Michael Green: Perché l’Investimento Passivo distorce il Mercato (e come comportarci)
Michael Green è un investitore di straordinario successo, nonché il più celebre e influente critico dell'investimento passivo. In questo episodio ci spiega il suo punto di vista sulle distorsioni create dall'investimento passivo e ciò di cui il singolo investitore dovrebbe prendere consapevolezza.

192. Michael Green: Perché l’Investimento Passivo distorce il Mercato (e come comportarci)
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Punti Chiave
L'investimento passivo (market cap-weighted) è un 'algoritmic trading' che distorce il mercato rendendolo meno efficiente e i prezzi meno elastici.
I fondi indicizzati sono 'price makers' e non 'price takers'; la loro crescita riduce l'analisi fondamentale, violando l'ipotesi dei mercati efficienti.
La massima concentrazione del mercato aumenta il rischio di un crollo improvviso (effetto 'teatro affollato') quando tutti cercano di uscire contemporaneamente.
Trascrizione Episodio
Bentornati a The Bull, il tuo podcast di Finanza personale. Lo abbiamo citato tante volte. Il suo nome pian piano si è fatto famigliare nella nostra community. Ogni qual volta è stato sollevato il tema “ma sarà mica che l’investimento passivo possa provocare dei danni a lungo termine al mercato?” lui è venuto fuori, come il massimo esponente nel panorama finanziario globale tra coloro che credono che l’investimento passivo possa creare delle distorsioni irreversibili. Siamo parlando di un investitore leggendario, colui che nel 2018 vide la bolla del Volmageddon in anticipo e in un solo giorno il suo fondo guadagnò decine, forse un centinaio di milioni di dollari grazie alla scommessa che Green fece contro quella bolla. Nel corso degli anni, Mike Green si è concentrato sempre più sull’impatto dell’investimento passivo, dove per passivo non si intende “investire in ETF”, bensì tutto ciò che è investire con una logica market-cap-weighted, ossia replicando la capitalizzazione del mercato. Siamo forse come la famosa rana nella pentola che pian piano viene bollita a sua insaputa mentre il mercato sta gonfiando la più grande bolla di tutti i tempi? Come sapete in molti non la pensano come Green – e l’inutile opinione del sottoscritto è tra questi – ma credo sia fondamentale per il nostro senso critico conoscere tutte le posizioni per formarsi poi una propria idea consapevole e indipendente. Ma non perdiamoci in chiacchiere per Mike di cose me ne ha dette parecchie. Quindi senza ulteriori indugi vi lascio alla mia chiacchierata con Michael Green.
Trascrizione Intervista
Riccardo: Caro Michael, benvenuto nel mio podcast, The Bull. È un vero piacere averti qui. Sei molto conosciuto tra il mio pubblico. E oggi ti toccherà fare la parte del cattivo, perché parleremo di investimento passivo. E’ una argomento molto dibattuto e so che tu hai 2 o 3 cose da dire in merito… Perché, come dicevano i Led Zeppelin, non tutto ciò che brila è oro… o qualcosa del genere.
Michael Green: “non Tutto ciò che luccica è oro” o “nulla che sia d’oro dura per sempre”… o una delle tante varianti. Sì, certo. Ascolta, sono davvero felice di fare la parte del cattivo oggi. Sono padre di tre figli e questa è una frase che ripetevo sempre. Sapevo di essere un buon padre quando mi dicevano: Ti odio. Perché significava che stavo prendendo una decisione difficile, facendo un’osservazione o imponendo loro qualcosa che, in fondo, sapevano essere giusto, ma che non volevano accettare da soli. E, purtroppo, gli investimenti passivi rientrano nella stessa categoria. Se mi odi, è perché ti sto dicendo qualcosa di vero, ma che, in fondo, non vuoi sentire.
Riccardo: Io dico sempre che, una volta che senti parlare Michael Green di questo argomento, la tua opinione cambierà almeno un po’. Però partiamo dal 2018, perché penso sia importante tornare a uno dei tuoi grandi successi sui mercati. Secondo me, ha molto a che fare con il modo in cui hai poi iniziato a ragionare sugli investimenti passivi… Ci racconti cosa è successo allora e come hai individuato quell’inefficienza di mercato?
Michael Green: Certo. Volmageddon si riferisce al collasso degli ETF XIV e SVXY il 5 febbraio 2018. Si trattava di prodotti estremamente popolari… L’osservazione che feci allora è in realtà molto simile a quella su cui si basa gran parte del mio lavoro sugli investimenti passivi. Avevo capito che il mercato era diventato un feedback loop positivo: l’offerta di questi prodotti veniva utilizzata per comprimere la volatilità dell’azionario. Questi strumenti traevano vantaggio dalla compressione della volatilità azionaria… Quello che avevo individuato era l’impatto crescente del systematic algorithmic trading, che è esattamente quello che caratterizza l’investimento passivo… Questa asimmetria non era stata correttamente prezzata dal mercato delle opzioni…
Riccardo: Perché sapevo che non era così facile come sembrava, anzi, era tutto fuorché semplice per la maggior parte delle persone. Sembrava facile, ma non lo era affatto. E con quella scommessa hai guadagnato una bella somma.
