Prevedere il Futuro. Il Bias del sopravvissuto e la Regressione verso la media

Episodio speciale dedicato a due strumenti fondamentali per attrezzare il nostro cervello a ragionare senza commettere errori grossolani quando si tratta di investire. Impariamo a conoscere i bias cognitivi che confondono la nostra corretta percezione della realtà e a prendere decisioni finanziarie migliori senza farci ingannare da essi. Parliamo di sopravvissuti, figli altissimi ma non così alti di genitori ancora più alti e di Premi Nobel che in realtà non sono veri Nobel.

Difficoltà
24 minuti
The Bull - No Thumb

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Punti Chiave

La finanza non è una scienza; prevedere il futuro dei mercati è impossibile.

Diffida da investimenti basati su performance passate (Survivorship Bias e Regressione verso la media).

Adotta una strategia di investimento a lungo termine, riconoscendo il ruolo del caso.

Trascrizione Episodio

Bentornati a THE BULL – Il tuo podcast di finanza personale.

“Sell in May and go away” si diceva una volta a Wall Street, ossia quando arriva Maggio vendi tutto e vai in vacanza perché tipicamente nelle stagioni calde il mercato tende ad avere ribassi mentre poi risale in autunno.

In realtà questa legge, come tante altre pseudoleggi della finanza che vedremo in un futuro episodio, è una mezza cazzata perché presuppone di poter avere qualche intuizione sul futuro sulla base di eventi passati.

In effetti ci sono stati anni in cui il rendimento dei mercati è stato maggiore tra ottobre e maggio e inferiore negli altri, ma chiaramente non c’è nessuna motivazione oggettiva a supporto di questo trend, che peraltro è stato puntualmente smentito nell’ultimo decennio.

In questo breve episodio parleremo proprio di questo, ossia del perché non possiamo prevedere il futuro nonostante, allo stesso tempo, non riusciamo proprio a smettere di provare a farlo, cercando ossessivamente leggi e pattern a destra e sinistra per trovare un qualche orientamento.

Sarà un po’ più breve, dicevo, perché dovremo parlare di bias cognitivi e di concetti legati al mondo delle probabilità, quindi so che la vostra concentrazione avrà un’autonomia limitata.

Però state con me fino alla fine e, se non mollate e arrivate in fondo, come bonus vi dirò i codici ISIN dei 3 migliori ETF da avere in portafoglio nella seconda metà del 2023.

Ok? Mi raccomando, non vale andare avanti veloce, dovete prima sorbirvi tutto l’episodio.

Intanto fate una cosa, segui e campanella al podcast e recensioni a 5 stelle che abbiamo scavallato le 50 valutazioni a 5 stelle e ora le 100 sono il prossimo obiettivo.

Allora, come sa chi mi segue da un po’ di tempo, sono un po’ fissato con alcuni concetti che ripeto ossessivamente ad ogni episodio.

Non è che non abbia fiducia nelle vostre capacità di capire tutto al primo colpo, eh intendiamoci, però diciamo che per sicurezza le ripetiamo con una certa continuità così siamo sicuri che entreranno nella testa di tutti.

Tra le varie cose che diciamo sempre, alcuni concetti ricorrenti hanno a che fare con l’idea di: investire su orizzonti a lungo termine, utilizzare prodotti diversificati e ad ampia esposizione e, infine, evitare come la peste gli investimenti concentrati, le azioni singole, i fondi a gestione attiva, i prodotti derivati e in generale il trading perché tutto ciò presuppone la capacità di prevedere il futuro.

Cioè ragazzi, che vi piaccia o no, è così.

I fondi comuni di investimento venduti dalle banche, ad esempio, sottoperformano rispetto ai loro benchmark quasi 9 volte su 10, su orizzonti di 10 anni, perché i loro gestori non fanno altro che, ossessivamente e compulsivamente, provare a prevedere il futuro sperando di battere i mercati.

Chi sostiene – e qualche ascoltatore l’ha fatto – che in realtà ciò non sia vero, perché ci sono dei gestori in gamba che sono davvero in grado di battere i benchmark con continuità, NO! mi dispiace, non è così, non è una questione di competenze.

I fondi che battono i benchmark, e per l’amor del cielo certo che ci sono, devono questo successo più a un fatto di distribuzione statistica che non alla loro bravura.

