Perché i Mercati Crollano – Manuale di Sopravvivenza
Purtroppo i mercati, ogni, tanto, non possono fare a meno di crollare. Così e sempre stato e sempre così sarà. Capiamo insieme i 4 principali tracolli di mercato degli anni 2000, cosa li hanno causati e come comportarci in vista della prossima, inevitabile, crisi finanziaria. Con la partecipazione straordinaria di Fabio Caressa e Steve Carell.

Risorse
Punti Chiave
Le crisi finanziarie sono cicliche; la preparazione è fondamentale.
Nel lungo termine i mercati salgono; i ribassi offrono opportunità d'acquisto.
Ignora la volatilità a breve termine; la psicologia è cruciale per non cedere al panico.
Trascrizione Episodio
Bentornati a The Bull – Il tuo podcast di finanza personale
Ebbene sì miei cari compagni di viaggio e futuri milionari, a volte i mercati crollano.
Purtroppo le cosiddette correzioni dei mercati fanno parte dei cicli economici e per quanto ci faccia girare le palle vedere il valore dei nostri titoli scendere, dobbiamo farcene una ragione perché così è sempre stato e sempre così sarà.
Dentro di noi ingenuamente speriamo che non sia così e che non ci sia più nessuna crisi economica da dover affrontare ma inevitabilmente ogni tanto ciò capiterà di nuovo e, volenti o nolenti, non possiamo far altro che prepararci nel migliore dei modi.
Nel suo celeberrimo ed omnicitato libro The Seven Habits of the Highly Effective People, tradotto in Italiano con le 7 Regole per per avere successo, Stephen Covey racchiude l’ultima regola nell’espressione “Sharpen The Saw” ossia: affila la sega.
La metafora risale forse ad Abraham Lincoln che pare avesse detto che se avesse avuto 2 ore di tempo per segare un albero, avrebbe speso la prima ora e mezza ad affilare la sega.
L’idea è quella di dedicare il massimo tempo possibile alla preparazione, piuttosto che buttarsi a capofitto nell’azione, senza guida e senza competenza, con l’obiettivo di dissipare tempo, sforzi ed energie senza conseguire alcun risultato.
Sulla base di questo principio, oggi voglio quindi parlarvi di come attraversare una crisi dei mercati finanziari, prima che essa arrivi (così quando arriva siete pronti e non sbroccate).
Di cosa parliamo oggi quindi?
Beh, pensavo di raccontarvi molto velocemente le 4 più importanti crisi finanziarie degli anni 2000, giusto per capire cosa succede prima, durante e dopo un tracollo dei mercati.
Allo stesso tempo proveremo a capire come affrontarle, sia dal punto di vista pratico che psicologico.
Ah quando parliamo di crisi non parliamo di noccioline.
Parliamo di sberle sui denti che assottigliano per bene i patrimoni contenuti nei portafogli e che possono portare ad anni di sofferenza.
Vi racconto una storia.
Immaginatevi un bravo e saggio risparmiatore che all’inizio del 1998, speranzoso che l’Italia di Cesare Maldini quell’anno sbancasse i mondiali di Francia, avesse infuso anche lo stesso ottimismo nei mercati finanziari decidendo di investire l’equivalente in lire di 50.000 € che aveva da parte in un classico portafoglio 70/30 e per semplicità diciamo 70% azionario globale e 30% obbligazionario governativo globale.
Come ricordiamo tutti, il nostro mondiale finì ai quarti con il rigore di Di Biagio stampato sulla traversa di Barthez ma all’alba del nuovo millennio il nostro buon amico potè consolarsi con circa 70.000 € nel portafoglio, avendo magicamente creato dal nulla ben 20.000 € in solo un paio d’anni, semplicemente approfittando dell’ultima fase di gloria degli anni ’90, forse il decennio migliore di sempre dell’economia occidentale.
Felice come una Pasqua, nell’estate del 2000 questo signore si stava già immaginando, oltre che di vincere a questo giro almeno gli Europei in Olanda, di lì a pochi anni di accumulare milioni e andarsene beatamente in pensione ancora nel fiore degli anni.
Verso la fine del 2000, però, oltre al fatto che Trezeguet ci avrebbe soffiato l’europeo ai tempi supplementari con l’assurda regola di allora del golden goal, qualcosa inizia a non funzionare più sui mercati e la magia di quegli ultimi 3 anni di crescita verticale del suo portafoglio sembrava svanire tutta d’un tratto.
Vi salto i passaggi intermedi, però insomma la questione è che dal picco massimo di quell’estate, con il suo portafoglio arrivato a quasi 80.000 €, neanche due anni dopo il valore dei suoi investimenti sarebbe crollato addirittura verso i 50.000 €.
In pratica 5 anni di montagne russe per poi tornare esattamente al punto di partenza.
Il nostro buon amico però non molla, ha letto da qualche parte che non bisogna svendere i propri investimenti durante le crisi e ha il coraggio di mantenere i suoi soldi investiti aspettando che il mercato si riprenda (anche se col cazzo che gli passa per l’anticamera del cervello di mettere dentro altri soldi!).
Il tempo in effetti sembra dargli ragione.
Intanto nel luglio 2006 Fabio Grosso, il più improbabile degli eroi, ci regala il Mondiale sotto il cielo di Berlino e la gioia del nostro investitore continua fino all’ottobre del 2007 i suoi investimenti tornano sopra gli 80.000 €.
Il peggio è passato, da qui possiamo ricominciare la nostra strada verso la libertà finanziaria, pensa il nostro amico investitore.
E poi?
Eh, e poi tra fine 2007 e inizio 2008 venti di tempesta soffiano dall’Atlantico, perché il mercato immobiliare americano inizia a scricchiolare di brutto trascinandosi dietro tutte le piazze finanziarie del mondo.
E infine arriva il 15 settembre del 2008, giorno in cui la venerabile banca d’investimento Lehman Brothers, con oltre 600 miliardi di dollari di asset in gestione (l’equivalente di quasi 900 miliardi di oggi) dichiara bancarotta e, contro qualunque previsione, viene lasciata fallire dal governo americano gettando nel panico l’intera economia globale e scatenando la peggiore recessione economica di tutta l’epoca post bellica.
Per il nostro buon amico deve essere stata dura perché un anno dopo i suoi tanto agognati investimenti erano nuovamente tornati in area 50.000 €.
Insomma, 12 anni di paziente investimento sul mercato per ritrovarsi ancora una volta al punto di partenza, più vecchio, più stanco, più sconfortato e convinto ormai che la tanto decantata macchina da soldi del mercato azionario, in realtà sia solo una gigantesca fuffa.
A quel punto, stanco di aspettare, il nostro disincantato amico decide di vendere tutto prima di ritrovarsi in una terza e magari definitiva crisi e investire quei soldi nell’acconto per comprarsi un appartamento al mare e tanti saluti a tutti, altro che gli investimenti finanziari!
Ragazzi, mi raccomando, se lo incontrate non ditegli nulla.
Però che rimanga tra noi.
Non fosse uscito dal mercato nel 2009, oggi quel signore avrebbe oltre 220.000 €!
Non spezziamogli il cuore però e lasciamolo sereno a finale ligure a godersi i suoi meritati week end di relax.
Ah questo personaggio di cui abbiamo parlato aveva un amico.
Quest’amico era un po’ più scettico verso l’euforia degli anni ’90 sui mercati azionari e aveva quindi adottato una strategia più conservativa e invece che mettere i soldi one shot, decise di investire 500 € al mese in un analogo portafoglio.
Volete sapere com’è andata?
Beh nel marzo del 2009, nel momento di picco minimo, questo suo amico era anche lui praticamente in pari.
Aveva infatti investito 69.000 euro e ne avrebbe avuti più o meno 71.000 come controvalore del suo portafoglio.
Lui però sapeva che non era il caso di uscire di mercato e decise di continuare a darci dentro, anche perché facendo involontariamente dollar-cost-averaging, in realtà soffrì meno le altalene delle borse.
Nell’estate del 2023 questo secondo signore avrebbe investito complessivamente 153.000 euro e ne avrebbe avuti in tasca quasi 400.000.
Sì, lo so cosa state pensando.