Michael Green: Sì abbiamo fatto molto bene con quel trade. Sì. Beh, vedi, troppa gente che fa la cosa giusta, senza pensarci, può essere dannosa quanto troppa gente che fa la cosa sbagliata, senza pensarci. Se tutti decidono di svoltare a destra a un incrocio perché così dice il codice della strada, quel sistema funziona? Sì, se il traffico è normale. Ma se l’incrocio diventa sovraffollato, quel comportamento corretto può creare problemi enormi…
Riccardo: E al di là degli aspetti tecnici, se ho capito bene, la tua idea all’epoca era che troppe persone stavano facendo la stessa cosa senza realmente riflettere sulle conseguenze, e questo non poteva che finire male. Quindi la domanda da un milione di dollari è: qual è il problema degli investimenti passivi?
Michael Green: Beh, è una variante dello stesso fenomeno, ma in questo caso si sovrappone a una serie di fraintendimenti del mercato. Il più importante di questi riguarda proprio la definizione stessa di investimento passivo. Secondo la teoria economica… un investitore passivo detiene sempre ogni titolo presente nel mercato… Per definizione, queste attività non possono essere passive… Ed è stato proprio questo il mio contributo chiave alla discussione: ho detto, Ehi, aspettate un attimo… Questa è un’ipotesi completamente irrealistica, perché ogni singolo giorno colossi come Vanguard, BlackRock e gli altri giganti dell’investimento passivo ricevono nuovi afflussi di capitale.
Riccardo: Parliamo di miliardi.
Michael Green: Esatto. E quindi il punto è che questi non sono realmente investitori passivi. Sono investitori algoritmici che operano con un modello estremamente semplice: comprerò ogni titolo nel mio universo di riferimento e lo farò in proporzione alla sua capitalizzazione di mercato.
Riccardo: Da qui si aprono tantissime implicazioni. Immagino che una di queste sia che, secondo te, il mercato sia diventato meno efficiente a causa della crescita degli investimenti passivi. Cioè, non sta più facendo quello che dovrebbe fare: allocare il capitale in modo efficiente, perché qualcosa sta distorcendo quel meccanismo di autoregolazione che dovrebbe essere alla base dei mercati. È uno dei problemi?
Michael Green: Beh, qui entriamo in una questione interessante: tutto dipende da come definiamo l’efficienza… La definizione accademica di efficienza premia il primo scenario, quello in cui il mercato si muove in modo brusco solo in occasione della pubblicazione degli utili e poi si ferma. Tu ed io guarderemmo questa situazione e diremmo: Aspetta, è assurdo. Ecco perché, secondo me, un mercato che si muove violentemente solo in risposta agli utili e poi smette di avere variazioni significative è in realtà un mercato terribilmente inefficiente. Ma, ironicamente, è perfettamente coerente con il modello degli investimenti passivi.
Riccardo: La risposta di Fama è stata che i prezzi sono sostanzialmente corretti o che dovremmo comportarci come se lo fossero perfettamente. Per quanto ne sappiamo, questa è l’assunzione di base. Lui afferma di non vedere prove di questi cambiamenti, ma sappiamo che potrebbe avere un conflitto di interesse nel dirlo.
Michael Green: Bene, affrontiamola da un’altra prospettiva… Andiamo direttamente a guardare le prove che Fama sostiene di non vedere… Quello che abbiamo effettivamente osservato è che, nei giorni di pubblicazione degli utili, la volatilità è circa cinque volte e mezzo superiore rispetto ai giorni normali. In passato non era così… Questo ci dice un’altra cosa: lo sforzo per ottenere informazioni in anticipo è collassato. E questo è esattamente il contrario di quanto previsto dal modello di efficienza di mercato di Grossman-Stiglitz. Lo studio di Davidson Heath… dimostra che, man mano che la quota di investimenti passivi cresce, la produzione di report sugli utili, l’analisi finanziaria e persino la partecipazione alle conference call con le aziende diminuiscono in modo prevedibile. In pratica, la gente ha smesso di cercare di capire il mercato.
Riccardo: Ma su questo tema c’è un grande dibattito: quando il passivo diventa troppo passivo? Secondo te, esiste una soglia oltre la quale il mercato inizia a rompersi?
Michael Green: Beh, il termine rompersi è interessante. Sto cercando di trovare il modo giusto per spiegare questa dinamica. Il passaggio all’investimento passivo è un processo cumulativo… Oggi, sempre più persone si limitano ad assumere che qualcun altro abbia già fatto il lavoro.
Riccardo: Certainly. Ottimo punto. Se non ti dispiace, ho raccolto alcune delle argomentazioni più comuni contro chi sostiene che l’investimento passivo stia danneggiando il mercato. Vorrei che affrontassi questo tema. L’argomento tipico è che i fondi indicizzati e gli ETF sono price takers, non price makers. Si limitano a detenere titoli ai prezzi determinati dagli investitori attivi e, di conseguenza, non hanno un impatto significativo sui prezzi.
Michael Green: Sì, ma questa affermazione è semplicemente assurda, giusto? L’idea che tu sia un price taker anziché un price maker… Ogni volta che effettui una transazione, per definizione, stai facendo il prezzo. Hai scelto di accettare il prezzo che ti viene offerto… La vera definizione di investimento passivo è che è perfettamente inelastico.
Riccardo: Prima di passare al prossimo argomento, come possiamo dimostrare il legame diretto tra la crescita dell’investimento passivo e la minore elasticità dei prezzi?
Michael Green: Brrene, questa è una delle grandi sfide, giusto? Ma in realtà abbiamo prove molto solide… Più un’azienda diventa grande rispetto alle altre, più diventa inelastica nel contesto dell’indice, perché non può essere esclusa dal paniere… Più piccola è la capitalizzazione di mercato di un’azienda, più discrezionale è la domanda e più elastico sarà il suo prezzo. Più grande è l’azienda, meno elastico diventa il suo prezzo.