Cioè intendiamoci, i gestori dei fondi sono tutti bravi, esperti, preparati e utilizzano le migliori tecnologie disponibili per prendere le decisioni più ponderate possibili.

Ma il fatto che qualcuno ce la fa e qualcun altro no, dipende più da fattori casuali e non controllabili che non dalle loro skill.

Se tu prendi 100 chirurghi che devono eseguire un’appendicectomia o 100 fisici che devono calcolare il comportamento di un elettrone dentro un acceleratore di particelle, non è che tra questi 10 fanno casualmente bene e gli altri 90 no, più o meno tutti applicheranno le stesse conoscenze per arrivare agli stessi risultati.

La finanza invece non è un scienza.

Ripeto per chi è seduto nelle ultime file:

LA FINANZA NON è UNA SCIENZA.

E’ talmente poco una scienza che persino il premio Nobel per l’economia non è un vero premio Nobel, ma è più propriamente il “Premio della Banca Centrale Svedese in scienze economiche in memoria di Alfred Nobel” ed è gestito separatamente dalla fondazione Nobel rispetto agli altri 5 (Alfred Novel pensava che addirittura la Letteratura e la Pace fossero due ambiti più meritevoli per cui istituire un premio Nobel, che non l’economia).

Cmq per essere scienza, una certa disciplina deve avere una capacità predittiva – cioè deve poter dire con certezza che a fronte di determinati input accadranno necessariamente determinati output – e deve poter essere, come spiegato da Karl Popper un secolo fa, falsificabile – ossia devono esserci esperimenti o osservazioni in grado di dimostrare in maniera oggettiva che una certa teoria al suo interno sia falsa.

La finanza non è falsificabile, perché a partire dagli stessi input – che ne so: la fed alza i tassi di interesse – tu potresti formulare due previsioni diametralmente opposte e non avresti nessun modo per dimostrare che una delle due previsioni è oggettivamente falsa.

Se le variazioni dei tassi di interesse, o i dati sull’occupazione, o quelli sull’inflazione o su quello che vi pare possono essere la spiegazione sia di un certo scenario che del suo opposto, allora per definizione l’economia e la finanza non sono scienza.

Chiaro?

Non essendo una scienza, non è possibile fare previsioni..

Ciononostante la finanza è fatta esclusivamente da gente che prova a fare previsioni.

Oh, non me ne voglia nessuno, amo la finanza e faccio un podcast di finanza. Ma per quanto vorrei che non fosse così, mi spiace ma sappiate che la finanza è gioco d’azzardo dopato di matematica avanzata.

Punto.

Perché allora, ciononostante, ci ostiniamo a voler provare a prevedere il futuro se questa cosa è impossibile?

Perché continuiamo a pensare che ci possano essere gestori di fondi di investimento più capaci di altri in grado di battere il mercato facendo assunzioni corrette sul futuro meglio dei competitor?

La risposta è che siamo fatti così. Abbiamo bisogno di conoscere il futuro in anticipo. Vivere nell’incertezza e prendere decisioni, con i nostri soldi poi, senza avere idea di cosa accadrà domani, NIENTE, ci fa smattare come pazzi.

E quindi, per quanto ci si dica che questa cosa non è possibile, NO, noi vogliamo farcela lo stesso e provare a prevedere il futuro per diventare ricchi più degli altri.

Oggi allora voglio parlarvi di due concetti che rappresentano strumenti molto importanti per attrezzare il vostro cervello a ragionare in maniera corretta non solo quando si tratta di finanza e investimenti ma in generale in qualunque ambito della nostra vita in cui ci troviamo in un contesto caratterizzato dal famoso acronimo V.U.C.A., che sta per:

– Volatility

– Uncertainty;

– Complexity;

– Ambiguity.

La nostra vita, salvo rare situazioni dove possiamo affidarci alla certezza rigorosa della scienza, è infatti costantemente contraddistinta da queste 4 caratteristiche.

In un contesto VUCA, come certamente è quello della finanza, non possiamo quindi far ricorso ad attrezzature concettuali tipiche del mondo della scienza, perché semplicemente non funzionano. Dobbiamo invece allenare la nostra testa a ragionare in maniera diversa.

