Fondo Pensione: guida pratica per costruire il tuo futuro
Affidarsi solo alla pensione pubblica è un rischio che in pochi possono permettersi. Per questo esistono i fondi pensione: strumenti che permettono di pianificare con anticipo e con benefici fiscali concreti. In questa puntata spieghiamo come funzionano, quali sono i vantaggi, le tipologie disponibili e come inserirli all’interno di un piano finanziario di lungo periodo.
Risorse
Punti Chiave
La previdenza complementare (Fondo Pensione) è cruciale data l'insostenibilità del sistema pensionistico pubblico.
I Fondi Negoziali (Fondi Chiusi) sono la scelta migliore per i dipendenti grazie al contributo del datore di lavoro e alla deducibilità dei versamenti (fino a 5.164 €).
Nonostante l'efficienza inferiore, i benefici fiscali (deduzione e tassazione agevolata) rendono il Fondo Pensione una componente essenziale della pianificazione finanziaria.
Contenuti del video
- 00:00 Fondo pensione: come costruire oggi il tuo futuro
- 02:18 Il problema delle nostre pensioni
- 04:21 I Fondi Negoziali di Categoria
- 14:19 I Fondi Aperti
- 19:36 Fondi Pensione vs ETF
- 00:00 Fondo pensione: come costruire oggi il tuo futuro
- 02:18 Il problema delle nostre pensioni
- 04:21 I Fondi Negoziali di Categoria
- 14:19 I Fondi Aperti
- 19:36 Fondi Pensione vs ETF
Trascrizione Video
Bentornati a THE BULL – Il tuo podcast di Finanza Personale.
C’è un argomento che il mio cervello cerca sempre di dribblare sia perché il nome stesso mi costringe a pensare all’età che avanza, sia perché per parlarne bisogna toccare anche aspetti fiscali e legali che mi annoiano a morte — quindi tra i 250 e passa episodi audio di The Bull non ne troverete molti dedicati a questo tema.
Però — volenti o nolenti, alla fine bisogna farsene una ragione perché questo argomento è effettivamente molto, molto, molto importante e suscita sempre grandi dibattiti tra fazioni opposte.
È quindi arrivato il momento di parlare di PENSIONE! O meglio: di Previdenza Complementare.
Capire come impostare al meglio il nostro portafoglio per la vita è bellissimo e divertentissimo, ma ormai dobbiamo proprio affrontare il tema di come sistemare anche la nostra pensione, sia che siate lavoratori dipendenti, sia che siate dei professionisti in Partita IVA.
Questa specifica è importante perché rispetto al 99% di cui abbiamo parlato sino ad ora, che vale indistintamente a prescindere dal lavoro che fate, il tema della pensione è legato a doppio filo alla natura della vostra professione, quindi ci saranno delle specifiche da fare nei due macro casi.
Perché la previdenza complementare è un tassello importante della nostra dimensione finanziaria?
Risposta breve: perché tutti noi cari amici miei viviamo nella pia illusione che oggi stiamo versando dei contributi per la NOSTRA PENSIONE, mentre invece così non è. Come abbiamo netto in questo video [dito in alto], i nostri contributi stanno sostenendo gli assegni mensili dei pensionati di oggi, non di noi pensionati di domani.
Invece, ammesso e non concesso che un domani una pensione pubblica ci sarà, sarà una cifra talmente ridicola che se contate su questa, una volta che avete finito di lavorare, per godervi la vita negli anni di quello che una volta veniva chiamato il “meritato riposo”, state freschi come branzino ai mercati generali di Milano.
[Il problema delle nostre pensioni]
Sappiate che già oggi il cosiddetto tasso di sostituzione, ossia la differenza tra il vostro ultimo stipendio e il vostro primo assegno da pensionati, viaggia tra il 60 e il 70%, quindi vuol dire che se il vostro ultimo stipendio sarà, che ne so, 3.000 €, la vostra pensione sarà di circa 2.000.
Se avete compreso quella cosa dell’inflazione di cui abbiamo parliamo ogni due per tre, ossia che più si va avanti meno valore hanno i soldi, capite bene che ridurre l’importo del nostro reddito più si va avanti non è che sia proprio l’idea del secolo. Ma poi60-70% non è neanche il worst scenario.
Come mi piace ricordare una puntata sì e una no, secondo l’OCSE nel 2050 ci saranno un pensionato per ogni lavoratore attivo: come sempre, quando si tratta di essere primi in qualche classifica negativa non ci batte nessuno.
Oggi, fatto il 100 il costo del lavoro in Italia, tra quello che un’impresa deve versare come contributi all’INPS e quello diretto a carico del lavoratore, più del 30% va a finanziare le pensioni di chi oggi in pensione si trova già. Qualcuno mi spiega, quando ci sarà un pensionato ogni lavoratore, come questa cosa sarà possibile?
Ok, appurato che è piuttosto vano ambire alla pensione senza un radicale mutamento dell’attuale situazione politica e sociale in Italia, ascoltate un pirla – come si dice qua a Milano – mettete il tema pensione tra le vostre priorità.
Allora, dicevamo, dipendenti e partite IVA hanno opzioni diverse che possono seguire ma l’idea generale per entrambe le categorie è dedicare una parte del loro risparmio a forme di investimento specifiche per integrare il proprio assegno pensionistico il giorno che finalmente non avrete più un cazzo da fare dal lunedì al venerdì e se non vi siete devastati la salute negli anni alle vostre spalle per colpa di fumo, alcol, cibi processati e zero sport, dovreste finalmente avere un sacco di tempo libero per fare quel che più vi aggrada.
[I Fondi Negoziali di Categoria]
Partiamo dai dipendenti.
Fondamentalmente ci sono TRE STRADE, che sono: – Fondi Negoziali di Categoria, detti anche Fondi Chiusi; – Fondi Previdenziali aperti, tipicamente gestiti da Banche, Assicurazioni e società di asset management; – PIP, ossia i Piani individuali Pensionistici.
Se questo fosse un podcast normale, ossia dove diamo diligenti contenuti di informazione in maniera pulita e rispettosa di tutti, dovrei annoiarvi a morte con una pioggia di dati e caratteristiche delle tre suddette opzioni e otterrei questo duplice risultato: – per la vostra pensione alla fine non fate più una mazza e, peggio ancora, – smettete di seguire The Bull.
Siccome soprattutto la seconda minaccia mi preoccupa più della prima, facciamola semplice.
Se siete dipendenti di una società che applica un contratto collettivo che prevede una forma di previdenza complementare di categoria, ci sono pochissimi dubbi che la scelta del fondo negoziale chiuso sia probabilmente la cosa migliore.
Facile. Poche discussioni.
Come funziona un fondo negoziale?
Se per esempio siete dipendenti di una società del terziario, con ogni probabilità il contratto collettivo applicato dal vostro datore di lavoro sarà quello del Commercio e il fondo previdenziale di Categoria si chiamerà Fon.Te.
Se invece siete dipendenti nel settore metalmeccanico, esiste un fondo simile che si chiama Cometa, e così via per tutti gli altri settori a seconda del Contratto Collettivo che li regolamenta.
Allora se decidete di aderire alla previdenza complementare con un fondo chiuso come Fon.te siete obbligati, attenzione bene a questo passaggio, a versare il TFR.
