Quando le Buone Notizie sono Cattive Notizie – La situazione Macroeconomica e Istruzioni per l’Uso

A volte in finanza Good News is Bad News (e altre volte l'opposto) perché i mercati hanno davvero una vita propria e anticipano nel presente le aspettative che hanno sul futuro. Quindi ogni novità nello scenario macroeconomico ha un impatto tutto particolare sui mercati, a seconda di come i mercati decidono di prenderla. Oggi capiamo insieme cosa sta accandendo nel mondo, tra tassi alti, inflazione altissima, economia USA che va troppo bene e disoccupazione che - roba da matti - è troppo bassa! Come sempre, istruzioni per l'uso per navigare in queste acque agitate - ammesso che mai ci siano state acque chete sui mercati - per comprendere che succede nel mondo e lasciar perdere tutta la fuffa che sentite in giro.

Difficoltà
26 minuti
The Bull - No Thumb

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Punti Chiave

Nonostante il complesso scenario macroeconomico e i mercati volatili, per investire a lungo termine la migliore strategia è non fare nulla, ma con continuità.

La quota di risparmio e un'asset allocation adeguata a obiettivi e rischio sono fondamentali per l'indipendenza finanziaria.

Trascrizione Episodio

Bentornati a The Bull – Il tuo podcast di finanza personale.

40 Episodi e non sentirli! Dopo 20 ore passate insieme a parlare di risparmio, finanza e investimenti, eccoci di nuovo qua, tutti insieme per un altro capitolo del nostro viaggio.

Come sapete, di solito gli episodi di The Bull non sono legati a specifiche situazioni contingenti, quindi qualunque episodio prima di questo ascoltiate ha dei contenuti che vanno bene in qualsiasi momento a prescindere da quel che sta accadendo nel mondo.

Se qualcuno tra due anni dovesse scoprire The Bull, come a me successo con tanti podcast che seguo ora e che magari esistono dal 2020 (eh sì un sacco di gente a casa a fare un cazzo durante i lockdown si è messa a fare podcast e video su qualunque cosa), le cose che abbiamo detto nel 2023 andranno bene, con buona probabilità, anche nel 2025, al netto di apocalissi globali che dovessero sconvolgere l’umanità e proiettarci in uno scenario alla Mad Max in cui saremo schierati in tribù rivali guidate da signori della guerra, pronti a ucciderci l’un altro per l’ultima riserva d’acqua disponibile.

[INSERIRE CAZZATA MAD MAX]

Oggi però, in barba a quel faccio di solito, facciamo un episodio un po’ più attuale perché secondo me siete tutti bombardati in questo momento da informazioni legate a possibili scenari di recessione, tassi di interesse alle stelle, ministri del nostro governo che smattano perché non sanno più dove trovare i soldi per chiudere il bilancio e così via.

Allo stesso tempo, sui mercati c’è molta tensione: dopo 7 mesi da incorniciare – pur con la parentesi di marzo in cui sono fallite un po’ di banche e tutti ce la siamo fatti sotto temendo un nuovo 2008 – ad Agosto e Settembre le borse hanno fatto dei bei passi indietro, con il nostro indice preferito in assoluto, il venerabile S&P 500, che ha lasciato per strada circa il 6% dal picco di fine Luglio.

Una robetta da niente, stiamo solo parlando di circa 2 triliardi di dollari che in un paio di mesi sono evaporati dalle valutazioni delle big company americane, praticamente lo stesso valore dell’intero PIL dell’Italia del 2022.

Ah parentesi: quando guardate quelle pagliacciate da circo in tv che vengono chiamate Telegiornali, spesso sentirete cose del tipo: “oggi in Borsa sono stati bruciati 200 miliardi di Euro” UHHHHH PAURA!!!!

Ecco, per vostra info, non vuol dire un cazzo questa cosa.

Non viene bruciato un bel niente, esattamente come non sentirete mai i TG dire, in una normale giornata di Borsa, “attenzione: clamoroso! Oggi la borsa di Milano ha creato 50 miliardi di Euro in un solo giorno”.

Per chi segue il calcio da un po’ di anni, i tg vivono di quel sensazionalismo immotivato tipico delle telecronache di Sandro Piccinini che sembra sempre che gli stia per venire un infarto commentando qualcosa di INCREDIBILE e invece magari si tratta di un fallo laterale.

[PICCININI: Incredibile!]

