Come investire oggi se partissi da zero
Se domani avessi 100.000 € sul conto, da dove partiresti? In questa puntata costruiamo insieme un portafoglio da zero: pochi strumenti, regole chiare e buon senso. Dall’asset allocation agli ETF, fino alla disciplina del lungo termine: il kit di sopravvivenza per iniziare a investire sul serio.
Risorse
Punti Chiave
L'Asset Allocation (la ripartizione tra asset class) determina circa il 90% della performance del portafoglio.
L'investitore principiante può usare un portafoglio statico (ad esempio 60% Azioni Globali, 30% Bond Governativi UE o globali hedged, 10% Oro).
I prezzi attuali (valutazioni) sono la migliore previsione del mercato per il futuro, quindi copiare l'indice globale (Market Cap Weighting) è la scelta di default.
Contenuti del video
- 00:00 Come investire oggi se partissi da zero
- 04:01 Come investire 100.000 €
- 15:36 Cash
- 17:25 Obbligazioni
- 23:43 Azioni
- 31:20 Asset alternativi
- 35:58 Strumenti bonus
- 00:00 Come investire oggi se partissi da zero
- 04:01 Come investire 100.000 €
- 15:36 Cash
- 17:25 Obbligazioni
- 23:43 Azioni
- 31:20 Asset alternativi
- 35:58 Strumenti bonus
Trascrizione Video
Bentornati a The Bull, il tuo podcast di finanza personale!
Un paio di mesi prima della pubblicazione di questo video, feci un episodio di The Bull dedicato a come investirei oggi se partissi da zero e non fossi andato in overdose di informazione finanziaria.
Lo scenario era quella classica situazione in cui molti si trovano quando iniziano a diventare pratici di finanza e investimenti: pranzo con amici o parenti, qualcuno che se ne esce con qualche stronzata tipo “l’unica è investire in immobili” oppure “io compro solo azioni di qualità perché mi tengo informato” o peggio ancora “no io non investo, alla fine ci perdi sempre” … avete presente? Le solite scemenze che dice la gente che non ha mai davvero preso in mano un singolo contenuto serio di finanza.
Voi cosa fate, vi sale il sangue al cervello che vorreste tirar giù tutti i santi del paradiso, ma poi con calma provate a spiegare quello che avete imparato.
Il sedicente esperto di cui sopra probabilmente continuerà a persistere nelle proprie demenziali convinzioni, ma qualcuno invece sarà quanto meno incuriosito dal fatto che “oh… ma ne sapete veramente un botto di finanza!”.
Al che le cose che potete consigliare sono tre:
– Spararsi 250 e fischia episodi di The Bull, dopodiché la formula dello Sharpe Ratio diventerà più famigliare della tabellina del 7;
– Guardarsi tutti i nuovi video su YouTube in queste playlist tematiche per farsi il corso accelerato;
– Oppure gli spiegate voi le cose fondamentali per farsi un portafoglio di base, semplice, intuitivo, ma come Dio comanda e non, come più tipico, a cazzo del proverbiale cane.
Ora, sappiamo tutti bene che non esiste un portafoglio che vada bene per tutti a prescindere e ovviamente lungi da me dare qualsivoglia consiglio di investimento.
Anzi, partite dal presupposto che io dica solo minchiate e che non dovete seguire una sola parola di quel che dico.
Però, mettiamola così, se fossi davvero lì, venissi colto da un moto di entusiasmo e cominciassi a dare consigli di investimento a caso, pistola alla tempia direi che se iniziassi oggi gestirei i miei soldi come spiegherò nel corso di questo video.
Quando feci quell’episodio fu incredibilmente apprezzato e ricevette una svalangata di commenti.
Perlopiù positivi.
Ma in tanti mi hanno detto.
Sì però bello tutto: “ma ce li fai vedere sti strumenti in cui investire?”
A grandissima richiesta, allora, oggi rispieghiamo come investirei io oggi se partissi da zero e come potreste consigliare i vostri neofiti amici aspiranti investitori mostrando tutto: indici, strumenti, portafoglio, numeri, case, libri, auto, fogli di giornale che anche se ancora non c’hai investito niente per lo meno a te ti permetto di sognare.
Ringraziamo Tiziano Ferro per la partecipazione straordinaria.
Oggi quindi rivediamo quelle idee fondamentali presentate nella formula più semplice che mi viene in mente con tutti gli strumenti.
Prima di immergerci in questo breve viaggio in cui si parte in completo digiuno di competenza finanziaria e si finisce con un’abbuffata di ETF, permettetemi di ricordavi che questo episodio è sponsorizzato da Fineco, la banca online leader in Italia da oltre 25 anni, con cui da sempre investo i miei soldi.
Con Fineco è possibile fare piani di accumulo in ETF e ETC a condizioni vantaggiose e ci sono centinaia di ETF di Ishares, Xtrackers, Amundi e Fidelity a zero condizioni.
Per il mio PAC che in questo momento è composto da 8 strumenti pago circa 5 € al mese.
Inoltre si può investire una volta al mese, più volte al mese, una volta ogni più mesi, in qualunque giorno vi vada.
Se poi siete in due e siete per due cuori e un portafoglio, con Fineco potete avere il conto cointestato e fate tutto assieme.
Qui in alto da qualche parte e in descrizione trovate un link per aprire sia un conto completo di tutti i servizi bancari, con canone gratuito per 12 mesi, oppure un conto trading, solo per investire, e in entrambi i casi — solo se usate il link — avrete 60 operazioni gratuite per i primi 6 mesi.
[come investirei 100.000 €]
Veniamo a noi.
Questo video sarà piuttosto semplice.
Immaginiamo 100.000 € di risparmi sul conto corrente, giusto per fare cifra tonda, e vediamo come li gestirei se partissi da zero, usando meno strumenti possibile — ma facendo comunque una roba di buon senso e con un minimo di ragionamento dietro.
Cioè l’idea non è tanto dire “investi in questo investi in quello”, ma capire come ogni strumento risponda ad un presupposto della teoria del portafoglio e quale dovrebbe essere il processo decisionale che sta dietro la selezione di ogni elemento.
Ovviamente la risposta alla domanda: “come investire?” è fatta di due parti: una pesa forse il 20% e l’altra l’80% del risultato finale.
– Il 20% del rendimento a lungo termine del mio portafoglio dipende dalla scelta dei singoli strumenti finanziari;
– L’80%, forse anche di più, dipende invece dall’asset allocation.
Questo famoso paper di Ibbotson e Kaplan già nel 2000 arrivò alla conclusione che
L’asset allocation è responsabile del 90% della variabilità nel rendimento di un fondo nel tempo.
Quindi non c’è bisogno di diventar matti oltre il limite del buon senso della microselezione di ogni strumentino.
Uno può arrovellarsi sull’esatto dosaggio di ogni singolo pezzettino del portafoglio, ma milioni di parole sono state scritte negli anni per mostrare come l’asset allocation sia la singola decisione più importante da prendere.
Che poi cosa significa?
Ricordiamo che le principali asset class realmente investibili sono principalmente 2:
– Bond e
– Azioni Poi eventualmente si aggiungeranno on top asset alternativi come oro e materie prime), però la decisione principale è quanto investire nell’asset più rischioso — che solitamente solo le azioni.
Ora, non è che non è che dovete subito farvi odiare spiegando che per rispondere a questa domanda si tratta di risolvere una cosa del genere
E dire “mah sì guarda, comincia a fare mu meno r diviso sigma al quadrato per gamma e trovi la quota ideale di azioni condizionale ad un certo livello di consumo”
Quello che succederebbe un secondo dopo sarebbe tipo questo:
Tra l’altro, scherzi a parte, quella roba che abbiamo visto sopra si chiama Merton Share, dal premio Nobel per l’economia Robert Merton che ne ha parlato qui
Ed è forse la mia formula finanziaria preferita in assoluto.
Come ci si arriva a quella formula è una cosa matematicamente assurda, ma poi il suo significato è estremamente semplice e intuitivo.
Di questo ne ho parlato nell’episodio 230 e a partire da metà ottobre nella playlist dedicata all’asset allocation.
Se però non siamo ancora a metà ottobre del 2025, oggi parliamo di altro.
Ok ci sarebbe la versione semplice che è la formula di The Bull
% azioni = 125 — anni — Tasso senza rischio * 5
mettervi a spiegare il risk-free rate e i motivi per cui sovrappesare bond con tassi più alti ha più senso che con tassi più bassi? Questi li perdete tutti per strada dopo 5 secondi.
Inoltre, sia con la regola di The Bull che con quella di Merton, dovreste spiegare loro cos’è il premio al rischio e perché i rendimenti attesi variano nel tempo.
Dovreste spiegare che ciò che guida i lunghi cicli dei mercati sono le variazioni dei tassi di sconto e che quando c’è molta euforia gli investitori accettano bassi rendimenti perché hanno una bassa percezione del rischio e viceversa i rendimenti attesi diventano più elevati durante le crisi perché l’avversione al rischio aumenta.
Facciamola più semplice.
Partiamo da un’asset allocation statica, per discorsi più raffinati se ne riparlerà alla Cena di Natale.
Per fare questo prendiamo in prestito un paio di regolette empiriche del nostro amico, il Dr. William Bernstein, che nel suo celebre libro The Intelligent Asset Allocator aveva proposto delle scorciatoie molto semplici per capire grossomodo dove settare il proprio profilo di rischio e quindi l’allocazione azionaria.
Lui dice:
– Per il discorso TOLLERANZA AL RISCHIO, fai così: qual è il valore massimo del portafoglio che sei disposto a tollerare senza farti venire un coccolone? Ecco prendi quella percentuale e moltiplicala per 2 se sei molto timoroso, 2,5 se sei un po’ coraggioso e hai trovato la quota di azioni da mettere in portafoglio:
%azioni = massima perdita tollerabile * 2-2,5
Esempio:
– Massimo 20% di drawdown? (cioè”quanto va giù il valore del tuo portafoglio” da un massimo ad un minimo). Allora tra il 40 e il 50% hai la tua quota azionaria
– Anche 40% lo sopporti? Allora teoricamente ditegli che anche 80-100% in azioni va bene, ma poi dategli un ceffone e ditegli: “smettila di dire cazzate. Non hai mai investito, figuriamoci se non ti caghi addosso con un -40% e passa”.
> Quello ti risponderà: “ma scusa, ma non mi avevi detto che il rendimento azionario nel lungo termine è stato positivo in tutti i mercati sviluppati, che dal 1900 al 2024 il mercato azionario globale ha reso oltre il 5,2% medio composto all’anno reale e che se uno è ampiamente diversificato è improbabile avere un rendimento nominale negativo se investe per almeno 10-15 anni?”.
Lo dicevo che siete sul pezzo
Sì, verissimo.
Le azioni nel lungo termine hanno il maggior rendimento atteso rispetto alle principali asset class tradizionali quotate.
Però noi non viviamo di statistiche, noi viviamo della capacità del nostro portafoglio di sostenere gli obiettivi della nostra vita.
Siccome non siamo macchine ma esseri viventi e tendenzialmente senzienti, ciò che vogliamo non è un portafoglio con il massimo rendimento atteso, ma un portafoglio con il massimo rendimento atteso in proporzione al rischio che ci richiede.
Perché questo?