Su queste tematiche, in particolare su ciò che ha a che fare con la teoria delle decisioni in contesti di incertezza, esiste un famosissimo e sterminato filone di studi che fa capo a Daniel Kahneman, il già citato padre dell’economia comportamentale, universalmente noto per la sua opera – che vi invito a leggere – Pensieri Lenti e Veloci, e che poi ha avuto altri eminenti esponenti come Nassim Nicholas Taleb (il mio più grande eroe intellettuale) e Richard Thaler, altro recente Nobel per l’economia e interprete di se stesso in un breve cameo nel film la Grande Scommessa, dove insieme a Selena Gomez spiega il principio statistico del giocatore di basket con la mano calda.

Secchionate a parte, vediamo quali sono i due concetti che non dovete mai dimenticarvi, altrimenti finite per dire qualche cazzata tipo “ma no, io ho scelto oculatamente i miei fondi comuni di investimento che battono regolarmente i benchmark, così guadagno molto di più che con gli investimenti passivi”.

Seee certo, come no…

Allora il primo di questi due è noto come Survivorship Bias, ossia il Bias del sopravvissuto.

Ricordo che un “bias” è una sorta di pregiudizio sistematico del nostro pensiero, che Kahneman ha reso celebre chiamandolo Sistema 1 o Pensiero Veloce, e che in pratica corrisponde a quell’insieme di scorciatoie mentali che il nostro ragionamento adotta per prendere decisioni velocemente.

Non c’è modo di correggere questi pregiudizi, sono connaturati alla nostra percezione immediata. Quindi non è che siamo stupidi noi a farci condizionare dai bias. Sono parti integranti del nostro sistema di percezione della realtà.

Esiste poi il Sistema 2, o Pensiero Lento, che è quello più propriamente analitico e rigoroso, quello che utilizziamo in pratica per fare “scienza”, e che serve per correggere i nostri bias.

La cosa strana del nostro cervello, tuttavia, è che anche una volta che abbiamo smascherato il bias come tale grazie al pensiero Lento, ciononostante quel bias resta sempre lì e se non prestiamo attenzione continuerà a rappresentare il nostro strumento principale con cui proveremo a comprendere la realtà.

Il Bias del Sopravvissuto è fondamentalmente quella deformazione del nostro ragionamento per cui noi tendiamo a formulare delle conclusioni generali a partire da pochi casi disponibili che dovrebbero essere esemplificativi di qualche pratica di successo.

Facciamo un esempio.

Viene spesso raccontato di questo professore americano di matematica, di nome Abraham Wald, che duranta la secondo guerra mondiale lavorava per l’aviazione americana e insieme ad altri ingegneri, matematici e militari aveva il compito di elaborare migliorie per potenziare le forze aeree a stelle e strisce.

Per un po’ di tempo, questo gruppo di persone si mise ad analizzare gli aerei che tornavano alla base dopo le missioni di guerra per verificare dove venissero colpiti più spesso, così da ideare delle soluzioni che rafforzassero le aree più colpite (erano le ali nella fattispecie).

Il giovane Wald, invece, ebbe la geniale intuizione che non si dovessero rafforzare le ali, ma esattamente quei punti dove gli aerei che tornavano non avevano alcun segno di proiettile.

E perché vi chiederete voi?

Semplicemente perché Wald capi che gli aerei che venivano colpiti nella parte centrale del corpo, in prossimità del serbatoio o di altre parti critiche, semplicemente non rientravano alla base perché venivano abbattuti.

Il Bias del sopravvissuto faceva invece sì che si considerassero, come campione rappresentativo, solo gli aerei che appunto “sopravvivevano” agli attacchi, causando però una fatale incomprensione sulle corrette conclusioni che il team di esperti avrebbe dovuto trarre.

Allo stesso modo, se volessimo scoprire il segreto del successo dei geniali creatori di startup della silicon valley, oggi diventati colossi globali, mettendo a confronto Steve Jobs, Elon Musk, Mark Zuckerberg, Larry Page e tutta la combriccola, potremmo magari scoprire qualche tratto o esperienza o abitudine comune a tutti loro ma così tireremmo l’errata conclusione che avere quella caratteristica ci renderebbe degli startappari tech da miliardi di dollari.

Perché invece sarebbe un errore?

Perché la storia di tutti gli startuppari di insuccesso della silicon valley, quelli che ci hanno provato, che avevano tutte le capacità e i mezzi per farcela ma che ciononostante sono falliti, non la racconta nessuno.