Riccardo: Un’altra argomentazione simile, che probabilmente hai già sentito se hai studiato a Chicago—perché è un classico argomento della scuola di Chicago—è che non conta la quota di mercato dell’investimento passivo. Conta quanti attori continuano a fare il loro lavoro nel determinare i prezzi. Paradossalmente, se un gruppo di investitori attivi molto informati stabilisce i prezzi, anche se il 99% del mercato fosse passivo, il mercato continuerebbe a essere efficiente. Ho letto qualcosa su questo tema da Owen Lomond e anche da Eugene Fama. Io avrei detto qualcosa del genere.
Michael Green: Beh, ecco, hai appena fatto il tuo primo errore… Quello che serve capire non è solo il numero di investitori, ma il fatto che gli investitori passivi, secondo la definizione accademica, non potrebbero nemmeno entrare nel mercato. Non c’è un meccanismo che permetta loro di entrare o uscire… E quello che ha scoperto [Valentin Haddad, economista della UCLA] è che gli investitori attivi reagiscono solo parzialmente all’aumento dell’investimento passivo…. E man mano che il passivo cresce, quelli che cercavano di compensarlo alla fine si rendono conto che non possono più influenzare il mercato. E allora si arrendono. Si uniscono al nemico… Ed è esattamente quello che sta accadendo oggi…
Riccardo: Bene, quindi quale sarà il risultato negativo che, prima o poi, si manifesterà?
Michael Green: Beh, è il classico fenomeno del teatro affollato in cui scoppia un incendio e tutti devono usare l’uscita nello stesso momento. Le persone non si rendono conto di quanto il teatro sia diventato affollato… L’uscita può gestire solo un certo numero di persone che cercano di andarsene contemporaneamente…
Riccardo: Quindi potrebbe esserci un evento esogeno che scatena una sorta di panico collettivo e non c’è abbastanza liquidità per far funzionare il mercato correttamente. È corretto?
Michael Green: Sì, esatto. Questo è il meccanismo tecnico con cui si manifesta. Ma il modo più semplice per pensarci è proprio come un club notturno sovraffollato. Tutti gli sforzi sono rivolti ad aumentare l’afflusso, ma nessuno pensa all’uscita.
Riccardo: Permettimi di porre un contro-argomento… se dovesse verificarsi un evento simile, i target date funds sarebbero obbligati ad acquistare azioni proprio mentre altri le stanno vendendo, per ribilanciare l’allocazione del portafoglio… Non è qualcosa che potrebbe compensare il problema di cui ci stai mettendo in guardia?
Michael Green: La risposta breve è: sì, questi sono elementi stabilizzanti. Quello che descrivi sono strategie di allocazione sistematica del portafoglio che reagiscono solo ai segnali di prezzo… Ma questo presuppone che il flusso di capitali continui a crescere… Se invece è il fondo stesso la fonte della volatilità, perché gli investitori stanno vendendo quote per finanziare la pensione, allora il meccanismo di ribilanciamento viene meno… Invece di stabilizzare il mercato, in certe condizioni i target date fund possono amplificare il problema.
Riccardo: Chiaro. Dunque, dato che ci troviamo in questo scenario e nessuno può fermare individualmente il processo, cosa dovrebbe fare un investitore?
Michael Green: Beh, purtroppo questo è il colpo di grazia per il sistema, giusto? Questa è una vera tragedia dei beni comuni… In questo contesto, con una crescita continua dell’investimento passivo, il tuo incentivo è quello di unirti alla festa e, in molti modi, cercare addirittura di amplificarla… A questo punto, il tutto è largamente determinato da fattori demografici… Ironia della sorte, questo significa che il mercato azionario diventa sempre più inefficiente a livello micro, cioè i singoli titoli non riflettono più il loro reale valore individuale, ma invece diventano macro-efficienti, rispecchiando le grandi componenti cicliche della demografia e del ciclo economico.
Riccardo: Se posso riassumere, è come l’inquinamento: fa bene al singolo individuo, ma è dannoso per la società nel suo insieme. Io non dovrei usare la mia auto, ma personalmente mi conviene guidare e continuare a inquinare l’ambiente.
Michael Green: Sì, capisco l’analogia, ma non mi piace del tutto… E l’inquinamento, in quel contesto, è universalmente considerato un male. Tutti lo vediamo… Ma i prezzi azionari alti? Quelli sono visti come una cosa positiva. Quindi siamo tutti felici di partecipare al gioco, finché lo sono.
Riccardo: finché lo sono. Il governo, i regolatori, la SEC dovrebbero intervenire per fare qualcosa?
Michael Green: Sì, ma non lo faranno.
Riccardo: Perché, secondo te? Sì, certo.
Michael Green: Beh, ci sono un paio di ragioni. L’inquinamento è facile da vedere e tutti lo condannano. Ma i prezzi azionari alti? Possono essere un’ottima cosa, oppure possono essere una bolla… E questa, sfortunatamente, è l’essenza del nostro attuale quadro normativo: “Non sappiamo davvero cosa sta succedendo, ma siccome tutto sembra andare bene, meglio non toccare nulla.”