Ma come? Per 29 episodi non ci hai detto altro che bisogna risparmiare e investire, che se investi negli indici ogni tot anni raddoppi e invece queste persone per quasi 12 anni non hanno praticamente guadagnato nulla!
E se capita di nuovo una cosa del genere?
Che senso ha investire se rischio tra 12 anni di ritrovarmi con gli stessi soldi di prima! se non meno.
Oh gente? Ma quante volte abbiamo parlato di orizzonte temporale?
Se il tuo orizzonte temporale è 12 anni, intanto non investi in un portafoglio 70/30 ma magari ti riempi di titoli di stato governativi e non mi rompi.
Guadagnerai poco, forse neanche abbastanza da compensare l’inflazione, ma il guadagno nominale è praticamente certo.
Se invece vuoi provare a far svoltare la tua vita, è chiaro che non puoi aspettarti di farcela in 10 anni. O meglio. Dipende da che decennio becchi.
Se il prossimo decennio fosse simile al periodo 2011-2021 o ancora meglio! a quello 1990-2000, fuochi d’artificio!
Se però ti gira male e il prossimo decennio sarà tipo il 2000-2010, beh mio buon amico, stai fresco e cara grazia se dopo 10 anni non sei in negativo.
Cosa fare quindi?
Come gestire una situazione così incerta e così stressante?
Oh stai ascoltando THE BULL no? Mo te lo spiego.
Prima però, capiamo un attimo quali sono stati i peggiori crolli di mercato del terzo millennio, cosa li hanno causati e che caratteristiche comuni hanno, tutto ciò molto velocemente che non voglio farvi dormire.
Allora:
2000-2003: Dot.com Bubble, la crisi delle dot.com.
Questa crisi è chiamata così per via della smania esagerata che si era generata per il settore tecnologico e per le innumerevoli società legate ad internet e alle prime forme di e-commerce che sbocciavano ovunque come funghi e che avevano raggiunto valutazioni miliardarie senza i benché minimi valori fondamentali dietro e senza essere in grado di generare un solo dollaro di utile.
Il grandissimo Economista e premio Nobel Robert Shiller pubblicò nel marzo del 2000 un meraviglioso e celeberrimo libro dal titolo Irrational Exuberance, nel quale con un tempismo perfetto mise in guardia rispetto al tracollo che di lì a poco si sarebbe verificato per via delle insostenibili valutazioni delle azioni di quel tempo.
Ovviamente non fu ascoltato e crollò tutto con la Fed che stette a guardare ma la cosa davvero divertente è che nel 2005 uscì una seconda edizione del libro in cui Shiller in pratica ribadiva che i mercati erano tornati nuovamente ad essere sopravvalutati – sia quello azionario che quello immobiliare – e ancora una volta 2 anni dopo purtroppo i fatti gli diedero nuovamente ragione (e anche al secondo giro non fu ascoltato).
Vi metto il link negli shownote, il libro esiste anche in Italiano ma attenzione che la lettura non è esattamente una passeggiata.
Comunque per farla breve cosa successe nel 2000. Shiller identifica 12 fattori alla base dell’euforia irrazionale del mercato azionario che portò poi al tracollo, su cui non vi sto ad annoiare, però una delle cause più rilevanti fu che si era creata questa incredibile mania per le società tecnologiche e per internet e si credeva che internet sarebbe stata la nuova frontiera di tutto, mandando in orbita le quotazioni azionarie di tutte le borse.
L’aspetto ironico è che in realtà ciò era vero.
Internet è davvero diventato un universo tanto importante quanto quella della vita reale.
Prendiamo le 7 società più grandi dell’S&P 500: Apple, Microsoft, Amazon, Google, Meta, Nvidia e Tesla.
3 di queste sono dei pure player digitali, ossia esistono solo su internet e per internet (Amazon come e-commerce, Google come motore di ricerca e Meta come provider di social media).
Apple e Microsoft fanno prodotti e software ma senza internet tanto un iphone, quanto il cloud e le soluzioni di Windows e Office non avrebbero gran ragion d’essere.
Nvidia fa chip soprattutto per gaming e applicazioni di intelligenza artificiale ma immaginatevi la loro utilità se non esistesse internet.
Persino Tesla, che fa automobili, le vende online e senza internet avrebbe un modello di business completamente diverso (senza contare che Tesla è Tesla perché Elon Musk a suo tempo creò e vendette PayPal, da cui incassò 200 milioni di dollari che reinvestì nel suo gioiello elettrico).
Oggi internet è tutto (o quasi).
Però nel 2000 il mercato non era ancora pronto e quando i nodi vennero al pettine sia le prime società digitali che tutte le società legate alla fornitura di infrastrutture e tecnologie per la comunicazione crollarono a picco.
Comunque sia, lo schema abbastanza tipico di quella crisi è stata l’euforia irrazionale verso l’acquisto compulsivo di azioni con costi elevatissimi e zero profitti fino a che il castello di carta non è venuto giù trascinandosi dietro tutto il mercato.
Veniamo poi al 2007-2009: la crisi immobiliare e la Grande Recessione.
Qui vi consiglio un film fantastico, che ho già citato in precedenza, dal titolo The Big Short, in Italiano la Grande Scommessa.
Attori pazzeschi: Christian Bale, Steve Carell, Brad Pitt e Ryan Gosling giusto per citare i maggiori.
Il film è la versione cinematografica di un bellissimo libro scritto da Michael Lewis dal titolo omonimo che, come qualunque altro libro di Michael Lewis, vi consiglio caldamente di leggere.
In pratica il libro e il film ripercorrono le vicende di alcuni investitori fuori dal coro che in qualche modo previdero l’imminente crisi di quegli anni e fecero operazioni finanziarie ai limiti della fantascienza (benché con il senno di poi perfettamente logiche) che permisero loro di guadagnare miliardi mentre il resto del mondo colava a picco.
Ora, io lo so che tutti voi sapete che nel 2007-2009 c’è stata sta crisi della madonna ma sono altrettanto certo che almeno metà di voi non ha la più pallida idea di cosa abbia causato il peggior disastro economico del dopoguerra.
Quindi attenzione per pochi minuti che vi spiego una volta per tutte che diavolo è successo in quegli anni così poi alla prima cena in cui vi capiterà di parlare di finanza spicciola tirerete fuori una perla dietro l’altra e sarete gli spocchiosi eroi di quella serata.
In sostanza tutto è cominciato negli anni ’70 con la pratica nota come “cartolarizzazione dei mutui”, la cui invenzione è attribuita a Lewis Ranieri (e come poteva non esserci qualcuno di origine Italiana ad inventarsi una mega furbata finanziaria??)
Comunque sentite un po’ parliamo di quel processo per cui le banche, invece di accontentarsi del noioso interesse sui prestiti per la casa, avevano iniziato a impacchettare diversi mutui tra di loro e vendere così dei prodotti finanziari noti come MBS, ossia mortgage-backed-securities, che sono titoli finanziari che, la dico male, generano un rendimento derivante dagli interessi sui mutui sottostanti.
Cioè invece che ricevere il semplice pagamento delle rate dal singolo contraente, con questi prodotti le banche rivendevano un tot di mutui impacchettati insieme e chi li acquistava riceveva una quota dei flussi di pagamento dei debitori.
In questo modo le banche trasferivano il rischio di default dei mutui ai soggetti che compravano gli MBS, i quali a loro volta erano tranquilli e sereni per il fatto che il rischio era diversificato dato che ogni “pacchetto” comprendeva numerosi mutui e quindi anche se qualcuno di essi non veniva pagato non era un particolare problema.
Il problema vero, però, è che questa pratica ha incentivato le banche di mezzo mondo e tutti i soggetti che erogavano prestiti a concedere mutui a chiunque, anche a disoccupati senza il benché minimo requisito creditizio, perché tanto i mutui venivano accorpati insieme e poi venduti ad altri che si accollavano così il rischio.
A complicare le cose ci si è poi messa l’invenzione dei cosiddetti CDO, ossia dei Collateralized Debt Obligation, cioè obbligazioni che hanno diverse forme di debito come asset collaterale.
Per farla breve, queste mostruosità finanziarie erano una zuppa composta da diversi tipi di debito, quindi non solo mutui ma anche debiti delle carte di credito, prestiti universitari, prestiti per le auto, eccetera e chi li comprava guadagnava sugli interessi pagati su questi debiti.