Per un cazziliardo di motivi, ma fondamentalmente questi 4:
– Prima ragione: perché avere un rendimento di lunghissimo termine possibilmente elevato è poco utile se per decenni ti trovi costantemente con il portafoglio depresso. È importante che il tuo portafoglio accompagni il più possibile gli obiettivi della tua vita. A meno che stai investendo solo per la pensione tra 30-40 anni, quasi nessuno vuole un portafoglio che ogni tanto fa -50% e poi ci mette 10 anni a tornare al punto di partenza.
– Seconda ragione: se investi un po’ per volta, come quasi ogni persona normale di questa terra, hai il rischio di sequenza. Più un asset è volatile, maggiore è il rischio di sequenza e quindi si è maggiormente esposti alla possibilità che una sequenza un po’ sfigata di anni buoni e cattivi comprometta il risultato finale dei nostri investimenti.
– Terza ragione: nonostante quel che ogni tanto si dice, non è vero che le azioni hanno sempre reso di più delle altre asset class — ci sono stati decenni,
> ventenni e addirittura trentenni in cui bond a lunga scadenza hanno > reso di più delle azioni.
Ovvio che qualunque ragionamento facciate che termina nel momento in cui stiamo parlando mostrerà sempre una vittoria netta delle azioni americane e una debacle devastante per i bond.
Ma non è per nulla scontato che anche in futuro sarà così.
E in ogni caso ci frega il giusto del “risultato finale”.
Ci interessa come cresce il nostro portafoglio lungo tutto il percorso, perché se i grandi obiettivi della nostra vita li vogliamo realizzare proprio nei decenni peggiori poco ce ne facciamo che 20 anni dopo le azioni avranno vinto ancora una volta.
Saranno felici i nostri eredi, noi un po’ meno.
– La Quarta ragione poi è quella fondamentale. Il rischio in finanza è simmetrico, perlomeno se facciamo finta che sia normalmente distribuito. Ciò significa che una cosa può andare meglio della media o peggio della media con la stessa probabilità. Nel lungo termine i casi eccezionali si riducono e la dispersione dei risultati possibili si compatta, ma comunque resta la possibilità che se un asset in media rende — che so — 7%, il mio rendimento medio effettivamente realizzato possa essere 12% o 2%. In media fa sempre sette, ma chiaramente stiamo parlando di due esiti molto diversi dal punto di vista qualitativo. Dove non c’è simmetria è nella nostra utilità marginale — solito concetto in finanza che possiamo esprimere come: la prima fetta di panettone con il mascarpone è buonissima, la terza aggiunge poco e la 5a inizia a farmi tornare su tutto il cenone.
> Quindi quello che noi vogliamo massimizzare, di solito, non è il > risultato migliore in assoluto per i nostri investimenti, ma gli > scenari più negativi: cioè se proprio ci dice male, vogliamo comunque > che le cose ci vadano benino, anche se così limitiamo un po’ la > possibilità di fare il botto al quadrato se le cose vanno bene.
L’ho presa un po’ larga per darvi le chiavi per spiegare al vostro amico in overdose di propensione al rischio che un portafoglio fatto quasi solo di azioni non è quasi mai desiderabile per nessuno.
Bene, con il primo trucchetto di Bernstein abbiamo un’idea della tolleranza al rischio dei vostri commensali che stanno conducendo una lotta epica tra riuscire a seguirvi — perché il discorso alla fine gli interessa — e cercare di digerire le costine marinate nella salsa barbecue.
Diciamo che il vostro interlocutore medio è disposto ad accettare un 30% di drawdown, allora teoricamente 60-75% di azioni è un range accettabile.
C’è poi però l’altra scorciatoia, quella che riguarda l’orizzonte temporale.
Senza stare a fare troppo i difficili, il discorso più o meno è questo:
– Nel breve termine cash e bond governativi sono meno rischiosi delle azioni
– Nel lungo termine invece sono altrettanto rischiosi se guardiamo al valore reale, cioè al netto dell’inflazione, dei nostri investimenti.
Nel lungo termine invece le azioni hanno dimostrato di avere una performance media decisamente interessante e solitamente — a condizione che uno abbia un portafoglio azionario diversificato a livello globale e non investa solo nelle quattro azioni di casa sua — per investimenti di almeno 10-15 anni la probabilità che il ritorno sia negativo è piuttosto basso.
Di conseguenza se uno ha un orizzonte piuttosto lungo farebbe BENE a investire il più possibile in azioni — al netto del suo livello di tolleranza psicologica di cui sopra.
– Nel suo libro Bernstein diceva: moltiplica il tuo orizzonte di investimento per dieci e hai la quantità di azioni idonea nel portafoglio. Secondo me però è troppo ottimista, perché vorrebbe dire che sopra i 10 anni sarebbe sempre 100% azionario. Per i vostri amici aspiranti neoinvestitori proporrei di fare per 7.
– Sei ragionevolmente sicuro che i soldi che investi oggi non li toccherai per 10 anni: allora 70% in azioni potrebbe andare;
– Stai invece investendo per la pensione e sei sereno che per 15-20 anni almeno quasi soldi resteranno investiti, allora puoi spingerti anche più in alto.
Il numero minore tra quello per la TOLLERANZA al RISCHIO e quello per l’ORIZZONTE TEMPORALE dà una ragionevole stima della quantità di azioni che ha senso avere in portafogli.
Facciamo finta che questo numero sia circa 65%: dunque 65% in azioni e 35% in obbligazioni.
Bene, se io fossi un neoinvestitore oggi e avessi 100.000 € sul conto corrente cosa farei?
Farei questo, usando 5 ETF:
– 1 per il cash
– 1 per i bond
– 1 per le azioni
– 1 per altri asset e
– 1 bonus che vi dico alla fine a seconda di quello che volete fare.
A livello pratico sceglierei ETF che replicano degli indici rappresentativi di queste asset class, farei un piano di accumulo il più a lungo possibile con il massimo risparmio possibile che riesco a mettere da parte ogni mese, ribilancio quando un asset class sballa di almeno un 10% rispetto all’allocazione prevista o quando dovessero cambiare la mia tolleranza al rischio o i miei obiettivi e per il resto potrei anche dimenticarmi di essere un investitore.
[cash]
Veniamo agli strumenti.
NUMERO UNO: Cash.
Ovviamente non investirò tutti i miei 100.000 €.
Probabilmente mi terrei circa 5.000 € sul conto, o comunque l’equivalente di 1-2 mesi di spese, e poi considererei di tenermi qualche mese di spese future nel mio fondo di emergenza.
Il fondo di emergenza è argomento molto dibattuto — qualcuno ritiene che sia perfettamente inutile.
– Diciamo che se hai un milione investito, probabilmente è del tutto irrilevante;
– Se invece il tuo patrimonio liquido complessivo è 100.000 € o meno, credo che il fondo di emergenza sia fondamentale per la pace della mente.
– Tra 100.000 e un milione è una questione soggettiva.
Su questo non mi dilungo tanto perché sul discorso della gestione della liquidità ne abbiamo parlato in questo video.
– Per gli affezionati dei conti deposito svincolabili o dei conti remunerati, bene quelli;
– Per gli altri, senza dubbio un ETF monetario
Ricordiamo solo una cosa — perché repetita iuvant.
Questi sono strumenti di parcheggio del cash a breve termine.
Non sono un’alternativa alla componente obbligazionaria del portafoglio.
Sono i soldi che ti servono per gestire esigenze di liquidità di breve termine o appunto piccole emergenze.
Non sono un asset class d’investimento in senso stretto perché il rendimento atteso degli strumenti monetari è grossomodo l’inflazione — anzi, non sempre sono sufficienti a tenere il passo dell’inflazione.
Negli ultimi 30 anni per esempio il risk-free rate europeo ha avuto complessivamente un rendimento reale negativo, in particolare per colpa dello shock inflazionistico del 2022:
IL cash serve per le esigenze di spesa.
Come strumento di investimento, mmmhhh, difficile aspettarsi un rendimento reale positivo nel lungo termine.
[obbligazioni]
Veniamo invece alla vera componente a basso rischio del portafoglio.
NUMERO DUE: i titoli di Stato.
Chiariamo una cosa su cui spesso si fa un po’ di confusione e si butta tutto dentro lo stesso minestrone.
Quando parliamo di portafogli composti da azioni e obbligazioni, per obbligazioni intendiamo principalmente “TITOLI DI STATO SENZA RISCHIO DI CREDITO”.
Le obbligazioni societarie non fanno parte di questa categoria.
I titoli di stato con rating BBB o inferiore non fanno parte di questa categoria, anche se è facile trovarne una parte dentro un ETF diversificato.
Perché dico questo?
Perché se il principio è:
– Investo in azioni per la componente rischiosa con alto rendimento atteso e
– Investo in obbligazioni per la componente poco rischiosa con basso rendimento atteso
Tutto ciò che non è titoli di stato ad alto rating non rientra in questa seconda categoria, ma andrei a portare dentro al portafoglio altre tipologie di rischio.
Per semplificare al massimo, invece, nella quota obbligazionaria del portafoglio voglio dover gestire solo il rischio legato alla duration dei miei strumenti e non il rischio di credito — che è il principale rischio a cui sono esposti i titoli di stato con rating inferiore o le obbligazioni corporate.
Inoltre, più uno strumento obbligazionario è condizionato dal rischio di credito — e l’esempio più evidente sono le obbligazioni societarie high-yield — più il suo comportamento tenderà ad essere correlato con i cicli economici e quindi con l’azionario, facendo venire un po’ meno il senso della diversificazione.
Chiariamo anche una seconda cosa.
Seguendo lo stesso filo logico di cui sopra, la componente obbligazionaria non dovrebbe avere rischio valutario, altrimenti questo rischio sarebbe solitamente superiore al rischio sistematico dell’investimento obbligazionario in generale.
Cosa vuol dire?
Prendiamo il cambio euro/dollaro.
Lasciamo perdere questo pazzo 2025 e diciamo che in media la deviazione standard del cambio euro/dollaro è circa 8%.
Quella di titoli di stato ad alto rating sarà grossomodo 5%.
Quella di un indice azionario globale circa 16%.
Azioni globali 16%
Titoli di stato senza rischio di credito 5%
Cambio EUR/USD 8%
Si capisce facilmente che il rischio cambio sulle azioni c’è, ma non sballa l’ordine di grandezza della rischiosità dell’investimento: investire in azioni è già di per sé rischioso. Il cambio a volte riduce il rischio, a volte lo aumenta, ma non ne ribalta le dimensioni.
Con le obbligazioni invece il rischio valutario è addirittura più alto del rischio che deriva dal detenere obbligazioni.
Sugli strumenti obbligazionari per me ci sono un paio di opzioni praticamente no-brainer, perlomeno in assenza di una visione specifica o di determinate esigenze soggettive:
– O un indice sui governativi europei come il Bloomberg Euro Aggregate Treasury,
> che ha duration di circa 7 anni e rendimento a scadenza intorno a > 2,8%;
Alcuni esempi di ETF ad accumulazione che replicano titoli di stato europei di tutte le scadenze sono per esempio questi qua:
Visti?
– Oppure in alternativa anche un indice globale come il celeberrimo Bloomberg Global Aggregate Bond con copertura valutaria in euro.
