fuori?

Emerge che se invece di fare un portafoglio concentrato nella parte azionaria sull’Europa utilizzo un ETF sull’azionario dei paesi sviluppati, come l’MSCI World, ottengo un indice di Sharpe migliore a fronte di un rendimento simile, 0,55 contro 0,47.

Per fare ciò in realtà ho abbassato la quota di Stati Uniti nell’MSCI World altrimenti avrei avuto un rendimento più alto dovuto alla crescita negli ultimi anni del mercato americano, che non è ciò che ci interessa ora.

Detto questo, la mia riflessione è la seguente.

Perché dovrei investire in un portafoglio 30/70?

IPOTESI UNO: ho un orizzonte di breve termine e ho paura che espormi troppo alle azioni abbia un impatto negativo sul valore del mio patrimonio.

Eh, allora non investire in azioni.

Se hai un orizzonte di 5 anni e NON puoi permetterti tra 5 anni di avere meno soldi di adesso, cazzo investi in azioni?

È un po’ come se uno fa la carbonara, però gli piace il soffritto con la cipolla e ce ne mette giusto un po’.

No!

Nella carbonara non ci va la cipolla!

È reato penale.

Così come non ci va il parmigiano, il bacon, qualunque alta cagata che a Gordon Ramsey possa essere venuta in mento per “migliorare” questo capolavoro assoluto della nostra cucina e, soprattutto, la panna.

Che poi hai paura che un piatto a base di guanciale, pecorino e tuorli d’uovo non abbia abbastanza grassi saturi? È per questo che ci aggiungi la panna?

Quindi no, se vuoi la carbonara, niente cipolla e niente panna, non ca**e il ca**o.

Fuor di metafora, se hai un orizzonte di breve non ci metti le azioni, manco un pizzico, altrimenti, come la carbonara, mi rovini il portafoglio.

Seguitemi bene su questo punto.

Sta roba non è una mia idea, anche il grande Paolo Coletti, in modo un po’ più strutturato, lo dice sempre.

Se hai un orizzonte di breve non metti poche azioni, non ne metti proprio.

Perché non sappiamo se i prossimi 4 anni saranno come il periodo d’oro 1995-1998 o come il traumatico periodo 2005-2008.

Ammettiamo che hai 100.000 € e che con questi 100.000 € tra 4 anni vuoi comprare casa.

Oh, se ti servono sti 100.000 €, non è che puoi arrivare alla scadenza e averne 95.000 €.

Se te ne servono 100, devono essere possibilmente un po’ più di 100.

Ti prendi obbligazioni governative diversificate, ti porti a casa il 2,8% netto e stai certo che tra 4 anni hai il tuo capitale rivalutato.

Se invece vuoi mettere quel pizzico di azioni, che guasta il portafoglio come un goccio di panna nella carbonara, ti stai assumendo un rischio — non altissimo ma nemmeno così improbabile come pensi — di beccarti una crisi finanziaria e di perdere soldi.

Ma perché?

Tanto non è che se ti dice bene quel 30% di azionario ti fa raddoppiare il capitale.

In uno scenario medio o moderatamente ottimistico, ti porti a casa qualche migliaio di euro in più che non ti spostano una virgola.

Invece, IPOTESI DUE: hai un orizzonte lungo ma hai paura e non vuoi volatilità.

Ok questo già lo comprendo.

Però allora non devi guardare ai rendimenti a 4 anni, ma devi considerare che nella misura in cui un portafoglio ha dentro una componente azionaria, allora è obbligatorio guardare al lungo termine, idealmente oltre 10 anni.

Qui però c’è un dato che vorrei raccontarvi.

Lo spunto mi è arrivato da un articolo di un altro dei miei punti di riferimento fissi quando si tratta di capire la finanza.

In pratica io ho due Nick e due Ben, che per me sono delle autorità.