Questi CDO erano divisi in tranche, che avevano diversi livelli di rischiosità e di rendimento e diverse priorità di pagamento (quelli meno rischiosi avevano interessi più bassi ed erano rimborsati per primi e viceversa).
E siccome a Wall Street non si accontentavano di fare i miliardi vendendo questi CDO, sono stati inventati dei mostri al quadrato come i CDO di CDO e i CDO sintetici o come dice Steve Carell nel film “what the fuck a Synthetic CDO is, that’s fucking crazy!!!! “, che praticamente sono delle complicatissime e gigantesche scatole cinesi piene zeppe di debiti di cui era fondamentalmente impossibile valutare correttamente l’origine e la rischiosità, con la benedizione delle agenzie di rating che regalavano triple AAA a destra e a manca in cambio di lauti compensi.
Tutto è andato benissimo fino al 2007 quando poi quei tutti quegli sprovveduti Americani che avevano sottoscritto mutui o ogni altra forma di prestito senza avere un soldo bucato hanno iniziato a diventare insolventi uno dopo l’altro e come un castello di carta sono venuti giù centinaia di miliardi di dollari di prodotti finanziari che si reggevano sul fatto che i debiti sottostanti venissero onorati, almeno entro certi limiti.
Lehman Brothers era un colosso bancario gigantesco specializzato in questo tipo di investimenti e in particolare con una fortissima esposizione al mondo immobiliare.
Quando la grande abbuffata è finita, ci si è accorti che i CDO erano fatti fondamentalmente di diversi strati di debiti deteriorati e quindi i bilanci di tutte le grandi istituzioni finanziarie, Lehman in primis, sono crollati perché il valore dei loro investimenti in questi prodotti, così come il valore degli immobili a garanzia, era sprofondato.
Il contagio si è propagato praticamente in tutte le banche del mondo e questo ha causato un effetto domino nel mondo finanziario e la più disastrosa crisi economica che chiunque non sia nato negli anni ’20 del secolo scorso ha mai vissuto.
Chiaro no?
Vendi un sacco di schifezze diversificate per farle sembrare prodotti sicuri ma alla fine sempre di schifezze stiamo parlando e il patatrac è servito.
Ragazzi io allora avevo poco più di 20 anni, mi ricordo bene lo stato di ansia che si provava ogni giorno guardando il telegiornale (sì allora si guardava ancora il TG) vedendo le borse di tutto il mondo crollare, milioni di persone senza lavoro, gente senza più un tetto sopra la testa, aziende ovunque fallite e tutto ciò se capire una cippa del motivo.
I termini in gioco sono complessi ma in realtà la causa è stata piuttosto semplice. Troppa avidità, troppa euforia, troppa assunzione di rischio e alla fine il mercato trova sempre la strada per tornare in equilibrio.
Finita la tempesta, comunque, dal marzo 2009 al marzo 2020 abbiamo poi assistito, con poche eccezioni, ad un incredibile periodo di crescita dei mercati di tutto il mondo, grazie soprattutto al doping di politiche monetarie ultraespansive a tassi di interesse bassissimi che hanno letteralmente inondato il mondo di denaro a basso costo tramite cui si è potuta finanziare la crescita dell’economia globale.
Tutto bene per 10 anni e poi a inizio 2020 arriva il Covid-19, eccheccazzo!
Nel solo Marzo l’S&P 500 fa -30% e il mondo sembra sull’orlo di finire, vi ricordate no? Tutto chiuso, migliaia di morti ogni giorno, nessun farmaco esistente allora in grado di contrastare l’avanzata della pandemia, insomma un macello di proporzioni Bibliche.
Questa volta però successe qualcosa di strano perché in realtà il mercato si riprese ad una velocità impressionante, trainato in primis dalle realtà Tech che beneficiarono in maniera spropositata alla corsa alla digitalizzazione necessaria a riconvertire il mondo che conoscevamo in un nuovo mondo in cui tutto sarebbe funzionato da remoto – e di un nuove fiume di denaro alimentato dalle Banche Centrali con tassi di nuovo a zero.
A gennaio 2021 arriva poi la tanto agognata notizia. Pfizer ha trovato il vaccino, Moderna ci sarebbe arrivata subito dopo, Astrazeneca avrebbe invece messo insieme un intruglio fatto col piccolo chimico che sarebbe poi stato ritirato, comunque sia il mondo era pronto a risorgere.
Non è un caso che il 2021 sia stato un anno leggendario per le borse, animate da questo incredibile entusiasmo e nuovo ottimismo verso una nuova era in cui tutto sarebbe andato ad una velocità mai vista prima.
L’S&P 500, trainato come sempre dalle grandi realtà tech, quell’anno crebbe del 27% e rispetto al picco negativo del marzo 2020 il suo valore era praticamente raddoppiato.
Come poteva finire questa meravigliosa favola in cui il mercato aveva sfondato i suoi nuovi massimi assoluti?
Molto semplice: questa nuova euforia post covid si portò dietro i germi di un’enorme inflazione che non si vedeva in occidente dagli anni ’80 e per non farci mancare nulla nel febbraio del 2022 Vladimir Putin decise che si era rotto il cazzo che l’Ucraina fosse uno stato sovrano e indipendente e quindi decise di riportare la guerra in Europa dopo quasi 80 anni dalla fine della seconda guerra mondiale.
Risultato:
– prezzi del gas alle stelle;
– inflazione galoppante (oltre il 10% in Italia);
– tensioni internazionali tra Stati Uniti e Cina che non sto neanche a dirvi e in più, grande novità del 2022,
– la più rapida e aggressiva politica di rialzo dei tassi di interesse mai vista in Occidente, con gli Stati Uniti che sono passati da praticamente ZERO al 5,25% in un anno, nel tentativo di disinnescare il prima possibile quella bomba a orologeria rappresentata dall’iperinflazione.
Ora, voi che seguite questo Podcast da mesi, sapete bene che quando i tassi di interesse salgono, soprattutto se salgono a manetta in questo modo, succedono due cose:
1) le obbligazioni crollando di valore (se non vi ricordate perché ascoltatevi il noioso episodio numero 4 di The Bull in cui vi spiegavo il motivo); e poi
2) generalmente le azioni tracollano perché se l’aria che tira è quella di Banche Centrali che alzano i tassi di interesse ciò significa che il denaro sarà più costoso, sarà più difficile fare investimenti, si faranno meno mutui, si consumerà meno, i profitti si ridurranno, aumenterà la disoccupazione, si andrà forse in recessione e così via.
Il 2022 passerà quindi alla storia come uno dei peggiori anni della storia delle borse occidentali, nonché uno dei rarissimi anni in cui sia le azioni che le obbligazioni sarebbero crollate a picco contemporaneamente.
L’S&P 500, dal picco di fine dicembre 2021 al punto più basso dell’ottobre del 2022, avrebbe perso oltre il 24%.
Dove siamo oggi?
Allora Agosto non è stato esattamente un buon mese, però comunque tutto si può dire tranne che il 2023 non sia stato sinora un ottimo anno per i mercati, con l’S&P 500 e l’azionario globale che hanno fatto il +15% da inizio anno. Certo, non siamo ancora tornati sui massimi del dicembre 2021, ma questa è anche buona buona notizia per chi vuole investire oggi perché significa che non starebbe entrando nel mercato durante un picco.
Ora, abbiamo visto 4 momenti drammatici negli ultimi 20 anni in cui ogni due per tre il mercato sembrava sprofondare verso un abisso senza fondo.
Quali sono le lezioni che dobbiamo portarci a casa:
LEZIONE NUMERO UNO: diffidate delle eldorato.
Niente dura per sempre.
Un mercato che cresce in maniera pazzesca prima o poi torna giù perché ad un certo punto raggiunge un livello critico oltre il quale le bolle scoppiano e i valori delle azioni ritornano ad essere più coerenti con i valori fondamentali delle società che rappresentano.
Dal punto di vista operativo questo cosa comporta?
Comporta il non buttarsi a capofitto in un investimento perché stiamo vedendo tutto il mondo intorno a noi che fa soldi e non vogliamo rimanere giù dal treno.