E qui i più grandi e utilizzati sono probabilmente questi
Ovviamente esistono anche altri indici che replicano più o meno le stesse cose, ma il concetto è questo: o governativi europei — o eventualmente aggregate europei — oppure aggregate globali ma con cambio coperto.
Naturalmente è impossibile sapere in anticipo cosa sia meglio.
I titoli di stato di paesi con i tassi di interesse più alti teoricamente rendono di più, ma la copertura del cambio mi costa grosso modo tanto quanto il differenziale tra i tassi di interesse.
A priori e a bocce ferme, senza alcuna particolare visione del futuro e senza alcuna ulteriore informazione, la scelta dovrebbe essere pressoché equivalente.
Questo per esempio è stato l’andamento degli ultimi 3 anni:
Ora diciamo due cose di passare alle azioni.
– PRIMA COSA: la maggior parte degli ETF obbligazionari con scadenze miste replica una serie di obbligazioni con varie scadenze e varie cedole e la sua duration corrisponde dunque alla duration media di quelle delle singole obbligazioni nell’indice. Teoricamente investire in un ETF con duration media di 8 o in un ETF che investe solo in titoli, per esempio, con scadenze tra 7 e 10 ani, che più o meno farà sempre una duration di 8, dovrebbe essere la stessa cosa. In realtà probabilmente vorrei quello con tutte le scadenze perché il comportamento di un bond rispetto alle variazioni dei tassi di mercato non è sempre lineare, ma dipende dalla curva dei rendimenti. Un ETF con scadenze 7-10 è sensibile solo alla cosiddetta “pancia della curva”, mentre un ETF con tutte le scadenze è esposto anche alla parte a breve e alla parte lunga. Non che una cosa sia meglio dell’altra. Ma è un discorso di maggiore diversificazione.
– SECONDA COSA: non c’è una scadenza migliore delle altre. Cioè dire: investo solo in obbligazioni con scadenza entro 3 anni, oppure 5-7, o 10 o 20, non è mai meglio o peggio a priori. Se prendiamo una certa obbligazione i suoi rendimenti a 3, 5, 7, 10 o 20 anni sono teoricamente equivalenti in termini di rischio/rendimento. Cioè, la più ampia sensibilità ai tassi di obbligazioni a lungo termine è compensata dal term premium che quelle a breve non hanno. I principali indici obbligazionari hanno una duration media intorno a 7-8 proprio perché è una media e perché solitamente le obbligazioni decennali, che appunto hanno una duration in quell’ordine di grandezza, sono le obbligazioni di riferimento per qualunque mercato. Poi uno può avere una visione di un certo tipo:
– Se ha molta paura dell’inflazione o è più preoccupato di quanto lo sia il mercato dei debiti pubblici, teoricamente può privilegiare scadenze più brevi;
– Se ha molta paura di una grave recessione, allora potrebbe voler privilegiare le scadenze più lunghe
> Però il mercato nel suo complesso fa già questi ragionamenti. > Io andrei su una duration intermedia perché è un po’ una media delle > medie ed è l’equivalente di non prendere alcuna posizione specifica. > Qualunque altra posizione, invece, non è né meglio né peggio. > > Ricordiamoci sempre che i ragionamenti che ci portano a prendere una > certa decisione specifica il mercato li ha già fatti prima di noi, > meglio di noi e moltiplicati per milioni di investitori nel mondo
[azioni]
Veniamo all’asset class preferita da grandi e piccini.
NUMERO TRE: le azioni.
Se iniziassi oggi e dovessi scegliere un solo strumento di investimento per tutta la mia parte azionaria avrei pochi dubbi: investirei in uno di questi tre indici in questo ordine di preferenza.
Primo: MSCI All Country World Investable Markets:
stiamo parlando dell’indice più onnicomprensivo che ci sia.
8.319 componenti,
che corrispondono a circa il 99% della capitalizzazione azionaria globale.
È l’indice supremo che dovrebbe costituire la più neutra rappresentazione possibile del mercato nel suo complesso. Se sono l’investitore medio e credo nell’efficienza dei mercati, la mia decisione di default è l’indice più vasto possibile, pesato per capitalizzazione, che replica l’intero mercato azionario globale.
In realtà non ci sono molti ETF su questo mega indice sotto steroidi e l’unico che conosco è quello di State Street con il ticker IMIE,
che però non replica 8 mila e fischia azioni ma poco meno di 4.000. Comunque un numero molto elevato.
E il costo è sicuramente interessante, 0,18%, anche se sulla scheda di Just ETF è riportato 0,17.
Controllate sempre il KID per queste cose.
Just ETF di solito è preciso, ma in alcuni casi ci sono piccole differenze.
Secondo in ordine di preferenza: FTSE All World.
Anche questo è bello grande, 4.200 azioni circa e solitamente gli etf che lo replicano, come il leggendario Vanguard Ftse All World, per gli amici VWCE, hanno circa 3.600 azioni.
Il problema del venerabile VWCE è che nonostante Vanguard sia rinomata per la sua attenzione ai costi, questo è forse l’ETF globale più costoso che esiste, con un bel TER annuale di 0,24%.
Un’alternativa meno costosa che non conoscevo che mi è saltata all’occhio mentre scartabellavo JustETF per fare questo video è questo
Replica un po’ meno azioni ma al di là del fatto che ha un ter più basso, la cosa interessante è il prezzo della singola quota: meno di 7€ a settembre 2025.
Così se qualcuno avesse il problema di fare i PAC ma con pochi soldi e non gli vengono le quote intere, ecco con uno così problema risolto.
Il terzo indice in ordine di preferenza è l’MSCI ACWI. Non è che sia la differenza tra il giorno e la notte rispetto al primo, è semplicemente un po’ meno vasto e un ETF classico come l’iShares MSCI All Country World replica circa 1.700 azioni, anche se qui Just ETF fa forse riferimento all’indice.
Quello sulla scelta dell’indice azionario è un discorso insieme banale e complesso.
È banale se partiamo dall’idea di efficienza del mercato.
Il mercato incorpora nei suoi prezzi la media di tutte le aspettative di tutti gli investitori.
Di conseguenza un indice globale pesato per capitalizzazione di mercato è ciò che più si avvicina al market portfolio ed il punto di partenza naturale per l’investitore medio.
Qualunque deviazione da un portafoglio globale di mercato presuppone un qualche gioco a somma zero con altri investitori, dove il maggior rendimento dell’uno corrisponde al minor rendimento dell’altro.
Se uno non ha qualche particolare motivo per ritenere di avere un vantaggio competitivo rispetto al resto del mercato, ogni scommessa è un tiro di dadi truccati in suo sfavore.
Perché un asset in generale ha valore?
Perché ci si aspetta che generi un profitto per l’investitore, no, un flusso futuro di reddito.
E quanto vale oggi questo flusso di reddito nel futuro — cioè quanto è giusto pagare oggi per ottenere quel rendimento (più o meno incerto) nel futuro prevedibile?
Vi ricordate
Il valore presente di un asset, quanto sono disposto a pagarlo oggi, è il valore scontato nel presente dei flussi di reddito che mi aspetto nel futuro.
E quanto sono disposto a pagarlo oggi?
Dipende dal valore di r, del tasso di sconto, altrimenti noto come RENDIMENTO ATTESO o RENDIMENTO RICHIESTO.
– Ci sono momenti, come durante le crisi finanziarie, in cui il valore oggi di quel flusso di reddito futuro è basso (e quindi sarò disposto a pagare un prezzo inferiore per accettare il rischio dell’investimento, cioè sarò disposto ad investire solo per un rendimento atteso elevato);
– Durante i boom invece il valore di quel flusso di reddito futuro è elevato (e quindi sarò disposto a pagare un prezzo superiore per accettare il rischio dell’investimento, cioè sarò disposto a investire per un rendimento atteso contenuto).
R è al denominatore no?
Quindi solito discorso:
– Più è alto il rendimento richiesto, minore sarà il prezzo a cui sarò disposto a pagare per quell’asset;
– Più è basso il rendimento richiesto, maggiore sarà invece il prezzo
+———————————–+———————————–+ | RENDIMENTO ATTESO | PREZZO | | | (valore presente) | | (tasso di sconto) | | +===================================+===================================+ | ↑ | ↓ | +———————————–+———————————–+ | ↓ | ↑ | +———————————–+———————————–+
Questa roba che determina quanto vale oggi il mio flusso di reddito nel futuro, il tasso di sconto, è una sorta di media generale di tutte le preferenze soggettive degli investitori e della loro predisposizione al rischio in una certa fase del mercato.
Con un po’ di approssimazione, possiamo dire che un indice market cap weighted è la migliore rappresentazione di questo equilibrio tra i flussi di reddito atteso nel futuro dagli investitori azionari e il tasso di sconto medio che viene applicato per determinarne il valore presente.
Cioè oggi i prezzi delle azioni sono quelli e i pesi dei vari mercati sono quelli, perché in media gli investitori attribuiscono quel valore presente ai flussi di reddito futuri.
Quindi sticazzi che certe aziende sono fighe, certe economie forti e che l’AI dominerà il mondo.
I fantastiliardi di dollari di profitto che Nvidia, Microsoft, Apple, Meta, Amazon ecc. faranno sono già presi in considerazione nei prezzi attuali.
Quello che conta, per quanto riguarda il mio rendimento atteso a lungo termine, è il tasso di sconto medio che il mercato applica, ossia quanto reputa che valga OGGI quel flusso di profitti nel futuro.
Peraltro la risposta breve è: “oggi tanto. Le azioni delle magnifiche sette costano in media 36 volte gli utili.
– O i profitti futuri saranno sorprendentemente più alti delle attese,
– oppure i rendimenti attesi saranno piuttosto contenuti”.
– Oppure siamo in una bolla.
Ma questo è impossibile dirlo in anticipo. Come ci disse Gene Fama quando venne a trovarci:
Gilberto: inserire clip
“se non puoi prevedere una bolla, allora è solo variazione nei prezzi”.
Ok?
Però bolla o non bolla, se hai un proiettile da sparare non spararlo sull’S&P 500 perché si parla sempre di quello o sul Nasdaq perché il tech è il futuro.
Sparalo sulla più vasta fotografia del mercato per come è.
I prezzi di oggi sono la migliore previsione che abbiamo per il futuro.
Quindi il mercato così come è oggi è la migliore rappresentazione del valore presente dei flussi di profitto futuri che ci si aspetta sia in grado di portare: il mercato sa molte più cose di quello che qualunque singolo investitore potrà mai sapere.
Chi mi segue sa benissimo perché nel mio portafoglio sottopesi gli Stati Uniti, sovrappesi i mercati europei e usi i fattoriali. Potrei fare anche qualche considerazione sulle small caps o sui mercati emergenti.
Ma ciò non toglie che se oggi fosse il mio primo giorno da investitore, il mio me del futuro più esperto di finanza mi consiglierebbe di investire in un indice globale il più vasto possibile.
[asset alternativi]
Bene, veniamo infine al
NUMERO QUATTRO: asset alternativi.
Allora qui bisognerebbe fare un episodio a parte per spiegare perché potrebbe aver senso inserire altro oltre ad obbligazioni e azioni.
Però, facciamo solo il trailer.
Azioni e obbligazioni sono fantastiche.