Considerate che voi ogni anno maturate una quota di TFR che equivale al vostro reddito annuo lordo diviso 13,5.
Il vostro TFR vi viene solitamente liquidato dal datore di lavoro quando vi dimettete, oppure può essere richiesto, di solito dopo almeno 8 anni, se dovete comprare la prima casa o per gravi motivazioni di salute.
Se invece aderite al fondo pensione, il TFR va obbligatoriamente versato al fondo pensione e la scelta è irreversibile, almeno fino a quando non doveste decidere di cambiare datore di lavoro.
Attenzione che se il datore di lavoro successivo ha sempre lo stesso contratto collettivo, voi potete continuare a versare a Fon.Te senza soluzione di continuità.
Se invece andate a lavorare in una società di un diverso settore, allora le vostre opzioni sono: – lasciare quello che avete versato su Fon.Te fino ad ora e cominciare a versare in un nuovo fondo pensione di categoria; oppure – far trasferire quanto versato su Fon.Te nel nuovo fondo di categoria.
Quello che non potete fare è farvi restituire i soldi, fatte salve alcune situazioni specifiche che includono: – acquisto prima casa per sé o per i figli (fino al 70% e comunque passati almeno 8 anni dall’adesione al fondo) – gravi motivi di salute; – lunga disoccupazione (se non ricordo male oltre i 24 mesi).
Passati 8 anni potete comunque sempre richiedere, una liquidazione fino al 30% dell’importo.
In realtà è possibile ottenere anche la liquidazione totale in qualunque momento se non si hanno più i requisiti per versare al fondo negoziale, perché per esempio non si è più dipendenti, ma in tal caso si perdono i benefici fiscali di cui vi dirò tra poco.
Ora, perché è OK versare il TFR se ci sono tutte queste limitazioni? – Intanto è obbligatorio, quindi non è che ci potete fare molto. – Ma a ben vedere sembra la decisione giusta, anche facendo i backtest sugli scenari passati.
Ora, lasciamo perdere scenari in cui il vostro datore di lavoro si spende il vostro TFR, o fallisce o altre cose che non voglio nemmeno contemplare — anche se, consiglio non richiesto, se lavorate in una piccola società attenzione a questo aspetto del TFR, forse non lasciarlo al datore di lavoro è una forma di precauzione in più.
Cmq se voi lasciate il TFR nelle mani del vostro datore di lavoro, questo si rivaluta ogni anno dell’1,5% più il 75% della tasso di inflazione misurato a dicembre.
In pratica, negli anni a bassa inflazione si rivaluta poco.
Invece in anni in cui l’inflazione supera il 6%, comunque la rivalutazione non compensa l’inflazione.
Il 2022 è stato un anno esemplare perché l’inflazione era schizzata alle stelle per la micidiale combinazione tra un’economia surriscaldata a seguito della fine della pandemia e le crisi energetiche conseguenti all’invasione russa dell’Ucraina, con l’inflazione che a dicembre in Italia era arrivata quasi al 12%.
Con il fondo pensione cosa succede?
Succede che il vostro TFR viene investito in un portafoglio fatto di fondi comuni di investimento e sarete voi a scegliere l’asset allocation tipicamente tra 4 opzioni disponibili, che vanno dalla più conservativa a prevalenza obbligazionaria a quella più aggressiva a prevalenza azionaria.
Buona prassi sarebbe optare per il comparto più aggressivo quando si hanno ancora più di 15-20 anni prima della pensione e magari spostare gradualmente il proprio capitale negli altri comparti man mano che ci si avvicina all’agognata soglia della pensione, onde evitare il rischio che un tracollo importante del mercato azionario a ridosso dei nostri 65 anni ci abbatta significativamente il valore del portafoglio e non ci sia abbastanza tempo per permettere al mercato di recuperare.
La brutta notizia è che, ad oggi almeno, i comparti azionari dei fondi negoziali raramente superano il 60% di equity, mentre vedremo che i fondi aperti sono più aggressivi.
E questo è un po’ un peccato perché soprattutto quando uno ha 30-40 di orizzonte temporale di fronte a sé, può permettersi decisamente molte più azioni.
Ovviamente un 60/40 di un fondo pensione avrebbe comunque reso meno di un 60/40 fatto in ETF.
Motivi? – Numero UNO: i costi. Un fondo pensione negoziale costa poco per essere fatto di fondi comuni di investimento, ma poco che costa un fondo super economico come Fon.te, circa 0,3% all’anno si paga; – Numero DUE: sono comunque fondi attivi — e sappiamo fin da questo video [P1E3] e questo video [P1E7] che i fondi attivi tendono a sottoperformare i benchmark. – Numero TRE: come con le gestioni patrimoniali, i fondi pensione pagano le tasse ogni anno sul capital gain, anche non realizzato. Il che è una mezza inc***ta perché azzoppa il rendimento composto.
Eh, del resto qua siamo in Italia, non in America o in UK dove dentro il vostro IRA o ISA potete metterci dentro ETF che vi pare, qui ci si deve accontentare di fondi gestiti.
Abbiamo però tre buone notizie: – Da un lato comunque i rendimenti storici dei comparti più aggressivi hanno decisamente battuto l’inflazione negli ultimi 20 anni (cioè da quando abbiamo i dati della Covip); – Inoltre c’è un trattamento fiscale agevolato, perché mentre normalmente paghereste il 26% su tutte le rendite finanziarie che non sono titoli di stato, mentre nel caso dei fondi pensione la tassazione è del 20%. Quindi rendimenti così così, costi però accettabili e qualche beneficio fiscale che compensa.
Il beneficio fiscale più interessante però riguarda i contributi volontari al fondo pensione.
In pratica il nostro magnanimo Stato Italiano ci permette di godere di una deduzione fiscale annua fino a 5.164,57 € sui versamenti nel fondo pensione, sia in quelli chiusi per i dipendenti che in quelli aperti, adatti sia a dipendenti che Partite Iva.
Che vor dì?
Vuol dire che su quello che versate, fino a 5.146 euro all’anno i versamenti vanno in deduzione, il che significa che vanno ad abbassare il reddito sul quale pagate le tasse.
Esempio: – guadagno 40.000 € all’anno, – verso nel fondo pensione, non so, 2.000 €, allora invece che pagare le tasse su 40.000 € le pagherò su 38.000 e siccome l’aliquota marginale è del 35% in pratica mi viene scontato dalle tasse il 35% di quel che pago al fondo pensione — in questo caso: 700 €.
Capito?
E questo non è male — e vale per tutti i fondi pensione, non solo per quelli negoziali.
Ma se siete dipendenti e avete aderito ad un fondo negoziale, avete anche un beneficio in più.
In pratica esiste un contributo minimo, che per Fon.te è circa lo 0,55% della vostra retribuzione annua lorda, che se versato dà in automatico il diritto a ricevere dal vostro datore di lavoro un contributo aggiuntivo a suo carico che si aggira sulll’1,5% sempre della vostra retribuzione.
Capito? in pratica il vostro datore di lavoro vi regala dei contributi gratis per la pensione.
Quindi ok che i rendimenti di quei fondi gestiti non sono il massimo rispetto all’efficienza degli ETF, ma abbiamo: – tassazione agevolata; – deduzione fino a 5.164 €; – soldi gratis da parte del datore di lavoro.