Non fate mai all in in questi momenti, mantenete sempre un approccio ponderato, un’asset allocation coerente con la vostra situazione personale e con il vostro orizzonte temporale e, soprattutto se entrate nel mercato in una fase rialzista, investite gradualmente facendo dollar-cost-averaging così da proteggervi nel caso di un crollo imminente.
Detto altrimenti: prendete decisioni di investimento che seguono logiche di lungo termine e che prescindono da situazioni contingenti e dalle mode del momento.
LEZIONE NUMERO DUE: i mercati tornano su (perlomeno sino ad ora è stato così).
Oltre un secolo di vita dei mercati azionari ci raccontano di un percorso che nel lungo termine tende sempre ad andare verso l’alto e a raggiungere valori massimi ogni volta superiori ai precedenti.
Ciò significa che succederà per sempre? Ovviamente è impossibile dirlo.
Tuttavia è abbastanza rassicurante sapere che lo sforzo comune dell’umanità, rappresentata dai suoi soggetti economici, va in quella direzione e che quindi, per non saper né leggere né scrivere, oggi le probabilità sono più a favore di un mercato che nel lungo termine continuerà a salire piuttosto che il contrario.
Magari meno che in passato, ma quando leggo una previsione pessimistica – per quanto valgano le previsioni – sul rendimento a lungo termine dei mercati, si parla eventualmente di una crescita più contenuta, mai di una decrescita.
Quindi, ogni tanto i mercati crollano, sì, ma niente panico, fa parte della natura delle cose.
Indicazione operativa: per quanto sembri controintuitivo, cercate di investire il più possibile nei momenti in cui i mercati vanno giù e al contrario mantenete un approccio prudente mentre vedete il mercato correre e tutti che ci si buttano dentro a capofitto.
Ricordatevi sempre che una crisi comincia sempre con un picco di mercato.
E ricordatevi sempre la lezione del grande Warren Buffett: Be greedy when others are fearful and fearful when other are greedy.
LEZIONE NUMERO TRE: ignorate quello che succede sul mercato, perlomeno nel breve termine.
Nell’arco di 10 anni, un anno in cui il mercato fa -20, -30, -40 e forse la prossima volta anche peggio lo beccherete quasi certamente.
Ma cercate per quanto possibile di essere imperturbabili durante le fasi negative.
Chi vi sta parlando è un pessimo esempio di applicazione di questo principio perché sono uno che costantemente tiene monitorati gli andamenti degli indici, è felice quando l’S&P 500 fa un + zero virgola qualcosa e si deprime quando succede l’opposto.
Per non parlare di momenti come lo scorso Marzo o i primi 20 giorni di Agosto con il mercato che ha operato forti correzioni – oddio forti, stiamo parlando al massimo del 3-4% – ma subito che mi è scesa la morte nel cuore.
Nonostante faccia questa podcast e in questo podcast spieghi in maniera cristallina che bisogna investire a lungo termine, senza curarsi troppo di quel accade mese dopo mese – figuriamoci giorno dopo giorno – NIENTE! gli essere umani sono irrazionali per natura e devo proprio costringermi con la forza bruta a chiudere lo smartphone e a ignorare quel che succede nelle Borse.
La stragrande maggioranza delle volte, infatti, il mercato va su e giù senza dei reali motivi apparenti e quindi, nonostante i tempestivi tentativi dei media, degli analisti e degli investitori professionisti di SPIEGARE cosa stia accadendo e perché, in realtà quasi sempre non sta succedendo nulla di spiegabile, il mercato fa il suo corso, mentre gli investitori amplificano i movimenti dei prezzi dei titoli più per emotività che per ragioni fondamentali.
Il miglior consiglio che posso dare invece a chi iniziasse oggi ad investire è il seguente.
Dopo aver pianificato tutto per bene (bilancio personale, budget, risparmio, fondo di emergenza, previdenza e assicurazioni) e dopo aver definito orizzonte temporale e propensione al rischio, investite senza curarvi di quel che succede mese dopo mese al vostro portafoglio e anzi, se possibile, cercate di essere contenti quando i mercati vanno giù perché quello sarà il vostro Black Friday per le azioni, dove potrete comprare a prezzi stracciati titoli che si rivaluteranno – probabilmente – nel futuro.
Chiudo rispondendo ad una possibile obiezione.
Mi potreste chiedere: “ma perché se si sa che nei momenti di crollo non bisogna vendere ma anzi intensificare gli investimenti, allora la maggior parte degli investitori vende a raffica e le borse crollano?”
Giusta domanda, perché infatti il crollo di un mercato è determinato proprio dal fatto che troppa gente tutta insieme si mette a vendere i propri titoli facendone crollare il prezzo per eccesso di offerta.
Allora i motivi sono molteplici, ma direi che fondamentalmente sono due:
IL PRIMO è di natura tecnica.
Il grosso degli investitori mondiali non siamo io e voi ma sono soprattutto grandi banche d’investimento, investitori istituzionali, fondi comuni, hedge fund, fondi pensione e così via.
Muovendo miliardi e avendo tendenzialmente dei clienti a cui rendere conto, tutti questi soggetti sono incentivati a ottenere risultati nel breve termine e sono poco propensi ad accettare crolli importanti nel breve, anche a fronte di possibili migliori guadagni futuri.
Probabilmente c’è anche un altro fatto tecnico dovuto al volume crescente di operazioni che non vengono svolte da essere umani ma da algoritmi che quindi in situazioni particolari tendono ad amplificare la volatilità.
IL SECONDO MOTIVO è di natura psicologica.
Tener duro quando il mercato va giù, ve lo assicuro, è veramente, veramente, veramente dura.
Serve molta autodisciplina e consapevolezza, perché altrimenti è un attimo che subentra il panico e la capacità di sopportare magari anche anni di portafoglio in negativo non è una cosa per tutti gli stomaci anche se, razionalmente, dentro di voi sapreste che tenere botta e anzi continuare ad investire sarebbe sempre la cosa migliore da fare.
Ma la pancia, lo sapete, batte la testa quasi sempre.
Cari amici e care amiche di THE BULL, ci stiamo avviando alla fine anche di quest’episodio.
Spero abbiate trovato i suoi contenuti interessanti e anche se non ci avete capito un cazzo di cosa ha causato le varie crisi che abbiamo raccontato, portatevi a casa almeno quest’unico takeaway: le crisi capitano, come vedete capitano abbastanza spesso e per quanto tragico sembri non è nulla di anormale. State sereni e mantenete la barra dritta con i vostri investimenti, in particolare ricordandovi i pilastri che abbiamo descritto nell’episodio sui 4 migliori amici dell’Investitore.
Detto questo vi ringrazio per essere giunti sino a qui e per la fedeltà con cui state seguendo questo podcast, mentre veleggiamo verso i 10.000 ascolti.
Grazie inoltre a tutti coloro che dalla scorsa settimana mi stanno scrivendo su Instagram, fatemi sapere soprattutto se c’è qualcosa che non vi piace di questo podcast o se ci sono specifici temi che vi piacerebbe venissero affrontati.
Come sempre vi invito invece a mettere segui e attivare le notifiche su qualunque piattaforma su cui state ascoltando il podcast e a lasciare una recensione a 5 stelle per supportarci e permetterci di continuare a produrre contenuti che in meno di mezz’ora vi spiegano come affrontare le grandi crisi globali mettendo assieme i mondiali di Calcio, film di Hollywood e complessi prodotti finanziari derivati sempre nuovi.
Per quest’episodio invece è davvero tutto e noi ci ritroviamo presto, qui e a breve su Instagram, con THE BULL – Il tuo podcast di Finanza personale.
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Ebbene sì miei cari compagni di viaggio e futuri milionari, a volte i mercati crollano.
Purtroppo le cosiddette correzioni dei mercati fanno parte dei cicli economici e per quanto ci faccia girare le palle vedere il valore dei nostri titoli scendere, dobbiamo farcene una ragione perché così è sempre stato e sempre così sarà.
Dentro di noi ingenuamente speriamo che non sia così e che non ci sia più nessuna crisi economica da dover affrontare ma inevitabilmente ogni tanto ciò capiterà di nuovo e, volenti o nolenti, non possiamo far altro che prepararci nel migliore dei modi.