Ma nei periodi in cui l’inflazione sale, i debiti pubblici lievitano e le tensioni geopolitiche aumentano, allora solo loro due probabilmente non sono il massimo — e un asset decorrelato ci starebbe bene, cioè un asset che si comporta in maniera indipendente da azioni e obbligazioni e che possibilmente quando quelle vanno giù assieme lui tiene botta.
Negli utlimi 20 anni la correlazione tra azioni è obbligazioni era stata prevalentemente negativa: quando le azioni andavano male i bond solitamente andavano bene, come durante le due grandi crisi dei primi anni 2000.
Dal 2022 in poi invece la correlazione è diventata positiva — come è tipico durante le fasi di rialzo dei tassi di interesse.
Se però azioni e obbligazioni sono fortemente correlate, allora viene meno il beneficio della diversificazione — almeno in parte.
Le materie prime a volte sono utili durante i contesti con inflazione crescente.
Anche i bond indicizzati all’inflazione hanno un senso.
Alcuni strategie più complesse come il trend following meglio ancora.
Ma per fare le cose più semplici possibili, un asset che ha dimostrato di avere spesso queste caratteristiche è l’oro — che tra l’altro ha tipicamente anche una funzione di hedge nei confronti del dollaro e molto spesso si è apprezzato quando il dollaro è sceso (il che non è indifferente se pensiamo che il 63% di un indice azionario globale è in dollari).
Ci sono diversi strumenti per investire in oro, ma usare un ETC è praticamente una decisione no-brainer, per semplicità, liquidità, sicurezza e così via.
I più grandi che replicano il prezzo dell’oro fisico sono
Questo
Questo
Questo
Quanto oro però?
Ci sono diversi paper sull’argomento che portano ciascuna la propria tesi.
Quando però si tratta di un’allocazione fissa, c’è un vasto consenso tra il 5% e il 15% del valore totale del portafoglio,
Per esempio in questo paper:
La tesi è che la minimizzazione dei rischi di un portafoglio di azioni e obbligazioni si ottiene con una quota tra il 10 e il 20% di oro.
Questo sembrerebbe il range in cui si ottengono i migliori efficientamenti del portafoglio in termini di rischio e rendimento, mentre avere ancora più oro non sembra che apporti un maggior beneficio marginale.
Altri paper, come ad esempio questo:
Suggeriscono di avere un’allocazione fissa in oro di circa il 5%.
Qualunque allocazione tra il 5 e il 20% sembra invece un discreto compromesso e quindi oggi prendiamo 10% giusto per fare cifra tonda.
A questo punto dobbiamo mettere insieme i pezzi.
Avevamo detto che per il nostro portafoglio poteva andare bene una quota del 65% di azioni e 35% di titoli di stato.
Dobbiamo però fare spazio per inserire anche il 10% di oro — e qui abbiamo tre strade:
– La prima è semplicemente riproporzionare tutto, quindi verrà: 59% di azioni, 31% obbligazioni, 10% di oro.
– La seconda è dire: l’oro è comunque un asset rischioso, quindi lo considero nella quota “asset rischiosi del portafoglio” e faccio 55% azioni, 10% oro e 35% obbligazioni.
– La terza strada è dire: l’oro mi serve per avere una decorrelazione rispetto alle azioni quando i titoli di stato falliscono quest’obiettivo (come successo negli ultimi anni). Lo metto quindi al posto dell’obbligazioni, sapendo che probabilmente avrò un maggior rendimento atteso ma anche un maggior rischio.
————————————————————————- Strategia Azioni Obbligazioni Oro ———————- —————- —————- —————- Riproporzionare tutto 59% 31% 10%
Oro è un asset 55% 35% 10% rischioso
Oro per diversificare 65% 25% 10% azioni ————————————————————————-
Storicamente sarebbero state tre soluzioni piuttosto simili.
Comprensibilmente quello con più azioni avrebbe reso di più, ma avrebbe avuto anche drawdown più profondi e una maggiore volatilità.
Quello con il miglior rapporto tra rischio e rendimento sarebbe stato 55% azioni, 10% oro, 35% obbligazioni.
L’altro una via di mezzo.
Diciamo che scegliamo l’opzione più conservativa: 55% azioni, 10% oro, 35% obbligazioni.
Eravamo partiti da 100.000 €.
– 5.000 € li teniamo sul conto
– 20.000 € li met tiamo su un ETF monetario
– 41.500 € li mettiamo in un ETF sull’azionario globale
– 7.500 € li mettiamo in un ETC sull’oro
– 26.000 € li mettiamo in un ETF su bond governativi europei o su aggregate globali con cambio coperto
[strumenti bonus]
Avevamo parlato però di 5 strumenti no?
Beh il 5° strumento è un bonus per chi pensa che investire come abbiamo appena detto sia noioso.
Sarà anche noioso, ma la noia è spesso un buon indicatore di una saggia decisione finanziaria. Il massimo eccitamento che dovresti provare quando investi non dovrebbe superare quello che provi durante la cresima del figlio di un’amica di tua moglie che manco conosci e a cui sciaguratamente sei stato invitato.
Una noia mortale eterna con un piccolo picco di emozione quando arriva la torta.
Se però ciò non vi avesse convinto, allora possiamo mettere un po’ di colore nel portafoglio.
Il quinto strumento è a scelta tra uno di questi 3, uno per ciascuna asset class:
– Il Primo è un ETF multifattoriale globale, ossia un ETF con una gestione semi-attiva che si focalizza su alcuni fattori specifici. Oggi non possiamo approfondire il dettaglio sui fattoriali, di cui parliamo in un altro video che uscirà BARRA è uscito a metà ottobre, oppure ci sono tanti episodi di The Bull come ad esempio il 205 o il 242. Però possiamo semplificare così: investire in strumenti fattoriali vuol dire esporsi a diverse forme di rischio (e quindi di rendimento) rispetto a quello del mercato generale.
> 3 esempi interessanti, giusto per prendere quelli più grandi sono:
– HSBC multifactor Worldwide equity, che investe su tutti i princiapli fattori: Value, Momentum, Quality, Size e Low Volatilty;
–
– Invesco Quantitative Strategies ESG Global Equity Multifactor, che investe nei miei tre fattori preferiti: Value, Momentum e Quality, e infine
– iShares STOXX World Equity Multifactor, che investe in Value, Momentum, Quality e Size.
> Una volta che è chiaro cosa significhi avere un’esposizione a > determinati fattori e quali sono pro e contro, si può considerare di > sostituire una quota tra il 20 e il 50% della parte azionaria con uno > di questi strumenti. > > Come ho detto BARRA dirò in episodi più monografici sui fattoriali, > questi strumenti non danno esposizioni “pure” ai fattori, perché > restano comunque esposti al mercato azionario pesato per > capitalizzazione. > Per avere un’esposizione pura bisognerebbe investire nelle società che > esprimono meglio un certo fattore e vendere allo scoperto quelle che > lo esprimono peggio, così da “isolare” l’effetto del fattore. > > però … chissene
Per quel che vale, un portafoglio composto al 70% da MSCI World e 30% in parti uguali da MSCI World Momentum e MSCI World Value dal ’98 ad oggi avrebbe fatto meglio del solo MSCI world sia in termini di rendimento assoluto che di rapporto tra rischio e rendimento
– Il secondo ETF bonus invece è sulla parte obbligazionaria e si potrebbe considerare un ETF su bond societari high yield. In questo caso, l’idea è avere un layer di rischio intermedio tra azioni e titoli di stato.
– Per esempio un ETF sul Bloomberg MSCI Euro Corporate High Yield
ha un rendimento a scadenza del 4,3%, che è a metà strada tra il 2,7% che ci aspettiamo dai titoli di stato europei e il 6-8% dalle azioni.
– Se andiamo invece su titoli in dollari, come ad esempio con l’indice iBoxx USD Liquid High Yield,
abbiamo un rendimento a scadenza del 6,3%, anche se chiaramente qui dobbiamo poi fare i conti con il cambio valutario.
> In entrambi i casi, per fare spazio a uno strumento del genere andrei > a ridurre soprattutto la quota azionaria. Perché se invece lo metto al > posto di quella obbligazionaria, aumento la parte del portafoglio > correlata alle azioni e riduco la diversificazione. > > Un approccio più conservativo potrebbe quindi diventare, ad esempio: > 45% azioni globali, 10% HY, 10% oro e 35% Titoli di Stato.
– Il terzo strumento bonus — e attenzione perché qui i più fedeli ascoltatori di The Bull non crederanno alle proprie orecchie — potrebbe essere un ETN su Bitcoin!
Chi mi conosce sa bene che non sono un grade fan di Bitcoin e fondamentalmente non ne condivido la tesi di fondo — e c’è almeno un 50% di probabilità che mi stia sbagliando di brutto.
Ma allo stesso tempo penso per l’investitore medio, non per me, in assenza di altre informazioni o convinzioni sia più corretto diversificare ed esporsi a varie possibili fonti di rendimento piuttosto che selezionarne arbitrariamente solo qualcuna. Ho già spiegato in passato perché non investo in btc, ma un neoinvestiore, senza particolari posizioni rispetto ad alcuna asset class, probabilmente farebbe bene a valutare di avere un 2-3-5% in Bitcoin come ulteriore elemento di diversificazione, purché sia consapevole dell’alta volatilità a cui può sottoporre.
Bene, fine del video su come investirei io oggi se partissi da zero.
Ovviamente questo video non deve essere inteso in alcun modo come una serie di consigli di investimento, anzi partite dal presupposto che sia tutto sbagliato.
Gli strumenti che abbiamo indicato sono solo a titolo esemplificativo e il più delle volte ho semplicemente preso quelli con la maggiore capitalizzazione.
Ma più che sugli strumenti, il consiglio è concentrarvi sui ragionamenti dietro le varie decisioni prese, confrontarle con la vostra situazione e agire di conseguenza.
Spero che il video vi sia piaciuto e che oltre essere stato utile per avere una traccia per parlare di investimenti a chi vi chiede dei consigli, sia stato un valido pretesto per ripercorrere i ragionamenti fondamentali che dovrebbero sempre guidare le nostre decisioni di asset allocation.
I nostri portafogli saranno un po’ più articolati e il modello di asset allocation un filo più sofisticato.
Ma le idee fondamentali sono quasi tutte qua e ritornarci sopra di tanto in tanto penso sia un utile esercizio per mantenere sempre la retta via perché sulla carta è tutto facile, ma poi ogni mese succede qualcosa che ci fa venire mille dubbi e rimettere tutto in discussione.
In questi casi, back to basic e niente meglio di pochi principi basilari può essere il nostro miglior alleato di lungo termine.
Chiedete per favore anche ai vostri parenti e amici di iscrivervi al canale youtube, mettere like al video e attivare le notifiche per supportarci e permetterci di continuare a produrre contenuti che vi faranno litigare con parenti e amici a grigliate, cenoni, feste di compleanno e matrimoni sempre nuovi.
Per questo episodio invece è davvero tutto e noi ci risentiamo domenica prossima con un nuovo appuntamento insieme, sempre qui, naturalmente, con The Bull, il tuo podcast di finanza personale.
Bentornati a The Bull, il tuo podcast di finanza personale!
Un paio di mesi prima della pubblicazione di questo video, feci un episodio di The Bull dedicato a come investirei oggi se partissi da zero e non fossi andato in overdose di informazione finanziaria.