I due Nick sono:

– Nick Maggiulli, autore del blog ofdollarsanddata e

– Nicola Protasoni, autore del blog theitalianleathersofa, che tra l’altro sarà presto un nostro graditissimo ospite e che ci parlerà … beh ci parlerà di quel che gli andrà di parlare, sicuramente appena aprirà la bocca il livello di intelligenza di questo podcast si alzerà.

I due Ben invece sono:

– Ben Felix, un ragazzo che fa il portfolio manager per una società canadese chiamata PWL Capital ed è co-host del bellissimo canale youtube The Rational Reminder, che ha avuto tra i suoi ospiti dei pesi massimi della finanza come Eugene Fama, William Bernstein e Morgan Housel.

– L’altro Ben invece è Ben Carlson, che lavora nella stessa società di Nick Maggiuli (Ritholz Wealth Management) e che ha a sua volta il suo bel blog dal titolo a A Wealth of common sense.

Tutti in Inglese, ovviamente.

Pure quello di Nicola che, nonostante sia di Gallarate, vive da così tanti anni all’estero tra il Lussemburgo, Londra e Zurigo che ormai il suo cervello pensa solo in Inglese.

In un recente articolo, dal titolo, Deconstructing 10, 20 and 30 years Stock Market returns, Ben Carlson fa vedere tre bei grafici sul rendimento a 10, 20 e 30 anni del mercato azionario Americano dal 1926 al 2023.

Statemi a sentire bene perché soprattutto chi ha paura e chi fa fatica a guardare più in là dei propri piedi dovrebbe trovare queste informazioni interessanti.

Ora l’ideale sarebbe stato avere questi dati per il mercato azionario globale, non solo quello Americano.

Purtroppo però, come sempre, solo sul mercato USA abbiamo un secolo di dati attendibili.

C’è anche da dire, tuttavia, che ormai la correlazione tra il mercato azionario americano e quello degli altri paesi sviluppati (quindi Canada, Europa, Giappone, Australia e così via) se non è perfettamente 1, poco ci manca (sarà 0,95).

Quindi diciamo che c’è una buona attendibilità anche per i nostri portafogli i quali, a meno che non ci sia Paolo Coletti ad ascoltare quest’episodio, sono sicuramente belli zeppi di ETF esposti sull’Azionario Americano.

Allora cosa ci racconta il buon Ben Carlson.

Ci dice che il rendimento a 10 anni del mercato Americano va da un minimo di -5% all’anno, che in totale fa -40%, una roba accaduta tra il 29 e il 39, nei terribili anni della Grande Depressione, ad un massimo astronomico del 21% all’anno, che fa quasi +600% dal 49 al 59.

L’unico altro periodo in cui un investimento di 10 anni avrebbe avuto rendimento negativo è stato all’inizio del 2000, se dentro i 10 anni finiscono sia la crisi delle dot.com che la grande crisi finanziaria del 2008.

In qualunque altro momento dell’ultimo secolo, mai il mercato azionario americano avrebbe avuto un rendimento negativo lungo un periodo di 10 anni.

Se però adesso prendiamo periodi di 20 anni consecutivi, allora non è mai accaduto che l’azionario americano avrebbe riportato un ritorno negativo.

Andiamo dal risultato minimo del 2% all’anno per 20 anni dal 29 al 49, allo spaventoso 18% di media all’anno dal 1980 al 2000.

La cosa però ancora più interessante è che nel 90% dei casi il ritorno medio annuo lungo 20 anni consecutivi è stato maggiore o uguale al 7%.

Veniamo infine al dato più importante.

Su orizzonti trent’anni, che probabilmente sarà quello che maggiormente interessa chi mi sta ascoltando, il peggior rendimento possibile mai realizzato dal mercato azionario americano è stato del 7,8% all’anno, equivalente ad un rendimento complessivo dell’850%.

Sì.

Avete capito bene.

Prendete i vostri 10.000 in ben 530.000.