Pertanto noi abbiamo a disposizione solo pochissimi esemplari di sopravvissuti e traiamo conclusioni basandoci solo su di essi, mentre invece non sappiamo nulla di quelli che non ce l’hanno fatta e che non ogni probabilità erano altrettanto geniali e folli quanto Jobs, Musk, etc., ma semplicemente l’inesorabile ruota del caso fa giri imprevedibili di cui non possiamo minimamente accorgerci, finendo invece per confondere mere correlazioni o fatti casuali con rapporti di causa effetto.

In finanza, questa roba succede in continuazione.

Il prossimo che mi viene a dire: “no, ti sbagli, se scegli oculatamente le azioni o i fondi comuni sui cui investire, allora sì che puoi fare meglio del mercato. Gli altri non ci riescono perché non hanno le competenze, ma se hai le competenze e studi a sufficienza ce la puoi fare”.

Ma per favore!

Intanto scegliere oculatamente le azioni o i fondi attivi cosa vuol dire? Esclusa l’ipotesi del value investing alla Warren Buffett (che non comprerebbe mai un fondo comune d’investimento neanche con una pistola puntata alla tempia mentre invece da 70 anni compra solo azioni con l’intento di tenerle grossomodo a vita dopo aver passato decenni a studiare ogni singola azienda quotata), chiunque altro millanti capacità di valutare azioni o fondi attivi sta semplicemente supponendo di poter prevedere le performance dei prossimi anni.

Se in qualche caso avrà ragione, avrà avuto fortuna, viceversa sfortuna.

Fine della storia.

Non esiste nessuna competenza oggettiva in merito, solo a posteriori le storie della finanza hanno un senso logico.

L’altra ipotesi è invece che azioni e fondi vengano “valutati” sulla base delle performance passate.

Se mi metto a scegliere in particolare fondi attivi che negli anni passati hanno avuto rendimenti sopra la media e tiro la conclusione che i gestori di quei fondi siano migliori di altri, sono semplicemente vittima del Bias del sopravvissuto.

In pratica poggio la mia decisione dicendo: “se questi pochi hanno ottenuto risultati migliori degli altri, ALLORA, devono essere migliori degli altri, quindi scelgo tra i migliori performer così anche in futuro potrò guadagnare di più”.

Esiste un qualche fondamento oggettivo di questo modo di ragionare?

Assolutamente no.

Semplicemente, presi enne fondi attivi che provano ogni anno a battere l’S&P 500, ce n’è sempre qualcuno, una minoranza, che ce la fa, ma questo non perché sono stati più bravi i loro gestori, ma perché in una qualunque distribuzione probabilistica sufficientemente numerosa tenderemo sempre ad avere una certa concentrazione intorno ai risultati mediani e alcuni casi isolati eccezionali in positivo e in negativo.

Secondo la nota teoria della scimmia infinita, se mettiamo una scimmia a digitare tasti a caso su una tastiera all’infinito, prima o poi comporrà l’intera opera di Shakespare. Questo però non fa di questa scimmia il Bardo più peloso della storia.

Eh non ci piace tanto ammetterlo, perché ciascuno di noi vorrebbe essere lo speciale frutto esclusivo delle proprie capacità e del proprio talento, ma facciamo presto pace con questa cosa e prendiamo atto del fatto che molto di ciò che accade nel mondo e a noi stessi non è altro che pura casualità, che poi la nostra limitata capacità di percezione interpreta erroneamente come rapporti di causa ed effetto.

Intendiamoci, non sto dicendo affatto che competenza e preparazione non servano a nulla perché è tutto casuale, anzi! Senza competenza e preparazione sei fottuto nella maggior parte degli ambiti della vita.

Ma una volta che hai la tua migliore preparazione possibile, accoppiala alla consapevolezza che la vita è dominata dal caso e che quindi devi essere sempre pronto a prendere decisioni di conseguenza, mettendoti in una posizione che ti permetta di beneficiare dei risvolti positivi e di non soccombere in quelli negativi. Tutto il resto, I’m sorry my friend, non è in tuo potere.

Quindi, prima lezione principale da portarsi a casa e stamparsi nel cervello: se valutate un certo tipo di investimento persuasi dai rendimenti passati oppure in generale copiando qualcuno che in passato ha avuto successo, bene ricordatevi sempre che in quel momento siete vittima del bias del sopravvissuto e che il vostro ragionamento sarà difettoso.

Quelli di etoro, la nota app di trading online, sono dei geni perché si sono inventati il “copia trader”. Cioè in pratica tu puoi scegliere di impostare delle attività automatiche nel tuo portafoglio andando a copiare esattamente le attività compiute da qualche trader di successo attivo sull’app.