Nel suo celeberrimo ed omnicitato libro The Seven Habits of the Highly Effective People, tradotto in Italiano con le 7 Regole per per avere successo, Stephen Covey racchiude l’ultima regola nell’espressione “Sharpen The Saw” ossia: affila la sega.
La metafora risale forse ad Abraham Lincoln che pare avesse detto che se avesse avuto 2 ore di tempo per segare un albero, avrebbe speso la prima ora e mezza ad affilare la sega.
L’idea è quella di dedicare il massimo tempo possibile alla preparazione, piuttosto che buttarsi a capofitto nell’azione, senza guida e senza competenza, con l’obiettivo di dissipare tempo, sforzi ed energie senza conseguire alcun risultato.
Sulla base di questo principio, oggi voglio quindi parlarvi di come attraversare una crisi dei mercati finanziari, prima che essa arrivi (così quando arriva siete pronti e non sbroccate).
Di cosa parliamo oggi quindi?
Beh, pensavo di raccontarvi molto velocemente le 4 più importanti crisi finanziarie degli anni 2000, giusto per capire cosa succede prima, durante e dopo un tracollo dei mercati.
Allo stesso tempo proveremo a capire come affrontarle, sia dal punto di vista pratico che psicologico.
Ah quando parliamo di crisi non parliamo di noccioline.
Parliamo di sberle sui denti che assottigliano per bene i patrimoni contenuti nei portafogli e che possono portare ad anni di sofferenza.
Vi racconto una storia.
Immaginatevi un bravo e saggio risparmiatore che all’inizio del 1998, speranzoso che l’Italia di Cesare Maldini quell’anno sbancasse i mondiali di Francia, avesse infuso anche lo stesso ottimismo nei mercati finanziari decidendo di investire l’equivalente in lire di 50.000 € che aveva da parte in un classico portafoglio 70/30 e per semplicità diciamo 70% azionario globale e 30% obbligazionario governativo globale.
Come ricordiamo tutti, il nostro mondiale finì ai quarti con il rigore di Di Biagio stampato sulla traversa di Barthez ma all’alba del nuovo millennio il nostro buon amico potè consolarsi con circa 70.000 € nel portafoglio, avendo magicamente creato dal nulla ben 20.000 € in solo un paio d’anni, semplicemente approfittando dell’ultima fase di gloria degli anni ’90, forse il decennio migliore di sempre dell’economia occidentale.
Felice come una Pasqua, nell’estate del 2000 questo signore si stava già immaginando, oltre che di vincere a questo giro almeno gli Europei in Olanda, di lì a pochi anni di accumulare milioni e andarsene beatamente in pensione ancora nel fiore degli anni.
Verso la fine del 2000, però, oltre al fatto che Trezeguet ci avrebbe soffiato l’europeo ai tempi supplementari con l’assurda regola di allora del golden goal, qualcosa inizia a non funzionare più sui mercati e la magia di quegli ultimi 3 anni di crescita verticale del suo portafoglio sembrava svanire tutta d’un tratto.
Vi salto i passaggi intermedi, però insomma la questione è che dal picco massimo di quell’estate, con il suo portafoglio arrivato a quasi 80.000 €, neanche due anni dopo il valore dei suoi investimenti sarebbe crollato addirittura verso i 50.000 €.
In pratica 5 anni di montagne russe per poi tornare esattamente al punto di partenza.
Il nostro buon amico però non molla, ha letto da qualche parte che non bisogna svendere i propri investimenti durante le crisi e ha il coraggio di mantenere i suoi soldi investiti aspettando che il mercato si riprenda (anche se col cazzo che gli passa per l’anticamera del cervello di mettere dentro altri soldi!).
Il tempo in effetti sembra dargli ragione.
Intanto nel luglio 2006 Fabio Grosso, il più improbabile degli eroi, ci regala il Mondiale sotto il cielo di Berlino e la gioia del nostro investitore continua fino all’ottobre del 2007 i suoi investimenti tornano sopra gli 80.000 €.
Il peggio è passato, da qui possiamo ricominciare la nostra strada verso la libertà finanziaria, pensa il nostro amico investitore.
E poi?
Eh, e poi tra fine 2007 e inizio 2008 venti di tempesta soffiano dall’Atlantico, perché il mercato immobiliare americano inizia a scricchiolare di brutto trascinandosi dietro tutte le piazze finanziarie del mondo.
E infine arriva il 15 settembre del 2008, giorno in cui la venerabile banca d’investimento Lehman Brothers, con oltre 600 miliardi di dollari di asset in gestione (l’equivalente di quasi 900 miliardi di oggi) dichiara bancarotta e, contro qualunque previsione, viene lasciata fallire dal governo americano gettando nel panico l’intera economia globale e scatenando la peggiore recessione economica di tutta l’epoca post bellica.
Per il nostro buon amico deve essere stata dura perché un anno dopo i suoi tanto agognati investimenti erano nuovamente tornati in area 50.000 €.
Insomma, 12 anni di paziente investimento sul mercato per ritrovarsi ancora una volta al punto di partenza, più vecchio, più stanco, più sconfortato e convinto ormai che la tanto decantata macchina da soldi del mercato azionario, in realtà sia solo una gigantesca fuffa.
A quel punto, stanco di aspettare, il nostro disincantato amico decide di vendere tutto prima di ritrovarsi in una terza e magari definitiva crisi e investire quei soldi nell’acconto per comprarsi un appartamento al mare e tanti saluti a tutti, altro che gli investimenti finanziari!
Ragazzi, mi raccomando, se lo incontrate non ditegli nulla.
Però che rimanga tra noi.
Non fosse uscito dal mercato nel 2009, oggi quel signore avrebbe oltre 220.000 €!
Non spezziamogli il cuore però e lasciamolo sereno a finale ligure a godersi i suoi meritati week end di relax.
Ah questo personaggio di cui abbiamo parlato aveva un amico.
Quest’amico era un po’ più scettico verso l’euforia degli anni ’90 sui mercati azionari e aveva quindi adottato una strategia più conservativa e invece che mettere i soldi one shot, decise di investire 500 € al mese in un analogo portafoglio.
Volete sapere com’è andata?
Beh nel marzo del 2009, nel momento di picco minimo, questo suo amico era anche lui praticamente in pari.
Aveva infatti investito 69.000 euro e ne avrebbe avuti più o meno 71.000 come controvalore del suo portafoglio.
Lui però sapeva che non era il caso di uscire di mercato e decise di continuare a darci dentro, anche perché facendo involontariamente dollar-cost-averaging, in realtà soffrì meno le altalene delle borse.
Nell’estate del 2023 questo secondo signore avrebbe investito complessivamente 153.000 euro e ne avrebbe avuti in tasca quasi 400.000.
Sì, lo so cosa state pensando.
Ma come? Per 29 episodi non ci hai detto altro che bisogna risparmiare e investire, che se investi negli indici ogni tot anni raddoppi e invece queste persone per quasi 12 anni non hanno praticamente guadagnato nulla!
E se capita di nuovo una cosa del genere?
Che senso ha investire se rischio tra 12 anni di ritrovarmi con gli stessi soldi di prima! se non meno.
Oh gente? Ma quante volte abbiamo parlato di orizzonte temporale?
Se il tuo orizzonte temporale è 12 anni, intanto non investi in un portafoglio 70/30 ma magari ti riempi di titoli di stato governativi e non mi rompi.
Guadagnerai poco, forse neanche abbastanza da compensare l’inflazione, ma il guadagno nominale è praticamente certo.
Se invece vuoi provare a far svoltare la tua vita, è chiaro che non puoi aspettarti di farcela in 10 anni. O meglio. Dipende da che decennio becchi.
Se il prossimo decennio fosse simile al periodo 2011-2021 o ancora meglio! a quello 1990-2000, fuochi d’artificio!
Se però ti gira male e il prossimo decennio sarà tipo il 2000-2010, beh mio buon amico, stai fresco e cara grazia se dopo 10 anni non sei in negativo.
Cosa fare quindi?
Come gestire una situazione così incerta e così stressante?
Oh stai ascoltando THE BULL no? Mo te lo spiego.