Lo scenario era quella classica situazione in cui molti si trovano quando iniziano a diventare pratici di finanza e investimenti: pranzo con amici o parenti, qualcuno che se ne esce con qualche stronzata tipo “l’unica è investire in immobili” oppure “io compro solo azioni di qualità perché mi tengo informato” o peggio ancora “no io non investo, alla fine ci perdi sempre” … avete presente? Le solite scemenze che dice la gente che non ha mai davvero preso in mano un singolo contenuto serio di finanza.
Voi cosa fate, vi sale il sangue al cervello che vorreste tirar giù tutti i santi del paradiso, ma poi con calma provate a spiegare quello che avete imparato.
Il sedicente esperto di cui sopra probabilmente continuerà a persistere nelle proprie demenziali convinzioni, ma qualcuno invece sarà quanto meno incuriosito dal fatto che “oh… ma ne sapete veramente un botto di finanza!”.
Al che le cose che potete consigliare sono tre:
– Spararsi 250 e fischia episodi di The Bull, dopodiché la formula dello Sharpe Ratio diventerà più famigliare della tabellina del 7;
– Guardarsi tutti i nuovi video su YouTube in queste playlist tematiche per farsi il corso accelerato;
– Oppure gli spiegate voi le cose fondamentali per farsi un portafoglio di base, semplice, intuitivo, ma come Dio comanda e non, come più tipico, a cazzo del proverbiale cane.
Ora, sappiamo tutti bene che non esiste un portafoglio che vada bene per tutti a prescindere e ovviamente lungi da me dare qualsivoglia consiglio di investimento.
Anzi, partite dal presupposto che io dica solo minchiate e che non dovete seguire una sola parola di quel che dico.
Però, mettiamola così, se fossi davvero lì, venissi colto da un moto di entusiasmo e cominciassi a dare consigli di investimento a caso, pistola alla tempia direi che se iniziassi oggi gestirei i miei soldi come spiegherò nel corso di questo video.
Quando feci quell’episodio fu incredibilmente apprezzato e ricevette una svalangata di commenti.
Perlopiù positivi.
Ma in tanti mi hanno detto.
Sì però bello tutto: “ma ce li fai vedere sti strumenti in cui investire?”
A grandissima richiesta, allora, oggi rispieghiamo come investirei io oggi se partissi da zero e come potreste consigliare i vostri neofiti amici aspiranti investitori mostrando tutto: indici, strumenti, portafoglio, numeri, case, libri, auto, fogli di giornale che anche se ancora non c’hai investito niente per lo meno a te ti permetto di sognare.
Ringraziamo Tiziano Ferro per la partecipazione straordinaria.
Oggi quindi rivediamo quelle idee fondamentali presentate nella formula più semplice che mi viene in mente con tutti gli strumenti.
Prima di immergerci in questo breve viaggio in cui si parte in completo digiuno di competenza finanziaria e si finisce con un’abbuffata di ETF, permettetemi di ricordavi che questo episodio è sponsorizzato da Fineco, la banca online leader in Italia da oltre 25 anni, con cui da sempre investo i miei soldi.
Con Fineco è possibile fare piani di accumulo in ETF e ETC a condizioni vantaggiose e ci sono centinaia di ETF di Ishares, Xtrackers, Amundi e Fidelity a zero condizioni.
Per il mio PAC che in questo momento è composto da 8 strumenti pago circa 5 € al mese.
Inoltre si può investire una volta al mese, più volte al mese, una volta ogni più mesi, in qualunque giorno vi vada.
Se poi siete in due e siete per due cuori e un portafoglio, con Fineco potete avere il conto cointestato e fate tutto assieme.
Qui in alto da qualche parte e in descrizione trovate un link per aprire sia un conto completo di tutti i servizi bancari, con canone gratuito per 12 mesi, oppure un conto trading, solo per investire, e in entrambi i casi — solo se usate il link — avrete 60 operazioni gratuite per i primi 6 mesi.
[come investirei 100.000 €]
Veniamo a noi.
Questo video sarà piuttosto semplice.
Immaginiamo 100.000 € di risparmi sul conto corrente, giusto per fare cifra tonda, e vediamo come li gestirei se partissi da zero, usando meno strumenti possibile — ma facendo comunque una roba di buon senso e con un minimo di ragionamento dietro.
Cioè l’idea non è tanto dire “investi in questo investi in quello”, ma capire come ogni strumento risponda ad un presupposto della teoria del portafoglio e quale dovrebbe essere il processo decisionale che sta dietro la selezione di ogni elemento.
Ovviamente la risposta alla domanda: “come investire?” è fatta di due parti: una pesa forse il 20% e l’altra l’80% del risultato finale.
– Il 20% del rendimento a lungo termine del mio portafoglio dipende dalla scelta dei singoli strumenti finanziari;
– L’80%, forse anche di più, dipende invece dall’asset allocation.
Questo famoso paper di Ibbotson e Kaplan già nel 2000 arrivò alla conclusione che
L’asset allocation è responsabile del 90% della variabilità nel rendimento di un fondo nel tempo.
Quindi non c’è bisogno di diventar matti oltre il limite del buon senso della microselezione di ogni strumentino.
Uno può arrovellarsi sull’esatto dosaggio di ogni singolo pezzettino del portafoglio, ma milioni di parole sono state scritte negli anni per mostrare come l’asset allocation sia la singola decisione più importante da prendere.
Che poi cosa significa?
Ricordiamo che le principali asset class realmente investibili sono principalmente 2:
– Bond e
– Azioni Poi eventualmente si aggiungeranno on top asset alternativi come oro e materie prime), però la decisione principale è quanto investire nell’asset più rischioso — che solitamente solo le azioni.
Ora, non è che non è che dovete subito farvi odiare spiegando che per rispondere a questa domanda si tratta di risolvere una cosa del genere
E dire “mah sì guarda, comincia a fare mu meno r diviso sigma al quadrato per gamma e trovi la quota ideale di azioni condizionale ad un certo livello di consumo”
Quello che succederebbe un secondo dopo sarebbe tipo questo:
Tra l’altro, scherzi a parte, quella roba che abbiamo visto sopra si chiama Merton Share, dal premio Nobel per l’economia Robert Merton che ne ha parlato qui
Ed è forse la mia formula finanziaria preferita in assoluto.
Come ci si arriva a quella formula è una cosa matematicamente assurda, ma poi il suo significato è estremamente semplice e intuitivo.
Di questo ne ho parlato nell’episodio 230 e a partire da metà ottobre nella playlist dedicata all’asset allocation.
Se però non siamo ancora a metà ottobre del 2025, oggi parliamo di altro.
Ok ci sarebbe la versione semplice che è la formula di The Bull
% azioni = 125 — anni — Tasso senza rischio * 5
mettervi a spiegare il risk-free rate e i motivi per cui sovrappesare bond con tassi più alti ha più senso che con tassi più bassi? Questi li perdete tutti per strada dopo 5 secondi.
Inoltre, sia con la regola di The Bull che con quella di Merton, dovreste spiegare loro cos’è il premio al rischio e perché i rendimenti attesi variano nel tempo.
Dovreste spiegare che ciò che guida i lunghi cicli dei mercati sono le variazioni dei tassi di sconto e che quando c’è molta euforia gli investitori accettano bassi rendimenti perché hanno una bassa percezione del rischio e viceversa i rendimenti attesi diventano più elevati durante le crisi perché l’avversione al rischio aumenta.
Facciamola più semplice.
Partiamo da un’asset allocation statica, per discorsi più raffinati se ne riparlerà alla Cena di Natale.
Per fare questo prendiamo in prestito un paio di regolette empiriche del nostro amico, il Dr. William Bernstein, che nel suo celebre libro The Intelligent Asset Allocator aveva proposto delle scorciatoie molto semplici per capire grossomodo dove settare il proprio profilo di rischio e quindi l’allocazione azionaria.
Lui dice:
– Per il discorso TOLLERANZA AL RISCHIO, fai così: qual è il valore massimo del portafoglio che sei disposto a tollerare senza farti venire un coccolone? Ecco prendi quella percentuale e moltiplicala per 2 se sei molto timoroso, 2,5 se sei un po’ coraggioso e hai trovato la quota di azioni da mettere in portafoglio:
%azioni = massima perdita tollerabile * 2-2,5
Esempio:
– Massimo 20% di drawdown? (cioè”quanto va giù il valore del tuo portafoglio” da un massimo ad un minimo). Allora tra il 40 e il 50% hai la tua quota azionaria
– Anche 40% lo sopporti? Allora teoricamente ditegli che anche 80-100% in azioni va bene, ma poi dategli un ceffone e ditegli: “smettila di dire cazzate. Non hai mai investito, figuriamoci se non ti caghi addosso con un -40% e passa”.
> Quello ti risponderà: “ma scusa, ma non mi avevi detto che il rendimento azionario nel lungo termine è stato positivo in tutti i mercati sviluppati, che dal 1900 al 2024 il mercato azionario globale ha reso oltre il 5,2% medio composto all’anno reale e che se uno è ampiamente diversificato è improbabile avere un rendimento nominale negativo se investe per almeno 10-15 anni?”.
Lo dicevo che siete sul pezzo
Sì, verissimo.
Le azioni nel lungo termine hanno il maggior rendimento atteso rispetto alle principali asset class tradizionali quotate.
Però noi non viviamo di statistiche, noi viviamo della capacità del nostro portafoglio di sostenere gli obiettivi della nostra vita.
Siccome non siamo macchine ma esseri viventi e tendenzialmente senzienti, ciò che vogliamo non è un portafoglio con il massimo rendimento atteso, ma un portafoglio con il massimo rendimento atteso in proporzione al rischio che ci richiede.
Perché questo?
Per un cazziliardo di motivi, ma fondamentalmente questi 4:
– Prima ragione: perché avere un rendimento di lunghissimo termine possibilmente elevato è poco utile se per decenni ti trovi costantemente con il portafoglio depresso. È importante che il tuo portafoglio accompagni il più possibile gli obiettivi della tua vita. A meno che stai investendo solo per la pensione tra 30-40 anni, quasi nessuno vuole un portafoglio che ogni tanto fa -50% e poi ci mette 10 anni a tornare al punto di partenza.
– Seconda ragione: se investi un po’ per volta, come quasi ogni persona normale di questa terra, hai il rischio di sequenza. Più un asset è volatile, maggiore è il rischio di sequenza e quindi si è maggiormente esposti alla possibilità che una sequenza un po’ sfigata di anni buoni e cattivi comprometta il risultato finale dei nostri investimenti.
– Terza ragione: nonostante quel che ogni tanto si dice, non è vero che le azioni hanno sempre reso di più delle altre asset class — ci sono stati decenni,
> ventenni e addirittura trentenni in cui bond a lunga scadenza hanno > reso di più delle azioni.
Ovvio che qualunque ragionamento facciate che termina nel momento in cui stiamo parlando mostrerà sempre una vittoria netta delle azioni americane e una debacle devastante per i bond.
Ma non è per nulla scontato che anche in futuro sarà così.
E in ogni caso ci frega il giusto del “risultato finale”.
Ci interessa come cresce il nostro portafoglio lungo tutto il percorso, perché se i grandi obiettivi della nostra vita li vogliamo realizzare proprio nei decenni peggiori poco ce ne facciamo che 20 anni dopo le azioni avranno vinto ancora una volta.
Saranno felici i nostri eredi, noi un po’ meno.