Il ragionamento è: vedi sto tizio di Shangai o quest’altro di Tallin che oggi hanno un portafoglio multimilionario e che negli ultimi 3 anni hanno fatto il +257%? Benissimo, puoi copiare ogni singola loro mossa così anche tu avrai successo come loro.

Ragazzi ma se fosse così facile, non vi pare che saremmo già tutti ricchi?

Invece qual è il fatto?

Il fatto è che i due super trader di cui sopra avranno sì fatto mega performance negli anni passati, sempre per un mix di grandi competenze, grande studio, grande spregiudicatezza e grandi botte di culo, ma questo non è in alcun modo predittivo delle performance future.

Chi si mette a copiare i trader-influencer su eToro perché hanno spaccato in passato, sono vittima del bias del sopravvissuto, perché i top performer dei prossimi anni sono quelli che oggi non hanno alcun track record da esibire, anzi magari sono quelli che oggi sono in perdita e che pertanto nessuno si sogna di copiare.

Capito come funziona?

Ma poi gli investimenti sui mercati finanziari rientrano in quello che viene definito uno “Zero-sum game” ossia un gioco a somma zero.

Questo significa che la somma algebrica di tutti i rendimenti di tutti i soggetti che operano sui mercati finanziari non può essere superiore al rendimento di tutto il mercato.

Quindi è matematicamente impossibile che la maggior parte delle persone possa davvero battere i mercati, perché esiste un limite matematico intrinseco.

Pertanto già per definizione sono pochi quelli che ce la possono fare, in più se ragioniamo sempre sotto il fardello di questo bias cognitivo, rischiamo solo di prendere decisioni finanziariamente terrificanti.

Veniamo ora al cugino del bias del sopravvissuto, che è il concetto di Regression Toward The Mean, ossia la regressione verso la media.

A rigore, in Italiano sarebbe la regressione verso il valore mediano, non verso la media, che è un concetto ben diverso.

Ve lo spiego con un esempio semplice.

Immaginate un concerto di Vasco a San Siro, 60.000 spettatori presenti.

Se andiamo a prendere il patrimonio di ciascuno degli spettatori, la media aritmetica dei patrimoni e il valore mediano, ossia il valore centrale di tutti i valori dei patrimoni dei 60.000 spettatori messi in fila dal più basso al più alto, non dovrebbero differire granché.

Diciamo che grosso modo la gente che va a vedere Vasco ha un patrimonio che va da 0, per ragazzi non ancora nel mondo del lavoro, a qualche milione, nel caso di persone finanziariamente di successo che non hanno mai smesso di canticchiare Sally anche dopo aver fatto i big money.

Il grosso sarà fatto da gente tra i 20 e i 50 anni con un patrimonio in linea con quello medio degli Italiani, che nel 2021 era di circa 170.000 € (patrimonio eh, non reddito).

170.000 per 60.000 spettatori fa circa 10 miliardi.

Ora immaginiamoci se per caso quel giorno a vedere Vasco dovesse esserci Elon Musk, con i suoi oltre 200 miliardi di dollari di patrimonio. Capite bene che il solo Elon Musk ha un patrimonio di 20 volte superiore a quello di tutti gli altri 59.999 spettatori.

In questo caso il valore mediano resterebbe piò meno sempre lo stesso, mentre la media passerebbe da 170 mila euro a 3 milioni e mezzo di euro. Non credo però che in questo caso la media dei patrimoni calcolata in questo modo restituirebbe un’immagine fedele, purtroppo, della ricchezza degli Italiani.

Chiaro?

Quindi quando parliamo di regressione verso la media, in realtà intendiamo regressione verso il valore mediano, non verso la media aritmetica, altrimenti ci vengono fuori risultati che non voglio dire una mazza.

Benissimo, che è sta roba?

La regressione verso la media è uno dei più potenti principi statistici che dominano l’universo.

Se non avete mai conosciuto questo principio, mi dispiace, ma fino ad oggi siete vissuti in una mera illusione rispetto a come si muove il mondo in cui vi trovate.

La regressione verso la media domina TUTTO.

Per farla breve, questo onnipresente fenomeno statistico dice che all’interno di una distribuzione casuale, gli eventi di questa distribuzione tendono a convergere verso il valore mediano, così come eventi estremi hanno a loro volta la tendenza a riallinearsi verso quel valore.