Volete sapere quanti sarebbero oggi 10.000 al mese dal 93 ad oggi mi avrebbe portato ad investire 360.000 $ e a farmene trovare nel portafoglio oltre 2 milioni, non è che mi faccia proprio schifo.

Perché vi ho detto sta roba?

Per convincervi a investire 100% nell’azionario Americano?

Ovviamente no e arrivati al 76° episodio del podcast do per scontato che sappiate quali sono i motivi per cui un portafoglio 100% azionario concentrato su un solo mercato, per quanto ultraperformante, non sia l’idea più solida per il vostro patrimonio a lungo termine.

Però è anche importante comprendere che a volte siamo un po’ vittima dei nostri preconcetti e ragioniamo di default con l’idea che le azioni sono paurose mentre le obbligazioni sono tranquille.

Sì, concettualmente è corretto.

Ma ad oggi le azioni sono l’asset class con i rendimenti attesi a lungo termine maggiori tra tutte le classi di investimento quotate, cioè rappresentano l’investimento finanziario che dà le migliori chance a lungo termine di far crescere significativamente il nostro patrimonio.

Ed è vero che c’è un rischio intrinseco nell’investimento in azioni, ma questo rischio è legato alla volatilità di breve-medio termine dell’asset class.

Poi uno può anche dover sopportare più di 10 anni di mercati negativi, questa cosa è assolutamente possibile.

Nella storia succede circa una volta ogni 80 anni, ma nulla vieta che la prossima volta che capita sia di qui a poco.

Il fatto però di sapere che nell’ultimo secolo il peggior ritorno medio annuo nel mercato azionario, in un orizzonte di 30 anni, sarebbe stato di quasi l’8% all’anno, dovrebbe essere incoraggiante.

Nel lungo termine, se la prendiamo da questa prospettiva e un po’ con le pinze, le azioni sono in effetti l’investimento più sicuro che esista.

È chiaro che la cosa che conta davvero, come vado predicando dalla prima puntata di questo podcast, è la pianificazione finanziaria complessiva.

Non facciamo un portafoglio 100% azionario perché poche persone al mondo sono davvero in grado di sopportare un drawdown superiore al 50% del proprio patrimonio.

Tradotto: dall’agosto del 2000 al febbraio del 2009, un portafoglio 100% sull’azionario globale avrebbe visto il suo valore dimezzarsi e ci avrebbe messo complessivamente quasi 14 anni solo per tornare al punto di partenza.

Questa cosa la possono sopportare in pochi, soprattutto se il grosso del loro patrimonio si trova investito in quel modo.

È per questo che, come dicevamo nello scorso episodio, mettiamo ETF obbligazionari nel portafoglio, perché vogliamo creare una decorrelazione e parare i colpi nei momenti più duri, anche a costo di lasciar per strada un po’ di rendimento.

Con un 60/40, per esempio, il peggior drawdown sarebbe stato del 26%, non del 56%.

Un conto è avere 100.000 € che diventano 74.000. Un altro è vedere che diventano 44.000 €.

Poi è chiaro che oggi il 100% azionario avrebbe vinto a man bassa.

Ma noi dobbiamo mettere in conto che vivremo in compagnia dei nostri investimenti per tutta la vita, quindi non possiamo solo bearci del fatto che tra 30 anni tutto sarà andato, probabilmente, per il meglio, ma dobbiamo considerare il fatto che non vogliamo neanche patire le pene dell’inferno per decenni interi.

Sì la diversificazione ci farà perdere qualcosa alla fine in termini di rendimento.

Ma in fondo la diversificazione è proprio questa: provare un costante senso di rimpianto per una parte del nostro portafoglio che performa peggio dell’altra.
Eppure proprio grazie a questo rimpianto riusciremo a rimanere investitori per tutta la vita.

Al netto di questo, tuttavia, prima di buttarvi a cazzo di cane in un portafoglio 30/70 con un orizzonte di breve termine o di cacciar dentro un 30% di azioni giusto un pizzico tanto per provare l’ebbrezza se l’orizzonte temporale è di 20 anni o più, guardate i numeri, valutate le cose per quello che sono oggettivamente, inseritele nella vostra più complessiva pianificazione finanziaria e allora tutto comincerà ad avere un senso.