Ultima cosa. Una volta che raggiungete i requisiti pensionistici, la rendita pensionistica viene tassata con un’aliquota che va dal 15% al 9%, a seconda di quanti anni di versamenti avete fatto. Per accede al 9% servono almeno 35 anni di contributi. Questa cosa non è male, bisogna ammetterlo.
[I Fondi Aperti]
Se però per qualunque ragione un dipendente non vuole versare nel fondo associato al proprio CCNL oppure uno è un libero professionista in regime ordinario, allora l’alternativa è scegliere un Fondo Aperto.
In quattro parole, quali sono i vantaggi?
Direi che i vantaggi di un fondo aperto sono: – mantiene gli stessi benefici fiscali di un fondo negoziale; – non obbliga i dipendenti a versare il TFR; – permette di scegliere tra una gamma generalmente più vasta di prodotti di investimento e asset allocation (con Fon.te invece ce ne sono 4 e vi beccate una di quelle).
Gli svantaggi sono che: – non danno accesso al contributo aggiuntivo del datore di lavoro; e soprattutto – costano MOLTO di più.
Per esempio sui comparti azionari il costo medio di un fondo negoziale è intorno allo 0,3-0,4%, mentre per i fondi aperti siamo in media sull’1,5.
I pip neanche ve lo sto a dire, sono più cari ancora.
È vero tuttavia che i comparti azionari dei fondi aperti hanno un rendimento atteso maggiore perché semplicemente investono di più in azioni.
Per esempio queste sono le allocation di due tra i migliori fondi aperti in circolazione, se non altro dal punto di vista dei costi, che sono:
Amundi seconda pensione, la cui linea più aggressiva investe tra il 65 e il 95% in azioni e alla fine del 2024 era così:
L’altro invece è Allianz insieme, che all’ultimo report che ho trovato, del 2023, investe al 94% in azioni.
Li cito solo a titolo di esempio, non sono affiliato, non ci investo al momento della realizzazione di questo video, nessun conflitto di interesse.
Sicuramente ce ne sono altri altrettanto buoni, ma questi hanno il vantaggio che iniziano per A e quindi sulle tabelle della COVIP si fa in fretta a vederli
Comprensibilmente il rendimento degli ultimi 10 anni, al netto dei costi, di questi fondi pensione aperti, è stato migliore di quello di un fondo negoziale come Fonte che al massimo investe al 60% in azioni.
———————————————————————– Fondo Costi Rendimenti 2015-2024 (al netto dei costi) ———————– ———————– ———————– Fon.te 0,3% 4,72% Amundi Seconda Pensione 0,8% 5,12% Allianz Insieme 0,9% 6,85% ———————————————————————–
Però io sono sempre dell’idea che, dato che i rendimenti futuri sono incerti, sia meglio assicurarsi dei costi bassi, che invece sono certi come la morte.
Detto questo, se per voi una maggiore flessibilità è importante, i fondi aperti sono la strada.
Esiste infine una terza opzione, valida sia per dipendenti che per Partite Iva, che si chiama PIP, ossia Piani Individuali Pensionistici.
Ma dato che costa mediamente di più e rende mediamente di meno dei due di cui ho parlato sinora, non ve ne parlo e se vi interessano vi arrangiate e vi informate da soli, che star qui a perder tempo su una roba che non farei mai non mi va proprio.
Fatto tutto lo spiegone sui fondi pensione, generalmente la domanda a qusto punto sarà:
MA ALLA FINE I SOLDI?
Dunque, fatte salve le circostanze di cui abbiamo detto prima, ossia acquisto prima casa, malattia, disoccupazione e liquidazione una tantum del 30%, i soldi li rivedete quando raggiungete i requisiti per la pensione, in base a ciò che il nostro beneamato governo stabilisce, quindi: – o al raggiungimento dell’Età pensionistica, che praticamente ogni anno tenderà ad allungarsi asintoticamente di un anno perché la coperta è sempre più corta; – oppure con le varie forme di pensione anticipata come al RITA e così via, però qua le regole cambiano spesso, quindi inutile parlare di una cosa che magari vi servirà tra 20 anni.
A quel punto ci sono diverse opzioni, e ogni fondo ha la sue.
Le tipiche opzioni sono: – liquidazione totale di quanto avete accumulato (ma tipicamente non è possibile farlo oltre i 100-150 mila euro); – liquidazione del 50% e rendita vitalizia con il resto; – rendita vitalizia fin da subito; – rendita garantita ai vostri cari per un tot di anni anche se schiattate prima e poi vitalizia finché non tirate le cuoia per davvero; – rendita vitalizia con assicurazioni per invalidità e poi ogni fondo ha le sue peculiarità.
Su tutti i siti dei fondi trovate dei simulatori che vi fanno vedere una stima, nei vari scenari, di quanto ammonterebbe la vostra pensione.
Vi faccio un esempio con il simulatore di Fon.te, che tanto va bene per tutti i fondi pensione.
Diciamo che arrivo alla pensione, dopo 30 anni di contributi, con circa 500.000 € di montante complessivo, quindi la somma tra il mio TFR, quello che io e il datore di lavoro abbiamo versato e il rendimento del fondo.
Il simulatore di Fon.te mi dice che, se non intendo farmi liquidare nulla e godermi la rendita vitalizia, percepirò circa 20.000 € lordi all’anno in termini reali, quindi circa 1.500 € al mese netti, in valore odierno.
Non che 1.500 € al mese svoltano la vita, ok, però ragazzi mettiamo che il vostro ultimo stipendio (in valore reale odierno) sarà di 3.000 € e le che le disastrate casse dell’INPS non potranno darvi più di un ridicolo assegno da 1.500 €. Grazie alla contribuzione integrativa vi potreste beccare l’equivalente di 3.000 € al mese odierni — e abbiamo compensato il tasso di sostituzione.
[Fondi Pensione vs ETF]
Ora, fin qui tutto bene, però solitamente una persona come la maggior parte di voi che due o tre cose di investimento ne sa potrebbe chiedersi: ma visti tutti i limiti e le inefficienze che ci sono, non conviene che provveda alla mia pensione semplicemente investendo nel mio portafoglio di ETF o simili?
Occupiamoci quindi di questo personalissimo celebrity deathmatch — come ricorderà chi come me è stato adolescente nei primi anni 2000 ed è cresciuto guardando i programmi dell’epoca d’oro di MTV — che vedrà di fronte il più amato strumento di investimento di questo podcast, ossia gli ETF, e il mezzo per attivare la strategia di lungo termine che più a lungo termine di così letteralmente poi si muore che è il Fondo Pensione.
Risposta breve: nel 99% dei casi, investire sia nel proprio portafoglio personale che in un fondo pensione è probabilmente la scelta migliore.
Fine.
Ora vediamo i dettagli però.
Allora, per confrontare le pere con le pere usiamo un fondo aperto che investe quasi in 100% azionario, altrimenti se usiamo un fondo negoziale che investe in un 60/40 e lo confrontiamo con un 100% azionario avrebbe poco senso.
E ci serve un quasi 100% azionario perché diamo per scontato che per il grosso della nostra vita contributiva, quella sarà la nostra asset allocation.