I TG, ma anche i giornali fanno così, devono creare sensazione per attrarre il pubblico, ve lo immaginate Enrico Mentana che apre l’edizione dell 20 e dice “Buona sera a tutti, oggi non è successo niente ed è andato tutto più o meno bene” ? O vi immaginate un edizione estiva di Studio Aperto dove non c’è neanche un servizio sugli anziani che soffrono il caldo afoso e i suggerimenti sul bere tanto e non rosolarsi al sole sul cemento alle 2 del pomeriggio il 15 agosto?

No

Per vendere, TG e Giornali devono dare notizie catastrofistiche, perché nulla vede di più quando si tratta di informazione di crisi e drammi.

Ragazzi ad ascoltare i TG e leggere i giornali, il 99% sono notizie di merda.

Oh, spoiler alert: ci sono sempre state e sempre ci saranno. Ci sono sempre problemi, ci sono sempre cose che non vanno, ci sono notizie negative, è la vita che è così.

Ma questo crea una distorsione prospettica, perché se per 30 minuti al giorno il telegiornale nazionalpopolare ti dice solo che tutto va di merda, eh tu sarai portato a credere che tutto vada di merda.

Ricordatevi però che, perlomeno voi che mi state ascoltando e che con ogni probabilità non vivete in Sri Lanka, fate parte dello 0,00001% più fortunato e benestante di tutta l’umanità passata e presente.

Ciononostante i TG dicono che le borse bruciano miliardi e qualcuno pensa che questa cosa succeda per davvero.

Semplicemente i Mercati a volte vanno su, a volte vanno giù.

Quando vanno su il valore della capitalizzazione delle sue aziende quotate cresce, quando vanno giù diminuisce. Nessuno brucia un bel niente.

Ora, finito questo predicozzo, in che momento ci troviamo?

Beh, in effetti il momento non è proprio quello che crea un’allegria contagiosa, soprattutto in Italia – MA DAI? Strano che quando si ferma la musica, quelli che restano senza la sedia siamo sempre noi…

Allora il menu del giorno cosa propone?

Abbiamo:

UNO:

Debito pubblico che è ricominciato a crescere rispetto all’anno scorso e siamo arrivati a oltre 2.800 miliardi di euro, che è semplicemente più del 140% del nostro Prodotto interno Lordo (in Europa solo la Grecia fa peggio di noi).
Vi ricordate? Il debito pubblico è l’insieme delle obbligazioni, sotto forma di titoli di stato, che l’Italia ha emesso per finanziare le proprie casse.
Abbiamo quindi un debito che è quasi una volta e mezzo il nostro PIL, che è in pratica quanto fatturiamo come stato ogni anno.

Qui abbiamo due piccoli problemi:

Probelma uno: dal 2012 in poi, grazie all’intervento provvidenziale di San Mario Draghi, allora presidente della BCE, e al suo Whatever it takes, la Banca Centrale Europea si è accollata la parte più grossa del nostro debito pubblico, quindi in pratica l’Italia emette debito e la BCE lo compra, tenendo sotto controllo i tassi di interesse, che invece schizzerebbero se nessuno volesse comprare il debito della nostra economia nazionale un po’ allegrotta.

Dall’anno scorso però, complice tutto il mega problemone legato all’inflazione e al rialzo dei tassi di interesse, in pratica la BCE ha cominciato a fare “Quantitative Tightening”, che in pratica significa, il vostro debito, cari Italiani, non ve le compriamo più perché dobbiamo ridurre la quantità di moneta in circolazione altrimenti l’economia si surriscalda troppo e l’inflazione finisce fuori controllo.

Quindi sono CA**I DA CA**RE per l’italia che ora deve continuare ad inventarsi delle markettate fotoniche per cercare di fare comprare agli stessi risparmiatori Italiani più debito possibile, onde evitare che troppo debito sia in mano ad investitori istituzionali stranieri, che al primo scricchiolio delle finanze del nostro paese ci mollano in un secondo e ci lasciano in bancarotta.

E così abbiamo visto: e il BTP Futura, e il BTP Italia e il BTP valore e così via e tra un po’ usciranno il BTP Sanremo, il BTP Ferragnez, il BTP Dio, Patria e Famiglia che oltre alle cedole dà inoltre diritto ad una cena in Albania offerta dal Primo Ministro Giorgia Meloni, insomma le stanno pensando tutte per farci comprare sti benedetti titoli di stato per nazionalizzare il nostro debito ormai ingestibile.