– La Quarta ragione poi è quella fondamentale. Il rischio in finanza è simmetrico, perlomeno se facciamo finta che sia normalmente distribuito. Ciò significa che una cosa può andare meglio della media o peggio della media con la stessa probabilità. Nel lungo termine i casi eccezionali si riducono e la dispersione dei risultati possibili si compatta, ma comunque resta la possibilità che se un asset in media rende — che so — 7%, il mio rendimento medio effettivamente realizzato possa essere 12% o 2%. In media fa sempre sette, ma chiaramente stiamo parlando di due esiti molto diversi dal punto di vista qualitativo. Dove non c’è simmetria è nella nostra utilità marginale — solito concetto in finanza che possiamo esprimere come: la prima fetta di panettone con il mascarpone è buonissima, la terza aggiunge poco e la 5a inizia a farmi tornare su tutto il cenone.
> Quindi quello che noi vogliamo massimizzare, di solito, non è il > risultato migliore in assoluto per i nostri investimenti, ma gli > scenari più negativi: cioè se proprio ci dice male, vogliamo comunque > che le cose ci vadano benino, anche se così limitiamo un po’ la > possibilità di fare il botto al quadrato se le cose vanno bene.
L’ho presa un po’ larga per darvi le chiavi per spiegare al vostro amico in overdose di propensione al rischio che un portafoglio fatto quasi solo di azioni non è quasi mai desiderabile per nessuno.
Bene, con il primo trucchetto di Bernstein abbiamo un’idea della tolleranza al rischio dei vostri commensali che stanno conducendo una lotta epica tra riuscire a seguirvi — perché il discorso alla fine gli interessa — e cercare di digerire le costine marinate nella salsa barbecue.
Diciamo che il vostro interlocutore medio è disposto ad accettare un 30% di drawdown, allora teoricamente 60-75% di azioni è un range accettabile.
C’è poi però l’altra scorciatoia, quella che riguarda l’orizzonte temporale.
Senza stare a fare troppo i difficili, il discorso più o meno è questo:
– Nel breve termine cash e bond governativi sono meno rischiosi delle azioni
– Nel lungo termine invece sono altrettanto rischiosi se guardiamo al valore reale, cioè al netto dell’inflazione, dei nostri investimenti.
Nel lungo termine invece le azioni hanno dimostrato di avere una performance media decisamente interessante e solitamente — a condizione che uno abbia un portafoglio azionario diversificato a livello globale e non investa solo nelle quattro azioni di casa sua — per investimenti di almeno 10-15 anni la probabilità che il ritorno sia negativo è piuttosto basso.
Di conseguenza se uno ha un orizzonte piuttosto lungo farebbe BENE a investire il più possibile in azioni — al netto del suo livello di tolleranza psicologica di cui sopra.
– Nel suo libro Bernstein diceva: moltiplica il tuo orizzonte di investimento per dieci e hai la quantità di azioni idonea nel portafoglio. Secondo me però è troppo ottimista, perché vorrebbe dire che sopra i 10 anni sarebbe sempre 100% azionario. Per i vostri amici aspiranti neoinvestitori proporrei di fare per 7.
– Sei ragionevolmente sicuro che i soldi che investi oggi non li toccherai per 10 anni: allora 70% in azioni potrebbe andare;
– Stai invece investendo per la pensione e sei sereno che per 15-20 anni almeno quasi soldi resteranno investiti, allora puoi spingerti anche più in alto.
Il numero minore tra quello per la TOLLERANZA al RISCHIO e quello per l’ORIZZONTE TEMPORALE dà una ragionevole stima della quantità di azioni che ha senso avere in portafogli.
Facciamo finta che questo numero sia circa 65%: dunque 65% in azioni e 35% in obbligazioni.
Bene, se io fossi un neoinvestitore oggi e avessi 100.000 € sul conto corrente cosa farei?
Farei questo, usando 5 ETF:
– 1 per il cash
– 1 per i bond
– 1 per le azioni
– 1 per altri asset e
– 1 bonus che vi dico alla fine a seconda di quello che volete fare.
A livello pratico sceglierei ETF che replicano degli indici rappresentativi di queste asset class, farei un piano di accumulo il più a lungo possibile con il massimo risparmio possibile che riesco a mettere da parte ogni mese, ribilancio quando un asset class sballa di almeno un 10% rispetto all’allocazione prevista o quando dovessero cambiare la mia tolleranza al rischio o i miei obiettivi e per il resto potrei anche dimenticarmi di essere un investitore.
[cash]
Veniamo agli strumenti.
NUMERO UNO: Cash.
Ovviamente non investirò tutti i miei 100.000 €.
Probabilmente mi terrei circa 5.000 € sul conto, o comunque l’equivalente di 1-2 mesi di spese, e poi considererei di tenermi qualche mese di spese future nel mio fondo di emergenza.
Il fondo di emergenza è argomento molto dibattuto — qualcuno ritiene che sia perfettamente inutile.
– Diciamo che se hai un milione investito, probabilmente è del tutto irrilevante;
– Se invece il tuo patrimonio liquido complessivo è 100.000 € o meno, credo che il fondo di emergenza sia fondamentale per la pace della mente.
– Tra 100.000 e un milione è una questione soggettiva.
Su questo non mi dilungo tanto perché sul discorso della gestione della liquidità ne abbiamo parlato in questo video.
– Per gli affezionati dei conti deposito svincolabili o dei conti remunerati, bene quelli;
– Per gli altri, senza dubbio un ETF monetario
Ricordiamo solo una cosa — perché repetita iuvant.
Questi sono strumenti di parcheggio del cash a breve termine.
Non sono un’alternativa alla componente obbligazionaria del portafoglio.
Sono i soldi che ti servono per gestire esigenze di liquidità di breve termine o appunto piccole emergenze.
Non sono un asset class d’investimento in senso stretto perché il rendimento atteso degli strumenti monetari è grossomodo l’inflazione — anzi, non sempre sono sufficienti a tenere il passo dell’inflazione.
Negli ultimi 30 anni per esempio il risk-free rate europeo ha avuto complessivamente un rendimento reale negativo, in particolare per colpa dello shock inflazionistico del 2022:
IL cash serve per le esigenze di spesa.
Come strumento di investimento, mmmhhh, difficile aspettarsi un rendimento reale positivo nel lungo termine.
[obbligazioni]
Veniamo invece alla vera componente a basso rischio del portafoglio.
NUMERO DUE: i titoli di Stato.
Chiariamo una cosa su cui spesso si fa un po’ di confusione e si butta tutto dentro lo stesso minestrone.
Quando parliamo di portafogli composti da azioni e obbligazioni, per obbligazioni intendiamo principalmente “TITOLI DI STATO SENZA RISCHIO DI CREDITO”.
Le obbligazioni societarie non fanno parte di questa categoria.
I titoli di stato con rating BBB o inferiore non fanno parte di questa categoria, anche se è facile trovarne una parte dentro un ETF diversificato.
Perché dico questo?
Perché se il principio è:
– Investo in azioni per la componente rischiosa con alto rendimento atteso e
– Investo in obbligazioni per la componente poco rischiosa con basso rendimento atteso
Tutto ciò che non è titoli di stato ad alto rating non rientra in questa seconda categoria, ma andrei a portare dentro al portafoglio altre tipologie di rischio.
Per semplificare al massimo, invece, nella quota obbligazionaria del portafoglio voglio dover gestire solo il rischio legato alla duration dei miei strumenti e non il rischio di credito — che è il principale rischio a cui sono esposti i titoli di stato con rating inferiore o le obbligazioni corporate.
Inoltre, più uno strumento obbligazionario è condizionato dal rischio di credito — e l’esempio più evidente sono le obbligazioni societarie high-yield — più il suo comportamento tenderà ad essere correlato con i cicli economici e quindi con l’azionario, facendo venire un po’ meno il senso della diversificazione.
Chiariamo anche una seconda cosa.
Seguendo lo stesso filo logico di cui sopra, la componente obbligazionaria non dovrebbe avere rischio valutario, altrimenti questo rischio sarebbe solitamente superiore al rischio sistematico dell’investimento obbligazionario in generale.
Cosa vuol dire?
Prendiamo il cambio euro/dollaro.
Lasciamo perdere questo pazzo 2025 e diciamo che in media la deviazione standard del cambio euro/dollaro è circa 8%.
Quella di titoli di stato ad alto rating sarà grossomodo 5%.
Quella di un indice azionario globale circa 16%.
Azioni globali 16%
Titoli di stato senza rischio di credito 5%
Cambio EUR/USD 8%
Si capisce facilmente che il rischio cambio sulle azioni c’è, ma non sballa l’ordine di grandezza della rischiosità dell’investimento: investire in azioni è già di per sé rischioso. Il cambio a volte riduce il rischio, a volte lo aumenta, ma non ne ribalta le dimensioni.
Con le obbligazioni invece il rischio valutario è addirittura più alto del rischio che deriva dal detenere obbligazioni.
Sugli strumenti obbligazionari per me ci sono un paio di opzioni praticamente no-brainer, perlomeno in assenza di una visione specifica o di determinate esigenze soggettive:
– O un indice sui governativi europei come il Bloomberg Euro Aggregate Treasury,
> che ha duration di circa 7 anni e rendimento a scadenza intorno a > 2,8%;
Alcuni esempi di ETF ad accumulazione che replicano titoli di stato europei di tutte le scadenze sono per esempio questi qua:
Visti?
– Oppure in alternativa anche un indice globale come il celeberrimo Bloomberg Global Aggregate Bond con copertura valutaria in euro.
E qui i più grandi e utilizzati sono probabilmente questi
Ovviamente esistono anche altri indici che replicano più o meno le stesse cose, ma il concetto è questo: o governativi europei — o eventualmente aggregate europei — oppure aggregate globali ma con cambio coperto.
Naturalmente è impossibile sapere in anticipo cosa sia meglio.
I titoli di stato di paesi con i tassi di interesse più alti teoricamente rendono di più, ma la copertura del cambio mi costa grosso modo tanto quanto il differenziale tra i tassi di interesse.
A priori e a bocce ferme, senza alcuna particolare visione del futuro e senza alcuna ulteriore informazione, la scelta dovrebbe essere pressoché equivalente.
Questo per esempio è stato l’andamento degli ultimi 3 anni:
Ora diciamo due cose di passare alle azioni.
– PRIMA COSA: la maggior parte degli ETF obbligazionari con scadenze miste replica una serie di obbligazioni con varie scadenze e varie cedole e la sua duration corrisponde dunque alla duration media di quelle delle singole obbligazioni nell’indice. Teoricamente investire in un ETF con duration media di 8 o in un ETF che investe solo in titoli, per esempio, con scadenze tra 7 e 10 ani, che più o meno farà sempre una duration di 8, dovrebbe essere la stessa cosa. In realtà probabilmente vorrei quello con tutte le scadenze perché il comportamento di un bond rispetto alle variazioni dei tassi di mercato non è sempre lineare, ma dipende dalla curva dei rendimenti. Un ETF con scadenze 7-10 è sensibile solo alla cosiddetta “pancia della curva”, mentre un ETF con tutte le scadenze è esposto anche alla parte a breve e alla parte lunga. Non che una cosa sia meglio dell’altra. Ma è un discorso di maggiore diversificazione.