Prima però, capiamo un attimo quali sono stati i peggiori crolli di mercato del terzo millennio, cosa li hanno causati e che caratteristiche comuni hanno, tutto ciò molto velocemente che non voglio farvi dormire.
Allora:
2000-2003: Dot.com Bubble, la crisi delle dot.com.
Questa crisi è chiamata così per via della smania esagerata che si era generata per il settore tecnologico e per le innumerevoli società legate ad internet e alle prime forme di e-commerce che sbocciavano ovunque come funghi e che avevano raggiunto valutazioni miliardarie senza i benché minimi valori fondamentali dietro e senza essere in grado di generare un solo dollaro di utile.
Il grandissimo Economista e premio Nobel Robert Shiller pubblicò nel marzo del 2000 un meraviglioso e celeberrimo libro dal titolo Irrational Exuberance, nel quale con un tempismo perfetto mise in guardia rispetto al tracollo che di lì a poco si sarebbe verificato per via delle insostenibili valutazioni delle azioni di quel tempo.
Ovviamente non fu ascoltato e crollò tutto con la Fed che stette a guardare ma la cosa davvero divertente è che nel 2005 uscì una seconda edizione del libro in cui Shiller in pratica ribadiva che i mercati erano tornati nuovamente ad essere sopravvalutati – sia quello azionario che quello immobiliare – e ancora una volta 2 anni dopo purtroppo i fatti gli diedero nuovamente ragione (e anche al secondo giro non fu ascoltato).
Vi metto il link negli shownote, il libro esiste anche in Italiano ma attenzione che la lettura non è esattamente una passeggiata.
Comunque per farla breve cosa successe nel 2000. Shiller identifica 12 fattori alla base dell’euforia irrazionale del mercato azionario che portò poi al tracollo, su cui non vi sto ad annoiare, però una delle cause più rilevanti fu che si era creata questa incredibile mania per le società tecnologiche e per internet e si credeva che internet sarebbe stata la nuova frontiera di tutto, mandando in orbita le quotazioni azionarie di tutte le borse.
L’aspetto ironico è che in realtà ciò era vero.
Internet è davvero diventato un universo tanto importante quanto quella della vita reale.
Prendiamo le 7 società più grandi dell’S&P 500: Apple, Microsoft, Amazon, Google, Meta, Nvidia e Tesla.
3 di queste sono dei pure player digitali, ossia esistono solo su internet e per internet (Amazon come e-commerce, Google come motore di ricerca e Meta come provider di social media).
Apple e Microsoft fanno prodotti e software ma senza internet tanto un iphone, quanto il cloud e le soluzioni di Windows e Office non avrebbero gran ragion d’essere.
Nvidia fa chip soprattutto per gaming e applicazioni di intelligenza artificiale ma immaginatevi la loro utilità se non esistesse internet.
Persino Tesla, che fa automobili, le vende online e senza internet avrebbe un modello di business completamente diverso (senza contare che Tesla è Tesla perché Elon Musk a suo tempo creò e vendette PayPal, da cui incassò 200 milioni di dollari che reinvestì nel suo gioiello elettrico).
Oggi internet è tutto (o quasi).
Però nel 2000 il mercato non era ancora pronto e quando i nodi vennero al pettine sia le prime società digitali che tutte le società legate alla fornitura di infrastrutture e tecnologie per la comunicazione crollarono a picco.
Comunque sia, lo schema abbastanza tipico di quella crisi è stata l’euforia irrazionale verso l’acquisto compulsivo di azioni con costi elevatissimi e zero profitti fino a che il castello di carta non è venuto giù trascinandosi dietro tutto il mercato.
Veniamo poi al 2007-2009: la crisi immobiliare e la Grande Recessione.
Qui vi consiglio un film fantastico, che ho già citato in precedenza, dal titolo The Big Short, in Italiano la Grande Scommessa.
Attori pazzeschi: Christian Bale, Steve Carell, Brad Pitt e Ryan Gosling giusto per citare i maggiori.
Il film è la versione cinematografica di un bellissimo libro scritto da Michael Lewis dal titolo omonimo che, come qualunque altro libro di Michael Lewis, vi consiglio caldamente di leggere.
In pratica il libro e il film ripercorrono le vicende di alcuni investitori fuori dal coro che in qualche modo previdero l’imminente crisi di quegli anni e fecero operazioni finanziarie ai limiti della fantascienza (benché con il senno di poi perfettamente logiche) che permisero loro di guadagnare miliardi mentre il resto del mondo colava a picco.
Ora, io lo so che tutti voi sapete che nel 2007-2009 c’è stata sta crisi della madonna ma sono altrettanto certo che almeno metà di voi non ha la più pallida idea di cosa abbia causato il peggior disastro economico del dopoguerra.
Quindi attenzione per pochi minuti che vi spiego una volta per tutte che diavolo è successo in quegli anni così poi alla prima cena in cui vi capiterà di parlare di finanza spicciola tirerete fuori una perla dietro l’altra e sarete gli spocchiosi eroi di quella serata.
In sostanza tutto è cominciato negli anni ’70 con la pratica nota come “cartolarizzazione dei mutui”, la cui invenzione è attribuita a Lewis Ranieri (e come poteva non esserci qualcuno di origine Italiana ad inventarsi una mega furbata finanziaria??)
Comunque sentite un po’ parliamo di quel processo per cui le banche, invece di accontentarsi del noioso interesse sui prestiti per la casa, avevano iniziato a impacchettare diversi mutui tra di loro e vendere così dei prodotti finanziari noti come MBS, ossia mortgage-backed-securities, che sono titoli finanziari che, la dico male, generano un rendimento derivante dagli interessi sui mutui sottostanti.
Cioè invece che ricevere il semplice pagamento delle rate dal singolo contraente, con questi prodotti le banche rivendevano un tot di mutui impacchettati insieme e chi li acquistava riceveva una quota dei flussi di pagamento dei debitori.
In questo modo le banche trasferivano il rischio di default dei mutui ai soggetti che compravano gli MBS, i quali a loro volta erano tranquilli e sereni per il fatto che il rischio era diversificato dato che ogni “pacchetto” comprendeva numerosi mutui e quindi anche se qualcuno di essi non veniva pagato non era un particolare problema.
Il problema vero, però, è che questa pratica ha incentivato le banche di mezzo mondo e tutti i soggetti che erogavano prestiti a concedere mutui a chiunque, anche a disoccupati senza il benché minimo requisito creditizio, perché tanto i mutui venivano accorpati insieme e poi venduti ad altri che si accollavano così il rischio.
A complicare le cose ci si è poi messa l’invenzione dei cosiddetti CDO, ossia dei Collateralized Debt Obligation, cioè obbligazioni che hanno diverse forme di debito come asset collaterale.
Per farla breve, queste mostruosità finanziarie erano una zuppa composta da diversi tipi di debito, quindi non solo mutui ma anche debiti delle carte di credito, prestiti universitari, prestiti per le auto, eccetera e chi li comprava guadagnava sugli interessi pagati su questi debiti.
Questi CDO erano divisi in tranche, che avevano diversi livelli di rischiosità e di rendimento e diverse priorità di pagamento (quelli meno rischiosi avevano interessi più bassi ed erano rimborsati per primi e viceversa).
E siccome a Wall Street non si accontentavano di fare i miliardi vendendo questi CDO, sono stati inventati dei mostri al quadrato come i CDO di CDO e i CDO sintetici o come dice Steve Carell nel film “what the fuck a Synthetic CDO is, that’s fucking crazy!!!! “, che praticamente sono delle complicatissime e gigantesche scatole cinesi piene zeppe di debiti di cui era fondamentalmente impossibile valutare correttamente l’origine e la rischiosità, con la benedizione delle agenzie di rating che regalavano triple AAA a destra e a manca in cambio di lauti compensi.
Tutto è andato benissimo fino al 2007 quando poi quei tutti quegli sprovveduti Americani che avevano sottoscritto mutui o ogni altra forma di prestito senza avere un soldo bucato hanno iniziato a diventare insolventi uno dopo l’altro e come un castello di carta sono venuti giù centinaia di miliardi di dollari di prodotti finanziari che si reggevano sul fatto che i debiti sottostanti venissero onorati, almeno entro certi limiti.
Lehman Brothers era un colosso bancario gigantesco specializzato in questo tipo di investimenti e in particolare con una fortissima esposizione al mondo immobiliare.