Prendiamo ad esempio Allianz Insieme, che ha 95% in azioni e che dal 2005 al 2024 ha reso 5,9% all’anno, già al netto di costi e suppongo anche di tassazione sul capital gain visto che le trattenute vengono effettuate ogni anno.
Confrontiamo questo con l’MSCI World, che nello stesso periodo ha reso 9,2% lordo all’anno.
Facciamo due conti.
————————————————————————- CAGR Versamenti Val Finale VF netto —————— ——– —————— ————– ———– MSCI World 9,20% 103.280 € 295.053 € 245.192 € Allianz 95% az 5,90% 103.280 € 199.019 € 185.076 € ————————————————————————-
Diciamo che in entrambi i casi investo per 20 anni il massimo fiscalmente deducibile, ossia 5164 € all’anno, per un totale di 103.280 €.
Con il Fondo pensione alla fine avrei ottenuto 199.000 euro mentre con un ETF sull’MSCI World sarei arrivato a ben 295.000 euro.
Con l’ETF dobbiamo togliere le tasse sul capital gain del 26%, quindi il valore finale netto sarà di 245.000 €.
Anche dal FP però dobbiamo togliere la tassazione sui versamenti dedotti, che su vent’anni sarà del 13,5%.
Di conseguenza il montante finale da cui si attingerà per la mia rendita pensionistica sarà circa 185.000 €.
Fine del discorso? Vince l’ETF a man bassa?
Non proprio.
Vediamo perché
E’ vero che con gli ETF probabilmente avrò un rendimento superiore.
Però, a parità di investimento, in realtà nel fondo pensione io metto meno soldi, perché una parte la recupero in deduzioni fiscali.
Lo scenario migliore è quello in cui versiamo i 5164 € all’anno e abbiamo un reddito tale che la deduzione fiscale è quella dell’aliquota massima, ossia del 43%.
Questo significa che voi investite 5.164 €, ma poi avete uno sgravio fiscale annuo di 2.220 €.
—————————————————————————————— CAGR Versamenti Val VF netto Fiscal FG VF netto Finale gain reinvestito (FGR) ———- ——- ———— ——— ——— ———- ————— ———– MSCI World 9,20% 103.280 € 295.053 € 245.192 € 245.192 € Allianz 5,90% 103.280 € 199.019 € 185.076 € 44.410 126.873 € 290.509 € 95% az € ——————————————————————————————
Quindi torniamo al discorso sui 20 anni.
Se avessi reinvestito quei 2.220 € all’anno nel mio ETF sull’MSCI World, avrei ottenuto altri quasi 127.000 €, e quindi il valore netto del mio investimento nel fondo pensione — a cui si andranno ad aggiungere anche questi — sarà di 290.000 € tolte tutte le tasse.
Cioè alla fine, pur con una performance inferiore, il fondo pensione rende di più grazie al massiccio beneficio fiscale.
Attenzione che questo gioco di prestigio matematico funziona tanto più se avete un reddito tale per cui la deduzione è applicata attraverso l’aliquota fiscale più alta (quella del 43%).
Se invece avete un reddito più basso vi viene applicata una deduzione inferiore e quindi con meno deduzioni il portafoglio di ETF probabilmente vince anche in valore assoluto.
Tiriamo quindi le somme.
Nel confronto tra queste due opzioni di investimento, fondo pensione ed ETF, chi risulta il vincitore supremo della contesa?
Chiaramente: DIPENDE!
Diciamo questo: – Per come la vedo, la priorità andrebbe forse data all’investimento nel proprio portafoglio, principalmente per una coppia di motivi: – Abbiamo sì visto una situazione, con dati veri, in cui il FP avrebbe reso di più. Però parliamo di un fondo che ha performato relativamente bene rispetto al benchmark e con costi contenuti — e non è sempre questo il caso; – Ma soprattutto, il FP è una cosa di cui godrò quando vado in pensione, con molti vincoli prima. Mentre è importante che il portafoglio — come dico spesso — mi accompagni lungo tutti gli obiettivi della mia vita.
– Se però le mie risorse economiche me lo consentono e, soprattutto, se ho la possibilità di accedere al fondo pensione chiuso della categoria professionale di cui faccio parte, beneficiando anche del contributo aggiuntivo del datore di lavoro, probabilmente fare sia ETF che Fondo Pensione è la scelta migliore da compiere.
Tra le varie mille casistiche, prendiamo i due estremi.
Caso migliore: – Reddito da dipendente superiore ai 50.000 € annui; – Possibilità di accedere al fondo di categoria chiuso con il contributo del datore di lavoro; – Buona capacità di risparmio, diciamo superiore ai 600-700 € al mese.
In questo caso, l’accoppiata vincente è portafoglio personale di ETF + versamento di 5.164 € all’anno nel fondo pensione (che poi appunto sono meno per via delle deduzioni e perché una parte ce le mette la società per cui lavoro).
Caso peggiore: – Reddito significativamente inferiore a 50.000 € all’anno; – Impossibilità di accedere ad un fondo di categoria chiuso; – Capacità di risparmio mensile inferiore a 500 € al mese.
Qui direi, probabilmente, di concentrarsi intanto sull’investimento nel proprio portafoglio a lungo termine e valutare in seguito l’apertura di un fondo pensione quanto magari si avranno maggiori disponibilità economiche.
Idem per le p.iva in regime forfetario, che non potendo dedurre nulla non avrebbero particolari benefici a usare un fondo pensione.
Bene, abbiamo detto tutto no?
E allora fine di questo video spiegone sul fondo pensione e sul confronto con un investimento in ETF.
La pensione è un fenomeno oscuro, ai nostri politici piace ogni anno cambiare tutte le regole, quindi fare grandi previsioni sul futuro è sempre molto complesso.
Per riassumere e in assenza di altre evidenze direi: – fate ciò che serve per aumentare le probabilità di anticipare il diritto alla pensione e dove possibile investite più soldi possibili per massimizzare i benefici fiscali dei fondi pensione. – Per il resto, fate sì che nessuna decisione vi precluda la possibilità di investire la maggior parte dei vostri risparmi in un portafoglio di ETF (o azioni o obbligazioni o quel che vi pare purché con buon senso), perché ad oggi questo rappresenta storicamente la strada più performante per far crescere il capitale nel tempo.
Spero che il video vi sia piaciuto e grazie a tutti voi che continuate a seguire i nostri contenuti.
Grazie, grazie e ancora immensamente grazie.
Invito invece chi non l’avesse ancora fatto a iscrivervi al canale, mettere like e attivare le notifiche su per supportarci e permetterci di continuare a produrre contenuti che attraversando l’inferno del duro lavoro e il purgatorio del risparmio ci possano portare presto al paradiso della libertà finanziaria e infine uscir a riveder le stelle sempre nuovi.
Per questo episodio è davvero tutto e noi ci ritroviamo qui con il prossimo video di questa serie dedicata ai contenuti più richiesti sulla gestione pratica dei nostri risparmi di tutti i giorni, sempre, naturalmente con The Bull — Il Tuo Podcast di finanza personale.
Bentornati a THE BULL – Il tuo podcast di Finanza Personale.
C’è un argomento che il mio cervello cerca sempre di dribblare sia perché il nome stesso mi costringe a pensare all’età che avanza, sia perché per parlarne bisogna toccare anche aspetti fiscali e legali che mi annoiano a morte — quindi tra i 250 e passa episodi audio di The Bull non ne troverete molti dedicati a questo tema.