– SECONDA COSA: non c’è una scadenza migliore delle altre. Cioè dire: investo solo in obbligazioni con scadenza entro 3 anni, oppure 5-7, o 10 o 20, non è mai meglio o peggio a priori. Se prendiamo una certa obbligazione i suoi rendimenti a 3, 5, 7, 10 o 20 anni sono teoricamente equivalenti in termini di rischio/rendimento. Cioè, la più ampia sensibilità ai tassi di obbligazioni a lungo termine è compensata dal term premium che quelle a breve non hanno. I principali indici obbligazionari hanno una duration media intorno a 7-8 proprio perché è una media e perché solitamente le obbligazioni decennali, che appunto hanno una duration in quell’ordine di grandezza, sono le obbligazioni di riferimento per qualunque mercato. Poi uno può avere una visione di un certo tipo:
– Se ha molta paura dell’inflazione o è più preoccupato di quanto lo sia il mercato dei debiti pubblici, teoricamente può privilegiare scadenze più brevi;
– Se ha molta paura di una grave recessione, allora potrebbe voler privilegiare le scadenze più lunghe
> Però il mercato nel suo complesso fa già questi ragionamenti. > Io andrei su una duration intermedia perché è un po’ una media delle > medie ed è l’equivalente di non prendere alcuna posizione specifica. > Qualunque altra posizione, invece, non è né meglio né peggio. > > Ricordiamoci sempre che i ragionamenti che ci portano a prendere una > certa decisione specifica il mercato li ha già fatti prima di noi, > meglio di noi e moltiplicati per milioni di investitori nel mondo
[azioni]
Veniamo all’asset class preferita da grandi e piccini.
NUMERO TRE: le azioni.
Se iniziassi oggi e dovessi scegliere un solo strumento di investimento per tutta la mia parte azionaria avrei pochi dubbi: investirei in uno di questi tre indici in questo ordine di preferenza.
Primo: MSCI All Country World Investable Markets:
stiamo parlando dell’indice più onnicomprensivo che ci sia.
8.319 componenti,
che corrispondono a circa il 99% della capitalizzazione azionaria globale.
È l’indice supremo che dovrebbe costituire la più neutra rappresentazione possibile del mercato nel suo complesso. Se sono l’investitore medio e credo nell’efficienza dei mercati, la mia decisione di default è l’indice più vasto possibile, pesato per capitalizzazione, che replica l’intero mercato azionario globale.
In realtà non ci sono molti ETF su questo mega indice sotto steroidi e l’unico che conosco è quello di State Street con il ticker IMIE,
che però non replica 8 mila e fischia azioni ma poco meno di 4.000. Comunque un numero molto elevato.
E il costo è sicuramente interessante, 0,18%, anche se sulla scheda di Just ETF è riportato 0,17.
Controllate sempre il KID per queste cose.
Just ETF di solito è preciso, ma in alcuni casi ci sono piccole differenze.
Secondo in ordine di preferenza: FTSE All World.
Anche questo è bello grande, 4.200 azioni circa e solitamente gli etf che lo replicano, come il leggendario Vanguard Ftse All World, per gli amici VWCE, hanno circa 3.600 azioni.
Il problema del venerabile VWCE è che nonostante Vanguard sia rinomata per la sua attenzione ai costi, questo è forse l’ETF globale più costoso che esiste, con un bel TER annuale di 0,24%.
Un’alternativa meno costosa che non conoscevo che mi è saltata all’occhio mentre scartabellavo JustETF per fare questo video è questo
Replica un po’ meno azioni ma al di là del fatto che ha un ter più basso, la cosa interessante è il prezzo della singola quota: meno di 7€ a settembre 2025.
Così se qualcuno avesse il problema di fare i PAC ma con pochi soldi e non gli vengono le quote intere, ecco con uno così problema risolto.
Il terzo indice in ordine di preferenza è l’MSCI ACWI. Non è che sia la differenza tra il giorno e la notte rispetto al primo, è semplicemente un po’ meno vasto e un ETF classico come l’iShares MSCI All Country World replica circa 1.700 azioni, anche se qui Just ETF fa forse riferimento all’indice.
Quello sulla scelta dell’indice azionario è un discorso insieme banale e complesso.
È banale se partiamo dall’idea di efficienza del mercato.
Il mercato incorpora nei suoi prezzi la media di tutte le aspettative di tutti gli investitori.
Di conseguenza un indice globale pesato per capitalizzazione di mercato è ciò che più si avvicina al market portfolio ed il punto di partenza naturale per l’investitore medio.
Qualunque deviazione da un portafoglio globale di mercato presuppone un qualche gioco a somma zero con altri investitori, dove il maggior rendimento dell’uno corrisponde al minor rendimento dell’altro.
Se uno non ha qualche particolare motivo per ritenere di avere un vantaggio competitivo rispetto al resto del mercato, ogni scommessa è un tiro di dadi truccati in suo sfavore.
Perché un asset in generale ha valore?
Perché ci si aspetta che generi un profitto per l’investitore, no, un flusso futuro di reddito.
E quanto vale oggi questo flusso di reddito nel futuro — cioè quanto è giusto pagare oggi per ottenere quel rendimento (più o meno incerto) nel futuro prevedibile?
Vi ricordate
Il valore presente di un asset, quanto sono disposto a pagarlo oggi, è il valore scontato nel presente dei flussi di reddito che mi aspetto nel futuro.
E quanto sono disposto a pagarlo oggi?
Dipende dal valore di r, del tasso di sconto, altrimenti noto come RENDIMENTO ATTESO o RENDIMENTO RICHIESTO.
– Ci sono momenti, come durante le crisi finanziarie, in cui il valore oggi di quel flusso di reddito futuro è basso (e quindi sarò disposto a pagare un prezzo inferiore per accettare il rischio dell’investimento, cioè sarò disposto ad investire solo per un rendimento atteso elevato);
– Durante i boom invece il valore di quel flusso di reddito futuro è elevato (e quindi sarò disposto a pagare un prezzo superiore per accettare il rischio dell’investimento, cioè sarò disposto a investire per un rendimento atteso contenuto).
R è al denominatore no?
Quindi solito discorso:
– Più è alto il rendimento richiesto, minore sarà il prezzo a cui sarò disposto a pagare per quell’asset;
– Più è basso il rendimento richiesto, maggiore sarà invece il prezzo
+———————————–+———————————–+ | RENDIMENTO ATTESO | PREZZO | | | (valore presente) | | (tasso di sconto) | | +===================================+===================================+ | ↑ | ↓ | +———————————–+———————————–+ | ↓ | ↑ | +———————————–+———————————–+
Questa roba che determina quanto vale oggi il mio flusso di reddito nel futuro, il tasso di sconto, è una sorta di media generale di tutte le preferenze soggettive degli investitori e della loro predisposizione al rischio in una certa fase del mercato.
Con un po’ di approssimazione, possiamo dire che un indice market cap weighted è la migliore rappresentazione di questo equilibrio tra i flussi di reddito atteso nel futuro dagli investitori azionari e il tasso di sconto medio che viene applicato per determinarne il valore presente.
Cioè oggi i prezzi delle azioni sono quelli e i pesi dei vari mercati sono quelli, perché in media gli investitori attribuiscono quel valore presente ai flussi di reddito futuri.
Quindi sticazzi che certe aziende sono fighe, certe economie forti e che l’AI dominerà il mondo.
I fantastiliardi di dollari di profitto che Nvidia, Microsoft, Apple, Meta, Amazon ecc. faranno sono già presi in considerazione nei prezzi attuali.
Quello che conta, per quanto riguarda il mio rendimento atteso a lungo termine, è il tasso di sconto medio che il mercato applica, ossia quanto reputa che valga OGGI quel flusso di profitti nel futuro.
Peraltro la risposta breve è: “oggi tanto. Le azioni delle magnifiche sette costano in media 36 volte gli utili.
– O i profitti futuri saranno sorprendentemente più alti delle attese,
– oppure i rendimenti attesi saranno piuttosto contenuti”.
– Oppure siamo in una bolla.
Ma questo è impossibile dirlo in anticipo. Come ci disse Gene Fama quando venne a trovarci:
Gilberto: inserire clip
“se non puoi prevedere una bolla, allora è solo variazione nei prezzi”.
Ok?
Però bolla o non bolla, se hai un proiettile da sparare non spararlo sull’S&P 500 perché si parla sempre di quello o sul Nasdaq perché il tech è il futuro.
Sparalo sulla più vasta fotografia del mercato per come è.
I prezzi di oggi sono la migliore previsione che abbiamo per il futuro.
Quindi il mercato così come è oggi è la migliore rappresentazione del valore presente dei flussi di profitto futuri che ci si aspetta sia in grado di portare: il mercato sa molte più cose di quello che qualunque singolo investitore potrà mai sapere.
Chi mi segue sa benissimo perché nel mio portafoglio sottopesi gli Stati Uniti, sovrappesi i mercati europei e usi i fattoriali. Potrei fare anche qualche considerazione sulle small caps o sui mercati emergenti.
Ma ciò non toglie che se oggi fosse il mio primo giorno da investitore, il mio me del futuro più esperto di finanza mi consiglierebbe di investire in un indice globale il più vasto possibile.
[asset alternativi]
Bene, veniamo infine al
NUMERO QUATTRO: asset alternativi.
Allora qui bisognerebbe fare un episodio a parte per spiegare perché potrebbe aver senso inserire altro oltre ad obbligazioni e azioni.
Però, facciamo solo il trailer.
Azioni e obbligazioni sono fantastiche.
Ma nei periodi in cui l’inflazione sale, i debiti pubblici lievitano e le tensioni geopolitiche aumentano, allora solo loro due probabilmente non sono il massimo — e un asset decorrelato ci starebbe bene, cioè un asset che si comporta in maniera indipendente da azioni e obbligazioni e che possibilmente quando quelle vanno giù assieme lui tiene botta.
Negli utlimi 20 anni la correlazione tra azioni è obbligazioni era stata prevalentemente negativa: quando le azioni andavano male i bond solitamente andavano bene, come durante le due grandi crisi dei primi anni 2000.
Dal 2022 in poi invece la correlazione è diventata positiva — come è tipico durante le fasi di rialzo dei tassi di interesse.
Se però azioni e obbligazioni sono fortemente correlate, allora viene meno il beneficio della diversificazione — almeno in parte.
Le materie prime a volte sono utili durante i contesti con inflazione crescente.
Anche i bond indicizzati all’inflazione hanno un senso.
Alcuni strategie più complesse come il trend following meglio ancora.
Ma per fare le cose più semplici possibili, un asset che ha dimostrato di avere spesso queste caratteristiche è l’oro — che tra l’altro ha tipicamente anche una funzione di hedge nei confronti del dollaro e molto spesso si è apprezzato quando il dollaro è sceso (il che non è indifferente se pensiamo che il 63% di un indice azionario globale è in dollari).
Ci sono diversi strumenti per investire in oro, ma usare un ETC è praticamente una decisione no-brainer, per semplicità, liquidità, sicurezza e così via.
I più grandi che replicano il prezzo dell’oro fisico sono
Questo
Questo
Questo
Quanto oro però?
Ci sono diversi paper sull’argomento che portano ciascuna la propria tesi.