E questo è un cazzo di problema perché, colpo di scena, ci siamo accorti che regalare il 110% dei costi di ristrutturazione di un’abitazione non avrebbe risollevato la nostra economia, come qualche politico burlone deve aver pensato nel 2020, ma avrebbe creato la più gigantesca opportunità per fare truffe davvero troppo facili della storia del nostro Paese.

All’ultimo aggiornamento che ho letto a inizio settembre sul Sole 24 ore, questo scherzetto ci è costato circa 142 miliardi, di cui ce ne sono 13 di pure frodi certificate (ma sono pronto a scommettere quello che volete che su 100 interventi fatti usando il superbonus, in 100 casi sono stati gonfiati i costi per prendere più soldi), dicevo 142 miliardi di cui 109 ancora da pagare sotto forma di compensazioni fiscali, ossia di minor entrate nell’erario Italiano (che quindi dovrà emettere altro debito per metterci una toppa).

CHI L’AVREBBE MAI DETTO?!!!

Tutto ciò è bellissimo anche perché, come ha spiegato Federico Fubini sul Corriere, il risparmio energetico derivante dai lavori di ristrutturazione permetterà di rientrare di questi 142 miliardi tra appena un secolo e mezzo, quindi di cosa ci stiamo lamentando????

Comunque questo è il primo problema.

Il secondo problema è che, come sapete dall’episodio 2, debiti e tassi di interesse non vanno molto d’accordo.

Ricordo che i tassi di interesse decisi dalle banche centrali definiscono il costo del denaro, ossia il tasso d’interesse sui prestiti.

Se l’Italia deve emettere fantastilioni di BTP per tenere in piedi il suo bilancio, in pratica sta chiedendo soldi in prestito, perché le obbligazioni non sono altro che prestiti appunto.

Però un conto erano i tassi di interesse rasoterra del 2021 (e comunque bassissimi dal 2008 in poi), che sui nostri titoli decennali costavano circa l’1% all’anno.

Un conto è ora con i tassi di interesse al 4% che fanno sì che tutti i BTP che l’ITalia emette abbiano un costo enorme per remunerare i suoi creditori.

Se oggi l’Italia, per esempio, emette 100 miliardi di debito, sotto forma di BTP decennali, ciò significa che, oltre a dover restituire questi 100 miliardi tra 10 anni, ogni anno dovrà cacciare fuori la bellezza di 4 miliardi di soli interessi.

Capite bene perché il nostro ministro dell’economia è sull’orlo di una crisi di nervi ogni volta che Christine Lagarde, la discutibile numero uno della BCE che tanto ha fatto rimpiangere a tutta Europa Mario Draghi, decide di alzare di un quarto di punto i tassi d’interesse.

Sembrerebbe che, solo ad oggi (e siamo a Settembre), questo ciclo di rialzo dei tassi stia a costando all’Italia circa 14 miliardi in più di soli interessi da pagare sulle proprie obbligazioni.

Ora, nel menu abbiamo anche una seconda prelibatezza:

L’INFLAZIONE.

Per l’amore del cielo, sta scendendo eh rispetto all’anno scorso, ormai viaggiamo tra il 5 il 6%.

Il problema è che è ancora maledettamente alta rispetto all’obiettivo del 2% e pertanto, finché al 2% non ci arriviamo, con buona pace di Giorgetti e Meloni, la BCE non è che possa fare molto altro se non continuare ad alzare il costo del denaro.

Come se non bastasse, i paesi produttori di petrolio del medio oriente + Russia, per la spontanea simpatia che nutrono verso gli occidentali (oltre che di fronte alla prospettiva di una probabile recessione economica a breve), continuano a tagliare le produzioni, di conseguenza se viene prodotto meno petrolio il prezzo si alza e in questi giorni stiamo viaggiando verso i 100 $ al barile.

Cosa succede se il prezzo del petrolio si alza?

Al di là del fatto che ci viene un infarto ogni volta che dobbiamo fare benzina, in generale il problema è che si alzano i prezzi di un sacco di cose e quindi l’inflazione fa ancora più fatica a scendere.