Però — volenti o nolenti, alla fine bisogna farsene una ragione perché questo argomento è effettivamente molto, molto, molto importante e suscita sempre grandi dibattiti tra fazioni opposte.
È quindi arrivato il momento di parlare di PENSIONE! O meglio: di Previdenza Complementare.
Capire come impostare al meglio il nostro portafoglio per la vita è bellissimo e divertentissimo, ma ormai dobbiamo proprio affrontare il tema di come sistemare anche la nostra pensione, sia che siate lavoratori dipendenti, sia che siate dei professionisti in Partita IVA.
Questa specifica è importante perché rispetto al 99% di cui abbiamo parlato sino ad ora, che vale indistintamente a prescindere dal lavoro che fate, il tema della pensione è legato a doppio filo alla natura della vostra professione, quindi ci saranno delle specifiche da fare nei due macro casi.
Perché la previdenza complementare è un tassello importante della nostra dimensione finanziaria?
Risposta breve: perché tutti noi cari amici miei viviamo nella pia illusione che oggi stiamo versando dei contributi per la NOSTRA PENSIONE, mentre invece così non è. Come abbiamo netto in questo video [dito in alto], i nostri contributi stanno sostenendo gli assegni mensili dei pensionati di oggi, non di noi pensionati di domani.
Invece, ammesso e non concesso che un domani una pensione pubblica ci sarà, sarà una cifra talmente ridicola che se contate su questa, una volta che avete finito di lavorare, per godervi la vita negli anni di quello che una volta veniva chiamato il “meritato riposo”, state freschi come branzino ai mercati generali di Milano.
[Il problema delle nostre pensioni]
Sappiate che già oggi il cosiddetto tasso di sostituzione, ossia la differenza tra il vostro ultimo stipendio e il vostro primo assegno da pensionati, viaggia tra il 60 e il 70%, quindi vuol dire che se il vostro ultimo stipendio sarà, che ne so, 3.000 €, la vostra pensione sarà di circa 2.000.
Se avete compreso quella cosa dell’inflazione di cui abbiamo parliamo ogni due per tre, ossia che più si va avanti meno valore hanno i soldi, capite bene che ridurre l’importo del nostro reddito più si va avanti non è che sia proprio l’idea del secolo. Ma poi60-70% non è neanche il worst scenario.
Come mi piace ricordare una puntata sì e una no, secondo l’OCSE nel 2050 ci saranno un pensionato per ogni lavoratore attivo: come sempre, quando si tratta di essere primi in qualche classifica negativa non ci batte nessuno.
Oggi, fatto il 100 il costo del lavoro in Italia, tra quello che un’impresa deve versare come contributi all’INPS e quello diretto a carico del lavoratore, più del 30% va a finanziare le pensioni di chi oggi in pensione si trova già. Qualcuno mi spiega, quando ci sarà un pensionato ogni lavoratore, come questa cosa sarà possibile?
Ok, appurato che è piuttosto vano ambire alla pensione senza un radicale mutamento dell’attuale situazione politica e sociale in Italia, ascoltate un pirla – come si dice qua a Milano – mettete il tema pensione tra le vostre priorità.
Allora, dicevamo, dipendenti e partite IVA hanno opzioni diverse che possono seguire ma l’idea generale per entrambe le categorie è dedicare una parte del loro risparmio a forme di investimento specifiche per integrare il proprio assegno pensionistico il giorno che finalmente non avrete più un cazzo da fare dal lunedì al venerdì e se non vi siete devastati la salute negli anni alle vostre spalle per colpa di fumo, alcol, cibi processati e zero sport, dovreste finalmente avere un sacco di tempo libero per fare quel che più vi aggrada.
[I Fondi Negoziali di Categoria]
Partiamo dai dipendenti.
Fondamentalmente ci sono TRE STRADE, che sono: – Fondi Negoziali di Categoria, detti anche Fondi Chiusi; – Fondi Previdenziali aperti, tipicamente gestiti da Banche, Assicurazioni e società di asset management; – PIP, ossia i Piani individuali Pensionistici.
Se questo fosse un podcast normale, ossia dove diamo diligenti contenuti di informazione in maniera pulita e rispettosa di tutti, dovrei annoiarvi a morte con una pioggia di dati e caratteristiche delle tre suddette opzioni e otterrei questo duplice risultato: – per la vostra pensione alla fine non fate più una mazza e, peggio ancora, – smettete di seguire The Bull.
Siccome soprattutto la seconda minaccia mi preoccupa più della prima, facciamola semplice.
Se siete dipendenti di una società che applica un contratto collettivo che prevede una forma di previdenza complementare di categoria, ci sono pochissimi dubbi che la scelta del fondo negoziale chiuso sia probabilmente la cosa migliore.
Facile. Poche discussioni.
Come funziona un fondo negoziale?
Se per esempio siete dipendenti di una società del terziario, con ogni probabilità il contratto collettivo applicato dal vostro datore di lavoro sarà quello del Commercio e il fondo previdenziale di Categoria si chiamerà Fon.Te.
Se invece siete dipendenti nel settore metalmeccanico, esiste un fondo simile che si chiama Cometa, e così via per tutti gli altri settori a seconda del Contratto Collettivo che li regolamenta.
Allora se decidete di aderire alla previdenza complementare con un fondo chiuso come Fon.te siete obbligati, attenzione bene a questo passaggio, a versare il TFR.
Considerate che voi ogni anno maturate una quota di TFR che equivale al vostro reddito annuo lordo diviso 13,5.
Il vostro TFR vi viene solitamente liquidato dal datore di lavoro quando vi dimettete, oppure può essere richiesto, di solito dopo almeno 8 anni, se dovete comprare la prima casa o per gravi motivazioni di salute.
Se invece aderite al fondo pensione, il TFR va obbligatoriamente versato al fondo pensione e la scelta è irreversibile, almeno fino a quando non doveste decidere di cambiare datore di lavoro.
Attenzione che se il datore di lavoro successivo ha sempre lo stesso contratto collettivo, voi potete continuare a versare a Fon.Te senza soluzione di continuità.
Se invece andate a lavorare in una società di un diverso settore, allora le vostre opzioni sono: – lasciare quello che avete versato su Fon.Te fino ad ora e cominciare a versare in un nuovo fondo pensione di categoria; oppure – far trasferire quanto versato su Fon.Te nel nuovo fondo di categoria.
Quello che non potete fare è farvi restituire i soldi, fatte salve alcune situazioni specifiche che includono: – acquisto prima casa per sé o per i figli (fino al 70% e comunque passati almeno 8 anni dall’adesione al fondo) – gravi motivi di salute; – lunga disoccupazione (se non ricordo male oltre i 24 mesi).
Passati 8 anni potete comunque sempre richiedere, una liquidazione fino al 30% dell’importo.
In realtà è possibile ottenere anche la liquidazione totale in qualunque momento se non si hanno più i requisiti per versare al fondo negoziale, perché per esempio non si è più dipendenti, ma in tal caso si perdono i benefici fiscali di cui vi dirò tra poco.