Riccardo: Credi nell’idea che BlackRock, Vanguard e State Street finiranno per dominare il mondo, grazie al peso che hanno nei consigli di amministrazione di quasi tutte le grandi aziende globali? Beh, forse non era il modo migliore per esprimerlo, ma intendo dire che hanno un enorme potere di voto in tantissime aziende, semplicemente per via delle quote che detengono. Si
Michael Green: No, non penso che quello sia il vero problema. Il problema centrale è che queste istituzioni sono cresciute fino a dimensioni enormi rispetto a qualsiasi altro attore sul mercato… Una concentrazione di potere del genere non si era mai vista prima nell’industria finanziaria… E questo significa che i vantaggi legati alla dimensione si sono accumulati in poche mani, e ora questi colossi sono in grado di influenzare le politiche per rafforzare ulteriormente la propria posizione dominante… E purtroppo, questo significa che sono proprio le autorità di regolamentazione il principale motore dell’aumento del rischio di mercato.
Riccardo: Capisco. Prima di chiudere, così in maniera semiseria, dacci un consiglio finanziario. Immagina l’investitore medio in Europa, che investe X percento del proprio patrimonio nell’MSCI World o nell’MSCI All Countries. Questo significa avere il 60-70% esposto agli Stati Uniti, e quindi, in larga parte, nelle Magnificent Seven e in poche altre aziende… Come suggeriresti di comportarsi per prendere decisioni di investimento sensate in questa situazione?
Michael Green: Purtroppo, il motivo per cui ci troviamo in questa situazione è proprio quello che ho citato in precedenza: il modello di Valentin Haddad… non credo che queste siano necessariamente le migliori aziende che il mondo abbia mai visto… Il secondo punto che voglio sottolineare, ed è il consiglio più importante per tutti gli investitori, è: Investi in base a ciò di cui hai bisogno, non in base a ciò che vogliono gli altri…. Oggi ci troviamo in un momento interessante, in cui i tassi di interesse reali, aggiustati per l’inflazione, sia negli Stati Uniti che in Europa, sono molto più attraenti rispetto agli ultimi decenni. Quindi, il mio consiglio è: Valuta se puoi raggiungere i tuoi obiettivi con un rischio relativamente basso e, dove possibile, sfrutta questa opportunità.
Riccardo: Quindi, se posso riassumere, non cercare di stare al passo con i vicini, keeping up with Jonses, e investire di più in obbligazioni. No, Jones non era italiano, ma conosciamo il modo di dire.
Michael Green: Sì, questa è la conclusione ovvia. Anche se non sapevo che Jones fosse un cognome italiano. Forse dovremmo dire “Non cercare di stare al passo con i Ferraro”, giusto? No, seriamente: investi in base ai tuoi obiettivi, non a quelli del tuo vicino.
Riccardo: A proposito, hai menzionato Bitcoin. Ovviamente, anche lì c’è molto FOMO… Qual è il tuo punto di vista? Diciamo la teoria del “greater fool”. Si, certo.
Michael Green: Dato che questa cosa sta guadagnando sempre più quote di mercato, siamo di nuovo nel territorio del beauty contest Keynes, giusto? Bitcoin rientra nello stesso schema di fondo… Nel caso di Bitcoin, la struttura fondamentale è chiara: è uno schema Ponzi. Può generare rendimenti per gli investitori attuali solo attirando nuovi investitori… Che succeda oggi o domani dipende solo da quanti partecipanti credono ancora che sia la “ragazza più bella del concorso”… la finanza tradizionale, sotto la mia analisi dell’investimento passivo, sta diventando sempre più simile a Bitcoin.
Riccardo: Wow. Michael, il tempo sta per scadere. So che hai un altro impegno a breve. Non posso ringraziarti abbastanza per questa conversazione così profonda e illuminante. A presto.
Michael Green: Grazie, Riccardo. Il piacere è tutto mio. A presto.
Testo Conclusivo
E questo è tutto gente. Spero che l’episodio vi sia piaciuto e che non vi abbia messo troppa ansia. Può essere che abbia ragione. Può essere che alla fine abbiano ragione gli altri. Può molto probabilmente essere che la verità stia nel mezzo e che magari in futuro assisteremo sì a grandi crolli verticali, ma anche a nuove riprese esplosive, consapevoli che mantenere la rotta, diversificare e gestire con buon senso il rischio del nostro portafoglio sarà sempre la migliore risposta possibile che possiamo dare a tutti i nostri dubbi. Ringrazio di cuore Michael per aver accettato il mio invito e per gli inestimabili spunti che ha condiviso con noi. Prima di lasciarci vi invito come sempre a mettere segui e attivare le notifiche su spotify, apple podcast o dove ci ascoltate e a lasciare una recensione a 5 stelle per supportarci e permetterci di continuare a produrre contenuti che vi fanno conoscere dei bad guy che in realtà sono giganti buoni che con i loro moniti ci fanno sicuramente diventare investitori più avveduti sempre nuovi.
Per questo episodio invece è davvero tutto e noi ci rivediamo domenica prossima con un nuovo appuntamento insieme in cui parleremo di quel che l’intelligenza artificiale generativa ha da dire sul mio portafoglio sempre qui naturalmente con The Bull – Il tuo podcast di finanza personale.