Ah poi ovviamente un risvolto immediato sulla vita di molti di noi di tutta sta faccenda è che se l’inflazione è alta e quindi i tassi continuano a salire, ecco che fare un mutuo per comprare casa diventa un cazzo di problema se gli interessi sul mutuo arrivano al 5%.

Certo, i miei genitori negli anni ’90 comprarono casa facendo un mutuo con tassi al 19%, in confronto 5% è una barzelletta.

Però abituati come eravamo fino al 2021 a tassi sui mutui che a volte erano dello 0 virgola, è chiaro che questo rallenta tutto il mercato immobiliare.

E quello immobiliare è il mercato più importante di qualunque economia, perché niente come la compravendita di una casa muove più indotto economico.

Quando si ferma l’immobiliare, l’economia tracolla tutta.

Oh un bel po’ di buon notizie eh?

Chiudiamo con l’ultima roba Italiana così ci spostiamo al mondo che conta.

Il terzo piatto del menu consiste nel fatto che tanto per cambiare, le stime di crescita dell’Italia nel 2023 si assottigliano ad ogni trimestre e la nostra economia non è che scoppi proprio di salute.

L’unico motivo di orgoglio – anche se poi agli effetti pratici è un problema pure questo – è che stiamo facendo meglio dei soliti primi della classe della Germania!

E’ però un problema perché la Germania è la quarta economia del mondo, la più grande d’Europa, un quinto di un’auto tedesca è prodotta in Italia, quindi se si ferma la Germania sono cmq cazzi per tutti noi.

Ora, quello che c’è da capire è: ma perché sta succedendo tutto questo?

Sta succedendo perché dopo l’euforia post covid l’economia globale ha preso una velocità insostenibile – e comunque incoerente con i suoi valori fondamentali – il debito è cresciuto enormemente per via dei lunghi periodi di tassi a zero, il mercato del lavoro ha vissuto una frenesia mai vista portando a livelli di occupazione che non si vedevano dagli anni 60 e stipendi a volte gonfiati e tutta una serie di bolle che una per una stanno scoppiando (dal mercato immobiliare cinese fatto di cattedrali nel deserto alle start-up di mezzo mondo che senza i fiumi di denaro a basso costo degli investitori stanno saltando una dietro l’altra).

Oggi a che punto siamo?

Come sempre, chi decide le sorti del mondo sono gli Stati Uniti.

L’uomo più importante del momento non è Joe Biden, intento soprattutto a ricordarsi dove ha lasciato la dentiera oltre che a sforzarsi di non addormentarsi ogni volta che partecipa ad un evento diplomatico, bensì Jerome Powell.

Per chi non lo conoscesse, Powell è il capo della Fed.

E’ l’uomo che, insieme al board della banca centrale americana, decide i tassi di interesse e quindi, in pratica, decide le sorti della più grande economia del mondo.

E qui veniamo alla cosa simpatica che dà il titolo all’episodio e che ancora una volta ci fa capire come la finanza sia una meravigliosa messinscena di eventi più immaginari che reali.

Se avete capito tutto sto bel casino, dove abbiamo inflazione alta che non scende e tassi alti che continueranno a salire, capirete facilmente perché, nonostante sembri che in questo contesto di brutte notizie ci servirebbero solo delle buone notizie, in realtà le buone notizie sono cattive notizie!

Eh sì, è incredibile come ogni buona notizia, da 2 mesi a questa parte, continui a far crollare i mercati.

Perché succede questo?

Molto semplice:

– non ci sono abbastanza disoccupati? allora ciò significa che troppa gente continuerà a spendere soldi e quindi l’inflazione non andrà giù.

– l’economia sta andando troppo bene? allora ciò significa che le aziende continueranno a spingere su i prezzi per sostenere i propri utili e quindi l’inflazione non andrà giù.

– i sondaggi mensili dell’Università del Michigan dicono che la fiducia dei consumatori è alta? Male perché l’inflazione non andrà giù.

Insomma, ogni volta che esce un dato macroeconomico negli Stati Uniti, che stanno dimostrando ancora una volta di essere un’economia che gioca davvero in un altro campionato e che nonostante tutto sta letteralmente scoppiando di salute, niente, tutte le borse la prendono male e vanno giù a capofitto.

Ma perché l’S&P 500 ha perso quasi il 6% in due mesi, quando invece a fine Luglio aveva guadagnato il 20% da inizio anno?

In entrambi i casi si tratta di una reazione al cambio di aspettative degli investitori.