Quando la grande abbuffata è finita, ci si è accorti che i CDO erano fatti fondamentalmente di diversi strati di debiti deteriorati e quindi i bilanci di tutte le grandi istituzioni finanziarie, Lehman in primis, sono crollati perché il valore dei loro investimenti in questi prodotti, così come il valore degli immobili a garanzia, era sprofondato.
Il contagio si è propagato praticamente in tutte le banche del mondo e questo ha causato un effetto domino nel mondo finanziario e la più disastrosa crisi economica che chiunque non sia nato negli anni ’20 del secolo scorso ha mai vissuto.
Chiaro no?
Vendi un sacco di schifezze diversificate per farle sembrare prodotti sicuri ma alla fine sempre di schifezze stiamo parlando e il patatrac è servito.
Ragazzi io allora avevo poco più di 20 anni, mi ricordo bene lo stato di ansia che si provava ogni giorno guardando il telegiornale (sì allora si guardava ancora il TG) vedendo le borse di tutto il mondo crollare, milioni di persone senza lavoro, gente senza più un tetto sopra la testa, aziende ovunque fallite e tutto ciò se capire una cippa del motivo.
I termini in gioco sono complessi ma in realtà la causa è stata piuttosto semplice. Troppa avidità, troppa euforia, troppa assunzione di rischio e alla fine il mercato trova sempre la strada per tornare in equilibrio.
Finita la tempesta, comunque, dal marzo 2009 al marzo 2020 abbiamo poi assistito, con poche eccezioni, ad un incredibile periodo di crescita dei mercati di tutto il mondo, grazie soprattutto al doping di politiche monetarie ultraespansive a tassi di interesse bassissimi che hanno letteralmente inondato il mondo di denaro a basso costo tramite cui si è potuta finanziare la crescita dell’economia globale.
Tutto bene per 10 anni e poi a inizio 2020 arriva il Covid-19, eccheccazzo!
Nel solo Marzo l’S&P 500 fa -30% e il mondo sembra sull’orlo di finire, vi ricordate no? Tutto chiuso, migliaia di morti ogni giorno, nessun farmaco esistente allora in grado di contrastare l’avanzata della pandemia, insomma un macello di proporzioni Bibliche.
Questa volta però successe qualcosa di strano perché in realtà il mercato si riprese ad una velocità impressionante, trainato in primis dalle realtà Tech che beneficiarono in maniera spropositata alla corsa alla digitalizzazione necessaria a riconvertire il mondo che conoscevamo in un nuovo mondo in cui tutto sarebbe funzionato da remoto – e di un nuove fiume di denaro alimentato dalle Banche Centrali con tassi di nuovo a zero.
A gennaio 2021 arriva poi la tanto agognata notizia. Pfizer ha trovato il vaccino, Moderna ci sarebbe arrivata subito dopo, Astrazeneca avrebbe invece messo insieme un intruglio fatto col piccolo chimico che sarebbe poi stato ritirato, comunque sia il mondo era pronto a risorgere.
Non è un caso che il 2021 sia stato un anno leggendario per le borse, animate da questo incredibile entusiasmo e nuovo ottimismo verso una nuova era in cui tutto sarebbe andato ad una velocità mai vista prima.
L’S&P 500, trainato come sempre dalle grandi realtà tech, quell’anno crebbe del 27% e rispetto al picco negativo del marzo 2020 il suo valore era praticamente raddoppiato.
Come poteva finire questa meravigliosa favola in cui il mercato aveva sfondato i suoi nuovi massimi assoluti?
Molto semplice: questa nuova euforia post covid si portò dietro i germi di un’enorme inflazione che non si vedeva in occidente dagli anni ’80 e per non farci mancare nulla nel febbraio del 2022 Vladimir Putin decise che si era rotto il cazzo che l’Ucraina fosse uno stato sovrano e indipendente e quindi decise di riportare la guerra in Europa dopo quasi 80 anni dalla fine della seconda guerra mondiale.
Risultato:
– prezzi del gas alle stelle;
– inflazione galoppante (oltre il 10% in Italia);
– tensioni internazionali tra Stati Uniti e Cina che non sto neanche a dirvi e in più, grande novità del 2022,
– la più rapida e aggressiva politica di rialzo dei tassi di interesse mai vista in Occidente, con gli Stati Uniti che sono passati da praticamente ZERO al 5,25% in un anno, nel tentativo di disinnescare il prima possibile quella bomba a orologeria rappresentata dall’iperinflazione.
Ora, voi che seguite questo Podcast da mesi, sapete bene che quando i tassi di interesse salgono, soprattutto se salgono a manetta in questo modo, succedono due cose:
1) le obbligazioni crollando di valore (se non vi ricordate perché ascoltatevi il noioso episodio numero 4 di The Bull in cui vi spiegavo il motivo); e poi
2) generalmente le azioni tracollano perché se l’aria che tira è quella di Banche Centrali che alzano i tassi di interesse ciò significa che il denaro sarà più costoso, sarà più difficile fare investimenti, si faranno meno mutui, si consumerà meno, i profitti si ridurranno, aumenterà la disoccupazione, si andrà forse in recessione e così via.
Il 2022 passerà quindi alla storia come uno dei peggiori anni della storia delle borse occidentali, nonché uno dei rarissimi anni in cui sia le azioni che le obbligazioni sarebbero crollate a picco contemporaneamente.
L’S&P 500, dal picco di fine dicembre 2021 al punto più basso dell’ottobre del 2022, avrebbe perso oltre il 24%.
Dove siamo oggi?
Allora Agosto non è stato esattamente un buon mese, però comunque tutto si può dire tranne che il 2023 non sia stato sinora un ottimo anno per i mercati, con l’S&P 500 e l’azionario globale che hanno fatto il +15% da inizio anno. Certo, non siamo ancora tornati sui massimi del dicembre 2021, ma questa è anche buona buona notizia per chi vuole investire oggi perché significa che non starebbe entrando nel mercato durante un picco.
Ora, abbiamo visto 4 momenti drammatici negli ultimi 20 anni in cui ogni due per tre il mercato sembrava sprofondare verso un abisso senza fondo.
Quali sono le lezioni che dobbiamo portarci a casa:
LEZIONE NUMERO UNO: diffidate delle eldorato.
Niente dura per sempre.
Un mercato che cresce in maniera pazzesca prima o poi torna giù perché ad un certo punto raggiunge un livello critico oltre il quale le bolle scoppiano e i valori delle azioni ritornano ad essere più coerenti con i valori fondamentali delle società che rappresentano.
Dal punto di vista operativo questo cosa comporta?
Comporta il non buttarsi a capofitto in un investimento perché stiamo vedendo tutto il mondo intorno a noi che fa soldi e non vogliamo rimanere giù dal treno.
Non fate mai all in in questi momenti, mantenete sempre un approccio ponderato, un’asset allocation coerente con la vostra situazione personale e con il vostro orizzonte temporale e, soprattutto se entrate nel mercato in una fase rialzista, investite gradualmente facendo dollar-cost-averaging così da proteggervi nel caso di un crollo imminente.
Detto altrimenti: prendete decisioni di investimento che seguono logiche di lungo termine e che prescindono da situazioni contingenti e dalle mode del momento.
LEZIONE NUMERO DUE: i mercati tornano su (perlomeno sino ad ora è stato così).
Oltre un secolo di vita dei mercati azionari ci raccontano di un percorso che nel lungo termine tende sempre ad andare verso l’alto e a raggiungere valori massimi ogni volta superiori ai precedenti.
Ciò significa che succederà per sempre? Ovviamente è impossibile dirlo.
Tuttavia è abbastanza rassicurante sapere che lo sforzo comune dell’umanità, rappresentata dai suoi soggetti economici, va in quella direzione e che quindi, per non saper né leggere né scrivere, oggi le probabilità sono più a favore di un mercato che nel lungo termine continuerà a salire piuttosto che il contrario.
Magari meno che in passato, ma quando leggo una previsione pessimistica – per quanto valgano le previsioni – sul rendimento a lungo termine dei mercati, si parla eventualmente di una crescita più contenuta, mai di una decrescita.