Bentornati a The Bull, il tuo podcast di Finanza personale. Lo abbiamo citato tante volte. Il suo nome pian piano si è fatto famigliare nella nostra community. Ogni qual volta è stato sollevato il tema “ma sarà mica che l’investimento passivo possa provocare dei danni a lungo termine al mercato?” lui è venuto fuori, come il massimo esponente nel panorama finanziario globale tra coloro che credono che l’investimento passivo possa creare delle distorsioni irreversibili. Siamo parlando di un investitore leggendario, colui che nel 2018 vide la bolla del Volmageddon in anticipo e in un solo giorno il suo fondo guadagnò decine, forse un centinaio di milioni di dollari grazie alla scommessa che Green fece contro quella bolla. Nel corso degli anni, Mike Green si è concentrato sempre più sull’impatto dell’investimento passivo, dove per passivo non si intende “investire in ETF”, bensì tutto ciò che è investire con una logica market-cap-weighted, ossia replicando la capitalizzazione del mercato. Siamo forse come la famosa rana nella pentola che pian piano viene bollita a sua insaputa mentre il mercato sta gonfiando la più grande bolla di tutti i tempi? Come sapete in molti non la pensano come Green – e l’inutile opinione del sottoscritto è tra questi – ma credo sia fondamentale per il nostro senso critico conoscere tutte le posizioni per formarsi poi una propria idea consapevole e indipendente. Ma non perdiamoci in chiacchiere per Mike di cose me ne ha dette parecchie. Quindi senza ulteriori indugi vi lascio alla mia chiacchierata con Michael Green.
Trascrizione Intervista
Riccardo: Caro Michael, benvenuto nel mio podcast, The Bull. È un vero piacere averti qui. Sei molto conosciuto tra il mio pubblico. E oggi ti toccherà fare la parte del cattivo, perché parleremo di investimento passivo. E’ una argomento molto dibattuto e so che tu hai 2 o 3 cose da dire in merito… Perché, come dicevano i Led Zeppelin, non tutto ciò che brila è oro… o qualcosa del genere.
Michael Green: “non Tutto ciò che luccica è oro” o “nulla che sia d’oro dura per sempre”… o una delle tante varianti. Sì, certo. Ascolta, sono davvero felice di fare la parte del cattivo oggi. Sono padre di tre figli e questa è una frase che ripetevo sempre. Sapevo di essere un buon padre quando mi dicevano: Ti odio. Perché significava che stavo prendendo una decisione difficile, facendo un’osservazione o imponendo loro qualcosa che, in fondo, sapevano essere giusto, ma che non volevano accettare da soli. E, purtroppo, gli investimenti passivi rientrano nella stessa categoria. Se mi odi, è perché ti sto dicendo qualcosa di vero, ma che, in fondo, non vuoi sentire.
Riccardo: Io dico sempre che, una volta che senti parlare Michael Green di questo argomento, la tua opinione cambierà almeno un po’. Però partiamo dal 2018, perché penso sia importante tornare a uno dei tuoi grandi successi sui mercati. Secondo me, ha molto a che fare con il modo in cui hai poi iniziato a ragionare sugli investimenti passivi… Ci racconti cosa è successo allora e come hai individuato quell’inefficienza di mercato?
Michael Green: Certo. Volmageddon si riferisce al collasso degli ETF XIV e SVXY il 5 febbraio 2018. Si trattava di prodotti estremamente popolari… L’osservazione che feci allora è in realtà molto simile a quella su cui si basa gran parte del mio lavoro sugli investimenti passivi. Avevo capito che il mercato era diventato un feedback loop positivo: l’offerta di questi prodotti veniva utilizzata per comprimere la volatilità dell’azionario. Questi strumenti traevano vantaggio dalla compressione della volatilità azionaria… Quello che avevo individuato era l’impatto crescente del systematic algorithmic trading, che è esattamente quello che caratterizza l’investimento passivo… Questa asimmetria non era stata correttamente prezzata dal mercato delle opzioni…
Riccardo: Perché sapevo che non era così facile come sembrava, anzi, era tutto fuorché semplice per la maggior parte delle persone. Sembrava facile, ma non lo era affatto. E con quella scommessa hai guadagnato una bella somma.
Michael Green: Sì abbiamo fatto molto bene con quel trade. Sì. Beh, vedi, troppa gente che fa la cosa giusta, senza pensarci, può essere dannosa quanto troppa gente che fa la cosa sbagliata, senza pensarci. Se tutti decidono di svoltare a destra a un incrocio perché così dice il codice della strada, quel sistema funziona? Sì, se il traffico è normale. Ma se l’incrocio diventa sovraffollato, quel comportamento corretto può creare problemi enormi…
Riccardo: E al di là degli aspetti tecnici, se ho capito bene, la tua idea all’epoca era che troppe persone stavano facendo la stessa cosa senza realmente riflettere sulle conseguenze, e questo non poteva che finire male. Quindi la domanda da un milione di dollari è: qual è il problema degli investimenti passivi?
Michael Green: Beh, è una variante dello stesso fenomeno, ma in questo caso si sovrappone a una serie di fraintendimenti del mercato. Il più importante di questi riguarda proprio la definizione stessa di investimento passivo. Secondo la teoria economica… un investitore passivo detiene sempre ogni titolo presente nel mercato… Per definizione, queste attività non possono essere passive… Ed è stato proprio questo il mio contributo chiave alla discussione: ho detto, Ehi, aspettate un attimo… Questa è un’ipotesi completamente irrealistica, perché ogni singolo giorno colossi come Vanguard, BlackRock e gli altri giganti dell’investimento passivo ricevono nuovi afflussi di capitale.
Riccardo: Parliamo di miliardi.
Michael Green: Esatto. E quindi il punto è che questi non sono realmente investitori passivi. Sono investitori algoritmici che operano con un modello estremamente semplice: comprerò ogni titolo nel mio universo di riferimento e lo farò in proporzione alla sua capitalizzazione di mercato.