Ricordatevi bene questa cosa: i mercati non riflettono mai l’andamento dell’economia. I mercati – si dice – scontano, ossia anticipano attraverso la variazione dei prezzi delle società e delle obbligazioni quotate in essi, le previsioni sugli scenari futuri.

La prima parte dell’anno è stata tutta guidata, da un lato, dall’euforia per l’intelligenza artificiale che ha fatto sì che tutte le gigantesche BIG TECH americane facessero numeri da capogiro – ricordo che la sola Nvidia ha triplicato il suo valore in 9 mesi – mentre dall’altro ha pesato l’aspettativa che presto il ciclo di rialzi dei tassi sarebbe terminato e che la fed avrebbe ricominciato a tagliare il costo del denaro.

Perché quest’aspettativa fa salire i mercati azionari?

Perché naturalmente con i tassi più bassi succedono due cose:

UNO: le obbligazioni diventano meno attrattive e quindi gli investitori sono più propensi a prendersi rischi nel mercato azionario per ottenere maggiori rendimenti.

DUE: il costo del denaro più basso fa sì che le società possano fare maggiori investimenti e quindi sostenere ad un costo inferiore la propria crescita, oltre al fatto che tassi più bassi innescano tutta una serie di fattori nello scenario macroeconomico come più compravendita di case, più prestiti da parte delle banche alle piccole imprese, minor costi per gli stati per finanziare il proprio debito liberando risorse per investimenti interni e così via.

Allo stesso modo però negli ultimi mesi il feeling è un po’ cambiato perché, soprattutto dopo l’ultimo meeting della Fed di metà settembre, in cui Powell sostanzialmente ha lasciato invariati i tassi ma ha fatto capire che la Fed li terrà alti ancora a lungo e farà – forse – giusto un paio di tagli nel 2024, rispetto ai 4 tagli che tutti si aspettavano.

Questa cosa ha gelato le borse Americane – e a cascata quelle di tutto il mondo – perché con tassi alti a lungo sempre meno investitori sono propensi a mettere soldi in un mercato azionario con poche prospettive di rendimento, quando a rischio zero possono ottenere il 5% mettendo i soldi in Titoli di stato americani.

Quello che sta accadendo, ad ogni modo sembra andare al di là della situazione contingente.

E’ uscito qualche giorno fa un editoriale sul wall street journal che in pratica ipotizzava il fatto che questa cosa dei tassi di interesse alti potrebbe non essere un fenomeno transitorio ma che in realtà si stia configurando una situazione macroeconomica in cui il punto di equilibrio tra inflazione al 2%, disoccupazione intorno al 4% e crescita economica intorno al 2% all’anno si sta assestanto a tassi di interessi decisamente più alti che negli ultimi decenni, tra il 3 e il 4% secondo alcune proiezioni da qui ai prossimi 10 anni.

Ora, come sempre fare previsioni è impossibile, anche perché se domani arriva una crisi economica come Dio comanda, la Fed non potrà far altro che abbattere drasticamente i tassi, come fatto nel 2008 e nel 2020, e lì si aprirà un altro scenario, ma per come stanno le cose ora e senza prendere in considerazione situazioni estreme, sembrerebbe appunto che la bonanza dello scorso decennio di un mercato azionario euforico grazie a tassi prossimi allo Zero per un po’ ce la possiamo scordare.

Mi rendo conto che tutta sta cosa di cui ho parlato non sia di semplicissima comprensione.

Però giusto per fissare i concetti principali, portatevi a casa questo:

– finché l’inflazione resta alta, alti resteranno i tassi ed è inutile che qualcuno si lamenti perché un’inflazione al 5% è una mannaia sull’economia; forse avremmo dovuto pensarci 40 anni fa prima di cominciare ad indebitarci come pazzi come non ci fosse un domani;

– poi, tassi alti UGUALE non benissimo per il mercato azionario (mentre interessante per quello obbligazionario)

– infine, non è detto che sia una situazione transitoria, quindi se in passato le grandi aziende growth legate alla tecnologia hanno trainato tutte le borse del mondo e negli ultimi 20 anni si è coltivato il mito delle startup che dai dormitori delle università avrebbero poi raggiunto valutazioni miliardarie, ecco ricordate che tutto ciò era possibile anche grazie a tassi di interesse a zero e quindi a vaste disponibilità di denaro a basso costo che ha permesso investimenti mai visti prima.
Con tassi alti a lungo tutto ciò sarà più difficile.