Quindi, ogni tanto i mercati crollano, sì, ma niente panico, fa parte della natura delle cose.
Indicazione operativa: per quanto sembri controintuitivo, cercate di investire il più possibile nei momenti in cui i mercati vanno giù e al contrario mantenete un approccio prudente mentre vedete il mercato correre e tutti che ci si buttano dentro a capofitto.
Ricordatevi sempre che una crisi comincia sempre con un picco di mercato.
E ricordatevi sempre la lezione del grande Warren Buffett: Be greedy when others are fearful and fearful when other are greedy.
LEZIONE NUMERO TRE: ignorate quello che succede sul mercato, perlomeno nel breve termine.
Nell’arco di 10 anni, un anno in cui il mercato fa -20, -30, -40 e forse la prossima volta anche peggio lo beccherete quasi certamente.
Ma cercate per quanto possibile di essere imperturbabili durante le fasi negative.
Chi vi sta parlando è un pessimo esempio di applicazione di questo principio perché sono uno che costantemente tiene monitorati gli andamenti degli indici, è felice quando l’S&P 500 fa un + zero virgola qualcosa e si deprime quando succede l’opposto.
Per non parlare di momenti come lo scorso Marzo o i primi 20 giorni di Agosto con il mercato che ha operato forti correzioni – oddio forti, stiamo parlando al massimo del 3-4% – ma subito che mi è scesa la morte nel cuore.
Nonostante faccia questa podcast e in questo podcast spieghi in maniera cristallina che bisogna investire a lungo termine, senza curarsi troppo di quel accade mese dopo mese – figuriamoci giorno dopo giorno – NIENTE! gli essere umani sono irrazionali per natura e devo proprio costringermi con la forza bruta a chiudere lo smartphone e a ignorare quel che succede nelle Borse.
La stragrande maggioranza delle volte, infatti, il mercato va su e giù senza dei reali motivi apparenti e quindi, nonostante i tempestivi tentativi dei media, degli analisti e degli investitori professionisti di SPIEGARE cosa stia accadendo e perché, in realtà quasi sempre non sta succedendo nulla di spiegabile, il mercato fa il suo corso, mentre gli investitori amplificano i movimenti dei prezzi dei titoli più per emotività che per ragioni fondamentali.
Il miglior consiglio che posso dare invece a chi iniziasse oggi ad investire è il seguente.
Dopo aver pianificato tutto per bene (bilancio personale, budget, risparmio, fondo di emergenza, previdenza e assicurazioni) e dopo aver definito orizzonte temporale e propensione al rischio, investite senza curarvi di quel che succede mese dopo mese al vostro portafoglio e anzi, se possibile, cercate di essere contenti quando i mercati vanno giù perché quello sarà il vostro Black Friday per le azioni, dove potrete comprare a prezzi stracciati titoli che si rivaluteranno – probabilmente – nel futuro.
Chiudo rispondendo ad una possibile obiezione.
Mi potreste chiedere: “ma perché se si sa che nei momenti di crollo non bisogna vendere ma anzi intensificare gli investimenti, allora la maggior parte degli investitori vende a raffica e le borse crollano?”
Giusta domanda, perché infatti il crollo di un mercato è determinato proprio dal fatto che troppa gente tutta insieme si mette a vendere i propri titoli facendone crollare il prezzo per eccesso di offerta.
Allora i motivi sono molteplici, ma direi che fondamentalmente sono due:
IL PRIMO è di natura tecnica.
Il grosso degli investitori mondiali non siamo io e voi ma sono soprattutto grandi banche d’investimento, investitori istituzionali, fondi comuni, hedge fund, fondi pensione e così via.
Muovendo miliardi e avendo tendenzialmente dei clienti a cui rendere conto, tutti questi soggetti sono incentivati a ottenere risultati nel breve termine e sono poco propensi ad accettare crolli importanti nel breve, anche a fronte di possibili migliori guadagni futuri.
Probabilmente c’è anche un altro fatto tecnico dovuto al volume crescente di operazioni che non vengono svolte da essere umani ma da algoritmi che quindi in situazioni particolari tendono ad amplificare la volatilità.
IL SECONDO MOTIVO è di natura psicologica.
Tener duro quando il mercato va giù, ve lo assicuro, è veramente, veramente, veramente dura.
Serve molta autodisciplina e consapevolezza, perché altrimenti è un attimo che subentra il panico e la capacità di sopportare magari anche anni di portafoglio in negativo non è una cosa per tutti gli stomaci anche se, razionalmente, dentro di voi sapreste che tenere botta e anzi continuare ad investire sarebbe sempre la cosa migliore da fare.
Ma la pancia, lo sapete, batte la testa quasi sempre.
Cari amici e care amiche di THE BULL, ci stiamo avviando alla fine anche di quest’episodio.
Spero abbiate trovato i suoi contenuti interessanti e anche se non ci avete capito un cazzo di cosa ha causato le varie crisi che abbiamo raccontato, portatevi a casa almeno quest’unico takeaway: le crisi capitano, come vedete capitano abbastanza spesso e per quanto tragico sembri non è nulla di anormale. State sereni e mantenete la barra dritta con i vostri investimenti, in particolare ricordandovi i pilastri che abbiamo descritto nell’episodio sui 4 migliori amici dell’Investitore.
Detto questo vi ringrazio per essere giunti sino a qui e per la fedeltà con cui state seguendo questo podcast, mentre veleggiamo verso i 10.000 ascolti.
Grazie inoltre a tutti coloro che dalla scorsa settimana mi stanno scrivendo su Instagram, fatemi sapere soprattutto se c’è qualcosa che non vi piace di questo podcast o se ci sono specifici temi che vi piacerebbe venissero affrontati.
Come sempre vi invito invece a mettere segui e attivare le notifiche su qualunque piattaforma su cui state ascoltando il podcast e a lasciare una recensione a 5 stelle per supportarci e permetterci di continuare a produrre contenuti che in meno di mezz’ora vi spiegano come affrontare le grandi crisi globali mettendo assieme i mondiali di Calcio, film di Hollywood e complessi prodotti finanziari derivati sempre nuovi.
Per quest’episodio invece è davvero tutto e noi ci ritroviamo presto, qui e a breve su Instagram, con THE BULL – Il tuo podcast di Finanza personale.
Recensioni
Quando capisci come funziona la finanza… ti viene voglia di raccontarla!
Podcast che dà sempre spunti interessanti che personalmente mi ha fatto appassionare alla finanza personale spingendomi ad approfondire in prima persona.
Lorenzo, 13 Mar 2025Non sono solito a mettere recensioni e specialmente non ascolto podcast, ma da quando ho iniziato questo, faccio fatica a staccarmi, e quasi non posso più fare a meno di ascoltare e arricchirmi culturalmente.
Andrea V., 22 Set 2025Ho acquistato e letto il suo libro e l' ho trovato. Esprime i concetti economici in modo semplice e chiaro. Sentirlo parlare conferma che è un professionista del settore.
Giulia N., 11 Ago 2025Da quando l'ho scoperto in 15 gg mi sono ascoltato 150 puntate senza fermarmi, ho annullato gli altri podcast per portarmi alla pari ed ascoltare tutte le precedenti puntate, ben fatto, esattamente il livello di informazione che mi serviva
Gianluca G., 11 Set 2025Podcast piacevole, scorre veloce ma in modo estremamente chiaro, spiega i concetti chiave per gestire le proprie finanze, fornendo la classica cassetta degli attrezzi. Complimenti, davvero ben fatto!
Massimiliano, 29 Mag 2024Ho seguito tutte le puntate! Grazie veramente
Amalia A., 17 Set 2025Dovrebbero ascoltarlo buona parte degli italiani e io avrei dovuto scoprirlo con qualche anno in anticipo ma meglio tardi che mai
Matteo C., 3 Set 2025Riccardo mi ha letteralmente cambiato la vita e fatto scoprire che amo la finanza, ho ascoltato il podcast già due volte e non mi stufo mai di ascoltarlo, parla in modo semplice e chiaro
Massimo D., 23 Set 2025Veramente veramente raccomandato! la finanza personale riassunta alla perfezione! e spiegata partendo dall'ABC! Ottimo anche da ascoltare a velocita 1,5x!
Giorgia R., 23 Gen 2025