Riccardo: Da qui si aprono tantissime implicazioni. Immagino che una di queste sia che, secondo te, il mercato sia diventato meno efficiente a causa della crescita degli investimenti passivi. Cioè, non sta più facendo quello che dovrebbe fare: allocare il capitale in modo efficiente, perché qualcosa sta distorcendo quel meccanismo di autoregolazione che dovrebbe essere alla base dei mercati. È uno dei problemi?
Michael Green: Beh, qui entriamo in una questione interessante: tutto dipende da come definiamo l’efficienza… La definizione accademica di efficienza premia il primo scenario, quello in cui il mercato si muove in modo brusco solo in occasione della pubblicazione degli utili e poi si ferma. Tu ed io guarderemmo questa situazione e diremmo: Aspetta, è assurdo. Ecco perché, secondo me, un mercato che si muove violentemente solo in risposta agli utili e poi smette di avere variazioni significative è in realtà un mercato terribilmente inefficiente. Ma, ironicamente, è perfettamente coerente con il modello degli investimenti passivi.
Riccardo: La risposta di Fama è stata che i prezzi sono sostanzialmente corretti o che dovremmo comportarci come se lo fossero perfettamente. Per quanto ne sappiamo, questa è l’assunzione di base. Lui afferma di non vedere prove di questi cambiamenti, ma sappiamo che potrebbe avere un conflitto di interesse nel dirlo.
Michael Green: Bene, affrontiamola da un’altra prospettiva… Andiamo direttamente a guardare le prove che Fama sostiene di non vedere… Quello che abbiamo effettivamente osservato è che, nei giorni di pubblicazione degli utili, la volatilità è circa cinque volte e mezzo superiore rispetto ai giorni normali. In passato non era così… Questo ci dice un’altra cosa: lo sforzo per ottenere informazioni in anticipo è collassato. E questo è esattamente il contrario di quanto previsto dal modello di efficienza di mercato di Grossman-Stiglitz. Lo studio di Davidson Heath… dimostra che, man mano che la quota di investimenti passivi cresce, la produzione di report sugli utili, l’analisi finanziaria e persino la partecipazione alle conference call con le aziende diminuiscono in modo prevedibile. In pratica, la gente ha smesso di cercare di capire il mercato.
Riccardo: Ma su questo tema c’è un grande dibattito: quando il passivo diventa troppo passivo? Secondo te, esiste una soglia oltre la quale il mercato inizia a rompersi?
Michael Green: Beh, il termine rompersi è interessante. Sto cercando di trovare il modo giusto per spiegare questa dinamica. Il passaggio all’investimento passivo è un processo cumulativo… Oggi, sempre più persone si limitano ad assumere che qualcun altro abbia già fatto il lavoro.
Riccardo: Certainly. Ottimo punto. Se non ti dispiace, ho raccolto alcune delle argomentazioni più comuni contro chi sostiene che l’investimento passivo stia danneggiando il mercato. Vorrei che affrontassi questo tema. L’argomento tipico è che i fondi indicizzati e gli ETF sono price takers, non price makers. Si limitano a detenere titoli ai prezzi determinati dagli investitori attivi e, di conseguenza, non hanno un impatto significativo sui prezzi.
Michael Green: Sì, ma questa affermazione è semplicemente assurda, giusto? L’idea che tu sia un price taker anziché un price maker… Ogni volta che effettui una transazione, per definizione, stai facendo il prezzo. Hai scelto di accettare il prezzo che ti viene offerto… La vera definizione di investimento passivo è che è perfettamente inelastico.
Riccardo: Prima di passare al prossimo argomento, come possiamo dimostrare il legame diretto tra la crescita dell’investimento passivo e la minore elasticità dei prezzi?
Michael Green: Brrene, questa è una delle grandi sfide, giusto? Ma in realtà abbiamo prove molto solide… Più un’azienda diventa grande rispetto alle altre, più diventa inelastica nel contesto dell’indice, perché non può essere esclusa dal paniere… Più piccola è la capitalizzazione di mercato di un’azienda, più discrezionale è la domanda e più elastico sarà il suo prezzo. Più grande è l’azienda, meno elastico diventa il suo prezzo.
Riccardo: Un’altra argomentazione simile, che probabilmente hai già sentito se hai studiato a Chicago—perché è un classico argomento della scuola di Chicago—è che non conta la quota di mercato dell’investimento passivo. Conta quanti attori continuano a fare il loro lavoro nel determinare i prezzi. Paradossalmente, se un gruppo di investitori attivi molto informati stabilisce i prezzi, anche se il 99% del mercato fosse passivo, il mercato continuerebbe a essere efficiente. Ho letto qualcosa su questo tema da Owen Lomond e anche da Eugene Fama. Io avrei detto qualcosa del genere.
Michael Green: Beh, ecco, hai appena fatto il tuo primo errore… Quello che serve capire non è solo il numero di investitori, ma il fatto che gli investitori passivi, secondo la definizione accademica, non potrebbero nemmeno entrare nel mercato. Non c’è un meccanismo che permetta loro di entrare o uscire… E quello che ha scoperto [Valentin Haddad, economista della UCLA] è che gli investitori attivi reagiscono solo parzialmente all’aumento dell’investimento passivo…. E man mano che il passivo cresce, quelli che cercavano di compensarlo alla fine si rendono conto che non possono più influenzare il mercato. E allora si arrendono. Si uniscono al nemico… Ed è esattamente quello che sta accadendo oggi…
Riccardo: Bene, quindi quale sarà il risultato negativo che, prima o poi, si manifesterà?