Ora, sentito tutto sto pippone sullo stato dell’economia mondiale – ah non ho parlato della Cina, lì a quanto pare stanno finalmente venendo al pettine tutti i nodi di un’economia che sembrava inarrestabile grazie al perfetto dirigismo della sua dittatura comunista e invece ora il sogno della sua crescita illimitata è stato bruscamente sostituito da un risveglio fatto da una crisi immobiliare senza precedenti, alti livelli di disoccupazione giovanile, economia stagnante e chissà quanti altri cazzi che non sappiamo per via della nota trasparenza di quel tipo di governo.

In generale anche questo non va bene perché la Cina è il più grande mercato del mondo, quindi un rallentamento della sua economia ha comunque impatti negativi (basti pensare, ad esempio, che Apple vende circa un quarto dei suoi iPhone in China).

Comunque dicevo, sentito tutto sto pippone, cosa dovete fare con i vostri investimenti per affrontare al meglio questa situazione?

Pronti per la risposta?

Rullo di tamburi

[METTERE RULLO DI TAMBURI]

Niente!

[PIATTI!]

Assolutamente niente!

Non fare niente è la cosa migliore che potrete mai fare.

Non provate a interpretare dove va il mercato, non cercate di intuire quali settori andranno meglio e quali peggio, non stravolgete l’asset allocation, non fate niente e continuate a investire esattamente come stavate facendo.

Per chi ha un orizzonte di venti, trenta, quarant’anni, qualunque cosa succeda nei prossimi 5-10 non avrà in effetti un particolare impatto sugli obiettivi di lungo termine.

Le cose che contano e che sono indipendenti dallo scenario macro del mercato sono piuttosto :

1) Definire obiettivi finanziari di breve, medio e lungo periodo;

2) Vivere in base al proprio budget di spesa, in particolare considerando l’impatto delle tre spese tipicamente più importanti (abitazione, trasporto e cibo), allocando almeno il 10% del proprio reddito alla voce investimento (15% meglio, 20% ottimo, più del 20% siete dei king) e solo dopo spendete quello che resta.

Ricordatevi che il numero di anni che vi servirà per raggiungere l’indipendenza finanziaria dipende dalla quota di risparmio che allocate ogni anno agli investimenti.

Tenendo buona l’indicazione del FIRE movement di avere un patrimonio uguale a 25 volte il vostro reddito, imparate questa regolina.

Il numero di anni necessario a raggiungere questo risultato, è circa 55 MENO la percentuale del vostro reddito che assegnate all’investimento.

Investite il 10% all’anno? vi serviranno quasi 45 anni.

Investite il 20%? circa 35 anni.

Investite il 30%? circa 25 anni.

Poi è chiaro che i vostri redditi cambiano nel corso della vita e tendenzialmente aumentano, non restano stabili per 40 anni.

Più riuscite a fare crescere la quota di risparmio da dedicare agli investimenti, minore sarà il tempo necessario per raggiungere il target dell’indipendenza finanziaria.

Quindi questa formuletta del 55 – la percentuale di risparmio è da ricordare perché va a braccetto con la formula che abbiamo spiegato nello scorso episodio, secondo cui un investimento mensile con rendimento annuo del 6%, dopo 30 vale 1000 volte tanto.

[CLIP ING. CANE MILLE MILA]

Tornando invece alle cose che contano a prescindere dallo scenario macro, veniamo al punto

3) Investite con continuità in un portafoglio basato su un asset allocation allineata al vostro orizzonte temporale, ai vostri obiettivi e alla vostra propensione al rischio.

Come abbiamo detto tante volte, la regola classica è investi in Azioni una percentuale del tuo portafoglio uguale a 100 meno i tuoi anni di età.

Nell’episodio 25 vi avevo già suggerito di adattare questa formula ai tassi di interesse vigenti, sostituendola con

125 meno i tuoi anni di età meno i tassi della Fed moltiplicati per 5.

Se ad un certo punto ci assestiamo su tassi al 3%, allora ad una persona di trent’anni suggerirei una quota azionaria di

125 meno 30 meno 3 per 5 quindici = 80% di azioni.

Se invece i tassi dovessero andare al 6%, allora

125 meno 30 meno 6 per 5 trenta = 55% di azioni.