Ora, perché è OK versare il TFR se ci sono tutte queste limitazioni? – Intanto è obbligatorio, quindi non è che ci potete fare molto. – Ma a ben vedere sembra la decisione giusta, anche facendo i backtest sugli scenari passati.
Ora, lasciamo perdere scenari in cui il vostro datore di lavoro si spende il vostro TFR, o fallisce o altre cose che non voglio nemmeno contemplare — anche se, consiglio non richiesto, se lavorate in una piccola società attenzione a questo aspetto del TFR, forse non lasciarlo al datore di lavoro è una forma di precauzione in più.
Cmq se voi lasciate il TFR nelle mani del vostro datore di lavoro, questo si rivaluta ogni anno dell’1,5% più il 75% della tasso di inflazione misurato a dicembre.
In pratica, negli anni a bassa inflazione si rivaluta poco.
Invece in anni in cui l’inflazione supera il 6%, comunque la rivalutazione non compensa l’inflazione.
Il 2022 è stato un anno esemplare perché l’inflazione era schizzata alle stelle per la micidiale combinazione tra un’economia surriscaldata a seguito della fine della pandemia e le crisi energetiche conseguenti all’invasione russa dell’Ucraina, con l’inflazione che a dicembre in Italia era arrivata quasi al 12%.
Con il fondo pensione cosa succede?
Succede che il vostro TFR viene investito in un portafoglio fatto di fondi comuni di investimento e sarete voi a scegliere l’asset allocation tipicamente tra 4 opzioni disponibili, che vanno dalla più conservativa a prevalenza obbligazionaria a quella più aggressiva a prevalenza azionaria.
Buona prassi sarebbe optare per il comparto più aggressivo quando si hanno ancora più di 15-20 anni prima della pensione e magari spostare gradualmente il proprio capitale negli altri comparti man mano che ci si avvicina all’agognata soglia della pensione, onde evitare il rischio che un tracollo importante del mercato azionario a ridosso dei nostri 65 anni ci abbatta significativamente il valore del portafoglio e non ci sia abbastanza tempo per permettere al mercato di recuperare.
La brutta notizia è che, ad oggi almeno, i comparti azionari dei fondi negoziali raramente superano il 60% di equity, mentre vedremo che i fondi aperti sono più aggressivi.
E questo è un po’ un peccato perché soprattutto quando uno ha 30-40 di orizzonte temporale di fronte a sé, può permettersi decisamente molte più azioni.
Ovviamente un 60/40 di un fondo pensione avrebbe comunque reso meno di un 60/40 fatto in ETF.
Motivi? – Numero UNO: i costi. Un fondo pensione negoziale costa poco per essere fatto di fondi comuni di investimento, ma poco che costa un fondo super economico come Fon.te, circa 0,3% all’anno si paga; – Numero DUE: sono comunque fondi attivi — e sappiamo fin da questo video [P1E3] e questo video [P1E7] che i fondi attivi tendono a sottoperformare i benchmark. – Numero TRE: come con le gestioni patrimoniali, i fondi pensione pagano le tasse ogni anno sul capital gain, anche non realizzato. Il che è una mezza inc***ta perché azzoppa il rendimento composto.
Eh, del resto qua siamo in Italia, non in America o in UK dove dentro il vostro IRA o ISA potete metterci dentro ETF che vi pare, qui ci si deve accontentare di fondi gestiti.
Abbiamo però tre buone notizie: – Da un lato comunque i rendimenti storici dei comparti più aggressivi hanno decisamente battuto l’inflazione negli ultimi 20 anni (cioè da quando abbiamo i dati della Covip); – Inoltre c’è un trattamento fiscale agevolato, perché mentre normalmente paghereste il 26% su tutte le rendite finanziarie che non sono titoli di stato, mentre nel caso dei fondi pensione la tassazione è del 20%. Quindi rendimenti così così, costi però accettabili e qualche beneficio fiscale che compensa.
Il beneficio fiscale più interessante però riguarda i contributi volontari al fondo pensione.
In pratica il nostro magnanimo Stato Italiano ci permette di godere di una deduzione fiscale annua fino a 5.164,57 € sui versamenti nel fondo pensione, sia in quelli chiusi per i dipendenti che in quelli aperti, adatti sia a dipendenti che Partite Iva.
Che vor dì?
Vuol dire che su quello che versate, fino a 5.146 euro all’anno i versamenti vanno in deduzione, il che significa che vanno ad abbassare il reddito sul quale pagate le tasse.
Esempio: – guadagno 40.000 € all’anno, – verso nel fondo pensione, non so, 2.000 €, allora invece che pagare le tasse su 40.000 € le pagherò su 38.000 e siccome l’aliquota marginale è del 35% in pratica mi viene scontato dalle tasse il 35% di quel che pago al fondo pensione — in questo caso: 700 €.
Capito?
E questo non è male — e vale per tutti i fondi pensione, non solo per quelli negoziali.
Ma se siete dipendenti e avete aderito ad un fondo negoziale, avete anche un beneficio in più.
In pratica esiste un contributo minimo, che per Fon.te è circa lo 0,55% della vostra retribuzione annua lorda, che se versato dà in automatico il diritto a ricevere dal vostro datore di lavoro un contributo aggiuntivo a suo carico che si aggira sulll’1,5% sempre della vostra retribuzione.
Capito? in pratica il vostro datore di lavoro vi regala dei contributi gratis per la pensione.
Quindi ok che i rendimenti di quei fondi gestiti non sono il massimo rispetto all’efficienza degli ETF, ma abbiamo: – tassazione agevolata; – deduzione fino a 5.164 €; – soldi gratis da parte del datore di lavoro.
Ultima cosa. Una volta che raggiungete i requisiti pensionistici, la rendita pensionistica viene tassata con un’aliquota che va dal 15% al 9%, a seconda di quanti anni di versamenti avete fatto. Per accede al 9% servono almeno 35 anni di contributi. Questa cosa non è male, bisogna ammetterlo.
[I Fondi Aperti]
Se però per qualunque ragione un dipendente non vuole versare nel fondo associato al proprio CCNL oppure uno è un libero professionista in regime ordinario, allora l’alternativa è scegliere un Fondo Aperto.
In quattro parole, quali sono i vantaggi?
Direi che i vantaggi di un fondo aperto sono: – mantiene gli stessi benefici fiscali di un fondo negoziale; – non obbliga i dipendenti a versare il TFR; – permette di scegliere tra una gamma generalmente più vasta di prodotti di investimento e asset allocation (con Fon.te invece ce ne sono 4 e vi beccate una di quelle).
Gli svantaggi sono che: – non danno accesso al contributo aggiuntivo del datore di lavoro; e soprattutto – costano MOLTO di più.
Per esempio sui comparti azionari il costo medio di un fondo negoziale è intorno allo 0,3-0,4%, mentre per i fondi aperti siamo in media sull’1,5.
I pip neanche ve lo sto a dire, sono più cari ancora.
È vero tuttavia che i comparti azionari dei fondi aperti hanno un rendimento atteso maggiore perché semplicemente investono di più in azioni.
Per esempio queste sono le allocation di due tra i migliori fondi aperti in circolazione, se non altro dal punto di vista dei costi, che sono:
Amundi seconda pensione, la cui linea più aggressiva investe tra il 65 e il 95% in azioni e alla fine del 2024 era così:
L’altro invece è Allianz insieme, che all’ultimo report che ho trovato, del 2023, investe al 94% in azioni.