Per fare qualche esempio:

– i figli di genitori eccezionalmente alti, tenderanno sì ad essere alti, ma non così tanto alti da allontanarsi ulteriormente dal valore mediano. Se prendiamo 100 coppie di genitori alti più di 1,90 con 2 figli a coppia, avremmo sì una serie di figli che da grandi saranno molto alti, ma probabilmente il totale delle altezze dei 200 figli sarà inferiore a quello dei 200 genitori; oppure

– un giocatore di golf che ha performato straordinariamente bene durante la prima giornata del torneo, tendenzialmente farà bene anche la seconda ma probabilmente meno bene (questa è simile al concetto della mano calda spiegata da Thaler e Selena Gomez in The Big Short di cui sopra);

– un calciatore che in media fa 30 gol a stagione e in una stagione dovesse farne 60, probabilmente l’anno successivo farà ancora tanti gol, ma tenderà a riavvicinarsi al suo valore mediano sui 30;

– un fondo comune di investimento che negli ultimi 3 anni ha fatto +20% all’anno, tenderà nei prossimi anni a riallineare la sua performance al valore mediano delle performance degli altri fondi dello stesso tipo.

Quindi, hai beccato un fondo che da 10 anni batte l’S&P 500? Benissimo! Sta pur certo che più va avanti, più il rendimento di quel fondo tenderà a regredire verso i valori mediani.

L’abbiamo detto citando le statistiche di morningstar qualche episodio fa. Quasi 9 fondi su dieci non riescono a pareggiare l’S&P 500 su orizzonti di 10 anni e quel 13-14% di fondi che ce la fa il più delle volte non rientra nel gruppetto di quelli che nei 10 anni successivi batterà ancora l’S&P 500.

Perchè? Perché i gestori si rincoglioniscono e non capiscono più niente di finanza? No, semplicemente regressione verso la media.

Ok? Chiaro?

Quindi la prossima volta che vi verrà in mente di intraprendere qualche mirabolante avventura finanziaria attratti dagli impressionanti risultati degli anni passati di qualche azione, prodotto o fondo, fate sempre nella vostra testa questo double-check e chiedetevi:

1) nel ragionamento che sto facendo, sto per caso cadendo vittima del Bias del sopravvissuto?

2) se questa cosa ha avuto questi rendimenti, c’è forse il rischio che possa trattarsi di un evento eccezionale e che prima o poi i rendimenti regrediranno verso il valore mediano?

Ok? Nel prossimo episodio aggiungeremo un altro pezzo e faremo una bella carrellata di tutti gli altri bias che condizionando le nostre decisioni finanziarie.

Eh sì eh, mica finisce qui.

Ce ne sono almeno altri 4 o 5 che ci fanno deragliare dai binari delle decisioni ponderate e che mettono in piazza tutta l’irrazionalità ed emotività delle nostre decisioni più importanti.

Ah, sia chiaro: chi vi parla non è immune da questi bias, anzi! il numero di decisioni prese sotto l’effetto distorsivo di questi bias è incalcolabile. Diciamo però che già solo sapere che esiste, ogni tanto ti fa tornare il sale in zucca e ti impedisce di compiere l’ennesima cazzata.

Detto questo, grazie per essere rimasti fino alla fine di questo episodio un po’ più rognoso, come promesso vi siete meritati come bonus i codici ISIN dei 3 migliori ETF da avere in portafoglio nella seconda metà del 2023, congratulazioni!

Ho selezionato questi ETF basandomi chiaramente sull’andamento dei mercati nel primo semestre, in particolare dell’S&P 500 e dei mercati europei e asiatici, ho valutato il price/earning ratio delle società più grandi, le proiezioni di crescita nel consus degli analisti e le stime sui dividendi dei prossimi 6 mesi.

Inoltre ho tenuto in considerazione la media a 52 settimane dell’indice di volatilità noto come VIX e il valore dei derivati che stanno scontando i prossimi 2 aumenti dei tassi di interesse della Fed.

Sulla base di questo ho individuato quindi questi 3 ETF che si concentrano su società che beneficeranno dello scenario macro dei prossimi sei mesi e che quindi avranno degli ottimi rendimenti.

Ok, pronti a scrivere? Sulla base di tutte queste analisi i migliori ETF sono….

ma che cazzo ne so quali sono?

dai veramente, ma dopo 18 puntate ancora non avete capito?