E se avete ancora dubbi sul fatto che le azioni siano nel lungo termine l’asset class fondamentale del vostro portafoglio leggete il già citato capolavoro di Jeremy Siegel Stocks for the Long Run.

E cazzo pure oggi mi sono dimenticato di telefonare al corriere per disdire l’abbonamento.

Va beh…

Ci riproveremo domani.

Allora, care amiche e cari amici di questo podcast, siamo giunti alla fine anche di quest’episodio.

Spero l’abbiate trovato utile e che possa avervi dato ancora più consapevolezza su come costruire al meglio il vostro portafoglio di investimento.

La prossima settimana faremo finalmente il recap del mese di Gennaio come si deve e risponderemo ad un po’ di domande specifiche, quindi se nel frattempo ne avete scrivetemi su instagram a thebull_finance o su LinkedIn o nei commenti su spotify.

Come da tradizione vi ricordo inoltre di mettere segui e attivare le notifiche su Spotify, Apple podcast o dove vi pare e lasciare una recensione a 5 stelle per supportarci e permetterci di continuare a produrre contenuti che mentre fingono di spiegarvi la teoria moderna del portafoglio di Markowitz e l’indice di Sharpe in realtà non avevano altra intenzione se non quella di diffidarvi dal mettere la panna o qualche altra schifezza nella carbonara sempre nuovi.

Per questo episodio è davvero tutto e noi ci ritroviamo qui domenica prossima, ancora una volta insieme, ancora una volta a percorrere un’altra tappa del nostro viaggio dentro il mondo del risparmio e degli investimenti, ancora una volta con THE BULL — Il tuo podcast di finanza personale.

Recensioni

Quando capisci come funziona la finanza… ti viene voglia di raccontarla!

La mia ignoranza in materia mi ha sempre creato dei dubbi, ma grazie a un amico ho iniziato ad ascoltare il podcast. Per fortuna che ho 24 anni e un po' di tempo e soldi da dedicarmi a imparare le varie nozioni per me stesso. Grazie mille!

Luca G. 10 Ott 2025

Veramente veramente raccomandato! la finanza personale riassunta alla perfezione! e spiegata partendo dall'ABC! Ottimo anche da ascoltare a velocita 1,5x!

Giorgia R., 23 Gen 2025

Podcast che dà sempre spunti interessanti che personalmente mi ha fatto appassionare alla finanza personale spingendomi ad approfondire in prima persona.

Lorenzo, 13 Mar 2025

Ho acquistato e letto il suo libro e l' ho trovato. Esprime i concetti economici in modo semplice e chiaro. Sentirlo parlare conferma che è un professionista del settore.

Giulia N., 11 Ago 2025

Veramente interessante, chiaro e conciso. Cambia la vita finanziaria di chiunque.. da ascoltare assolutamente anche per chi di finanza non vuole occuparsi mai

Francesca B., 6 Apr 2024

Ho seguito tutte le puntate! Grazie veramente

Amalia A., 17 Set 2025

Da quando l'ho scoperto in 15 gg mi sono ascoltato 150 puntate senza fermarmi, ho annullato gli altri podcast per portarmi alla pari ed ascoltare tutte le precedenti puntate, ben fatto, esattamente il livello di informazione che mi serviva

Gianluca G., 11 Set 2025

Dovrebbero ascoltarlo buona parte degli italiani e io avrei dovuto scoprirlo con qualche anno in anticipo ma meglio tardi che mai

Matteo C., 3 Set 2025

Podcast piacevole, scorre veloce ma in modo estremamente chiaro, spiega i concetti chiave per gestire le proprie finanze, fornendo la classica cassetta degli attrezzi. Complimenti, davvero ben fatto!

Massimiliano, 29 Mag 2024
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