In uno scenario invece da tassi a 0, allora ci potrebbe stare, come suggerito da Burton Malkiel e Charles Ellis nel libro The Elements of Investing, tradotto in Italiano in Come Investire, avere un’esposizione ancora maggiore, dato che con tassi bassi le obbligazioni rendono poco e probabilmente il mercato azionario ne trarrà beneficio.

Al di là di questo però, nessuna formula in realtà ha alcuna certezza scientifica, quindi probabilmente qualunque portafoglio fatto da un buon mix di fondi a basso costo che replica azioni e obbligazioni internazionali andrà sicuramente bene per i vostri obiettivi di lungo termine.

Quindi sappiate quel succede nel mondo, dopodiché sbattevene anche le palle perché il 99% dell’informazione è solo rumore e commetterete sicuramente meno errori affidandovi ad una buona pianificazione piuttosto che stando dietro ad ogni notizia e contronotizia che ogni giorno riempie le pagine dei giornali e anima gli umori dei mercati.

A questo punto arrivati, cari amici e care amiche di questo podcast, vi ringrazio come sempre per essere ancora qui con me e per continuare a tenere The Bull più vivo che mai.

Ricordatevi di scrivermi su instagram a TheBull_finance tutto quello che vi pare, sarò felice di rispondere a qualunque dubbio, curiosità, suggerimento, insulto e così via.

Ovviamente non vi darò mai raccomandazioni finanziarie, per il resto parliamo di quel che volete.

Vi invito come sempre a mettere segui al podcast, attivare le notifiche e lasciare una recensione a 5 stelle per supportarci e permetterci di continuare a produrre contenuti senza tempo che vi spiegano cosa sta accadendo nel mondo e nell’economia per poi suggerirvi di ignorare tutto, lasciare andare sereni i vostri investimenti e dedicarvi a cose più soddisfacenti nella vita che non a quello che fanno la Fed e la BCE che non può fregarcene di meno sempre nuovi!

Per questo episodio invece, è davvero tutto e noi ci ritroviamo qui domenica prossima, per compiere un nuovo passo insieme nel nostro viaggio nel mondo dei soldi, del risparmio e degli investimenti, sempre qui con The Bull – Il tuo podcast di finanza personale.

Recensioni

Quando capisci come funziona la finanza… ti viene voglia di raccontarla!

Veramente interessante, chiaro e conciso. Cambia la vita finanziaria di chiunque.. da ascoltare assolutamente anche per chi di finanza non vuole occuparsi mai

Francesca B., 6 Apr 2024

Veramente veramente raccomandato! la finanza personale riassunta alla perfezione! e spiegata partendo dall'ABC! Ottimo anche da ascoltare a velocita 1,5x!

Giorgia R., 23 Gen 2025

Da quando l'ho scoperto in 15 gg mi sono ascoltato 150 puntate senza fermarmi, ho annullato gli altri podcast per portarmi alla pari ed ascoltare tutte le precedenti puntate, ben fatto, esattamente il livello di informazione che mi serviva

Gianluca G., 11 Set 2025

La mia ignoranza in materia mi ha sempre creato dei dubbi, ma grazie a un amico ho iniziato ad ascoltare il podcast. Per fortuna che ho 24 anni e un po' di tempo e soldi da dedicarmi a imparare le varie nozioni per me stesso. Grazie mille!

Luca G. 10 Ott 2025

Ho seguito tutte le puntate! Grazie veramente

Amalia A., 17 Set 2025

Dovrebbero ascoltarlo buona parte degli italiani e io avrei dovuto scoprirlo con qualche anno in anticipo ma meglio tardi che mai

Matteo C., 3 Set 2025

Riccardo mi ha letteralmente cambiato la vita e fatto scoprire che amo la finanza, ho ascoltato il podcast già due volte e non mi stufo mai di ascoltarlo, parla in modo semplice e chiaro

Massimo D., 23 Set 2025

Non sono solito a mettere recensioni e specialmente non ascolto podcast, ma da quando ho iniziato questo, faccio fatica a staccarmi, e quasi non posso più fare a meno di ascoltare e arricchirmi culturalmente.

Andrea V., 22 Set 2025

Ho acquistato e letto il suo libro e l' ho trovato. Esprime i concetti economici in modo semplice e chiaro. Sentirlo parlare conferma che è un professionista del settore.

Giulia N., 11 Ago 2025
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