Li cito solo a titolo di esempio, non sono affiliato, non ci investo al momento della realizzazione di questo video, nessun conflitto di interesse.
Sicuramente ce ne sono altri altrettanto buoni, ma questi hanno il vantaggio che iniziano per A e quindi sulle tabelle della COVIP si fa in fretta a vederli
Comprensibilmente il rendimento degli ultimi 10 anni, al netto dei costi, di questi fondi pensione aperti, è stato migliore di quello di un fondo negoziale come Fonte che al massimo investe al 60% in azioni.
———————————————————————– Fondo Costi Rendimenti 2015-2024 (al netto dei costi) ———————– ———————– ———————– Fon.te 0,3% 4,72% Amundi Seconda Pensione 0,8% 5,12% Allianz Insieme 0,9% 6,85% ———————————————————————–
Però io sono sempre dell’idea che, dato che i rendimenti futuri sono incerti, sia meglio assicurarsi dei costi bassi, che invece sono certi come la morte.
Detto questo, se per voi una maggiore flessibilità è importante, i fondi aperti sono la strada.
Esiste infine una terza opzione, valida sia per dipendenti che per Partite Iva, che si chiama PIP, ossia Piani Individuali Pensionistici.
Ma dato che costa mediamente di più e rende mediamente di meno dei due di cui ho parlato sinora, non ve ne parlo e se vi interessano vi arrangiate e vi informate da soli, che star qui a perder tempo su una roba che non farei mai non mi va proprio.
Fatto tutto lo spiegone sui fondi pensione, generalmente la domanda a qusto punto sarà:
MA ALLA FINE I SOLDI?
Dunque, fatte salve le circostanze di cui abbiamo detto prima, ossia acquisto prima casa, malattia, disoccupazione e liquidazione una tantum del 30%, i soldi li rivedete quando raggiungete i requisiti per la pensione, in base a ciò che il nostro beneamato governo stabilisce, quindi: – o al raggiungimento dell’Età pensionistica, che praticamente ogni anno tenderà ad allungarsi asintoticamente di un anno perché la coperta è sempre più corta; – oppure con le varie forme di pensione anticipata come al RITA e così via, però qua le regole cambiano spesso, quindi inutile parlare di una cosa che magari vi servirà tra 20 anni.
A quel punto ci sono diverse opzioni, e ogni fondo ha la sue.
Le tipiche opzioni sono: – liquidazione totale di quanto avete accumulato (ma tipicamente non è possibile farlo oltre i 100-150 mila euro); – liquidazione del 50% e rendita vitalizia con il resto; – rendita vitalizia fin da subito; – rendita garantita ai vostri cari per un tot di anni anche se schiattate prima e poi vitalizia finché non tirate le cuoia per davvero; – rendita vitalizia con assicurazioni per invalidità e poi ogni fondo ha le sue peculiarità.
Su tutti i siti dei fondi trovate dei simulatori che vi fanno vedere una stima, nei vari scenari, di quanto ammonterebbe la vostra pensione.
Vi faccio un esempio con il simulatore di Fon.te, che tanto va bene per tutti i fondi pensione.
Diciamo che arrivo alla pensione, dopo 30 anni di contributi, con circa 500.000 € di montante complessivo, quindi la somma tra il mio TFR, quello che io e il datore di lavoro abbiamo versato e il rendimento del fondo.
Il simulatore di Fon.te mi dice che, se non intendo farmi liquidare nulla e godermi la rendita vitalizia, percepirò circa 20.000 € lordi all’anno in termini reali, quindi circa 1.500 € al mese netti, in valore odierno.
Non che 1.500 € al mese svoltano la vita, ok, però ragazzi mettiamo che il vostro ultimo stipendio (in valore reale odierno) sarà di 3.000 € e le che le disastrate casse dell’INPS non potranno darvi più di un ridicolo assegno da 1.500 €. Grazie alla contribuzione integrativa vi potreste beccare l’equivalente di 3.000 € al mese odierni — e abbiamo compensato il tasso di sostituzione.
[Fondi Pensione vs ETF]
Ora, fin qui tutto bene, però solitamente una persona come la maggior parte di voi che due o tre cose di investimento ne sa potrebbe chiedersi: ma visti tutti i limiti e le inefficienze che ci sono, non conviene che provveda alla mia pensione semplicemente investendo nel mio portafoglio di ETF o simili?
Occupiamoci quindi di questo personalissimo celebrity deathmatch — come ricorderà chi come me è stato adolescente nei primi anni 2000 ed è cresciuto guardando i programmi dell’epoca d’oro di MTV — che vedrà di fronte il più amato strumento di investimento di questo podcast, ossia gli ETF, e il mezzo per attivare la strategia di lungo termine che più a lungo termine di così letteralmente poi si muore che è il Fondo Pensione.
Risposta breve: nel 99% dei casi, investire sia nel proprio portafoglio personale che in un fondo pensione è probabilmente la scelta migliore.
Fine.
Ora vediamo i dettagli però.
Allora, per confrontare le pere con le pere usiamo un fondo aperto che investe quasi in 100% azionario, altrimenti se usiamo un fondo negoziale che investe in un 60/40 e lo confrontiamo con un 100% azionario avrebbe poco senso.
E ci serve un quasi 100% azionario perché diamo per scontato che per il grosso della nostra vita contributiva, quella sarà la nostra asset allocation.
Prendiamo ad esempio Allianz Insieme, che ha 95% in azioni e che dal 2005 al 2024 ha reso 5,9% all’anno, già al netto di costi e suppongo anche di tassazione sul capital gain visto che le trattenute vengono effettuate ogni anno.
Confrontiamo questo con l’MSCI World, che nello stesso periodo ha reso 9,2% lordo all’anno.
Facciamo due conti.
————————————————————————- CAGR Versamenti Val Finale VF netto —————— ——– —————— ————– ———– MSCI World 9,20% 103.280 € 295.053 € 245.192 € Allianz 95% az 5,90% 103.280 € 199.019 € 185.076 € ————————————————————————-
Diciamo che in entrambi i casi investo per 20 anni il massimo fiscalmente deducibile, ossia 5164 € all’anno, per un totale di 103.280 €.
Con il Fondo pensione alla fine avrei ottenuto 199.000 euro mentre con un ETF sull’MSCI World sarei arrivato a ben 295.000 euro.
Con l’ETF dobbiamo togliere le tasse sul capital gain del 26%, quindi il valore finale netto sarà di 245.000 €.
Anche dal FP però dobbiamo togliere la tassazione sui versamenti dedotti, che su vent’anni sarà del 13,5%.
Di conseguenza il montante finale da cui si attingerà per la mia rendita pensionistica sarà circa 185.000 €.
Fine del discorso? Vince l’ETF a man bassa?
Non proprio.
Vediamo perché
E’ vero che con gli ETF probabilmente avrò un rendimento superiore.
Però, a parità di investimento, in realtà nel fondo pensione io metto meno soldi, perché una parte la recupero in deduzioni fiscali.
Lo scenario migliore è quello in cui versiamo i 5164 € all’anno e abbiamo un reddito tale che la deduzione fiscale è quella dell’aliquota massima, ossia del 43%.