Quando però si tratta di un’allocazione fissa, c’è un vasto consenso tra il 5% e il 15% del valore totale del portafoglio,
Per esempio in questo paper:
La tesi è che la minimizzazione dei rischi di un portafoglio di azioni e obbligazioni si ottiene con una quota tra il 10 e il 20% di oro.
Questo sembrerebbe il range in cui si ottengono i migliori efficientamenti del portafoglio in termini di rischio e rendimento, mentre avere ancora più oro non sembra che apporti un maggior beneficio marginale.
Altri paper, come ad esempio questo:
Suggeriscono di avere un’allocazione fissa in oro di circa il 5%.
Qualunque allocazione tra il 5 e il 20% sembra invece un discreto compromesso e quindi oggi prendiamo 10% giusto per fare cifra tonda.
A questo punto dobbiamo mettere insieme i pezzi.
Avevamo detto che per il nostro portafoglio poteva andare bene una quota del 65% di azioni e 35% di titoli di stato.
Dobbiamo però fare spazio per inserire anche il 10% di oro — e qui abbiamo tre strade:
– La prima è semplicemente riproporzionare tutto, quindi verrà: 59% di azioni, 31% obbligazioni, 10% di oro.
– La seconda è dire: l’oro è comunque un asset rischioso, quindi lo considero nella quota “asset rischiosi del portafoglio” e faccio 55% azioni, 10% oro e 35% obbligazioni.
– La terza strada è dire: l’oro mi serve per avere una decorrelazione rispetto alle azioni quando i titoli di stato falliscono quest’obiettivo (come successo negli ultimi anni). Lo metto quindi al posto dell’obbligazioni, sapendo che probabilmente avrò un maggior rendimento atteso ma anche un maggior rischio.
————————————————————————- Strategia Azioni Obbligazioni Oro ———————- —————- —————- —————- Riproporzionare tutto 59% 31% 10%
Oro è un asset 55% 35% 10% rischioso
Oro per diversificare 65% 25% 10% azioni ————————————————————————-
Storicamente sarebbero state tre soluzioni piuttosto simili.
Comprensibilmente quello con più azioni avrebbe reso di più, ma avrebbe avuto anche drawdown più profondi e una maggiore volatilità.
Quello con il miglior rapporto tra rischio e rendimento sarebbe stato 55% azioni, 10% oro, 35% obbligazioni.
L’altro una via di mezzo.
Diciamo che scegliamo l’opzione più conservativa: 55% azioni, 10% oro, 35% obbligazioni.
Eravamo partiti da 100.000 €.
– 5.000 € li teniamo sul conto
– 20.000 € li met tiamo su un ETF monetario
– 41.500 € li mettiamo in un ETF sull’azionario globale
– 7.500 € li mettiamo in un ETC sull’oro
– 26.000 € li mettiamo in un ETF su bond governativi europei o su aggregate globali con cambio coperto
[strumenti bonus]
Avevamo parlato però di 5 strumenti no?
Beh il 5° strumento è un bonus per chi pensa che investire come abbiamo appena detto sia noioso.
Sarà anche noioso, ma la noia è spesso un buon indicatore di una saggia decisione finanziaria. Il massimo eccitamento che dovresti provare quando investi non dovrebbe superare quello che provi durante la cresima del figlio di un’amica di tua moglie che manco conosci e a cui sciaguratamente sei stato invitato.
Una noia mortale eterna con un piccolo picco di emozione quando arriva la torta.
Se però ciò non vi avesse convinto, allora possiamo mettere un po’ di colore nel portafoglio.
Il quinto strumento è a scelta tra uno di questi 3, uno per ciascuna asset class:
– Il Primo è un ETF multifattoriale globale, ossia un ETF con una gestione semi-attiva che si focalizza su alcuni fattori specifici. Oggi non possiamo approfondire il dettaglio sui fattoriali, di cui parliamo in un altro video che uscirà BARRA è uscito a metà ottobre, oppure ci sono tanti episodi di The Bull come ad esempio il 205 o il 242. Però possiamo semplificare così: investire in strumenti fattoriali vuol dire esporsi a diverse forme di rischio (e quindi di rendimento) rispetto a quello del mercato generale.
> 3 esempi interessanti, giusto per prendere quelli più grandi sono:
– HSBC multifactor Worldwide equity, che investe su tutti i princiapli fattori: Value, Momentum, Quality, Size e Low Volatilty;
–
– Invesco Quantitative Strategies ESG Global Equity Multifactor, che investe nei miei tre fattori preferiti: Value, Momentum e Quality, e infine
– iShares STOXX World Equity Multifactor, che investe in Value, Momentum, Quality e Size.
> Una volta che è chiaro cosa significhi avere un’esposizione a > determinati fattori e quali sono pro e contro, si può considerare di > sostituire una quota tra il 20 e il 50% della parte azionaria con uno > di questi strumenti. > > Come ho detto BARRA dirò in episodi più monografici sui fattoriali, > questi strumenti non danno esposizioni “pure” ai fattori, perché > restano comunque esposti al mercato azionario pesato per > capitalizzazione. > Per avere un’esposizione pura bisognerebbe investire nelle società che > esprimono meglio un certo fattore e vendere allo scoperto quelle che > lo esprimono peggio, così da “isolare” l’effetto del fattore. > > però … chissene
Per quel che vale, un portafoglio composto al 70% da MSCI World e 30% in parti uguali da MSCI World Momentum e MSCI World Value dal ’98 ad oggi avrebbe fatto meglio del solo MSCI world sia in termini di rendimento assoluto che di rapporto tra rischio e rendimento
– Il secondo ETF bonus invece è sulla parte obbligazionaria e si potrebbe considerare un ETF su bond societari high yield. In questo caso, l’idea è avere un layer di rischio intermedio tra azioni e titoli di stato.
– Per esempio un ETF sul Bloomberg MSCI Euro Corporate High Yield
ha un rendimento a scadenza del 4,3%, che è a metà strada tra il 2,7% che ci aspettiamo dai titoli di stato europei e il 6-8% dalle azioni.
– Se andiamo invece su titoli in dollari, come ad esempio con l’indice iBoxx USD Liquid High Yield,
abbiamo un rendimento a scadenza del 6,3%, anche se chiaramente qui dobbiamo poi fare i conti con il cambio valutario.
> In entrambi i casi, per fare spazio a uno strumento del genere andrei > a ridurre soprattutto la quota azionaria. Perché se invece lo metto al > posto di quella obbligazionaria, aumento la parte del portafoglio > correlata alle azioni e riduco la diversificazione. > > Un approccio più conservativo potrebbe quindi diventare, ad esempio: > 45% azioni globali, 10% HY, 10% oro e 35% Titoli di Stato.
– Il terzo strumento bonus — e attenzione perché qui i più fedeli ascoltatori di The Bull non crederanno alle proprie orecchie — potrebbe essere un ETN su Bitcoin!
Chi mi conosce sa bene che non sono un grade fan di Bitcoin e fondamentalmente non ne condivido la tesi di fondo — e c’è almeno un 50% di probabilità che mi stia sbagliando di brutto.
Ma allo stesso tempo penso per l’investitore medio, non per me, in assenza di altre informazioni o convinzioni sia più corretto diversificare ed esporsi a varie possibili fonti di rendimento piuttosto che selezionarne arbitrariamente solo qualcuna. Ho già spiegato in passato perché non investo in btc, ma un neoinvestiore, senza particolari posizioni rispetto ad alcuna asset class, probabilmente farebbe bene a valutare di avere un 2-3-5% in Bitcoin come ulteriore elemento di diversificazione, purché sia consapevole dell’alta volatilità a cui può sottoporre.
Bene, fine del video su come investirei io oggi se partissi da zero.
Ovviamente questo video non deve essere inteso in alcun modo come una serie di consigli di investimento, anzi partite dal presupposto che sia tutto sbagliato.
Gli strumenti che abbiamo indicato sono solo a titolo esemplificativo e il più delle volte ho semplicemente preso quelli con la maggiore capitalizzazione.
Ma più che sugli strumenti, il consiglio è concentrarvi sui ragionamenti dietro le varie decisioni prese, confrontarle con la vostra situazione e agire di conseguenza.
Spero che il video vi sia piaciuto e che oltre essere stato utile per avere una traccia per parlare di investimenti a chi vi chiede dei consigli, sia stato un valido pretesto per ripercorrere i ragionamenti fondamentali che dovrebbero sempre guidare le nostre decisioni di asset allocation.
I nostri portafogli saranno un po’ più articolati e il modello di asset allocation un filo più sofisticato.
Ma le idee fondamentali sono quasi tutte qua e ritornarci sopra di tanto in tanto penso sia un utile esercizio per mantenere sempre la retta via perché sulla carta è tutto facile, ma poi ogni mese succede qualcosa che ci fa venire mille dubbi e rimettere tutto in discussione.
In questi casi, back to basic e niente meglio di pochi principi basilari può essere il nostro miglior alleato di lungo termine.
Chiedete per favore anche ai vostri parenti e amici di iscrivervi al canale youtube, mettere like al video e attivare le notifiche per supportarci e permetterci di continuare a produrre contenuti che vi faranno litigare con parenti e amici a grigliate, cenoni, feste di compleanno e matrimoni sempre nuovi.
Per questo episodio invece è davvero tutto e noi ci risentiamo domenica prossima con un nuovo appuntamento insieme, sempre qui, naturalmente, con The Bull, il tuo podcast di finanza personale.
Recensioni
Quando capisci come funziona la finanza… ti viene voglia di raccontarla!
Dovrebbero ascoltarlo buona parte degli italiani e io avrei dovuto scoprirlo con qualche anno in anticipo ma meglio tardi che mai
Matteo C., 3 Set 2025Podcast che dà sempre spunti interessanti che personalmente mi ha fatto appassionare alla finanza personale spingendomi ad approfondire in prima persona.
Lorenzo, 13 Mar 2025Veramente interessante, chiaro e conciso. Cambia la vita finanziaria di chiunque.. da ascoltare assolutamente anche per chi di finanza non vuole occuparsi mai
Francesca B., 6 Apr 2024Veramente veramente raccomandato! la finanza personale riassunta alla perfezione! e spiegata partendo dall'ABC! Ottimo anche da ascoltare a velocita 1,5x!
Giorgia R., 23 Gen 2025Riccardo mi ha letteralmente cambiato la vita e fatto scoprire che amo la finanza, ho ascoltato il podcast già due volte e non mi stufo mai di ascoltarlo, parla in modo semplice e chiaro
Massimo D., 23 Set 2025Da quando l'ho scoperto in 15 gg mi sono ascoltato 150 puntate senza fermarmi, ho annullato gli altri podcast per portarmi alla pari ed ascoltare tutte le precedenti puntate, ben fatto, esattamente il livello di informazione che mi serviva
Gianluca G., 11 Set 2025Non sono solito a mettere recensioni e specialmente non ascolto podcast, ma da quando ho iniziato questo, faccio fatica a staccarmi, e quasi non posso più fare a meno di ascoltare e arricchirmi culturalmente.
Andrea V., 22 Set 2025Podcast piacevole, scorre veloce ma in modo estremamente chiaro, spiega i concetti chiave per gestire le proprie finanze, fornendo la classica cassetta degli attrezzi. Complimenti, davvero ben fatto!
Massimiliano, 29 Mag 2024Ho seguito tutte le puntate! Grazie veramente
Amalia A., 17 Set 2025