Michael Green: Beh, è il classico fenomeno del teatro affollato in cui scoppia un incendio e tutti devono usare l’uscita nello stesso momento. Le persone non si rendono conto di quanto il teatro sia diventato affollato… L’uscita può gestire solo un certo numero di persone che cercano di andarsene contemporaneamente…
Riccardo: Quindi potrebbe esserci un evento esogeno che scatena una sorta di panico collettivo e non c’è abbastanza liquidità per far funzionare il mercato correttamente. È corretto?
Michael Green: Sì, esatto. Questo è il meccanismo tecnico con cui si manifesta. Ma il modo più semplice per pensarci è proprio come un club notturno sovraffollato. Tutti gli sforzi sono rivolti ad aumentare l’afflusso, ma nessuno pensa all’uscita.
Riccardo: Permettimi di porre un contro-argomento… se dovesse verificarsi un evento simile, i target date funds sarebbero obbligati ad acquistare azioni proprio mentre altri le stanno vendendo, per ribilanciare l’allocazione del portafoglio… Non è qualcosa che potrebbe compensare il problema di cui ci stai mettendo in guardia?
Michael Green: La risposta breve è: sì, questi sono elementi stabilizzanti. Quello che descrivi sono strategie di allocazione sistematica del portafoglio che reagiscono solo ai segnali di prezzo… Ma questo presuppone che il flusso di capitali continui a crescere… Se invece è il fondo stesso la fonte della volatilità, perché gli investitori stanno vendendo quote per finanziare la pensione, allora il meccanismo di ribilanciamento viene meno… Invece di stabilizzare il mercato, in certe condizioni i target date fund possono amplificare il problema.
Riccardo: Chiaro. Dunque, dato che ci troviamo in questo scenario e nessuno può fermare individualmente il processo, cosa dovrebbe fare un investitore?
Michael Green: Beh, purtroppo questo è il colpo di grazia per il sistema, giusto? Questa è una vera tragedia dei beni comuni… In questo contesto, con una crescita continua dell’investimento passivo, il tuo incentivo è quello di unirti alla festa e, in molti modi, cercare addirittura di amplificarla… A questo punto, il tutto è largamente determinato da fattori demografici… Ironia della sorte, questo significa che il mercato azionario diventa sempre più inefficiente a livello micro, cioè i singoli titoli non riflettono più il loro reale valore individuale, ma invece diventano macro-efficienti, rispecchiando le grandi componenti cicliche della demografia e del ciclo economico.
Riccardo: Se posso riassumere, è come l’inquinamento: fa bene al singolo individuo, ma è dannoso per la società nel suo insieme. Io non dovrei usare la mia auto, ma personalmente mi conviene guidare e continuare a inquinare l’ambiente.
Michael Green: Sì, capisco l’analogia, ma non mi piace del tutto… E l’inquinamento, in quel contesto, è universalmente considerato un male. Tutti lo vediamo… Ma i prezzi azionari alti? Quelli sono visti come una cosa positiva. Quindi siamo tutti felici di partecipare al gioco, finché lo sono.
Riccardo: finché lo sono. Il governo, i regolatori, la SEC dovrebbero intervenire per fare qualcosa?
Michael Green: Sì, ma non lo faranno.
Riccardo: Perché, secondo te? Sì, certo.
Michael Green: Beh, ci sono un paio di ragioni. L’inquinamento è facile da vedere e tutti lo condannano. Ma i prezzi azionari alti? Possono essere un’ottima cosa, oppure possono essere una bolla… E questa, sfortunatamente, è l’essenza del nostro attuale quadro normativo: “Non sappiamo davvero cosa sta succedendo, ma siccome tutto sembra andare bene, meglio non toccare nulla.”
Riccardo: Credi nell’idea che BlackRock, Vanguard e State Street finiranno per dominare il mondo, grazie al peso che hanno nei consigli di amministrazione di quasi tutte le grandi aziende globali? Beh, forse non era il modo migliore per esprimerlo, ma intendo dire che hanno un enorme potere di voto in tantissime aziende, semplicemente per via delle quote che detengono. Si
Michael Green: No, non penso che quello sia il vero problema. Il problema centrale è che queste istituzioni sono cresciute fino a dimensioni enormi rispetto a qualsiasi altro attore sul mercato… Una concentrazione di potere del genere non si era mai vista prima nell’industria finanziaria… E questo significa che i vantaggi legati alla dimensione si sono accumulati in poche mani, e ora questi colossi sono in grado di influenzare le politiche per rafforzare ulteriormente la propria posizione dominante… E purtroppo, questo significa che sono proprio le autorità di regolamentazione il principale motore dell’aumento del rischio di mercato.
Riccardo: Capisco. Prima di chiudere, così in maniera semiseria, dacci un consiglio finanziario. Immagina l’investitore medio in Europa, che investe X percento del proprio patrimonio nell’MSCI World o nell’MSCI All Countries. Questo significa avere il 60-70% esposto agli Stati Uniti, e quindi, in larga parte, nelle Magnificent Seven e in poche altre aziende… Come suggeriresti di comportarsi per prendere decisioni di investimento sensate in questa situazione?
Michael Green: Purtroppo, il motivo per cui ci troviamo in questa situazione è proprio quello che ho citato in precedenza: il modello di Valentin Haddad… non credo che queste siano necessariamente le migliori aziende che il mondo abbia mai visto… Il secondo punto che voglio sottolineare, ed è il consiglio più importante per tutti gli investitori, è: Investi in base a ciò di cui hai bisogno, non in base a ciò che vogliono gli altri…. Oggi ci troviamo in un momento interessante, in cui i tassi di interesse reali, aggiustati per l’inflazione, sia negli Stati Uniti che in Europa, sono molto più attraenti rispetto agli ultimi decenni. Quindi, il mio consiglio è: Valuta se puoi raggiungere i tuoi obiettivi con un rischio relativamente basso e, dove possibile, sfrutta questa opportunità.