Questo significa che voi investite 5.164 €, ma poi avete uno sgravio fiscale annuo di 2.220 €.
—————————————————————————————— CAGR Versamenti Val VF netto Fiscal FG VF netto Finale gain reinvestito (FGR) ———- ——- ———— ——— ——— ———- ————— ———– MSCI World 9,20% 103.280 € 295.053 € 245.192 € 245.192 € Allianz 5,90% 103.280 € 199.019 € 185.076 € 44.410 126.873 € 290.509 € 95% az € ——————————————————————————————
Quindi torniamo al discorso sui 20 anni.
Se avessi reinvestito quei 2.220 € all’anno nel mio ETF sull’MSCI World, avrei ottenuto altri quasi 127.000 €, e quindi il valore netto del mio investimento nel fondo pensione — a cui si andranno ad aggiungere anche questi — sarà di 290.000 € tolte tutte le tasse.
Cioè alla fine, pur con una performance inferiore, il fondo pensione rende di più grazie al massiccio beneficio fiscale.
Attenzione che questo gioco di prestigio matematico funziona tanto più se avete un reddito tale per cui la deduzione è applicata attraverso l’aliquota fiscale più alta (quella del 43%).
Se invece avete un reddito più basso vi viene applicata una deduzione inferiore e quindi con meno deduzioni il portafoglio di ETF probabilmente vince anche in valore assoluto.
Tiriamo quindi le somme.
Nel confronto tra queste due opzioni di investimento, fondo pensione ed ETF, chi risulta il vincitore supremo della contesa?
Chiaramente: DIPENDE!
Diciamo questo: – Per come la vedo, la priorità andrebbe forse data all’investimento nel proprio portafoglio, principalmente per una coppia di motivi: – Abbiamo sì visto una situazione, con dati veri, in cui il FP avrebbe reso di più. Però parliamo di un fondo che ha performato relativamente bene rispetto al benchmark e con costi contenuti — e non è sempre questo il caso; – Ma soprattutto, il FP è una cosa di cui godrò quando vado in pensione, con molti vincoli prima. Mentre è importante che il portafoglio — come dico spesso — mi accompagni lungo tutti gli obiettivi della mia vita.
– Se però le mie risorse economiche me lo consentono e, soprattutto, se ho la possibilità di accedere al fondo pensione chiuso della categoria professionale di cui faccio parte, beneficiando anche del contributo aggiuntivo del datore di lavoro, probabilmente fare sia ETF che Fondo Pensione è la scelta migliore da compiere.
Tra le varie mille casistiche, prendiamo i due estremi.
Caso migliore: – Reddito da dipendente superiore ai 50.000 € annui; – Possibilità di accedere al fondo di categoria chiuso con il contributo del datore di lavoro; – Buona capacità di risparmio, diciamo superiore ai 600-700 € al mese.
In questo caso, l’accoppiata vincente è portafoglio personale di ETF + versamento di 5.164 € all’anno nel fondo pensione (che poi appunto sono meno per via delle deduzioni e perché una parte ce le mette la società per cui lavoro).
Caso peggiore: – Reddito significativamente inferiore a 50.000 € all’anno; – Impossibilità di accedere ad un fondo di categoria chiuso; – Capacità di risparmio mensile inferiore a 500 € al mese.
Qui direi, probabilmente, di concentrarsi intanto sull’investimento nel proprio portafoglio a lungo termine e valutare in seguito l’apertura di un fondo pensione quanto magari si avranno maggiori disponibilità economiche.
Idem per le p.iva in regime forfetario, che non potendo dedurre nulla non avrebbero particolari benefici a usare un fondo pensione.
Bene, abbiamo detto tutto no?
E allora fine di questo video spiegone sul fondo pensione e sul confronto con un investimento in ETF.
La pensione è un fenomeno oscuro, ai nostri politici piace ogni anno cambiare tutte le regole, quindi fare grandi previsioni sul futuro è sempre molto complesso.
Per riassumere e in assenza di altre evidenze direi: – fate ciò che serve per aumentare le probabilità di anticipare il diritto alla pensione e dove possibile investite più soldi possibili per massimizzare i benefici fiscali dei fondi pensione. – Per il resto, fate sì che nessuna decisione vi precluda la possibilità di investire la maggior parte dei vostri risparmi in un portafoglio di ETF (o azioni o obbligazioni o quel che vi pare purché con buon senso), perché ad oggi questo rappresenta storicamente la strada più performante per far crescere il capitale nel tempo.
Spero che il video vi sia piaciuto e grazie a tutti voi che continuate a seguire i nostri contenuti.
Grazie, grazie e ancora immensamente grazie.
Invito invece chi non l’avesse ancora fatto a iscrivervi al canale, mettere like e attivare le notifiche su per supportarci e permetterci di continuare a produrre contenuti che attraversando l’inferno del duro lavoro e il purgatorio del risparmio ci possano portare presto al paradiso della libertà finanziaria e infine uscir a riveder le stelle sempre nuovi.
Per questo episodio è davvero tutto e noi ci ritroviamo qui con il prossimo video di questa serie dedicata ai contenuti più richiesti sulla gestione pratica dei nostri risparmi di tutti i giorni, sempre, naturalmente con The Bull — Il Tuo Podcast di finanza personale.
Recensioni
Quando capisci come funziona la finanza… ti viene voglia di raccontarla!
Ho seguito tutte le puntate! Grazie veramente
Amalia A., 17 Set 2025Riccardo mi ha letteralmente cambiato la vita e fatto scoprire che amo la finanza, ho ascoltato il podcast già due volte e non mi stufo mai di ascoltarlo, parla in modo semplice e chiaro
Massimo D., 23 Set 2025Da quando l'ho scoperto in 15 gg mi sono ascoltato 150 puntate senza fermarmi, ho annullato gli altri podcast per portarmi alla pari ed ascoltare tutte le precedenti puntate, ben fatto, esattamente il livello di informazione che mi serviva
Gianluca G., 11 Set 2025Podcast piacevole, scorre veloce ma in modo estremamente chiaro, spiega i concetti chiave per gestire le proprie finanze, fornendo la classica cassetta degli attrezzi. Complimenti, davvero ben fatto!
Massimiliano, 29 Mag 2024Ho acquistato e letto il suo libro e l' ho trovato. Esprime i concetti economici in modo semplice e chiaro. Sentirlo parlare conferma che è un professionista del settore.
Giulia N., 11 Ago 2025Dovrebbero ascoltarlo buona parte degli italiani e io avrei dovuto scoprirlo con qualche anno in anticipo ma meglio tardi che mai
Matteo C., 3 Set 2025Veramente veramente raccomandato! la finanza personale riassunta alla perfezione! e spiegata partendo dall'ABC! Ottimo anche da ascoltare a velocita 1,5x!
Giorgia R., 23 Gen 2025Podcast che dà sempre spunti interessanti che personalmente mi ha fatto appassionare alla finanza personale spingendomi ad approfondire in prima persona.
Lorenzo, 13 Mar 2025Non sono solito a mettere recensioni e specialmente non ascolto podcast, ma da quando ho iniziato questo, faccio fatica a staccarmi, e quasi non posso più fare a meno di ascoltare e arricchirmi culturalmente.
Andrea V., 22 Set 2025