NON SI PUO’ PREVEDERE IL FUTURO!!!!!!!!!

Ma quale parte di non si può prevedere il futuro non vi è chiara?

Dai davvero vi aspettavate che vi dicessi su quali ETF investire nei prossimi mesi? Se lo sapessi, la prossima puntata del podcast la farei dalle Maldive.

E invece no, non si può proprio prevedere il futuro, mi spiace.

Cioè non è che non si può con precisione, non si può completamente, non si può a meno che…

NO!!!

Non si può e basta.

Pianificazione, risparmio, strategia di investimento a lungo termine, pazienza e costanza.

Punto.

Il prossimo che vi verrà a dire “ma no, io con il trading ci faccio dei bei soldi, nel 2021 mi sono anche comprato lo scooter nuovo!” prendetevi quel secondo per ricordarvi dei due concetti spiegati oggi, dopodiché sfidate il vostro amico dicendogli: “allora, metti 10.000 € in un ETF sull’S&P 500 e con gli altri 10.000 € fai trading e ci vediamo nel 2033. Se nel 2033 avrai fatto più soldi con il trading che con l’ETF, allora sì, hai ragione, puoi fare soldi con il trading. Se invece avrai perso soldi, cosa probabile all’80-90%, oppure avrai guadagnato sì, ma meno dell’ETF sull’S&P 500, allora te lo sarai meritato. Ma finché non passano 10 anni, le tue performance con il trading significano ZERO”.

E anche oggi ci siamo fatti nuovi amici…

Allora cari compagni di viaggio di questo podcast, intanto un grande grazie perché continuate a seguirmi e a consigliarlo in giro.

Mi raccomando mettete segui e campanella su Spotify, Apple Podcast, Amazon Audible o qualunque altra piattaforma usiate e lasciate una recensione a 5 stelle per supportarci e permetterci di continuare a produrre contenuti che smascherano i bias che ci fanno fare cazzate con i soldi sempre nuovi.

Per ora è tutto e ci ritroviamo qui con il prossimo episodio a parlare di Bias cognitivi sempre con THE BULL – Il tuo podcast di finanza personale.

Recensioni

Quando capisci come funziona la finanza… ti viene voglia di raccontarla!

Ho seguito tutte le puntate! Grazie veramente

Amalia A., 17 Set 2025

Non sono solito a mettere recensioni e specialmente non ascolto podcast, ma da quando ho iniziato questo, faccio fatica a staccarmi, e quasi non posso più fare a meno di ascoltare e arricchirmi culturalmente.

Andrea V., 22 Set 2025

Podcast piacevole, scorre veloce ma in modo estremamente chiaro, spiega i concetti chiave per gestire le proprie finanze, fornendo la classica cassetta degli attrezzi. Complimenti, davvero ben fatto!

Massimiliano, 29 Mag 2024

Da quando l'ho scoperto in 15 gg mi sono ascoltato 150 puntate senza fermarmi, ho annullato gli altri podcast per portarmi alla pari ed ascoltare tutte le precedenti puntate, ben fatto, esattamente il livello di informazione che mi serviva

Gianluca G., 11 Set 2025

Riccardo mi ha letteralmente cambiato la vita e fatto scoprire che amo la finanza, ho ascoltato il podcast già due volte e non mi stufo mai di ascoltarlo, parla in modo semplice e chiaro

Massimo D., 23 Set 2025

Dovrebbero ascoltarlo buona parte degli italiani e io avrei dovuto scoprirlo con qualche anno in anticipo ma meglio tardi che mai

Matteo C., 3 Set 2025

Ho acquistato e letto il suo libro e l' ho trovato. Esprime i concetti economici in modo semplice e chiaro. Sentirlo parlare conferma che è un professionista del settore.

Giulia N., 11 Ago 2025

La mia ignoranza in materia mi ha sempre creato dei dubbi, ma grazie a un amico ho iniziato ad ascoltare il podcast. Per fortuna che ho 24 anni e un po' di tempo e soldi da dedicarmi a imparare le varie nozioni per me stesso. Grazie mille!

Luca G. 10 Ott 2025

Veramente interessante, chiaro e conciso. Cambia la vita finanziaria di chiunque.. da ascoltare assolutamente anche per chi di finanza non vuole occuparsi mai

Francesca B., 6 Apr 2024
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