Riccardo: Quindi, se posso riassumere, non cercare di stare al passo con i vicini, keeping up with Jonses, e investire di più in obbligazioni. No, Jones non era italiano, ma conosciamo il modo di dire.
Michael Green: Sì, questa è la conclusione ovvia. Anche se non sapevo che Jones fosse un cognome italiano. Forse dovremmo dire “Non cercare di stare al passo con i Ferraro”, giusto? No, seriamente: investi in base ai tuoi obiettivi, non a quelli del tuo vicino.
Riccardo: A proposito, hai menzionato Bitcoin. Ovviamente, anche lì c’è molto FOMO… Qual è il tuo punto di vista? Diciamo la teoria del “greater fool”. Si, certo.
Michael Green: Dato che questa cosa sta guadagnando sempre più quote di mercato, siamo di nuovo nel territorio del beauty contest Keynes, giusto? Bitcoin rientra nello stesso schema di fondo… Nel caso di Bitcoin, la struttura fondamentale è chiara: è uno schema Ponzi. Può generare rendimenti per gli investitori attuali solo attirando nuovi investitori… Che succeda oggi o domani dipende solo da quanti partecipanti credono ancora che sia la “ragazza più bella del concorso”… la finanza tradizionale, sotto la mia analisi dell’investimento passivo, sta diventando sempre più simile a Bitcoin.
Riccardo: Wow. Michael, il tempo sta per scadere. So che hai un altro impegno a breve. Non posso ringraziarti abbastanza per questa conversazione così profonda e illuminante. A presto.
Michael Green: Grazie, Riccardo. Il piacere è tutto mio. A presto.
Testo Conclusivo
E questo è tutto gente. Spero che l’episodio vi sia piaciuto e che non vi abbia messo troppa ansia. Può essere che abbia ragione. Può essere che alla fine abbiano ragione gli altri. Può molto probabilmente essere che la verità stia nel mezzo e che magari in futuro assisteremo sì a grandi crolli verticali, ma anche a nuove riprese esplosive, consapevoli che mantenere la rotta, diversificare e gestire con buon senso il rischio del nostro portafoglio sarà sempre la migliore risposta possibile che possiamo dare a tutti i nostri dubbi. Ringrazio di cuore Michael per aver accettato il mio invito e per gli inestimabili spunti che ha condiviso con noi. Prima di lasciarci vi invito come sempre a mettere segui e attivare le notifiche su spotify, apple podcast o dove ci ascoltate e a lasciare una recensione a 5 stelle per supportarci e permetterci di continuare a produrre contenuti che vi fanno conoscere dei bad guy che in realtà sono giganti buoni che con i loro moniti ci fanno sicuramente diventare investitori più avveduti sempre nuovi.
Per questo episodio invece è davvero tutto e noi ci rivediamo domenica prossima con un nuovo appuntamento insieme in cui parleremo di quel che l’intelligenza artificiale generativa ha da dire sul mio portafoglio sempre qui naturalmente con The Bull – Il tuo podcast di finanza personale.
Recensioni
Quando capisci come funziona la finanza… ti viene voglia di raccontarla!
Non sono solito a mettere recensioni e specialmente non ascolto podcast, ma da quando ho iniziato questo, faccio fatica a staccarmi, e quasi non posso più fare a meno di ascoltare e arricchirmi culturalmente.
Andrea V., 22 Set 2025Riccardo mi ha letteralmente cambiato la vita e fatto scoprire che amo la finanza, ho ascoltato il podcast già due volte e non mi stufo mai di ascoltarlo, parla in modo semplice e chiaro
Massimo D., 23 Set 2025La mia ignoranza in materia mi ha sempre creato dei dubbi, ma grazie a un amico ho iniziato ad ascoltare il podcast. Per fortuna che ho 24 anni e un po' di tempo e soldi da dedicarmi a imparare le varie nozioni per me stesso. Grazie mille!
Luca G. 10 Ott 2025Ho acquistato e letto il suo libro e l' ho trovato. Esprime i concetti economici in modo semplice e chiaro. Sentirlo parlare conferma che è un professionista del settore.
Giulia N., 11 Ago 2025Da quando l'ho scoperto in 15 gg mi sono ascoltato 150 puntate senza fermarmi, ho annullato gli altri podcast per portarmi alla pari ed ascoltare tutte le precedenti puntate, ben fatto, esattamente il livello di informazione che mi serviva
Gianluca G., 11 Set 2025Dovrebbero ascoltarlo buona parte degli italiani e io avrei dovuto scoprirlo con qualche anno in anticipo ma meglio tardi che mai
Matteo C., 3 Set 2025Podcast piacevole, scorre veloce ma in modo estremamente chiaro, spiega i concetti chiave per gestire le proprie finanze, fornendo la classica cassetta degli attrezzi. Complimenti, davvero ben fatto!
Massimiliano, 29 Mag 2024Veramente interessante, chiaro e conciso. Cambia la vita finanziaria di chiunque.. da ascoltare assolutamente anche per chi di finanza non vuole occuparsi mai
Francesca B., 6 Apr 2024Podcast che dà sempre spunti interessanti che personalmente mi ha fatto appassionare alla finanza personale spingendomi ad approfondire in prima persona.
Lorenzo, 13 Mar 2025